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I PROGRESSI DELL'ECUMENISMO e i suoi reali problemi

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2013 13:58
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17/07/2012 16:45
 
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Passione per l'unità del corpo di Cristo

Catechesi del priore della comunità monastica di Taizé, tenuta al Congresso Eucaristico Internazionale di Dublino lunedì 11 giugno 2012

di fr. Alois Loeser


altri articoli della sezione "Approfondimenti"

articoli della sezione "liturgia"

 

 

PASSIONE PER L'UNITA' DEL CORPO DI CRISTO


Il Cristo della comunione

Il primo giorno di questo Congresso Eucaristico è volto ad approfondire il significato della nostra comune fede battesimale. Il mutuo riconoscimento del battesimo tra le varie Chiese è un grande dono che Dio ci ha dato nel secolo scorso. Malgrado la certezza espressa dall'apostolo Paolo: "C'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ef. 4, 5) , tale riconoscimento non è sempre stato ovvio. Il Concilio Vaticano II, concludendo definitivamente un lungo periodo segnato spesso dal sospetto, afferma con sicurezza: "Il battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell'unità che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati" (Unitatis Redintegratio, no. 22).

Permettetemi di illustrare la questione del significato della nostra comune fede battesimale condividendo con voi la nostra esperienza nella comunità di Taizé. La nostra vita a Taizé è intimamente legata alla riscoperta del comune battesimo, secondo le parole del Vaticano II, essendo "l'inizio e l'esordio che tende interamente all'acquisto della pienezza della vita in Cristo" (ibid.). La nostra esperienza a Taizé è certamente lontana dall'esaurire tutti gli aspetti della questione, ma sappiamo che - e continuo a citare il Vaticano II - da una parte, il battesimo è già "il vincolo sacramentale dell'unità che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati" e dall'altra, ci impegna a cercare continuamente "l'integra professione della fede, l'integrale incorporazione nell'istituzione della salvezza, quale Cristo l'ha voluta, e infine la piena inserzione nella comunione eucaristica" (ibid.).

Vi parlerò specificamente di come noi cerchiamo di valorizzare l'unità della fede che il battesimo implica e come la anticipiamo, sia tra i fratelli della comunità che con i giovani di ogni denominazione che accogliamo settimana dopo settimana sulla nostra collina. Fratel Roger, fondatore della comunità, prese parte all'intero Concilio Vaticano II, del quale celebriamo il 50° anniversario, per cui intendo parlare anche del suo personale itinerario, poiché egli ha aperto una strada originale che conduce all'unità visibile dei cristiani.

Nei primi giorni di vita della nostra comunità, scrivendo la Regola di Taizé, fratel Roger indirizzò questo appello ad ogni fratello della comunità: "Fate dell'unità del Corpo di Cristo la vostra sollecitudine appassionata". I nostri cuori sono colmi di tale passione. Se aveste domandato a fratel Roger quale sia l'essenziale della fede cristiana, il punto centrale della fede professata nel battesimo, vi avrebbe citato le parole di san Giovanni , "Dio è amore" (1 Gv. 4, 16). Per lui, il cuore del Vangelo è lì. La visione di un Dio giudice severo ha distrutto le coscienze di molti. Lui prese la strada opposta, affermando che "tutto ciò che Dio può fare è amare".

A volte diceva ai giovani radunati a Taizé, "Se Cristo non fosse risorto, noi non saremmo qui". La risurrezione è centrale nella fede, è il segno che Dio ci ama senza limiti. La risurrezione di Cristo ha rimesso insieme i discepoli dispersi dal Venerdì Santo, continua a raccogliere i cristiani, e il primo frutto è la nuova comunione nata da questo mistero. Il centro della nostra fede è Cristo, il Signore risorto presente in mezzo a noi, legato a noi con un amore personale e che ci riunisce in virtù del battesimo comune. Fratel Roger chiamava questa realtà "il Cristo della comunione".

