A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Pensieri, Fioretti e Preghiere del Santo Curato d'Ars, (Giovanni M. Vianney) per i Sacerdoti e per TUTTI

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2023 14:27
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14/06/2009 15:04
 
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Nelle parole «un altro Cristo» (alter Christus) Leone XIII vede la sintesi della tradizione sul sacerdote: «tutta la tradizione della Chiesa è una voce sola nel proclamare che il sacerdote è un altro Cristo e che il sacerdozio si esercita bensì in terra, ma va meritatamente annoverato fra gli ordini del cielo». Sulla stessa linea abbiamo espressioni simili, per le quali il sacerdote è intermediario tra il cielo e la terra (Leone XIII), intercessore presso Dio a favore degli uomini (Pio XI), conciliatore fra Dio e gli uomini (Pio XI e Pio XII), inferiore a Dio ma superiore al popolo (Pio XII). Pio X giunge ad affermare che tra la vita di un sacerdote e quella di un semplice uomo deve esserci la stessa differenza tra il cielo e la terra. Tutte queste espressioni vanno inserite nel loro contesto, morale più che dogmatico e vogliono spingere verso uno stile di vita adeguato alla grandezza del compito ricevuto.

Amici....inseriremo in questo spazio frasi, pensieri e piccole catechesi del Santo Curato d'Ars sia per una riflessione personale, sia per un aiuto ed un sostegno AI SACERDOTI....

Come possiamo, infatti, aiutare i Sacerdoti attraverso internet?

- Divulgando incessanti inviti alla Preghiera per la loro santificazione (Rosario, Sacrificio Eucaristico, la Confessione, Adorazione Eucaristica), così come richiesto e spiegato nel Decreto per le Indulgenze che il Santo Padre ha concesso per questo Anno Sacerdotale ;
- Divulgando iniziative economiche per il loro sostegno;
- Divulgando una corretta informazione sul Ministero sacerdotale;
- Divulgando iniziative atte ad offrire ogni forma di sacrificio personale, per la santificazione dei Sacerdoti e per ottenere sante Vocazioni;
- Sensibilizzando i nostri parroci e i sacerdoti in generale a leggere e ad applicare il Magistero della Chiesa;

come vediamo anche attraverso Internet le opportunità di vivere questo Anno Sacerdotale sono tante....e ciò deve aiutarci poi a concretizzare NELL'AZIONE QUOTIDIANA, tutti i buoni proprositi e le sante intenzioni che qui leggiamo....perchè una fede senza le opere è priva di sapore...

Ai Sacerdoti chiediamo di aiutare anche noi Laici  a non doverci mai vergognare della Fede che professiamo...e ai Laici come me, come noi, invito di cuore AD AMARE I SACERDOTI, BACIATE LE LORO MANI, NON VERGOGNATEVI di ripristinare questo gesto legittimo....le loro mani sono CONSACRATE, si bacia in esse la dignità del Cristo Sacerdote come appunto insegnava san Padre Pio....e voi sacerdoti, quando qualche laico per DEVOZIONE vi bacerà le mani, non ritraetele come fate di solito...perchè così facendo UMILIATE il Laico e dimostrate di non aver compreso quanto sia alta e fuori dal tempo la vostra Dignità....

Sarete VOI stessi invece ad essere positivamente "umiliati" attraverso questo gesto perchè esso non è fatto per gli onori terreni, ma bensì per rammentarvi che siete di Cristo e al Cristo va ogni atto di devozione.... 

Buona meditazione a tutti  



Così insegna il Santo Curato d'Ars:

                                            Curato d'Ars

Del Prete

Quando vedete un prete, dovete dire: "Ecco colui che mi ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo Battesimo, colui che mi ha purificato dopo il mio peccato, colui che nutre la mia anima..."
Il prete è per voi come una madre, come una nutrice per un neonato: ella gli dà da mangiare e il bimbo non deve fare altro che aprire la bocca. La Madre dice al suo bimbo: " Tieni, piccolo mio, mangia".
Il prete vi dice: "Prendete e mangiate, ecco il Corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi per la vita eterna".
Che belle parole!
Il Prete possiede le chiavi dei tesori del Cielo: è lui ad aprirne la porta; egli è l'economo di Dio, l'amministratore dei suoi Beni (cfr.1Cor.4,1).


*************************

La Messa, dono di Dio

Tutte le buone opere insieme non equivalgono al Santo Sacrificio della Messa: esse, infatti, sono opere degli uomini, mentre la Messa è opera di Dio.
Il martirio è nulla al suo confronto: è l'uomo che sacrifica a Dio la sua vita, ma la Messa è Dio che sacrifica all'uomo il suo Corpo e il suo Sangue.
Alle parole del Sacerdote, Nostro Signore scende dal cielo ed entra in una piccola ostia.
Dio fissa il suo sguardo sull'altare. "Ecco, dice, il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".
Per i meriti dell'offerta di questa vittima non può rifiutare nulla!
Che bello!
Dopo la Consacrazione, il buon Dio è lì, nell'Ostia, come in cielo!
Se riuscissimo a comprendere veramente questo mistero, moriremmo d'amore!!
Dio ci tratta con indulgenza a causa della nostra debolezza.
Se qualcuno ci dicesse: "Alla tal ora, verrà resuscitato un morto", ci affretteremmo sicuramente per assistere all'evento.
Eppure la consacrazione che cambia il e il vino nel Corpo e Sangue di Dio, non è forse un miracolo ben più grande della risurrezione di un morto?

Bisognerebbe sempre dedicare almeno un quarto d'ora a prepararsi ad ascoltare la Messa con devozione.
Bisognerebbe arrivare prima alla Messa per avere il tempo di recitare un Rosario.
Bisognerebbe umiliare se stessi davanti al buon Dio, sull'esempio del suo profondo annientamento nel Sacramento dell'Eucarestia, e fare l'esame di coscienza, poichè per assistere bene alla Messa, bisogna essere in stato di grazia.
Oh! Se avessimo fede, se capissimo il valore del Santo Sacrificio, dimostreremmo molto più fervore nell'assistere alla Messa!

                                     Eucarestia
             (Anime Sante del Purgatorio che vengono salvate grazie al Sacrificio Eucaristico)




Santo Curato d'Ars
(San Giovanni Maria Vianney)


Dio contempla con amore un'anima pura, le concede tutto quello che essa chiede. E come potrebbe resistere ad un'anima che vive soltanto per Lui, per mezzo di Lui e in Lui? Essa lo cerca e Dio si mostra a lei; Lo chiama e Dio viene; è tutt'uno con Lui. Essa incatena la sua volontà.
Non si può capire il potere che un'anima pura ha sul buon Dio. Non è lei che fa la volontà di Dio, è Dio che fa la sua.
Un'anima pura ? come una bella perla. Finché è nascosta in una conchiglia in fondo al mare, nessuno pensa ad ammirarla, ma se la mostrate al sole, essa risplende e attira gli sguardi: cosí è dell'anima pura, nascosta adesso agli occhi del mondo, risplenderà un giorno dinanzi agli angeli, nel sole dell'eternità. 

Quanto piú i giusti sono nell'innocenza, tanto piú riconoscono la loro povera miseria e praticano l'umiltà senza la quale non si può andare in cielo.
L'umiltà è come la catena del rosario; se la catena si rompe, i granelli se ne vanno; se cessa l'umiltà, tutte le virtú spariscono.
L'umiltà è come una bilancia: quanto piú ci si abbassa da un lato, tanto piú si è innalzati dall'altro.
Fu chiesto ad un santo qual era la prima virtú: «È l'umiltà», rispose - E la seconda? - «L'umiltà» - E la terza? - «L'umiltà».
L'umiltà disarma la giustizia di Dio. 

Un'anima pura súscita l'ammirazione delle tre Persone della Santissima Trinità. Il Padre contempla la sua opera: «Ecco dunque la mia creatura…». Il Figlio, il prezzo del suo Sangue: si conosce la bellezza di un oggetto dal prezzo che è costato … Lo Spirito Santo vi abita come in un tempio.
Quanto piú ci si rende poveri per l'amore di Dio, tanto piú si è ricchi in realtà! 

Non tutti coloro che si avvicinano [ai Sacramenti] sono santi, però i santi saranno sempre scelti tra coloro che li ricevono spesso.
I santi sono come tanti piccoli specchi nei quali Gesú Cristo si contempla.
Nei suoi apostoli [Gesú] contempla il suo zelo e il suo amore per la salvezza delle anime; nei martiri, contempla la sua pazienza, le sue sofferenze e la sua morte dolorosa; nei solitari, egli vede la sua vita oscura e nascosta; nelle vergini, ammira la sua purezza senza macchia, e in tutti i santi, la sua carità senza limiti, di modo che, ammirando le virtú dei santi, non facciamo altro che ammirare le virtú di Gesú Cristo.
Sí, con una preghiera fatta bene, possiamo comandare al cielo e alla terra; tutto ci obbedirà.
Se siete nell'impossibilità di pregare, nascondetevi dietro al vostro angelo, e incaricatelo di pregare al posto vostro.
Non dovremmo perdere la presenza di Dio, piú di quanto non perdiamo la respirazione.
La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto quello che farete non servirà a nulla.
Non c'è bisogno di pregare tanto per pregare bene. Si sa che il buon Dio è lí, nel santo Tabernacolo; gli si apre il cuore, ci si compiace della sua presenza. Questa è la migliore preghiera.
Quando prego, mi figuro Gesú mentre prega il Padre suo.
Il buon Dio ama essere importunato.
Bisogna pregare molto semplicemente e dire: Mio Dio, ecco un'anima ben povera che non ha niente, che non può nulla, fammi la grazia di amarti, di servirti e di conoscere che non so nulla.
Il buon Dio non ha bisogno di noi: se ci comanda di pregare, è perché Egli vuole la nostra felicità, e perché la nostra felicità può trovarsi soltanto là.
Quando siamo dinanzi al Santo Sacramento, invece di guardare attorno a noi, chiudiamo i nostri occhi e la nostra bocca, apriamo il nostro cuore, il buon Dio aprirà il suo, andremo a Lui, Egli verrà a noi, l'uno per chiedere e l'altro per ricevere; sarà come un soffio dall'uno all'altro. 

Venite alla comunione, venite a Gesú, venite a vivere di Lui, al fine di vivere per Lui.
Tutti gli esseri della creazione hanno bisogno di nutrirsi per vivere; per questo il buon Dio ha fatto crescere gli alberi e le piante; è una bella tavola ben servita dove tutti gli animali vengono a prendere ognuno il cibo che gli conviene. Ma anche l'anima deve nutrirsi… Quando Dio volle dare un nutrimento alla nostra anima, per sostenerla nel pellegrinaggio della vita, Egli pose il suo sguardo sulla creazione e non trovò nulla che fosse degna di lei. Allora si ripiegò su sé stesso e decise di dare sé stesso… O anima mia, quanto sei grande, dal momento che soltanto Dio può appagarti.
«Tutto quello che chiederete al Padre nel nome mio, Egli ve lo concederà».  Mai avremmo pensato di chiedere a Dio il suo proprio Figlio. Ma ciò che l'uomo non può dire o concepire, e che non avrebbe mai osato desiderare, Dio, nel suo amore, l'ha detto, l'ha concepito e l'ha adempiuto. 

(CURATO D'ARS, Scritti scelti, a cura di Gérard Rossé, Città Nuova Editrice)

(8/94)

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ECUMENISMO E CATTOLICITÀ
Un ricco protestante un giorno disse al Santo Curato D'Ars:
« Signor Curato, mi fido del Cristo che ha detto "Chi crederà in me, avrà la vita eterna"».
«Ah, amico mio, rispose - Il Signore ha detto ben altro. Ha detto che chi non avrebbe ascoltato la sua Chiesa doveva essere considerato come un pagano. Ha detto che non ci doveva essere che un solo gregge e un solo pastore, e ha stabilito San Pietro come capo di questo gregge».
Poi con una voce più dolce e penetrante:« Mio caro, non ci sono due maniere buone per servire in Signore, non ce n'é che una, di servirlo cioè come Egli vuole essere servito.
E qui il Santo scomparve, lasciando l'uomo in un turbamento salutare, precursore della grazia divina dalla quale egli fu felicemente vinto.

[Modificato da Caterina63 02/06/2023 14:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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18/06/2009 14:26
 
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Cari Sacerdoti e Amici Laici....RISCOPRIAMO IL VALORE DELLA CONFESSIONE....
e se in questo link:
Il Sacramento della Confessione-Riconciliazione


troverete materiale utile per conoscere a fondo questa Riconciliazione....leggiamo ora come insegnava il Santo Curato d'Ars su questo Sacramento...


La Confessione, il miogliore dei balsami.

Figli miei,
è difficile per noi capire quanta bontà Dio ha dimostrato nei nostri confronti istituendo quell'importantissimo Sacramento che è la Penitenza...
Se quei poveri dannati che sono all'Inferno da tanto tempo si sentissero dire: "Metteremo un prete all'entrata dell'inferno. Tutti coloro che vorranno confessarsi non dovranno fare altro che uscire"; figli miei, credete che ne resterebbe solo uno?
I più grandi peccatori non avrebbero paura di dire i loro peccati, nemmeno davanti al mondo intero!
Oh! in un batter d'occhio l'inferno si svuoterebbe e il cielo si popolerebbe!
Ebbene! noi abbiamo il tempo e i mezzi che quei poveri dannati non hanno.

Miei cari, quando abbiamo una macchia sull'anima, dobbiamo fare come chi possiede una bella sfera di cristallo di cui ha particolare cura: non appena si accorge che la sfera è coperta da un sottile strato di polvere, passa subito una spugna ed ecco che la sfera torna chiara e lucente.
E' bello pensare che abbiamo a disposizione un Sacramento che guarisce le piaghe della nostra anima!
Tuttavia bisogna accostarvisi in una particolare condizione d'animo; altrimenti, nuove ferite si aggiungono alle vecchie!

Che cosa pensereste di un uomo coperto di ferite che si comportasse come segue?
Gli venne consigliato di andare all'ospedale per curare le sue ferite; egli vi si reca; qui il medico lo guarisce dandogli dei medicamenti.
Ma ecco che l'uomo prende il coltello e inferisce contro se stesso violenti colpi facendosi ancora più male di prima.
Ebbene! è quello che spesso fate quando, usciti dal Confessionale, ricadete negli stessi peccati.
Ci sono persone che profanano il Sacramento mancando di sincerità
...
Sono coloro che hanno nascosto peccati mortali commessi dieci, vent'anni prima. Per questo sono tormentati in continuazione; il peccato sta loro dinanzi, ogni giorno; hanno sempre in mente di confessarlo, ma continuano a rimandare questo momento: è un vero e proprio inferno!

Figli miei, bisogna chiedere di pentirsi veramente!!
Dopo la confessione, è necessario piantare una spina nel proprio cuore e non perdere mai di vista i propri peccati.
Bisogna fare come l'Angelo ha fatto con san Francesco d'Assisi: gli ha piantato cinque dardi che sarebbero rimasti conficcati per sempre.
Quando avete fatto una buona confessione, avete messo in catene il Demonio.
I peccati che nascondiamo ritorneranno tutti a galla prima o poi.
Per cancellare efficacemente i propri peccati, bisogna confessarli completamente!

***************************

Ci sono alcuni sacerdoti che, inseguendo una voce corrente, sostengono e dicono ai propri penitenti: "ma non ti preoccupare! Dio è misericordioso! DIMENTICA TUTTI I TUOI PECCATI....ed anche se non ricordi, non importa, l'importante è che tu sia pentito...!"

nulla di tutto ciò è più deleterio ed ingannevole!
Dio è anche GIUDICE e la Giustizia prevede la resa dei conti non per una parte di vita vissuta MA PER TUTTA...

Lo stesso Salmo dice:

Salmi 31,5

Ti ho manifestato il mio peccato,
non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe»
e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.

Salmi 50,5

Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.


La Misericordia di Dio non cancella e non annulla LA PENITENZA, Egli rimette "la malizia del nostro peccato", ma per rimetterla OCCORRE DENUNCIARLA ossia Confessarla...dice infatti la Scrittura:

Proverbi 20,9

Chi può dire: «Ho purificato il cuore,
sono mondo dal mio peccato?».


NESSUNO DI NOI PUO' AUTOGIUSTIFICARSI, nessuno di noi può autopurificarsi, è necessario il Sacramento per essere mondi dal peccato, ergo è necessario confessare TUTTO senza omettere nulla pensando che Dio tanto è buono e tutto perdona! Agendo così NON è Dio a perdonarci, ma ci autogiustifichiamo...e nessun Sacerdote ha il diritto di suggerire ai fedeli di omettere i peccati passati...o peggio di insegnare questo Sacramento come se fosse una passeggiata...

Questo Sacramento FA MALE, certamente che fa male...ma a che cosa? AL NOSTRO ORGOGLIO, ALLA SUPERBIA, AL PROPRIO "IO"...fa male perchè ci mette a nudo e fa male perchè, se usato correttamente, ci dice in faccia chi siamo, il male che abbiamo fatto, ma attenzione, esso NON ci lascia nel Male che abbiamo fatto emergere, è qui la potenza di Dio e la Sua Misericordia: Egli per mezzo del Sacerdote sconfigge questo male denunciato, lo annienta, lo distrugge...e questa OPERAZIONE CHIRURGICA operata nella nostra anima, ci rimette in piedi, ci ridona serenità, ci dona PACE VERA, ci dona GIOIA PIENA...

Quanti di noi hanno fatto l'esperienza dell'Ospedale per un intervento chirurgico? per un dolore, per una malattia?
Ebbene si ENTRA MALATI (IL MALE=MALATI), si subisce l'intervento del chirurgo CHE FA MALE...FA SENTIRE DOLORE....ma poi si esce senza più quel dolore....
Se andate dal Medico, gli nascondereste forse quale sia il male che vi affligge?
E se non conoscste la provenienza del male che vi affligge, non chiedereste al medico di scoprirne l'origine?

Ecco, la stessa cosa è per l'Anima: si deve avere per lei la stessa cura che sia ha per il corpo e forse anche di più perchè il corpo è destinato ALLA POLVERE, L'ANIMA ALL'ETERNITA'....

Cari Sacerdoti, non prendete alla leggera questo Sacramento che NON è una vostra invenzione e nè potete usare a vostro piacimento....
Ascoltate l'insegnamento della Chiesa e dei suoi Santi...per salvare davvero le nostre anime occorre che ci diaciate TUTTA LA VERITA' di ciò che ci aspetta, anche il rischio dell'Inferno...

Così dice DIO:

Ezechiele cap.3

18 Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. 19 Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
20 Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l'avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. 21 Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato».

Giovanni cap. 20

21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

I peccati, per poter essere rimessi VANNO CONFESSATI.....ed occorre impegnarsi ALLA CONVERSIONE....

2Corinzi 5,20

Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

                          Confessione







Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa.
Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso.

Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono.

In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”.[20] “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo.[21] Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”.[22] “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.[23]

Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita”.[24]

Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere.
Il Curato d’Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.[25]
A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse “abominevole”: “Piango perché voi non piangete”,[26] diceva. “Se almeno il Signore non fosse così buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!”.[27]

Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: “Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello!”.[28] E insegnava loro a pregare: “Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.[29]

Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8).

(Benedetto XVI: Lettera ai Sacerdoti)

[Modificato da Caterina63 18/06/2009 14:56]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/09/2009 15:38
 
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Dal Thread:
S.Giovanni M.Vianney (il Curato d'Ars) modello e guida per tutti i Sacerdoti


nel quale è stato inserito il testo fondamenta del beato Papa Giovanni XXIII sul Santo Curato d'Ars, riporto:

ASCESI SACERDOTALE

Parlare di San Giovanni Maria Vianney è richiamare la figura di un sacerdote straordinariamente mortificato, che, per amore di Dio e per la conversione dei peccatori, si privava di nutrimento e di sonno, s'imponeva rudi discipline e praticava soprattutto la rinunzia di se stesso in grado eroico. Se è vero che non è generalmente richiesto ai fedeli di seguire questa via eccezionale, tuttavia la Divina Provvidenza ha disposto che nella Chiesa non mancassero mai pastori di anime che, mossi dallo Spirito Santo, non esitano ad incamminarsi per questo sentiero, poiché sono tali uomini specialmente che operano miracoli di conversioni. A tutti l'ammirabile esempio di rinunzia del Curato d'Ars, " severo con sé e dolce con gli altri ", richiama in modo eloquente e pressante il posto primordiale dell'ascesi della vita sacerdotale.


Consigli evangelici e santità sacerdotale

Il Nostro Predecessore Pio XII, volendo chiarire maggiormente questa dottrina e dissipare alcuni equivoci, tenne a precisare essere falso affermare " che lo stato clericale - in quanto tale e in quanto procede dal diritto divino - per sua natura o almeno per un postulato della stessa natura, esiga che siano osservati dai suoi membri i consigli evangelici ". E il Papa conclude giustamente: " Il chierico dunque non è obbligato per diritto divino ai consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza ". Ma sarebbe sbagliare enormemente sul pensiero di questo Pontefice, tanto sollecito della santità dei sacerdoti, e sull'insegnamento costante della Chiesa, credere pertanto che il sacerdote secolare sia chiamato alla perfezione meno del religioso. Anzi è vero il contrario, perché per il compimento delle funzioni sacerdotali " si richiede una santità interiore maggiore di quella richiesta anche dallo stato religioso ". E se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana. Del resto, con grande Nostra consolazione, quanti sacerdoti generosi l'hanno oggi compreso giacché, pur rimanendo tra le file del clero secolare, domandano a pie associazioni approvate dalla Chiesa di essere guidati e sostenuti nelle vie della perfezione!

Persuasi che " la grandezza del sacerdote consiste nell'imitazione di Gesù Cristo ", i sacerdoti saranno dunque più che mai attenti agli appelli del divino Maestro: " Se qualcuno vuol seguirmi, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua " (Mt 16,24). Il Santo Curato d'Ars, vien riferito, " aveva meditato spesso questa frase di Nostro Signore e cercava di metterla in pratica ". Dio gli fece la grazia di restarvi eroicamente fedele; e il suo esempio ci guida ancora nelle vie dell'ascesi, in cui brilla di grande splendore per la sua povertà, castità e ubbidienza.

San Giovanni M. Vianney, esempio mirabile di povertà evangelica

Anzitutto osservate la povertà dell'umile Curato d'Ars, degno emulo di San Francesco d'Assisi, di cui fu nel Terz'Ordine un fedele discepolo. Ricco per dare agli altri, ma povero per sé, visse in un totale distacco dai beni di questo mondo e il suo cuore veramente libero si apriva largamente a tutte le miserie materiali e spirituali che affluivano a lui. " Il mio segreto - egli diceva - è semplicissimo: Dare tutto e non conservare niente ". Il suo disinteresse lo rendeva premuroso verso i poveri, soprattutto quelli della parrocchia, ai quali dimostrava un'estrema delicatezza, trattandoli " con vera tenerezza, con molti riguardi, si deve dire con rispetto ". Raccomandava che non bisogna mai mancare di riguardo ai poveri, perché tale mancanza ricade su Dio; e quando i miseri bussavano alla porta, egli era felice di poter loro dire, accogliendoli con bontà: " Io sono povero come voi; sono oggi uno dei vostri! ". Alla fine della vita amava ripetere: " Sono contentissimo: non ho più niente e il buon Dio può chiamarmi quando vorrà ".

Applicazioni per i sacerdoti di oggi

Potrete da ciò comprendere, Venerabili Fratelli, che con affetto esortiamo i nostri cari figli del sacerdozio cattolico a meditare un tale esempio di povertà e di carità. " L'esperienza quotidiana attesta - scriveva Pio XI pensando appunto al Santo Curato d'Ars - che i sacerdoti di vita modesta i quali, secondo la dottrina evangelica, non cercano in nessuna maniera i propri interessi, apportano mirabili benefici al popolo cristiano ". E lo stesso Pontefice, considerando la società contemporanea, rivolgeva anche ai sacerdoti questo grave monito: " Mentre si vedono gli uomini vendere e negoziare tutto per il denaro, procedano essi disinteressatamente attraverso le attrattive dei vizi; e respingendo santamente l'indegna cupidigia del guadagno, non cerchino l'utile pecuniario, ma quello delle anime, bramino e chiedano la gloria di Dio e non la loro ".

Queste parole devono essere scolpite nel cuore di tutti i sacerdoti. Se ve ne sono che possiedono legittimamente beni personali, non vi si attacchino. Si ricordino piuttosto dell'obbligo enunciato dal Codice di Diritto Canonico, a proposito dei benefici ecclesiastici, " di destinare il superfluo ai poveri e alle cause pie ". E voglia Dio che nessuno meriti il rimprovero fatto dal Santo Curato alle sue pecorelle: " Quanti hanno denaro che tengono serrato, mentre tanti poveri muoiono di fame! ". Ma Noi sappiamo che molti sacerdoti oggi vivono effettivamente in condizioni di reale povertà. La glorificazione di uno di loro, che volontariamente visse tanto spogliato e si rallegrava al pensiero di essere il più povero della parrocchia, sarà per essi un provvidenziale incoraggiamento a rinnegare se stessi nella pratica di una povertà evangelica. E se la Nostra paterna sollecitudine può essere loro di qualche conforto, sappiano che noi vivamente godiamo del loro disinteresse nel servizio di Cristo e della Chiesa.

Certamente, nel raccomandare questa santa povertà, non intendiamo affatto, Venerabili Fratelli, approvare la miseria, nella quale sono talora ridotti i ministri del Signore nelle città o nelle campagne. Nel commento su l'esortazione del Signore al distacco dai beni di questo mondo, San Beda Venerabile ci mette precisamente in guardia da ogni interpretazione abusiva: " Non bisogna credere - scrive egli - che sia comandato ai santi di non conservare denaro ad uso proprio o dei poveri; perché si legge che il Signore stesso per formare la sua chiesa aveva una cassa...; ma piuttosto che non si serva Dio per questo né rinunzi alla giustizia per timore della povertà ". D'altronde l'operaio ha diritto alla sua mercede: e Noi, facendo nostre le sollecitudini del nostro immediato precedessore, domandiamo instantemente a tutti i fedeli di rispondere con generosità all'appello dei Vescovi, giustamente premurosi di assicurare ai loro collaboratori convenienti risorse.

