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SCOSSE DI TERREMOTO ... quando la terra trema e non v'è scampo...

Ultimo Aggiornamento: 22/08/2017 14:46
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20/05/2012 14:58
 
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[SM=g1740733] da: Storia dei Papi Roma 1962 Vol. 15
Pagg. 375-379

(...) Perché anche disastri naturali della peggiore specie diffusero tra la popolazione angoscia e spavento. (...) I disastri dovevano essere per la città eterna solo il preludio di altri guai. La sera del 14 gennaio 1703 Roma venne scossa da un terremoto accompagnato da torrenti d'acque e da bufere. La scossa fu breve, ma molto violenta e le campane delle chiese suonarono da se.

Suonò anche Il campanello del tavolo del Papa che da quel momento sentiva Il rapporto del segretario dei memoriali. Clemente corse nella sua cappella dove si trovavano molti dei suoi familiari per confessarsi. Anche nelle altre chiese della città si radunarono a pregare molti cittadini di ogni classe. Il giorno seguente Il Papa scese due ore prima della levata del sole in San Pietro ove disse Messa in presenza di una grande folla. Poi convocò i cardinali in un concistoro e li esortò a placare l'ira di Dio con esercizi di penitenza.

In Roma dove persino edifici assai solidi mostravano delle crepe, lo spavento fu così grande che molti, nonostante le piogge, passavano le notti in capanne nella campagna o nelle carrozze. Giunse presto notizia dei gravi danni causati dal terremoto in molte località dello Stato Pontificio e specialmente in Norcia, Spoleto, Rieti ed Urbino.
Il Papa mandò colà copiosi aiuti. Nuove e minori scosse di terremoto seguirono quando il Papa il 16 gennaio si recò in Laterano, promulgò un'indulgenza e ordinò processioni rogatorie.

Oggi, scrive il conte Lamberg nel suo Diario, tutti sono confessati, hanno fatto digiuno e sono andati in San Pietro, una tale ressa non si è vista mai, nemmeno nell'Anno Santo. Le commedie e le mascherate del carnevale vennero proibite ed invece di questi blockertimenti Il Papa ordinò missioni popolari che furono assai frequentate.

Il terremoto, dice un contemporaneo, fu un grande predicatore. Il 26 di gennaio Clemente XI visitò le 4 chiese principali ed in San Pietro ascoltò egli stesso le confessioni.

Le processioni rogatorie che nei giorni seguenti attraversarono la città, furono ripetute anche dopo il 29, poiché vi potessero partecipare tutti. Per rimediare più completamente ai danni materiali il Papa istituì una congregazione speciale. Nel giorno della Purificazione di Maria Santissima ebbe luogo anche nella Sistina la solita benedizione dei ceri. Nel bel mezzo della cerimonia alle 9 del mattino si fece sentire il terremoto così violento che tutti i presenti scapparono.
Solo il Papa mantenne la sua calma e si prostrò ai piedi dell'altare. Di poi si recò a pregare nella Chiesa di San Pietro, benché si annunciasse che anche là avevano vacillato le colonne del tabernacolo berniniano ed erano caduti calcinacci dalla Cupola.

Nel pomeriggio egli visitò la Scala Santa presso il Vaticano. I danni cagionati dalla scossa di terremoto del 2 febbraio furono notevoli in tutta la città. Particolarmente dovette soffrire la chiesa di San Lorenzo. Del Colosseo crollarono tre archi del secondo anello e le pietre vennero usufruite per costruire il porto di Ripetta. Anche nella Basilica di San Pietro, nel Vaticano e nel Quirinale si rivelarono dei crepacci. Fontava calcolava le spese per le riparazioni necessarie in 700 mila scudi. Nella notte dal 2 al 3 febbraio i romani, già agitatissimi, furono presi di nuovo dalla grande paura.

FU fatta circolare dai ladri la voce in tutta la città che in due ore Roma perirebbe, ciò evidentemente alla scopo di far bottino durante il panico. Tutti fuggirono nei giardini e nelle pubbliche piazze. Indescrivibili scene si svolsero ovunque. Gli abitanti seminudi gridavano misericordia, si gettavano in ginocchio e attendevano pieni di costernazione l'ora della loro fine. Madri baciavano ancora una volta i loro bambini e coniugi ed amici si abbracciavano. Molti confessavano pubblicamente le loro colpe ed altri si confessavano sulle pubbliche vie. L'aria risuonava del grido: Santo Iddio abbi misericordia di noi.
Il Papa prese subito misure per tranquillizzare la popolazione e garantire la proprietà. Nello stesso tempo ordinò un inchiesta per stabilire gli autori della falsa diceria, ma non se ne seppe nulla. La popolazione si tranquillizzò soltanto lentamente. Molti per lungo tempo ancora dormivano all'aperto e nei giardini come fece il Cardinale Ottoboni ed altri nobili. Clemente XI non si limitò ad ordinare frequenti processioni rogatorie. Siccome egli vedeva nel terremoto un castigo per i peccati, prese una serie di provvedimenti onde elevare lo stato morale della sua capitale.