Nel suo ultimo libro, pubblicato poche settimane prima della sua morte, fratel Roger scriveva: "Cristo è comunione... Non è venuto sulla terra per iniziare una nuova religione, ma per offrire a tutti una comunione con Dio.... 'Comunione' è uno dei nomi più belli della Chiesa". Personalmente, posso dire che è stata proprio questa visione della Chiesa come comunione che mi colpì quando visitai per la prima volta la collina di Taizé. Ancora giovanissimo, mi impressionò la preghiera e il silenzio, ma anche la comunione che si viveva concretamente - il Vangelo vissuto non individualmente, ma in comunità. E posso affermare che io cattolico ho scoperto più profondamente la cattolicità della Chiesa a Taizé.

 


Riconciliazione nel Corpo di Cristo

Vorrei ora iniziare con la domanda: che cosa significano le parole "il Corpo di Cristo", e perché la riconciliazione nel Corpo di Cristo è tanto importante?

Nelle lettere che san Paolo scrisse alle varie comunità del suo tempo, si riferisce alla Chiesa come "Corpo di Cristo" per aiutarle a comprendere il mistero dell'unità tra Cristo e i cristiani, e il mistero dell'unità fra i cristiani stessi. "Voi siete corpo", scrive ai cristiani di Corinto, "corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra" (1 Cor. 12, 27).

Il battesimo è fondamento dell'unità di questo Corpo. Per questo, egli scrive: "Noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo" (1 Cor. 12, 13). Formando un solo corpo in Cristo, ci apparteniamo gli uni gli altri. "E' forse diviso il Cristo?" (1 Cor. 1, 13), chiede Paolo, preoccupato nel vedere i cristiani della stessa comunità separati tra loro. E li pregava di riconciliarsi. Le sue parole rimangono di grande rilevanza anche oggi: c'è un solo battesimo, e voi siete il Corpo di Cristo, perciò non sprecate tante energie opponendovi tra di voi, talvolta perfino all'interno delle vostre Chiese.

 


La comunione accolta come dono

Alla vigilia della sua Passione, Cristo pregava: "Tutti siano una sola cosa! Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv. 17, 21). Spesso le parole "tutti siano una sola cosa" sono interpretate come un comando che deve essere messo in pratica. Ma esse esprimono prima di tutto il dono che Cristo fa all'umanità: egli ci custodisce nel suo intimo, ci porta con sé nella comunione della Santissima Trinità, ci rende "partecipi della natura divina" (2 Pt. 1, 4). Non solo prega perché tutti siano una sola cosa, ma perché siano uno "in noi". Cristo chiede che "tutti" siano una sola cosa: il dono non è riservato a pochi individui, ma è offerto a tutti coloro che portano il nome di Cristo, ed è inteso per tutti gli esseri umani.

Questa comunione con Dio che si compie mediante il battesimo costituisce uno scambio. Nel farsi carne, Dio sceglie di prendere su di sé l'umana fragilità. Viene a vivere tra le nostre divisioni e i nostri dolori. Cristo ci viene incontro al livello più basso, diventa uno di noi per tendere meglio la sua mano verso di noi. In lui, Dio accoglie la nostra umanità e, in cambio, ci dona lo Spirito Santo, la sua stessa vita. La Vergine Maria è la garanzia eterna che tale scambio è reale, ella sostiene la nostra speranza che la vita dell'umanità sarà condotta in Dio.

Possiamo essere immensamente grati alla teologia ortodossa per avercelo dimostrato in modo così profondo. Lo scorso anno, insieme ad alcuni confratelli e a 250 giovani di ogni parte d'Europa, ho partecipato alle celebrazioni della Settimana Santa con la Chiesa ortodossa a Mosca. "Cristo è risorto", ripetevamo innumerevoli volte durante la notte pasquale. E ho sentito nel profondo del mio essere tutta la certezza che Cristo ci rende partecipi della sua risurrezione già qui sulla terra.

Quando scopriamo che la comunione con Dio è uno scambio, allora comprendiamo meglio che la riconciliazione non è una dimensione tra le altre del vangelo, ma ne è l'essenza. Coincide con ciò che è centrale nella nostra vita di battezzati, è la ritrovata fiducia reciproca che Cristo ha operato tra Dio e l'umanità, l'inizio di una nuova creazione. E ciò trasforma le relazioni tra le persone.

