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L'eresia antiliturgica e la riforma protestante del XVI secolo considerata nei suoi rapporti con la liturgia

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2018 21:34
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15/09/2010 00:39
 
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III. La santa tavola

L’anno seguente l’ascensione di Cranmer all’apogeo del potere ecclesiastico, uno dei protestanti stranieri in Inghilterra, scrisse trionfante a Bullinger 17, successore di Zwingli 18 a Zurigo: «Aræ factæ sunt haræ» («Gli altari sono divenuti porcili») 19. Questo non era ancora del tutto vero perché, in vari luoghi, gli altari furono conservati da sacerdoti e da comunità devote. Ma nel novembre del 1550, Cranmer fece pubblicare dal Consiglio privato un editto che stabiliva la distruzione di tutti gli altari nel regno. Ormai, dove si celebrava il rito della Santa Eucarestia, era di rigore una tavola di legno. Nel decreto era incluso un chiarimento di Cranmer che, come ha detto Philip Hughes nella sua opera definitiva sulla Riforma in Inghilterra, «non lasciava alcun dubbio sul fatto che una religione era stata sostituita da un’altra religione». Secondo alcune considerazioni 20, «[...] la forma di tavola è prescritta per portare la gente semplice dall’idea superstiziosa della Messa papista al buon uso della Cena del Signore. Infatti, per offrire un sacrificio occorre un altare; al contrario, per servire da mangiare agli uomini occorre una tavola.

Se veniamo per nutrirci di Lui, per mangiare il suo corpo spiritualmente e per bere il suo sangue spiritualmente, secondo il buon uso della Cena del Signore, nessuno può negare che la forma di tavola si addica meglio di un altare al Banchetto del Signore». In seguito, Cranmer spiegò che, quando aveva conservato la parola «altare» nel suo nuovo Prayer Book, questo significava «la tavola su cui viene distribuita la santa comunione, e che potrebbe quindi essere chiamata altare perché vi si offre il nostro sacrificio di lode e rendimento di grazie». L’editto fu applicato rigorosamente. Uno dei Vescovi 21 che si era rifiutato di togliere gli altari nella sua diocesi, venne imprigionato e destituito. A Londra, i cambiamenti furono immediati e totali. Il Vescovo della città, che era stato cappellano di Cranmer, decise di installare la nuova tavola in modo che solo i comunicandi potessero accedervi. Una cronaca del tempo riferisce che nella cattedrale di San Paolo «la tavola fu portata, per ordine del Vescovo, nel mezzo del coro superiore, con le estremità poste ad est e ad ovest. Dopo il «Credo», veniva tirato un velo in modo che potessero esser visti solo coloro che ricevevano la comunione; le grate del coro a nord e a sud furono murate affinché nessuno potesse rimanervi» 22. Poiché non c’era Presenza Reale, né Sacrificio, era logico che si cercasse di impedire che quelli che non si comunicavano assistessero all’Eucarestia.

Quindi Cranmer stabilì: «Non ci sarà celebrazione della Cena del Signore a meno che un discreto numero di persone non si comunichi insieme al prete secondo il giudizio di questi; e se non si raggiungerà il numero di venti persone in una parrocchia, non ci sarà comunione, a meno che quattro o, come minimo, tre non si comunichino insieme al prete. E, per eliminare ogni superstizione riguardo al pane e al vino, basterà che il pane sia come quello che si mangia di solito con altri cibi, purché sia il migliore ed il più puro pane di frumento che si possa avere. E se resta del pane e del vino, il pastore se ne serva per le sue necessità» 23. «L’ultima pietra da aggiungere al tumulo sotto cui giaceva l’antica credenza nell’Eucarestia - scrive testualmente Philip Hughes - fu l’attacco contro l’uso di ricevere la Comunione in ginocchio.
 
Che cos’era codesto inginocchiarsi, se non idolatria? Venne quindi inserita una rubrica nel nuovo Prayer Book 24, la quale spiegava che «ciò non significava fare o dover fare un atto di adorazione, sia del pane o del vino sacramentali ricevuti corporalmente, sia di una qualche presenza reale o essenziale della Carne e del Sangue di Cristo». Col passare del tempo, la tavola divenne sempre più una semplice tavola che veniva spostata a seconda delle necessità pratiche. Esplicite istruzioni prescrivevano che, in ogni chiesa, la santa tavola dovesse essere messa dove prima si trovava l’altare, eccetto al momento in cui si distribuiva la comunione: «Allora la si metta all'interno del coro, di modo che sia la preghiera, che il servizio del pastore possano essere seguiti più comodamente dai comunicandi e il ministro possa farsi meglio udire da questi, ed essi possano più agevolmente e in maggior numero comunicarsi insieme al pastore. Dopo la comunione, la santa tavola sia rimessa dov'era prima». Un secolo dopo toccò ai puritani di portare l’opera di Cranmer fino alla logica conclusione, non solo ricevendo la comunione seduti, ma anche utilizzando la tavola come il posto più indicato per deporre il cappello.