La sua castità angelica

San Giovanni Maria Vianney, povero di beni, fu ugualmente mortificato nella carne. " Non vi è che una maniera di darsi a Dio nell'esercizio della rinunzia e del sacrificio - egli diceva - darsi cioè interamente ". E in tutta la sua vita praticò in grado eroico l'ascesi della castità.
Il suo esempio su questo punto sembra particolarmente opportuno, perché in molte regioni, purtroppo, i sacerdoti sono costretti a vivere, a motivo del loro ufficio, in un mondo in cui regna un'atmosfera di eccessiva libertà e sensualità. Ed è troppo vera per essi la espressione di San Tommaso: " E' alquanto difficile vivere bene nella cura delle anime a causa dei pericoli esteriori ". Spesso, inoltre, essi sono moralmente soli, poco compresi, poco sostenuti dai fedeli, cui si dedicano. A tutti, specialmente ai più isolati e ai più esposti, Noi rivolgiamo qui un caldissimo appello perché la loro vita intera sia una chiara testimonianza resa a questa virtù che San Pio X chiamava " ornamento insigne dell'Ordine nostro ". E vi raccomandiamo con viva insistenza, Venerabili Fratelli, di procurare ai vostri sacerdoti, nel miglior modo possibile, condizioni di vita e di lavoro tale da sostenere la loro generosità. Bisogna cioè ad ogni costo combattere i pericoli dell'isolamento, denunciare le imprudenze, allontanare le tentazioni dell'ozio o i rischi dell'esagerata attività. Ci si ricordi ugualmente a questo riguardo dei magnifici insegnamenti del Nostro Predecessore nell'enciclica Sacra virginitas.

" La castità brillava nel suo sguardo ", è stato detto del Curato d'Ars. Realmente chi si pone alla sua scuola è colpito non solo dall'eroismo con cui questo sacerdote ridusse in servitù il suo corpo (cf 1 Cor 9,27), ma anche dall'accento di convinzione con cui egli riusciva a trascinare dietro di sé la moltitudine dei suoi penitenti. Egli conosceva, attraverso una lunga pratica del confessionale, le tristi rovine dei peccati della carne: " Se non ci fossero alcune anime pure per ricompensare Dio, sospirava..., vedreste come saremmo puniti! ". E parlando per esperienza, aggiungeva al suo appello un incoraggiamento fraterno: " La mortificazione ha un balsamo e dei sapori di cui non si può fare a meno quando li si abbia una volta conosciuti... In questa via quello che costa è solo il primo passo! ".

Questa ascesi necessaria della castità, lungi dal chiudere il sacerdote in uno sterile egoismo, rende il suo cuore più aperto e più pronto a tutte le necessità dei suoi fratelli: " Quando il cuore è puro - diceva ottimamente il Curato d'Ars - non può fare a meno di amare, poiché ha ritrovato la sorgente dell'amore che è Dio ". Quale beneficio per la società ave-e nel suo seno uomini che, liberi dalle preoccupazioni temporali, si consacrano completamente al servizio divino e dedicano ai propri fratelli la loro vita, i loro pensieri e le loro energie! Quale grazia sono per la Chiesa i sacerdoti fedeli a questa eccelsa virtù! Con Pio XI Noi la consideriamo come la gloria più pura del sacerdozio cattolico, e " per quanto riguarda le anime sacerdotali, Ci sembra rispondere nella maniera più degna e conveniente ai disegni e desideri del Sacratissimo Cuore di Gesù ". Pensava a questo disegno dell'amore divino il Santo Curato d'Ars, quando esclamava: " Il sacerdozio, ecco l'amore del Cuore di Gesù! ".

Il suo spirito di obbedienza

Sullo spirito di obbedienza del Santo le testimonianze sono innumerevoli, giacché si può veramente affermare che per lui l'esatta fedeltà al promitto dell'Ordinazione fu l'occasione di una rinuncia continua durata quarant'anni. Per tutta la sua vita, infatti, egli aspirò alla solitudine di un santo ritiro e le responsabilità pastorali furono per lui un fardello troppo pesante, di cui tentò anche più volte di liberarsi. Ma la sua obbedienza totale al Vescovo fu ancora più ammirabile. Ascoltiamo, Venerabili Fratelli, alcuni testimoni della sua vita: " Dall'età di quindici anni - dice uno di essi - questo desiderio (della solitudine) era nel suo cuore per tormentarlo e sottrargli le gioie che avrebbe potuto gustare nella sua posizione "; ma " Dio non permise - attesta un altro - che egli potesse realizzare il suo disegno. La divina Provvidenza voleva senza dubbio che, sacrificando il proprio gusto all'obbedienza, il piacere al dovere, già M. Vianney avesse continua occasione di vincersi "; " M. Vianney - conclude un terzo - restò Curato d'Ars con un'obbedienza cieca, e vi è rimasto fino alla morte ".

Questa totale adesione alla volontà dei suoi Superiori era, conviene precisarlo, interamente soprannaturale nel motivo; era un atto di fede nella parola di Cristo che dice ai suoi Apostoli: " Chi ascolta voi, ascolta me " (Lc 10,16) e, per restarvi fedele, si esercitava a rinunziare abitualmente alla sua volontà nell'accettare il pesante ministero del confessionale e in tutti gli altri compiti quotidiani, in cui la collaborazione tra confratelli rende l'apostolato più fruttuoso.
Ci piace proporre come esempio ai sacerdoti questa rigida obbedienza, nella fiducia che essi ne comprenderanno tutta la grandezza e ne acquisteranno il gusto spirituale. E, se mai fos- sero tentati di dubitare dell'importanza di questa virtù capitale, tanto facilmente misconosciuta oggi, sappiano di aver contro le chiare e decise affermazioni di Pio XII, il quale attestava che " la santità della vita di ciascuno e l'efficacia dell'apostolato si basano e poggiano, come su solido fondamento, sul rispetto costante e fedele per la sacra gerarchia". Del resto voi ricordate, Venerabili Fratelli, con che forza i nostri ultimi predecessori hanno denunziato i gravi pericoli dello spirito di indipendenza in seno al clero, tanto per l'insegnamento dottrinale, quanto per i metodi di apostolato e per la disciplina ecclesiastica.

Noi non vogliamo insistere oltre su questo punto, ma preferiamo esortare i Nostri figli sacerdoti a sviluppare in sé il senso filiale della loro appartenenza alla Chiesa, nostra Madre. Si diceva del Curato d'Ars che non viveva che nella Chiesa e per la Chiesa, come un fuscello di paglia posto in un braciere ardente. Sacerdoti di Gesù Cristo, siamo immersi nel braciere che il fuoco dello Spirito Santo vivifica; abbiamo ricevuto tutto dalla Chiesa; operiamo in suo nome e in virtù dei poteri da essa conferitici: amiamo servirla nei vincoli dell'unità e nella maniera in cui vuole essere servita.
 

                                                  Anno Sacerdotale


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Conoscere san Giovanni Maria Vianney attraverso i suoi libri

Nella biblioteca
del curato d'Ars


di Bernard Ardura
Presidente del Pontificio Comitato
di Scienze Storiche


La devozione popolare verso i santi ha spesso intessuto una certa legenda aurea, tesa a esprimere l'amore dei fedeli e la loro gratitudine verso Dio che ha colmato dei suoi doni di grazia questi esemplari discepoli di Cristo e, spesso, a sminuire le doti naturali dei santi per meglio mettere in risalto gli effetti dell'intervento divino nella loro vita. Il santo Curato d'Ars non fa eccezione e non mancano opere divulgative che lo presentano abusivamente quasi come privo di intelligenza, pur nell'intento lodevole di esaltare la sua santità.

Il pellegrino che visita la canonica di Jean-Marie Vianney rimane spesso commosso di fronte alla semplicità, anzi alla povertà della casa, e in genere non nota la presenza di una biblioteca ricca di ben 252 libri, cosa che per un parroco francese dell'inizio dell'Ottocento e per molti suoi contemporanei risulta considerevole. L'insieme di questi libri è molto interessante, perché il loro proprietario non ha mai pubblicato e neppure scritto i suoi catechismi che conosciamo solo attraverso gli appunti dei suoi devoti discepoli. Pertanto questa biblioteca è praticamente l'unico mezzo per conoscere da vicino la personalità del Curato d'Ars, che si presentava volentieri come ignorante, mentre era, nella misura delle sue possibilità, un amante dello studio.

Ricordiamo brevemente che, nato a Dardilly, vicino a Lione, l'8 maggio 1786, Jean-Marie, da giovane, lavorava nei campi e pascolava le pecore; quindi non ebbe l'opportunità di frequentare regolarmente la scuola. Ricevette la prima comunione nel corso di una messa clandestina a Écully, nel 1799. Solo nel 1803, quando aveva ormai 17 anni, frequentò la scuola elementare a Dardilly. Quando, nel 1806, fu presentato al seminario Saint-Irénée di Lione, fece subito l'esperienza amara di cozzare contro un muro di ignoranza apparentemente insuperabile. L'insegnamento nel seminario era esclusivamente dispensato attraverso corsi in latino, del tutto inaccessibili al giovane contadino. Per i suoi professori, era "debolissimus" e l'eventualità di restituirlo alla sua famiglia sembrava loro la soluzione migliore.


La sua vocazione fu "salvata", nel 1807, da don Charles Balley, canonico regolare di Santa Genoveffa prima della Rivoluzione francese e antico maestro dei novizi, che aveva avuto la fortuna di ricevere la solida preparazione dei sacerdoti dell'ancien régime.

Il canonico Balley univa attività intellettuale rigorosa e austerità di vita. Dopo la Rivoluzione, nominato parroco di Écully, vicino a Lione, Balley fece venire alcuni giovani per prepararli al sacerdozio. Jean-Marie fu il suo discepolo più fedele perfino nelle pratiche austere. Però, il maestro si rese immediatamente conto dell'impossibilità d'insegnargli la teologia in latino. Quindi decise di spiegargli in francese i vari trattati teologici. Lo stesso canonico si fece garante della qualità della vocazione del giovane dinanzi alle autorità diocesane. Così, Jean-Marie Vianney fu ordinato sacerdote il 13 agosto 1815.

Nominato viceparroco del canonico a Écully, ricevette dal maestro la prima iniziazione al ministero sacerdotale, per due anni e mezzo, fino alla morte di don Balley, avvenuta il 16 dicembre 1817. Il maestro aveva ereditato dal suo convento parigino un forte rigorismo influenzato dal giansenismo. Quindi non c'è da meravigliarsi se, nei primi anni del suo ministero, il Curato d'Ars fustigava i suoi parrocchiani, "cattivi cattolici", con rigorismo esagerato. Il giovane sacerdote faticava per preparare i suoi sermoni, lavorando sodo per molte ore del giorno e della notte, copiando citazioni dai libri del maestro, prima di imparare a memoria queste "sudate carte".

Alla morte del canonico Balley, Vianney ereditò i libri del maestro, all'incirca 79 titoli, che portò con sé ad Ars dove fu nominato parroco l'11 febbraio 1818. Ma la biblioteca di Ars è ricca di ben 151 libri anteriori all'anno 1818. Quindi, gli altri 81 provengono da acquisti posteriori al suo arrivo ad Ars. A partire dal 1818, la biblioteca continua a crescere e 103 titoli del catalogo sono stati pubblicati da questa data fino alla morte del santo curato nel 1859, al ritmo di uno e fino a sei libri l'anno.

Siccome Vianney non ha più lasciato Ars dopo il suo pellegrinaggio mariano a Fourvière, nella città di Lione, nel 1823, ci si chiede come abbia fatto ad acquistare una tanto copiosa quantità di libri. Il mistero rimane tuttora insoluto. Comunque, questa biblioteca è composta esclusivamente di libri religiosi e il suo fondo è simile a quello delle biblioteche ecclesiastiche del tempo. Questa osservazione porta a pensare che tale collezione di libri e documenti come le lettere pastorali o i foglietti pii sono il risultato di una scelta personale di Vianney e non di una raccolta casuale.

Come i suoi contemporanei, il Curato d'Ars era molto attratto dalle vite dei santi in cui cercava degli esempi concreti da proporre ai suoi fedeli. Dalla lettura del catalogo della biblioteca risulta che tutte le problematiche legate alla Chiesa suscitavano il suo interesse. Fra l'altro, si è particolarmente documentato sulle missioni e parlava spesso dei missionari ai suoi fedeli. Grazie, in particolare, alla Théologie morale del cardinale Thomas-MarieJoseph Gousset (1845), scoprì la dottrina di sant'Alfonso de Liguori e si è così staccato dal rigorismo iniziale, accordandosi in questo modo con il pensiero della Chiesa del suo tempo. Contrariamente ai cataloghi elaborati dai librai, gli autori membri di ordini religiosi annoverati nella biblioteca sono in minoranza e la maggior parte di loro sono gesuiti.

Osservando i segni lasciati dal lettore sui libri - ex-libris, scritture, segni, pagine piegate o tagliate, piccoli avanzi di cibo fra le pagine perché leggeva durante i pasti - si può affermare che Jean-Marie Vianney ha letto sicuramente 192 libri della sua biblioteca.

Si notano alcune assenze notevoli fra i libri conservati ad Ars:  l'Imitatio Christi e le opere di san Francesco di Sales abitualmente presenti in tutte le biblioteche ecclesiastiche francesi del tempo. Leggendo i manoscritti dei suoi sermoni ci si rende conto che il predicatore, dalla memoria poco sicura, trascriveva soltanto delle citazioni spesso lette e poi interiorizzate nella contemplazione, che restituiva in una forma approssimativa ma convincente.

Insomma, Vianney usava la sua biblioteca come fonte per il suo ministero sacerdotale, consapevole che la preghiera deve unirsi allo studio, per istruire il popolo cristiano e condurlo sulla via della santità. Rinchiuso per ore nel suo confessionale, a contatto diretto con la debolezza umana e con l'opera del Male, che chiamava "il Rampino", grazie al suo amore per Cristo che venerava nel Sacro Cuore, seppe assimilare il contenuto dei libri letti ed esprimere nel linguaggio dell'amore e della misericordia divina il grande messaggio del Vangelo della salvezza.

Vianney recepì il consiglio del suo vescovo Alexandre Devie che affermava nel 1848:  "Il secondo dovere [dei sacerdoti per mantenersi nella santità] consiste nello studio delle materie ecclesiastiche" e "mai forse il clero ebbe così tanto bisogno di istruirsi come nell'infelice secolo che stiamo vivendo." Del Curato d'Ars, anche se non ha lasciato scritti, a eccezione dei manoscritti dei suoi sermoni, ha lasciato la testimonianza inconfutabile del suo amore per i libri e per lo studio.

Jean-Baptiste-Henri Lacordaire, restauratore dell'ordine dei predicatori in Francia, pellegrino ad Ars dove predicò il 4 maggio 1845, diceva che "le Lettere sono con il Cristianesimo il principio di ogni civiltà" e "che non si rimpiange mai di aver acquistato una scienza [perché] il risultato di un lavoro coscienzioso è sempre un beneficio". Il grande predicatore di Notre-Dame di Parigi esprimeva i suoi sentimenti intimi dopo aver sentito predicare Vianney:  "Vorrei predicare come lui."

Il Curato d'Ars non è certo diventato uno studioso in grado di scrivere libri o di tenere un corso universitario, ma la sua biblioteca prova che egli non ha mai rinunciato alla personale formazione intellettuale e spirituale tramite lo studio, come aveva appreso dal canonico Balley. La scelta delle sue letture, consone con gli orientamenti spirituali e le preoccupazioni della Chiesa, e perfettamente adattate alle necessità dei suoi contemporanei, dimostra la giustezza del suo discernimento intellettuale, illuminato dalla sua vita di fede e dalla sua carità apostolica. La sua evoluzione spirituale, dal rigorismo alla fiducia nell'amore misericordioso del Salvatore, è senz'altro frutto dell'azione dello Spirito nel suo cuore, ma anche delle sue letture.

Passare in rassegna con sguardo attento la sua biblioteca ci mostra che se Vianney ha voluto possederne una, obbedendo alle istruzioni del suo vescovo, era per adempiere meglio ai suoi doveri pastorali, rivelandosi sacerdote intelligente, coscienzioso e pieno di zelo per la salvezza dei suoi fedeli.



(©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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08/02/2010 21:19
 
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Tutte le grazie sono nelle mani della santa Vergine
del Santo Curato d'Ars


da Madre di Dio sett 2009

«La santa Vergine viene spesso paragonata ad una madre: in realtà ella supera di gran lunga la migliore delle madri. La migliore delle madri, infatti, di tanto in tanto punisce il figlio che le dà un dispiacere; crede di fare la cosa giusta. La santa Vergine, invece, non agisce in questo modo: è così buona che ci tratta sempre con amore.
Il suo cuore di madre è solo amore e misericordia, il suo unico desiderio quello di vederci felici. È sufficiente rivolgersi a lei per essere esauditi.

Il Figlio ha la sua giustizia, la Madre non ha che il suo amore. Dio ci ha amati fino a morire per noi; tuttavia, nel cuore di Nostro Signore, regna la giustizia, che è un attributo di Dio; nel cuore della Vergine santissima esiste solo misericordia… Immaginate il Figlio, pronto a punire un peccatore: Maria si lancia in suo aiuto, ferma la spada, chiede grazia per il povero peccatore. "Madre mia – le dice Nostro Signore – non posso rifiutarti nulla. Se l’inferno potesse pentirsi, tu otterresti la grazia per lui".

La santissima Vergine fa da mediatrice tra suo Figlio e noi. Malgrado il nostro essere peccatori, è piena di tenerezza e di compassione per noi. Il figlio che è costato più lacrime alla madre non è forse quello che le sta più a cuore? Una madre non si prende forse cura sempre del più debole e del più indifeso? Un medico, in un ospedale, non ha forse maggiore attenzione per i malati più gravi?
Quando parliamo delle cose terrene, del commercio, della politica… ci stanchiamo presto, ma quando parliamo della santa Vergine è come se fosse sempre una novità.

Tutti i santi hanno avuto una grande devozione per la santa Vergine; nessuna grazia viene dal Cielo senza prima passare per le sue mani. Non si entra in una casa senza prima parlare al portinaio.
Ebbene, la santa Vergine è la portinaia del Cielo. Penso che alla fine dei tempi la santa Vergine potrà finalmente godere di un po’ di tranquillità, ma finché il mondo dura, tutti la tirano da ogni parte… La santa Vergine è come una madre che ha molti figli; è continuamente occupata ad andare da uno all’altro.

Quando si vuole offrire qualche cosa ad un personaggio importante, si fa presentare l’oggetto dalla persona che egli preferisce, di modo che l’omaggio gli sia più gradito. Allo stesso modo le nostre preghiere, presentate alla santa Vergine, hanno tutt’altro valore, perché la santa Vergine è la sola creatura che non abbia mai offeso Dio.

Quando le nostre mani hanno sfiorato delle piante aromatiche, esse profumano tutto ciò che toccano; facciamo quindi passare le nostre preghiere per le mani della santa Vergine ed ella le renderà profumate»



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21/02/2010 21:54
 
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Sto meditando in questi giorni sul Santo Curato d'Ars e vi condivido queste perle:

- "Signor Curato, dove avete fatto il corso di teologia?" - gli chiese un giorno un sacerdote. Il Santo curato Vianney senza parlare gli indicò il suo inginocchiatoio posto davanti ad un Crocefisso....

- Fu chiesto al Santo Curato in quale modo aiutarsi per vincere le tentazioni, rispose:
"Quando sarete tentati, gettatevi prontamente fra le braccia della Madre di Dio, e con il santo Rosario, reclamate la sua protezione. Allora sarete sicuri di riuscire vittoriosi sopra i vostri nemici e li vedrete ben presto coperti di confusione. Piuttosto preoccupatevi di restarLe fedeli come si conviene".

- Un giorno un protestante chiese al santo Curato cosa pensasse del Paradiso e se ci fosse stata la possibilità di condividerlo con i protestanti, risposte il Santo Vianney: " Ahimè amico mio! Noi NON saremo uniti lassù se non in quanto avremo incominciato ad essere uniti sulla terra. La morte non cambierà nulla. Dove cade l'albero, lì rimane. A meno che non venga rinnescato  nella Chiesa..."

- Un giovane fedele gli chiese come si potesse riconoscere l'azione dello Spirito Santo, risposte il Santo Curato d'Ars: " E' semplice: quando ci vengono i pensieri buoni, quando speriamo, quando il nome stesso di Dio in Gesù ci commuove fino alle lacrime, quando non possiamo fare a meno di amare la Chiesa nostra madre, allora stai tranquillo che è lo Spirito Santo che ci visita"...
Buon Cammino Quaresimale a tutti....


                                          Santo Curato d'Ars
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07/03/2010 23:24
 
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Meditazione del Curato d'Ars sul sacerdozio

da una Catechesi di San Giovanni Maria Vianney…

Oh! Il prete è veramente qualcosa di straordinario! Dopo di Te, o Dio, il prete è tutto! Se incontrassi per strada un Tuo Angelo e un Tuo sacerdote, saluterei prima il sacerdote, perché l’Angelo non può assolvermi dai peccati, non può aprire la porta della vita eterna, non può mutare il pane in carne. Le dita del prete, che hanno toccato la carne adorabile di Gesù Cristo, che sono state immerse nel calice contenente il suo sangue, nel ciborio contenente il suo corpo, non sono forse più preziose? Eppure nulla al mondo è più infelice di un prete. Al vedere Dio offeso.

Sempre il suo santo nome bestemmiato! Sempre violati i suoi comandamenti! Sempre oltraggiato il suo amore! Il prete non vede che questo, non ode che questo. È continuamente come san Pietro nel pretorio di Pilato, con sotto gli occhi il Signore insultato, deriso, coperto di obbrobri. Gli uni gli sputano in faccia, gli altri gli tirano schiaffi, altri gli mettono una corona di spine, lo si getta a terra, si pesta sotto i piedi, lo si crocifigge, gli si trapassa il cuore… Ah! Se avessi saputo cos’è un prete, invece di andare in seminario, sarei fuggito.



Fraternamente CaterinaLD

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14/04/2010 12:32
 
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Ricordandovi di riflettere su queste pagine:
Cari Sacerdoti, se si ammala la Liturgia, si ammala TUTTA la Chiesa

CRISI DEL SACERDOZIO? cerchiamo di capire le ragioni...

LA FORMAZIONE DEI PRETI

Non di una Chiesa più "umana" abbiamo bisogno, ma di una Chiesa DIVINA (Ratzinger 1990)

Proseguiamo con altre riflessioni del Santo Curato d'Ars che prendo dal libro: "Diventare santi ogni giorno" 15 meditazioni di Pierre Blanc Ed. Gribaudi


- "Lo Spirito Santo è la nostra guida. L'uomo non è nulla per se stesso, ma è moltissimo con lo Spirito Santo.
La persona umana è completamente terrestre e animale. Non c'è che lo Spirito Santo che possa elevare la sua anima e portarla in alto.
Quelli che sono guidati dallo Spirito Santo hanno le idee giuste. Ecco perchè ci sono tanti analfabeti che la sanno più lunga di tanti eruditi!"


- Com'è bello amare Dio!
Mio Dio!
Cosa potremmo dunque amare, se non amiamo l'Amore stesso?
L'Uomo è creato dall'Amore, ecco perchè è così portato ad amare.
Amare Dio con tutto il proprio cuore significa non amare altri che Lui, rendendolo sempre presente in tutto ciò che amiamo.
Non si può, perciò, amare Dio senza testimoniarglielo attraverso le opere!


- Com'è bella la Preghiera del Padre Nostro!
Siamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo, poichè tutti i giorni diciamo: " Padre nostro che sei nei cieli".
Oh! Com'è bello sapere di avere un Padre nei cieli! Allontaniamo ogni dubbio!
"Venga il tuo regno"; se faccio regnare davvero il buon Dio nel mio cuore, Egli mi farà regnare con Lui nella sua gloria!
"Sia fatta la tua volontà"; non c'è nulla di così dolce  che fare la volontà di Dio, nulla di così perfetto. Per fare bene tutte le cose, bisogna farle come Dio vuole, e non come vogliamo noi, anche se molte volte ci costa fatica, anche se può sembrare che la nostra idea o la nostra opinione sia buona, non è importante ciò che voglio "io", è più perfetto fare ciò che Lui vuole, in conformità piena e senza compromessi, con i suoi disegni i quali sono perfetti.
Quando ci si lascia guidare da Dio, facendo ciò che Lui vuole, non ci si può sbagliare.... l'occhio del mondo non vede più in la della Verità, al contrario, l'occhio del cristiano che fa la volontà di Dio, vede fino al fondo dell'eternità....


- " L'altro giorno, stavo tornando da Savigneux.
Gli uccelli stavano cantando nel bosco. Mi sono messo a piangere: povere bestie, mi son detto, il buon Dio vi ha creato per cantare e voi cantate, mentre l'Uomo è stato creato per amare il buon Dio, e non lo ama! L'uomo che pensa solamente al proprio lavoro e che vive solamente per i suoi tornaconti, è un uomo infelice; egli non è un animale da lavoro, bensì è stato creato ad immagine di Dio perchè con Dio regnasse...
Dio non ci perde mai di vista, come una madre non perde mai di vista il proprio figlioletto che inizia a muovere i suoi primi passi, ma per ricevere le attenzioni di Dio occorre anche che noi ci fidiamo di Lui, come un bambino si fida della propria amorevole madre!"


- Che grande dono è per l'Uomo la Croce!
Le croci ci uniscono al Signore! Non lasciarti ingannare da chi le teme e le getta via, esse non sono uno strumento di morte ma di resurrezione. La croce infatti ci purifica e ci distacca da questo mondo, ci aiuta a liberare il nostro cuore da ogni ostacolo, ci aiuta ad attraversare la vita come un ponte aiuta ad attraversare un corso d'acqua. Porta sempre con te un Crocifisso che ti aiuti a ricordare che anche tu hai la tua croce da portare, ma mentre Nostro Signore era solo nel portarla, noi non siamo soli, il peso maggiore lo porta Lui per noi, prova a fidarti di Lui come Lui continua a fidarsi di te, ogni giorno, Egli infatti ti attende nel confessionale per liberarti dai pesi eccessivi, quelli che veramente ti fanno male, e ti libera la croce da pesi inutili...

- Siamo così nemici di tutto ciò che ci contraria nelle idee e nelle opinioni mondane, che vorremmo sempre vivere tra i petali di rosa, o in una scatola di cotone. Ma è proprio attraverso la sofferenza che si va in cielo, non v'è altra strada.
Le malattie, le tentazioni, le sofferenze sono quelle croci giunte a noi a causa del Peccato Originale e che Gesù ha trasformato nello strumento per andare in cielo! Egli stesso ne è il modello. Nostro Signore non ti dice di soffrire senza aver Lui per primo e ingiustamente sofferto per te! La Croce è così la scala che porta al Cielo.
Quanto è consolante, allora, soffrire per amore di Gesù ogni patimento e poter dire la sera: coraggio, anima mia, oggi hai avuto la grazia santificante di rassomigliare a Gesù Cristo!
Anch'io devo operare ogni giorno per portare la croce
.
Soffro di notte per le Anime del Purgatorio e di giorno per la conversione dei peccatori.
Mio Dio, concedetemi, ve ne supplico, la conversione della mia Parrocchia, acconsento a qualsiasi sofferenza vorrete per tutta la mia vita: ho più fiducia in Voi che nelle mie misere forze, so che mi esaudirete
!"