Cristo fa di tutti i battezzati degli ambasciatori di riconciliazione nel mondo. Siamo il Corpo di Cristo non per sentirci meglio insieme e per rinchiuderci in noi stessi, ma per raggiungere gli altri. Il corpo umano ha la vocazione di esprimere la persona all'esterno. Così il Corpo di Cristo ha la vocazione di esprimere Cristo che vuole riconciliare tutta l'umanità. Non possiamo ottenere l'unità con Dio senza ottenere unità fra tutti gli esseri umani. Lo scopo della Chiesa è di essere il segno visibile e il sacramento di tale unità. Il Concilio Vaticano II lo ha espresso con grande chiarezza: "La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen Gentium 1, 1).

 


Ecumenismo e comunione in Dio

Se la comunione, fondata nel battesimo in un solo Spirito, è un dono che viene da Dio, allora l'ecumenismo non può essere primariamente uno sforzo umano per armonizzare differenti tradizioni. Ci deve situare dentro la verità della redenzione di Cristo, il quale ha pregato: "Voglio che siano anch'essi con me dove sono io" (Gv. 17, 24). L'apostolo Paolo diceva: "la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col. 3, 3).

Il primo sforzo ecumenico è cercare di vivere in comunione con Dio, in Cristo, attraverso lo Spirito Santo. Maurice Zundel, un teologo svizzero del secolo scorso, spiegava mirabilmente come "è in una mistica unione con Cristo che l'ecumenismo può trovare la sua ultima realizzazione", altrimenti, diceva, "l'ecumenismo è un chiacchierare ozioso".

E' vero che le Chiese e le comunità ecclesiali a volte percorrono sentieri diversi per raggiungere tale comunione. Tuttavia, quanto più profondamente si appartiene a Cristo, tanto più si è resi capaci di guardare gli altri nella maniera giusta, vedendoli come fratelli e sorelle. Anzi ancor più, riconoscere gli altri come sorelle e fratelli è il segno che veramente si appartiene a Cristo.

Doroteo di Gaza nel VI secolo, descriveva questa realtà con un'immagine: se Dio è al centro di un cerchio, quanto più i raggi si avvicinano al centro, tanto più i raggi si avvicinano tra loro. Questa visione di comunione richiede una purificazione del nostro modo di credere, una "conversione" da intraprendere sempre di nuovo in una Ecclesia semper reformanda.

Uno dei documenti del "Groupe des Dombes", un gruppo di teologi protestanti e cattolici in Francia, ha fornito una solida base per questo tipo di approccio, esortando a dare priorità non alla identità denominazionale ma alla identità battesimale. Il documento di Dombes spiega che, per definire l'identità cristiana, oggi in tutte le Chiese si pone al primo posto l'identità denominazionale. Le persone si definiscono innanzitutto come cattolici, protestanti o ortodossi. I teologi di Dombes affermano che, in realtà, è l'identità battesimale che deve essere messa al primo posto; tutti i cristiani dovrebbero definirsi per prima cosa come dei battezzati. Il documento pertanto invita le Chiese ad entrare in un "processo dinamico di conversione".

 


Riconciliazione, uno scambio di doni

Si ha a volte l'impressione che i cristiani, nei secoli, si siano abituati ad essere divisi, come se fosse qualcosa di normale. Per preparare la riconciliazione, spetta a noi illuminare il meglio delle differenti tradizioni. Può aver luogo quindi uno scambio di dono: condividere quanto abbiamo ricevuto da Dio, e vedere anche i doni che Dio ha affidato ad altri. Tale scambio è possibile proprio perché abbiamo il fondamento che ci unisce in comune, il battesimo. Lo scambio di doni ha avuto inizio. Con la preghiera comune e gl'incontri personali, si è rafforzato il mutuo apprezzamento. Molti hanno scoperto che certi aspetti del Mistero della fede sono stati approfonditi da un'altra tradizione meglio che dalla propria. Come possiamo procedere nel mettere a disposizione gli uni degli altri tali tesori? E quali sono questi tesori?