IV. Il canone della messa

La lingua volgare e la santa tavola furono il mezzo pratico con cui Cranmer abituò il popolo alle nuove dottrine. La gente poteva ormai comprendere, con l’azione liturgica, che un semplice pasto non era un sacrificio - il Sacrificio - e che esso non implicava nient'altro che la consumazione del pane e del vino comuni. Poteva anche comprendere che ciò veniva fatto in memoria di un avvenimento remoto. Infatti, per coloro che non avevano istruzione religiosa, questi usi erano più suggestivi di ogni insegnamento dottrinale. Nel breve periodo di cinque anni in cui, sotto il regno di Maria la Cattolica, l'Inghilterra tornò per l’ultima volta alla fede tradizionale, il Cardinal Pole insistette non solamente sulla restaurazione degli altari e della Messa, ma anche delle semplici cerimonie abolite da Cranmer (acqua benedetta, ceneri, olivo benedetto, ecc...), «con l’osservanza delle quali inizia l’educazione dei figli di Dio», tanto che la loro abolizione è il «punto iniziale» per gli eretici che tentano di distruggere la Chiesa 25. Ma il punto centrale dell’opera di Cranmer risiedeva evidentemente nell'esposizione teologica delle nuove credenze in una nuova forma liturgica. La versione definitiva di quello che un tempo era stata la Messa, risultava - come ha sottolineato Gregory Dix - non una disordinata offensiva contro un rito cattolico, ma il solo tentativo, per la prima volta compiuto, di dare un'espressione liturgica alla dottrina della «giustificazione per mezzo della sola fede» 26. E, considerata da questo punto di vista, tale versione fu un capolavoro.

La logica conseguenza della dottrina protestante fondamentale della «sola fede» era - e resta - l’abolizione dei sacramenti. Le manifestazioni esteriori, ovviamente, non possono essere accettate come cause di grazia. Lutero, naturalmente, lo aveva previsto fin dall’inizio; mentre da una parte aboliva cinque sacramenti «minori», dall’altra attaccava l’uso della Comunione sotto una sola specie, la Transustanziazione, e la dottrina dell’Eucarestia come sacrificio, cominciando così a minare dal di dentro ciò che non poteva negare, visto che il Battesimo, non meno che la Santa Comunione, erano innegabiImente comandati nel Nuovo Testamento. Essendo impossibile sbarazzare il cristianesimo degli atti esteriori del Battesimo e dell’Eucarestia, occorreva assolutamente svuotarli di ogni reale significato. Su questo punto furono unanimi tanto i protestanti seguaci di Zwingli, quanto i calvinisti ed i luterani. Cranmer non poteva non convenire con la logica di Zwingli «che la dottrina «Sola fides justificat» costituisce il fondamento ed il principio per negare che il Corpo di Cristo sia realmente presente nel Sacramento» 27; per questo - come abbiamo visto - attaccava la Messa con la stessa violenza di Lutero, il quale affermava: «Dichiaro che tutti i bordelli (benché Dio li abbia disapprovati severamente), tutti gli omicidi, uccisioni, ladrocinii e adulterii hanno fatto meno danno che l’abominio delIa messa papista» 28.

La contraffazione della Messa operata da Cranmer, si trova nei due Prayer Books del 1549 e del 1552. Ma, come i novatori di epoche posteriori, anch’egli pensava che fosse preferibile introdurre le innovazioni gradualmente per non suscitare reazioni immediate 29; pertanto non v’è dubbio che la versione del 1552 fu da lui prevista fin dall’inizio. E poiché «la versione del 1552 fornisce ancora per il 95% la struttura della liturgia (anglicana) attuale» 30, noi non considereremo qui che la liturgia del 1552. Il Canone fu diviso in tre parti: la «Preghiera per la Chiesa militante», la «Preghiera della Consacrazione» e la cosiddetta «Preghiera dell’oblazione». La prima corrisponde, grosso modo, al Te igitur, al Memento Domine e al Communicantes; la seconda all'Hanc igitur, al Quam Oblationem e al Qui pridie; la terza all'Unde et memores, al Supra quæ e al Supplices te rogamus. (Non c'è parallelismo per il Memento etiam, per il Nobis quoque Peccatoribus e per il Per Quem). Per capire esattamente ciò che fece Cranmer, bisogna considerare nei particolari queste tre parti.