- Che lo si voglia o no, bisogna soffrire!
Ma questo non deve spaventarci! Piuttosto dobbiamo imparare a fidarci di Nostro Signore che è disceso dal Cielo per aiutarci proprio nella sofferenza!
Ci sono persone che soffrono come il Buon Ladrone in croce ed altre che reagiscono vergognosamente come l'altro, che invece di alleggerire la propria e giusta croce, mentre sta morendo, non pensa ad altro che ad insultare il Giusto Crocifisso.
Entrambi soffrono allo stesso modo, ma solo uno seppe rendere meritorie le sue sofferenze, accettandole e al tempo stesso, supplicando il ricordo di Nostro Signore nella medesima sorte della morte: Ricordati di me, quando sarai nel tuo regno!
In quella sopportazione e accettazione egli seppe ricevere lo spirito della riparazione e della conversione, e volgendosi verso Gesù crocifisso, morente anch'Egli, fu in grado di raccogliere dalla sua bocca l'amorevole consolazione: "Oggi stesso sarai con me in Paradiso!"
Quale Uomo non vorrebbe sentirsi dire una consolazione più grande? Purtroppo troppe persone non ci credono, e non è facile guidarli su questa strada, tuttavia possiamo dare ad essi la testimonianza del Buon Ladrone anche nel nostro operare e poi pregare affinchè il Signore stesso sciolga i cuori più induriti!



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/06/2010 11:45
 
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" ...quando temete di fare i vostri atti religiosi davanti al mondo, e che trovandovi in una casa non osate fare il segno della croce prima di mangiare, o che per farlo, vi girate dall'altra parte per paura di essere visti e presi in giro ; 
e quando sentite suonare l'Angelus, fate finta di non sentirlo, e non lo dite, per paura di essere presi in giro.
O ancora quando il buon Dio vi da il pensiero di andarvi a confessare e dite "o non ci andro mi prenderanno in giro".
Se vi comportate in questo modo, non potete dire che siete cristiani.
No, amici miei, siete come per il passato gli Ebrei, cacciati, o piuttosto, vi siete separati da voi stessi; siete soltanto dei traditori; il vostro linguaggio ne dà la prova e il vostro modo di vivere lo manifesta chiaramente."
  

Santo Curato d'Ars

**********************************************


si legga con attenzione l'aggiornamento apportato al thread:

S.Giovanni M.Vianney (il Curato d'Ars) modello e guida per tutti i Sacerdoti e...il PATRONATO MANCATO, SCIPPATO






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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ATTO DI AMORE

di  S. Giovanni M. Vianney - Curato D'Ars


Ti amo, mio Dio, e il mio desiderio

é di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.

Ti amo, o Dio infinitamente amabile,

e preferisco morire amandoti,

piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.

Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo

è di amarti eternamente.

Ti amo, mio Dio, e desidero il cielo,

soltanto per avere la felicità di amarti perfettamente.

Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante: ti amo,

voglio che il mio cuore te lo ripeta ogni volta che respiro.

Ti amo, mio divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me,

e mi tieni quaggiù crocifisso con te.

Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti

e sapendo che ti amo.

 COLLETTA DELLA MEMORIA LITURGICA

( 4 agosto)

O Dio onnipotente e misericordioso,

che in San Giovanni Maria Vianney,

ci hai offerto un mirabile pastore,

pienamente consacrato al servizio del tuo popolo,

per la sua intercessione e il suo esempio

fa’ che dedichiamo la nostra vita per guadagnare a Cristo i fratelli

e godere insieme con loro la gioia senza fine.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio

e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo

per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

MEDITARE IL ROSARIO

CON SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY

"Rivolgiamoci a Lei con grande fiducia, e siamo sicuri che, per quanto miserabili siamo, Lei ci otterrà la grazia della nostra conversione".

SIA BENEDETTA

LA SANTISSIMA IMMACOLATA CONCEZIONE

DELLA BEATISSIMA VERGINE MARIA MADRE DI DIO!

O MARIA, TUTTE LE GENTI GLORIFICHINO,

E TUTTA LA TERRA INVOCHI E BENEDICA

IL TUO CUORE IMMACOLATO

San Giovanni Maria Vianney


Misteri della gioia (lunedì e sabato)

1° Mistero della gioia:  L’Annunciazione

Frutto del mistero: L’umiltà

"Siamo agli occhi di Dio quel che siamo: né più, né meno: Dobbiamo soltanto compiacerlo. Tutto il nostro merito è di contribuire alla grazia".

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, risveglia nel cuore dei giovani il desiderio di seguirti con fiducia sul cammino del Sacerdozio, del matrimonio o della vita consacrata.

2° Mistero della gioia: La Visitazione

Frutto del Mistero: L’amore del prossimo

"Un buon cristiano che ama Dio e il prossimo, vedete come è felice! Quanta pace nella sua anima! Quelli che amano il buon Dio sono felici così quelli che sono intorno a loro"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, suscita nel mondo delle persone raggianti di carità


3° Mistero della gioia: La Natività

Frutto del Mistero: La Povertà

"Più ci si rende poveri per l’amore di Dio, più si è ricchi in realtà… I poveri e gli amici dei poveri sono gli amici di Dio"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, insegnaci ad accogliere i poveri e a servirli con gioia


4° Mistero della gioia: La Presentazione di Gesù al Tempio

Frutto del Mistero: L’obbedienza e la purezza

"Fratelli miei, non siamo più felici di Simeone? Possiamo guardare Gesù sempre, se vogliamo. Non viene soltanto nelle nostre braccia, ma nel nostro cuore."

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, disponi i bambini ad una obbedienza filiale e piena d’amore verso i genitori


5° Mistero della gioia: Il ritrovamento di Gesù nel Tempio

Frutto del Mistero: La ricerca di Dio in tutte le cose

"Se vogliamo testimoniare al buon Dio che l’amiamo, bisogna compiere la sua volontà. Il mezzo più sicuro di conoscere la volontà di Dio, è di pregare la nostra buona Madre"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, aiuta tutti quelli che devono prendere delle decisioni importanti a mettere Dio al primo posto.

Misteri della luce (giovedì)

1° Mistero della luce: Il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano

Frutto del Mistero: Ravvivare in noi la grazia del nostro battesimo

"Un cristiano creato a immagine di Dio, un cristiano riscattato dal sangue di un Dio. Un cristiano, figlio di Dio, fratello di un Dio, l’erede di un Dio"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, rafforza la fede di tutti coloro che si preparano a ricevere il Battesimo.


2° Mistero della luce: Le nozze di Cana

Frutti del Mistero: L’amore alla Chiesa

"Tutto quello che il Figlio domanda al Padre gli è accordato. Tutto quello che la Madre domanda al Figlio le è ugualmente accordato. Quel che ci deve impegnare a rivolgerci ad Essa con grande fiducia, è che Lei è sempre disponibile.

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, fa’ crescere nei nostri cuori l’amore e la fiducia verso la Chiesa, nostra Madre.


3° Mistero della luce. L’Annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione

Frutto del Mistero: La Conversione

"Nostro Signore che è la verità stessa, non fa distinzione tra la Parola e il suo Corpo. E’ totalmente impossibile amare Dio e piacergli senza essere nutriti da questa Parola divina"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, santifica i sacerdoti nell’esercizio del loro ministero, perché siano immagine credibile del Buon Pastore.

4° Mistero della luce: La Trasfigurazione

Frutto del Mistero: La grazia di una vita interiore

"Come i discepoli sul Tabor videro soltanto Gesù, le anime interiori, sul Tabor del loro cuore, vedono soltanto Nostro Signore. Sono due amici che non si stancano mai l’uno dell’altro"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, aiuta i cristiani a vivere una vita di preghiera sempre più profonda.


5° Mistero della luce: L’istituzione dell’Eucaristia

Frutto del Mistero: La fede nella presenza reale

"Tutte le opere buone riunite non equivalgono al Sacrificio della Messa, perché esse sono le opere degli uomini e la Santa Messa è l’opera di Dio".

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, fa’ che l’Eucaristia sia la sorgente e la vetta della nostra vita cristiana.

Misteri del dolore (martedì e venerdì)

1° Mistero del dolore: L’agonia di Gesù nel Getsemani

Frutto del Mistero: La contrizione dei nostri peccati

"Un cristiano deve essere sempre pronto a combattere. E’ combattendo che proviamo a Dio che il nostro amore consiste nell’accettare le pene che Lui ci manda".

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, sostieni quelli che combattono per la fede.

2° Mistero del dolore: Gesù è flagellato

Frutto del Mistero: Il controllo dei sensi

"Il buon Dio non domanda il martirio del corpo, ci chiede soltanto il martirio del cuore e dell’anima".

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, aiutaci a guardare un cuore puro al centro di questo mondo.


3° Mistero del dolore: Gesù è coronato di spine

Frutto del Mistero: La guarigione del nostro orgoglio

"Quelli che ci umiliano sono nostri amici, non quelli che ci lodano…"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, fa’ regnare nei nostri cuori l’umiltà e la pace di Cristo.


4° Mistero del dolore: Gesù porta la croce

Frutto del Mistero: La pazienza nelle prove

"Nostro Signore è il nostro modello: prendiamo la nostra croce e seguiamolo. Se temete che il coraggio vi manchi, portate lo sguardo sulla Croce dove Gesù Cristo è morto, e vedrete che il coraggio non vi mancherà"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, aiuta le persone provate ad unirsi a Te nella sofferenza.


5° Mistero del dolore: Gesù è morto sulla Croce

Frutto del Mistero: La sete della salvezza delle anime

"O amore immenso di un Dio per la sua creatura! Ci aspetta a braccia aperte, ci apre la piaga del suo Cuore Divino"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, fa’ crescere nel cuore dei missionari il desiderio di farti conoscere dappertutto nel mondo


Misteri della gloria (mercoledì e domenica)


1° Mistero della gloria: La Resurrezione del Signore

Frutto del Mistero: La fede

"La fede può tutto. Mio Dio dateci la fede e vi ameremo di tutto cuore"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, guida il Santo Padre affinché annunci senza tregua che sei l’unico Salvatore che ci conduce verso il Padre


2° Mistero della gloria: L’Ascensione di Gesù al cielo

Frutto del Mistero: Il desiderio del cielo

"Vedete, figli miei, bisogna riflettere che abbiamo un’anima da salvare e una eternità che ci aspetta"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, effondi la tua grazia nei nostri cuori affinché la speranza della vita eterna abiti in noi ogni giorno


3° Mistero della gloria: La Pentecoste

Frutto del Mistero: La venuta dello Spirito Santo nei nostri cuori

"Lo Spirito Santo è come un giardiniere che lavora nella nostra anima… Dobbiamo soltanto dire "Si" e lasciarci guidare"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, aiuta i cristiani ad accogliere pienamente lo Spirito Santo per lavorare all’unità della Chiesa


4° Mistero della gloria. L’Assunzione di Maria Vergine

Frutto del Mistero: La Grazia di una buona morte

"In Cielo, il nostro cuore sarà talmente perso, annegato nella felicità di amare Dio, che non ci occuperemo di noi, né degli altri, ma di Dio soltanto"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, apri le porte del Tuo Regno a tutti i nostri fratelli defunti


5° Mistero della gloria: L’incoronazione di Maria Vergine

Frutto del Mistero: Una più grande devozione a Maria

"Il cuore di questa Madre buona è soltanto amore e misericordia; Lei desidera soltanto vederci felici. E’ sufficiente rivolgersi a Lei per essere esauditi"

Signore, per l’intercessione di Maria Immacolata, ti presentiamo le nostre intenzioni particolari. Nella tua bontà degnati di esaudirle.




 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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PREGHIERA A S. GIOVANNI MARIA VIANNEY

 

di mons. Guy Bagnard, vescovo di Belley – Ars

 

 Santo Curato d’Ars, tu hai fatto della tua vita un’offerta totale a Dio per il servizio degli uomini. Che lo Spirito Santo, per la tua intercessione, ci conduca a rispondere oggi, senza debolezza, alla nostra vocazione personale.

Tu sei stato un assiduo adoratore di Cristo nel Tabernacolo. Insegnaci ad avvicinarci con fede e rispetto all’Eucaristia, a gustare la presenza silenziosa di Gesù nel Santissimo Sacramento.

Tu sei stato l’amico dei peccatori. Tu dicevi loro: “Le vostre colpe sono come un granello di sabbia rispetto alla grande montagna della misericordia di Dio”. Sciogli i legami della paura che talvolta ci tengono lontani dal perdono di Dio. Aumenta in noi il pentimento per le nostre colpe. Mostraci il vero volto del Padre che attende instancabilmente il ritorno del figliol prodigo.

Tu sei stato il sostegno dei poveri: “Il mio segreto è molto semplice:dare tutto senza conservare niente”. Insegnaci a condividere con quelli che sono nel bisogno, rendici liberi riguardo al denaro e a tutte le false ricchezze.

Tu sei stato un figlio affettuoso della Vergine Maria, “il tuo più vecchio amore”. Insegnaci a pregarla con la semplicità e la fiducia di un bambino.

Tu sei diventato il testimone esemplare dei Parroci dell’universo. Che la tua carità pastorale conduca i pastori a ricercare la vicinanza con tutti, senza preferenze. Ottieni loro l’amore per la Chiesa, lo slancio apostolico, la solidità nelle prove.

Ispira ai giovani la grandezza del ministero sacerdotale e la gioia di rispondere alla chiamata del buon Pastore.

Santo Curato d’Ars, sii tu il nostro intercessore presso Dio.

Amen.

  

PREGHIERA PER LE VOCAZIONI SACERDOTALI

di mons. Guy Bagnard, vescovo di Belley – Ars

 Signore Gesù, guida e pastore del tuo popolo, tu hai chiamato nella Chiesa San Giovanni Maria Vianney, curato d’Ars, come tuo servo. Sii benedetto per la santità della sua vita e l’ammirabile fecondità del suo ministero. Con la sua perseveranza egli ha superato tutti gli ostacoli nel cammino del sacerdozio.

Prete autentico, attingeva dalla Celebrazione Eucaristica e dall’adorazione silenziosa l’ardore della sua carità pastorale e la vitalità del suo zelo apostolico.

Per sua intercessione:

Tocca il cuore dei giovani perché trovino nel suo esempio di vita lo slancio per seguirti con lo stesso coraggio, senza guardare indietro.

Rinnova il cuore dei preti perché si donino con fervore e profondità e sappiano fondare l’unità delle loro comunità sull’Eucaristia, il perdono e l’amore reciproco.

Fortifica le famiglie cristiane perché sostengano quei figli che tu hai chiamato.

Anche oggi, Signore, manda operai alla tua messe, perché sia accolta la sfida evangelica del nostro tempo. Siano numerosi i giovani che sanno fare della loro vita un “ti amo” a servizio dei fratelli, proprio come San Giovanni Maria Vianney.

Ascoltaci, o Signore, Pastore per l’eternità.

Amen.

LITANIE DI SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY

Signore pietà,      

Cristo pietà,                                                  

Signore pietà,                                    

Cristo, ascoltaci,    

Cristo, esaudiscici 

Dio, Padre del cielo                                 abbi pietà di noi

Dio, Figlio Redentore del mondo

Dio, Spirito Santo

Santa Trinità, unico Dio

Santa Maria                                                     prega per noi

San Giovanni Maria Vianney

Santo Curato d’Ars

Immagine di Cristo Sacerdote

Immagine di Cristo Buon Pastore

Patrono dei parroci

Modello dei sacerdoti

Maestro di formazione sacerdotale

Modello di virtù sacerdotali

Sacerdote dell’Eucaristia celebrata ed adorata

Adoratore fedele del Santissimo Sacramento

Servitore devoto del Cuore Immacolato di Maria

Zelante per la salvezza delle anime

Pastore fermo e prudente

Divorato dallo zelo apostolico

Modello di purezza

Valente imitatore delle sofferenze di Cristo

Abisso di umiltà

Maestro di preghiera

Modello di unione con Dio

Amante della santa povertà

Amico premuroso dei poveri

Timoroso del giudizio divino

Apostolo della penitenza

Apostolo della misericordia di Dio

Premuroso verso i malati

Catechista infaticabile

Predicatore con parole di fede

Apostolo della santificazione della domenica

Martire del confessionale

Direttore saggio delle anime

Illuminato dallo Spirito del consiglio

Splendente di luce celeste

Compassionevole verso ogni miseria

Provvidenza degli orfani

Favorito dal dono dei miracoli

Abbandonato alla volontà di Dio

Soccorso di chi ti invoca

Fiducioso nei combattimenti spirituali

Coraggioso nelle prove

Fedele nelle tentazioni

Terrore del demonio

  

Giovanni Maria, che hai riconciliato tanti peccatori con Dio

Giovanni Maria, che hai soccorso tanti miseri

Giovanni Maria, che hai portato tanti sulla via del bene

Giovanni Maria, che avesti la grazia di una buona morte

Giovanni Maria, che vivi nella gloria del cielo

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,   

               perdonaci Signore

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,

                 ascoltaci Signore

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,

     abbi pietà di noi

  

Prega per noi S. Giovanni Maria

Affinché siamo degni delle promesse di Cristo

 O Dio onnipotente e misericordioso, che in San Giovanni Maria Vianney, ci hai offerto un mirabile pastore, pienamente consacrato al servizio del tuo popolo, per la sua intercessione e il suo esempio, fa’ che dedichiamo la nostra vita per guadagnare a Cristo i fratelli e godere insieme con loro la gioia senza fine. Per Cristo nostro Signore.

 Amen

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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NOVENA IN ONORE DI

S. GIOVANNI MARIA VIANNEY

PREGHIERE INTRODUTTIVE

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

Amen

Con le parole del nostro celeste Patrono ci rivolgiamo al Signore e gli esprimiamo tutto il nostro amore e la nostra fiducia:

Ti amo, mio Dio …

RIFLESSIONE DEL GIORNO

TRATTA DALLE OMELIE E DAI PENSIERI DEL SANTO

PREGHIERA CONCLUSIVA

Il santo Curato d’Ars era solito dire che nella preghiera ben fatta, i dolori si sciolgono come neve al sole. Eleviamo quindi con fiducia la nostra preghiera a Dio, dicendo insieme:

Ascoltaci, o Signore.

1. Perché nella Chiesa si riscopra il profondo valore della confessione e della direzione spirituale, per un graduale progresso nella vita cristiana. Preghiamo.

2. Perché l’Eucaristia, rinnovata per la remissione dei peccati e adorata come presenza reale di Cristo Gesù, sostenga il cammino di fede e di amore della nostra comunità parrocchiale e di ciascuno. Preghiamo.

3. Perché i sacerdoti vivano con amore il ministero al quale sono stati chiamati e con la grazia dei Sacramenti santifichino il popolo loro affidato. Preghiamo.

4. Perché il Signore conceda alla sua Chiesa il dono di numerose e sante vocazioni sacerdotali che seguendo l’esempio del Santo Curato d’Ars siano instancabili nel dono di sé a servizio di Dio e dei fratelli. Preghiamo.

Con spirito filiale rivolgiamoci a Dio nostro Padre con le parole che Gesù ci ha insegnato:

Padre nostro.

  

O Dio onnipotente e misericordioso, che in San Giovanni Maria Vianney, patrono della nostra comunità parrocchiale, ci hai offerto un mirabile pastore, pienamente consacrato al servizio del tuo popolo, per la sua intercessione e il suo esempio fa’ che dedichiamo la nostra vita per guadagnare a Cristo i fratelli e godere insieme con loro la gioia senza fine. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

PRIMO GIORNO:

LAVORARE PER IL CIELO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, il desiderio del Cielo, fa’ che tutta la nostra vita sia protesa alla Patria eterna dove tu ci attendi.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.

Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.

Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.

Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo  “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!

Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!

I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo.

SECONDO GIORNO:

CONFIDARE IN DIO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di riporre la nostra fiducia e la nostra felicità solo in te!

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Coloro che vivono secondo il mondo ritengono sia troppo difficile salvarsi. Eppure non vi è nulla di più  facile: basta osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa ed evitare i sette peccati capitali; oppure, se preferite, fare il bene ed evitare il male; tutto qua!

I buoni cristiani che si danno da fare per salvare la propria anima sono sempre felici e contenti: godono anticipatamente della felicità del cielo e saranno felici per l’eternità. I cattivi cristiani, invece, quelli che si dannano, sono da compatire: mormorano, sono tristi e lo saranno per l’eternità.

Un buon cristiano, un avaro del cielo, tiene in poco conto i beni terreni: egli pensa soltanto a render bella la propria anima, ad accumulare ciò che lo renderà felice in eterno, ciò che dura in eterno. Guardate i re, gli imperatori, i grandi della terra: sono molto ricchi, ma sono contenti? Se amano il buon  Dio, sì; ma se non lo amano, no, non sono contenti. Personalmente trovo che non vi sia nulla di più triste dei ricchi, quando non amano il buon Dio.

Andate pure di continente in continente, di regno in regno, di ricchezza in ricchezza, di piacere in piacere: non troverete la felicità che cercate. La terra e quanto contiene non possono appagare un’anima immortale più di quanto un pizzico di farina, in bocca ad un affamato, possa saziarlo.

TERZO GIORNO:

LA RICERCA DEI BENI ETERNI

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di ricercare i beni eterni e di non confidare nelle illusioni del mondo!

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Il mondo passa e noi passiamo con esso. I re, gli imperatori, tutto passa. Precipitiamo nell’eternità dalla quale non si torna più indietro. L’unica cosa da fare è: salvare la propria anima.

I santi non erano attaccati ai beni terreni; pensavano solamente a quelli celesti. Noi, al contrario, non facciamo altro che pensare al presente.

Bisogna fare come i re. Quando stanno per essere detronizzati, spediscono i loro tesori nel luogo ove intendono rifugiarsi; là, i loro tesori li aspettano.

Allo stesso modo, un buon cristiano manda tutte le sue buone opere in cielo.

Il buon Dio ci ha posto sulla terra per vedere come ci comporteremo e se lo ameremo; tuttavia, nessuno resta al mondo per sempre.

Se riflettessimo su questo fatto, alzeremmo continuamente lo sguardo verso il cielo, che è la nostra patria.

Noi, però, ci lasciamo trascinare di qua e di là dal mondo, dalle ricchezze, dai piaceri. Guardate i santi: com’erano distaccati dal mondo e da tutte le cose materiali! Come guardavano tutto ciò con disprezzo! Un religioso si trovò, dopo la morte dei genitori, in possesso di cospicue sostanze. Quando apprese la notizia chiese: “Da quanto tempo sono morti i miei genitori?”. “Da tre settimane”, gli risposero. “Ditemi: una persona che è morta può ereditare?”. “No di certo”. “Sta bene! Allora, non posso ereditare da coloro che sono morti da tre settimane, io che sono morto da vent’anni”.

La terra è come un ponte per attraversare un fiume: serve solo a sostenere i nostri piedi… Noi siamo in questo mondo, ma non siamo di questo mondo, giacché tutti i giorni diciamo: “Padre nostro che sei nei cieli…”. Per avere la nostra ricompensa dobbiamo pertanto aspettare di essere “a casa nostra” nella casa del Padre.

QUARTO GIORNO:

IL DONO DELLA FEDE

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di avere una fede forte, capace di superare ogni avversità!

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Chi non ha la fede ha l’anima ben più cieca di coloro che non hanno occhi… Viviamo in questo mondo come avvolti nella nebbia; ma la fede è il vento che dilegua la nebbia e che fa splendere sulla nostra anima un bel sole…Guardate come per i protestanti tutto è triste e freddo! E’ un lungo inverno. Per noi, invece, tutto è gaio, gioioso e consolante.

Lasciamo che la gente mondana dica quello che vuole. Ahimè! Come potrebbe vedere? E’ cieca. Se anche Nostro Signore Gesù Cristo facesse oggi tutti i miracoli che ha fatto in Giudea, ancora non verrebbe creduto.

Vedete, figli miei: quello che manca, è la fede…Quando non si ha fede, si è ciechi. Chi non vede, non conosce; chi non conosce, non ama; chi non ama Dio, ama se stesso e i piaceri della vita. Lega il suo cuore a cose che passano come una nube di fumo. Non può conoscere né la verità, né alcun bene; può conoscere soltanto la menzogna, perché non ha in sé la luce. Se avesse in sé la luce, vedrebbe chiaramente che tutto ciò che ama può solamente portarlo alla morte eterna.

Quando diciamo: “Mio Dio, io credo, credo fermamente, vale a dire senza il minimo dubbio, senza la minima esitazione…” oh! Se ci lasciassimo inondare da queste parole: “Credo fermamente che tu sei presente ovunque, che tu mi vedi, che il tuo sguardo è su di me che un giorno ti vedrò chiaramente di persona, che godrò di tutti i beni che mi hai promesso!…Mio Dio, spero che mi ricompenserai di tutto ciò che avrò fatto per esserti gradito!…Mio Dio, ti amo! E’ per amare te che ho un cuore!…” oh! Basterebbe questo atto di fede, che è al tempo stesso anche un atto d’amore!…

QUINTO GIORNO:

VIVERE NELL’UMILTA’

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, un cuore umile, capace di riconoscere la grandezza del tuo amore e di accogliere i fratelli nella carità di Cristo.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

L’umiltà è il miglior modo per amare Dio. E’ il nostro orgoglio ad impedirci di diventare santi. L’orgoglio è il filo che Tiene unito il rosario di tutti i vizi; l’umiltà è il filo che tiene unito il rosario di tutte le virtù.

I santi conoscevano se stessi meglio di quanto conoscessero gli altri: ecco perché erano umili. Ahimè! E’ difficile capire come e per quale cosa una creatura insignificante quale siamo noi può inorgoglirsi. Un pugnetto di polvere grande come una noce: ecco cosa diventeremo dopo la morte. C’è di che essere ben fieri! Quelli che ci umiliano sono nostri amici, non quelli che ci lodano.

L’umiltà è come una bilancia: più ci si abbassa da una parte, più ci si innalza dall’altra.

Una persona orgogliosa crede che tutto ciò che fa sia fatto bene; vuole dominare su tutti quelli che hanno a che fare con lei; ha sempre ragione; crede sempre che le sue opinioni siano migliori di quelle degli altri… Non è così!… Se si domanda ad  una persona umile ed istruita di esprimere il suo parere, questa lo dice con semplicità, dopodiché lascia parlare gli altri. Sia che abbiano ragione, sia che abbiano torto, non dice più nulla.

