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ECU...MANIA: in che senso san Paolo potrebbe essere stato ecumenico?

Ultimo Aggiornamento: 09/11/2013 09:23
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L'Anno Paolino è giunto al termine....
c'è chi ne trae le somme, c'è chi ne parla bene, c'è chi ne parla meno bene, c'è chi, legittimamente, pone domande rimaste senza risposta e c'è chi, giustamente, si chiede in quale modo san Paolo fosse un "ecumenico" e che senso ha oggi questo termine....

Per fare queste brevi riflessioni mi sono, volutamente, lasciata aiutare da un significativo aricolo uscito nel giornalino della FSSPX (Fraternità Sacerdotale San Pio X - e per piacere, non chiamateli lefebvriani in senso dispregiativo!), il n. è  "La Tradizione Cattolica" Anno XX -n.2 (70) - 2009 (si può richiederlo alla Sede centrale CLICCANDO QUI), a pag.9, a firma di don Chad Kinney e che personalmente ho molto apprezzato e molto mi ha fatto riflettere....

Per affrontare l'argomento vorrei che tenessimo come traccia fondamentale di comprensione di unità quanto disse  Benedetto XVI, appena eletto Pontefice, a Colonia (agosto 2005) nell'incontro con i Protestanti:

Non può esserci un dialogo a prezzo della verità; il dialogo deve svolgersi nella carità e verità”.

Naturalmente la FSSPX critica l'idea Ecumenica che anima Benedetto XVI, e naturalmente vuole chiarire la posizione del Concilio Vaticano II sulla forma di Ecumenismo adottato.... noi riteniamo che forse la FSSPX dovrebbe comprendere invece che Benedetto XVI ha una idea sana del vero ecumenismo e  occorre che anche loro facciano uno sforzo per comprenderlo, così come i cattolici "modernisti-progressisti" comprendano che la loro idea di ecumenismo è falsa e fuorviante....e che la responsabilità non sta nel Concilio, ma nella interpretazione che fu data come denuncia a più riprese lo stesso Pontefice...

Dunque, don Kinney, in questo articolo dedicato alla chiusura dell'Anno Paolino, solleva alcune problematiche che condivido e che in parte mi fanno riflettere...

Pochi sanno che Benedetto XVI aveva annunciato (per l'Anno Paolino) l'allestimento di una cappella ecumenica DENTRO LA BASILICA... tale iniziativa fu contestata però non solo da molti cattolici ma anche dai Protestanti stessi! Pochi sanno che furono proprio i Protestanti  a volere invece insistere che per pregare bastava la Basilica stessa, senza cappelle separate...
I lavori per la cappella ecumenica furono così sospesi....ma la situazione non è stata risolta!


Ma cosa è questa ECU-MANIA a tutti i costi e a discapito della Verità?

Don Kinney riporta:

" Questo errore di affermare (o anche di dare l'impressione) che tutti i battezzati siano nella stessa Chiesa di Cristo, era ben noto al grande Papa Pio IX.
Infatti alla sua epoca, circolava, soprattutto in Inghilterra, la teoria dei rami ("Branch Theory").
Secondo questa teoria, la Chiesa di Cristo considererebbe in un ceppo comune con tre (almeno) rami - cioè la Chiesa romana con il Papa, l'ortodossia in Oriente, e l'anglicasimo in Inghilterra, indipendentemente dalla loro fede o obbedienza.

Ecco quanto diceva Pio IX circa una fondazione di Londra avente per scopo questo progetto:
<< Fondata infatti e diretta dai protestanti, essa si ispira a questo concetto espressamente affermato, che le tre comunioni cristiane: ossia la cattolico-romana, la greco-scismatica, e l'anglicana, ancorchè tra di loro separate e divise, hanno tutte uguale diritto di chiamarsi cattoliche.
La Società è perciò aperta a tutte le persone di ogni luogo, siano esse cattoliche, siano greco-scismatiche o anglicane, a questa condizione però che non sia lecito a nessuno discutere sui diversi punti dottrinali in cui dissentono, e che ognuno possa liberamente conformarsi con tutta tranquillità di spirito alle opinioni della propria confessione religiosa....
Questa novità - continua Papa Pio IX - è tanto più pericolosa, in quanto essa si presenta sotto le apparenze della pietà e della viva sollecitudine per l'unione della Società cristiana.
Il fondamento sul quale (il movimento) si appoggia è tale da sconvolgere, da cima a fondo, la Costituzione divina della Chiesa.
Esso infatti - prosegue il Papa Pio IX - si basa sulla supposizione che la vera Chiesa di Gesù Cristo sia formata in parte dalla Chiesa Romana stabilita e diffusa nel mondo intero, in parte dallo scisma di Fozio, e in parte dall'eresia anglicana: queste parti avrebbero in comune con la Chiesa Romana "un solo Signore, una sola fede ed un unico battesimo".
Per far sparire le divergenze - dice ancora Papa Pio IX - che separano queste tre comunioni cristiane con grande scandalo e con danno della verità e della carità, detta Società ordina delle preghiere e dei sacrifici (rituali) per ottenere da Dio la grazia dell'unione.
Certamente - sottolinea Papa Pio IX - ad un cattolico nulla deve stare più a cuore che vedere sparire completamente scismi e dissensi tra i cristiani, e vedere i cristiani tutti preoccupati di conservare l'unità di spirito nel vincolo della pace.
Per questo la Chiesa prega e invita i fedeli a pregare Iddio ottimo e massimo, perchè tutti quelli che hanno lasciato la Chiesa si convertano alla vera fede e, rinnegati i loro errori, rientrino in grazia con la santa Chiesa Romana, fuori della quale non vi è salvezza >>.


Fino a qui le parole di Pio IX riportate da don Kinney, dunque le parole sono del Pontefice, come dare torto a quella preoccupazione e a quella sollecitazione a non cadere nella trappola di una ECU-MANIA-CALE...quando possiamo constatare, oggi, che tali preoccupazioni sono diventate una triste realtà?

Non dimentichiamo che Papa Pio IX è stato riconosciuto Beato da Giovanni Paolo II e da lui inscritto nell'Albo dei Beati della Chiesa nell'Anno del Giubileo del 2000!

Nella sua Lettera ai Vescovi, proprio per chiarire la questione della Tradizione nella Chiesa associata alla discussione alla FSSPX, il Pontefice Benedetto XVI ha detto:

"Ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del
Concilio deve essere richiamato alla memoria che il Vaticano II
porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa.
Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare
la fede professata nel  corso dei secoli e non può tagliare le
radici di cui l’albero vive
".





Come ha insegnato, dunque, il supporto ecumenico della Chiesa in tutti questi secoli proprio in funzione di una vera e futura comunione?
Il Beato Pio IX l'ha detto:

Per questo la Chiesa prega e invita i fedeli a pregare Iddio ottimo e massimo, perchè tutti quelli che hanno lasciato la Chiesa si convertano alla vera fede e, rinnegati i loro errori, rientrino in grazia con la santa Chiesa Romana, fuori della quale non vi è salvezza...

Una cosa è l'Ecumenismo, altra cosa è l'Ecu-MANIA attraverso la quale non solo non si prega più la conversione dell'altro, ma si usa l'ecumenismo per affermarsi e consolidarsi negli errori che diedero origine alla divisione nella Chiesa...
Non si propaga così la FEDE della Verità, bensì l'errore sostenuto per altro (involontariamente? in buona fede?), da molti prelati e Principi della Chiesa...

Don Kinney nell'articolo segnalato, porta anche un altra riflessione che condivido....scrive:

" La dichiarazione del Papa (all'apertura dell'Anno Paolino), ci spinge, senz'altro, a riscoprire questo grande apostolo, la cui storia ci è raccontata in modo particolare negli Atti degli Apostoli e nei suoi scritti (non dimentichiamoci che più della metà del N.T. è stato scritto da lui!).
Premesso questo, ci si può legittimamente chiedere il motivo profondo di questo patrocinio di san Paolo tra le molteplici altre opzioni d'anniversario che il Papa avrebbe potuto scegliere all'inizio di questo nuovo millenario..."

Don Kinney attribuisce la risposta esclusivamente dalle parole del Pontefice all'Omelia di apertura dell'Anno paolino, rinchiudendolo nella motivazione ECUMENICA....il Papa per la verità ha motivato tale iniziativa anche per i cattolici e per tutti gli uomini del nostro tempo che dimostrano di NON conoscere affatto cosa ha scritto san Paolo...tuttavia la motivazione scaturita dalla riflessione di don Kenney la condivido....egli scrive e domanda:

"Lo scopo del cosidetto ecumenismo è cercare l'unità.
Tuttavia, il principio dell'unità nella Chiesa è il capo, il Vicario di Cristo, successore di san Pietro. Allora, perchè non aver fatto un "ANNO PIETRINO", o almeno un "Anno Pietro-Paolino"?
In realtà - prosegue don Kinney - san Pietro dà fastidio al programma dell'ecumenismo.
E' precisamente lui, nella persona del suo successore attuale, che gli scismatici rifiutano.
Allora gli ecumenisti devono cercare un'altra figura di riferimento per creare l'unità con coloro che rifiutano il primato del Vescovo di Roma.
In realtà l'ecumenismo non si sposa con la spiritualità Paolina, perchè non è cattolico.
(..)
San Paolo è molto chiaro nei suoi scritti rispetto all'atteggiamento che devono avere i fedeli nei confronti di chi ha lasciato la Chiesa.
Non parla di "fratelli separati" ma usa il termine più chiaro di "falsi fratelli" (Galati 2,4).
(..)
Nella Liturgia romana, san Pietro e san Paolo non vanno mai separati. Ogni qualvolta si celebra l'uno, si fa necessariamente commemorazione dell'altro.
 (...)
...analizzando le Scritture, possiamo dire che questi due giganti della fede si equilibrano, o meglio, si completano..."

Don Kinney analizza quando san Paolo rimprovera Pietro per la sua debolezza in Galati 2,11-17 guarda caso il brano sembra proprio sottolineare un aspetto ecumenico del suo tempo...
secondo Paolo Pietro è..."troppo ecumenico" e Paolo lo ferma a riflettere...
l'altro episodio che don Kinney porta a riflessione è il monito di Pietro questa volta, a quanti leggono le Scritture:
2Pietro 3,15

15 La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; 16 così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina.
17 Voi dunque, carissimi, essendo stati preavvisati, state in guardia per non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall'errore degli empi; 18 ma crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell'eternità. Amen!

don Kinney si chiede se il Successore di Pietro ribadirà questo monito agli "ignoranti e poco stabili" che leggeranno san Paolo....

Concludo questa prima parte di riflessioni, usando le stesse parole del Beato Pio IX usate da don Kinney nell'articolo:

" La vera soluzione
...leggiamo le parole piene di fede cattolica e carità cristiana del Papa Pio IX rivolte a tutti i Protestanti in occasione della convocazione del Concilio Vaticano I:
<< Ora poi, chi accuratamente consideri e rifletta sulla condizione in cui si trovano le diverse e fra loro discordanti società religiose separate dalla chiesa cattolica (...) dovrebbe persuadersi molto facilmente che nessuna in particolare fra le medesime società, e neppure tutte insieme congiunte, in nessun modo costituiscono e sono quell'una e cattolica Chiesa che Cristo Signore ha edificato, costituito e voluto che fosse, e che neppure possono essere dette in nessun modo un membro o una parte della stessa chiesa, dal momento che sono visibilmente separate dalla cattolica unità.
Perciò tutti quelli che conservano l'unità e la verità della chiesa cattolica, accolgano l'occasione di questo concilio, con il quale la Chiesa cattolica, della quale i loro Antenati facevano parte, mostra un nuovo argomento dell'interiore unità e della sua invincibile forza vitale e, corrispondendo ai bisogni del loro cuore, cerchino di strapparsi da quello stato nel quale  non possono essere sicuri della loro propria salvezza >>.

Se Benedetto XVI nella Lettera ai Vescovi ha scritto:

"Ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del
Concilio deve essere richiamato alla memoria che il Vaticano II
porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa.
Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare
la fede professata nel  corso dei secoli e non può tagliare le
radici di cui l’albero vive
".


appare evidente che le parole sopra riportate del Beato Pio IX, pronunciate all'apertura del Concilio Vaticano I non hanno perduto nulla della loro autenticità ed autorità...e che l'Ecumenismo lanciato dal Concilio Vaticano II deve essere letto in questa chiave o non essere affatto sostenuto se non vogliamo farne una....ECU-MANIA atta a distruggere le fondamenta della Chiesa stessa...

E con don Kinney ci chiediamo:
se molti vescovi e laici della Chiesa Cattolica ritengono illegittima la FSSPX, la ostacolano in tutti i modi, la avversano, insegnano contro di lei ogni ostilità...gli si vieta di celebrare la Divina Liturgia....gli si impone loro di obbedire senza quasi porsi domande, l'autorità dei Vescovi, come mai, invece, si pronunciano assidui incoraggiamenti verso i pastori Protestanti, li si invitano calorosamente, si prestano loro addirittura gli Altari, le chiese, si impone ai fedeli l'obbligo di pregare INSIEME senza pretendere da essi, dai Protestanti, alcuna forma di obbedienza o peggio, nessuna conversione alla Chiesa?

E' ovvio che la FSSPX non è valutata alla stessa stregua delle comunità Protestanti.... la richiesta d'obbedienza la si rivolge infatti a chi è cattolico, non a chi NON lo è
la loro situazione e posizione è unica nella Chiesa, è molto particolare come particolare è la situazione che stiamo vivendo...ciò non toglie che spesso si usa l'arma dell'ecumenismo per offuscare la Verità, per giungere a compromessi, spesso obbligando i fedeli ad accettare forme di convivenza che san Paolo letteralmente condanna verso chi NON accettava il monito degli Apostoli legittimi, verso chi rifiutava la Tradizione, finendo per penalizzare invece, una piena comunione verso coloro che, veramente cattolici, finivano per formare nuove comunità ma in obbedienza alla Tradizione della Chiesa e degli Apostoli...

Buona meditazione....


[Modificato da Caterina63 27/06/2009 17:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Un amico dall' oriensforum, così mi replica:

noi riteniamo che forse la FSSPX dovrebbe comprendere invece che Benedetto XVI ha una idea sana del vero ecumenismo


non voglio entrare nel discorso puntuale, perchè tanto, mi duole dirlo Caterina, ma con te è inutile.
Ma questa frase è semplicemente falsa storicamente nel nostro contesto socio-culturale.
Oggigiorno, Giugno 2009, ciò che veramente dà un' idea della Chiesa al mondo e al popolo, non è nessun documento.
Sono i gesti e gli atti pubblici, le omelie e tutto ciò che i moderni mezzi di comunicazione sono in grado oggi di trasmettere. Oggi, e mai come oggi, è questo soprattutto che RIMANE ai piccoli di un Papa e di una chiesa.

Questa che voglio farti è una critica al tuo modo di argomentare, basato ESCLUSIVAMENTE sui documenti. I documenti li leggono 20 persone, i telegiornali li vedono in milioni.

Questa è una situazione extra-ordinaria nella storia della Chiesa, dovuta ai mezzi tecnologici odierni.
Quindi tutti i papi moderni dovrebbero prenderne atto e badare molto più che prima agli atti pubblici personali, che trasmettono al pubblico un messaggio molto più di qualsiasi enciclica.
 Occhiolino
Io non conosco il foro interno nè le intenzioni di nessun papa, nè di nessuna persona.
Mi limito a dire quello che vedo. Per esempio, che Woytila lo abbia voluto o non lo abbia voluto(in realtà questo conta davvero molto poco per noi), dà alcuni suoi atti pubblici è passato un certo tipo di messaggio.


*********************************************

La mia risposta   


 Occhiolino mio caro amico....anche "voi" vi basate esclusivamente sui Documenti per criticare continuamente gli odierni Pontificati e confrontandoli, opponendoli, ai Documenti del passato... Ghigno

Accetto ogni critica perchè come ho scritto: io non comprendo in quale modo il Signore stia oggi mandando avanti la SUA Chiesa, ma so che il Papa è legittimo  Occhiolino sia dunque che Cristo TOLLERI il SUO Vicario, posto da Lui alla guida della SUA Chiesa...sia che lo DEPLORI, resta palese che lo sforzo che siamo chiamati a fare è quello di ritornare proprio AI DOCUMENTI e su questi correggere il mare di errori che ha infettato la Chiesa...non è infatti questo che chiede la stessa FSSPX?  Occhiolino

Nell'intervista  postata nel thread dedicato alla FSSPX è interessante constatare che mons. Franz Schmidberger,  dopo essere stato il superiore generale della Fraternita' San Pio X e' ora responsabile per la Germania... ha dichiarato che  " le affermazioni del Concilio non possono essere criticate nella loro essenza  "   sulla stessa linea appare lo stesso mons. Fellay nel libro intervista che consiglio di leggere con meditazione riguardo appunto la questione ecumenica la quale non viene affatto negata dalla FSSPX, ma bensì si chiede, a ragione, CHIARIMENTI su gesti e iniziative di grave dubbio...

Ripeto, amico mio, sono convinta che la malattia dell'ECU-MANIA abbia colpito tutti, anche il Pontefice... Occhiolino io questo non lo sto negando, ma non tutto ciò che il Papa fa in tema di RAPPORTI DIALOGATIVI con i non cattolici è da rigettare...

Il Papa NON è chiamato a fare quello che vogliamo noi o quello che NOI riteniamo giusto sulla scorta dei Documenti o sulla VISIONE CHE ABBIAMO NOI DELLA CHIESA... mi piace infatti la definizione che la stessa FSSPX si è data circa la loro posizione, essi si vedono come una sorta di TERMOMETRO, essi sono quella linea di demarcazione che fa notare di come e quanto la Chiesa nelle sue MEMBRA sia oggi malata.... Occhiolino
concordo con te infatti quando dici:

Questa è una situazione extra-ordinaria nella storia della Chiesa

mi pare che Benedetto XVI abbia preso atto di questo e ci stia lavorando su anche se forse non come piacerebbe a noi, anche se molto lentamente, anche se in modo insufficiente, ma non sta fermo, non ha rinunciato, non sta proseguendo come gli altri Pontificati.... sta dando una svolta diversa, pubblicamente, di questo ecumenismo o ecu-mania che già nel 1986 lo vide RINUNCIARE a presenziare pubblicamente, all'orrenda iniziativa sincretista di Assisi...

Ho una immagine su di un libro di Pio XII che riceve una delegazione indiana....non erano cattolici, il Papa li riceve e intrattiene con loro minuti di dialogo e di cordialità nei quali non credo proprio abbia chiesto loro di convertirsi a Cristo....
ciò che voglio sottolineare è che un conto è il dialogo attraverso il quale CONOSCERSI, RISPETTARSI, APPREZZARSI NELLE DIFFERENZE CHE SIAMO E CHE VIVIAMO, ALTRA COSA E' L'ECU-MANIA NELLA QUALE TALE DIALOGO VIENE IMPOSTO RAGGIUNGENDO DEI COMPROMESSI A DISCAPITO DELLA VERITA'....

La linea di questa demarcazione è stata offuscata con il precedente Pontificato, Benedetto XVI sta mettendo dei ripari, lo riconosce anche mons. Fellay....

Fraternamente CaterinaLD


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Cara Caterina, queste atrocità è lo stesso Benedetto XVI a continuare a farle... Pianto (ovviamente in modo minore al suo predecessore, ma anche lui continua su quella strada....)....finora hanno convertito qualcuno? Non mi risulta, anzi....
Mi diceva un Professore che prima del concilio le conversioni al cattolicesimo erano ingenti! Oggi quasi nulle...ci sarà un motivo
... Occhi al cielo

*****************************************************


 Ghigno Caro fufi, bè...per questo ho sposato il titolo di don Kinney: ECU-MANIA.... condividendone le perplessità prima fra tutte: perchè si è fatto un Anno Paolino e non Pietrino insieme?
Benedetto XVI continua in modo minore, si, e su questo "POCO" io spero  Occhiolino

il problema, appunto, sta in quella falsa ermeneutica da lui stesso denunciata, ecco perchè ritengo che i futuri colloqui con la FSSPX saranno utilissimi... ma dobbiamo appunto distinguere da una ECU-MANIA=MANIACALE tipica del catto-protestantesimo delle contestazioni nate con le applicazioni riformiste del Concilio..e sempre comunque sia combattute dall'attuale Pontefice, almeno a parole....dal dialogo Ecumenico vero e proprio e   DA RIPORTARE SU QUELLA LUNGHEZZA D'ONDA GIA' SPERIMENTATA DALLA CHIESA... Occhiolino

Ciò che registro da 40 anni a questa parte è un predicar "bene" ma un razzolar malissimo confondendo i fedeli proprio da certe testimonianze ambigue...

Nella Lettera che il card. Biffi ha scritto al nuovo Pontefice, durante il Conclave e dunque quando ancora Ratzinger non era stato eletto, egli scrive al nuovo futuro Papa questo monito:

"2. Vorrei dire al futuro papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i 'piccoli'.

"3. Qualche giorno fa ho ascoltato alla televisione una suora anziana e devota che così rispondeva all’intervistatore: 'Questo papa, che è morto, è stato grande soprattutto perché ci ha insegnato che tutte le religioni sono uguali'. Non so se Giovanni Paolo II avrebbe molto gradito un elogio come questo.