I cristiani d'oriente hanno messo al centro di tutto la risurrezione di Cristo, che sta già trasformando il mondo. E non è proprio per questo che molti di loro sono riusciti a sopravvivere a decenni di sofferenze nei secoli scorsi? L'Oriente ha custodito l'insegnamento dei Padri della Chiesa con grande fedeltà. Il monachesimo, che ha poi trasmesso all'Occidente, ha ispirato in tutta la Chiesa una vita di contemplazione. I cristiani d'Occidente possono aprirsi a questi tesori?

I cristiani della Riforma hanno sottolineato certe realtà del Vangelo: Dio offre il suo amore liberamente; con la sua Parola Egli va incontro a chiunque la ascolta e la mette in pratica; il semplice fidarsi della fede porta alla libertà dei figli di Dio, alla immediatezza di una vita con Dio oggi; cantare insieme interiorizza la Parola di Dio. Questi valori, ai quali i cristiani della Riforma sono così affezionati, non sono essenziali per tutti noi?

( si Fr. Alois [SM=g1740733] lei ha ragione ma.... quando mai la Chiesa rpima dei Protestanti non ha insegnato questo? e tutta la schiera di Santi che hanno predicato questo senza fondare un protestantesimo li dimentichiamo? NON abbiamo nulla da imparare dai Protestanti sempre se, ovvio, siamo davvero cattolici!!!)

La Chiesa cattolica ha mantenuto visibile, lungo la storia, la universalità della comunione in Cristo. Essa ha costantemente cercato un equilibrio tra la Chiesa particolare e la Chiesa universale. L'una non può esistere senza l'altra. Un ministero di comunione a tutti i livelli ha contribuito a conservare la unanimità nella fede. Non dovranno tutti i battezzati avanzare in una comprensione progressiva di tale ministero?

 


La via di fratel Roger

Dopo aver parlato del comune battesimo quale fondamento della chiamata alla riconciliazione nel Corpo di Cristo, presento ora più specificamente la via di fratel Roger e della nostra comunità. Forse è perché fratel Roger era assolutamente coerente con questa visione di Chiesa che chiama a raccolta tutti i battezzati, e vivendola con tutte le sue conseguenze, che egli è stato riconosciuto dai capi delle diverse Chiese come un fratello che condivideva la comunione in Cristo.

Cinque anni dopo la sua morte, Papa Benedetto XVI ha scritto: "Possa la sua testimonianza di un ecumenismo della santità essere di ispirazione nel nostro cammino verso l'unità". Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha aggiunto: "Questa ricerca dell'unità nella gioia, nell'umiltà, nell'amore e nella verità sia in rapporto con gli altri, 'sacramento del fratello' così come nel rapporto con Dio, 'sacramento dell'altare', riassume la sostanza di tale approccio, la via di Taizé". Il patriarca di Mosca, Kirill, ha commentato: "la fedeltà agli insegnamenti dei Santi Padri associata all'adattamento creativo alle esigenze di oggi in un ministero missionario fra i giovani, ha caratterizzato la via di fratel Roger e della comunità da lui fondata". E il Segretario Generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Olav Fykse Tveit, ha sottolineato che quanto fratel Roger ha fatto "ha ispirato le Chiese in tutto il mondo".

Fratel Roger ha vissuto in Cristo, ed è proprio questo il motivo che gli ha permesso di discernere la presenza di Cristo negli altri. Non si è lasciato fermare dalle spaccature delle differenti tendenze. Ha scoperto Cristo nei battezzati di ogni denominazione. Perfino uomini e donne che, senza professare nessuna esplicita fede, fossero testimoni di carità e pace, li considerava "portatori di Cristo": alcuni di loro, scriveva, "ci precedono nel Regno".