San Luigi Gonzaga, quand’era scolaro, non cercava mai di scusarsi se gli veniva rivolto qualche rimprovero; diceva ciò che pensava e non si preoccupava più di quello che pensavano gli altri. Se aveva torto, aveva torto; se aveva ragione, diceva a se stesso: “Altre volte, però, ho avuto proprio torto”.

Figli miei, i santi erano morti a se stessi a tal punto da non curarsi del fatto che gli altri fossero o meno della loro stessa opinione. Si è soliti dire: “Oh! Com’erano semplici i santi!”. Sì, erano semplici riguardo alle cose del mondo, ma, riguardo alle cose di Dio, se ne intendevano, eccome! Certo, non comprendevano nulla delle cose del mondo! Ma solo perché esse apparivano ai loro occhi di così scarsa importanza che non vi facevano attenzione.

SESTO GIORNO:

SAPER PERDONARE

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di perdonare coloro che ci hanno fatto del male e di amare i nostri nemici.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Il buon Dio perdonerà solamente coloro che avranno perdonato: è la legge.

I santi non nutrono né odio, né astio; essi perdonano tutto, anzi, ritengono sempre di meritare, per le offese che hanno arrecato al buon Dio, molto di più del male che viene loro fatto. I cattivi cristiani, invece, sono vendicativi. Quando si odia il proprio prossimo, Dio ci restituisce questo odio: è un atto che si ritorce contro di noi. Un giorno dicevo ad una persona: “Ma allora non desidera andare in paradiso, dato che non vuole vedere quell’uomo!”, “Oh, sì che voglio andarci…. tuttavia cercheremo di stare lontani l’uno dall’altro, in modo da non vederci”. Non avranno di che preoccuparsi, poiché la porta del paradiso è chiusa all’odio. In paradiso non esiste il rancore. Per questo, i cuori buoni e umili, che sopportano le ingiurie e le calunnie con gioia o indifferenza, cominciano a godere del loro paradiso in questo mondo; coloro, invece, che serbano rancore sono infelici: hanno l’espressione preoccupata ed uno sguardo che sembra divorare ogni cosa attorno a sé. Ci sono persone che, in apparenza devote, se la prendono per la minima ingiuria, per la più piccola calunnia…. Si può essere santi da fare miracoli ma, se non si ha la carità, non si andrà in paradiso.

L’unico modo per spiazzare il demonio, quando questi suscita in noi sentimenti di odio verso coloro che ci fanno del male, è pregare subito per loro. Ecco come si riesce a vincere il male con il bene, ed ecco cosa significa essere santi.

SETTIMO GIORNO:

LA PERSEVERANZA NELLE TRIBOLAZIONI

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di perseverare nelle tribolazioni e di respingere ogni tentazione del demonio con la forza che viene da Te.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Non crediamo che esista un luogo su questa terra ove poter sfuggire alla lotta contro il demonio. Ovunque lo troveremo ed ovunque cercherà di toglierci la possibilità del paradiso, ma sempre e in ogni luogo potremo uscire vincitori dal confronto. Non è come per gli altri combattimenti, in cui, tra le due arti in causa, c’è sempre un vinto; nella lotta contro il demonio, invece, se vogliamo possiamo sempre trionfare con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai rifiutata.

Quando crediamo che tutto sia perduto, non abbiamo altro da fare che gridare: Signore, salvaci, stiamo perendo!”. Nostro Signore, infatti, è là, proprio vicino a noi e ci guarda con compiacimento, ci sorride e ci dice: “Allora tu mi ami davvero, riconosco che mi ami!….”. E’ proprio nelle lotte contro l’inferno e nella resistenza alle tentazioni che proviamo a Dio il nostro amore.

Quante anime senza storia nel mondo appariranno un giorno ricche di tutte le vittorie contro il male ottenute istante dopo istante! E’ a queste anime che il Buon Dio dirà: “Venite, benedetti del Padre mio…. entrate nella gioia del vostro Signore”. Noi non  abbiamo ancora sofferto quanto i martiri: eppure domandate loro se ora si rammaricano di quanto hanno passato…. Il buon Dio non ci chiede di fare altrettanto….C’è qualcuno che rimane travolto da una sola parola. Una piccola umiliazione fa rovesciare l’imbarcazione… Coraggio, amici miei, coraggio! Quando verrà l’ultimo giorno, direte: “Beate lotte che mi sono valse il Paradiso!”. Due sono le possibilità: o un cristiano dominale sue inclinazioni oppure le sue inclinazioni lo dominano; non  esiste via di mezzo.

Se marciassimo sempre in prima linea come i bravi soldati, al sopraggiungere della guerra o della tentazione sapremmo elevare il cuore a Dio e riprendere coraggio. Noi, invece, rimaniamo nelle retrovie e diciamo a noi stessi: “L’importante è salvarsi. Non voglio essere un santo”. Se non siete dei santi, sarete dei reprobi; non c’è via di mezzo; bisogna essere o l’uno o l’altro: fate attenzione!

Tutti coloro che possederanno il paradiso un giorno saranno santi. Il demonio ci distrae fino all’ultimo momento, così come si distrae un povero condannato aspettando che i gendarmi vengano a prenderlo. Quando i gendarmi arrivano, costui grida e si tormenta, ma non per questo viene lasciato libero… La nostra vita terrena è come un vascello in mezzo al mare. Che cosa produce le onde? La burrasca. Nella vita, il vento soffia sempre; le passioni sollevano nella nostra anima una vera e propria tempesta: ma queste lotte ci faranno meritare il paradiso.

OTTAVO GIORNO:

AFFIDARSI A MARIA

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di imitare l’esempio della Beata Vergine Maria, tua Madre, e di affidarci a lei come alla più tenera delle madri.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

La santa Vergine viene spesso paragonata ad una madre: in realtà ella supera di gran lunga la migliore delle madri. La migliore delle madri, infatti, di tanto in tanto punisce il figlio che le dà un dispiacere; crede di fare la cosa giusta. La santa Vergine, invece, non agisce in questo modo: è così buona che ci tratta sempre con amore.

Il suo Cuore di Madre è solo amore e misericordia, il suo unico desiderio quello di vederci felici. E’ sufficiente rivolgersi a lei per essere esauditi.

Il Figlio ha la sua giustizia, la Madre non ha che il suo amore. Dio ci ha amati fino a morire per noi; tuttavia, nel Cuore di Nostro Signore, regna la giustizia, che è un attributo di Dio, nel Cuore della Vergine santissima esiste solo la misericordia… Immaginate il Figlio, pronto a punire un peccatore: Maria si lancia in suo aiuto, ferma la spada, chiede grazia per il povero peccatore: “Madre mia, le dice Nostro Signore, non posso rifiutarti nulla. Se l’inferno potesse pentirsi, tu otterresti la grazia per lui”.

La santissima Vergine fa da mediatrice tra suo Figlio e noi. Malgrado il nostro essere peccatori, è piena di tenerezza e di compassione per noi. Il figlio che è costato più lacrime alla madre non è forse quello che le sta più a cuore? Una madre non si prende forse cura sempre del più debole e del più indifeso? Un medico, in un ospedale, non ha forse maggiore attenzione per i malati più gravi?

Quando parliamo delle cose terrene, del commercio, della politica… ci stanchiamo presto, ma quando parliamo della santa Vergine, è come se fosse sempre una novità. Tutti i santi hanno avuto una grande devozione per la santa Vergine; nessuna grazia viene dal cielo senza prima passare per le sue mani. Non si entra in una casa senza prima parlare al portinaio: ebbene! La santa Vergine è la portinaia del cielo. Penso che alla fine dei tempi la santa Vergine potrà finalmente godere di un po’ di tranquillità, ma finché il mondo dura, tutti la tirano da ogni parte… La Santa Vergine è come una madre che ha molti figli; è continuamente occupata ad andare da uno all’altro.

Quando si vuole offrire qualche cosa ad un personaggio importante, si fa presentare l’oggetto dalla persona che egli preferisce, di modo che l’omaggio gli sia più gradito. Allo stesso modo le nostre preghiere, presentate dalla santa Vergine, hanno tutt’altro valore, perché la santa Vergine è la sola creatura che non abbia mai offeso Dio.

Quando le nostre mani hanno sfiorato delle piante aromatiche, esse profumano tutto ciò che toccano; facciamo quindi passare le nostre preghiere per le mani della santa Vergine ed ella le renderà profumate.

NONO GIORNO:

FARSI GUIDARE DALLO SPIRITO SANTO

Donaci Signore, per l’intercessione di San Giovanni Maria, di essere sempre docili all’azione dello Spirito Santo e di farci guidare dalla sua dolce presenza.

Gloria al Padre.

Dalle omelie di San Giovanni Maria Vianney,

Un cristiano guidato dallo Spirito Santo non fa fatica a lasciare i beni di questo mondo per inseguire i beni del cielo. Egli sa fare la differenza.

Chi è guidato dallo Spirito Santo ha idee rette. Ecco perché ci sono tanti ignoranti che la sanno più lunga dei sapienti. Quando si è guidati da un Dio di forza e di luce, non ci si può sbagliare.

Lo Spirito Santo è luce e forza. E’ lo Spirito Santo che ci fa distinguere il vero dal falso e il bene dal male. Lo Spirito Santo è come quelle lenti che ingrandiscono gli oggetti: ci fa vedere il bene e il male ingranditi. Con l’aiuto dello Spirito Santo, tutto viene ingrandito: sia le azioni apparentemente insignificanti fatte per amore di Dio che i minimi errori. Con le sue lenti, un orologiaio distingue i più piccoli ingranaggi di un orologio: allo stesso modo noi, illuminati dallo Spirito Santo, possiamo distinguere tutti i dettagli della nostra povera vita.

In quest’ottica le più piccole imperfezioni sembrano enormi e i più piccoli peccati fanno orrore.

Il buon Dio, mandandoci lo Spirito Santo, si è comportato con noi come un grande re che incaricasse il suo ministro di guidare uno dei suoi sudditi dicendogli: “Accompagnerai quest’uomo ovunque, e lo ricondurrai a me sano e salvo”. Che bello essere accompagnati dallo Spirito Santo! E’ una buona guida, Lui…. E pensare che ci sono persone che non ne vogliono sapere di seguirlo!…

Se chiedessimo ai dannati: “Perché vi trovate all’inferno?”, risponderebbero: “Perché abbiamo opposto resistenza allo Spirito Santo”. Al contrario, se dicessimo ai santi: “Perché siete in paradiso?”, risponderebbero: “Perché abbiamo ascoltato lo Spirito Santo…”. Chi si lascia guidare dallo Spirito Santo prova dentro di sé un senso di felicità che investe tutti gli aspetti della sua vita; il cattivo cristiano, invece, è come se rotolasse su un terreno di spine e pietre.

Senza lo Spirito Santo, siamo come un sasso… Provate a prendere in una mano una spugna imbevuta d’acqua e nell’altra un ciottolo, poi strizzateli con la stessa forza. Dal ciottolo non uscirà nulla; dalla spugna, al contrario, uscirà acqua in abbondanza. La spugna è l’anima piena di Spirito Santo, mentre il sasso è il cuore duro e freddo nel quale non abita lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo ci guida come una madre guida il figlioletto di due anni tenendolo per mano o come una persona che vede guida un cieco. Ogni mattina bisognerebbe dire: “Mio Dio, mandami il tuo Spirito; possa egli farmi capire chi sono io e chi sei tu…”.Un’anima che possiede lo Spirito Santo gusta la dolcezza della preghiera, tanto che il tempo che vi dedica non sembra mai abbastanza; essa sente che Dio le è sempre vicino; la sua santa presenza non l’abbandona mai.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/10/2010 10:39
 
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[SM=g1740738] Una delle virtù più amate da san Giovanni Maria Vianney era il FIORETTO, fare i fioretti i quali, sosteneva il Santo: "sono immensamente graditi a Gesù tanto da strapparGli molti miracoli!"

Soleva dire il Santo Curato: " se non sei capace di rinunciare a quanto ti è lecito avere, come farai a controllare che tu non cada nell'illecito? Se fai il fioretto di resistere a qualcosa che puoi avere facilmente e che è giusto che tu abbia, diventerai resistente a ciò che non puoi avere e che di solito costituisce una vera tentazione...." [SM=g1740733]

Alcuni pensieri sulla Beata Vergine Maria del Santo Curato:

- “Maria caccia il demonio che tiene in potere una persona per impedirle la conversione”

- “Rivolgiamoci a Maria con grande fiducia, e siamo sicuri che, per quanto siamo
miserabili, lei otterrà la grazia della nostra conversione”

- “La Santissima Vergine sta tra suo Figlio e noi. Quanto più siamo peccatori, tanto più
Ella sente tenerezza e compassione per noi”

- “Maria è così buona che non smette di mandare uno sguardo di compassione al
peccatore. Aspetta sempre che egli la invochi”

- “Se il peccatore invoca questa buona Madre, essa lo fa in qualche modo entrare (in Paradiso) dalla
finestra”

- “ Nel cuore della SS.ma Vergine, non c’è che misericordia”

*******************************************

Aspettative di un laico da parte del sacerdote:

Cosa si aspetta un autentico Laico Cattolico dal proprio sacerdote?


“Conoscere i santi di tutti i tempi, risvegliare voglia di santità, trasmettere gli insegnamenti del Papa, suscitare il gusto della preghiera e della preziosità della vita di grazia come valore supremo”.

Caro Sacerdote,

non mi interessano i campetti di calcio, i cineforum, i teatrini, le conferenze, i baretti con videogiochi e biliardini, i porticati coi ping pong e il calciobalilla, le vacanze organizzate, il grest, le
pizze dei sabato sera.
In una parola, tutto il ribollente attivismo che ruota intorno alle parrocchie, lo trovo anche fuori, nel freddo "mondo", e magari organizzato meglio, più nuovo, luccicante, efficiente, coinvolgente, appassionante.

Non c'è concorrenza: il "mondo" è specializzato in divertimenti, passatempi, sport, intrattenimenti vari, in cui ha profuso studi, energie e investimenti.
Voi curatemi l'anima.
Datemi un direttore spirituale che abbia tempo e pazienza per la mia conversione.
Datemi confessori che mi permettano di riconciliarmi con Dio.
Datemi l’Eucarestia da adorare, non tenetela chiusa a doppia mandata nei Tabernacoli d'oro ad aspettare mentre brucia d'Amore.

Dissetatemi col Vangelo dei semplici, non spiegatemi troppo, sono piccolo, una cosa sola ma ripetuta, così che possa ritornarmene a casa con la perla preziosa.

Insegnatemi quel digiuno che tutti hanno dimenticato, ma che ho voglia di tentare, non come un atto di superba autodeterminazione della volontà, ma come fiduciosa invocazione della grazia dello
Spirito.
Mostratemi i Santi, voglio farmeli amici. I filosofi mi hanno condotto su strade sbagliate, inquinato la mente, divorato la gioia. I Santi sono felici: ditemi il perchè, fatemi scoprire quel filo
segreto che li legava alla SS. Trinità.

Il rosario, ho fame di rosario. Perchè non lo recitate più?
Persino nelle veglie funebri, a volte ci si ferma a tre decine, come se quello intero fosse troppo lungo anche per chi davanti ha l'eternità.

Arricchitemi della Divina Misericordia, fatemi gustare soavemente le invocazioni, le giaculatorie, le novene- beneditemi e consacratemi ai SS. Cuori di Gesù e Maria.

Parlatemi del mio Papa, di ciò che dice e di ciò che fa. Del Papa si parla raramente fuori dalle grandi occasioni, se voglio sapere qualcosa devo arrangiarmi con i suoi libri o qualche rivista.
E' poco presente nelle omelie, nelle catechesi.
Mi parlate spesso di voi, di quello che vi sembra giusto, di quello che si dovrebbe fare.
Ma è il Papa la mia bussola, il mio porto sicuro, è lui il "dolce Cristo in terra per favore, fatemelo gustare.

Incoraggiatemi nella via della carità, dell'altruismo, dell'occuparmi del prossimo, nel nome di Cristo.
Plasmate in me uno spirito missionario, inalatemi la voglia di santità.
Pregate per me qualche volta.
Come sarebbe edificante per me trovarvi in ginocchio davanti al Tabernacolo e sapere che stavate pregando per me, per la mia salvezza!

Questo desidero, ma tutto insieme, e in ogni parrocchia; non scegliete quello che più vi aggrada, non discriminate tra ciò che vi sembra più o meno moderno, più o meno consono o proponibile.
Voglio tutti gli strumenti di salvezza che la Chiesa ha preparato per me, ho fame di salvezza piena, traboccante, luminosa, ho voglia di Verità.
Che abbia 4 o 100 anni, non starò con voi per il grest o il bel campetto o gli amici che ho incontrato.
Ci starò per quel banco consunto in cui mi sono inginocchiato e per quel santo sacerdote che ho incontrato.
Ci starò perchè Cristo, per mezzo loro, mi ha convertito.
Ecco Chi mi salverà l'anima!

Ti prego, sacerdote, torna ad essere nuovamente ciò che devi essere perchè io, pecorella smarrita e figliol prodigo, possa tornare alla Casa del Padre.
In questo modo tu riavrai la tua dignità umana e sacerdotale, ed io mi salverò, e tutti saremo spronati a supplicare il Padrone della messe perchè mandi operai, questi operai, e non assistenti sociali, ma dispensatori dei misteri di Dio.

[SM=g1740738]



[Modificato da Caterina63 23/10/2010 11:07]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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IL VANGELO DEL CURATO D ’ARS
(C.Travaglino [a cura di ], San Paolo 2009, pp.192, € 12,00).


 

La   prima di copertina del volume edito dalla San Paolo nel novembre   scorso.Del Curato d’Ars (JeanMarie Vianney,1786-1859) si conoscono poche cose e, spesso, superficialmente: il fatto che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno; il fatto che combatteva con un diavolo da lui stesso soprannominato Grappino; il fatto che fosse ignorante e che, per questo, non lo volessero far prete…

Ma, come spesso accade, dietro l’intonaco sta il muro che regge una vita e un senso: il Curato d’Ars, patrono dei parroci, era soprattutto un prete e un uomo di fede.

In questo libro il lettore, pur ritrovando qualche passaggio della storia e della leggenda dell’uomo Vianney, sarà condotto soprattutto a conoscere il cuore di un prete che «parlò di Dio con tutta la sua vita»,attraverso stralci delle sue omelie abbinati ai brani del Vangelo che commentava.

G.   Tiepolo (1696-1770), Il trionfo della Fortezza e della Speranza,   collezione Contini-Bonacossi, Firenze.
G. Tiepolo (1696-1770), Il trionfo della Fortezza e della Speranza, collezione Contini-Bonacossi, Firenze.

«E confidiamo nella nostra madre, Maria. Vi ho detto che dobbiamo avere una confidenza cieca in Gesù Cristo, perché siamo sicuri che non mancherà mai di venirci in aiuto in ogni nostra pena, purché andiamo da lui come figli dal padre. Vi dico anche che dobbiamo avere una grande fiducia verso la sua santa Madre, che è così buona, che desidera tanto aiutarci in ogni nostra necessità terrena, ma specialmente quando vogliamo ritornare al buon Dio. Se abbiamo qualche peccato che ci vergogniamo di confessare, gettiamoci ai suoi piedi: siamo sicuri che lei ci otterrà la grazia di confessarci bene e, nello stesso tempo, non mancherà di domandare il perdono per noi (…).

Diciamo pure che la virtù della speranza ci fa compiere tutte le nostre azioni con l’unico scopo di piacere a Dio, e non al mondo. Dobbiamo cominciare a praticare questa bella virtù quando ci svegliamo, offrendo il nostro cuore a Dio con amore, pensando quanto sarà grande la ricompensa della nostra giornata se tutto quello che facciamo lo faremo bene, col solo obiettivo di piacere al buon Dio »(pag.103).


Il "prigioniero" del confessionale
     

Giovanni Maria Vianney: la perfetta immagine della grande e insondabile misericordia di Dio.
  

Al suo arrivo, Ars era un’oscura borgata della Diocesi di Lione (oggi nel territorio di Belley). In quel villaggio che pareva dimenticato da Dio c’era tanta indifferenza religiosa tra la gente del luogo, che alla chiesa preferiva i balli e le osterie. «Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia: voi ve lo porterete», lo aveva avvertito il Vescovo locale. Ma il neoparroco Giovanni Maria Vianney non s’era perso d’animo. «O mio Dio, concedetemi la conversione della mia parrocchia: accetto di soffrire ciò che voi vorrete, per tutto il tempo della mia vita».

Da subito cominciò a trascorrere lunghe notti in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Il tabernacolo della sua chiesa divenne così il fulcro della sua vita e del suo ministero sacerdotale.

Era nato nel villaggio di Dardilly, Diocesi di Lione, da una famiglia contadina, l’8 maggio dell’anno 1786, e al fonte battesimale gli era stato imposto il nome di Giovanni Maria Battista. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza sui campi e al pascolo degli animali, tanto che a 17 anni era ancora analfabeta.

Ma fin da bambino era animato da un grande desiderio di «guadagnare le anime al buon Dio» e di farsi sacerdote. Impresa tutt’altro che semplice. Da seminarista infatti si rivela piuttosto ottuso, con poca memoria e intelligenza, tanto che dovrà fare degli sforzi eccezionali per concludere gli studi impegnativi che preparano al sacerdozio e verrà bocciato per ben due volte all’esame finale.

La   parrocchiale (oggi santuario, sec. XIX) di Ars.
La parrocchiale (oggi santuario, sec. XIX) di Ars (foto Gaudenti).

Finalmente, il 13 agosto 1815, può essere ordinato prete: ha 29 anni e dentro di sé sente che sta realizzando il sogno della sua vita. A tre anni dalla sua ordinazione sacerdotale, il Vescovo lo invia ad Ars, una parrocchia sperduta e dimenticata del Sud della Francia. Qui sarebbe cominciata quell’avventura umana e sacerdotale che, contro ogni previsione, avrebbe illuminato con la sua luce spirituale dapprima la Francia e poi l’Europa e il mondo intero.

La portinaia del cielo. «Non si entra in una casa senza prima parlare al portinaio: ebbene! La santa Vergine è la portinaia del cielo». Il Curato d’Ars aveva una fiducia incrollabile nella paterna provvidenza del "buon Dio" e una confidenza altrettanto illimitata nella materna intercessione di Maria, a cui ricorreva per ogni bisogno e difficoltà.

Nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e con grande fede e immensa gioia accolse la definizione dogmatica del 1854 sull’Immacolata Concezione. La sua devozione alla Vergine lo faceva stare al sicuro anche nelle più grandi bufere – vessazioni, calunnie, intimidazioni – che si abbattevano sulla sua testa. Il santo Curato affrontava ogni avversità con la corona del rosario tra le mani.

La parrocchia di Ars – che al suo arrivo contava soltanto 230 persone – ne uscirà profondamente trasformata. Nella povera canonica del villaggio c’era un parroco che dormiva poche ore per notte su una nuda tavola coperta da un pagliericcio, che mangiava pochissimo e digiunava sovente, che si infliggeva volontarie mortificazioni per la conversione delle persone che il suo ministero gli faceva incontrare giorno per giorno. E che sapeva leggere nel cuore degli uomini e delle donne che giungevano smarriti e confusi al suo confessionale, aprendo loro nuovi orizzonti di vita e di pratica cristiana.

La sua fama cominciò allora a propagarsi nei villaggi vicini, da cui accorrevano tanti penitenti, addirittura dalla Francia intera.

Il   parroco di Ars, Antoine Hardy, accanto al "confessionale degli   uomini", solitamente usato dal santo Curato.
Il parroco di Ars, Antoine Hardy, accanto al "confessionale degli uomini",
solitamente usato dal santo Curato (foto Gaudenti).

«Ho visto Dio in un uomo». Nella sua opera L’anima di ogni apostolato, il trappista dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935) racconta un episodio assai significativo: un avvocato anticlericale va ad Ars sperando di ridere a spese di «quell’ignorante del parroco». Ma torna a casa convertito. Agli amici che gli chiedono: «Ma dunque, che cosa hai visto ad Ars?», egli risponde: «Ho visto Dio in un uomo».

Vedere Dio in un uomo. Era questo che colpiva più di tutto chi lo incontrava. Essi vedevano Dio in un uomo umilissimo che non pensava mai a sé, che indossava una veste logora e vecchia, che amava così tanto il suo prossimo e il proprio ministero sacerdotale da ingaggiare quasi ogni notte una lotta con il diavolo – lui lo chiamava "Grappino" – che gli voleva strappare le anime e perciò disturbava continuamente il suo sonno assalendolo fisicamente e tormentandolo con rumori assordanti e ingiurie, fino a dare persino fuoco al suo materasso.

«Migliaia di persone passavano per Ars e si inginocchiavano al suo confessionale. Sullo sfondo della laicizzazione e dell’anticlericalismo del XIX secolo, la sua testimonianza costituisce un evento davvero rivoluzionario», ha scritto Giovanni Paolo II in Dono e Mistero (Lev, 1996). «Dall’incontro con la sua figura trassi la convinzione che il sacerdote realizza una parte essenziale della sua missione attraverso il confessionale, attraverso quel volontario "farsi prigioniero del confessionale…"».

Che cosa significa farsi prigioniero del confessionale, per usare la bella espressione di Giovanni Paolo II, se non offrirsi ai propri fratelli come l’ambasciatore della grande misericordia di Dio?

«Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca; è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità», ha detto Benedetto XVI, che – non a caso – nell’indire l’Anno sacerdotale (giugno 2009-giugno 2010) lo ha scelto come modello, perché il Curato d’Ars, sebbene sia vissuto in un’epoca lontana dalla nostra, possa di fatto costituire ancora oggi un valido esempio per tutti i sacerdoti.

Ars:   un murale raffigurante Giovanni Maria Vianney.
Ars: un murale raffigurante Giovanni Maria Vianney (foto Gaudenti).

Il cuore della Madre di Dio. La morte raggiunse Giovanni Maria Vianney nella notte del 4 agosto 1859. Nel 1866 si aprì il processo di canonizzazione, grazie al quale sarà dapprima proclamato Beato (8 gennaio 1905) e quindi Santo (31 maggio 1925). Nel 1929 verrà dichiarato patrono dei parroci, mentre nel centenario della sua morte Giovanni XXIII gli dedicherà l’enciclica Sacerdotii nostri primordia (1959).

Un anonimo parroco di uno sperduto villaggio è additato da oltre un secolo al mondo intero come la perfetta immagine della grande, insondabile misericordia di Dio. Un santo, come ha detto Benedetto XVI, la cui esistenza «fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale».

Un santo educato dall’esempio di santità di Maria, madre dei sacerdoti, alla quale Giovanni Maria Vianney ricorreva incessantemente con tenero affetto e totale fiducia. «Gesù Cristo – soleva dire – dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire la sua santa Madre».