"4. Infine vorrei segnalare al nuovo papa la vicenda incredibile della 'Dominus Iesus': un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli – a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni non è stata mai posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma protestante. L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna. Eppure questo documento, che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia.

"5. Mi è stato raccontato di un buon cattolico che ha proposto al suo parroco di fare una presentazione della 'Dominus Iesus' alla comunità parrocchiale. Il parroco (un sacerdote per altro eccellente e ben intenzionato) gli ha risposto: 'Lascia perdere. Quello è un documento che divide'. 'Un documento che divide'. Bella scoperta! Gesù stesso ha detto: 'Io sono venuto a portare la divisione' (Luca 12,51). Ma troppe parole di Gesù oggi risultano censurate dalla cristianità; almeno dalla cristianità nella sua parte più loquace".

__________


Occorre anche dire, amico fufi....che almeno per quanto vedo io, l'agire dei vescovi in questi 8 anni è completamente cambiato... Occhiolino
dal 2000 in cui i vescovi chiedevano nientemeno che le dimissioni di un Pontefice, che agivano come fossero senza un Pastore.... che contestavano i Documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede (guarda caso a firma Ratzinger), ritrovandosi oggi lo stesso quale Pontefice forse chissà, hanno cominciato a capire davvero a capire i danni che sono stati fatti....purtroppo credo che non tutto cambierà nè si può pretendere di tornare indietro, ma il fatto di cominciare a prenderne coscienza, e questo è stato grazie al MP del Papa... il fatto che i nodi cominciano a venire al pettine, deve essere letto e visto in modo positivo... e pregare e agire affinchè dopo lo spidocchiamento, arrivi anche il balsamo.... Ghigno


************************************************************************


Certo la soluzione non è nè il pessimismo cosmico ma neppure l' ottimismo prolisso ed instancabile di Caterina.


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 Felice bè non è mica solo il mio....la Chiesa va avanti da Duemila anni per OTTIMISMO... Ghigno
indubbiamente tale ottimismo non è mica la soluzione, ci mancherebbe altro, non si campa solo d'aria, ci vuole anche la materia.... Occhiolino
la soluzione la diede il beato Pio IX e che ho postato:

" La vera soluzione
...leggiamo le parole piene di fede cattolica e carità cristiana del Papa Pio IX rivolte a tutti i Protestanti in occasione della convocazione del Concilio Vaticano I:
<< Ora poi, chi accuratamente consideri e rifletta sulla condizione in cui si trovano le diverse e fra loro discordanti società religiose separate dalla chiesa cattolica (...) dovrebbe persuadersi molto facilmente che nessuna in particolare fra le medesime società, e neppure tutte insieme congiunte, in nessun modo costituiscono e sono quell'una e cattolica Chiesa che Cristo Signore ha edificato, costituito e voluto che fosse, e che neppure possono essere dette in nessun modo un membro o una parte della stessa chiesa, dal momento che sono visibilmente separate dalla cattolica unità.
Perciò tutti quelli che conservano l'unità e la verità della chiesa cattolica, accolgano l'occasione di questo concilio, con il quale la Chiesa cattolica, della quale i loro Antenati facevano parte, mostra un nuovo argomento dell'interiore unità e della sua invincibile forza vitale e, corrispondendo ai bisogni del loro cuore, cerchino di strapparsi da quello stato nel quale  non possono essere sicuri della loro propria salvezza >>.

Se Benedetto XVI nella Lettera ai Vescovi ha scritto:

"Ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del
Concilio deve essere richiamato alla memoria che il Vaticano II
porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa.
Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare
la fede professata nel  corso dei secoli e non può tagliare le
radici di cui l’albero vive".

appare evidente che le parole sopra riportate del Beato Pio IX, pronunciate all'apertura del Concilio Vaticano I non hanno perduto nulla della loro autenticità ed autorità...e che l'Ecumenismo lanciato dal Concilio Vaticano II deve essere letto in questa chiave o non essere affatto sostenuto se non vogliamo farne una....ECU-MANIA atta a distruggere le fondamenta della Chiesa stessa..


a cominciare appunto dal Pontefice stesso e dai Vescovi... Occhiolino




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Bene, mi fa piacere che finalmente Caterina riconosca che anche Benedetto XVI stia continuando a fare certi errori....menomale!

Ed ora preghiamo perchè non li faccia più...
Occhi al cielo


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 Imbarazzato Caro fufi....il guaio è che non so se sono "errori" o comunque quanto sia corretto relegarli nel nostro concetto di errore...
Non discuto che siano errori, ma possono esistere "errori" che noi consideriamo tali e che poi invece si sono rivelati essere scelte giuste?  Occhiolino

Per esempio:
considero un errore aver fatto l'Anno Paolino senza considerare minimamente san Pietro, anzi, elevando quasi san Paolo ad un apostolato superiore a quello petrino... Occhi al cielo
tutto frutto dell'ECU-MANIA come a ragione sottolinea don Kinney nel testo sopra segnalato, o di cos'altro?


Io sono anche convinta che Benedetto XVI è consapevole che oltre a certe riforme non può andare....e che non spetta solo a Lui o tutto da Lui tale riforma, ma non sarà appunto anche il caso di cominciare a far seguire atti concreti oltre alle parole?

Preghiamo si....specialmente in questo Anno Sacerdotale che per me è assai più importante dell'Anno Paolino... Occhiolino






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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NO all'intercomunione.....una DEVIAZIONE già condannata negli anni '70 da Paolo VI e poi ricondannata da Giovanni Paolo II nell'Ecclesia de Eucharestia...



UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI

Mercoledì, 21 gennaio 1970
 

Diletti Figli e Figlie!

Tutta la Chiesa nel mondo sta celebrando la «settimana di preghiera per l’unità», per la reintegrazione cioè nell’unica Chiesa voluta da Cristo di tutti i Cristiani, insigniti dell’onore e della responsabilità di questo nome e tuttora suddivisi in tante frazioni e separati fra di loro e dalla comunione con la Chiesa. Man mano che cresce l’evidenza di questo fondamentale dovere che chiunque si chiama Cristiano sia per ciò stesso obbligato a conservare, come scrive S. Paolo, «l’unità dello spirito nel vincolo della pace: un corpo solo, un solo spirito, come in unica speranza siete stati chiamati; uno è il Signore, una la fede, uno il battesimo, uno Iddio e Padre di tutti» (Eph. 4, 3-6), cresce insieme la coscienza, il desiderio, il bisogno di restaurare ciò che la Chiesa essenzialmente è, cioè una comunione (Cfr. HAMER, L’Eglise est une communion, Cerf 1962), cresce il disagio, il dolore della insostenibile frantumazione del nome cristiano, cresce l’impazienza di vedere e di godere gli effetti dell’ecumenismo; ma nello stesso tempo si avvertono le difficoltà a raggiungere una riconciliazione sincera ed effettiva fra i Cristiani: sono passati secoli, che hanno cristallizzato questa anormale condizione storica; si sono fatte discussioni e polemiche senza fine da tutte le parti; si sono affermate personalità di grande rilievo intellettuale, morale e spirituale, che hanno difeso e illustrato la propria distinta posizione; sono state fissate composizioni pratiche, di compromesso politico-religioso, evidentemente contrario all’unità cristiana e all’autonomia della Chiesa, come quello di attribuire a differenti territori geografici differenti denominazioni cristiane, e a Principi secolari il dominio in campo religioso (così avvenne con la contrastata pace di Westfalia, dopo la guerra dei trent’anni, a Münster, nel 1648, stabilendo l’assurdo principio: cuius regio eius et religio); si è formata nelle varie Chiese separate e nelle diverse confessioni cristiane una tradizione, una mentalità, una. buona fede; si sono scritti volumi e volumi in difesa di dati sistemi teologici, uno differente dall’altro; si è rivestita la propria Chiesa d’un manto d’intangibile ortodossia; ovvero si è dato pacifico corso al principio del libero esame, autorizzando ogni personale e arbitraria interpretazione della Bibbia, negando autorità al magistero cattolico e accettando quello d’innumerevoli e contrastanti maestri . . .
 Dov’è, dov’è l’unità della fede, della carità, della comunione ecclesiale?


TENTATIVI ARBITRARI

Le difficoltà sembrano insormontabili! L’ecumenismo sembra consumarsi in un conato illusorio! Anche perché i generosi tentativi dell’ecumenismo moderno acattolico, dovendo riconoscere a ciascuna denominazione cristiana la propria credenza, risveglia, sì, e stimola il problema dell’unità, ma non può risolverlo senza quell’autorità e quel carisma precisamente dell’unità, che noi riteniamo essere la divina prerogativa di Pietro. Ma Pietro allora, dicono, alcuni, non potrebbe rinunciare a tante sue esigenze, e non potrebbero cattolici e dissidenti celebrare insieme l’atto più alto e definitivo della religione cristiana, l’Eucaristia, e proclamare finalmente raggiunta la sospirata unità? Pur troppo non così.
 
Non per questa via di fatto, l’intercomunione, come ora si dice, si può conseguire l’unità: come lo sarebbe senza una medesima fede, senza un identico e valido sacerdozio? È di questi giorni la chiara ed autorevole notificazione del Segretariato per l’unione dei cristiani che ricorda il divieto dell’intercomunione (salvo per casi speciali e determinati con la Chiesa Ortodossa), e diffida i Cattolici a farvi ricorso. Non è una via buona; è una deviazione.


Voi ci chiederete allora se non siamo dinanzi ad un problema insolubile, tanto sono numerose e gravi le difficoltà, e tanto sono vani, anzi dannosi i tentativi abusivi e conformisti per una fittizia unità.

No, Figli carissimi, non dobbiamo disperare nell’esito felice dell’ecumenismo promosso dal recente Concilio Vaticano, anche se arduo, lento e graduale. Vi ricordiamo innanzi tutto che molto, moltissimo ha già guadagnato la causa dell’ecumenismo. Non foss’altro l’idea, che ci sembra ormai vittoriosa: il cristianesimo è uno solo. L’unità è voluta da Cristo. Una Chiesa unica la deve esprimere. La causa religiosa ne ha bisogno. Se questo è il dovere e l’interesse dei Cristiani, l’unità dovrà ristabilirsi. Da un movimento storico e spirituale centrifugo siamo già passati ad un orientamento centripeto. Anche passi notevoli affinché l’orientamento diventi movimento verso la comunione ecclesiale e universale sono stati fatti e sono oggi fervorosamente in corso.

UN ESAME DI COSCIENZA
 

È un esame di coscienza, che ci dobbiamo tutti proporre. Risposta generica, e per tutti valida. Procuriamo d’essere cattolici veri. Cattolici convinti. Cattolici fermi. Cattolici buoni. Non può essere un cattolicesimo diluito, approssimativo, mascherato, e tanto meno se smentito nel costume quello che avvicinerà noi ai Fratelli separati, ed i Fratelli separati a noi.

Un mimetismo religioso e morale verso forme di facile e discutibile vita cristiana non abilita alla testimonianza, né all’apostolato, e neppure attrae a sé per le vie della stima, dell’esempio, della fiducia; serve solo a svilire la causa di Cristo e della sua Chiesa. Torna a proposito l’insegnamento del Concilio, e proprio in ordine all’ecumenismo: affinché sia efficace l’attrattiva all’unità nella Chiesa di Cristo «tutti i Cattolici devono tendere alla perfezione cristiana» (Unitatis redintegratio, 4).

Potremmo a questo punto concludere elencando le virtù che da parte nostra possono appianare la via per l’incontro con i Fratelli cristiani tuttora da noi separati: prima virtù, l’unità fra di noi cattolici: ogni divisione, ogni litigio, ogni separatismo, ogni egoismo in seno alla nostra comunione cattolica colpisce la causa ecumenica, ritarda e arresta il cammino per l’incontro felice, smentisce la Chiesa, i cui membri si caratterizzano, come ci ha insegnato il Signore, dalla dilezione scambievole (Cfr. Io. 13, 35).
 
Altre virtù: la fermezza e la semplicità della fede, nutrita dalla Parola di Dio e dal Pane Eucaristico; l’umiltà, poi, per il dono che ci è stato fatto d’averla integra e vera: la bontà a tutti aperta e generosa; lo spirito di servizio e di sacrificio; l’amore a Cristo, a Cristo crocifisso e risorto.

E alla fine, lo sappiamo, come sempre, occorre la preghiera. L’impresa, come dicevamo, è così superiore alle nostre forze, che la forza del Signore è indispensabile. Invocarla dobbiamo, piamente, umilmente, fiduciosamente. Tutti, e sempre.

Su questi pensieri, su questi propositi scenda la Nostra Apostolica Benedizione.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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28/08/2009 17:50
 
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Una situazione drammatica riportata da due sacerdoti Ortodossi e da noi trascritta nel forum nel 2004:



Secondo il parroco della comunità greco-cattolica, padre Igor, non sono state le opinioni di fede dei pentecostali a dare inizio al conflitto, ma le accuse che questi ultimi hanno rivolto ai greco-cattolici:
"Essi spingono la gente contro la Chiesa, contro i preti, contro le campane, contro la liturgia, contro le icone, contro i crocifissi.
Ci hanno accusato di idolatria.
Il loro proselitismo soffoca e induce a perdere la pazienza.
Ai bambini cattolici dicono che sono dannati se non si convertiranno. I nostri figli intristiscono, la semina della zizzania è divampante, si infuocano i litigi, si porta ad insegnare uno spirito diverso, uno Spirito Santo contro Gesù Cristo che anima le nostre Chiese
".


..............
Pensavo ad un fattore allarmante..la Chiesa Ucraina è sempre stata abbastanza tranquilla.....limitata insomma ai suoi problemi quotidiani, e qualche scaramuccia fra noi e gli Ortodossi Russi.....si avverte da queste parole che ATTENZIONE, non sono di un prete della Chiesa di Roma.....un ALLARMISMO inquietante dove l'intolleranza avanza.....e dove LA MINACCIA DELLA DANNAZIONE se non sei un pentecostale, è chiarissima....
Leggete attentamente queste parole del prete Ortodosso di rito Greco...ed analizzate la situazione di Paolo con la Chiesa di Corinto...dove Paolo viene accusato e dove la sua autorità viene messa in dubbio.......e ci renderemo conto di come certe forme di pentacolismo sono veramente PERICOLOSE.....
Questa è la Chiesa di Cristo? Davvero i Pentecostali possono definirsi tali? Ma questi professori che pretendono di INSEGNARE DOTTRINE....chi li ha mandati?
Infine sembra proprio che questo sia un primo testo che riguarda direttamente una Chiesa NON propriamente "Romana", ma in Comunione con noi e Ortodossa dunque di rito Greco...questa lamentela che è veramente un campanello d'allarme, fa  pensare ai riferimenti apostolici SUI FALSI PROFETI......
Ai bambini cattolici dicono che sono dannati se non si convertiranno. I nostri figli intristiscono, la semina della zizzania è divampante, si infuocano i litigi, si porta ad insegnare uno spirito diverso, uno Spirito Santo contro Gesù Cristo che anima le nostre Chiese".
...qui si avverte UNA GUERRA.....cristiani contro cristiani o che tali si presentano......i litigi, la zizzania, la sensazione di PERCEPIRE UNO SPIRITO DIVERSO, l'invito alla divisione ed alla diserzione dalla Chiesa.....no, NON possono essere opera di Dio......non sono volontà di Dio!

Leggiamo un altro particolare....
Secondo «Keston News Service» dell’8 giugno 1999, don Vadim Shaikevich, segretario dell’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, amministratore apostolico dei cattolici di rito latino nella Russia europea, ha affermato:

«Noi non possediamo alcun edificio; tutte le nostre chiese appartengono alla Federazione Russa, inclusa la terra su cui esse sorgono. Per questa ragione soltanto un numero molto limitato di chiese – come la chiesa dell’Immacolata Concezione a Mosca – ci sono ritornate, o meglio, le autorità ci hanno concesso il permesso di usarle».

Diversa è la situazione invece dei Protestanti ai quali singoli privati comprano gli edifici dei quali poi diventano propretari. "Con alcune Chiese della Riforma riusciamo a lavorare insieme, purtroppo il problema è legato ai moderni movimenti evangelici i quali non hanno nessuna intenzione di collaborare, delle volte assistiamo ad una invasione vera e propria come le cavallette che si gettano dove c'è da mangiare". 

Le prospettive per il futuro dell’antica cattedrale cattolica di Mosca, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, sembrerebbero migliori, considerate le promesse del sindaco di Mosca, Yuri Luzhkov, in una sua visita al Vaticano. Ma il parroco Antoni Gei è di tutt’altro avviso: «Non ci sono stati molti cambiamenti nella situazione. Recentemente ci era stato promesso che la chiesa sarebbe stata resa disponibile per il culto, ma subito dopo ci è stato detto che ciò era impossibile»; infatti, soltanto il 38 per cento dell’edificio appartiene allo Stato, e il resto è di proprietà di azionisti privati.

In altre parti, la situazione è ancora peggiore: per esempio, la chiesa cattolica di Vologda adesso è stata privatizzata ed è un ristorante, mentre un altra più piccola è stata data ad un privato che poi si è scoperto essere un pastore evangelico: dopo molti ed inutili tentativi per riottenerla, la comunità locale si è arresa e ha deciso di iniziare i lavori per la costruzione di una nuova chiesa.


*********
riflettevo.....
Diversa è la situazione invece dei Protestanti ai quali singoli privati comprano gli edifici dei quali poi diventano propretari...
....

ripeto NOI NON siamo per la Sola Scriptura loro si...e non emerge assolutamente dai Vangeli una situazione del genere.....proprietari?? e perchè allora si accaniscono così tanto con San Pietro la Basilica?...e fra l'altro con una bella differenza, che qui il proprietario è UN PASTORE, per san Pietro lo è la CHIESA tutta....e più che "proprietaria" detiene un immobile per usufrutto dei fedeli e dei sacerdoti che si alternano.....sono CUSTODI...
Ma leggiamo ancora:

purtroppo il problema è legato ai moderni movimenti evangelici i quali non hanno nessuna intenzione di collaborare, delle volte assistiamo ad una invasione vera e propria come le cavallette che si gettano dove c'è da mangiare....

....

No comment.....pensavo però ad un particolare...LE CHIESE, se leggiamo le lettere apostoliche le fondavano i vescovi (gli apostoli all'epoca) come AVVIENE ANCORA OGGI e non che il vescovo ne diventa "proprietario".....
Infine la torta sulla ciliegina:
In altre parti, la situazione è ancora peggiore: per esempio, la chiesa cattolica di Vologda adesso è stata privatizzata ed è un ristorante, mentre un altra più piccola è stata data ad un privato che poi si è scoperto essere un pastore evangelico: dopo molti ed inutili tentativi per riottenerla, la comunità locale si è arresa e ha deciso di iniziare i lavori per la costruzione di una nuova chiesa.


*********

anche qui come in Ucraina....vengono tolte le Chiese ai Cattolici per darle ai protestanti evangelici.........Un pastore evangelico SI TRAVESTE DA MENAGER...compra la chiesa che era cattolica perchè la Chiesa Cattolica NON era proprietaria...e poi si scopre essere un pastore......sbaglio o mi suona la storia dei LUPI TRAVESTITI DA AGNELLI??

Ma quando mai nelle lettere degli apostoli leggiamo atteggiamenti di questa portata?
Guardate che la similitudine con l'invasione delle cavallette, non è poi tanto sballata ed è BIBLICA...è infatti una piaga perchè questi pastori che si camuffano per il proprio tornaconti...non credo affatto che possano avere l'approvazione di Cristo.....

ECU-MANIA? No, grazie!

Fraternamente CaterinaLD

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22/09/2009 13:52
 
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Interessante riflessione di padre Giovanni Scalese che condivido....

lunedì 23 febbraio 2009

Paolo e l'annuncio del "mistero"

La settimana scorsa si è svolto a Roma, in occasione dell'Anno paolino, un convegno internazionale dal titolo "Sulle orme di Paolo". Il convegno era organizzato dalla Famiglia paolino-zaccariana (Chierici regolari di san Paolo, Angeliche di san Paolo e Laici di san Paolo), per l'occasione integrata dal Movimento giovanile zaccariano e dagli istituti di vita consacrata di ascendenza barnabitica (Famiglia dei Discepoli, Figlie della Divina Provvidenza, Suore del Preziosissimo Sangue, Piccole Operaie del Sacro Cuore, Missionarie di Santa Teresina, Discepole del Crocifisso). Complessivamente, circa trecento convegnisti. Oltre alle celebrazioni liturgiche alle Tre Fontane, a San Carlo ai Catinari e a San Paolo fuori le mura, il convegno è consistito in tre relazioni, affidate rispettivamente a Mons. Gianfranco Ravasi e ai barnabiti P. Giovanni Rizzi e P. Filippo Lovison. Mercoledí scorso i convegnisti, a cui si erano aggiunti centinaia di pellegrini giunti appositamente per l'occasione da ogni parte d'Italia, hanno partecipato all'udienza generale. Ma, sappiamo, quel giorno le attenzioni di tutti erano appuntate su Nancy Pelosi...