Nel corso del suo cammino, non si è mai preoccupato di perdere la sua identità. L'identità di un cristiano la vedeva soprattutto nella comunione con Cristo, che si risolveva nella comunione fra tutti quelli che appartengono a Cristo. Egli compì un passo che non aveva precedenti dal tempo della Riforma, fino ad affermare: "io ho trovato la mia identità cristiana riconciliando in me la fede delle mie origini con il mistero della fede cattolica, senza rompere la comunione con nessuno". E a volte aggiungeva "...e con la fede ortodossa", sentendosi vicino alle Chiese ortodosse. Entrare in comunione con gli altri senza rompere con le proprie origini: un approccio talmente nuovo che era facile fraintendere e sottovalutarne il significato.

 


La nostra comunità di Taizé, una piccola parabola di comunione

Era ancora molto giovane quando fratel Roger ebbe l'intuito che una vita di comunità composta da uomini in costante ricerca della riconciliazione potesse diventare un segno. Questa è la vocazione primaria di Taizé, di costituire quella che egli chiamava "una parabola di comunione". Ma la vita monastica era scomparsa dalle Chiese della Riforma. Perciò, senza rinnegare le sue origini, egli creò una comunità che aveva le sue radici nella Chiesa indivisa al di là del protestantesimo, e che proprio con il fatto di esistere era indissolubilmente legata alla tradizione cattolica ed ortodossa.

Fratel Roger era convinto che una tale comunità potesse dare espressione visibile all'unità del Corpo di Cristo, che non solo sta davanti a noi come un traguardo, ma che già esiste in Dio. La Chiesa è divisa, ma nel suo profondo è indivisa. Nel cuore di Dio è una. Sta a noi perciò creare dei luoghi dove questa unità possa emergere e manifestarsi. Fratel Roger visse talmente radicato nella Chiesa indivisa che, nato in una Chiesa della Riforma, volle che la comunità che aveva fondato anticipasse la comunione con la Chiesa cattolica e con le Chiese ortodosse.

La nostra comunità ha cercato fin dall'inizio di esprimere una comunione con la Chiesa ortodossa. Nel 1965, il patriarca Athenagoras inviò dei monaci a Taizé per condurre vita monastica con noi per diversi anni. I vincoli di amicizia e fiducia con le Chiese ortodosse si sono sempre più approfonditi fino ad oggi. E quando, alla fine degli anni '60, i primi fratelli cattolici entrarono nella nostra comunità, la questione di come anticipare la comunione con la Chiesa cattolica si fece ancora più urgente: come si poteva superare la barriera di separazione tra queste due tradizioni?

Per fratel Roger nella sua vita personale, entrare gradualmente in piena comunione con la Chiesa cattolica divenne realtà in due modi - ricevendo l'Eucaristia e riconoscendo la necessità di un ministero di unità esercitato dal Vescovo di Roma. Per lui non era "un ecumenismo del ritorno al gregge", poiché, iniziando con Giovanni XXIII e il Vaticano II, la Chiesa cattolica aveva accolto le domande fondamentali della Riforma: la priorità della grazia di Dio, la libertà di coscienza, una fede cristocentrica e il primato della Bibbia. E sarebbe stato contento di sapere che il Sinodo episcopale del 2008 a Roma, dedicato alla Parola di Dio, ricordava che due realtà uniscono già tutti i cristiani - il Battesimo e la Parola di Dio.

La via di fratel Roger è una via delicata ed esigente, e non abbiamo finito di esplorarla. Sui suoi passi, vogliamo anticipare la riconciliazione nella nostra vita, incominciando dal battesimo che ci unisce, vivendo da persone già riconciliate; è un'esperienza questa che certamente prepara sviluppi teologici. Nella storia della Chiesa, una fede vissuta non ha sempre preceduto la sua espressione teologica? Nel futuro, continueremo a confidare sui due passi che la nostra comunità ha deciso di compiere all'inzio degli anni '70:

- Il primo passo: dal 1973, con l'approvazione e l'incoraggiamento del vescovo di Autun, la diocesi in cui si trova Taizé, tutti noi riceviamo la Comunione nella Chiesa cattolica. Fu l'unica possibilità offertaci per fare insieme la Comunione. Il progresso della teologia ecumenica, in particolare l'opera del nostro fratello Max sul significato di memoriale, ci ha permesso di giungere a una comprensione comune dell'Eucaristia.