V. A) La «preghiera per la chiesa militante»

Eccone il testo: «Dio onnipotente ed eterno, che, per mezzo dei santi Apostoli, ci hai insegnato a pregarTi, a supplicarTi e a ringraziarTi per tutti gli uomini, Ti imploriamo umilmente di accettare con clemenza le nostre offerte e di accogliere queste preghiere che offriamo alla Tua divina maestà, supplicandoTi di ispirare sempre la Chiesa universale con lo spirito di verità, di unità, di concordia e di giustizia. Concedi che tutti coloro che confessano il Tuo santo Nome siano concordi nella verità della Tua santa Parola e vivano nell’unità e nel santo amore. Ti supplichiamo anche di proteggere e di difendere tutti i Re, Principi e Governanti cristiani e, particolarmente, il Tuo servo Edoardo, nostro Re, affinché sotto di lui noi siamo governati santamente ed in pace; accorda al suo intero Consiglio e a tutti coloro che servono sotto la sua autorità di amministrare la giustizia con verità e imparzialità, punendo la malvagità ed il vizio, e conservando la vera religione di Dio e la virtù. Concedi, o Padre celeste, a tutti i Vescovi, Pastori e Vicari la grazia di manifestare, con la loro vita e con il loro insegnamento, la Tua Parola vera e vivente, e di amministrare i Tuoi santi sacramenti correttamente e debitamente; dona la Tua grazia celeste a tutto il Tuo popolo, specialmente a questa assemblea qui riunita,affinché essa ascolti e riceva la Tua santa Parola con cuore umile e con la dovuta riverenza, e Ti serva in vera santità e giustizia per tutta la vita. E Ti imploriamo molto umilmente (o Signore) di consolare e di aiutare, nella Tua bontà, tutti coloro che, in questa vita, sono soggetti al turbamento, alle pene, al bisogno, alla malattia o ad altre avversità. Concedici questo, o Padre, per amor di Gesù Cristo, nostro unico mediatore ed avvocato. Amen».

Il cambiamento è abbastanza drammatico. Oltre alle omissioni del Papa e dei Santi, cosa del resto che non meraviglia, è scomparsa del tutto qualsiasi menzione delle oblazioni - hæc dona, hæc munera, hæc sancta sacrificia illibata - parti essenziali del Te igitur. Nell’antica liturgia della Chiesa, le offerte del pane e del vino occupavano un posto preminente. L'immaculatam hostiam ed il calicem salutaris delle preghiere dell’offertorio, come il sancta sacrificia illibata del Te igitur, vengono presentati a Dio con la richiesta di rendere l’offerta in omnibus benedictam, ratam, rationabilem acceptabilemque, per l’imminente miracolo della Transustanziazione. E, come ha dimostrato Jungmann, «è sempre il pensiero della loro imminente Transustanziazione che ha motivato l’insistenza sulla loro santità» 31. Tutto questo per Cranmer era anatema. «Come Lutero, egli credeva che ogni forma di Offertorio puzzasse di oblazione» 32. Abolì, quindi, tutte le preghiere dell’Offertorio, compresa quella che è generalmente considerata la più bella (Deus, qui humanæ), e così pure ogni menzione dell’oblazione del pane e del vino.
 
Restava la difficoltà rappresentata dalla presenza del pane e del vino sull’altare, che per il popolo aveva lo stesso aspetto che aveva avuto l’Offertorio. Occorreva qualcosa che inculcasse nell’assemblea un’idea completamente nuova. Cranmer la trovò decidendo che i sagrestani facessero la questua in quel momento, e che nella preghiera si parlasse solo delle «elemosine». Poiché queste non erano né offerte né toccate dal pastore, non c’era alcun pericolo che fossero considerate un'«oblazione» nell’antico significato. Questa manipolazione liturgica era così ingegnosamente concepita da suscitare ammirazione, come ha detto Gregory Dix. Evidentemente, l’assemblea non sentiva e non comprendeva altro che il riferimento alle «elemosine». Era insito nello spirito della Riforma che il Canone recitato in silenzio in uso dall’ottavo secolo 33 fosse abolito, di modo che il nuovo canone in volgare ottenesse sul popolo tutto l’effetto previsto. Ai cambiamenti effettuati con le omissioni, Cranmer aggiunse un’alterazione importante sostituendo il nome del Sovrano a quello del Papa. Sedici anni prima, re Enrico VIII aveva ordinato delle «Preghiere universali» in lingua volgare, grazie alle quali, sotto forma di petizioni abilmente composte, si presumeva di far esprimere al popolo idee politiche e teologiche corrette. Bisognava anzitutto che la gente si rendesse conto che il Re era il capo supremo della Chiesa d'InghiIterra. Il Papa doveva essere nominato solo con disprezzo. Le preghiere universali rappresentavano un mezzo utile per commentare i diversi aspetti della vita contemporanea, ma la ragione essenziale per cui furono introdotte è che si voleva sottolineare la funzione del Sovrano nella Chiesa. Pur abolendo le preghiere in vigore, Cranmer conservò e mise in risalto il Te igitur, inserendo la preghiera per il Re e per lo Stato (di cui la Chiesa non è altro che una parte), nel punto in cui si trovava la preghiera per il Papa e per la Chiesa 34. Così, la «Preghiera per la Chiesa Militante», omettendo da una parte ogni riferimento all’oblazione, alla Madonna e ai Santi, al Papa e alla Chiesa cattolica di tutto il mondo e, dall’altra, sostituendovi la preghiera per il capo ad un tempo dello Stato e della Chiesa, serviva da introduzione alla preghiera della Consacrazione.