Purtroppo, non ho avuto la possibilità di partecipare al convegno. Il Padre Generale, però, mi ha chiesto di rendermi presente attraverso una testimonianza scritta, che è stata letta in aula. Mi permetto di riportare la parte finale del mio intervento, perché penso possa essere di interesse generale.

Qualcuno ha chiamato Paolo “fondatore del cristianesimo”: non lo credo; ma certamente egli ha svolto un ruolo essenziale nell’elaborazione della dottrina cristiana. Un ruolo che forse oggi andrebbe riscoperto. Ho l’impressione che ai nostri giorni, a parte i discorsi ufficiali, di fatto si corra il rischio di snaturare il cristianesimo. Anche se ci riempiamo la bocca di “cristocentrismo”, di fatto poi, soprattutto teorizzando e praticando un poco illuminato dialogo interreligioso, rischiamo di mettere da parte la centralità e l’unicità di Cristo a favore di presunte vie di salvezza alternative.

In particolare, nei rapporti con l’ebraismo, si sta diffondendo nella Chiesa (non solo fra qualche teologo indisciplinato, ma fra le stesse gerarchie) una inquietante tendenza a metter sullo stesso piano le due alleanze, quasi fossero intercambiabili, quasi che gli ebrei possano avere accesso alla salvezza a prescindere da Cristo, annullando cosí qualsiasi novità della seconda alleanza rispetto alla prima.
E non ci si accorge che in tal modo si uccide il cristianesimo. Credo che proprio qui stia l’essenza del messaggio paolino, la rivelazione che il nostro Apostolo ha ricevuto, la grazia che gli è stata concessa. Tra gli innumerevoli testi che si potrebbero citare, mi sembra centrale il terzo capitolo della lettera agli Efesini, dove Paolo parla della sua comprensione del mistero di Cristo. In che cosa consiste tale “mistero”? “Che le genti sono chiamate, in Cristo Gesú, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa” (Ef 3:6-7).
Penso che in tale testo ci sia “tutto” Paolo.
Se vogliamo essere paolini, questo passo deve diventare il nostro manifesto. Il carisma di Paolo (la “grazia di Dio che mi è stata concessa”) consiste nell’essere “ministri del Vangelo”; e il Vangelo consiste nell’annuncio del “mistero”; e il mistero consiste nella vocazione di tutti gli uomini alla medesima salvezza nella medesima Chiesa. L’unicità di Cristo è il cuore del Vangelo; l’universalità della salvezza è un tratto fondamentale del cristianesimo; la cattolicità della Chiesa è una delle sue note costitutive. Se vogliamo essere paolini, non solo di nome, ma di fatto, dobbiamo penetrare e vivere questo mistero
.





Fraternamente CaterinaLD

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11/11/2009 15:22
 
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10 novembre: San Giusto di Canterbury e i templi pagani.


Pubblichiamo una meditazione di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), per gentile concessione di Massimo Introvigne che ne ha curato la traduzione.


San Giusto (?-627) è uno dei compagni di Sant’Agostino di Canterbury (?-604) nel suo grande lavoro di conversione dell’Inghilterra. In risposta a una sua richiesta, il Papa San Gregorio Magno (ca. 540-604) gli scrive: “Quando sarai con il nostro fratello Agostino, ricordati di dirgli che dopo lunga considerazione e attento esame della questione inglese abbiamo giudicato che non dovete distruggere i templi pagani, ma solo gli idoli al loro interno. Dovete purificarli con l’acqua santa, rimuovere gli idoli dall’altare e mettere al loro posto le reliquie dei santi. Perché, se questi templi sono ben costruiti, meritano che li facciamo passare dall’adorazione del Diavolo al servizio del vero Dio. Se il popolo vede che i luoghi sacri cui è abituato sono conservati, sarà più disposto a frequentarli. E, giacché sono abituati a sacrificare tori al Diavolo in quei luoghi, qualche solenne cerimonia relativa ai martiri le cui reliquie vi saranno venerate potrà sostituire i sacrifici. Dovete erigere tende intorno ai templi trasformati in chiese e lì organizzare feste dove si offra anche da mangiare. Anziché sacrificare animali al Diavolo, curate che siano macellati per il popolo, perché li mangi e renda grazie a Dio. In questo modo, attraverso le gioie sensibili, saranno introdotti alle gioie spirituali della fede. Perché è impossibile rimuovere insieme tutte le abitudini da spiriti induriti. È avanzando lentamente che si va lontano”.[SM=g1740733]

Questa lettera è molto interessante: c’è anzitutto l’affermazione – che non è nuova e che possiamo trovare in molti scritti di padre e dottori della Chiesa – che tutti gli dei antichi sono demoni. Lo afferma la Sacra Scrittura: Omnes dii gentium daemonia (Salmo 95, 5), con riferimento alle divinità dei popoli pagani. Un’espressione molto forte, che si oppone a quanti molti oggi intendono per ecumenismo.

Vi si oppone anche la lettera di Papa San Gregorio Magno. È molto flessibile e ragionevole nelle cose che non sono fondamentali, e molto severa nelle cose davvero importanti. C’è una differenza fra i templi di queste nazioni pagani e l’arte e l’architettura moderna. L’arte moderna è spesso una negazione violenta e blasfema della verità e del bene. In questi casi, impone arbitrariamente stili artistici che nella maggior parte dei casi celebrano il disordine e la bruttezza. Evidentemente quest’arte non è adeguata per una chiesa cattolica. Ma questi templi pagani inglesi erano costruiti con criteri artistici diversi. Certo, mancava loro l’elevazione che sarà dell’arte gotica ma seguivano principi artistici che avevano una loro dignità, includevano veri elementi di bellezza e potevano servire adeguatamente il culto cattolico.

Così in Cina, se ci troviamo davanti a una pagoda cinese particolarmente nobile e aggraziata possiamo anche concludere che ha in sé gli elementi necessari per accogliere un culto cattolico adatto a fedeli cinesi. Naturalmente se dobbiamo costruire una nuova chiesa non costruiremo una pagoda, perché abbiamo l’obbligo di costruire il meglio per Dio. Ma qualche volta si deve accettare quello che si riceve da altri, se è adeguato.

Quando gli eroi della Reconquista spagnola conquistarono le città dove I Mori avevano costruito splendide moschee – come Cordoba e Granada – le purificarono, rimossero tutti i riferimenti all’islam e vi instaurarono il culto cattolico. Ancora oggi la liturgia cattolica continua a essere celebrata in queste che un tempo furono moschee. Quando il suo esercito conquistò Granada, una delle prime preoccupazioni della regina Isabella la Cattolica (1451-1504) fu di celebrare lì una Messa cattolica. Fu il principale simbolo della sua vittoria sull’islam.

Questo precisamente è lo stesso consiglio che San Gregorio Magno dà a San Giusto e a Sant’Agostino di Canterbury. Se i templi pagani erano ben costruiti e adeguati per il culto, i cattolici potevano approfittarne. Il Papa dava anche una ragione psicologica: la gente era abituata ad andarci. L’abitudine di frequentare un luogo di culto aiuta a superare le difficoltà che comunque sorgono quando si passa da una religione a un’altra.

Potete vedere la sana intransigenza di San Gregorio sull’essenziale e insieme la sua grande duttilità su cose secondarie che non compromettono i principi. Attenzione: questo non significa che si debba essere intransigenti sui principi primari e accomodanti sui principi secondari. Questo sarebbe sbagliato. Nessuna concessione sui principi. Ma c’è una parte della realtà che non fa parte dei principi e che dev’essere affrontata con uno spirito aperto.

Vediamo che San Gregorio consiglia anche di erigere tende intorno alle chiese, dove la gente possa mangiare insieme in allegria. A questo punto si potrà insegnare loro a ringraziare Dio per queste cose. Era un modo per attirare le persone semplici. Amavano mangiare in compagnia. In Germania si dice che Dio ha creato la mela e il tedesco ne ha fatto lo strudel di mele, che ama mangiare con i suoi amici. Per uno spirito cattolico, è una gioia legittima. Anche l’inglese amava mangiare in compagnia. Era nato in mezzo alle feste popolari.

Chiediamo a San Giusto, a Sant’Agostino di Canterbury e a San Gregorio Magno di concederci la comprensione e l’amore per l’equilibrio cattolico fra intransigenza e flessibilità che hanno applicato nel loro apostolato. Senza intransigenza non possiamo mantenere la purezza dei principi; senza flessibilità non possiamo applicarli e rendere il nostro apostolato fiorente. Questo equilibrio è un frutto meraviglioso dello spirito cattolico che dobbiamo acquistare.


[SM=g1740722]
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13/11/2009 13:22
 
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Esame di coscienza della Chiesa europea su Internet


Incontro in Vaticano della Commissione Episcopale Europea per i Media




di Jesús Colina



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 12 novembre 2009 (ZENIT.org).- Rappresentanti della Chiesa in Europa rimarranno riuniti a Roma, dal 12 al 15 novembre, per compiere un esame di coscienza sulla loro presenza in Internet, aiutati da rappresentanti di progetti come Wikipedia, Facebook o YouTube.

L'esame di coscienza è stato promosso dallo stesso Benedetto XVI con il messaggio inaugurale trasmesso attraverso il Cardinale Tarcisio Bertone S.D.B., Segretario di Stato, in cui invita a esaminare “questa nuova cultura e le sue implicazioni per la missione della Chiesa”.

“Come le prime generazioni si sono sforzate di comprendere l'ambiente pagano del mondo greco e romano, così che la verità del Vangelo potesse toccare la mente e il cuore dei loro ascoltatori, così anche la proclamazione di Cristo richiede una profonda conoscenza della nuova cultura tecnologica da parte degli insegnanti e degli evangelisti di oggi”, afferma il messaggio pontificio.

Il simposio è promosso dalla Commissione per i Mezzi di Comunicazione del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE).

L'incontro è stato presentato dal Cardinale Josip Bozanic, Arcivescovo di Zagabria e Vicepresidente della CCEE, che ha spiegato che “Internet non è solo un recipiente che raccoglie diverse culture. Internet è cultura”.

“Per la maggior parte delle persone, specie per i giovani, per quella web generation che è cresciuta su Internet, questo luorgo virtuale, il mondo dei nuovi media, sta diventando uno spazio principale dove avviene la loro formazione umana, morale e cognoscitiva”.

“È su Internet che i giovani creano legami sociali e imparano a vivere!”, ha esclamato.

Secondo il porporato, Internet non è né buono né cattivo. “Come qualsiasi strumento posto nelle mani dell'uomo, Internet diventa ciò che l'uomo stesso decide che diventi”.

In questo contesto, per la Chiesa la presenza in Internet “più che un'opportunità è una necessità”, “perché senza questa presenza non riuscirebbe a dialogare con migliaia di giovani, primi attori di questa realtà, perché risulterebbe antiquata o perché è un imperativo della storia in quanto oggi la comunicazione passa per gran parte da questa nuova tecnologia”.

Il porporato ha quindi indicato alcuni interrogativi da cui partire per un corretto esame di coscienza: “Che visione hanno gli altri di noi? Quanto i nostri siti sono realmente l'espressione della ricchezza del patrimonio cristiano e riescono a trasmettere la buona novella che il Signore ci ha comandato di diffondere?”.

Diaconia della cultura

Ha preso poi la parola l'Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che ha constatato come la Chiesa abbia tardato a comprendere e ancor più ad applicare le parole che Giovanni Paolo II ha scritto nell'Enciclica “Redemptoris missio”, in cui il Papa riconosceva che la Chiesa aveva trascurato questo areopago.

“In genere si privilegiano altri strumenti per l'annuncio evangelico e per la formazione cristiana, mentre i mezzi di comunicazione sociale sono lasciati all'iniziativa di individui o piccoli gruppi, ed entrano nella programmazione pastorale solo a livello secondario. Il lavoro in questi media, ad ogni modo, non ha solo l'obiettivo di moltiplicare l'annuncio. Si tratta di un fatto più profondo, perché l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal suo influsso”, ha spiegato monsignor Celli citando Papa Karol Wojtyla.

Ha anche ricordato il nuovo impulso dato da Benedetto XVI, in particolare durante il suo discorso all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, alla presenza della Chiesa in Internet, affinché possa esercitare una “diaconia della cultura” nell'attuale “continente digitale”, percorrendo le sue strade per annunciare il Vangelo, l'unica Parola che può salvare l'uomo.

Identità nel mondo virtuale

Monsignor Domenico Pompili, Sottosegretario della CEI e direttore dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'episcopato italiano, ha approfondito questo esame di coscienza.

“È giusto continuare a contrapporre il virtuale al reale?”, si è chiesto, aggiungendo: “In che modo le due esperienze oggettivamente diverse possono integrarsi? Non sarà guardando al mondo dei giovani che possiamo scoprire come questo virtuale stia diventanto un po' reale?”.

La seconda domanda di monsignor Pompili partiva dalla constatazione che le nuove tecnologie della comunicazione molte volte “tagliano i legami con il territorio”. Per questo, ha chiesto di riflettere sulle sfide pastorali che presenta “l'individualismo interconnesso”.

La sua terza domanda verteva, invece, su “identità e linguaggi”. A questo proposito si è chiesto in che modo è possibile avere in rete una fisonomia riconoscibile “senza per questo assumere linguaggi scontati o indecifrabili”. Cioè, ha continuato, come possiamo “essere noi stessi nella rete?”.

La lezione degli evangelici

Monsignor Jean-Michel di Falco Léandri, Vescovo di Gap e Embrun (Francia) e presidente della Commissione Episcopale Europea per i Media, ha infine offerto elementi per questo esame di coscienza chiedendo alla Chiesa di abbandonare la paura.

In particolare, ha citato un'inchiesta condotta nel mondo francese di Internet che mostra come i siti evangelici siano più visitati di quelli cattolici, anche se la popolazione cattolica del Paese è molto più consistente di quella evangelica.

“Come si spiega?”, si è chiesto. La prima ragione è che “gli evangelici ascoltano e i cattolici parlano”.


L'indagine sottolinea che “gli evangelici escono da se stessi per mettersi come prima cosa al posto degli altri. Rispondono ai bisogni”. Per questo, il Vescovo si è chiesto se “la Chiesa cattolica parla forse partendo da se stessa senza prendere sufficientemente in considerazione ciò che vive la gente”.

La seconda ragione del maggiore successo dei siti web evangelici è che “i siti cattolici sono centrati su se stessi” e sono “considerati come strumenti e non come un mondo da evangelizzare”.

Con questo il presule ha voluto dire che i siti cattolici sono “delle estensioni o dei duplicati dei nostri foglietti parrocchiali, dei nostri bollettini diocesani. Sono ad uso interno. Parlano una lingua per iniziati ad uso esclusivo degli iniziati. I siti evangelici, al contrario, vogliono raggiungere gli internauti, utilizzando Internet come strumento e vettore di evangelizzazione”.

“Che ci troviamo d'accordo o meno con questa analisi, resta il fatto che possiamo farci carico della necessità di ascoltare il mondo per amarlo di più e parlargli”, ha concluso.

Questo venerdì parteciperanno all'esame di coscienza un giovanissimo hacker (pentito) e alcuni esponenti chiave del mondo di Internet.

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nota mia sui siti evangelici che conosco da 10 anni, almeno quelli in italia.... non è affatto vero che essi escono da se stessi per mettersi come prima cosa al posto degli altri. Rispondono ai bisogni è vero invece che essi usano internet per evangelizzare SOPRATTUTTO I CATTOLICI.... mi fa davvero specie che il presule nell'inchiesta non abbia annotato la cattiveria e l'astio della maggiorparte dei siti evangelici CONTRO LA CHIESA CATTOLICA....contro il Papa, contro il culto a Maria e ai santi...e come si fa a proporre come esempio dei siti come quelli evangelici che evangelizzano UNA BIBBIA CON UNA INTERPRETAZIONE DIVERSA DA QUELLA DELLA CHIESA?  Occhi al cielo

e mi fa specie che il presule non abbia annotato che il maggior successo dei siti web evangelici sta NEI SOLDI.... Ghigno molti degli iscritti PAGANO di tasca propria il mantenimento delle spese, in altri c'è la DECIMA... altri ancora ora prestano gratuitamente la loro bravura al sito...
Indubbiamente la vera differenza fra i siti cattolici e quelli evangelici sta proprio nella necessità del concetto di COMUNITA'-COMUNIONE....che fra di noi purtroppo non si avverte...

Mi sono imbattuta nel tempo in forum gestiti da preti e suore progressiste che non disdegnavano il bannare facile se ti azzardavi, prima dell'avvento di Benedetto XVI, a difendere la Liturgia nella sua Tradizione....
Il presule avrebbe potuto motivare meglio tali differenze con gli evangelici dal momento che in internet c'è una vera differenza fra i siti, blog e forum di matrice progressista da quelli tradizionali cattolici, problemi che gli evangelici non hanno dal momento che sono preoccupati ad evangelizzare principalmente i cattolici.... Occhiolino

il dramma dei cattolici nella rete, RIGUARDO A MOLTI FORUM, sta NELL'INVIDIA FRA GRUPPI.... Occhi al cielo la preoccupazione di taluni forum sta NELL'AUDIENC, nelle classifiche, nel farsi notare dagli altri, nel sottolineare di essere gli UNICI....sono pronti ad umiliare gli iscritti soprattutto di matrice tradizionale, molti di questi gruppi si scontrano con delle enormi contraddizioni:
- alcuni hanno una obbedienza al Papa IDOLATRICA... di conseguenza diventa impossibile poter approfondire argomenti inerenti a delle scelte del Papa che non c'entrando nulla con l'infallibilità, possono essere pacificamente discusse, ma a causa dell'incapacità di taluni gestori dal ban facile, si è costretti a tacere....
- altri pur sapendo di NON sapere, non accettano che si porti il Magistero della Chiesa INTEGRALMENTE...le proprie opinioni sono diventate le nuove verità da difendere a discapito della vera fede....
- ci sono altri ancora che nuotano nel SINCRETISMO più puro...hanno come regolamento il volemose bene al di la di che cosa sia la Verità...

Il presule ha dimenticato inoltre di annotare che il problema di coordinamento tra forum cattolici nasce anche qui da una difesa sbagliata del Concilio.... Occhi al cielo un problema che appunto i siti evangelici non hanno....
la prassi liturgica, la dottrina nel suo rituale, le Norme che stabiliscono come si deve prendere la comunione ecc....sono problemi attuali che indubbiamente dividono i cattolici non solo nella rete ma anche fuori nella vita reale... Occhi al cielo

Se il presule non se ne fosse accorto (ma vantondomi in Cristo è necessario che dica che sono anni che lo vado scrivendo in internet) I CATTOLICI SONO DIVISI....i Movimenti navigano per conto loro sia nei loro territori sia nella rete... idem i francescani, i domenicani ecc...ognuno CURA IL SUO ORTICELLO di conseguenza ciò che è la realtà quotidiana si riscontra nella rete...

gli evangelici, assai più furbamente, non sono divisi, sono indipendenti è diverso, e si tengono uniti per una comune battaglia quella CONTRO LA CHIESA CATTOLICA....al contrario per noi cattolici seppur scoordinati, mi sia concesso dirlo, la battaglia comune è quella della propria IDENTITA'...e non facciamo altro che rispecchiare la confusione che viviamo nella Chiesa dove l'identità cattolica è davvero diventata motivo di discussione a causa, purtropp, di 40 anni di apostasia e soprattutto di ANARCHIA...

ergo i forum cattolici non fanno altro che rispecchiare in rete questi problemi, ma per favore...evitiamo la diplomatica scelta di portarci come esempio gli evangelici...per loro, il presule che ha detto queste cose, è un idolatra, ed eretico....

Ghigno
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/02/2010 22:24
 
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ora vogliamo segnalarvi due libri al momento, molto interessanti... per poterli scaricare DOVETE REGISTRARVI:
http://www.totustuus.cc/index.php

Si tratta di un libro diviso in due parti di:
Jaime Balmes: Conoscere il protestantesimo

lo trovate nella sezione: Storia - Rivolta protestante

Descrizione: Se al Protestantesimo, considerato allo stato attuale o nelle varie fasi della sua storia, rivolgiamo una prima occhiata, cogliamo subito l’enorme difficoltà di trovare in esso qualche cosa di costante che possa indicarne il principio costitutivo. Giacché, incerto nelle sue credenze, le modifica continuamente in mille maniere; vago nei suoi scopi e mutevole nei suoi desideri, prova tutte le forme e tenta tutte le vie; e senza mai giungere ad un assetto ben determinato segue sempre con passo incerto nuovi sentieri, non facendo altro che aggirarsi in labirinti sempre più intricati.

(nel secondo libro del medesimo autore): Per mezzo del ragionamento e d’indiscutibili prove ho dimostrato che i dogmi fondamentali del Protestantesimo mostravano chiaramente di conoscere ben poco la mente dell’uomo e che erano una sorgente feconda di errori e di sciagure. Passando poi a riflettere sullo sviluppo della civiltà europea ho messo faccia a faccia, in un confronto continuo, il Protestantesimo e il Cattolicesimo; e credo di poter essere certo di non aver riportata una sola proposizione di qualche importanza che non abbia provata con fatti storici. Mi sono trovato nella necessità di scorrere tutti i secoli dalla fondazione del Cristianesimo in poi, e di osservare le diverse fasi sotto le quali si è sviluppata la civiltà; perché non avrei potuto in altro modo giustificare in tutto e per tutto la religione cattolica.