- E il secondo passo fondamentale della nostra comunità è questo: durante il Consiglio comunitario annuale nel 1969, i fratelli si erano resi conto che la semplice presenza di fratelli cattolici nella comunità li portava a "vivere ancor più un'anticipazione dell'unità restando in comunione con colui che esercita il ministero del servo dei servi di Dio".

La nostra comunità era arrivata alla persuasione che la riconciliazione di non-cattolici con la Chiesa di Roma non si sarebbe compiuta ponendo indefinitamente delle condizioni, ma aiutandola ad evolvere dall'interno. Il XX secolo ha dimostrato come il ministero petrino sia maturato. Lo stesso Giovanni Paolo II ha fatto appello ai non-cattolici di collaborare a questa evoluzione. Nella sua enciclica Ut unum sint , ha scritto queste parole: "La comunione reale, sebbene imperfetta, che esiste tra tutti noi, non potrebbe indurre i responsabili ecclesiali e i loro teologi ad instaurare con me e su questo argomento un dialogo fraterno, paziente, nel quale potremmo ascoltarci al di là di sterili polemiche, avendo a mente soltanto la volontà di Cristo per la sua Chiesa?".

I fratelli nella nostra comunità che provengono da famiglie protestanti accettano questi due passi - ricevere la Comunione cattolica e anticipare la comunione con il pastore universale - senza ripudiare il proprio vissuto, ma dilatando la propria fede. Da parte loro, i fratelli provenienti da famiglie cattoliche trovano che la loro fede si arricchisce aprendosi, in linea col Vaticano II, alle questioni e ai doni delle Chiese della Riforma. Tutto ciò è diventato abbastanza naturale per noi. Se questi sforzi talvolta comportano limitazioni e sacrifici - ci può essere riconciliazione senza sacrifici? - la dilatazione di una vita di comunione è incomparabilmente più importante.

 


Un periodo di transizione verso la riconciliazione

Finora ho parlato dei fratelli della comunità. E i giovani che vengono a stare per qualche tempo a Taizé? Tutto ciò che riguarda i giovani è per noi primordiale. E' anzi un assillo quotidiano: come trovare nuove vie per comunicare il Vangelo alle giovani generazioni di oggi?

Settimana dopo settimana, accogliamo a Taizé giovani da tutti i Paesi europei ed anche da altri continenti, con tutte le loro differenze. La preghiera tre volte al giorno ci raduna alla presenza di Cristo, e pregando insieme, lo Spirito Santo ci unisce. L'insegnamento biblico che viene fatto quotidianamente ai giovani li fa andare alle fonti che sono comuni a tutti. E con loro riflettiamo come continuare questa ricerca nella vita di ogni giorno.

Questi giovani crescono in una società frammentata, che non offre chiari punti di riferimento. Devono affrontare scelte di vita spesso difficili. Anche nel campo etico, le divisioni tra cristiani non aiutano i giovani a trovare dei modi di vivere il vangelo nella propria vita personale. In questo campo delicato, piuttosto che definire posizioni risolte in modo troppo sbrigativo, che li distanziano tra loro, i cristiani non potrebbero trovare più tempo per il dialogo e per cercare una strada comune?

Da parte nostra, aiutiamo i giovani ad affacciarsi sulla "unica Chiesa di Cristo" nella sua visibilità, nel rispetto delle tradizioni delle diverse Chiese, e ciò comporta necessariamente una tensione. Riguardo all'Eucaristia, diamo ai giovani la possibilità di ricevere la Comunione nella propria tradizione. Ogni giorno si celebra la Messa cattolica. La liturgia ortodossa è celebrata quando ci sono partecipanti ortodossi che arrivano con dei preti. Quando vi sono gruppi anglicani, luterani o presbiteriani, li invitiamo a celebrare l'Eucaristia nella loro tradizione.