Tutte le grazie perciò, diceva il Santo, passano attraverso le mani di Maria prima di salire al trono di Dio. «Il Figlio ha la sua giustizia, la Madre non ha che il suo amore».

La mediazione di Maria è pertanto non solo auspicabile, ma necessaria. «Quando le nostre mani hanno sfiorato delle piante aromatiche, esse profumano tutto ciò che toccano; facciamo quindi passare le nostre preghiere per le mani della Vergine ed ella le renderà profumate. Quando si vuole offrire qualche cosa ad un personaggio importante, si fa presentare l’oggetto dalla persona che egli preferisce, di modo che l’omaggio gli sia più gradito. Allo stesso modo le nostre preghiere, presentate dalla santa Vergine, hanno tutt’altro valore, perché la Vergine è la sola creatura che non abbia mai offeso Dio. Il suo cuore è solo amore e misericordia».

Maria Di Lorenzo
  

Invito all’approfondimento: A. Ballestrero, Il cuore del Curato d’Ars, Ldc 2009, pp. 192, € 9,00; R. Fourrey, Vita autentica del Curato d’Ars, San Paolo 2009, pp. 408, € 24,00.


http://www.stpauls.it/madre/1006md/1006md22.htm


[Modificato da Caterina63 08/01/2011 23:22]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Curato d’Ars e la confessione


 


di Gianni Valente


Giovanni Maria Vianney davanti al suo confessionale, tela di Paul Borel conservata nel santuario di Ars

Giovanni Maria Vianney davanti al suo confessionale, tela di Paul Borel conservata nel santuario di Ars

«La vita di Giovanni Maria Vianney è trascorsa in confessionale». Così diceva l’abbé Alfred Monnin, che aveva frequentato il Curato per più di cinque anni, e del quale sarebbe divenuto biografo. Alcuni tratti distintivi della cura d’anime, intessuta dal santo patrono dei parroci nell’ombra discreta in cui si celebra il sacramento della penitenza, li ha ripercorsi di recente Philippe Caratgé, moderatore della società sacerdotale San Giovanni Maria Vianney, nella sua relazione al convegno internazionale svoltosi ad Ars a fine gennaio, di cui saranno prossimamente pubblicati gli atti.

Per il Curato d’Ars – lo si ricava dalle sue lezioni di catechismo – una buona confessione deve essere umile, semplice, prudente e totale. Occorre «evitare tutte quelle accuse inutili, tutti quegli scrupoli che fanno dire cento volte la stessa cosa, che fanno perdere tempo al confessore e snervano quelli che sono in attesa di confessarsi». Bisogna «confessare quello che è incerto come incerto, e quello che è certo come certo».

L’essenziale è «evitare ogni simulazione: che il vostro cuore sia sulle vostre labbra. Voi potete imbrogliare il vostro confessore, ma ricordatevi che non imbroglierete mai il buon Dio, che vede e conosce i vostri peccati meglio di voi». Lui stesso passava poco tempo con chiunque andasse a inginocchiarsi al suo confessionale, affinché il tempo fosse sufficiente per tutti. Confessioni brevi, parole brevi. Eppure non c’era uno solo dei penitenti che non si sentisse fatto oggetto di una sollecitudine particolare, di una dedizione sempre pronta ad approfittare di ogni minimale apertura all’azione dello Spirito, che «come un giardiniere non finisce mai di lavorare la terra» (Caratgé), anche quella dei cuori più induriti.

«Per me», ripete Jean-Marie a proposito della riparazione da richiedere ai penitenti, «vi dirò la mia ricetta. Io do loro una piccola penitenza, e io faccio il resto al posto loro». La cosa che conta, dice il Curato, è avere almeno un po’ di contrizione dei propri peccati. Con una contrizione perfetta si viene perdonati «ancor prima di ricevere l’assoluzione». Quindi «bisogna mettere più tempo a domandare la contrizione che a esaminarsi».


Per il Curato, la confessione è il dono inimmaginabile che Dio tira fuori a sorpresa per salvare i suoi figli in pericolo: «Ragazzi miei, non si può comprendere la bontà che ha avuto Dio per istituire questo grande sacramento. Se noi avessimo avuto una grazia da domandare a Nostro Signore, non avremmo mai immaginato di domandargli quella là. Ma lui ha previsto la nostra fragilità e la nostra incostanza nel bene, e il suo amore l’ha portato a fare ciò che noi non avremmo mai osato domandargli».

Ancor di più, è un dono che rivela nel modo più intimo la natura stessa del mistero della Trinità. Recluso nel suo confessionale, il cuore semplice del Curato assapora in maniera imparagonabile il mistero del cuore stesso di Dio. I perdoni imperfetti degli uomini talvolta sembrano elargizioni concesse a caro prezzo, fatte quando vogliamo apparire buoni. Il perdono di Dio è un’altra cosa. «Come potremmo noi disperare della Sua misericordia, dal momento che il Suo più grande piacere è di perdonarci», scrive il Curato. Per questo il tesoro della misericordia divina è inesauribile, e nessuno può pensare di mettere in conto i doni della grazia.
Come se fossero debiti che prima o poi si paga, con cui ci si mette a paro con le proprie prestazioni. Perché per Dio stesso perdonare è il massimo godimento. E questo lo fa diventare mendicante del cuore dell’uomo. «La sua pazienza ci aspetta», rassicura il Curato. Di più: «Non è il peccatore che torna a Dio per chiedergli perdono, ma è Dio che corre dietro al peccatore e lo fa ritornare a Lui».

***************************

«La terra e quanto contiene non possono appagare un’anima immortale più di quanto un pizzico di farina, in bocca ad un affamato, possa saziarlo».

(da un’omelia di S. Giovanni Maria Vianney, Curato D’Ars)

O Anima, hai fame e sete. La tua fame e la tua sete non si appagano, tu continui a cercare, nello scorrere dei giorni, nel mistero nascosto all’interno dei gesti quotidiani; al di là di ciò che vedi, senti, tocchi, sperimenti, eppure al centro stesso di ciò che vivi. Interroghi te stessa, i tuoi giorni, il mondo intorno a te… dove troverai risposta?

Eppure altri, prima di te, si sono posti le stesse domande e, arsi dalla medesima sete, hanno attinto ad una fonte antica e sempre nuova…

«Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te…» (Sant’Agostino d’Ippona – Confessioni 1, 1, 1).

Vogliamo tornare anche noi alla fonte. Al di là di tutte le parole, tornare alla Parola, al Verbo che, solo, salva. Vogliamo riscoprire ciò che coloro che ci hanno preceduto, i nostri padri, avevano compreso del Vangelo, riscoprire come lo “traducevano” nella loro vita, nei loro scritti ma anche nella liturgia, nell’arte, nel canto e nell’architettura.

Monica Granata



[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 14/09/2012 11:06]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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IN TUTTI COLORO CHE NON SONO UNITI A CRISTO, C'È LATENTE QUALCOSA DI DIABOLICO

“Il principio di una grande opera deve essere piccolo. Non è la questione finanziaria che vi deve affliggere. Tutto ciò che Dio vuole si aggiusta, non si sa come. Avrete l’aiuto necessario e anche se vi mancasse questo, dovete iniziare.
Viviamo in un mondo miserabile. Dovete esporre questa miseria e dire la verità senza eccezione di persone. C’è un ammasso di bugie e errori che dovete dissipare, senza riguardo delle persone che le propagano.
Dovete combattere l’errore anche tra i cattolici, dato che questi hanno meno diritto – se posso parlare di diritto – degli altri di predicare idee errate.

Amate i vostri avversari. Pregate per loro, ma non dovete fargli dei complimenti. È tempo perso. Non cercate di gradire a tutti, non potrete a tutti gradire. Cercate di gradire a Dio e i suoi Angeli e Santi: ecco il vostro pubblico!
Dunque, figli miei, mano all’opera! Coloro che si allontanano da voi, che vi censurano per mancanza d’amore, intimamente vi danno ragione, a volte vi difendono pubblicamente.
Se gli uomini potessero vedere come io tratto “Grappin” (così il Santo chiamava il diavolo) direbbero che non lo amo. Gli faccio paura, lo butto a terra, gli causo spavento, e gli dico : “Grappin, tu mi attacchi; ebbene, io mi difendo”.

Ma voi, figli miei, mi direte: gli uomini non sono demoni. Senza dubbio, molti non lo sono. Ma in tutti quelli che non sono uniti intimamente a Cristo, c’è qualcosa latente di diabolico: è contro questo che dovete alzarvi come esecutori di giustizia.

L’errore è un ostacolo per l’unione.

Dio mio, quanto è inesorabile la verità, quanto è incorruttibile e colma di vita!
Lo dico ancora una volta: non smettete mai di combattere l’errore. Ecco perché ho usato tanto il vostro tempo. Iniziate dunque e perseverate!
Non vi lasciate intimidire dalla contraddizione. Essa non vale niente. Farete del bene e molto bene”.

Dalla corrispondenza con fedeli di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars.

[SM=g1740766]



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Editoriale

   

 «Da uno all’altro»
   

«La santa Vergine viene spesso paragonata ad una madre: in realtà ella supera di gran lunga la migliore delle madri. La migliore delle madri, infatti, di tanto in tanto punisce il figlio che le dà un dispiacere; crede di fare la cosa giusta. La santa Vergine, invece, non agisce in questo modo: è così buona che ci tratta sempre con amore.

Il suo cuore di madre è solo amore e misericordia, il suo unico desiderio quello di vederci felici. È sufficiente rivolgersi a lei per essere esauditi.

Il Figlio ha la sua giustizia, la Madre non ha che il suo amore. Dio ci ha amati fino a morire per noi; tuttavia, nel cuore di Nostro Signore, regna la giustizia, che è un attributo di Dio; nel cuore della Vergine santissima esiste solo misericordia… Immaginate il Figlio, pronto a punire un peccatore: Maria si lancia in suo aiuto, ferma la spada, chiede grazia per il povero peccatore. "Madre mia – le dice Nostro Signore – non posso rifiutarti nulla. Se l’inferno potesse pentirsi, tu otterresti la grazia per lui".

San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), curato d'Ars.
San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), curato d’Ars.

La santissima Vergine fa da mediatrice tra suo Figlio e noi. Malgrado il nostro essere peccatori, è piena di tenerezza e di compassione per noi. Il figlio che è costato più lacrime alla madre non è forse quello che le sta più a cuore? Una madre non si prende forse cura sempre del più debole e del più indifeso? Un medico, in un ospedale, non ha forse maggiore attenzione per i malati più gravi?

Quando parliamo delle cose terrene, del commercio, della politica… ci stanchiamo presto, ma quando parliamo della santa Vergine è come se fosse sempre una novità.

Tutti i santi hanno avuto una grande devozione per la santa Vergine; nessuna grazia viene dal Cielo senza prima passare per le sue mani. Non si entra in una casa senza prima parlare al portinaio.

Ebbene, la santa Vergine è la portinaia del Cielo. Penso che alla fine dei tempi la santa Vergine potrà finalmente godere di un po’ di tranquillità, ma finché il mondo dura, tutti la tirano da ogni parte… La santa Vergine è come una madre che ha molti figli; è continuamente occupata ad andare da uno all’altro.

Quando si vuole offrire qualche cosa ad un personaggio importante, si fa presentare l’oggetto dalla persona che egli preferisce, di modo che l’omaggio gli sia più gradito. Allo stesso modo le nostre preghiere, presentate alla santa Vergine, hanno tutt’altro valore, perché la santa Vergine è la sola creatura che non abbia mai offeso Dio.

Quando le nostre mani hanno sfiorato delle piante aromatiche, esse profumano tutto ciò che toccano; facciamo quindi passare le nostre preghiere per le mani della santa Vergine ed ella le renderà profumate» (Santo Curato d’Ars, Omelie. Tutte le grazie sono nelle mani della santa Vergine, www.curatodars.com).



[SM=g1740766]

IL VANGELO DEL CURATO D ’ARS
(C.Travaglino [a cura di ], San Paolo 2009, pp.192, € 12,00).
 

La prima di copertina del volume edito dalla San Paolo nel novembre scorso.Del Curato d’Ars (JeanMarie Vianney,1786-1859) si conoscono poche cose e, spesso, superficialmente: il fatto che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno; il fatto che combatteva con un diavolo da lui stesso soprannominato Grappino; il fatto che fosse ignorante e che, per questo, non lo volessero far prete…

Ma, come spesso accade, dietro l’intonaco sta il muro che regge una vita e un senso: il Curato d’Ars, patrono dei parroci, era soprattutto un prete e un uomo di fede.

In questo libro il lettore, pur ritrovando qualche passaggio della storia e della leggenda dell’uomo Vianney, sarà condotto soprattutto a conoscere il cuore di un prete che «parlò di Dio con tutta la sua vita»,attraverso stralci delle sue omelie abbinati ai brani del Vangelo che commentava.

G. Tiepolo (1696-1770), Il trionfo della Fortezza e della Speranza, collezione Contini-Bonacossi, Firenze.
G. Tiepolo (1696-1770), Il trionfo della Fortezza e della Speranza, collezione Contini-Bonacossi, Firenze.

«E confidiamo nella nostra madre, Maria. Vi ho detto che dobbiamo avere una confidenza cieca in Gesù Cristo, perché siamo sicuri che non mancherà mai di venirci in aiuto in ogni nostra pena, purché andiamo da lui come figli dal padre. Vi dico anche che dobbiamo avere una grande fiducia verso la sua santa Madre, che è così buona, che desidera tanto aiutarci in ogni nostra necessità terrena, ma specialmente quando vogliamo ritornare al buon Dio. Se abbiamo qualche peccato che ci vergogniamo di confessare, gettiamoci ai suoi piedi: siamo sicuri che lei ci otterrà la grazia di confessarci bene e, nello stesso tempo, non mancherà di domandare il perdono per noi (…).

Diciamo pure che la virtù della speranza ci fa compiere tutte le nostre azioni con l’unico scopo di piacere a Dio, e non al mondo. Dobbiamo cominciare a praticare questa bella virtù quando ci svegliamo, offrendo il nostro cuore a Dio con amore, pensando quanto sarà grande la ricompensa della nostra giornata se tutto quello che facciamo lo faremo bene, col solo obiettivo di piacere al buon Dio »(pag.103).


[SM=g1740766]


[Modificato da Caterina63 20/01/2013 15:23]
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Incontri con Maria 

 di MARIA DI LORENZO

Il "prigioniero" del confessionale
     

Giovanni Maria Vianney: la perfetta immagine della grande e insondabile misericordia di Dio.
  

Al suo arrivo, Ars era un’oscura borgata della Diocesi di Lione (oggi nel territorio di Belley). In quel villaggio che pareva dimenticato da Dio c’era tanta indifferenza religiosa tra la gente del luogo, che alla chiesa preferiva i balli e le osterie. «Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia: voi ve lo porterete», lo aveva avvertito il Vescovo locale. Ma il neoparroco Giovanni Maria Vianney non s’era perso d’animo. «O mio Dio, concedetemi la conversione della mia parrocchia: accetto di soffrire ciò che voi vorrete, per tutto il tempo della mia vita».

Da subito cominciò a trascorrere lunghe notti in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Il tabernacolo della sua chiesa divenne così il fulcro della sua vita e del suo ministero sacerdotale.

Era nato nel villaggio di Dardilly, Diocesi di Lione, da una famiglia contadina, l’8 maggio dell’anno 1786, e al fonte battesimale gli era stato imposto il nome di Giovanni Maria Battista. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza sui campi e al pascolo degli animali, tanto che a 17 anni era ancora analfabeta.

Ma fin da bambino era animato da un grande desiderio di «guadagnare le anime al buon Dio» e di farsi sacerdote. Impresa tutt’altro che semplice. Da seminarista infatti si rivela piuttosto ottuso, con poca memoria e intelligenza, tanto che dovrà fare degli sforzi eccezionali per concludere gli studi impegnativi che preparano al sacerdozio e verrà bocciato per ben due volte all’esame finale.

La parrocchiale (oggi santuario, sec. XIX) di Ars.
La parrocchiale (oggi santuario, sec. XIX) di Ars (foto Gaudenti).

Finalmente, il 13 agosto 1815, può essere ordinato prete: ha 29 anni e dentro di sé sente che sta realizzando il sogno della sua vita. A tre anni dalla sua ordinazione sacerdotale, il Vescovo lo invia ad Ars, una parrocchia sperduta e dimenticata del Sud della Francia. Qui sarebbe cominciata quell’avventura umana e sacerdotale che, contro ogni previsione, avrebbe illuminato con la sua luce spirituale dapprima la Francia e poi l’Europa e il mondo intero.

La portinaia del cielo. «Non si entra in una casa senza prima parlare al portinaio: ebbene! La santa Vergine è la portinaia del cielo». Il Curato d’Ars aveva una fiducia incrollabile nella paterna provvidenza del "buon Dio" e una confidenza altrettanto illimitata nella materna intercessione di Maria, a cui ricorreva per ogni bisogno e difficoltà.

Nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e con grande fede e immensa gioia accolse la definizione dogmatica del 1854 sull’Immacolata Concezione. La sua devozione alla Vergine lo faceva stare al sicuro anche nelle più grandi bufere – vessazioni, calunnie, intimidazioni – che si abbattevano sulla sua testa. Il santo Curato affrontava ogni avversità con la corona del rosario tra le mani.

La parrocchia di Ars – che al suo arrivo contava soltanto 230 persone – ne uscirà profondamente trasformata. Nella povera canonica del villaggio c’era un parroco che dormiva poche ore per notte su una nuda tavola coperta da un pagliericcio, che mangiava pochissimo e digiunava sovente, che si infliggeva volontarie mortificazioni per la conversione delle persone che il suo ministero gli faceva incontrare giorno per giorno. E che sapeva leggere nel cuore degli uomini e delle donne che giungevano smarriti e confusi al suo confessionale, aprendo loro nuovi orizzonti di vita e di pratica cristiana.

La sua fama cominciò allora a propagarsi nei villaggi vicini, da cui accorrevano tanti penitenti, addirittura dalla Francia intera.

Il parroco di Ars, Antoine Hardy, accanto al "confessionale degli uomini", solitamente usato dal santo Curato.
Il parroco di Ars, Antoine Hardy, accanto al "confessionale degli uomini",
solitamente usato dal santo Curato (foto Gaudenti).

«Ho visto Dio in un uomo». Nella sua opera L’anima di ogni apostolato, il trappista dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935) racconta un episodio assai significativo: un avvocato anticlericale va ad Ars sperando di ridere a spese di «quell’ignorante del parroco». Ma torna a casa convertito. Agli amici che gli chiedono: «Ma dunque, che cosa hai visto ad Ars?», egli risponde: «Ho visto Dio in un uomo».

Vedere Dio in un uomo. Era questo che colpiva più di tutto chi lo incontrava. Essi vedevano Dio in un uomo umilissimo che non pensava mai a sé, che indossava una veste logora e vecchia, che amava così tanto il suo prossimo e il proprio ministero sacerdotale da ingaggiare quasi ogni notte una lotta con il diavolo – lui lo chiamava "Grappino" – che gli voleva strappare le anime e perciò disturbava continuamente il suo sonno assalendolo fisicamente e tormentandolo con rumori assordanti e ingiurie, fino a dare persino fuoco al suo materasso.

«Migliaia di persone passavano per Ars e si inginocchiavano al suo confessionale. Sullo sfondo della laicizzazione e dell’anticlericalismo del XIX secolo, la sua testimonianza costituisce un evento davvero rivoluzionario», ha scritto Giovanni Paolo II in Dono e Mistero (Lev, 1996). «Dall’incontro con la sua figura trassi la convinzione che il sacerdote realizza una parte essenziale della sua missione attraverso il confessionale, attraverso quel volontario "farsi prigioniero del confessionale…"».

Che cosa significa farsi prigioniero del confessionale, per usare la bella espressione di Giovanni Paolo II, se non offrirsi ai propri fratelli come l’ambasciatore della grande misericordia di Dio?

«Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca; è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità», ha detto Benedetto XVI, che – non a caso – nell’indire l’Anno sacerdotale (giugno 2009-giugno 2010) lo ha scelto come modello, perché il Curato d’Ars, sebbene sia vissuto in un’epoca lontana dalla nostra, possa di fatto costituire ancora oggi un valido esempio per tutti i sacerdoti.

Ars: un murale raffigurante Giovanni Maria Vianney.
Ars: un murale raffigurante Giovanni Maria Vianney (foto Gaudenti).

Il cuore della Madre di Dio. La morte raggiunse Giovanni Maria Vianney nella notte del 4 agosto 1859. Nel 1866 si aprì il processo di canonizzazione, grazie al quale sarà dapprima proclamato Beato(8 gennaio 1905) e quindi Santo (31 maggio 1925). Nel 1929 verrà dichiarato patrono dei parroci, mentre nel centenario della sua morte Giovanni XXIII gli dedicherà l’enciclica Sacerdotii nostri primordia (1959).

Un anonimo parroco di uno sperduto villaggio è additato da oltre un secolo al mondo intero come la perfetta immagine della grande, insondabile misericordia di Dio. Un santo, come ha detto Benedetto XVI, la cui esistenza «fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale».

Un santo educato dall’esempio di santità di Maria, madre dei sacerdoti, alla quale Giovanni Maria Vianney ricorreva incessantemente con tenero affetto e totale fiducia. «Gesù Cristo – soleva dire – dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire la sua santa Madre».

Tutte le grazie perciò, diceva il Santo, passano attraverso le mani di Maria prima di salire al trono di Dio. «Il Figlio ha la sua giustizia, la Madre non ha che il suo amore».

La mediazione di Maria è pertanto non solo auspicabile, ma necessaria. «Quando le nostre mani hanno sfiorato delle piante aromatiche, esse profumano tutto ciò che toccano; facciamo quindi passare le nostre preghiere per le mani della Vergine ed ella le renderà profumate. Quando si vuole offrire qualche cosa ad un personaggio importante, si fa presentare l’oggetto dalla persona che egli preferisce, di modo che l’omaggio gli sia più gradito. Allo stesso modo le nostre preghiere, presentate dalla santa Vergine, hanno tutt’altro valore, perché la Vergine è la sola creatura che non abbia mai offeso Dio. Il suo cuore è solo amore e misericordia».

Maria Di Lorenzo
  

Invito all’approfondimento: A. Ballestrero, Il cuore del Curato d’Ars, Ldc 2009, pp. 192, € 9,00; R. Fourrey, Vita autentica del Curato d’Ars, San Paolo 2009, pp. 408, € 24,00.
  

Percorsi

Fazzini, Nuovi cristiani d’Europa.
Dieci storie di conversione tra fede e ragione,
Lindau 2010, pp.216, € 16,00.

Il libro raccoglie dieci interviste ad altrettanti intellettuali, filosofi, giornalisti e donne della cultura europea che negli ultimi anni si sono convertiti ed hanno (ri)scoperto il cristianesimo sia in chiave esistenziale che in senso culturale.

Gli intervistati sono lo scrittore francese Eric-Emmanuel Schmitt (di recente insignito a Verona del premio Giulietta), il vaticanista dellaStampa Marco Tosatti, l’editore francese Jean-Claude Guillebaud, la diplomatica norvegese Janne Haaland Matlary, il filosofo e politico Marcello Pera, la sociologa francese Gabriele Kuby, lo scrittore irlandese John Waters, il pensatore francese FabriceHadjadj, il critico letterario inglese Joseph Pearce, il cantante punk Giovanni Lindo Ferretti.

Afferma Lucetta Scaraffia nella Presentazione: «I dieci personaggi narrati da Fazzini possono essere considerati una ricchezza del nostro tempo e la sua idea di riproporci il loro originale percorso spirituale un dono che serve a risvegliare la fede cristiana.

È anche una piacevole lettura: le storie di conversione si possono infatti considerare biografie a lieto fine, perché il protagonista riesce a trovare ciò che cerca. Sono quindi letture apportatrici di speranza e anche, ci auguriamo, contagiose».

s.m.

 
 




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OMELIE DEL SANTO CURATO D'ARS - La Misericordia di Dio






“Si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”

(Mc 7,35)

Il modo in cui Gesù Cristo si comportava, durante la sua vita mortale, ci mostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo che tutti loro vengono a tenergli compagnia; ed egli, ben lontano dal respingerli o allontanarsi da loro, al contrario, fa di tutto per trovarsi in mezzo ad essi, allo scopo di attirarli verso il Padre suo. Egli li va a cercare servendosi dei rimorsi di coscienza, li riconduce per mezzo della sua grazia e li conquista con i suoi modi amorosi. Li tratta con tanta bontà, che prende perfino le loro difese contro gli scribi e i farisei che vogliono biasimarli, e che sembrano non sopportare di vederli vicino a Gesù Cristo.
Ma egli va ancora più lontano, egli vuole giustificarsi per la condotta che tiene nei loro riguardi, con una parabola che dipinge, come meglio non si potrebbe, la grandezza del suo amore per i peccatori, dicendo loro: “Un buon pastore che aveva cento pecore, avendone persa una, lascia tutte le altre per correre dietro a quella che si è smarrita, e, avendola ritrovata, se la carica sulle spalle per evitarle la fatica del cammino; poi, avendola riportata al suo ovile, invita tutti i suoi amici a rallegrarsi con lui, per aver ritrovato la pecora che credeva perduta”.

Egli aggiunge ancora la parabola di una donna che, avendo dieci dramme e avendone perduta una, accende la sua lampada per cercarla in tutti gli angoli della casa, e, avendola ritrovata, invita tutte le sue amiche per festeggiare. “Così, egli dice loro, tutto il cielo si rallegra per il ritorno di un peccatore che si converte e che fa penitenza. Io non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori; coloro che sono sani non hanno bisogno del medico, mentre ne hanno bisogno i malati”.

Vediamo che Gesù Cristo applica a se stesso queste vive immagini della grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Ah! fratelli miei, che felicità è per noi, sapere che la misericordia di Dio è infinita! Quale violento desiderio dovremmo sentir nascere in noi, di andare a gettarci ai piedi di un Dio che ci accoglierà con tanta gioia! No, fratelli miei, se ci danneremo, non avremo scuse, quando Gesù Cristo ci mostrerà, lui stesso, che la sua misericordia è sempre stata abbastanza grande per perdonarci, in misura dei nostri bisogni. E per darvene un’idea, oggi voglio mostrarvi:

1° - la grandezza della misericordia di Dio verso i peccatori;
2° - ciò che noi dobbiamo fare, da parte nostra, per meritare la felicità di ottenerla.