******************

Un altro libro interessante è:
Mons. Leon Cristiani: La rivolta protestante


Descrizione: Chi oggi parla di ‘protestantizzazione’ della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un'altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista. […] Il protestantesimo è nato all'inizio dell'epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato che non il cattolicesimo con le idee-forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l'ha trovata in gran parte proprio nell'incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. E' la sua chance ed insieme la sua fragilità questo suo essere molto aperto al pensiero moderno" (Card. J. Ratzinger, Rapporto sulla Fede, cap. XI, ed. Paoline 2005).

***********************

Non è un caso che lo stesso Patriarca russo Kirill ha preso una decisione grave CHE AVREMMO DOVUTO PRENDERE NOI Occhi al cielo

Un bilancio diverso si registra invece - riferisce sempre il Sir - nei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e le Chiese protestanti. Il nodo principale sta nella "liberalizzazione rapida del mondo protestante". Sotto accusa sono in particolare le benedizioni alle unioni dello stesso sesso e le elezioni episcopali di vescovi dichiaratamente omosessuali. Sono questi "i motivi - ha detto il Patriarca di Mosca - per cui siamo stati costretti a interrompere il rapporto con la Chiesa episcopale degli Stati uniti e con la Chiesa luterana di Svezia".

Forse è giunto il momento di dire BASTA con  il falso ecumenismo e di dedicarsi ALL'ISTRUZIONE DEI CRISTIANI....
Non basta riformare una Liturgia, occorre riformare anche un certo "dialogo" e NON privare i Fedeli di conoscere anche ciò che ci divide...
E PREGARE....


Fraternamente CaterinaLD

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27/05/2010 12:28
 
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un sillabo dall'America

Quando Benedetto XVI indica la luna i clericali guardano il dito del celibato


Per Lorenzo Albacete lo scandalo pedofilia ha fatto emergere una crisi di identità all’interno della Chiesa. Ecco la “riforma” richiesta dal Papa

Lorenzo Albacete è un sacerdote cattolico americano, editorialista del New York Times Magazine e consigliere teologico degli arcivescovi di Boston e Washington. Collabora con Tempi ed è editorialista de ilsussidiario.net.

In un commento apparso sul quotidiano telematico, dopo aver collegato gli scandali sessuali alla relazione chiesa-mondo, menzionando la “Dichiarazione Hartford” (documento del 1975 elaborato negli Usa dai rappresentanti di diverse confessioni cristiane), Albacete spiega: «Il testo è nella forma di tredici “proposizioni” respinte in quanto incompatibili con la fede cristiana e relative al rapporto Chiesa-mondo.
Vorrei sottolinearne alcune:

1. Il pensiero moderno è superiore a tutte le forme passate di comprensione della realtà ed è perciò cogente per la fede e la vita cristiana.
2. Le affermazioni religiose non hanno nulla a che fare con un discorso ragionevole.
3. Gesù può essere compreso solo in rapporto ai modelli contemporanei di umanità.
4. Dato che ciò che è umano è buono, il male può essere correttamente considerato una mancata realizzazione del potenziale umano.
5. Il mondo deve dettare l’agenda alla Chiesa.
6.
La questione della speranza dopo la morte è irrilevante o al massimo marginale nella concezione cristiana del compimento dell’uomo».

Riflettiamo: quante di queste proposizioni anticristiane sono oggi predicate da ecclesiastici per i quali il vero peccato della Chiesa sarebbe quello di non consentire ai preti di sposarsi o di non benedire gli anticoncezionali e le unioni gay? Non è forse questo il maggior pericolo di perversione che attraversa la Chiesa e – come accennato da Benedetto XVI nel suo viaggio a Fatima e domenica scorsa in piazza san Pietro – urge il richiamo di Pietro al “guardarci dalle seduzioni del mondo”?

Tempi, 18 maggio 2010
Fraternamente CaterinaLD

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10/09/2010 18:06
 
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il Papa ai Vescovi del Brasile, stamani : "bisogna rigettare una visione erronea dell'ecumenismo che porta ad una certo indifferentismo dottrinale, che cerca di livellare, in un irenismo acritico, tutte le 'opinioni' in una specie di relativismo ecclesiologico"  
 
 "In un certo senso" - ha proseguito il Pontefice - "le ragioni che sono alla radice del successo di questi gruppi sono un segnale di sete generalizzata di Dio del vostro popolo. È anche un indizio di una evangelizzazione, a livello personale, a volte superficiale. (...) In tale contesto, è necessario, in primo luogo, che la Chiesa cattolica in Brasile si impegni in una nuova evangelizzazione che non risparmi sforzi alla ricerca di cattolici lontani e di quelle persone che sanno poco o nulla del messaggio evangelico, portandoli a un incontro personale con Gesù Cristo vivo e attivo nella sua Chiesa. D'altra parte con la crescita di nuovi gruppi che si dicono seguaci di Cristo, anche se divisi in varie comunità e confessioni, è oltremodo necessario, da parte dei pastori cattolici, l'impegno di costruire punti di contatto mediante un dialogo ecumenico nella verità".  
   
  Benedetto XVI ha sottolineato che "la mancanza di unità è causa di scandalo che in ultima istanza, mina la credibilità del messaggio cristiano proclamato nella società. E oggi, la sua proclamazione, è più che mai necessaria rispetto agli anni passati, giacché (...) c'è una influenza sempre più negativa del relativismo intellettuale e morale nella vita delle persone".  
   
  Riferendosi ai numerosi ostacoli nella ricerca dell'unità dei cristiani, il Papa ha ricordato che "bisogna rigettare una visione erronea dell'ecumenismo che porta ad una certo indifferentismo dottrinale, che cerca di livellare, in un irenismo acritico, tutte le 'opinioni' in una specie di relativismo ecclesiologico. Allo stesso tempo, esiste la sfida della moltiplicazione incessante di nuovi gruppi cristiani, alcuni dei quali fanno uso di un proselitismo aggressivo, e che mostra come il paesaggio dell'ecumenismo continua ad essere molto differente e confuso".


Pubblichiamo qui di seguito una nostra traduzione italiana del discorso del Papa.

Signor Cardinale,
Amati Arcivescovi e Vescovi del Brasile,

Saluto calorosamente tutti voi, in occasione della vostra visita ad Limina a Roma, dove siete venuti per rafforzare i vincoli di comunione fraterna con il Successore di Pietro e da lui siete stati incoraggiati nella guida del gregge di Cristo. Ringrazio monsignor Ceslau Stanula, Vescovo di Itabuna, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro, e vi assicuro delle mie preghiere per voi e per l'amato popolo nordestino, del vostro Regionale Nordeste 3.
Più di cinque secoli fa, proprio nella vostra regione, si celebrava la prima Messa in Brasile, rendendo realmente presente il Corpo e il Sangue di Cristo per la santificazione degli uomini e delle donne di questa nazione benedetta, nata sotto l'egida della Santa Croce. Era la prima volta che il Vangelo di Cristo veniva proclamato a questo popolo, illuminando la sua vita quotidiana.

Questa azione evangelizzatrice della Chiesa cattolica fu e continua a essere fondamentale nella costituzione dell'identità del popolo brasiliano caratterizzata dalla convivenza armoniosa fra persone venute da diverse regioni e culture. Tuttavia, sebbene i valori della fede cattolica abbiano modellato il cuore e lo spirito brasiliani, oggi si osserva una crescente influenza di nuovi elementi nella società, che alcuni decenni fa le erano praticamente estranei. Ciò sta provocando un consistente abbandono della vita ecclesiale o persino della Chiesa da parte di molti cattolici, mentre nel panorama religioso del Brasile, si assiste alla rapida espansione di comunità evangeliche e neopentecostali.

In un certo senso, le ragioni che sono alla base del successo di questi gruppi sono un segnale della diffusa sete di Dio fra il vostro popolo. Sono anche un indizio di un'evangelizzazione, a livello personale, a volte superficiale; di fatto, i battezzati non sufficientemente evangelizzati sono facilmente influenzabili, poiché possiedono una fede fragile e molto spesso basata su un devozionismo ingenuo, sebbene, come ho detto, conservino una religiosità innata. Di fronte a questa situazione emerge, da un lato, la chiara necessità che la Chiesa cattolica in Brasile s'impegni in una nuova evangelizzazione che non lesini sforzi nella ricerca dei cattolici che si sono allontanati e anche di quelle persone che poco o nulla conoscono del messaggio evangelico, portandoli a un incontro personale con Gesù Cristo, vivo e operante nella sua Chiesa. D'altro lato, con la crescita di nuovi gruppi che si dicono seguaci di Cristo, anche se suddivisi in diverse comunità e confessioni, diviene più imperativo, da parte dei pastori cattolici, l'impegno di creare ponti per stabilire contatti attraverso un sano dialogo ecumenico nella verità.

Tale sforzo è necessario prima di ogni altra cosa, perché la divisione fra i cristiani è in contrasto con la volontà del Signore che "tutti siano una sola cosa" (Gv 17, 21). Oltre a ciò, la mancanza di unità è causa di scandalo e finisce per minare la credibilità del messaggio cristiano proclamato nella società. E la sua proclamazione è forse oggi ancor più necessaria che nei decenni passati perché, come ben dimostrano i vostri resoconti, persino nelle piccole città dell'interno del Brasile, si osserva una crescente influenza negativa del relativismo intellettuale e morale nella vita delle persone.

Non sono pochi gli ostacoli che la ricerca dell'unità dei cristiani ha dinanzi. In primo luogo si deve rifiutare una visione erronea dell'ecumenismo, che comporta un certo indifferentismo dottrinale che cerca di livellare, in un irenismo acritico, tutte le "opinioni" in una sorta di relativismo ecclesiologico. Parallelamente c'è la sfida dell'incessante moltiplicazione di nuovi gruppi cristiani, alcuni dei quali fanno uso di un proselitismo aggressivo, il che mostra come il paesaggio dell'ecumenismo sia ancora molto variegato e confuso. In questo contesto - come ho detto nel 2007, nella Catedral da Sé di San Paolo, nell'indimenticabile incontro con voi vescovi brasiliani:  "è indispensabile una buona formazione storica e dottrinale, che abiliti al necessario discernimento ed aiuti a capire l'identità specifica di ognuna delle comunità, gli elementi che dividono e quelli che aiutano nel cammino verso la costruzione dell'unità.

Il grande campo comune di collaborazione dovrebbe essere la difesa dei valori morali fondamentali, trasmessi dalla tradizione biblica, contro la loro distruzione in una cultura relativistica e consumistica; e ancora, la fede in Dio Creatore e in Gesù Cristo, suo Figlio, incarnato" (6). Per questo motivo, vi incoraggio a proseguire compiendo passi positivi in questa direzione, come è il caso del dialogo con le chiese e le comunità ecclesiali appartenenti al Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane, che con iniziative come la Campagna della Fraternità ecumenica, contribuiscono a promuovere i valori del Vangelo nella società brasiliana.

Stimati fratelli, il dialogo fra i cristiani è un imperativo del tempo presente e un'opzione irreversibile della Chiesa. Nel frattempo, come ricorda il Concilio Vaticano ii, al centro di tutti gli sforzi a favore dell'unità ci devono essere la preghiera, la conversione e la santificazione della vita (cfr. Unitatis redintegratio, n. 8). È il Signore a dare l'unità, che non è una creazione degli uomini; ai pastori corrisponde l'obbedienza alla volontà del Signore, promuovendo iniziative concrete, libere da qualsiasi riduzionismo conformista, ma realizzate con sincerità e realismo, con pazienza e perseveranza, che nascono dalla fede nell'azione provvidenziale dello Spirito Santo.

Cari e venerati fratelli, in questo nostro incontro ho cercato di evidenziare brevemente alcuni aspetti della grande sfida dell'ecumenismo affidata alla vostra sollecitudine apostolica. Nell'accomiatarmi da voi, ribadisco ancora una volta la mia stima e la certezza delle mie preghiere per tutti voi e per le vostre diocesi. In modo particolare, desidero rinnovare qui la mia solidarietà paterna ai fedeli della diocesi di Barreiras, recentemente privati della guida del loro primo e zelante pastore, monsignor Ricardo José Weberberger, che ora si trova nella casa del Padre, meta dei passi di tutti noi. Riposi in pace! Invocando l'intercessione di Nossa Senhora Aparecida, imparto a ognuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutto il popolo a voi affidato, un'affettuosa  Benedizione  Apostolica.


(©L'Osservatore Romano - 11 settembre 2010)
Fraternamente CaterinaLD

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16/09/2010 23:55
 
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"Una Chiesa che cerca di essere attraente è già fuori strada"

Ecco una delle risposte che il Santo Padre, in viaggio per la Scozia, ha dato ai giornalisti nel corso della consueta intervista in aereo, nella trascrizione fattane da A. Tornielli:

- Il Regno Unito, come molti altri Paesi occidentali, è considerato un Paese secolare, con un forte movimento di atesimo anche con motivazioni culturali, tuttavia vi sono anche segni che la fede religiosa, in particolare in Gesù Cristo, è tuttora viva a livello personale. Che cosa può significare questo per cattolici e anglican. Si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile e attrattiva per tutti?

Benedetto XVI
- Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri, così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, le grandi forze di amore di riconciliazione che è apparso in questa figura e che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo.
 In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stesso, come corpo forte e potente nel mondo, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore, in questo momento si ascolta si accetta la Chiesa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, e essa stessa vedere e parlare di un Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno il semplice, lo stesso compito, la stessa direzione da prendere.
Se anglicani e cattolici vedono ambedue che non servono per se stessi ma sono strumenti per Cristo. Amico dello sposo, come dice san Giovanni, se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, vengono anche insieme. Perché in quel tempo la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cerca il maggiore numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo.

qui il testo integrale


 




Fraternamente CaterinaLD

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17/10/2010 19:18
 
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Non fanno così anche i pagani?


Da Repubblica.it del 6 Ottobre 2010 emerge tutto quello che la Chiesa ha da perdere con l'ecumania mista a solidarismo terzomondista.
Se tutto si diluisse in questo cocktail indigesto, sarà proprio il solidarismo terzomondista ormai "laico" a soppiantare la Chiesa, relegare l'Evangelizzazione nel cassetto rotto delle "cose superflue e indesiderate" e lasciare della salvezza delle anime solo un lontano e sbiadito ricordo...in poche parole, mettere la lampada accesa sotto un secchio.

Intendiamoci: Al Sig. Valentino Giacomin, ex insegnante e giornalista veneto, non sono degno neppure di slegare i lacci dei sandali. Umanamente meritoria la sua opera: se fossi una di quelle giovani vite salvate dal puzzo di putrido e dalle botte, avrei tutta una vita di motivi per essergli infinitamente grato.

Ma chi è
Valentino Giacomin?
[il neretto è nostro]

..."Il documentario "I bambini della pira" è diventato da un paio d'anni il loro biglietto da visita, semmai ne avranno mai uno le centinaia di ragazzini cresciuti tra cadaveri e marjuana sulle sponde del sacro Gange.
Yogi, Bacha Babu, Manish e Ashish sono quattro dei sette protagonisti, seguiti per mesi da una troupe del regista Rajesh Jala lungo i ghat di Manikarnika a Varanasi, la sacra Benares, dove si bruciano i cadaveri degli hindu per spargere le loro ceneri nel Fiume Madre.
Da quando avevano ancora meno di cinque anni, questi figli del fuoco hanno passato le loro giornate e spesso le notti attorno alle cataste di legna in fiamme nella speranza di portarsi via - di fatto rubare - i sudari dei cadaveri da rivendersi ai familiari di qualche altro defunto.
E non solo stoffe di seta, talvolta prendono oggetti, o - come le chiagnolente del nostro Sud - vanno a piangere per il lutto in cambio di una mancia.
E' una vita dura e di certo non comune per quest'infanzia che appartiene in gran parte a una precisa etnia di Intoccabili indiani, i Dom, tradizionalmente impiegati per stare a contatto con i cadaveri, un "karma" che rende impuro un hindu di alta casta.
Il fuoco al quale sono sempre esposti - come operai di una fornace perennemente accesa che brucia 150 cadaveri al giorno - non è la sola punizione che devono sopportare fin da piccolissimi.
Questi "scugnizzi" sono generalmente diventati resistenti a tutto, batteri e microbi della decomposizione e del fiume, compresi i pregiudizi della gente o le maledizioni dei preti bramini, che li picchiano per farli allontanare dal luogo della cremazione.
Quando il morto non ha nemmeno un prete per mandarlo all'altro mondo con una preghiera, sono i bambini della Pira a provvedere a modo loro, scimmiottando gli odiati sacerdoti e i gesti rituali degli stessi parenti.
[...]Nel film tratto da 120 ore di pellicola girato in ogni angolo dei loro slum, i bambini risultano infatti essere gli anelli più deboli di una catena familiare che li priva spesso di ogni calore umano, figli di alcolizzati, disoccupati, o genitori senza alcuna istruzione.
[...] Per ora quattro dei sette "attori" sono stati accolti in una struttura abbastanza speciale sorta a Sarnath, il luogo vicino Varanasi celebre per i sermoni trasmessi dal Buddha duemila anni fa.
E' un istituto ispirato all'Alice project, Progetto Alice, che prevede materie di insegnamento non convenzionali a fianco di quelle regolamentari del governo come matematica, scienza, lingue hindi, sanscrito e inglese, storia, biologia, chimica e geografia.
I 900 bambini provenienti per lo più da famiglie disagiate attorno a Varanasi, imparano anche yoga, meditazione, medicina ayurvedica e massaggio, nonché danza, arte drammatica, mitologia, ecologia, agricoltura, lavoro sociale e filosofia.
La nascita di questo progetto, a tutta apparenza tipicamente "indiano", è in verità frutto dell'idea e dell'esperienza transculturale di un italiano, ex insegnante e giornalista, che un giorno ha lasciato indietro il suo Veneto in quel di Villorba e i suoi precedenti lavori spinto dal desiderio di utilizzare le sue idee didattiche per educare i bambini di un'altra cultura senza imporre la propria.

Un percorso diametralmente opposto a quello di tante missioni a sfondo religioso e di conversione, che pure aiutano a modo loro le popolazioni bisognose, ma rischiano di allontanare i bambini dalla loro precedente cultura.

Valentino Giacomin, aiutato da un'altra ex insegnante, Luigina De Biasi, ha iniziato la sua nuova vita comprando un pezzo di terra a Sarnath per aprire la scuola di "Educazione universale" che aveva in mente dall'Italia.
Il motto dell'istituto dice pressappocco: "Se sei indù, sii un meraviglioso indù, se sei cristiano, sii un grande cristiano. Se sei musulmano, sii un bravo musulmano. Se sei buddista, sii un buddista illuminato... Quando diventeremo illuminati, non ci sarà più differenza".

Potrei dichiararmi disgustato per la sufficienza con cui Raimondo Bultrini di repubblica.it abusa di quel "tante missioni a sfondo religioso, che pure a modo loro aiutano le popolazioni bisognose"..della serie, se proprio proprio non v'è altro!
Ma "altro v'è". E che miracolo! E' l'Educazione universale!
.." se sei cristiano, sii un grande cristiano, se sei buddista sii un buddista illuminato, se sei indù, sii un meraviglioso indù"..
Non mi capacito di un concetto così ABISSALMENTE idiota: non vede il pur caro e benemerito Giacomin d'esser LUI, veneto, figlio di una radicata tradizione cristiana e cattolica, ad esser lì sulle sponde di quella torbida e sacrulenta* cloaca a curare le ferite di una società di "meravigliosi indù" e non chi, invece, in quel Paese ci è nato e cresciuto? Non s'è mai chiesto perchè chi ci nasce e ci vive, guarda e passa fregandosene?..
O perchè non sono indiani "indù" a venire in Italia a creare centri di aggregazione (e riscatto) giovanile a Scampìa?
Non capisce che un "meraviglioso indù", proprio perchè tale, AMA le caste, ripetta il karma della purezza, pretende la segregazione dei "sottouomini".. E non sono forse "bravi musulmani" quei tipi che da tempo invocano la morte della sventurata
Sakineh, dopo averle già dato 99 frustate?..è così difficile fare due più due e capire come solo la Via, la Verità, la Vita che è Nostro Signore ha saputo spezzare queste dinamiche abominevoli?
Ma qualcuno gli ha mai fatto notare la differenza tra "imporre" e "offrire"?.. Chi impone e chi offre tra i "brahamini" ossessionati dal karma della purezza e Madre Teresa di Calcutta? Chi?!..
Mutatis mutandis,
scriveva San Daniele Comboni, che di questo genere di cose se ne intendeva, in una lettera ad un sacerdote trentino:
"Vegga, signore, uno dei compiti della nostra missione. Nessun trattato, nessuna potenza potrà qui [nella "Sua" amata Africa, n.d.r.] abolirvi la schiavitù, perché è permessa da Maometto, e i musulmani credono di essere in diritto di esercitare la schiavitù.
Non si distruggerà che colla predicazione del Vangelo, e collo stabilire definitivamente il Cattolicesimo in queste contrade”.