Tra l'altro ordinò l'osservanza del riposo domenicale e dei digiuni.
In un concistoro del 19 febbraio annunciò per il 22 una funzione di ringraziamento per la salvezza della città, stabili che d'ora innanzi nella festa della Purificazione venisse cantato annualmente nella Cappella papale il Te Deum ed anche il giorno prima venisse considerato di stretto digiuno. Quest'uso è mantenuto dai Romani ancora oggi.
Anche nel breviario venne inserita una preghiera contro i terremoti e più tardi, una consimile venne introdotta anche nella Messa.

Del resto il Papa fece fare anche delle osservazioni scientifiche per scoprire se fosse possibile prevedere i terremoti.
Mentre continuavano ancora le preghiere e le opere di penitenza, apparve che la terra non si era del tutto acquietata ed alla fine del marzo ed ai primi di aprile, avvennero di nuovo delle piccole scosse ed il 15 aprile si levò un grande ciclone ed il 24 maggio seguì una nuova scossa, la quale, benché fosse leggera, fece che molti fuggissero nella campagna.

La cronaca di Roma annuncia poi per il 10 ottobre uragani ed altre scosse di terremoto. Maggiori che nell'eterna città furono i danni apportati dal terremoto in altre parti dello Stato Pontificio, specialmente in Norcia, Foligno, Spoleto e L'Aquila. Il Papa mandò colà copiosi sussidi. L'apposita congregazione che egli aveva istituito fece mettere a disposizione della popolazione accampata all'aperto le tende delle guarnigioni di Castel Sant'Angelo e Civitavecchia.
Oltre al denaro vennero distribuiti anche dei viveri.
Spoleto che era stata particolarmente danneggiata fu anche oggetto di particolari provvedimenti ed il Governatore della città a ricordo della particolare generosità del Papa fece erigere una lapide. Anche a Norcia, Terni e Narni vennero inviate nello stesso anno notevoli somme di denaro in aiuto alla popolazione.

Nel novembre del 1705 e nell'aprile del 1706 si sentirono ancora a Roma delle scosse di terremoto. (...) Dopo che nel principio del 1711 si ebbero ancora alcune scosse di terremoto, Roma ne fu risparmiata. (...) Riflessi della guerra e dei disastri naturali si rispecchiano a loro volta nelle condizioni della popolazione dello Stato Pontificio.
All'avvento di Clemente, l'eterna città contava 149.477 abitanti, tenendo però conto che allora veniva celebrato l'Anno Santo, per cui come numero normale è meglio considerare quello dell'anno 1701 che ne portò 141.798. Fino al 1707 questo numero discese a 132.728 anche se crebbe poi lentamente per scendere poi ancora una volta. (...)




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[SM=g1740733] da una Omelia di san Gregorio Magno Papa

5. - Ecco, fratelli miei, che già vediamo avverato quello che abbiamo udito! Il mondo è oppresso quotidianamente da nuovi mali che aumentano di giorno in giorno. Eravate numerosi; osservate ora quanto  pochi siete sopravvissuti! E, come se ciò non bastasse, nuovi flagelli ci affliggono, repentini infortuni ci piombano addosso,  nuove ed improvvise calamità ci colpiscono.
Nella giovinezza il corpo è vigoroso, il petto si mantiene forte e sano, eretto il busto, ed ampio il torace; nella vecchiaia  invece la statura si curva, il collo inaridito si ripiega, il petto diventa ansimante, la forza vien meno e l'affanno tronca le  parole di chi parla, e se anche non si è propriamente malati, da vecchi la salute stessa è spesso già una malattia. Similmente il  mondo nei primi suoi tempi ebbe un vigore come di giovinezza; fu robusto accogliendo il genere umano, verdeggiò di salute  corporale e fu opulento per l'abbondanza d'ogni cosa; ora invece  comincia a dare segnali di depressione, è segnato dalle  molestie che crescono. Non vogliate dunque, o fratelli, amare questo mondo che non è eterno. Richiamate alla mente il  
precetto apostolico con cui veniamo ammoniti: "Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del  Padre non è in lui;" (1Gv.2,15 Nolite diligere mundum neque ea, quae in mundo sunt. Si quis diligit mundum, non est caritas  Patris in eo;).
Solo l'altro giorno, o fratelli, avete appreso che, per un improvviso turbine, alberi secolari sono stati sradicati, case  distrutte, e chiese schiantate dalle fondamenta! Quanti erano che alla sera, sani ed incolumi, pensavano a quello che  avrebbero fatto il giorno seguente, ed invece in quella stessa notte sono deceduti improvvisamente, travolti nel vortice della  rovina?