Sì, fratelli miei, tutto è consolante, tutto è allettante nella condotta che Dio usa nei nostri riguardi. Sebbene siamo molto colpevoli, la sua pazienza ci attende, il suo amore ci invita a uscire dal peccato per ritornare a lui, la sua misericordia ci accoglie fra le sue braccia. Riguardo alla sua pazienza, il profeta Isaia ci dice che il Signore ci aspetta per usarci misericordia. 

Non appena abbiamo peccato, meriteremmo di essere puniti: “Nulla, egli dice, è più confacente al peccato, della punizione; da quando l’uomo si è ribellato contro Dio, tutte le creature domandano vendetta, dicendo: Signore, vuoi che facciamo perire questo peccatore che ti ha oltraggiato? Vuoi, gli dice il mare, che io lo inghiottisca nei miei abissi? La terra gli dice: Signore, vuoi che spalanchi le mie viscere per farlo discendere ancora vivo negli inferi? L’aria gli dice: Signore, permetti che io lo soffochi? Il fuoco gli dice: Ah! per favore, lascia che lo bruci! E così pure tutte le altre creature chiedono vendetta con grandi grida. Il tuono e il fulmine vanno fino al trono di Gesù Cristo per chiedergli il potere di investirli e di divorarli. “Ma no, riprende a dire il buon Gesù, lasciateli sulla terra fino al momento deciso dal Padre mio; forse avrò la felicità di vedere che si convertono”. Se questo peccatore si smarrisce di più, questo tenero Padre versa calde lacrime e non cessa di perseguitarlo con la sua grazia, facendo nascere in lui violenti rimorsi di coscienza. “O Dio di misericordia, grida sant’Agostino, essendo ancora peccatore, mi allontanavo da te ogni giorno di più, i miei passi e tutte le mie vie erano come altrettante nuove cadute nel male, le mie passioni si accendevano sempre più, ma, nonostante ciò, tu avevi pazienza e mi aspettavi. O pazienza del mio Dio! è da tanti anni che ti sto offendendo e tu non mi hai ancora punito: da cosa può derivare questo lungo ritardo? Ahimè! Signore, deriva dal fatto che tu vuoi che io mi converta, e che ritorni a te con la penitenza”.

Ma è mai possibile, fratelli miei, che malgrado il desiderio che il buon Dio ha di salvarci, noi ci perdiamo del tutto volontariamente? Sì, fratelli miei, se vogliamo ripercorrere le differenti epoche del mondo, vediamo dappertutto la terra ricoperta delle misericordie del Signore, e gli uomini avvolti dai suoi benefici. No, fratelli miei, non è il peccatore che ritorna a Dio per chiedergli perdono; ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa ritornare a Sé. Volete un bell’esempio di ciò? Vedete come si è comportato con Adamo. Dopo il suo peccato, invece di punirlo, come meritava, per essersi ribellato al suo Creatore che gli aveva accordato tanti privilegi, che lo aveva adornato di tante grazie, che lo aveva destinato a un fine tanto felice, come era quello di essere suo amico e di non mai morire… Adamo, dopo il suo peccato, fugge dalla presenza di Dio; ma il Signore, come un padre desolato che ha perso suo figlio, corre a cercarlo e lo chiama, quasi piangendo: “Adamo, Adamo, dove sei? Perché fuggi la presenza del tuo Creatore?”. Ha tanto desiderio di perdonarlo, che a mala pena gli dà il tempo di chiedere perdono; ma gli promette subito il suo perdono e che gli invierà il suo Figlio, che nascerà da una Vergine, e che riparerà alla perdita che il peccato ha fatto subire a lui e a tutti i suoi discendenti, e che questa riparazione si farà in un modo mirabile.

Infatti, fratelli miei, senza il peccato di Adamo, non avremmo mai avuto la felicità di avere Gesù Cristo come Salvatore, né di riceverlo nella santa Comunione, e neppure di averlo a nostra disposizione nelle nostre chiese. Durante tutti i secoli in cui il Padre Eterno aspettò prima di mandare il suo Figlio sulla terra, Egli non cessò di rinnovare queste consolanti promesse, per bocca dei suoi patriarchi e dei suoi profeti. O carità (di Dio) verso i peccatori, quanto sei grande! Vedete, fratelli miei, la bontà di Dio verso i peccatori? Potremmo ancora disperare di essere perdonati?

Dal momento che il Signore ci testimonia così chiaramente il desiderio di perdonarci, se noi persistiamo a rimanere nel peccato, è certo solo colpa nostra.

Vedete come si comporta con Caino, dopo che quello aveva ucciso il suo fratello?Lo va a trovare, per farlo tornare in se stesso, al fine di poterlo perdonare; poiché bisogna necessariamente chiedere perdono, se vogliamo che egli ce lo accordi… Ah! Dio mio, ma non è troppo? “Caino, Caino, che cosa hai fatto? Chiedimi perdono, perché io possa perdonarti”. Caino non vuole, egli dispera della sua salvezza, si indurisce nel suo peccato. Tuttavia vediamo che il buon Dio lo lasciò a lungo sulla terra, per dargli il tempo di convertirsi, se lo avesse voluto.

Guardate ancora la sua misericordia verso il mondo intero: allorché i crimini commessi dagli uomini ebbero coperta la terra e l’ebbero imbevuta del succo delle passioni più infami, il Signore si vide costretto a punirli. Ma, prima di passare all’azione, quante precauzioni, quanti avvertimenti, quanti ritardi! Egli li minacciò molto prima di punirli, allo scopo di sensibilizzarli e di farli rientrare in se stessi. Vedendo che i loro crimini aumentavano sempre di più, inviò loro Noè, al quale comandò di costruire un’arca… e di dire a tutti coloro che gli avessero chiesto il perché di quella costruzione, che il Signore stava per far perire il mondo intero con un diluvio universale, ma che, se avessero voluto convertirsi e fare penitenza, egli avrebbe cambiato il suo decreto. Poi, infine, vedendo che tutti questi avvertimenti non servivano a niente, ma che ci si prendeva gioco delle sue minacce, si vide costretto a punirli. Tuttavia, vediamo che il Signore dice che si pentì di averli creati: e anche ciò ci dimostra la grandezza della sua misericordia. E’ come se avesse detto: avrei preferito non crearvi proprio piuttosto che vedermi costretto a punirvi. Ditemi, fratelli miei, tenendo conto che si tratta di un Dio, poteva spingere più oltre la sua misericordia?

Fratelli miei, vedete dunque che Dio attende i peccatori perché facciano penitenza, e li invita per mezzo dei movimenti interiori della grazia e per mezzo della voce dei suoi ministri. Guardate anche, come si comporta verso Ninive, questa grande città peccatrice. Prima di punire i suoi abitanti, ordina al suo profeta Giona di andare, a suo nome, per annunciare loro che entro quaranta giorni li avrebbe puniti. Ma Giona, invece di recarsi a Ninive, fuggì dalla parte opposta. Egli cerca di attraversare il mare, ma, Dio, ben lungi dal lasciare i Niniviti senza avvertimento, prima di punirli, fa un miracolo per conservare in vita il suo profeta, per tre giorni e tre notti, nel seno di una balena, che, alla fine dei tre giorni, lo vomitò sulla terra ferma. Allora il Signore disse a Giona: “Va’ e annuncia alla grande città, a Ninive, che fra quaranta giorni perirà”. Egli non aggiunge nessuna condizione. Il profeta allora, partito, annunciò a Ninive che tra quaranta giorni sarebbe stata distrutta. A questa notizia, tutti si dedicano alla penitenza e alle lacrime, dall’ultimo cittadino fino allo stesso re. 
“Forse, diceva loro il re, il Signore avrà ancora pietà di noi”. Il Signore, vedendoli ricorrere alla penitenza, era come se si rallegrasse per il piacere di poterli perdonare. Giona, vedendo che il tempo per la punizione era scaduto, si ritirò fuori della città, aspettando che il fuoco dal cielo cadesse su di essa. Ma vedendo che non accadeva nulla, gridò: “Ah! Signore, mi farai forse passare per un falso profeta? Piuttosto fammi morire. Lo so bene che tu sei troppo buono, tu non chiedi altro che di perdonare!”. “E che Giona! gli rispose il Signore, tu vorresti forse che io facessi perire tante persone che si sono umiliate davanti a me? Oh! no, no, Giona, non ne avrei il coraggio; al contrario, continuerò ad amarli e a conservarli in vita”.

Ecco qual è precisamente, fratelli miei, la condotta che Gesù Cristo tiene nei nostri riguardi; sembra che qualche volta Egli voglia punirci senza nessuna misericordia, ma al minimo segno di pentimento, ci perdona e ci ridona la sua amicizia. Guardate cosa fece, quando decise di far scendere il fuoco su Sodoma, Gomorra e le città confinanti. Sembrava non volersi decidere, senza prima aver consultato il suo servo Abramo, come se volesse sapere da lui cosa dovesse fare. “Abramo, gli disse il Signore, i crimini di Sodoma e di Gomorra sono giunti fino al mio trono, non posso più sopportarli, sto per farli perire tutti, mandando un fuoco dal cielo”. “Ma Signore, gli rispose Abramo, punirai i giusti insieme ai peccatori?”. “Oh! no, no, gli disse il Signore”. “Ebbene, ribatte Abramo, se ci fossero a Sodoma trenta giusti, la puniresti, Signore?”. “No, gli dice, se ne trovo trenta, perdono a tutta la città, per quei trenta giusti”. 
Poi Abramo arrivò fino a dieci giusti. Ahimè! cosa strana! in una città così grande, non si trovarono neppure dieci giusti. Vedete come il Signore sembrava prenderci gusto a consultare il suo servo su ciò che bisognasse fare. Vedendosi costretto a punirli, inviò subito un angelo per avvisare Lot di uscire, lui con tutta la sua famiglia, per non punirli insieme ai colpevoli. Ah! Dio mio, quanta pazienza! quanti ritardi prima di passare all’esecuzione!

Volete sapere qual è il peccato che ha costretto il Signore a far cadere sulla terra tanti castighi? Ahimè! è stato quel maledetto peccato dell’ impurità, di cui la terra era tutta ricoperta. Volete vedere quanto Dio indugia prima di punire? 
Osservate ciò che fece riguardo a Gerico. Egli ordinò a Giosuè di far portare l’arca dell’alleanza, che era uno strumento che dimostrava la grandezza della misericordia del Signore. Volle che fosse trasportata dai preti, che sono i depositari delle sue misericordie. 
Poi comandò di fare per sette giorni, il giro attorno alle mura della città, facendo suonare le stesse trombe che si usavano per annunciare l’anno del giubileo, che era un anno di riconciliazione e di perdono. Tuttavia, vediamo che queste stesse trombe che annunciavano il suo perdono, fecero crollare le mura della città, per insegnarci che, se noi non vogliamo approfittare delle grazie che il buon Dio vuole accordarci, diventiamo maggiormente colpevoli; ma che, se avremo la felicità di convertirci, Egli prova una gioia così grande che viene ad accordarci il suo perdono, più prontamente di quando una madre tira fuori dal fuoco il suo bambino. Abbiamo visto dunque, fratelli miei, che, dall’inizio del mondo, fino alla venuta del Messia, non c’è stato altro che misericordia, grazia e benefici. 

Tuttavia possiamo affermare che, sotto la legge della grazia, i benefici di cui ha colmato il mondo sono ancora molto più abbondanti e molto più preziosi. Quale misericordia ha nutrito mai il Padre Eterno che, non avendo che un unico Figlio, ha acconsentito a fargli perdere la vita per salvare tutti noi! Ahimè! fratelli miei, se ripercorriamo tutta la passione di Gesù Cristo con un cuore riconoscente, quante lacrime non verseremo? Vedendo il tenero Gesù nella mangiatoia, e tutto il resto… Vediamo che la misericordia del Padre non potrebbe spingersi oltre, poiché, avendo un Figlio, lo sacrifica per salvarci, quel Figlio che è tutto ciò che ha di più caro. Ma se poi passiamo a considerare l’amore del Figlio, che diremo? Egli accetta così volentieri di soffrire tanti tormenti, e la stessa morte, per acquistarci la felicità del cielo! Ahimè! fratelli miei, che cosa non ha fatto per noi nei giorni della sua vita mortale?

Il Signore Gesù, non contento di chiamarci a sé con la sua grazia, e di fornirci tutti i mezzi per santificarci, guardate come corre dietro le sue pecorelle smarrite; percorre le città e le campagne per cercarle, e per radunarle nel luogo della sua misericordia. Guardate come lascia i suoi apostoli, per andare ad attendere la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, dove sapeva che sarebbe venuta; egli la previene, comincia a parlarle, affinché il suo linguaggio pieno di dolcezza , unito alla sua grazia, la commuova e la consoli; le chiede acqua da bere, affinché ella chieda a lui qualcosa di ben più prezioso, cioè la sua grazia. Fu così contento di aver guadagnato quest’anima che, allorché i suoi apostoli lo pregarono di prendere cibo: “Oh! no, disse loro”. E sembrava voler dire: “Ah! no, no, io non penso affatto al nutrimento del corpo, tanta è la mia gioia per aver guadagnato un’anima a mio Padre!”.

Guardatelo nella casa di Simone il lebbroso; non è per mangiare che ci va; ma perché sapeva che vi avrebbe incontrato una Maddalena peccatrice: ecco, fratelli miei, cos’è che lo condusse a quella festa. Considerate la gioia che dimostra sul suo viso vedendo la Maddalena ai suoi piedi, che li bagna con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli, per tutto il tempo del pasto. Ma il Salvatore, da parte sua, la ripaga molto bene: egli riversa a piene mani la sua grazia nel suo cuore. 
Vedete come prende le sue difese contro coloro che si scandalizzano: va così oltre che, non contento di perdonarle tutti i suoi peccati, cacciando i sette demoni che quella aveva nel suo cuore, vuole perfino sceglierla come una delle sue spose; vuole che ella l’accompagni nel corso della sua passione e che, “in tutto il mondo dove questo vangelo sarà predicato, si racconti ciò che ha fatto verso di lui”; non vuole affatto che si parli dei suoi peccati, perché quelli sono ormai tutti perdonati per l’applicazione del suo sangue adorabile, che avrebbe sparso. 
Guardatelo mentre prende la strada per Cafarnao per andare a trovare un altro peccatore nel suo ufficio: si tratta di san Matteo, di cui vuol fare uno zelante apostolo. Chiedetegli perché prende la via di Gerico, ed egli vi risponderà: perché vi abita un uomo di nome Zaccheo, che passa per un pubblico peccatore, e, che vuole andare a vedere se lo potrà salvare. Per fare di lui un perfetto penitente, egli fa come un buon padre che ha perduto il suo figlio, egli lo chiama: “Zaccheo, gli grida, scendi; perché è proprio da te che oggi voglio alloggiare, vengo a portarti la mia grazia”. E’ come se gli avesse detto: “Zaccheo, abbandona questo orgoglio e questo attaccamento ai beni di questo mondo; discendi, cioè scegli l’umiltà e la povertà".

Per farlo ben capire, dice a tutti coloro che erano con lui: “Oggi questa casa riceve la salvezza”. Oh! mio Dio! quanto è grande la tua misericordia verso i peccatori! Chiedetegli ancora, perché ha attraversato quella pubblica piazza: “Ah! vi risponderà, è perché aspetto quella donna adultera che devono portare per farla lapidare; e io vado a prendere la sua difesa contro i suoi nemici, per toccarle il cuore e convertirla”. Guardate questo tenero Salvatore vicino a questa donna, come si comporta, come prende la sua difesa? Vedendola circondata da quella marmaglia di gente che non aspettava che il segnale per accopparla, il Salvatore sembra dire loro: “Un momento, fate agire prima me, dopo agirete voi a vostra volta”. Si china per terra, scrive, ma non la sua sentenza di condanna ma di assoluzione. Alzatosi in piedi, li fissa. Non sembra forse dire loro: “Adesso che questa donna è stata perdonata, ella non è più una peccatrice, ma una santa penitente: chi tra di voi è uguale a lei? 
Se siete senza peccato, scagliatele contro la prima pietra". Tutti quei perfetti ipocriti, vedendo che Gesù Cristo leggeva nella loro coscienza, si ritirarono, prima i più vecchi, che senza dubbio erano i più colpevoli, poi tutti gli altri. Gesù Cristo, vedendola sola, le dice con bontà: “Donna, chi sono coloro che ti hanno condannata?”, come se le dicesse: Una volta che io ti ho perdonata, chi è colui che oserebbe condannarti? “Ah! Signore, le rispose quella peccatrice, nessuno”. Ebbene! va e non peccare più.

Guardate ancora cosa egli prova, vedendo quella donna che, da dodici anni, aveva una perdita di sangue. Ella si getta umilmente ai suoi piedi; “poiché, diceva, se potessi solo toccare il lembo del suo mantello, sono sicura che sarei guarita”. Gesù Cristo voltandosi, con un’aria di bontà dice: “Chi è che mi tocca? Vai, figlia mia, abbi fiducia, sei guarita sia nell’anima che nel corpo”. Guardatelo, come prova compassione per la sventura di quel padre che gli presenta suo figlio, posseduto dal demonio fin dall’infanzia…

Guardatelo mentre piange, avvicinandosi alla città di Gerusalemme, che era la figura dei peccatori che non vogliono più lasciarsi toccare il cuore. Vedete come versa le sue lacrime per la perdita eterna di quella città. “Oh! quante volte, ingrata Gerusalemme, ho voluto radunarti nel seno della mia misericordia, come una gallina raduna i suoi piccoli sotto le sue ali; ma tu non hai voluto. O Gerusalemme ingrata! che hai ucciso i profeti e fatto morire i servi di Dio! oh! se almeno oggi volessi ancora ricevere la grazia che vengo a porgerti!". Vedete, fratelli miei, come il buon Dio piange la perdita delle nostre anime quando vede che non vogliamo convertirci? Dopo tutto quello che vediamo che Gesù Cristo ha fatto per salvarci, come potremo disperare della sua misericordia? 
Dal momento che il suo più grande piacere è quello di perdonarci, per quanto i nostri peccati si siano moltiplicati, se vorremo lasciarli e pentirci, possiamo essere sicuri di ottenere il perdono. Quand’anche le nostre colpe fossero quanto tutte le foglie delle foreste, saremmo perdonati se il nostro cuore fosse veramente contrito. Per convincervi di ciò, eccovi un bell’esempio. 

Leggiamo nella storia, che un giovane, di nome Teofilo, che era sacerdote, fu accusato presso il suo vescovo e deposto da una dignità di cui era stato insignito. Questo affronto lo indusse a nutrire un tale furore, che egli chiamò in suo aiuto il demonio. Questo spirito maligno gli apparve in una forma ordinaria, promettendogli di fargli riacquistare la sua dignità perduta, se avesse voluto rinunciare subito a Gesù e a Maria. Quello, essendo accecato dal furore, accettò e consegnò al demonio una rinuncia scritta di suo pugno. Il giorno seguente, il vescovo, avendo riconosciuto il suo errore, lo fece chiamare in chiesa, gli chiese perdono per aver creduto troppo facilmente a ciò che gli avevano riferito su di lui, e lo ristabilì nella sua dignità. Il prete, si trovò in grande imbarazzo per l’accaduto; restò per molto tempo lacerato dai rimorsi della sua coscienza. G
li venne in mente di fare ricorso alla santa Vergine, vedendosi tanto indegno di chiedere lui stesso perdono al buon Dio. Si recò dunque davanti a un’immagine della santa Vergine, pregandola di ottenergli il perdono presso il suo divin Figlio; e per questo digiunò per quaranta giorni e pregò incessantemente. Al termine dei quaranta giorni, la santa Vergine gli apparve, dicendogli che aveva ottenuto il perdono. Quello rimase molto consolato per tale grazia, ma gli restava ancora una spina molto profonda, difficile da estrarre: era il biglietto che aveva consegnato al demonio. Pensò che il buon Dio non avrebbe rifiutato questa grazia alla sua Madre. Continuò a pregarla per tre giorni, e una mattina, al suo risveglio, trovò il biglietto posato sopra il suo petto. Pieno di riconoscenza, si reca in chiesa e, davanti a tutti rende pubblica la grazia che il buon Dio gli aveva accordata per intercessione della sua santa Madre. Facciamo anche noi lo stesso: se ci riconosciamo troppo colpevoli per chiedere perdono al buon Dio, rivolgiamoci alla santa Vergine e saremo certi del nostro perdono.

Per stimolarvi ulteriormente ad avere una grande fiducia nella misericordia di Dio che è infinita, eccovi un altro esempio che ci offre il vangelo, e che ci dimostra che davvero la misericordia di Dio è infinita: è il racconto del figliol prodigo che, dopo aver domandato a suo padre tutti i beni che gli spettavano, si recò in un paese straniero. Qui dissipò tutti i suoi beni vivendo come un libertino e un dissoluto. La sua cattiva condotta lo ridusse a una tale miseria, che si ritenne felice di recuperare i resti dei porci, ma nessuno gliene dava. Riflettendo un giorno sulla grandezza della sua miseria, disse al padrone presso cui lavorava, guardando i porci: “Dammi almeno ciò che mangiano gli animali più ributtanti”. Quale grado di miseria, fratelli miei, è paragonabile a questa? Eppure nessuno gli dava ciò che chiedeva. Vedendosi costretto a morire di fame, e vivamente colpito per il suo stato infelice, apre gli occhi e si ricorda di avere un padre così buono, che lo amava tanto. 
Prende la risoluzione di ritornare nella casa paterna, dove i servi più umili avevano pane in abbondanza, più di quanto gliene occorresse. Diceva fra sé: “Ho fatto molto male ad abbandonare il padre mio, che mi amava tanto; ho dissipato tutti i miei beni conducendo una vita cattiva; sono vestito di logori stracci e sporco, come potrebbe mio padre riconoscermi come figlio? Ma mi getterò ai suoi piedi, li bagnerò con le mie lacrime e gli domanderò solamente di mettermi nel numero dei suoi servi”. Eccolo che si alza e parte, tutto occupato nel pensare allo stato infelice in cui il suo libertinaggio lo aveva ridotto. Suo padre, che da lungo tempo piangeva per la sua perdita, vedendolo venire da lontano, dimenticò la sua tarda età e la cattiva condotta di quel figlio e si gettò al suo collo per abbracciarlo. Questo povero figlio, molto stupito per l’amore che il padre suo nutriva verso di lui: “Ah! padre mio, gridò, ho peccato contro di te e contro il cielo! non merito più di essere chiamato tuo figlio, mettimi solo nel numero dei tuoi servi”. “No, no, figlio mio, gridò il padre, tutto pieno di gioia per aver avuto la felicità di ritrovare suo figlio, che credeva perduto, no, figlio mio, è tutto dimenticato, pensiamo solo a rallegrarci. Ordina che gli si portino i vestiti di prima, per rivestirlo, che gli si metta un anello al dito e i calzari ai piedi, che si ammazzi il vitello grasso e si faccia festa; “perché il mio figlio era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato”. Bella immagine è questa, fratelli miei, della misericordia di Dio verso i peccatori più miserabili!

Infatti, allorché abbiamo la disgrazia di peccare, ci allontaniamo da Dio e ci riduciamo, seguendo le nostre passioni, in uno stato più miserabile di quello dei porci, che sono gli animali più sudici! Oh! mio Dio! Davvero il peccato è qualche cosa di raccapricciante! Come si può avere il coraggio di commetterlo? Ma, per quanto miserabili noi possiamo essere, non appena prendiamo la decisione di convertirci, alla prima prova della nostra conversione, le viscere della sua misericordia sono toccate dalla compassione. Questo tenero Salvatore corre, per mezzo della sua grazia, incontro ai peccatori, li abbraccia, favorendoli delle consolazioni più deliziose. Infatti, mai un peccatore prova maggiore piacere, dell’istante in cui abbandona il peccato per donarsi al buon Dio. Allora gli sembra che niente lo possa più fermare: né preghiere, né penitenze; niente gli sembra troppo duro. O momento delizioso! quanto saremmo felici se avessimo la fortuna di comprendere ciò! Ma, ahimè! noi non corrispondiamo affatto alla grazia, e allora questi momenti di felicità scompaiono nel nulla! Gesù Cristo dice ai peccatori, per bocca dei suoi ministri: “Si rivesta questo cristiano che si è convertito, con l’abito che indossava prima, cioè la grazia del battesimo che egli ha perso; lo si rivesta di Gesù Cristo, della sua giustizia, delle sue virtù e dei suoi meriti”.

Ecco, fratelli miei, il modo in cui Gesù Cristo ci tratta, quando abbiamo la fortuna di abbandonare il peccato per donarci a lui. Ah! fratelli miei, quale motivo di fiducia per un peccatore, sebbene tanto colpevole, il sapere che la misericordia di Dio è infinita! No, fratelli miei, non è la grandezza dei nostri peccati, né il loro numero, che deve spaventarci; ma solamente dobbiamo temere di non avere le disposizioni che si richiedono da noi. Sentite, fratelli miei, eccovi un altro esempio che vi mostrerà che, per quanto possiamo essere colpevoli, noi siamo sicuri di venire perdonati, basta solo chiederlo al buon Dio. Leggiamo in una storia che un gran principe, nella sua estrema malattia, fu attaccato da una terribile tentazione di sfiducia nella bontà e nella misericordia di Dio. 
Il sacerdote che in quel momento l’assisteva, vedendo questa sua perdita di fiducia, faceva tutto quello che poteva per ispirargliela, dicendogli che mai il buon Dio ha rifiutato il perdono a colui che glielo abbia domandato. “No, no, dice il malato, non v’è più perdono per me, ho fatto troppo male”. Il sacerdote, vedendo che non aveva più risorse per convincerlo, si mise a pregare. Proprio in quell’istante il buon Dio gli pose sulla bocca quelle parole che il santo re profeta pronunciò prima di morire: “Principe, disse quello, ascoltate il profeta penitente; voi siete peccatore come lui, perciò dite sinceramente, come lui: Signore, abbi pietà di me, perché i miei peccati sono molto grandi, ed è precisamente la grandezza dei miei peccati il motivo che ti impegnerà a perdonarmi”. A queste parole il principe, come risvegliandosi da un sonno profondo, si ferma un momento in un trasporto di gioia, ed emettendo un profondo sospiro: “Ah! Signore, è proprio per me che queste parole sono state pronunciate! 
Sì, Dio mio, appunto perché ho fatto tanto male, tu avrai pietà di me!”. 
Si confessa e riceve i sacramenti versando torrenti di lacrime; offre con gioia il sacrificio della sua vita, e muore avendo tra le mani il suo crocifisso che bagna con le sue lacrime. Infatti, fratelli miei, cosa sono mai i nostri peccati se li confrontiamo con la misericordia di Dio? Sono come un granellino davanti a una montagna. 
O mio Dio, come si può acconsentire a dannarsi, dal momento che costa così poco salvarsi e che Gesù Cristo desidera tanto la nostra salvezza?... 