Così Agnoli su Il Foglio del 24.8.09:
"Il nucleo del progetto [di San Daniele Comboni, n.d.r.] consiste dunque nell’idea che i mali dell’Africa sono anzitutto mali spirituali, e di conseguenza anche materiali. L’Africa sarà salvata e si svilupperà se conoscerà Cristo."
E ancora:
"Comboni"- come ricorda Richard Gray nell’introduzione allo studio di Gianpaolo Romanato- "ignorava la moderna esigenza di dialogo tra le religioni. Egli non fu assolutamente un figlio dell’Illuminismo".
Neppure sapeva qualcosa dell’ecumenismo post-Concilio. Dialogare con gli uomini, con tutti, coi poveri e coi potenti; amarli, tutti, in particolare gli africani, questo sì. Ma dialogo con le religioni assolutamente no.
Per Comboni occorre salvare l’Africa con Cristo, e con gli africani; occorre costruire scuole, ospedali, università, per loro e con loro, non in Europa, quanto nei loro paesi, rispettando il più possibile usi e costumi locali.
Occorre, soprattutto, liberarli da alcuni mali che li mantengono nelle tenebre spirituali, “sotto il giogo di Satana”, e nel sottosviluppo: il Corano, e quelle credenze animiste che portano per esempio il re del Buganda a festeggiare alcune ricorrenze sgozzando decine di schiavi in riti propiziatori. La vita, Comboni decide di darla per questo, per nulla di meno."

Povero Raimondo Bultrini di Repubblica.it, che pensa che le missioni religiose, "malgrado tutto", aiutino a modo loro.. con l'enorme difetto però di allontanare i bambini dalla loro precedente cultura.
Quella stessa cultura che li costringeva ad una vita da carognari intoccabili.

E povera Chiesa che ha perso da tempo uomini di acciaio dalle idee nette e chiarissime come lo fu San Daniele Comboni, sacrificati su quello stesso Altare dove ora il "comboniano" Alex Zanotelli fa a gara con altri numerosi partecipanti a chi le spara più eterodosse...

Zac

*sacrulenta non esisteva. Ora sì.
Siamo "Messainlatino", mica crusca..



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Predica di Padre Konrad del 23.1.2011 sull' Ecumenismo


( invitiamo tutti a NON estrapolare singole frasi e a strumentalizzarle pro o contro qualcuno, vanificando l'intero contesto della predica....)

         padre Konrad



In nomine Patris, et Filii, et Spiritui Sancti.

In questa settimana di Preghiera per l'unione dei Cristiani, vogliamo considerare il fenomeno dell'Ecumenismo.
L'etimologia del termine "ecumenismo" è "Oikoumené" la parola greca che significa "mondo", il termine "ecumenismo" significa dunque, qualche cosa che riguarda tutto il mondo, qualche cosa di universale, qualche universalismo.
Ora, il termine Ecumenismo (con il suo significato di universalismo), viene inteso in due sensi distinti: primo senso è che tutto il mondo deve divenire cattolico; il secondo senso è che tutti gli uomini si devono unire sulla base di ciò che hanno in comune.
Il primo senso di Ecumenismo è il senso Cattolico, il secondo senso è il senso non cattolico!
Che il primo senso è Cattolico è già chiaro nell'etimologia del termine "cattolico" che significa "intero", viene dalla parola greca "olos" e si rapporta tra l'altro al genere umano itero.
Ecumenismo, nel secondo senso, non è una faccenda Cattolica, ma politica, perchè non spetta al bene ultimo dell'uomo in cielo come il cattolicesimo, ma spetta al suo bene su questa terra: spetta alla sua pace con altri quaggiù.
Ecumenismo nel secondo senso, che è purtroppo il senso lunge il più comune, non solo non corrisponde al cattolicesimo, ma è anche ostile al Cattolicesimo, perchè se cerchiamo solo ciò che ci unisce con altre Confessioni Cristiane, o con altre religioni (come se ci fossero altre religioni fuori che la sola vera Religione Cattolica), se cerchiamo solo ciò che ci unisce con loro, neghiamo o almeno trascuriamo e diluiamo, un articolo di fede dopo l'altro; cercando solo ciò che ci unisce ai luterani, neghiamo, per esempio, la natura sacrificale della Santa Messa, i Sette Sacramenti, il culto alla Madonna; cercando ciò che ci unisce ai musulmani, per esempio, neghiamo o trascuriamo il mistero della Santissima Trinità, la divinità e la missione salvifica di Nostro Signore Gesù Cristo + che costituiscono, infatti, il nucleo essenziale della fede.
Così il Cattolicesimo scende in una specie di vago cristianesimo in confronto con le altre confessioni, o in confronto con le altre religioni scende in una specie di vago umanesimo, o ricerca di essere simpatici a tutti!

Era questo il motivo dell'Incarnazione, della vita, della passione, della morte in Croce tra spasimi atroci di  dolore di Nostro Signore Gesù Cristo + ? Domando!
Qualcuno proverà forse a difendere questo falso ecumenismo, che è la condivisione di ciò che è comune a tutti, dicendo che è una forma di amore, e l'amore è nell'analisi finale, lo scopo della nostra vita e Dio stesso è l'amore; la Santissima Trinità è un mistero di amore tra le Tre Persone Divine +. Ebbene è vero che la condivisione di tutto ciò che è comune tra Cattolici ed altri è una forma di amore, ma è anche vero che l'amore è cieco! e deve essere guidato dalla conoscenza.
L'uomo ha due facoltà principali dell'anima: la conoscenza e la volontà (o amore razionale), e tutte e due devono adoperarsi nel suo agire. Sul livello sovrannaturale questa conoscenza è la conoscenza della fede, e questo amore è l'amore della Carità, e tutte e due si devono adoperare nel suo agire: e la Fede e la Carità.
Non basta avere la fede per essere salvati; non basta amare per essere salvati, ma occorre la fede e la carità.
Rispondiamo dunque, a questa obiezione "che l'amore basti" dicendo che la conoscenza è anche necessaria.
Ma bisogna aggiungere (insieme) che la conoscenza, ha la precedenza sull'amore perchè, come ho già detto, l'amore è cieco e deve essere guidato dalla conoscenza: prima di amare devo sapere cosa amare e come amare. Se un ubriaco mi chiede cento euro ed io glieli do, non pratico l'amore perchè non lo posso amare in questo modo dando i soldi...
Sul livello soprannaturale la fede (come conoscenza sovrannaturale), ha la precedenza sulla Carità (come amore soprannaturale). L'oggetto della Fede è Dio, la Santissima Trinità e non posso amarLo con la carità prima di conoscerLo con la Fede.
Sul livello più profondo possiamo dire con Romano Amerio, nel suo libro ammirevole "Jota Unum", che la conoscenza precede l'amore, ultimamente, nel mistero della Santissima Trinità stessa, perchè la conoscenza di Dio tramite il Verbo precede l'amore di Dio tramite lo Spirito Santo: la processione del Figlio dall'intelletto del Padre, precede la processio dello Spirito Santo dall'amore reciproco del Padre e nel Figlio.
In questo modo possiamo dire che Dio, prima di essere un mistero di Amore è un mistero di Conoscenza.
Vediamo dunque che gli ecumenisti falsi si sbagliano quando dicono che "basta amare", necessario è piuttosto, ribadisco, sia la conoscenza, sia l'amore e, la conoscenza, ha la precedenza sull'amore; la fede sulla carità, il vero sul bene.

Come si esercita l'Ecumenismo?
L'Ecumenismo Cattolico avviene tramite l'insegnamento. Il primo compito della Chiesa è di insegnare la fede: la Chiesa è in possesso della fede che è la verità assoluta ed immutabile e deve insegnarla agli altri per la loro salvezza perchè per essere salvati devono conoscere Dio con la Fede e amarLo con la carità (di per se stesso e tramite il vicario) per glorificarLo quaggiù e in cielo per salvare le loro anime.
L'Ecumenismo falso... si esercita tramite il così detto "dialogo" che viene inteso come una specie di relazione reciproca con l'altro, dove l'uno è aperto all'altro e l'uno impara dall'altro a vicenda, in un tipo di processo senza termine in ricerca di una verità elusiva o mutabile, considerata come meno importante del dialogo stesso o dell'amore che lo costituisce.
Per valutare questo concetto di dialogo bisogna spiegare che la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto la VERITA' da Dio stesso che è la Verità tutta intera.
Nostro Signore Gesù Cristo + di cui il Nome sia sempre adorato e benedetto, disse: "Io vi manderò lo Spirito della verità, che vi condurrà alla verità intera", questa verità è la verità sovrannaturale, il contenuto della fede, la verità assoluta e immutabile, più stabile della terra, delle stelle, della luna e del sole, perchè "il cielo e la terra passeranno ma - dice il Signore - le mie parole non passeranno".
Le parole del Signore, la verità della fede, sono immutabili e non cambieranno: neanche uno jota cambierà, e nessun uomo di Chiesa ha il potere di cambiare il minimo dettaglio della fede.

Ora, la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto un mandato del Signore, da predicare questa fede raccontato alla fine del vangelo di san Matteo con le parole: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato"; alla fine del vangelo di san Marco, con le parole: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato"; alla fine di san Luca, con le parole: "Il Cristo doveva patire e risorgere e nel Suo nome saranno predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati".
Queste parole alla fine dei vangeli sono, per così dire, lo strumento per comunicare il contenuto dei vangeli alla terra intera, per comunicare gli avvenimenti e le parole di quei trentatre anni di vita terrena dell'adorabilissimo Figlio di Dio e di Maria che hanno cambiato per sempre la faccia di questa terra e hanno determinato definitivamente il destino eterno di ogni uomo, dall'inizio dei tempi fino alla loro fine.

Questo mandato è il "munus docendi" di Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che ha tre "munera": il munus docendi, il munus regendi e il munus santificandi: tre uffici: quello di insegnare, quello di governare, quello di santificare, Questi tre Uffici li ha tramandati alla Sua Chiesa una, santa, Cattolica ed Apostolica e ad ogni membro del Suo Clero.

Insegnare la fede è dunque un ufficio, un compito, un obbligo della Chiesa e del Suo Clero: "guai a me se non predico il vangelo" dice san Paolo.
Insegnare la fede significa che la Chiesa che è in possesso della verità, la comunichi a qualcuno che non è in possesso di questa verità, ad una persona che ne è ignorante affinchè anche lui la conosca.
Non è un processo interminabile di dialogo, di discussione, di interessamento da parte della Chiesa alle opinioni false di altri, per cercare insieme  una specie di...amalgamo  del vero e del falso, nell'interesse di una convivenza puramente terrena.
Piuttosto è una comunicazione della verità, dell'unica verità: dalla verità soprannaturale e assoluta, la Verità che in fin dei conti è Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che disse: "IO SONO LA VERITA' " affinchè ogni uomo venga alla conoscenza di questa verità e ogni uomo venga salvato!
Amen

In Nomine Patris, et Filii et Spiritui Sancti
Sia lodato Gesù Cristo +





  san Simonino a venezia
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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25/01/2011 19:07
 
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IMPORTANTE OMELIA DEL PAPA AI VESPRI PER LA CHIUSURA DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA ECUMENICA....



Il Papa: La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero
(..)

L’unità alla quale Cristo, mediante il suo Spirito, chiama la Chiesa non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa “nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio” (ibid., 2).




*************** 
 
mi sembra che ci siano elecanti punti importanti che ci fanno ben RESPIRARE e sperare: 
 
- non è sufficiente riconoscere ciò che ci divide; 
- non facciamo ecumenismo per un puro PACIFISMO E CONVIVENZA.... 
- l'unità che si persegue è nella Preghiera del Cristo; 
- l'unità non si realizza solo sulle strutture organizzative; 
- l'unità a cui aneliamo è il PRONUNCIAMENTO DI UNA SOLA FEDE, UNA SOLA EUCARESTIA, CONCORDIA NELLA FAMIGLIA DI DIO.... 
che tradotto dai discorsi del Papa riguarda ANCHE L'ETICA E LA MORALE SULLA FAMIGLIA, SUL MATRIMONIO TRA UOMO E DONNA.... 
 
insomma, il Papa questa volta ci ha dato dentro....non restiamone delusi.... Wink


    
Pope Benedict XVI holds his cross as he arrives to lead a Vespers mass at the basilica of Saint Paul Outside-The-Walls in Rome January 25, 2011.Pope Benedict XVI holds his cross as he arrives to lead a Vespers mass at the basilica of Saint Paul Outside-The-Walls in Rome January 25, 2011.







[Modificato da Caterina63 25/01/2011 19:32]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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29/01/2011 11:13
 
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Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi (Radio Vaticana)

Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi

Con la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, presieduti dal Papa lunedì scorso nella Basilica di San Paolo fuori le Mura si è conclusa la Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani. Proprio sull'importanza dell'ecumenismo si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

“La ricerca del ristabilimento dell’unità fra i cristiani divisi non può ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze e al conseguimento di una pacifica convivenza”.
Queste parole del Papa durante i Vespri del 25 gennaio nella Basilica di San Paolo suonano come un monito forte.

Quante volte, di fronte alle difficoltà del confronto o del dialogo, ci ritiriamo sulle nostre posizioni e ci accontentiamo di evitare le tensioni, riconoscendo cortesemente le distanze reciproche, ma rinunciando a esporci a passi più impegnativi, sentiti forse come rischiosi per le abitudini o le sicurezze acquisite. Una cultura della tolleranza e del pluralismo rende naturale questo atteggiamento, che molte volte si presenta come il più realistico e saggio. Ma è proprio così?
L’unità è un’altra cosa.

Il Papa continua: “Ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero”. Di fronte alla “tentazione della rassegnazione e del pessimismo” Papa Benedetto ci invita a ravvivare “la fiducia nella potenza dello Spirito Santo” e a “proseguire con passione il cammino”. San Paolo cade da cavallo quando incontra Gesù, e la sua vita cambia. Conversione. Che cosa vuole Cristo da noi?
 
Non certo che restiamo al punto in cui siamo. Se no i nostri incontri ecumenici resteranno belle scenografie, e saranno specchio di un passato di divisioni più che germe di futuro e di più credibile testimonianza della presenza dello Spirito di Dio. Uno Spirito a cui dobbiamo fare più spazio nel nostro mondo attraversato dall’odio. Con il realismo dell’amore.

da Radio Vaticana

breve riflessione:

Caro Padre Lombardi,
concordo con le sue riflessioni, salvo il fatto che troppo "plurale" può far disorientare i credenti....

Lei dice:
Quante volte, di fronte alle difficoltà del confronto o del dialogo, ci ritiriamo sulle nostre posizioni e ci accontentiamo di evitare le tensioni, riconoscendo cortesemente le distanze reciproche, ma rinunciando a esporci a passi più impegnativi, sentiti forse come rischiosi per le abitudini o le sicurezze acquisite.

********************

si, verissimo... ma a cosa si riferisce in quel "rinunciare"?
NON siamo NOI a rinunciare al confronto sereno di NOZIONI DOTTRINALI IMMUTABILI quali la Presenza reale nell'Eucarestia, il primato Petrino, i Sette Sacramenti, ecc...
Non si tratta, voglio sperare, di inserire tali DOTTRINE IMMUTABILI all'interno di quelle "abitudini e sicurezze acquisite"...perchè è indispensabile nell'incontro con chi non la pensa come noi, che NON NOI, QUANTO PIUTTOSTO LA E' VERITA' CHE CI POSSIEDE...e non ci possiede perchè noi possiamo diventare superbi, al contrario, ci possiede perchè noi dobbiamo trasmetterla agli altri...


L'autentico "realismo dell'Amore"
non può che condurci alla VERITA'...
il fatto stesso, per noi, che sia il Sommo Pontefice a GUIDARE questa conclusione di Settimana di Preghiera, ci fa ben comprendere l'importanza del ruolo Petrino e della dottrina sulla vera identità della Chiesa che non è una raccolta di sincretismi, ma L'OBBEDIENZA AL CRISTO E AI SUOI SETTE SACRAMENTI...
Non esiste un'altra visione del "realismo dell'Amore"...





Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/02/2011 19:45
 
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PERDONATE LA NOTIZIA non propriamente OT ma assai curiosa....  
 
il 23 gennaio 2011 un cardinale pianta un albero a san Paolo fuori le mura in onore di Lutero.....  
ma...il 28 maggio 2011 SUOR MARIA SERAFINI MICHELA....-1849-1911 - SARà BEATIFICATA A BENEVENTO.....  
dove sta la curiosità?  
che questa Suora ebbe la visione di LUTERO IN UN INFERNO..... 

ATTENZIONE...PER QUANTO NOI, MEN CHE MENO LA CHIESA, SI CONDANNA QUALCUNO ALL'INFERNO....RESTA PALESE CHE LE VISIONI, LE PROFEZIE DEI SANTI E BEATI HANNO PER NOI SEMPRE UN FONDAMENTO DI VERITA' ANCHE SE DA INTERPRETARE CORRETTAMENTE.....

 
Nel 1883 Suor Maria Serafina Micheli (1849-1911) che sarà beatificata a Faicchio in provincia di Benevento e diocesi di Cerreto Sannita il 28 maggio 2011, fondatrice dell’Istituto delle Suore degli Angeli, si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero.

Si festeggiava, in quel giorno, il quarto centenario della nascita del grande eretico ( 10 novembre 1483) che spaccò l’Europa e la Chiesa in due, perciò le strade erano affollate, i balconi imbandierati. Tra le numerose autorità presenti si aspettava, da un momento all’altro, anche l’arrivo dell’imprenditore Guglielmo I, che avrebbe presieduto alle solenni celebrazioni. La futura beata, pur notando il grande trambusto non era interessata a sapere il perché di quell’insolita animazione, l’unico suo desiderio era quello di cercare una chiesa e pregare per poter fare una visita a Gesù Sacramentato. Dopo aver camminato per diverso tempo, finalmente, ne trovò una, ma le porte ...  

... erano chiuse. Si inginocchiò ugualmente sui gradini d’accesso, per fare le sue orazioni. Essendo di sera, non s’era accorta che non era una chiesa cattolica, ma protestante. Mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: “ Alzati, perché questo è un tempio protestante”.

Poi  le soggiunse: “Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio”.  
Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano crudelmente tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo. La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio. In seguito, quando le si presentava l’occasione ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia.  

L’orgoglio lo fece cadere nel peccato capitale, lo condusse all’aperta ribellione contro la Chiesa Cattolica Romana. La sua condotta, il suo atteggiamento nei riguardi della Chiesa e la sua predicazione furono determinanti per traviare e portare tante anime superficiali ed incaute all’eterna rovina. Se vogliamo evitare l’Inferno viviamo nell’umiltà. Accettiamo di non essere considerati, valutati e stimati da quelli che ci conoscono. Non lamentiamoci, quando veniamo trascurati o siamo posposti ad altri che pensiamo siano meno degni di noi. Non critichiamo mai, per nessun motivo, l’operato di coloro che ci circondano. Se giudicheremo gli altri, non siamo neppure cristiani. Se giudichiamo gli altri, non siamo neppure noi stessi.  
Confidiamo sempre nella grazia di Dio e non in noi stessi. Non preoccupiamoci eccessivamente della nostra fragilità, ma del nostro orgoglio e presunzione.

Diciamo spesso col salmista: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze” (Salm. 130). Offriamo a Dio il nostro “nulla”: le incapacità, le difficoltà, gli scoraggiamenti, le delusioni, le incomprensioni, le tentazioni, le cadute e le amarezze di ogni giorno. Riconosciamoci peccatori, bisognosi della sua misericordia. Gesù, proprio perché siamo peccatori ci chiede solo di aprire il nostro cuore e di lasciarsi amare da Lui. E’ questa l’esperienza di San paolo: “La mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza.  
Mi vanterò, quindi, ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor. 12,9). Non ostacoliamo l’amore di Dio nei nostri riguardi col peccato o con l’indifferenza. Diamogli sempre più spazio nella nostra vita, a vivere in piena comunione con Lui nel tempo e nell’eternità.  

Don Marcello Stanzione


**********************************************

e non dimentichiamo quanto segue:


 

BREVE

ROMANORUM PONTIFICUM

IL VESCOVO BENEDETTO,
SERVO DEI SERVI DI DIO.
A PERPETUA MEMORIA


In ogni tempo i Romani Pontefici Nostri Predecessori ebbero a cuore — e anche a Noi preme moltissimo — che i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica siano invitati a tornare ad essa, come ad una madre da loro abbandonata. Splende infatti nella fondamentale unità della fede il principio della verità della Chiesa, e non diversamente l’Apostolo Paolo esorta gli Efesini all’unità dello spirito, da conservarsi nel vincolo della pace, la quale prevede un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo (Ef. IV, 5).

Con grande gioia abbiamo appreso che la Società chiamata « della Espiazione », fondata a New York, ha proposto preghiere da recitarsi dal giorno della festa della Cattedra Romana di San Pietro fino alla festa della Conversione di San Paolo affinché si ottenga questo grande obiettivo dell’unità, e Ci siamo pure rallegrati per il fatto che queste preghiere, benedette dal Santo Padre Pio X di recente memoria e approvate dai Sacri Vescovi dell’America, si sono diffuse in lungo e in largo negli Stati Uniti.