6. - Dobbiamo pure considerare, o dilettissimi che, per compiere queste cose, il Giudice invisibile agitò il soffio di un vento  leggerissimo, eccitò la tempesta di una sola nuvola, e tuttavia ciò bastò a sconvolgere la terra ed a scuotere dalle fondamenta tanti edifici. Che cosa sarà dunque, quando questo Giudice verrà personalmente e la Sua ira divamperà per giudicare i  peccatori recidivi, se non possiamo già più sostenere ora che ci castiga per mezzo di una tenuissima nube? Quale mortale  potrà resistere, alla presenza dell'ira di Colui che, col solo agitare il vento, ha sconvolto la terra, ha turbato l'atmosfera e  divelti tanti edifici?
Paolo, considerando il rigore del Giudice venturo, ha scritto: "È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!" (Ebrei 10,31  Horrendum est incidere in manus Dei viventis.).
La stessa cosa esprime il Salmista dicendo: " Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;davanti a lui un fuoco divorante, intorno  a lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall'alto e la terra al giudizio del suo popolo " (Salmo 50, 3-4 3 Deus noster  veniet et non silebit: ignis consumens est in conspectu eius, et in circuitu eius tempestas valida. Advocabit caelum desursumet terram discernere populum suum:), il fuoco e la tempesta accompagnano il rigore di sì grande Giustizia, perchè la tempesta  colpisce ciò che il fuoco brucia.

Tenete presente, dunque, o fratelli carissimi, quel giorno, e troverete leggero, al suo confronto, tutto quello che ora vi  sembra grave.




****************Foto 1

Scossa di grado 6,0 intorno alle 4 con epicentro nel Modenese avvertita anche a Bologna, Milano e in Veneto. In precedenza un'altra scossa di magnitudo 4.1 era stata registrata poco dopo l'una sempre tra Veneto, Emilia e Lombardia. Crolli in alcune fabbriche di Bondeno, in provincia di Ferrara, sono stati segnalati ai Vigili del fuoco.  Sei morti e un centinaio di persone ferite, al momento non ci sono feriti gravi.
L'ondata tellurica, seppur sembra aver risparmiato le case, ha coinvolto pesantemente il patrimonio artistico e culturale di tutta l'area interessata dalle scosse.
Le Chiese antiche hanno pagato un caro prezzo, così come molti edifici storici, torri campanarie e torri con orologi, molte quelle dichiarate pericolanti.

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A distanza di una settimana, si è verificata un'altra forte scossa di magnitudo 5.8 sempre nella stessa zona, aumentando il numero dei morti che in questa scossa sono stati 17 e che affidiamo alla Misericordia Divina....

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[SM=g1740733]  abbiamo postato una pagina storica prima di dare la grave notizia, per invitare tutti ALLA PREGHIERA!!!
Non si prega più! questo non significa che se si prega non avvengono i terremoti, ma noi crediamo e sappiamo che il nostro Dio comanda gli eventi naturali, li può fermare, li può mitigare, può limitare i danni, del resto sarebbe impossibile per noi evitare i danni causati dalla natura dal momento che ci coabitiamo... ma possiamo chiedere a Dio il Suo patrocinio....
Prendiamo la corona del Rosario, siamo ancora a Maggio, mese dedicato alla Vergine Santa!!
Pertanto, niente catastrofismi, la catastrofe del resto resta per coloro che in queste tragedie perdono un proprio familiare o amico... ma nessuno, nemmeno un terremoto possono scalfire la speranza che nutriamo di essere ascoltati.... ma se non preghiamo più, che cosa pretendiamo?

Preghiera e conversione sono la più efficace prevenzione contro ogni disastro...

dal Vangelo di Marco cap.4 
35 In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37 Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». 39 Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».

[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Sacerdótes Dómini incénsum et panes ófferunt Deo: et ídeo sancti erunt Deo suo, et non pólluent nomen eius

( su Il Messaggero del 29 maggio 2012 ) MODENA - Don Ivan Martini è morto nel crollo della chiesa della Stazione di Novi, a Rovereto, nel Modenese, perché tentava di mettere in salvo una piccola statua della Madonna durante il sisma che ha distrutto la sua chiesa.
Un prete di campagna ha solo la sua chiesa.

Poco importa se non fa parte della storia dell'architettura, se non ospita grandi capolavori. Ogni statua, ogni arredo, è come se fosse un pezzo del paese.
Don Ivan Martini, 65 anni, da nove parroco di Rovereto, uno dei paesi della Bassa modenese maggiormente colpita dal sisma, è morto in mattinata nella sua chiesa crollata.
Proprio come i due frati di Assisi (padre Angelo Api e il seminarista polacco Borowec Zdzislaw), morti il 26 settembre 1997 insieme a due funzionari della soprintendenza delle belle arti (Claudio Bugiantella e Bruno Brunacci) sepolti dagli affreschi di una delle chiese più belle del mondo, crollati durante un sopralluogo all'altare maggiore.