Tuttavia, fratelli miei, se il buon Dio è così buono da attenderci e da accoglierci, non dobbiamo però stancare la sua pazienza: se egli ci chiama, se ci invita ad andare a lui, bisogna, da parte nostra, andargli incontro; se ci accoglie, bisogna poi restargli fedeli. Ahimè! fratelli miei, forse da più di cinque o sei anni il buon Dio ci sta chiamando; perché persistiamo nei nostri peccati? Egli è sempre disposto ad offrirci la sua grazia, perché non abbandoniamo il peccato? Infatti, fratelli miei, sant’Ambrogio ci dice: “Il buon Dio, per quanto buono e misericordioso sia, mai ci perdonerà, se noi non gli chiediamo perdono, se non uniamo la nostra volontà a quella di Gesù Cristo”.

Ma qual è, fratelli miei, la volontà che Dio richiede da noi? Vi rispondo subito: è una volontà che corrisponda alle sante sollecitudini della sua misericordia, che ci faccia dire, come a san Paolo: “Voi avete sentito dire quale è stata la mia condotta e le mie azioni, prima che Dio mi facesse la grazia di convertirmi. Perseguitavo la Chiesa di Gesù Cristo con tanta crudeltà, che ne provo orrore io stesso, ogni volta che ci penso. Chi avrebbe potuto credere che in un certo momento Gesù Cristo avrebbe deciso di chiamarmi a sé? Fu in quel momento in cui venni circondato da una luce; e intesi una voce che mi disse: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Ahimè! fratelli miei, quante volte il buon Dio ha fatto anche a noi la medesima grazia? Quante volte, ormai immersi nel peccato o accingendoci a peccare, abbiamo sentito una voce interiore che ci gridava: “Ah! figlio mio, perché mi vuoi fare soffrire e vuoi perdere la tua anima?”.
Eccovi un bell’esempio di ciò. Leggiamo nella storia che un figlio, in un impeto di collera, uccise suo padre. Egli ne concepì un tale rimorso che gli sembrava di ascoltare continuamente una voce che gli gridava: “Ah! figlio mio, perché mi hai ucciso?”. 

Questo fatto lo turbò così fortemente, che andò lui stesso a denunciarsi alla giustizia. Non soltanto, fratelli miei, dobbiamo abbandonare il peccato perché il buon Dio è tanto buono da perdonarci, ma dobbiamo anche piangere di riconoscenza. Abbiamo un bell’esempio di ciò nella persona del giovane Tobia, guidato e riportato dall’angelo; ciò che dimostra quanto piaccia a Dio che lo si ringrazi. Leggiamo nel vangelo che quella donna che da dodici anni era afflitta da una perdita di sangue, essendo stata guarita da Gesù Cristo, volendo per riconoscenza mostrare a tutto il mondo la bontà di Dio verso di lei, fece piazzare davanti alla sua casa una bella statua rappresentante una donna vicino a Gesù Cristo che l’aveva guarita. Diversi autori ci dicono che nei pressi della statua nasceva un’erba sconosciuta a tutti, che quando raggiungeva l’altezza della frangia del mantello, guariva ogni genere di malattia.

Vedete san Matteo: per ringraziare Gesù Cristo della grazia che gli aveva fatta, lo invitò a casa sua e gli rese tutti gli onori che poteva. Guardate anche il lebbroso samaritano: vedendosi guarito, ritorna sui suoi passi, si getta ai piedi di Gesù Cristo per ringraziarlo del dono che gli aveva appena fatto. Sant’Agostino ci dice che la principale azione di grazie, consiste nel fatto che la vostra anima sia sinceramente riconoscente verso la bontà di Dio, donandosi tutta a lui, con ogni sua capacità di amare. Vedete il Salvatore, quando ebbe guarito i dieci lebbrosi, notando che solo uno tornava a ringraziarlo: “E gli altri nove, disse Gesù Cristo, non sono stati anche essi guariti?”. 
Come se avesse detto loro: “Perché mai gli altri non vengono a ringraziarmi?”. San Bernardo ci dice che dobbiamo essere molto riconoscenti verso il buon Dio, perché ciò lo impegna ad accordarci molte altre grazie. Ahimè! fratelli miei, quante grazie dovremmo rendere a Dio per averci creati, per averci riscattati con la sua morte e con la sua passione, per averci fatto nascere nel seno della sua Chiesa, mentre tanti altri vivono e muoiono fuori del suo seno. Sì, fratelli miei, poiché la bontà e la misericordia di Dio sono infinite, cerchiamo di trarne profitto, e così gusteremo la felicità di essergli graditi, e di conservare le nostre anime nella sua grazia: questo ci procurerà la felicità di gioire della sua santa Presenza, con tutti i beati, nel cielo. E’ ciò che vi auguro.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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15/07/2016 10:16
 
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<img border='0' class='smile' alt=" border="0" /> Dalla Catechesi bellissima del cardinale Ranjith sull'Eucarestia, la sua conclusione :

Vorrei terminare questa riflessione con alcune parole del Santo curato d’Ars, bellissime per la profondità, non solo teologica, ma anche per la sua tenera affettuosità verso il Signore: “Tutte le buone opere non sono uguali nel valore quando si considera il sacrificio della Messa, perché quelle sono opere degli uomini, ma la Santa Messa è l’opera di Dio. Il martirio non è niente paragonato ad essa; esso è il sacrificio che l’uomo fa della sua vita a Dio. Ma la Messa è il sacrificio che Dio fa all’uomo del suo Corpo e del suo Sangue. Quanto grande è un sacerdote! Se capisce questo, morrà … Dio gli obbedisce; lui pronuncia due parole e il Signore scende dal cielo e si chiude dentro una piccola ostia. Quale dono!" (Piccolo Catechismo).


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- "L'umiltà è per la virtù quello che la catena è per il rosario: togliete la catena e tutti i grani se ne vanno; togliete l'umiltà e tutte le virtù spariscono". 

- "La gioia più grande per un cristiano? Rallegrarsi della Chiesa che ci ha dato l'Immacolata; e gioire con l'Immacolata, perchè è Colei che ci porta diritti a Gesù che tale l'ha resa per noi..."

(Piccolo Catechismo del santo Curato d'Ars)



<img border='0' class='smile' alt=" border="0" /> <img border='0' class='smile' alt=" border="0" /> 

Guardando al Santo Curato d’Ars, ovvero a san Giovanni Maria Vianney viene da pensare ai versi pronunciati nel salmo 117: «La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo», parole riprese da Gesù e riportate dagli evangelisti Matteo, Marco, Luca, negli Atti degli Apostoli e nella prima lettera di san Pietro.
Ebbene, ciò che Cristo Signore aveva riferito a se stesso in quanto Figlio di Dio non riconosciuto come tale, può essere applicato ad alcuni santi, fra i quali il patrono dei parroci, don Giovanni Maria Vianney, che sicuramente divenne sacerdote più per volontà divina che per volontà umana, scartato come fu, e a più riprese, da professori ed esaminatori.
Su di lui sembra non puntare nessuno. Soltanto un sacerdote crede in questo giovane, che pare proprio non avere talenti e capacità: è l’abbé Charles Balley (1751-1817), parroco di Écully, presso Lione.
Proprio ad Écully, l’11 febbraio 1778 Matteo Vianney (1753-1819) aveva sposato Maria Beluse (1753-1811); dalla loro unione nacquero sei figli che secondo l’uso devozionale di allora furono consacrati alla Vergine Maria prima ancora della loro nascita. Giovanni Maria nacque a Dardilly, dove aveva preso dimora la famiglia Vianney, verso la mezzanotte dell’8 maggio 1786, tre anni prima dello scoppio della Rivoluzione Francese. Fu battezzato il giorno stesso e prese il nome del fratello minore di suo padre.
«Appena questo figlio prediletto cominciò ad osservare gli oggetti esterni, la pia madre fu lieta di indicargli il crocifisso e le immagini religiose, che ornavano le pareti della casa, e, quando le piccole braccia poterono appena muoversi fuori dalle fasce, cominciò a guidare la manina incerta dalla fronte al petto e dal petto alle spalle: il bambino ne prese presto l’abitudine». Fin da piccolo fu educato a frequentare la chiesa parrocchiale. Le celebrazioni liturgiche lo affascinavano così tanto da imitarle e ripeterle una volta tornato a casa. Quando conduceva al pascolo il bestiame, spesso lasciava ai compagni la custodia degli animali per correre dietro un cespuglio a recitare il santo rosario ed era felice di entrare in una chiesa quando sentiva suonare la campana. Il bambino imparò ben presto anche a venire incontro alle necessità dei bisognosi, prendendo esempio dai suoi genitori, che lavoravano senza risparmiarsi la campagna, riuscendo a condurre una vita tranquilla e con generosità sfamavano ogni giorno molti poveri, non prima di averli invitati a recitare una preghiera. 
«I piccoli non conoscono quella debolezza che si chiama rispetto umano», riferisce François Trochu, che compilò scrupolosamente una biografia in occasione della canonizzazione del Curato d’Ars, avvenuta il 31 maggio 1925. Infatti, in qualunque luogo si trovasse, in casa, in strada, nel giardino, Giovanni Maria «benediceva l’ora» cioè, seguendo l’esempio di sua madre, ogni volta che sentiva suonare le ore, incurante della presenza di altre persone, sospendeva l’attività che stava compiendo, faceva il segno della Croce, recitava l’Ave Maria e ripeteva, a chiusura, il segno della Croce. Questa consuetudine perdurerà lungo tutto l’arco della sua esistenza. La madre di Giovanni Maria, sua prima catechista, fu la prima ad avvedersi  della bellezza della sua anima. «Vedi, mio Giovanni se le tue sorelle o i tuoi fratelli offendessero il Signore, ne avrei grande pena, ma la pia pena sarebbe maggiore ancora, se lo offendessi tu!».
Molti anni dopo, quando qualcuno si feliciterà con lui per aver avuto così presto il gusto della preghiera e dell’altare, egli risponderà, sempre con profonda commozione: «Dopo che a Dio, lo devo a mia madre, tanto ella era buona! La virtù passa facilmente dal cuore della madre nel cuore dei figli… Un figlio che ha avuto la fortuna di avere una buona madre, non dovrebbe mai guardarla, né pensare a lei, senza commuoversi fino al pianto!».
Nel gennaio del 1791 entrò in vigore nel lionese la Costituzione civile del clero. Don Giacomo Rey, parroco per 39 anni di Dardilly, aveva prestato giuramento scismatico; ma in seguito, dopo aver riconosciuto la sua colpa, prese a celebrare la Santa Messa in una casa privata, a causa della persecuzione giacobina, poi si ritirò a Lione ed infine si stabilì in Italia. Il 7 luglio 1803 giunse al suo posto un nuovo parroco, don Giacomo Tournier (1769-1806), anch’egli compromesso con il regime di Parigi. In perfetta buona fede, la famiglia Vianney continuava ad assistere alla Santa Messa. Fu la figlia di 12 anni, Caterina, ad accorgersi che qualcosa non funzionava: le prediche di don Tournier non ricordavano per nulla quelle di don Rey. Nelle sue omelie tornavano con insistenza i nomi di «cittadino», «civismo», «costituzione» e spesso criticava i suoi predecessori. In chiesa si videro volti nuovi, mentre i fedeli più zelanti cominciarono ad allontanarsi dalla parrocchia. Caterina Vianney pose la questione ai suoi familiari: dove andavano a Messa i buoni cattolici? I genitori approfondirono il problema, scoprendo che i preti sani avevano rifiutato il giuramento e proprio per tale ragione erano stati cacciati, ma subivano anche pesanti persecuzioni ed erano costretti a fuggire per non finire sotto la ghigliottina. Tutti i sacerdoti che avevano rifiutato il giuramento erano esposti al pericolo di essere arrestati e giustiziati entro ventiquattro ore, senza possibilità di appello. Coloro che avessero denunciato questi preti avrebbero avuto un compenso di cento franchi, mentre coloro che li avessero ospitati e protetti avrebbero subito la deportazione secondo le leggi del 24 aprile, 17 settembre e 20 ottobre 1793. La famiglia Vianney, incurante degli evidenti pericoli in cui incorrevano, prese ad ospitare in casa propria i preti refrattari, dove potevano anche celebrare le Sante Messe. 
Il 1793 è l’anno del Terrore e a Lione il sangue scorre a fiumi, nella Place des Terreaux la ghigliottina lavora senza tregua. Giovanni Maria cresce in questo clima oppressivo, di violenza feroce contro l’innocente, ma anche in una casa dove si mantiene salda la fede in Cristo. Diventa apostolo e catechista fra i suoi coetanei. Organizza processioni e, mentre in tutta la Francia sono state proibite le cerimonie religiose, il ragazzo guida i coraggiosi compaesani, che seguono una croce fabbricata semplicemente con due bastoni, recitando il Rosario e cantando. A nove anni, eccetto gli elementi di religione, non conosce quasi nulla della scienza umana. Sua sorella Caterina gli ha insegnato l’alfabeto ed egli sa leggere appena un libro di preghiere. 
A Dardilly la scuola, a causa della furia rivoluzionaria, era stata soppressa. La contraddizione era palese: da una parte la legge del 19 dicembre 1793 esigeva che tutti i fanciulli di sei anni almeno, o di otto al più tardi, frequentassero obbligatoriamente le scuole pubbliche per tre anni di seguito; dall’altra, veniva concesso a pochi di aprire una scuola, con l’obbligo di prestare giuramento al Regime, che garantiva il certificato di civismo. Inoltre, venivano interdetti maestri religiosi e preti. Tuttavia era diffusa la scarsità di pedagoghi giacobini e per tali ragioni la piccola scuola di Dardilly fu chiusa.
Nel 1799, all’epoca del secondo Terrore, Giovanni Maria ricevette la prima comunione, che venne amministrata in una camera della casa della famiglia Pingon di Écully, dove viveva il marchese Claude de Jouffroy d’Abbans (1751-1832), inventore del battello a vapore. Il colpo di Stato del 18 brumaio dell’anno IV (9 novembre 1799) portò Napoleone (1769–1821) al potere e, quindi, i sacerdoti refrattari fecero ritorno alle loro chiese, perciò anche don Balley rientrò a Écully. 
Giovanni Maria ha ormai 20 anni e le sue manifestazioni sono decisamente di carattere ascetico. Preghiera, penitenza, meditazione. A tavola mangia quasi sempre solo la minestra, chiedendo che venga scodellata senza burro. Spesso trascorre il tempo in chiesa oppure nella canonica di Écully insieme al curato don Balley, il quale lo prende fin da subito in grande simpatia: vede qualcosa in lui che altri non scorgono. In canonica si accosta agli studi, ma fin dal principio manifesta grandi difficoltà. Con la penna in mano diventa lento e imbarazzato: la sua intelligenza è rimasta arrugginita per troppi anni. Mesi e mesi di sforzi che risultano vani, inefficaci. Con tenacia e volontà si concentra sui libri, ma le difficoltà sono enormi, tanto da sembrare insormontabili. Prega, si mortifica e, troppo poco nutrito, s’indebolisce sempre più. Un giorno il parroco lo rimprovera: «Giovanotto sta bene pregare e far penitenza, ma bisogna anche mangiare e non rovinarsi la salute». 
È proprio in questo tempo che Giovanni Maria sperimenta una dolorosa e forte crisi vocazionale, provando un netto disgusto per i libri. Con la mente rivede i suoi cari, l’amata casa di famiglia, i campi paterni… ha nostalgia dell’aratura della terra, della semina, della mietitura del grano. Fra l’altro il padre di Giovanni Maria Vianney è decisamente contrario all’ordinazione del figlio, che lo reclama in famiglia per impiegarlo nelle mansioni rurali. 
Il giovane afferma con amarezza a don Balley di voler far ritorno alla dimora paterna; ma il suo maestro di fede e d’intelletto si dimostra assai rattristato nell’udire quelle intenzioni, perciò non cede e cerca di spronarlo perché ha piena fiducia nelle potenzialità del suo allievo. I libri continuano ad essere il martirio di Giovanni Maria, il terribile ostacolo alla realizzazione della sua vocazione e secondo la sua stessa confessione «non poteva cacciare nulla nella sua povera testa» oppure «sono come gli zeri, valgo soltanto se vicino ad altre cifre». Cosciente del pericolo, decide di ricorrere all’intervento divino facendo un voto: si sarebbe recato a piedi fino al santuario di La Louvesc, presso la tomba  di san Francesco Regis (1597–1640), l’apostolo del Velay e del Vivarais, il sacerdote della Compagnia di Gesù, che, predicando il Vangelo e amministrando il sacramento della penitenza per monti e per villaggi, si adoperò senza sosta per rinnovare la fede cattolica nell’animo degli abitanti. 
È il 1806. Da Écully al villaggio di La Louvesc distano circa cento chilometri. Magro come un anacoreta, ma comunque in forze, Giovanni Maria parte. Durante il suo pellegrinaggio viene scambiato per un fannullone, un vagabondo e subisce minacce, rischiando di venire denunciato ai gendarmi. Bussa alle porte per essere sfamato, ma raramente trova ristoro e allora si nutre di erba che trova lungo il cammino e beve acqua di fonte. Privo di proteine e vitamine, cade nella denutrizione e nello sfinimento, tanto che è stordito, eppure prosegue il suo andare,  a volte in compagnia di qualche tozzo di pane, ricevuto in elemosina.
Finalmente giunge al santuario, situato a 1.100 metri di altitudine fra le montagne dell’Haut-Vivarais. È stremato, ma felice. Si dirige subito alla tomba di san Francesco Regis e implora la grazia di imparare sufficientemente il latino, tanto da poter accedere agli studi teologici. Si confessa da un padre gesuita del santuario e gli rivela anche il suo voto. Il religioso gli commuta l’impegno preso: anziché attendere l’elemosina degli altri lungo il cammino di ritorno, avrebbe dovuto lui compierla. Dirà più tardi: «Ho sperimentato la verità della parola della Scrittura: val più dare che ricevere”», aggiungendo: «Non consiglierei mai a nessuno di fare il voto di mendicare».
I libri di studio non gli diedero più la nausea, ma a 24 anni era al livello di uno studente di 15. Ottenne la grazia da Dio, ma non dall’ordinamento militare. Infatti i seminaristi vennero dispensati dal servizio nell’esercito perché il cardinale Joseph Fesch (1763 – 1839), che aveva cresimato Vianney e che era in ottimi rapporti con Napoleone, suo nipote, ottenne da lui che tutti gli studenti ecclesiastici, iscritti nelle liste ufficiali della sua diocesi, fossero esentati dall’arruolamento, come coloro che erano già stati ordinati sacerdoti. Ci furono quattro eccezioni e fra questi seminaristi anche Giovanni Maria Vianney. È probabile che don Balley avesse omesso di segnalare all’arcivescovo che il suo chierico continuava a studiare, oppure, come seconda ipotesi plausibile, potrebbe esserci il fatto che i vicari generali avessero dimenticato di farlo iscrivere fra gli studenti dei seminari. Don Balley, allarmato, andò a fare le dovute rimostranze, ma non ci fu nulla da fare: non poteva essere considerato seminarista uno studente tardivo come Vianney, alloggiato in una casa di contadini, che riceveva lezioni in una canonica; inoltre il suo nome non figurava neppure nella lista ufficiale rilasciata dall’autorità diocesana…
Non restava che obbedire. Giovanni Maria entrò come recluta in una caserma di Lione, ma fu presto colto dalla febbre. Venne ricoverato all’ospedale, poi, convalescente, non riuscì a presentarsi in tempo all’ufficio del capitano per la partenza verso la frontiera della Spagna, dove era stato destinato il suo reparto. Entrò così a far parte della lista nera dei disertori e come tale venne ricercato per qualche tempo, fino all’amnistia: Napoleone, vincitore sull’Austria, aveva accordato la grazia in occasione del suo secondo matrimonio con l’arciduchessa Maria Luisa (1791 – 1847). Fu così che Gian Francesco Vianney di 20 anni, con atto notarile e dietro il versamento di 3.000 franchi, parte dell’eredità del fratello Giovanni Maria, prese il suo posto nell’esercito e venne incorporato nel 6° reggimento.
Aveva 26 anni quando don Balley ritenne che era giunto il momento di provare l’inserimento nel Seminario minore di Verrières, presso Montbrison, per il corso di filosofia della durata di una anno, per poi essere ammesso al Seminario maggiore di Sant’Ireneo a Lione. Ma immediatamente prese a circolare la disistima nei suoi confronti. Per questo giovane, che amava il nascondimento e non otteneva risultati soddisfacenti, nessuno provava interesse. Ed ecco la pagella di quel 1812: Lavoro: bene; Scienza: molto debole; condotta: buona; carattere: buono. Con queste valutazioni riuscì, comunque, ad entrare nel Seminario di Lione (1813-1814).
Ma i nodi vennero subito al pettine e nel consiglio docenti si diceva: «Capisce male il latino e lo parla ancora peggio», fino ad arrivare alla decisione: «Sarebbe il caso che il giovane se ne tornasse a casa e utilizzasse il suo tempo in modo più sensato. La vita sacerdotale non fa per lui. Restando qui sprecherebbe il suo e il nostro tempo». Giovanni Maria Vianney, colui che sarebbe stato proclamato da Pio XI, nel 1929, «celeste patrono di tutti i parroci dell'universo» e da Benedetto XVI, nel 2009, «di tutti i sacerdoti del mondo», venne espulso dal Seminario.
Affinché riuscisse a indossare la talare, è stata fondamentale tutta la tenacia dell’abbé Charles Balley: gli ha fatto scuola in canonica, l’ha avviato al seminario, lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi per incapacità e, dopo un altro periodo di difficile preparazione, è riuscito a farlo ordinare sacerdote nella città di Grenoble. 
Spinto da don Balley, Giovanni Maria prosegue, nonostante gli insuccessi e le sconfitte. Ma la posta in gioco è troppo alta. Dirà il 13 agosto 1815: «Oh! Che cosa grande è il sacerdozio! Il sacerdozio non lo si capirà bene che in cielo… Se lo si comprendesse sulla terra, si morrebbe, non di spavento, ma di amore!...».
Ha scritto Benedetto XVI nella «Lettera per l’indizione di un anno sacerdotale in occasione del 150° anniversario del dies natalis del Santo Curato d’Ars» (16 giugno 2009): 
«Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente».


  continua...........