Pertanto, affinché più facilmente si consegua l’obiettivo desiderato, e le suddette preghiere si recitino ovunque con grande vantaggio delle anime, Noi, udito anche il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, a tutti i fedeli dell’uno e dell’altro sesso che in qualunque parte della terra — dal giorno 18 del mese di gennaio, festa della Cattedra Romana di San Pietro, fino al giorno 25 dello stesso mese, nel quale si onora la Conversione di San Paolo — reciteranno ogni anno tali preghiere una volta al giorno, e poi nell’ottavo giorno, veramente pentiti, confessati e nutriti della Santa Comunione, dopo aver visitato qualsiasi Chiesa o pubblico Oratorio abbiano innalzato a Dio pie preghiere per la concordia dei Governanti Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa, Noi concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.

Concediamo inoltre la possibilità di lucrare la predetta indulgenza plenaria a coloro che, confessati debitamente i peccati e ricevuta la Santa Comunione, compiuta pure la visita nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro in Roma, chiedano perdóno. Inoltre, agli stessi fedeli che con il cuore contrito, in qualunque degli otto giorni menzionati, abbiano recitato le stesse preghiere, concediamo duecento giorni di indulgenza nella forma consueta della Chiesa. Concediamo che tutte e singole queste indulgenze, remissioni dei peccati e attenuazioni delle penitenze possano essere applicate, a modo di suffragio, anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio.

Le presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le preghiere che dovranno essere recitate, negli otto giorni sopra stabiliti per l’unità della Chiesa, sono le seguenti, e affinché su di esse non venga operata alcuna variazione, abbiamo ordinato che una copia delle stesse alla custodita nell’Archivio dei Brevi Apostolici.

« Antifona (Giovanni, XVII, 21): Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

— Io dico a te che tu sei Pietro.

— E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa ».

Preghiera: « Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi Apostoli: Vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa; dégnati di pacificarla e riunirla secondo la tua volontà, tu che vivi e Regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen ».

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 25 febbraio 1916, nell’anno secondo del Nostro Pontificato.



BENEDICTUS PP. XV


[Modificato da Caterina63 14/03/2011 15:14]
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16/09/2011 14:23
 
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ECCO COSA INTENDIAMO PER ECU-MANIA....
I SUOI FRUTTI MARCI....
[SM=g1740730]

San Marino: prete cattolico diventa evangelico. La lettera del Vescovo Mons. Negri

cliccare sull'immagini per ingrandire







Diocesi di San Marino-Montefeltro
Ufficio Stampa e Comunicazioni Sociali
Via Seminario, 5 – 47864 Pennabilli (Rn)



Comunicato Stampa

Messaggio alla Chiesa particolare di San Marino-Montefeltro

Carissimi figli di questa Chiesa particolare, mentre permangono ancora nei nostri cuori lo stupore e la gratitudine per il grande evento della visita di Sua Santità Benedetto XVI, un attacco grave colpisce il cuore della nostra Chiesa.
Don Luca De Pero, fino a due giorni fa Parroco della Parrocchia di Montecerignone, alla fine della Messa celebrata domenica scorsa ha annunciato il suo passaggio alla Chiesa evangelica protestante di Cesena. Compiendo questo gesto gravissimo di attacco al dogma cattolico e alla disciplina ecclesiastica egli ha assunto una posizione eretica quanto ai contenuti e scismatica quanto all’atteggiamento.

Non è la Chiesa che lo esclude, è lui che si è autoescluso dalla comunione ecclesiale. Avevo avuto sentore di qualche frequentazione indebita di protestanti nella parrocchia e non più tardi di quattro giorni fa ero intervenuto in un lungo dialogo, alla presenza del Vicario Generale Mons. Ciccioni e di Don Federico Bortoli. Alla mia domanda di rispondere se egli avesse dei rapporti organici con la Chiesa evangelica di Cesena o se intendesse attivarli, Don Luca ha negato.

Ci troviamo, quindi, di fronte ad una volontà determinata di rompere l'unità ecclesiale e a un atteggiamento che ha provocato e provoca lo scandalo di coloro che egli avrebbe dovuto educare nell’esperienza della Chiesa e nella loro maturazione ecclesiale e umana.
Non ho parole per descrivere i sentimenti che si affollano nel mio cuore se non riconoscere che ancora una volta, il padre delle tenebre e della menzogna sferra un colpo grave alla nostra Chiesa.
Sono certo che la protezione della Madonna, che invochiamo con così tanta devozione, ci saprà aiutare a superare quest’avvenimento tremendo e a tradurre, per quanto si potrà, questa terribile prova in un’occasione per aumentare la nostra fede in Cristo e la nostra dedizione alla Sua Chiesa.

Comunico anche che, in ossequio alle disposizioni della Santa Sede, sto attivando tutte le procedure che sono previste in questi casi dal Codice di Diritto Canonico.
Il Signore abbia alla fine misericordia di chi, con quest’atteggiamento dissennato, inizia una vita negativa per sé e per coloro che, fidandosi di lui, potrebbero addirittura seguirlo.

+ Luigi Negri
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Pennabilli, 29 agosto 2011


*********************************************

Ecco dove conduce certa ecu-mania  e l'ospitalità protestante SENZA ORTODOSSIA CATTOLICA....
l'ospitalità è sacra, certamente, ma senza TRADIRE LA SPOSA DI CRISTO. questo prete ha TRADITO LA SPOSA, la Chiesa... ed è evidente che da tempo NON credeva nell'Eucaristia....
SVEGLIATEVI VESCOVI, SVEGLIATEVI SACERDOTI....
con il monito di santa Caterina da Siena, diciamo a noi stessi:

Oimè, oimè, disaventurata l'anima mia! Aprite l'occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l'anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che 'l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. Li pastori dormono nell'amor proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia, che dormono e non si sentono, perchè veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della Grazia in loro e anco quella de' sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n'è cagione la perversità dell'amore proprio.   

 
Oh quanto è pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S'egli è prelato ed egli ha amore proprio, egli non corregge il difetto de' suoi sudditi; perocchè colui che ama sè per sè, cade in timore servile, e però non riprende. Che se egli amasse sè per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe nè farebbe vista di non vedere. Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo. Pregovi che facciate sì che non sia detta a voi quella dura parola con riprensione dalla prima verità, dicendo: «maladetto sia tu che tacesti».
Oimè, non più tacere
!

 Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perchè gli è succhiato il sangue da dosso, cìoè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l'onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci sono dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimè! ch'io muoio, e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può. Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora pel tempo presente v'invito a spogliare l'anima vostra d'ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reale e vera, a onore di Dio e salute dell'anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore: chè tosto vedremo apparire i fiori.

Lettera 16 (XVI) di Santa Caterina da Siena al card. Di Ostia,  citata da Paolo VI nella Proclamazione della Santa a Dottore della Chiesa il 4.10.1970


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Cardinal Koch sul V Centenario della Riforma: «non possiamo celebrare un peccato»

 
Noi ne avevamo già parlato qui. Ora, da Infocatolica, apprendiamo recenti sviluppi, peraltro sorprendenti nel clima attuale; ma certamente in senso positivo!

Si avvicina il 2017, le confessioni sorte dalla autodichiarata Riforma vogliono celebrare il Quinto Centenario. È caduto già da tempo il mito secondo il quale Lutero ha affisso le tesi alla porta della Chiesa del castello di Wittenberg, ed è indubbio che i primi di novembre del 1517 lasciarono il segno nella storia dell'umanità. La segnarono con ferite. 
 
La Chiesa è stata invitata agli eventi. In questo contesto sono rimasto gradevolmente sorpreso dalle dichiarazioni del Presidente del Pontificio Consiglio per la Unità dei Cristiani sul sito della diocesi di Münster. Il Cardinal Koch è stato estremamente chiaro: «non possiamo celebrare un peccato». Così, senza anestesia. 
 
«Gli eventi che dividono la Chiesa non possono esser chiamati un giorno di festa», l'unica cosa a cui è stato disposto ad accedere il cardinale è classificare l'anniversario come un giorno da ricordare ma non da festeggiare. Non si è trattato di dichiarazioni imprudenti, ha riconosciuto che sarà considerato «anti-ecumenico», il che per essere il responsabile della cosa non è niente male, no? Preferirebbe assistere piuttosto a una riunione nella quale le confessioni riformate, seguendo l'esempio di Giovanni Paolo II nel 2000, chiedessero scusa e riconoscessero i loro errori, e allo stesso tempo condannassero come ha fatto il Papa beato lo scisma nella Cristianità.

Ringrazio il Cardinale per la sua chiarezza. Finiti gli anni della ‘lutero-mania‘ si avvicinano quelli della ‘reforma-mania’. I primi passi sono fermi. Riconoscere le differenze e dir sempre la verità è un'ottimo punto di partenza. Nemmeno sul piano ‘pseudoecumenico‘, Koch ha avuto ragione anche per quella che altri chiamano diplomazia. Alcuni pensano che l'ecumenismo significhi prendersi per mano, fare un sorriso idiota, e dire sempre di sì all'altro anche quando gli si mente. La Commissaria (ambasciatrice, comissaria, delegata o quel che è) del Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania (EKD) per il giubileo del 2017, Margot Kässmann, due giorni fa ha avuto una reazione viscerale alle parole di Mons. Koch:
La Riforma Protestante non è il nostro peccato, ma una riforma della Chiesa urgente e necessaria dal punto di vista biblico, nella quale difendiamo la libertà evangelica; non dobbiamo confessarci colpevoli di nulla.
E allora perché vogliono che partecipi la Chiesa? Forse la cosa più strana in tutta questa vicenda è proprio il fatto che le dichiarazioni del Caridinal Koch siano considerate straordinarie.
Juanio Romero
_________________________
[Fonte: Infocatolica.com]



**************

[SM=g1740733] riflessione breve alla domanda finale dell'articolo:  E allora perché vogliono che partecipi la Chiesa?

***
se a volerlo sono i Protestanti è solo PER UMILIARE la Chiesa...
essi sanno bene che la Chiesa, nella veste di non pochi prelati , è sempre pronta a piccoli compromessi e non chiede loro di convertirsi a Roma ,ma solo di DIALOGARE... restare nelle proprie diversità, ma al tempo stesso la presenza della Chiesa è per loro prestigio, quel prestigio che alla fine della fiera non sono mai riusciti ad avere in campo mediatico ;-)

se invece è la Chiesa stessa a voler essere presente, Essa, nella veste di non pochi suoi Prelati gode nel mettersi in mostra per dimostrare al mondo di essere capacein tutto; essere tutto e il contrario di tutto, di essere amica con tutti, di essere un punto di riferimento per tutti....
è così che come ha brillantemente osservato "1-2" ^__^ "ma anche l'orologio rotto ha ragione due volte al giorno"... a questi Prelati basta dimostrare questa sporadica ragione e procedere....
e del resto, Koch, deve ancora spiegarci perchè l'anno scorso ha piantato un albero in san Paolo Fuori le mura per FESTEGGIARE i preparativi del grande avvenimento del 2017, ma che il Papa NON è andato a benedire, il giorno dopo, pur informato, non è andato nè a vedere nè a benedire...

Ad ogni modo è consolante che il cardinale Koch sia giunto a fare una affermazione di per sè neppure originale: non possiamo celebrare un peccato!", bastava infatti seguire la Tradizione invece di perdere il tempo ricnorrendo una pietosa ecu-mania per capire che questa è una logica semplicemente dottrinale... ma meglio tardi che mai ed è certo che questa frase suonerà come un nuovo slogan, pro o contro, da parte delle schiere agonizzanti progressiste...

Merito della politica di Benedetto XVI ? io credo di sì....
domani vedremo!
ad ogni giorno basta la sua pena e il suo caldo!

[SM=g1740771]

[Modificato da Caterina63 23/06/2012 17:48]
Fraternamente CaterinaLD

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Il cardinal Koch, Lutero e la Fraternità san Pio X

Non è facile, come cattolico, vivere in una sorta di Babele in cui ogni giorno si accavallano messaggi discordi, idee incompatibili tra loro, rottamazioni di dogmi e di principi millenari.

Ogni giorno un povero fedele è costretto a sentirne una nuova. Non fuori, ma dentro. Oggi gli spiegano che la Chiesa è nata con il Concilio Vaticano II (leggere “Jesus”, mensile paolino, per credere); domani, in chiesa, sentirà il predicatore di turno spiegare che i miracoli del Vangelo sono solo dei simboli; in confessionale si sentirà dire dal sacerdote che quello che lui confessa come peccato non è più tale: “lo era, l’altro ieri…”.

Se il malcapitato continua nell’errore di frequentare sacerdoti di un certo tipo (un numero enorme, impossibile sfuggire), si sentirà spiegare che:

1) il peccato originale è una metafora (della serie: dircelo senza 2000 anni di ritardo?);

2) l’Inferno di cui la Chiesa ha sempre parlato, Vangelo alla mano, non c’è, oppure è vuoto (della serie: don’t worry);

3) tutte le religioni sono egualmente vie di salvezza (della serie: tutte le strade portano… da qualche parte).

Poco importa se queste tre affermazioni sono capaci di distruggere tutto il fondamento della Fede: l’Incarnazione, la Passione e la Resurrezione di Cristo.

Serve un prete che scrive libri contro la Chiesa? Ne abbiamo, a iosa… Per le copertine indossano persino la tonaca. Mentre ingurgitano elemosine e otto per mille, sputano pomposamente nel piatto (per finire in tv, posto assicurato). Servono vescovi che coprono abusi e non vigilano sui propri seminari? Il numero è incalcolabile.
Prelati che firmano gli appelli dei radicali? Presenti, e scattanti (come il pretonzolo violentatore di Milano).
Cardinali pro matrimoni gay? Il cardinal Rainer Maria Woelki, pochi mesi fa: matrimoni gay sì, purché duraturi (per Bacco!). Un cardinale pro aborto? Pronto: non ancora ricevuta la berretta, il neo-cardinale Rubén Salazar Gómez interviene in sostegno ai Pannella colombiani…Pochi mesi prima si era schierato per la depenalizzazione della droga…

Finita qui? Per carità… Ognuno vuole il suo momento di gloria. Pochi mesi fa il cardinal Koch, parlando della Fraternità san Pio X (gli ultimi lebbrosi), aveva sostenuto che i suoi membri sono nell’errore, perché si comportano come Lutero! Leggendo quella frase mi chiesi:

1) se fosse opportuna, in un momento in cui si discuteva di una possibile pacificazione;

2) se il cardinale credesse davvero in una somiglianza tra il luteranesimo (che nega dogmi fondamentali e basilari della Fede) e la Fraternità san Pio X, che mai nessuno ha accusato di eresia (semmai di disobbedienza, che è ben altro).
Conclusi che quantomeno Koch ha le idee chiare su Lutero: scismatico ed eretico (senza nulla togliere alle grandi porcherie di molto prelati cattolici suoi contemporanei).

Ma ecco, solo alcuni mesi dopo, alla domanda di Mario Galgano di Radio Vaticana su come celebrare il cinquecentesimo anniversario della Riforma protestante, lo stesso Koch di cui sopra, ribaltando 500 anni di dottrina cattolica, ha risposto: “Per esempio, con una celebrazione penitenziale comune nella quale riconosciamo insieme le nostre colpe, perché il fatto che la Riforma non abbia raggiunto il suo scopo, e cioè il rinnovamento della Chiesa, ricade nelle responsabilità di entrambe le parti: le ragioni sono di ordine teologico e politico. Riconoscerlo e perdonarsi vicendevolmente per tutto questo, trovo che sarebbe un gran bel gesto”.

A leggere si capisce questo: che il problema è che la Riforma non ha raggiunto “il suo scopo” (cioè Lutero non ha vinto abbastanza); per questo occorre fare l’ennesimo mea culpa, insieme, protestanti e cattolici. Se uno legge queste dichiarazioni, con davanti il nuovo libro di Angela Pellicciari, “Martin Lutero” (Cantagalli), come è capitato a me, si sente quantomeno disorientato.

Veramente si può credere che sia possibile porre fine non ad una diatriba di cinquecento anni, così, a tarallucci e vino? Dicendo a tutti: scusate, ci siamo (si sono) sbagliati? E’ giusto, oggi, cinquecento anni dopo, senza interpellarlo, far dire a Lutero: “mi sono sbagliato”?
Mi sono sbagliato a negare il sacerdozio e altri sacramenti; mi sono sbagliato a predicare che l’uomo non è libero, e “non può volere né fare altro che male” (De servo arbitrio); ero in errore, quando ho promosso la nascita di chiese nazionali e asservito il potere religioso a quello politico; rinnego i miei scritti in cui chiedevo di radere al suole tutte le case private degli ebrei e squartare i contadini ribelli “senza pietà”; mi sono sbagliato a difendere la interpretazione personale della Bibbia (negando la Chiesa stessa) e così pure a definire il papa “anticristo maledetto”, “principe dell’inferno” e il papato di Roma istituzione “fondata da Satana”….
No, far dire questo a Lutero, non è giusto, nei suoi confronti.

di F. Agnoli, da Il Foglio, 29 novembre 2012

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11/01/2013 15:00
 
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[SM=g1740758] Ecumenico o ecumenismo?

10.01.2013 11:58

 

 

 

 

Ecumenico o ecumenismo?

 

La nostra domanda può apparire del tutto inutile, ma non lo è se a qualcuno interessa ancora l'etimologia delle parole.

Veniamo ad offrire questo articolo su suggerimento della gentile Angelica che, da Napoli lasciandoci un saluto nel Libro degli ospiti, ci ha chiesto nello specifico questo argomento.

Ecumenico infatti vuol dire "concernente alla terra abitata" dal greco Oikoumenikos, Oikos-abitazione e che già dai primi secoli del cristianesimo si riferiva anche alla Diocesi, Parrocchia, Economia. Toccando un concetto allargato, venne presto ad identificarsi in questa "universalità" e dunque usato in alcuni Concili nei quali venivano convocati, sotto la presidenza del Pontefice o di un suo legato, tutti i Vescovi del mondo cattolico.

E' perciò falso ed erroneo l'uso del termine "ecumenico" per affermare un certo "ecumenismo" del nostro tempo rivolto, come tutti gli "ismi" elevati alla massima potenza, a quel sincretismo condannato in fondo e ripetutamente da Benedetto XVI.

Il Movimento Ecumenico di questo tempo nasce nel 1910 in ambiente Protestante. In un primo tempo essi comprendono il dramma della divisione soprattutto fra le migliaia di comunità, tutte indipendenti fra loro, cominciando a chiedersi se non fosse giunto il momento di cercare una via per provare a ritrovare l'unità perduta. Mentre possiamo dire che una forma di ecumenismo o ecumania ha preso piede dopo il Concilio penalizzando il Deposito della Fede.

Non ce la sentiamo di pontificare con la famosa frase di Oscar Wilde: " Le cose peggiori sono sempre state fatte con le migliori intenzioni..." né tanto meno usare il proverbio: "La strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni" perché tutto sommato riteniamo positivo il desiderio di ricercare l'unità senza la quale, ci rammenta Nostro Signore, il mondo non potrà credere: " Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv.17,20-21).

La Chiesa Cattolica ha sempre considerato la separazione degli ortodossi e dei protestanti come "una ferita profonda inflitta alla Chiesa di Cristo", e per questo si è anch'Essa prodigata in una forma ecumenica di ampio raggio, che cominciasse dal rispetto reciproco e per dare al mondo una testimonianza credibile nella predicazione della "Buona Novella" seppur da fronti separati e tuttavia cristiani.

 

Quanto segue è una Lettera dell'allora cardinale Ratzinger che riteniamo un'anteprima alla Dominus Jesus e al suo impegno ecumenico da Sommo Pontefice e per questo di grande importanza per le denuncie ivi contenute di un esasperato "ecumenismo" e i suggerimenti per un corretto agire ecumenico.

 

Una lettera alla «Theologische Quartalschrift» di Tubinga

dal card. J.Ratzinger [La «Theologische Quartalschrift» ha pubblicato nel 1986, sotto la direzione del prof. M. Seckler, un quaderno circa lo stato dell'ecumenismo. Io fui gentilmente invitato a parteciparvi. Questa lettera è il mio tentativo di risposta all'invito]

Stimatissimo e caro signor collega Seckler!

Lei mi ha invitato a tracciare per la Theologische Quartalschrift un quadro di ciò che io penso a riguardo dei progressi dell'ecumenismo. Non mi è facile rispondere a una domanda così enorme a causa del tempo purtroppo limitato. Lo farò ma ovviamente in maniera lacunosa e insufficiente. D'altra parte io vedo sempre più chiaramente che abbiamo bisogno di propositi nuovi sul tema delle prospettive ecumeniche e, nonostante tutti i ripensamenti, non vorrei dir di no al Suo invito.