La chiesa. Don Ivan voleva bene alla sua chiesa e a ciò che c'era dentro.
La parrocchia di Santa Caterina era stata danneggiata e resa inagibile dal precedente sisma, ma si doveva fare un sopralluogo per salvare un pò di arredi che c'erano dentro.
Così stamattina, accompagnato da due vigili del fuoco, è entrato nella chiesa per cercare di salvare alcune statue fra cui, in particolare, una statua della Madonna alla quale molti dei suoi parrocchiani erano particolarmente devoti.
 La scossa.
È lì che il forte terremoto lo ha sorpreso.
 Don Ivan è stato colpito dal crollo, di una pietra o di una trave, che non gli ha lasciato scampo.
Illesi, invece, i due vigili del fuoco che erano con lui e che sono riusciti a mettersi in salvo.
Rovereto così, in mezzo a tanti danni riportati dalle strutture, piange la sua unica vittima, il suo parroco, al quale il paese voleva bene.
Non è per niente facile fare il prete fra comunisti e immigrati che chiamano Dio con un altro nome. «Don Ivan era uno veramente in gamba», racconta un suo parrocchiano, accompagnando l'elogio ad un gesto esplicito, ma non certo irrispettoso, che descrive il coraggio col quale esercitava la sua missione.
 È rimasto ferito, invece, un altro parroco che è stato coinvolto da un crollo nel duomo di Carpi.
In un primo momento si era temuto per la sua vita, si era addirittura diffusa la notizia della sua morte.
In realtà ha riportato solamente qualche lieve danno fisico e una grandissima paura, come il resto dei suoi parrocchiani. 
 
POGGIO RENATICO (Ferrara) –
 Vive per strada, dorme dal macellaio del paese e di tanto in tanto entra in chiesa, la sua chiesa, quella di San Michele Arcangelo, patrono di Poggio Renatico.
Don Simone Zanardi è il parroco sfollato di questo terremoto dell’Emilia.
Quella notte ha perso in un colpo solo la casa e la chiesa ma lui non vuole saperne di abbandonarla e allora rimane lì, seduto sulle panchine di questa grande piazza dell’abbazia dove la gente si ritrova ancora nonostante le macerie.
«Non so dove altro andare, francamente, e comunque mi fa piacere stare con loro».
Non ha nemmeno quarant’anni ma è già un abate-parroco perché quella di San Michele Arcangelo è anche un’abbazia.
Domenica mattina, dopo che la chiesa era stata bloccata e nessuno poteva più entrare, lui se n’è infischiato e saltellando fra le rovine è arrivato al Tabernacolo per prendere il Santissimo: «Ho voluto salvarlo.
L’ho portato a San Pietro in Casale dove la struttura è solida».
Tutti lo salutano, tutti gli sorridono. «Forza don Simone». «Grande don».
Ancora un’oretta di piazza e poi a letto. Lo aspetta il macellaio. A.P


Anch'io vorrei morire in Chiesa... magari mentre sto prendendo la Comunione, o magari mentre sto dicendo un Rosario....  
E' vero, si perde un'amico quando muore qualcuno che magari conosciamo pure, ma pensiamo poco al modo in cui si muore e credo che per un sacerdote questa sia una delle dipartite più belle.... come richiamato da una Voce interiore Don Ivan non se la sentiva di lasciare lì quella Santa Statua della Vergine che tante volte aveva tenuto compagnia a lui e ai fedeli..  
Non so perchè ma mi è venuta in mente la storia di san Giacinto, domenicano, seppur ha un finale diverso:  
quando si trattò di lasciare disperatamente Kijev, assalita dai Tartari, egli prese la pisside con le Ostie consacrate dal Tabernacolo della chiesa ormai destinata alla devastazione e si avviò verso l’uscita. Ma una voce soave lo fermò: «Giacinto, figlio mio, mi abbandoni nelle mani dei Tartari?».  
Subito fra Giacinto tornò indietro a prendere la statua della Vergine che, divenuta leggera, poté essere facilmente trasportata. Con quei due tesori tra le braccia, si immerse nelle acque del fiume Diepr, sulle cui rive erano accampati i nemici assedianti, e condusse tutto il gruppo dei suoi seguaci in salvo....  
Credo che questa volta la Vergine Santa abbia voluto mettere in salvo Don Ivan, per la beatitudine eterna....  
Noi cattolici la pensiamo così....  
Embarassed


[SM=g1740738]


[Modificato da Caterina63 31/05/2012 18:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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