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/07/2016 10:17
 
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Nessuna posizione umana è comparabile a quella del sacerdote: «Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina». Sul sacerdozio non riusciva a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati da Dio a una creatura umana: «Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...». 
Spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti, l’abbé Vianney affermerà: «Tolto il sacramento dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo». Continua Benedetto XVI nella sua Lettera: «Queste affermazioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l’altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità […]. Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi”».
Finalmente il 13 agosto del 1815, a 29 anni e tre mesi, dopo indicibile fatica, poté salire all’altare e compiere il primo sacrificio eucaristico. Da bambino, quando era ancora accanto all’amata madre, egli affermava: «Se fossi prete, vorrei conquistare molte anime», quelle anime lo stavano attendendo.
Tornò a Ecully come vicario dell’abbé Balley, ma quest’ultimo, vecchio prima del tempo, morì nel 1817 dopo essersi confessato con il caro allievo, il figlio prediletto. Ricevette da lui il viatico, l’estrema unzione e gli ordinò di prendere gli strumenti di penitenza, mormorandogli all’orecchio: «Tieni, figliolo, nascondili. Se scoprissero questi arnesi dopo la mia morte, crederebbero che io ho già scontato i miei peccati e mi lascerebbero in Purgatorio fino alla fine del mondo». La disciplina e il cilicio di don Balley vennero ereditati, e quindi utilizzati, dall’abbé Vianney, il quale custodì con devozione gli oggetti appartenuti al suo maestro e padre spirituale, anche un piccolo specchio, «perché aveva riflesso il suo volto».
Ora,  per la diocesi di Lione, si poneva il problema di dove collocarlo. Era vacante una minuscola cappellania (neppure parrocchia) di Ars del dipartimento dell’Ain, a 35 chilometri a nord di Lione. Gli abitanti erano 230. Non valeva la pena “sprecare” un sacerdote per una realtà così piccola e situata in un punto che la diocesi considerava una sorta di Siberia, un luogo dimenticato dal mondo. Tuttavia, c’era quell’ “ignorante” pretino di 32 anni da sistemare. L’onorario previsto era di 500 franchi, concessi annualmente dal Comune. 
Il 9 febbraio 1818 l’ “inutile” ministro di Dio si mise in cammino e, trovato un ragazzo per la via, gli domandò l’indicazione per il villaggio che doveva raggiungere, promettendogli, come evoca, ricordando le parole pronunciate dal santo, il «Monument de la Rencontre» di Ars: «Io ti mostrerò il cammino del cielo». 
Era stato «preavvertito dal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: “Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete”. Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: “[Mio Dio], accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita!”, fu con questa preghiera che iniziò la sua missione. Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney!». Benedetto XVI non propone a modello, dunque, la pastoralità moderna, bensì quella della Tradizione e si potrebbe affermare la stessa considerazione per la liturgia, come ha avuto modo di spiegare molto bene nella sua autobiografia, ma questo è un altro tema. Prosegue il Pontefice: «Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo “Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umile e paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di “abitare” perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: “Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell’aurora e non ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva cercarlo quando si aveva bisogno di lui”, si legge nella prima biografia». In chiesa il tempo scompariva, come lo spazio, lì guardava il buon Dio e «Dio guarda me…».
Quando giunse ad Ars il 13 febbraio 1818 trovò un paese immerso nella solitudine, isolato, quasi inaccessibile, anche a causa della quasi impraticabilità delle strade. Gli abitanti, infatti, non si allontanavano quasi mai da lì, «essendo del resto selvatici per natura». 
Ad Ars Vianney si diede subito da fare, trovando l’appoggio nella contessina Maria Anna Colomba Garnier des Garets (1754-1832) di 64 anni. La Rivoluzione, nonostante fosse nobile, non l’aveva catturata. Il prete venuto da Dardilly non pretendeva di cambiare il mondo, ma quel minuscolo paese, che Dio gli aveva affidato. Si assicurò perciò la cooperazione delle famiglie migliori per perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti, convertire i peccatori. Dinanzi all’opera da intraprendere si sentiva debole e insufficiente, ma abbattendo l’orgoglio spalancò le porte alla forza misteriosa della Grazia, che inondò la sua anima e il paese di Ars, per il quale offrì tutto se stesso, sottoponendosi a durissime penitenze. Per diverso tempo dormì al piano terra con pavimento e muri umidi e senza materasso poiché lo regalò ai poveri. Contrasse nevralgie facciali molto dolorose e di cui soffrì per 15 anni. Gli fu allora detto di salire nella sua camera, ma lui scelse il solaio. Non ebbe mai per il suo «cadavere», come chiamava il proprio corpo, alcuna pietà.
Per cibarsi usava spesso la marmitta, divenuta leggendaria: in essa cuoceva patate per una settimana e le mangiava fredde, a volte ricoperte di muffa. Di tanto in tanto si faceva cuocere un uovo nella cenere calda oppure impastava un pugno di farina con acqua e sale, preparando i cosiddetti «matefaims» del Curato d’Ars. D’altra parte non aveva cessato di cibarsi di erba. Di tutta fretta mangiava quel poco-niente e beveva un bicchiere d’acqua. Proverbiali erano poi i suoi digiuni, di cui faceva uso per scacciare il peccato dalle anime. Affermava: «Questa specie di demoni – dice il Vangelo – non si scaccia che col digiuno e la preghiera» (Mt 17,20). Rivelerà: «… il demonio fa poco conto della disciplina e degli altri strumenti di penitenza. Ciò che lo sbaraglia è la privazione del bere, nel mangiare e nel dormire. Niente il demonio teme di più e quindi nulla è più gradito a Dio! Quando ero solo, e lo sono stato per otto o nove anni, potendo fare un poco a mio piacimento, mi è capitato di non mangiare per diversi giorni… Allora ottenevo da Dio tutto ciò che volevo per me e per gli  altri» e, con commozione, «Ora non è la stessa cosa. Non posso stare a lungo senza magiare; non riesco più a parlare… Ma come ero fortunato, quando ero solo! Comperavo dai poveri i pezzi di pane che erano stati loro offerti; passavo una buona parte della notte in chiesa; non avevo tanta gente da confessare come ora… E il buon Dio mi faceva grazie straordinarie…».
Utilizzò l’istruzione religiosa per debellare l’ignoranza e cristianizzò, evangelizzò, catechizzò, lanciando una vera e propria crociata contro la bestemmia, il lavoro festivo, le osterie e i balli. Le persone andavano a confessarsi sempre più frequentemente da lui e sovente, come accadrà anche al confessionale di Padre Pio da Pietrelcina, l’abbé Vianney non le assolveva se non vedeva il pentimento. 
Tutti gli obiettivi che si era posto al suo ingresso nel villaggio furono raggiunti, riuscendo anche a sopprimere le osterie, dispensatrici di vizi e miseria. Quando, più tardi, forestieri, fedeli o semplicemente curiosi arriveranno in massa ad Ars, san Giovanni Maria Vianney non si opporrà  all’apertura di attività commerciali come gli alberghi. L’ordine, pur con una presenza massiccia di pellegrini, regnerà sovrano. Gli antidoti dell’abbé Vianney al malcostume, al malaffare, allo sciupio della vita erano: messe quotidiane, sacramenti, catechismo, vespri, preghiere, letture devote, rosario, processioni, rogazioni, così si realizzò la restaurazione spirituale ad Ars, che andò di pari passo con quella materiale. 
Aveva per il peccatore tenera compassione, ma ciò non gli impediva di essere senza misericordia verso il peccato, di fronte al quale diventava rigidissimo e tuonava, spiegando che esiste una santa collera che viene dallo zelo «con cui dobbiamo sostenere gli interessi di Dio». La sua santa collera veniva non dal temperamento mite, bensì dal senso del dovere religioso, avendo assunto l’abito sacerdotale ed essendo divenuto, a pieno titolo, Alter Christus. 
La cappellania diventò parrocchia nel 1821 e Vianney inziò l’opera di restauro della chiesa. Inoltre, nel 1824, aprì una scuola e un orfanotrofio per ragazze, chiamato «Providence». Le giovani erano tante, circa 60, e il cibo, un giorno, iniziò a scarseggiare. Vianney pregò e il granaio si riempì: la cosa singolare è che il poco grano vecchio rimasto si distingueva dai chicchi nuovi. Ci fu carestia a causa della siccità e la farina era rarissima, ma il mediatore di Dio, con la preghiera, moltiplicò anche quella.
Tormentato dal desiderio di solitudine e di meditazione, sognava il giorno in cui avrebbe potuto ritirarsi nell’amata casa «Providence» per stabilire un’adorazione perpetua. Ma i disegni erano ben diversi. 
Dopo cinque anni Ars non era più Ars. Come affluenza di persone sembrava divenuta una metropoli. I forestieri rimanevano stupiti e meravigliati quando vi giungevano: il comportamento degli abitanti era esemplare. Ad essi il curato aveva raccomandato di recitare l’Angelus tre volte al giorno, perciò quando i tre colpi di campana si diffondevano nella valle, tutti si fermavano: gli uomini si scoprivano il capo, le donne giungevano le mani e tutti pregavano.
Violente furono le persecuzioni diaboliche ai danni del Curato d’Ars, che sarà nominato esorcista. Il maligno, che lui chiamava «grappino», lo pedinò per circa trentacinque anni, dal 1824 al 1858 e non gli permetteva di riposare. Rovesciava le sedie, scuoteva i mobili e ripeteva: «Vianney, Vianney! Mangiapatate!, Ah! Non sei ancora morto!... Un giorno ti avrò». Grugniti di orso, latrati di cane…Vianney pregava e faceva penitenza, non mangiava e non dormiva e un giorno il «grappino», sconfitto, non tornò più a molestarlo. 
La fama di santità percorse tutta la Francia e anche oltre. Il santo si schernì sempre dall’essere l’autore di prodigi, guarigioni e miracoli, attribuendo tutto all’intercessione di santa Filomena (III-IV secolo), martire dell’antica Roma, di cui la chiesa di Ars conservava una reliquia.
Tuttavia quella fama di santità urtava parecchi ecclesiastici, che non potevano credere in un sacerdote “ignorante”, spesso considerato addirittura pazzo. A tali illazioni monsignor Alexandre Raymond Dévié (1767 – 1855), vescovo di Belley, rispondeva: «Signori, io auguro a tutto il mio clero un granellino di questa follia».
Dall’età di 11 anni desiderava vivere in solitudine, ma non gli fu permesso; rimase 41 anni curato delle anime di Ars, contro la sua volontà, sottomettendosi a quella di Dio. Un giorno disse: «Non è per la fatica che costa… Ciò che spaventa è il conto che si deve rendere a Dio della vita di curato […] non sapete che cosa voglia dire passare da una canonica al tribunale di Dio». Tre volte tentò la fuga da Ars, ma fece sempre ritorno nel luogo dove Dio l’aveva chiamato ad operare.
I suoi sermoni sono un capolavoro di dottrina e di teologia. Siamo di fronte a un predicatore straordinario. Si prepara le prediche meglio che può, poi le studia. Ma quando le espone, parla con tanta convinzione, con tanto ardente amore per Dio che coinvolge e travolge gli uditori. Parecchi testimoni hanno raccontato che, nonostante la sottile voce del santo, l’assenza di microfoni, l’assembramento delle migliaia di persone nella e presso la chiesa, non impedivano alla Grazia di manifestarsi ugualmente e molti si convertirono senza neppure sentirlo.
Un avvocato anticlericale andò ad Ars sperando di ridere a spese di quello strano prete, in realtà tornò a casa convertito: agli amici che gli chiesero che cosa avesse visto ad Ars, egli rispose che aveva incontrato Dio in un uomo. 
Le sue benedizioni, le sue prediche, il suo carisma si estendono ormai per ogni dove; in moltissimi vogliono raggiungere Ars, tanto che tutta l’Europa viene qui rappresentata. 
Nel 1835 don Vianney risente ancora delle penitenze giovanili: nevralgie facciali e mal di denti impressionanti. Fino al 1843, nonostante la mole di lavoro a cui deve attendere, non ha accanto a sé nessun coadiutore, ma dopo questa data monsignor Devie raccomanda i parroci di Rancé e di Savigneux di aiutarlo nelle diverse funzioni del suo ministero.
Proprio in quell’anno Vianney fu in punto di morte a causa di una pleuro-polmonite, d’altra parte già due anni prima, sentendosi sfinito e prossimo alla morte, aveva fatto testamento, nel quale «lasciava alla terra il suo corpo di peccati e consegnava la sua povera anima alle Tre Persone della SS. Trinità».
Fu un martire del confessionale: arrivò a starvi anche 18 ore al giorno. Benedetto XVI, sull’esempio di Vianney, invita a rimettere al centro delle preoccupazioni pastorali la confessione, il sacramento che rigenera e riporta alla vita l’anima fatta per la libertà della Verità e non per la menzogna e la prigionia del peccato, che getta nelle tenebre la persona, serrandola in una gabbia di male. E se l’anima è torturata, tutto l’equilibrio psicofisico è turbato e compromesso. Scrive ancora il Santo Padre nella sua Lettera: «Sconsiglia ai suoi parrocchiani la danza. Eppure le danze del suo tempo sono meno immorali e scandalose di certe danze di oggi: le sue parrocchiane ci vanno coperte e con le gonne lunghe. Chissà che cosa direbbe di certi balli del nostro secolo! Eppure nega l’assoluzione a chi non promette di astenersi da certi balli. Alcuni gli rispondono che andranno in un’altra chiesa dove non avranno difficoltà a farsi assolvere. A questi risponde: “Se altri preti vi vogliono aiutare ad andare all’Inferno, che se ne prendano la responsabilità”».
Era il mese di marzo del 1850 quando uscì un libro del suo amico, il venerabile fratel Gabriele Taborin (1799-1864), fondatore dei Fratelli della Sacra Famiglia, dal titolo: L’Angelo conduttore dei pellegrini di Ars. Quando Taborin gli fece dono del volume, l’abbé Vianney rimase profondamente addolorato, poiché si trattava di un lavoro encomiastico nei suoi confronti. «Ma come avete potuto ingannarmi così?», disse turbato , «Vi credevo incapace di fare un libro cattivo. Non voglio assolutamente che quest’opera sia conservata o divulgata in alcun modo. Bruciatela immediatamente! Vi rimborserò io le spese della stampa». Di fronte all’interdetto Taborin egli aggiunse, pensando sempre di essere un asino che aveva scambiato il suo «raglio per un nitrito»: «Il vostro libro è buono farà senz’altro del bene. Ma bisogna togliere tutti quegli elogi menzogneri che avete messo all’inizio. Come avete potuto farmi simili lodi. A me, che non sono che un povero peccatore, il più ignorante dei preti. A me che forse un giorno sarò sconfessato! Gli altri parroci fanno del bene. Io non faccio che tele di ragno, e se anche essi non lo dicono, comunque lo pensano». Il suo disappunto non venne preso in considerazione e il Vescovo di Belley diede l’autorizzazione alla distribuzione del volume. Il commento del Curato d’Ars fu: «Appena una croce mi lascia, eccone subito un’altra pronta a sostituirla» e non autografò neppure una copia.
L’abbé Vianney  trascorre tutta la sua giornata e la sera in chiesa: all’altare, sul pulpito, in confessionale. Spesso la notte non trova riposo, a causa delle molestie sataniche, che si fanno sentire anche di giorno, come quella mattina del 24 febbraio 1857. Mentre il curato si trovava in sacrestia, alcuni fedeli, che si trovavano nella canonica, videro uscire le fiamme dalla sua stanza. Corsero per andarlo ad avvisare. Egli, che già indossava i paramenti sacri e stava per iniziare a celebrare la Santa Messa, senza scomporsi disse: «Quel villano d’un grappino!... Non ha potuto prendere l’uccello e così brucia la gabbia». Così dicendo trasse di tasca la chiave della porta per dare la possibilità ai parrocchiani di spegnere l’incendio. (Ancora oggi sono visibili le tracce del fuoco su diversi oggetti). Ma grande fu lo stupore quando i soccorritori videro, aprendo la porta, che le fiamme si erano fermate davanti al reliquiario di legno che don Vianney teneva sul cassettone e che conteneva oltre cinquecento reliquie di santi, raccolte nel corso degli anni.
 Fra i tanti doni straordinari di don Vianney c’era quello del discernimento degli spiriti, cioè l’intelligibilità delle anime che gli permetteva di scrutare i cuori e rivelare anche ciò che i penitenti non osavano dire oppure li illuminava sui pericoli della coscienza e sulle tentazioni. Giorno, notte, sempre, senza soste… nulla lo poteva fermare di fronte alla liberazione del peccato. Soffriva di emicranie paurose dentro il confessionale, gelido d’inverno, una fornace d’estate, eppure proseguiva, incurante di sé.
Venivano pagati i poveri per tenere il posto in coda ai più abbienti. Don Vianney non faceva mai distinzioni fra i fedeli, usando lo stesso atteggiamento, come faceva anche san Giuseppe Cafasso (1811-1860), sia per i meno fortunati che per le persone illustri. Una volta un ricco signore si lamentò a gran voce perché era costretto, per confessarsi, a rispettare la fila come gli altri. Con passo deciso si avviò al confessionale, superando tutti gli astanti, e con arroganza disse: «La settimana scorsa, io, sono stato a pranzo con l’imperatore!», allora l’abbé Vianney spuntò fuori e rispose: «E io pranzo tutti giorni con Nostro Signore!». Arguto e pungente, il Curato rispondeva sempre a tono, come quella volta che si rivolse in questi termini ad un pellegrino scettico, il quale gli aveva domandato se vedeva davvero il diavolo: «Sì, e anche adesso!».
Incoraggiava alla comunione frequente, affermando che non tutti coloro che si avvicinano all’altare sono santi, ma i santi sono fra coloro che si comunicano spesso. Un giorno un’indemoniata gli gridò: «Quanto mi fai soffrire… Se sulla terra ci fossero tre persone come te, il mio regno sarebbe distrutto».
Unito costantemente a sorella povertà, amava i paramenti sacri ricchi e preziosi, gli arredi della chiesa belli e nobili. Affermava che «niente è troppo bello per Dio» e agì di conseguenza abbellendo la chiesa, il campanile, il coro, le cappelle Jean-Baptiste nel 1823, Ecce Homo nel 1833, Sainte Philomène nel 1837 Per tutta la vita accoglierà con riconoscenza donazioni e favori di benefattori aristocratici e potenti, sempre destinati ad abbellire la chiesa o la «Providence».
Incontrandolo ci si convertiva o si consolidava la fede che si aveva, cercando di perfezionarsi, ma gli stessi preti rimanevano scossi e rileggevano la propria vocazione alla luce della vita, della pastorale, delle parole del Curato d’Ars. Spiegava il patrono dei parroci: «La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!» e prese l’abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacrificio della propria vita: «Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine!». Il cuore, il centro della vita del prete è l’Eucaristia, ma tale deve essere anche per il laico, come afferma nel sermone pensato per la sesta domenica dopo Pentecoste: «Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore! ... Ah, felice la casa nella quale abitano tali cristiani!... quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!. . .».
Nel 1836 si organizzò un servizio di vetture fra Ars e Trévoux, tre volte alla settimana e divenne quotidiano fra Ars e Lione nel 1840. Due carrozze omnibus furono poi ulteriormente approntate, per due volte al giorno, con la linea Parigi-Lione. Il numero dei pellegrini giunse ad ottantamila all’anno, contando solo coloro che si servivano di mezzi pubblici. 
Con decreto dell’11 agosto 1855 Napoleone III promosse l’abbé Vianney nell’ordine imperiale della Legion d’Onore, con il grado di cavaliere, titolo che assume un’inevitabile vena umoristica sulle spalle spigolose e fragili del curato, il quale, quando era diventato canonique, aveva immediatamente venduto, a vantaggio dei poveri, la mozzetta che gli avevano consegnato. Un giorno si sentì dire: «Signor Curato, tutte le potenze della terra vi offrono decorazioni. Quindi Dio non mancherà di decorarvi in Cielo» e lui, seriamente: «È questo che mi fa paura! Guai se alla morte mi presentassi con queste bagatelle, e dovessi sentire Dio che mi dice: “Vattene! Hai già ricevuto la tua ricompensa”». Allora, quando seppe che la croce di cavaliere non aveva alcun valore commerciale, altrimenti l’avrebbe venduta per i suoi poveri, la restituì al mittente.
Morì, sfinito, ma senza agonia, il 4 agosto 1859 alle 2 della notte. Il campanile di Ars emise i rintocchi funebri e venne imitato dai paesi di Savigneux, Misérieux, Toussieux, Jassans-Riottier. Dopo le esequie, il suo corpo, per consentire l’ultimo saluto dei  fedeli, rimase esposto in chiesa dieci giorni e dieci notti.  Papa san Pio X lo ha proclamato beato l'8 gennaio 1905; mentre il 31 maggio 1925 è stato canonizzato da Pio XI. Nel centenario della morte, il 1° agosto 1959, il beato Giovanni XXIII gli ha dedicato un’enciclica, Sacerdotii Nostri Primordia, additandolo a modello dei sacerdoti.
Nel 1986, papa Giovanni Paolo II, nel bicentenario della nascita del santo, andò in pellegrinaggio ad Ars, dedicandogli la tradizionale lettera che indirizzava ogni giovedì Santo a tutti i sacerdoti. Lascia scritto il Papa: «Sulla strada del rientro dal Belgio a Roma,  ebbi la fortuna di sostare ad Ars. Era la fine di ottobre del 1947, la domenica di Cristo Re. Con grande commozione visitai la vecchia chiesetta dove San Giovanni Maria Vianney confessava, insegnava il catechismo e teneva le sue omelie. Fu per me un'esperienza indimenticabile. Fin dagli anni del seminario ero rimasto colpito dalla figura del parroco di Ars, soprattutto alla lettura della biografia scritta da Mons. Trochu. San Giovanni M. Vianney sorprende soprattutto perché in lui si rileva la potenza della grazia che agisce nella povertà dei mezzi umani. Mi toccava nel profondo, in particolare, il suo eroico servizio confessionale. Quell' umile sacerdote che confessava più di dieci ore al giorno, nutrendosi poco e dedicando al riposo appena alcune ore, era riuscito, in un difficile periodo storico, a suscitare una sorta di rivoluzione spirituale in Francia e non soltanto in Francia. Migliaia di persone passavano per Ars e si inginocchiavano al suo confessionale. Sullo sfondo della laicizzazione e dell'anticlericalismo del XIX secolo, la sua testimonianza costituisce un evento davvero rivoluzionario.
Dall'incontro con la sua figura trassi la convinzione che il sacerdote realizza una parte essenziale della sua missione attraverso il confessionale, attraverso quel volontario "farsi prigioniero del confessionale"».
Il Cuore incorrotto dell’abbé Vianney è custodito in un reliquiario donato, in occasione del centenario della beatificazione, dalla parrocchia di San Giovanni Maria Vianney (località Borghesiana) di Roma al Santuario di Ars. L'opera, in bronzo argentato, è stata fusa nella fonderia dei laboratori della Domus Dei di Albano su progetto dell'artista Alessia Bernabei di Roma. Il reliquiario è stato ideato prendendo spunto da una frase tratta dalle omelie del Curato: «Il cuore dei santi é saldo come una roccia tra i flutti del mare», e rielabora il  portale della Cappella del Cuore di Ars, trasformandolo in un tempietto, edificato sopra una roccia, che si erge tra le onde del mare.


Autore: 
Cristina Siccardi


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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] 4 agosto Memoria di San Giovanni Maria Vianney

Cari Amici, siamo nell'Anno del giubileo straordinario della Misericordia e il santo Padre Francesco continua ad invitarci a far uso di questa Misericordia. In questo video vi offriamo la bellissima Lettera che Benedetto XVI scrisse nell'indire l'Anno Sacerdotale portando, quale esempio e testimonianza, il Santo Curato d'Ars. Egli era ansioso di spingere le anime verso la misericordia di Dio, piangeva per la loro salvezza e non lasciava nulla di intentato per riportarle in pace con Dio.
La Lettera era per i Sacerdoti, per riscoprire il valore della Misericordia, ma non farà male, anche a noi laici, rileggerla per capire anche quali sono i nostri compiti, le nostre responsabilità.
Buona meditazione

gloria.tv/video/sMsP61tE5qHi3yGoGRKZdBo9t

Movimento Domenicano del Rosario
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25/05/2021 08:11
 
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Parole del Santo Curato d'Ars su...
Alcuni estratti dalle parole del Santo Curato…

Con le sue parole, Giovanni Maria Vianney ha saputo toccare i cuori e guidarli verso Dio

Misericordia e sacramento del perdono

Se comprendessimo bene ciò che significa essere un figlio di Dio, non potremmo fare il male (…) essere figlio di Dio, oh, la bella dignità!

La misericordia di Dio è come un torrente tracimato. Trascina i cuori al suo passaggio.

Non è il peccatore che ritorna a Dio per chiedergli perdono, è Dio che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui.

Diamo dunque questa gioia a questo Padre buono: ritorniamo a Lui … e saremo felici.

Il buon Dio è sempre disposto a riceverci. La sua pazienza ci aspetta!

Ci sono coloro che rivolgono all’Eterno Padre un cuore duro. Oh, come si sbagliano! L’Eterno Padre, per disarmare la sua giustizia, ha dato a suo Figlio un cuore eccessivamente buono: non si dà ciò che si non ha…

Ci sono coloro che dicono: "Ho fatto troppo male, il Buon Dio non può perdonarmi". Si tratta di una grossa bestemmia. Equivale a mettere un limite alla misericordia di Dio, che non ne ha: è infinita.

I nostri errori sono granelli di sabbia accanto alla grande montagna della misericordia di Dio.

Quando il sacerdote dà l'assoluzione, bisogna pensare solamente a una cosa: che il sangue del buon Dio si riversa sulla nostra anima per lavarla, purificarla e renderla bella quanto lo era dopo il battesimo.

Il buon Dio, al momento dell'assoluzione, si getta i nostri peccati dietro le spalle, vale a dire li dimentica, li cancella: non riappariranno mai più.

Non si parlerà più dei peccati perdonati. Sono stati cancellati, non esistono più!


L’Eucaristia e la comunione

Tutte le buone opere messe insieme non equivalgono al sacrificio della Messa, perché sono opere degli uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio.

Non c'è niente di tanto grande quanto l'Eucaristia.

Oh! figli miei, che cosa fa Nostro Signore nel Sacramento del suo amore? Ha preso il suo cuore buono per amarci, ed estrae da questo cuore una traspirazione di tenerezza e di misericordia per annegare i peccati del mondo.

Eccolo là colui che ci ama tanto! Perché non amarlo?

Il nutrimento dell'anima è il corpo e il sangue di un Dio. Se ci si pensa, c’è da perdersi per l'eternità in questo abisso d’amore!

Venite alla comunione, venite da Gesù, venite a vivere di Lui, per vivere per Lui.

Il buon Dio, volendo darsi a noi, nel sacramento del suo amore, ci ha dato un desiderio profondo e grande che Egli solo può soddisfare.

La comunione produce nell'anima come un colpo di soffietto su un fuoco che comincia a spegnersi, ma dove ci sono ancora molte braci!

Quando abbiamo comunicato, se qualcuno ci dicesse: "Che cosa vi portate a casa?", potremmo rispondere: "Porto il cielo".

Non dite che non ne siete degni. È vero: non ne siete degni, ma ne avete bisogno.

La preghiera

La preghiera non è null’altro che unione con Dio.

La preghiera è una dolce amicizia, una familiarità sorprendente (…) è un dolce colloquio di un bambino con suo Padre.

Più si prega, più si vuole pregare.

Avete un cuore piccolo, ma la preghiera lo allarga e lo rende capace di amare Dio.

Non sono le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che vengono dal fondo del cuore, con un grande rispetto e un vero desiderio di piacere a Dio.

Quanto un piccolo quarto d’ora che rubiamo alle nostre occupazioni, ad alcune cose inutili, per pregare, gli dà piacere!

La preghiera privata somiglia alla paglia sparsa qui e là in un campo. Se si appicca il fuoco, la fiamma ha poco ardore, ma se si raggruppa quella paglia sparsa, la fiamma si fa abbondante e si  alza in alto verso il cielo: così è della preghiera pubblica.

L'uomo è un povero che ha bisogno di chiedere tutto a Dio.

L'uomo ha una bella funzione, quella di pregare e di amare… Ecco la felicità dell'uomo sulla terra.

Andiamo, anima mia, vai a conversare col buon Dio, a lavorare con Lui, a camminare con Lui, a combattere e soffrire con Lui. Lavorerai, ma Egli benedirà il tuo lavoro; camminerai, ma Egli benedirà i tuoi passi; soffrirai, ma Egli benedirà le tue lacrime. Quanto è grande, quanto è nobile, quanto è consolante fare tutto in compagnia e sotto gli occhi del buon Dio, e pensare che Egli vede tutto, conta tutto!…

Il sacerdote

L'ordine: è un sacramento che non sembra riguardare nessuno tra voi ed è un sacramento che riguarda tutti.

È il sacerdote che continua l’opera della Redenzione sulla terra.

Quando vedete il sacerdote, pensate a Nostro Signore Gesù Cristo.

Il sacerdote non è sacerdote per se stesso, lo è per voi.

Andate a confessarvi con la Santa Vergine o con un angelo. Vi assolveranno? Vi daranno il corpo e il sangue di Nostro Signore? No, la Santa Vergine non può far discendere il suo divin Figlio nell'ostia. Anche se aveste duecento angeli là per voi, non potrebbero assolvervi. Un sacerdote, per quanto semplice sia, può farlo. Può dirvi: andate in pace, vi perdono.

Oh! il sacerdote è davvero qualche cosa di grande!

Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa concedere a una parrocchia, ed uno dei doni più preziosi della misericordia divina.

Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù.

Lasciate una parrocchia per vent'anni senza sacerdote: vi si adoreranno le bestie.

La Vergine Maria

La Santa Vergine è questa bella creatura che non è mai dispiaciuta al buon Dio.

Il Padre ama guardare il cuore della Santissima Vergine Maria come il capolavoro delle sue mani.

Gesù Cristo, dopo averci dato tutto ciò che poteva darci, vuole ancora farci eredi di ciò che ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre.

La Santa Vergine ci ha generati due volte, nell'incarnazione e ai piedi della Croce: è due volte nostra Madre, dunque.

Non si entra in una casa senza parlare al portiere! Ebbene, la Santa Vergine è la portiera del Cielo!

L'Ave Maria è una preghiera che non stanca mai.

Tutto ciò che il Figlio chiede al Padre gli è concesso. Anche tutto ciò che la Madre chiede al Figlio le è accordato.

Il mezzo più sicuro per conoscere la volontà di Dio, è pregare la nostra buona Madre.

Quando le nostre mani hanno toccato degli aromi, profumano tutto ciò che toccano. Facciamo passare le nostre preghiere dalle mani della Santa Vergine, le profumerà.

Penso che, alla fine del mondo, la Santa Vergine sarà molto tranquilla, ma finché il mondo dura, la si tira da ogni lato …


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