Mi consenta anzitutto un breve sguardo all'indietro lungo la strada percorsa negli ultimi vent'anni. Una localizzazione dell'oggi mi sembra indispensabile per poter vedere il domani. Quando il Concilio Vaticano II gettò basi nuove nella Chiesa cattolica per l'attività ecumenica, c'era già stato un lungo processo di comuni ricerche, che aveva portato alla maturazione di alcune idee che si sono quindi potute rapidamente mettere in pratica. Durante questa fase, in cui tutto d'un tratto si resero possibili novità così importanti e inaspettate, parve fondata la speranza per una fine rapida e completa della divisione. Ma quando ciò che era diventato possibile da dentro venne tradotto in forme ufficiali, dovette necessariamente subentrare una specie di quiete. Per coloro che avevano di persona conosciuto fin dagli inizi il processo ecumenico, o che vi avevano anche collaborato, un simile momento era prevedibile, perché essi sapevano bene dove le soluzioni erano in vista e dove, invece, i confini erano ancora invalicabili. Invece, per coloro che stavano al di fuori, questo momento causò una grande delusione; furono inevitabili le imputazioni di colpa e furono facilmente rivolte alle autorità ecclesiastiche.

Subito dopo l'attenuarsi del primo slancio conciliare, era affiorato il contromodello dell'ecumenismo «di base», il quale mirava a far sorgere l'unità «dal basso» se non era possibile farla discendere dall' alto. In questa concezione è giusto che l' «autorità» nella Chiesa non può realizzare nulla che non sia prima maturato nella vita della Chiesa, quanto a intelligenza ed esperienza di fede.

 

Dove, però, non si faceva riferimento a questa maturazione, ma si andava affermando una divisione della Chiesa in «chiesa di base» e in «chiesa ministeriale», non poteva certo emergere una nuova unità di qualche rilievo. Un ecumenismo di base di questo genere crea alla fine soltanto dei gruppuscoli, i quali dividono le comunità, e tra loro stessi non realizzano un'unità più profonda, nonostante una propaganda comune di ampiezza mondiale. (..)

Simili idee oggi non sono ancora del tutto spente, ma sembra tuttavia che il tempo della fioritura sia ormai alle spalle. Un'esistenza cristiana, che si definisce quanto all'essenza secondo i criteri dell' «engagement», è troppo labile nei suoi confini per poter alla lunga creare unità e generare solidità in una vita cristiana comune. Le persone perseverano nella chiesa non perché vi trovano feste comunitarie e gruppi di azione, bensì perché sperano di trovarvi le risposte a domande vitali indispensabili.

(..) Voglio dire con tutto ciò che la stabilità del fenomeno religioso viene da zone che non possono essere attinte dall' «ecumene di base» ed inoltre che la ricerca di assoluto segna anche i confini di ogni operazione «autoritativa» nella chiesa. Ciò significa che, portatrici di azioni ecumeniche, non possono venir considerate né una «base» isolata, né un' «autorità» isolata; un'azione ecumenica reale presuppone l'intima unità tra l'azione delle autorità e l'autentica vita di fede della Chiesa.

 

Qui io vedo uno degli errori fondamentali del progetto Fries-Rahner. Rahner pensa che i cattolici seguiranno senz'altro l'autorità; è un presupposto della tradizione e della struttura del cattolicesimo. Di fatto le cose non sono essenzialmente diverse tra i protestanti; se l'autorità decide l'unità e si impegna a sufficienza per essa, non verrà a mancare neppure qui l'obbedienza docile delle comunità. Per me questa è una forma di ecumenismo d'autorità, che non corrisponde né alla concezione cattolica né a quella evangelica di Chiesa.

 

Una unità operata da uomini non potrà essere logicamente che un affare iuris humani. Non attingerebbe per principio l'unità teologica intesa da Gv 17 e non potrà essere di conseguenza neppure una testimonianza del mistero di Gesù Cristo, ma parlerà unicamente a favore dell' abilità diplomatica e della capacità compromissoria dei responsabili della trattativa. (..)

 Anche le dichiarazioni teologiche di consenso rimangono di necessità sul piano dell'intelligenza umana (scientifica), la quale è in grado di approntare certe condizioni essenziali per l'atto di fede, ma non concerne l'atto di fede in quanto tale.

 

Nella prospettiva dell'avvenire mi sembra quindi importante riconoscere i limiti dell' «ecumene contrattuale» e non aspettarsi da essa più di ciò che può dare: avvicinamento su importanti aspetti umani, ma non l'unità stessa.

 

A me sembra che si sarebbero potute evitare certe delusioni, se tutto ciò si fosse tenuto chiaramente presente fin dal principio. Così invece molti, dopo i successi dei primi anni postconciliari, hanno concepito l'ecumenismo come un compito diplomatico secondo categorie politiche. Come da buoni intermediari ci si aspetta che appunto si addivenga dopo un certo tempo a un accordo per tutti accettabile, così si è potuto credere di attendersi tutto ciò dall'autorità ecclesiastica in questioni di ecumenismo. Ma in tal modo si domandava troppo a una simile autorità. Ciò che essa ha potuto fare dopo il Concilio si fondava su un processo di maturazione che non era stato da essa compiuto, ma aveva solo bisogno di essere tradotto nell' ordinamento esterno della chiesa.

 

Ma, stando così le cose, che cosa dobbiamo fare? In vista di una risposta mi è assai di aiuto la formula che Oscar Cullmann ha coniato per tutta la discussione: unità attraverso pluralità, attraverso diversità. Certamente la spaccatura è dal male, specie quando porta all'inimicizia e all'impoverimento della testimonianza cristiana. Ma se a questa spaccatura viene a poco a poco sottratto il veleno dell'ostilità e se, nell'accoglimento reciproco della diversità, non c'è più riduzionismo, bensì ricchezza nuova di ascolto e di comprensione, allora la spaccatura può diventare nel trapasso una felix culpa, anche prima che sia del tutto guarita.

Caro signor collega Seckler, verso la fine degli anni da me trascorsi a Tubinga, Lei mi diede da leggere un lavoro compiuto sotto la sua guida, lavoro che esponeva l'interpretazione agostiniana della misteriosa sentenza di Paolo: «E' necessario che avvengano divisioni tra voi» (1Cor 11,19).

 

Il problema esegetico dell'interpretazione di 1Cor 11,19 non è in discussione qui; a me sembra che i Padri non avevano gran torto a trovare in questa annotazione localizzata un'affermazione aperta sull'universale, (..) ciò significa che, se le divisioni sono anzitutto opera umana e colpa umana, esiste tuttavia in esse anche una dimensione che corrisponde a disposizioni divine. Perciò noi le possiamo trasformare solo fino a un certo punto con la penitenza e la conversione; ma quando le cose sono arrivate al punto che noi non abbiamo più bisogno di questa rottura e che il dei ( “dei”: espressione greca che tradotto in italiano: “è necessario”)  viene a cadere, questo lo decide tutto da sé il Dio che giudica e perdona.

Sulla strada mostrata da Cullmann noi dovremmo per prima cosa cercare di trovare unità attraverso diversità, cioè a dire: assumere nella divisione ciò che è fecondo, disintossicare la divisione stessa e ricevere proprio dalla diversità quanto è positivo; naturalmente nella speranza che alla fine la rottura smetta radicalmente d'essere rottura e sia invece solo una «polarità» senza contraddizione.

Ma quando ci si protende troppo direttamente verso quest'ultimo stadio con la fretta superficiale del voler fare tutto da sé, si approfondisce la separazione invece di sanarla.

 

(..) Certo, ai tempi delle lotte per la fede, la spaccatura è stata quasi soltanto contrapposizione; ma poi sono cresciuti sempre di più elementi positivi per la fede in entrambe le parti, un positivo che ci permette di comprendere qualcosa del misterioso «è necessario» di San Paolo. Giacché, viceversa, ci si potrebbe immaginare un mondo unicamente protestante? O non è forse vero che il protestantesimo in tutte le sue affermazioni, e proprio come protesta, è del tutto riferito al cattolicesimo, al punto che senza di questo sarebbe quasi impensabile?

 

Scaturisce di qui un duplice movimento per l'azione ecumenica. Una linea dovrà essere quella di una ricerca per trovare tutta l'unità; per escogitare modelli di unità; per illuminare opposizioni in ordine all'unità. Non solo nelle discussioni dotte, ma soprattutto nella preghiera e nella penitenza. Ma accanto a tutto ciò dovrebbe sorgere un secondo spazio operativo, il quale presuppone che noi non sappiamo l'ora e non la possiamo sapere, l'ora quando e come l'unità si realizza. (..) In ogni caso dovrebbe risultare chiaro che l'unità non la facciamo noi (come non facciamo noi la giustizia con le nostre opere) e che inoltre non possiamo tuttavia rimanere con le mani in mano. Ciò che qui importa è di accogliere sempre daccapo l'altro in quanto altro nel rispetto della sua alterità. Possiamo essere uniti anche come divisi.

 

Questa specie di unità, per la cui crescita continua possiamo e dobbiamo impegnarci, senza collocarla sotto la pressione troppo umana del successo e della «meta finale», conosce molte e varie strade ed esige molti e vari impegni. Anzitutto è importante trovare, conoscere e riconoscere le unità che già ci sono e che non sono davvero piccola cosa. Il fatto che leggiamo insieme la Bibbia come parola di Dio; che ci è comune la professione di fede, formatasi negli antichi concili in base alla lettura della Bibbia, in Dio uno e trino, in Gesù Cristo vero Dio e uomo, del battesimo e della remissione dei peccati, e che ci è quindi comune l'immagine fondamentale di Dio e dell'uomo: tutto ciò dev'essere sempre nuovamente attualizzato, pubblicamente testimoniato ed approfondito nella pratica. Ma comune a noi è pure la forma fondamentale della preghiera cristiana ed unico tra noi pure l'essenziale comandamento etico del decalogo, interpretato nella luce del Nuovo Testamento. All'unità di fondo della confessione di fede dovrebbe corrispondere una unità di fondo operativa. Si tratta dunque di rendere effettiva l'unità che già sussiste, di concretizzarla e di ampliarla. (..)

 

All'«unità attraverso diversità» potrebbero e dovrebbero aggiungersi certamente azioni di carattere simbolico, per tenerla costantemente presente nella coscienza delle comunità. Il suggerimento di O. Cullmann quanto alle collette ecumeniche meriterebbe d'essere richiamato alla memoria. L'uso del pane dell'eulogia presente nella Chiesa d'oriente potrebbe essere utile anche per l'occidente. Dove la comunità eucaristica non è possibile, questo pane è un modo reale e corporeo di essere accanto nell'alterità e di «comunicare»; di portare la spina dell'alterità e al tempo stesso cambiare la divisione in una preghiera reciproca.

 

Appartiene a quest' «unità attraverso diversità» anche la volontà di non voler imporre all'altro ciò che (ancora) lo minaccia nel centro della sua identità cristiana. I cattolici non dovrebbero cercare di spingere i protestanti al riconoscimento del papato e della loro comprensione della successione apostolica; l'inserimento della parola nello spazio del sacramento, e nell'ordine giuridico definito dal sacramento, appare evidentemente ai protestanti un attentato alla libertà e alla non manipolabilità della parola, e noi questo dovremmo rispettarlo. Viceversa, i protestanti dovrebbero evitare di spingere la chiesa cattolica all'intercomunione a partire dalla loro idea della Cena" dal momento che per noi il doppio mistero del Corpo di Cristo - Corpo di Cristo come Chiesa e Corpo di Cristo come specie sacramentale - sono di un unico sacramento, e togliere la corporeità del sacramento dalla corporeità della Chiesa significa a un tempo distruzione della Chiesa e del Sacramento.

 

Questo rispetto per ciò che rappresenta per le due parti la necessità della divisione, non allontana l'unità; è un presupposto fondamentale per essa. Da questa rispettosa remora interiore, davanti al «necessario» che non è stato inventato da noi, maturerà molto più amore e anche molta più vicinanza che non da una forma di sollecitazione violenta, che crea ripulsa e alla fine rifiuto. E questo rispetto non solo non impedirà, di conseguenza, la ricerca di una comprensione maggiore in questi spazi centrali del problema, ma avrà per suo frutto una maturazione tranquilla e una gratitudine gioiosa per tanta vicinanza, nonostante il misterioso «necessario».

 

Immaginiamo che i concetti appena accennati non piaceranno a molti. Credo che una considerazione dovrebbe in ogni caso essere evitata: che tutte queste non siano che delle idee stagnanti e rassegnate, o addirittura un rifiuto dell'ecumenismo. E' molto semplicemente il tentativo di lasciare a Dio quello che è affare unicamente suo, e di esplorare poi, in tutta serietà, che cosa è nostro compito. A questa sfera dei nostri compiti appartiene agire e soffrire, attività e pazienza. Se si cancella una delle due cose, si guasta l'insieme. Se noi ci impegniamo su ciò che spetta a noi, allora l'ecumenismo sarà anche in futuro, e più ancora di prima, un compito altamente vivace e ardimentoso. Io sono convinto che noi - liberati dalla pressione del successo delle nostre energie autonome e dalle sue date segrete e palesi - arriveremo più in fretta e più in profondità allo scopo che se cominciamo a trasformare la teologia in diplomazia e la fede in «engagement».

Caro signor Seckler, io spero che queste righe possano rendere un po' più chiare le mie idee ecumeniche. Sono, con i miei più cordiali saluti, il Suo

+ JOSEPH CARD. RATZINGER


Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/ecumenico-o-ecumenismo-/

[SM=g1740771]


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[SM=g1740758]  Sfida pentecostale e quarto ecumenismo
di Massimo Introvigne
da lanuovabussolaQuotidiana 28-04-2012





È in corso ad Assisi il Quarto Meeting Internazionale dei Vescovi Interessati alle Nuove Comunità del Rinnovamento Carismatico Cattolico, con relazioni e omelie fra l'altro di padre Raniero Cantalamessa, del cardinale Kurt Koch, del cardinale Marc Ouellet, dell'arcivescovo di Belém (Brasile) mons. Alberto Taveira Corrêa, e di rappresentanti delle Chiese e comunità ortodosse, anglicana e protestanti.
Tra i relatori figura il nostro collaboratore Massimo Introvigne, che ha svolto ieri un intervento sul tema "La sfida pentecostale e il Quarto ecumenismo", che qui pubblichiamo integralmente per gentile concessione dell'autore.

Il contesto postmoderno


Il beato Giovanni Paolo II (1920-2005), nell’enciclica Fides et ratio del 1998 – un testo tante volte richiamato dal suo successore Benedetto XVI –, al n. 91 rilevava come: “La nostra epoca è stata qualificata da certi pensatori come l’epoca della ‘post-modernità’. Questo termine, utilizzato non di rado in contesti fra loro molto distanti, designa l’emergere di un insieme di fattori nuovi, che quanto a estensione ed efficacia si sono rivelati capaci di determinare cambiamenti significativi e durevoli”. In particolare, nel quadro di tali “cambiamenti”, si sarebbero manifestate “reazioni che hanno portato a una radicale rimessa in questione” della “pretesa razionalista” tipica della modernità.

L’enciclica Fides et ratio – dopo avere sottolineato la necessità che l’uomo utilizzi entrambe le sue “ali”, la fede e la ragione, per rispondere alle domande cruciali sulla sua origine e sul suo destino – descrive una lunga stagione, iniziata con la crisi del Medioevo, in cui la ragione ha dapprima cercato d’inglobare la fede, quindi ha preteso di farne a meno, infine l’ha combattuta in modo esplicito; dalla ragione senza la fede alla ragione contro la fede. Benedetto XVI adotta lo stesso schema nell’enciclica Spe salvi del 2007. Ma nell’epoca postmoderna si ripresenta – peraltro non per la prima volta – anche la possibilità di un rovesciamento di questo scenario.

Cattolici e non cattolici potranno trovarsi d’accordo con il beato Giovanni Paolo II nel constatare che, in effetti, con il passaggio all’epoca cosiddetta post-moderna si sono determinati “cambiamenti significativi e durevoli” anche nel settore della religiosità. Sarebbe sufficiente una rapida scorsa ai titoli dei libri più diffusi, degli articoli più significativi, di numerose relazioni presentate in congressi di sociologia o di storia delle religioni per accorgersi che qualche cosa è veramente cambiato. Negli anni 1970 – e nella prima parte degli anni 1980 – il tema dominante era quello della crisi della religione. La tesi della secolarizzazione, nella sua versione quantitativa, postulava che, mentre progrediva la mentalità scientifica, nelle società industriali avanzate c’era sempre meno religione; non mancava chi prospettava come futuro evolutivo della religione addirittura l’estinzione. Uno strumento interpretativo importante rimaneva in quegli anni l’opera del teologo battista americano Harvey G. Cox The Secular City (Macmillan, New York 1965; trad. it.: La città secolare, Vallecchi, Firenze 1968), in cui – come lo stesso Cox ha scritto più recentemente – il teologo di Harvard cercava di elaborare una teologia per l’epoca “postreligiosa” il cui avvento molti ritenevano imminente. Le cose, oggi, sono certamente cambiate. Testi importanti fanno riferimento al “ritorno del religioso”, alla “rivincita di Dio” o alla “fine” della secolarizzazione.

Lo stesso Cox – a trent’anni da La città secolare – scriveva nel 1995 in Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century (Addison-Wesley, Reading [Massachusetts] 1995), dove – partendo dalla straordinaria crescita delle correnti pentecostali e carismatiche – concludeva che “oggi è la secolarità (secularity che non la spiritualità), che può essere vicina all’estinzione”, e che è diventato “ovvio che al posto della ‘morte di Dio’ che alcuni teologi avevano dichiarato non molti anni fa, o del declino della religione che i sociologi avevano previsto, è avvenuto qualcosa di veramente diverso”.

A proposito de La città secolare, il teologo americano aggiungeva: “Forse ero troppo giovane e impressionabile quando gli accademici facevano queste previsioni tristi. In ogni caso le avevo assorbite davvero troppo facilmente, e avevo cercato di pensare quali avrebbero potuto essere le loro conseguenze teologiche. Ma ora è diventato chiaro che le predizioni stesse erano sbagliate. Chi le faceva [...] ammetteva che la fede sarebbe potuta sopravvivere come un’eredità culturale, forse in ridotti etnici o abitudini di famiglia, ma insisteva che i giorni della religione come forza capace di dare forma alla cultura e alla storia erano finiti. Tutto questo non è accaduto. Al contrario, prima che i futurologi accademici facessero in tempo a ritirare la loro prima pensione, una rinascita religiosa – di un certo tipo – ha cominciato a manifestarsi in tutto il mondo” (ibid., p. XVI).

Celebrando, ulteriormente, i quindici anni dalla pubblicazione di Fire from Heaven, lo stesso Cox scriveva nel 2011 – in risposta a un saggio su quel suo volume del professore di teologia Nimi Wariboko (“Fire from Heaven: Pentecostals in the Secular City”, Pneuma: The Journal of the Society for Pentecostal Studies, vol. 33, n. 3, 2011, pp. 391-408), dove si sosteneva che la secolarizzazione è semmai avvenuta all’interno delle religioni, compreso quel pentecostalismo che era il punto di riferimento del libro di Cox – che la sua visione oggi è piuttosto quella di una “cosmopoli” dove coesistono forme diverse di secolarizzazione, di modernità, di ritorno del religioso che vivono insieme e si alternano in quella che il teologo definisce non una sinfonia ma una seduta di jazz, che “non si basa su uno spartito”, “non ha un conduttore che la guida con la sua bacchetta” e dove ciascuno improvvisa sulla base di come hanno appena improvvisato altri (H. Cox, “Response to Professor Nimi Wariboko”, ibid., pp. 409-416).

Il nuovo contesto post-moderno e per certi versi post-secolare cambia anche l’ecumenismo. Nel 1996, in un dialogo con un cattolico carismatico, Matteo Calisi, e con un protestante pentecostale, Giovanni Traettino, avevo proposto la categoria di “quarto ecumenismo”. Vorrei tornare su questa nozione, che tanti hanno citato e ripreso considero ancora valida, senza mancare di segnalare come – a distanza di sedici anni – il contesto imponga pure un aggiornamento.



[SM=g1740758] Quattro protestantesimi


La nozione di “quarto ecumenismo” si basa, anzitutto, sulla teoria storiografica che vede all’opera nella storia quattro ondate del protestantesimo. Non si tratta di una teoria che ho inventato io – e peraltro io non sono uno storico – ma di un modo di riassumere schemi comuni soprattutto negli Stati Uniti, contestati semmai proprio all’interno del protestantesimo pentecostale, che talora si considera parte del terzo protestantesimo e non protagonista di un quarto. Ma altri movimenti, tipici del terzo protestantesimo, non considerano i pentecostali parte della loro stessa famiglia spirituale. Per capire di che cosa stiamo parlando, è necessario riassumere, sia pure a grandi linee, questa teoria storiografica.

Il protestantesimo, come ogni altro fenomeno religioso chiamato a vivere nella modernità, rappresenta per un verso una protesta contro le tendenze di volta in volta dominanti nella stessa modernità, mentre per un altro verso ne rimane influenzato. È in questo senso, appunto, che la teoria parla di quattro protestantesimi.

Il primo protestantesimo (“storico”) è costituito dalle comunità nate direttamente dalla Riforma – anche se in seguito frammentate da numerosi scismi –: i luterani e i calvinisti, a cui si possono per molti versi assimilare in Italia i valdesi – che aderirono alla Riforma con il sinodo di Chanforan del 1532, anche se la loro origine è naturalmente molto più antica –, e le comunità della Comunione anglicana, anche se non mancano storici che considerano il mondo anglicano irriducibile al protestantesimo e preferirebbero farne un terzo genere, intermedio fra il mondo cattolico e quello protestante. Questo primo protestantesimo protesta contro uno dei momenti fondatori della modernità, l’Umanesimo, e contro la sua penetrazione nella Chiesa di Roma. [SM=g1740733]
Nello stesso tempo – spesso contro le intenzioni originarie dei riformatori –, attraverso le divisioni che la prima Riforma crea, acquista ulteriore impulso proprio il processo centrifugo e di rottura dell’unità culturale e spirituale dell’Europa che era stato avviato dall’Umanesimo.