Constatiamo che molti giovani, dopo aver trascorso del tempo a Taizé, sono più attivi nella loro Chiesa d'origine, e allo stesso tempo acquisiscono un senso più acuto della Chiesa universale. Non pretendiamo di aver trovato la soluzione a Taizé. Le nostre modalità sono imperfette. Sappiamo che la nostra situazione è provvisoria, nell'attesa di un'unità pienamente realizzata.

( molto imperfette caro Fr. Aloise, qui c'è la confusione del SINCRETISMO religioso... a parte gruppi anglicani, ma i protestanti non celebrano l'EUCARISTIA ma la Cena dando proprio questo senso e non IL SACRIFICIO DELLA CROCE... [SM=g1740733] restare "attivi" nella propria comunità d'origine non produce conversioni a Gesù OSTIA SANTA.... il problema non è l'imperfezione, tutti lo siamo! ciò che è un problema è che si preferisce IL SINCRETISMO cristiano anzichè la CONVERSIONE... conversione all'UNICA CHIESA DI CRISTO che è divisa al suo interno, questa divisione NON è dei cattolici che hanno altre responsabilità e peccati da scontare, ma tale divisione è dei cristiani che rifiutano di riconoscere la Chiesa di Cristo... lasciarli "tranquilli e attivi" nelle loro comunità DIVISE non è un buon programma per l'unità....)


Il carattere visibile dell'unità che tentiamo di vivere non risolve tutte le problematiche, ma cerchiamo di entrare in un processo di riconciliazione che è in pieno sviluppo. Vorremmo condurre i cristiani separati a divenire più coscienti del proprio battesimo comune, della loro comune appartenenza, di purificare le rispettive tradizioni, di distinguere fra la Tradizione e le tradizioni che sono solo consuetudini, di avanzare in un ecumenismo che non si accontenti di tenere i cristiani su binari paralleli. E' così che può iniziare un periodo di transizione verso la riconciliazione.

 


Battesimo comune e servizio

L'ultimo capitolo della mia riflessione intende esaltare la comunione offertaci dal Cristo, poiché essa dota i suoi discepoli, uomini e donne, di una prospettiva universale. Li stimola ad andare agli altri, ad essere attenti ai più deboli, a quelli che sono più poveri di loro, e anche ai cercatori di Dio che appartengono ad un'altra religione o a coloro che non hanno alcun riferimento verso Dio. In molti luoghi, i cristiani di diverse denominazioni vivono insieme questa apertura.

Fratel Roger ripeteva spesso: "Dio è unito a ogni essere umano senza eccezione". Custodiva nel suo cuore tutti gli esseri umani di ogni nazione, specialmente i più poveri, i giovani, i bambini. Questa visione di comunione universale ci ha portato ad inviare fratelli a piccoli gruppi in Africa, Asia e America Latina per condividere la vita dei più derelitti e anche per gettare ponti tra le culture e i popoli.

I fratelli non sono attrezzati per mutare tante situazioni di miseria. Ma per alcuni di loro, rimanere ogni giorno davanti all'Eucaristia è fonte di vita che permette loro, con la semplice presenza, di "lavare i piedi", se posso osare questa espressione, della gente nel loro quartiere. E gradualmente sorgono modeste iniziative di solidarietà. Non sono che dei segni, ma possono aprire la via a Cristo, che trasfigura l'umanità e apre, nel cuore del mondo, un orizzonte di speranza.

Apro qui una parentesi. Quei nostri fratelli che vivono in altri continenti sono in contatto frequente con nuove assemblee di cristiani che si formano in gran quantità, soprattutto nel sud del mondo. Che ci piaccia o no, queste nuove assemblee ci provocano. Chiuderci in un giudizio categoricamente negativo può essere certamente giustificato da buoni argomenti. Ma un atteggiamento puramente negativo ignora, a mio parere, tutta la realtà della situazione. Ci sono molte diversità tra queste nuove assemblee; a volte professano dottrine che la grande tradizione della Chiesa non può accettare. Ma, forse più di quanto non pensiamo, chi fa parte di tali comunità ha un amore genuino per Cristo perché i tossicodipendenti sono curati, gli alcolizzati smettono di bere, gli uomini si prendono le loro responsabilità nell'essere padri ...

Noi cristiani delle Chiese storiche non abbiamo la responsabilità di cercare, con discernimento, il dialogo con queste nuove assemblee? Invece di guardare solo a ciò di cui mancano, non potremmo anche vedere le cose positive che hanno? Certo, tale questione ci porta lontano dal nostro tema, il battesimo come base di comunione, ma la chiamata di Cristo all'unità richiede oggi la nostra apertura. Un giorno, fratel Roger scrisse queste parole che propongo alla vostra meditazione: "Quando la Chiesa instancabilmente ascolta, guarisce e riconcilia, diventa quello che è al suo punto più luminoso - una comunione di amore, di compassione, di consolazione, un riflesso trasparente del Cristo risorto. Mai distante, mai sulla difensiva, priva di ogni asprezza, irradia l'umile sicurezza di amore nei cuori umani".

Giungo alla conclusione. Ho parlato molto di Taizé. Ma non era per esibire la nostra esperienza, piuttosto per condividere la nostra speranza, ed esprimere la nostra certezza che è possibile già adesso dare visibilità alla comunione nel medesimo e unico battesimo. Permettete che insista: dal momento che Cristo è venuto "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv. 11, 52), è essenziale che i nostri occhi vedano che il nostro comune battesimo ci conduce ad essere visibilmente una sola cosa in lui. Cristo è il Buon Pastore di tutti. Egli è anche la porta verso il Padre e il prossimo. Varcheremo quella porta per entrare nella casa del Padre e riunirci tutti insieme, visibilmente uniti? Ciò darebbe certamente nuovo dinamismo alle nostre Chiese, colme della gioia del Cristo e di fiducia che lo Spirito Santo ci indicherà il futuro passo dopo passo.


fratel Alois Loeser
Dublino, 11 giugno 2012.


traduzione italiana a cura di d. Giorgio Rizzieri
link: http://www.iec2012.ie/media/Monday11thJuneBrotherAlois1.pdf


(17/07/2012)

***  
 
... molto imperfette caro Fr. Aloise, qui c'è la confusione del SINCRETISMO religioso... a parte gruppi anglicani, ma i protestanti non celebrano l'EUCARISTIA ma la Cena dando proprio questo senso e non IL SACRIFICIO DELLA CROCE... restare "attivi" nella propria comunità d'origine non produce conversioni a Gesù OSTIA SANTA.... il problema non è l'imperfezione, tutti lo siamo, tutti siamo imperfetti! ciò che è un problema è che si preferisce IL SINCRETISMO cristiano anzichè la CONVERSIONE... conversione all'UNICA CHIESA DI CRISTO che è divisa al suo interno, questa divisione NON è dei cattolici che hanno altre responsabilità e peccati da scontare, ma tale divisione è dei cristiani che rifiutano di riconoscere la Chiesa di Cristo... lasciarli "tranquilli e attivi" nelle loro comunità DIVISE non è un buon programma per l'unità.... si chiama SINCRETISMO RELIGIOSO...  
 
Non riesco davvero a comprendere perchè si fa tanta difficoltà ad accettare la FSSPX, mentre si accettano e si confermano e si legittimano comunità sincretiste.... io non ho difficoltà ad accettare la comunità di Taizè, per altro sempre meglio di Bose... ma perchè farla difficile con la FSSPX? non sarà perchè non accetta alcun sincretismo e alcun compromesso con i non cattolici? e fino a che punto sbaglierebbe se così fosse?  
qui abbiamo protestanti che frequentano comunità cattoliche ma RIFIUTANO il primato petrino i sette sacramenti, l'Eucaristia, la Confessione.... hanno il sacerdozio femminile e sposano omosessuali.... e frequentando le comunità cattoliche vengono osannati, benedetti, CONFERMATI....  mentre la FSSPX che riconosce il primato, i 7 sacramenti ma non è disposta a fare compromessi con la dottrina, viene condannata! davvero mi riesce incomprensibile!!  
figli e figliastri... figli di serie a e di serie b....  
mah!

[SM=g1740758]

[Modificato da Caterina63 17/07/2012 17:05]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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