Il secondo protestantesimo (“di risveglio”) è costituito dai movimenti di risveglio o revival che protestano contro la mancanza di fervore – non di rado attribuito al legame troppo stretto con gli Stati europei –del primo protestantesimo “storico”, insistendo piuttosto sull’incontro con Gesù Cristo precisate e sfumate – la protesta nel mondo luterano produce il pietismo; nel mondo anglicano, il metodismo; e nel mondo presbiteriano, il battismo, che peraltro ha anche radici diverse. Il tentativo di unificare i tre risvegli – e in prospettiva di unificare tutto il mondo protestante: ma il tentativo fallisce – produce le denominazioni che derivano dal movimento detto “campbellita”: i Discepoli di Cristo e le Chiese di Cristo.
Se si esamina questo secondo protestantesimo ci si accorge che da una parte costituisce una reazione contro il razionalismo e contro l’Illuminismo, di fronte al quale cerca di riaffermare le specificità del cristianesimo protestante. D’altro canto il secondo protestantesimo – più come esperienza personale che spinge alla missione. A grandi linee – che naturalmente andrebbero di quanto comunemente non si creda – è figlio del suo tempo, ed è influenzato dal razionalismo prima e dall’Illuminismo poi, come testimonia tra l’altro la sua insistenza, talora radicale, sull’esperienza individuale e sul rapporto del singolo credente con la Bibbia.


Il terzo protestantesimo è costituito dai movimenti che considerano ormai troppo “istituzionalizzate” e fredde le stesse comunità nate dai risvegli del secondo protestantesimo. L’idea dominante è quella di “perfezione”, messa a tema dalle correnti dette appunto perfezioniste ma ricercata come perfezione nella vita personale dai movimenti “di santità”, e come lettura della Bibbia certa e perfetta dal fondamentalismo quando non rimane all’interno delle denominazioni già esistenti ma si organizza in denominazioni autonome che protestano contro il “liberalismo” insieme teologico e morale delle comunità protestanti di origine più antica. Anche in questo caso si può dire che, da una parte, il terzo protestantesimo costituisce una vigorosa reazione contro le ideologie del XIX e XX secolo, mentre d’altra parte l’idea stessa di “perfezione” – spinta fino alle estreme conseguenze – porta in sé un elemento che si avvicina a queste ideologie. E’ questo il limite stesso del fondamentalismo, quando pensa di potere proporre una conoscenza “perfetta” ed esaustiva della Bibbia così come le ideologie – che il fondamentalismo avversa e combatte – pensano di potere offrire una conoscenza “perfetta” dell’uomo e della società.

Il quarto protestantesimo – almeno per chi accetta questa teoria e questo schema – è costituito dalla corrente pentecostale-carismatica che nasce nel nostro secolo. Il suo forte richiamo all’incontro del credente con lo Spirito Santo porta con sé una nostalgia dell’unità perduta dei credenti attorno alla verità. Nello stesso tempo le caratteristiche iniziali di network o rete più che di movimento, e le frequenti difficoltà di pervenire a forme di organizzazione convincenti e strutturate, testimoniano che il quarto protestantesimo è figlio, suo malgrado, del Novecento e delle sue frammentazioni. Naturalmente, questo accenno al pentecostalismo come quarto protestantesimo andrebbe poi declinato con riferimento a diverse fasi e “ondate” della corrente pentecostale-carismatica Ma questo ci porterebbe forse troppo lontano.



Quattro ecumenismi


Non è questa la sede per tentare una storia dell’ecumenismo cristiano che sarebbe oltremodo complessa. L’opera classica curata da Ruth Rouse e Stephen Charles Neill (A History of the Ecumenical Movement 1517-1948, 4ª ed., World Council of Churches, Ginevra 1993) – per quanto presenti la problematica soprattutto dal punto di vista del Consiglio Ecumenico delle Chiese – offre tutta una serie di utili informazioni a questo proposito. Sulla base, in particolare, dei dati contenuti in quest’opera possiamo schematizzare la storia dell’ecumenismo in quattro periodi che corrispondono, quanto al quadro cronologico di fondo – anche se naturalmente soltanto a grandi linee – ai quattro protestantesimi cui abbiamo fatto cenno.

Un primo ecumenismo nasce all’indomani della Riforma come progetto – irrealizzato e irrealizzabile, ma cui molti s’interessano – di unione di tutte le denominazioni, le Chiese e i movimenti che in qualche modo si differenziano dalla Chiesa Cattolica. Non mancano voci che chiedono un dialogo anche con Roma: ma rimangono minoritarie e isolate. Più o meno fino all’epoca della Rivoluzione francese la linea principale dell’ecumenismo rimane quella di un tentativo all’interno del protestantesimo, che insegue la possibilità di un’unità fra le Chiese e comunità protestanti, con caute – e non sempre accettate – aperture al mondo ortodosso orientale.

Nell’Ottocento nasce un secondo ecumenismo, che è in gran parte disilluso rispetto alla possibilità – rivelatasi, piuttosto, un’impossibilità – di un’unione o di una fusione fra le Chiese e comunità protestanti. Il grande problema degli ecumenisti dell’Ottocento è la missione. Il mondo è letteralmente pieno di pagani che non hanno mai ascoltato la parola di Dio: o l’hanno ascoltata in modo superficiale, o l’hanno dimenticata. Si tratta quindi di collaborare – mettendo da parte, se necessario, le differenze fra denominazioni – in un grande sforzo missionario internazionale. È sul versante delle società missionarie e della collaborazione missionaria che l’ecumenismo ottocentesco dà i suoi principali frutti.

Il terzo ecumenismo vuole andare al di là dei risultati conseguiti dalle società missionarie, e includere anche denominazioni molto lontane dall’idea evangelica della missione. Lo scopo è quello di costruire strutture o federazioni che – senza considerare come obiettivi immediati la fusione di tutte le Chiese cristiane in una sola o l’unità piena fra i protestanti che sognava il primo ecumenismo – permettano, in occasioni importanti, a numerose Chiese e denominazioni di parlare con una voce unitaria. Questo movimento – che ha radici antiche, e che inizia alla fine dell’Ottocento – viene in primo piano dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando emerge in modo particolarmente netto la necessità che i cristiani, di fronte alla tragedia delle ideologie, testimonino insieme i valori del Vangelo.

In questo clima si tiene la prima assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, nel 1948, che suscita notevoli speranze. La Chiesa cattolica – contrariamente ai desideri e alle aspettative di molti ecumenisti protestanti e di alcuni cattolici – non aderisce al Consiglio Ecumenico, ma sviluppa gradualmente rapporti di simpatia e di collaborazione. Alla prova dei fatti il Consiglio Ecumenico di Ginevra – pur rivelandosi un interlocutore molto importante nel dialogo ecumenico e interreligioso internazionale, particolarmente per la Chiesa cattolica – non è riuscito a superare le divisioni trasversali all’interno del protestantesimo fra correnti liberali, evangelical (cioè conservatrici, espressione che preferisco non tradurre con la parola “evangeliche”, che in italiano può indicare anche tutte le correnti protestanti nel loro insieme) e fondamentaliste. Se i fondamentalisti hanno – fin dall’inizio – guardato con sospetto al Consiglio Ecumenico come a una roccaforte liberale e a un potenziale nemico, anche i conservatori della corrente evangelical – e le denominazioni dove questa corrente predomina – sono passati da cauti contatti a un’opposizione aperta che ha raggiunto il suo vertice soprattutto negli anni 1970 e 1980, quando in alcune commissioni del Consiglio Ecumenico si erano fatte strada posizioni teologiche e politiche radicalmente liberali. Così, sono rimaste fuori dal Consiglio ecumenico grandi denominazioni come il Sinodo del Missouri della Chiesa Luterana americana e i Battisti del Sud, la denominazione di maggioranza relativa all’interno del protestantesimo “classico” – cioè non pentecostale – negli Stati Uniti. Soprattutto è rimasta fuori dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (quasi) tutta la galassia pentecostale-carismatica, il che significa – tra l’altro – la grande maggioranza del vivacissimo protestantesimo latino-americano.

Secondo due diversi e importanti studi pubblicati nello stesso anno 1990 (David Martin, Tongues of Fire. The Explosion of Protestantism in Latin America, Basil Blackwell, Oxford 1990; David Stoll, Is Latin America Turning Protestant? The Politics of Evangelical Growth, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Oxford 1990), il Consiglio Ecumenico delle Chiese era sceso sotto “quota cinquanta”, cioè rappresentava ormai meno del cinquanta per cento del protestantesimo mondiale – a causa, soprattutto, dell’America Latina e degli Stati Uniti, mentre le denominazioni “ecumeniche” rimanevano maggioritarie nel protestantesimo europeo. La contrapposizione fra correnti evangelical e Consiglio Ecumenico delle Chiese è oggi più sfumata – e un certo radicalismo teologico tipico dei decenni 1970 e 1980 appare forse meno marcato –, ma dall’organismo di Ginevra continua a rimanere fuori una frazione importante del mondo protestante.

Si è così avvertita da più parti, anche nel mondo cattolico, la necessità di affiancare – senza sostituirlo – al terzo ecumenismo che ha il suo ambito privilegiato nel Consiglio Ecumenico delle Chiese un quarto ecumenismo che faccia ogni sforzo per includere nel dialogo il mondo evangelical e soprattutto il mondo pentecostale. Il protestantesimo pentecostale rappresenta ormai una parte così consistente del cristianesimo mondiale che ignorarlo volontariamente come possibile partner nel dialogo ecumenico sarebbe, semplicemente, senza senso.

Il progetto del quarto ecumenismo non si è peraltro rivelato facile. Le denominazioni evangelical – e alcune fra quelle pentecostali – hanno tradizionalmente guardato con sospetto all’ecumenismo, vedendo dietro l’ecumenismo l’ombra del liberalismo. Alcune hanno mantenuto – più di altri protestanti – tenaci pregiudizi anticattolici. Così nel 1994 la firma da parte di un gruppo di leader evangelical e cattolici – fra cui l’allora arcivescovo di New York, il cardinale John Joseph O’Connor (1920-2000) – di un documento dal titolo Evangelicals and Catholics Together – un testo dai grandi meriti che forse, tuttavia, tendeva a semplificare alcune questioni – aveva determinato, insieme ad ampi consensi, dure reazioni da parte di ambienti che temevano, semplicemente, la svendita del protestantesimo evangelical alla Chiesa di Roma.

Episodi di questo genere hanno confermato che occorre procedere con cautela. Oggi tuttavia c’è una ragione in più per prendere sul serio il quarto ecumenismo. In un contesto dove spesso la visione del mondo cristiana e un laicismo aggressivo si contrappongono su temi che riguardano la moralità pubblica e la stessa rilevanza della religione nella società il “quarto ecumenismo” acquista nuovi contenuti, non solo teologici ma sociali, culturali e morali. Sempre più – seguendo anche uno stile e un richiamo frequente nel Magistero di Benedetto XVI – l’ecumenismo è chiamato a confrontarsi e a offrire una testimonianza comune su questioni come l’aborto, l’eutanasia, la libertà religiosa, il lavoro, la pace.

Incontrando il 23 settembre 2011 i rappresentanti protestanti in un luogo cruciale per l’esperienza di Martin Lutero (1483-1546), la Sala del Capitolo dell’ex Convento degli Agostiniani a Erfurt, il Papa ha insistito sul fatto che su questi temi non è “annacquando” la dottrina che si costruisce un vero ecumenismo e si testimonia uniti di fronte a una società post-cristiana. “L’assenza di Dio nella nostra società – ha detto in quell’occasione Benedetto XVI – si fa più pesante, la storia della sua rivelazione, di cui ci parla la Scrittura, sembra collocata in un passato che si allontana sempre di più. Occorre forse cedere alla pressione della secolarizzazione, diventare moderni mediante un annacquamento della fede? Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi”.

Proprio la corrente evangelical e il mondo pentecostale-carismatico giocano un ruolo complesso sul terreno delle reazioni all’“annacquamento”. Nello stesso discorso di Erfurt, il Papa ha fatto cenno a queste correnti, ricordando che “negli ultimi tempi la geografia del cristianesimo è profondamente cambiata e sta cambiando ulteriormente”. C’è “una forma nuova di cristianesimo, che si diffonde con un immenso dinamismo missionario”. Certo, questo dinamismo può essere “a volte preoccupante nelle sue forme”, così che “le Chiese confessionali storiche restano spesso perplesse”. Il giudizio della Chiesa Cattolica su queste nuove forme tiene conto di queste perplessità, ma non è soltanto negativo. Potrà trattarsi in alcune sue forme, osserva Benedetto XVI, di “un cristianesimo di scarsa densità istituzionale, con poco bagaglio razionale e ancora meno bagaglio dogmatico e anche con poca stabilità”. Ma si sbaglierebbe a criticarlo in blocco, o a non cercare il dialogo. Al contrario, concludeva il Papa di fronte ai dirigenti della Chiesa Luterana tedesca a Erfurt, “questo fenomeno mondiale ci pone tutti davanti alla domanda: che cosa ha da dire a noi di positivo e di negativo questa nuova forma di cristianesimo?”.

In qeste parole possiamo vedere un cenno alle difficoltà e insieme alla necessità proprio di un quarto ecumenismo, dove la corrente pentecostale-carismatica protestante – in buoni rapporti, salvo eccezioni locali, con tutto il mondo del protestantesimo evangelical, e nello stesso tempo compagna di strada dei cattolici carismatici da oltre cinquant’anni – può svolgere una funzione preziosa di ponte fra i cattolici e il grande mondo evangelical nel suo insieme, aiutando a superare le incomprensioni e i problemi e a sottolineare gli aspetti positivi e il comune impegno contro un “annacquamento” secolarizzante della fede e della morale cristiana. All’interno della Chiesa Cattolica, il Rinnovamento nello Spirito occupa – per la sua storia e la sua esperienza – una posizione unica per promuovere, avviare, continuare questo dialogo, da cui dipende in gran parte il futuro del cristianesimo nel ventunesimo secolo.

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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04/07/2013 10:53
 
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[SM=g1740758] il 2017 è alle porte.... festeggeremo le Apparizioni di Fatima con tutto il suo contenuto dottrinale e dogmatico, oppure la nostra gerarchia ci obbligherà a festeggiare LUTERO con tutta la sua eresia?
Domanda incalzante, ma non troppo scontata è la risposta.... all'ecu-mania fino a qui trattata si è aggiunta una forma di SCHIZOFRENIA ecumenica che ci sta conducendo all'apostasia non più silenziosa, come affermava Giovanni Paolo II, ma proprio dichiarata e pure felice....
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09/11/2013 09:23
 
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La Svezia sta perdendo la sua identità
di Stefano Magni
da LaNuovaBussolaQuotidiana
09-11-2013

Rivolta musulmana di Stoccolma

 

In Svezia, il 73% dei bambini è battezzato dalla Chiesa luterana, il 63% degli adulti si sposa in chiesa con rito religioso, il 90% dei funerali è religioso. Ma solo il 2% dei cittadini va regolarmente a messa, una delle percentuali più basse del mondo. È un problema, per la Chiesa luterana svedese.

Sarà forse per cognizione di questo problema che il nuovo arcivescovo è donna e progressista? O è proprio il progressismo la causa di tanta disaffezione alla Chiesa nazionale?

La prossima guida della Chiesa svedese si chiama Antje Jackelen, di origine tedesca. Il suo progressismo consiste nell’interpretare ogni insegnamento della Bibbia come una metafora. Niente è reale. Non esiste l’Inferno (quindi, probabilmente non esiste neppure il Paradiso), la Madonna non era vergine quando concepì Gesù. Ma una volta eliminata gran parte del Credo, del cristianesimo cosa resta? Almeno Dio esiste?
In un’audizione pubblica, prima dell’elezione, posta di fronte alla domanda se Gesù o Maometto diano la più veritiera visione di Dio, Antje Jackelen non ha risposto. Sia lei che altri due candidati (su quattro in totale) hanno fornito spiegazioni evasive. Un cristiano, tuttavia, si distingue da un musulmano proprio perché non ritiene Gesù Cristo un “profeta”, ma il Figlio di Dio. Dunque, semmai, se proprio avessero voluto rintuzzare la domanda, i candidati avrebbero dovuto rispondere che “visione veritiera di Dio” è un’espressione alquanto riduttiva, se riferita a Gesù… che è Dio. Al contrario, invece, la Jackelen ritiene che non si possa «… ridurre l’intera teologia a un “sì” o a un “no”, specialmente quando si confrontano religioni molto diverse l’una dall’altra. Si violerebbe un grande disegno fatto di sapere ed esperienza».

Ecco il punto: il cristianesimo e l’islam pari sono. Nessuno dei due ha la verità in tasca. Antje Jackelen, che da giugno sarà arcivescovo della Svezia, potrebbe benissimo essere una imam (se la lasciassero fare) o, perché no, anche una filosofa atea. D’altronde, lei stessa è stata ordinata sacerdote nel 1980 da Lars Carlzon, che allora era a capo dell’Associazione dell’Amicizia fra la Svezia e la DDR, cioè il regime comunista della Germania Est, che imponeva l’ateismo di Stato e i cristiani li perseguitava.

Tanto è tutto sullo stesso piano. Sembrerebbe quasi del tutto realizzato il sogno pacifista di John Lennon, “Imagine”: «Immagina non esista Paradiso/ È facile se provi/ Nessun Inferno sotto noi/ Sopra solo cielo/ Immagina che tutta la gente/ Viva solo per l’oggi/ Immagina non ci siano nazioni/ Non è difficile da fare/ Niente per cui uccidere e morire/ E nessuna religione/ Immagina tutta la gente/ Che vive in pace».
Un vescovo che non crede all’Inferno c’è già. Tutta la gente, in Svezia, vive realmente “solo per l’oggi”: il welfare state sistema ogni cosa, a suon di tasse ovviamente. Lo Stato provvede ad ogni necessità, dalla culla alla tomba, paga la casa, assicura il lavoro, aiuta le famiglie e i single, ti aiuta a morire se non hai il coraggio di farlo da solo. “Immagina non ci siano nazioni” è un obiettivo di là da venire, ma la Svezia ci sta provando più delle altre. L’ultimo provvedimento in materia di immigrazione è la concessione automatica di asilo politico a chiunque fugga dalla Siria. Jihadisti o cristiani che siano, avranno il diritto di fermarsi in Svezia in pianta stabile. Al “nessuna religione” ci stiamo arrivando, considerando il 2% degli svedesi che vanno regolarmente a messa. E un futuro arcivescovo che ritiene tutti i culti sullo stesso piano (o meglio, ritiene che sia troppo “riduttivo” metterli a confronto) può sicuramente dare una mano a realizzare anche questa parte del sogno di Lennon.

Il problema, per gli svedesi, è che loro possono sognare quel che vogliono, ma prima o poi la realtà si vendica. La crescente minoranza musulmana (un terzo della popolazione urbana di città come Malmoe) crede fermamente che ci siano un Inferno e un Paradiso. E non si può affatto dire che non vi sia più “niente per cui uccidere o morire”. Perché una parte fondamentalista di questa minoranza, crede che per non andare all’Inferno e meritarsi il Paradiso si debba obbedire a istruzioni divine che contemplano anche la violenza contro gli infedeli svedesi. Le periferie di Stoccolma sono bruciate nel fuoco della ribellione islamica dell’estate 2013. Che la violenza fosse religiosa lo confermavano gli stessi rivoltosi, che urlavano “Allah Akhbar” (Dio è grande) e bruciavano una chiesa a Storholmsjö, Karlskrona.

L’estate scorsa, proprio dopo la rivolta islamica di Stoccolma, in seguito a una presunta (ma non ancora provata) aggressione contro una donna musulmana velata, in un parcheggio di un sobborgo di Stoccolma, un editoriale del quotidiano Aftonbladet ha lanciato una campagna di solidarietà al velo islamico. Innumerevoli donne svedesi si sono fotografate con lo hijab, postandosi su Facebook, Twitter e Instagram. Fra loro anche l’attivista Gudrun Schyman, leader di Iniziativa Femminista: anche le femministe ritengono giusto il velo, simbolo di oppressione della donna per eccellenza. Dall’altra parte, però, i musulmani fondamentalisti di Svezia non ritengono che la donna debba essere lasciata libera di vestirsi come crede. Dove possono (come a Malmoe) chiedono spiagge separate per donne e uomini, per evitare “promiscuità”. E la violenza dei maschi musulmani contro donne “infedeli” è frequentissima. La Svezia con un tasso di stupri di 53,2 ogni 100.000 abitanti è diventato il secondo Paese con la più alta frequenza di violenza sessuale in tutto il mondo, seconda solo al Sud Africa. La maggioranza degli aggressori (c'è chi parla di oltre il 77% anche se la stima è ufficiosa) è straniera e musulmana. Immagina un mondo senza più la Svezia...






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