VI. B) La preghiera della consacrazione

Nel Prayer Book del 1549, Cranmer faceva precedere le Parole dell’istituzione da questa preghiera: «Ascoltaci, o Padre Misericordioso; Noi Ti supplichiamo e, per mezzo dello Spirito Santo e della Tua Parola, degnaTi di benedire e di santificare questi doni, Tue creature di pane e di vino, affinché essi siano per noi il corpo ed il sangue del Tuo amatissimo Figlio, Gesù Cristo»! Questa formula fu criticata perché suscettibile di essere interpretata nel senso della Transustanziazione. Al che Cranmer, indignato, rispose: «Noi non preghiamo assolutamente affinché il pane ed il vino siano cambiati nel corpo e nel sangue di Cristo, ma affinché per noi siano così in questo santo mistero; cioè, che noi possiamo riceverli tanto degnamente, da divenire partecipi del corpo e del sangue di Cristo, e che quindi possiamo essere nutritiin spirito e verità» 35. Nondimeno, benché questa formula rendesse esattamente il senso del rito secondo Zwingli, cioè che il fatto di «mangiare la carne e bere il sangue si riferisce alla memoria della passione di Cristo e della Sua morte, e che l’offerta a Cristo delle nostre anime e dei nostri corpi costituisce il solo sacrificio», Cranmer, nel secondo Prayer Book decise di evitare ogni possibilità di malinteso. Ma, prima di procedere, facciamo una digressione. È senz'altro vero che la parola «nobis» esiste nel Quam Oblationem del Canone Romano: «Degnatevi [o Signore] di rendere questa oblazione in tutto bene X detta, as X critta, rati X ficata, ragionevole ed accettabile, affinché essa diventi per noi il Corpo e il Sangue del Vostro dilettissimo Figlio nostro Signore Gesù Cristo». Qui, pertanto, il senso non si presta ad equivoci, perché la Transustanziazione è stata annunciata dai magnifici Te igitur, Memento Dómine e Hanc igitur, in cui «i doni sacrificali santi ed immacolati» vengono descritti in termini appropriati all’imminente trasformazione in Corpo e Sangue, di cui noi siamo gli indegni beneficiari.

L’omissione, da parte di Cranmer, di questi riferimenti e cambiamenti circa le oblazioni, giustificò la sua protesta; la sua formula, infatti, non poteva essere compresa nel senso della Transustanziazione. Essa significava semplicemente «per noi», cioé nei nostri spiriti, non oggettivamente. Il Nuovo Canone Anaphora II, imposto oggi alla Chiesa cattolica dalla gerarchia, segue fedelmente Cranmer. Non esiste preparazione alla Consacrazione. Dopo il Benedictus, il celebrante dice semplicemente: «Padre veramente santo, fonte di ogni santità», per chiedere subito che «questi doni diventino per noi il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo...». Nel Canone Romano, è impossibile interpretare il «nobis» nel senso datogli da Cranmer. Nell’Anaphora II è quasi impossibile interpretarlo diversamente. Il peggio è che, secondo l’Istruzione del Consilium ad Exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia (presieduto dal massone Mons. Annibale Bugnini; N.d.R.), questo Canone, Anaphora II, dev'essere detto abitualmente e, oltre a ciò, dev'essere destinato all’istruzione catechistica dei giovani sulla natura della preghiera Eucaristica. Nel luglio 1968, sapendo che molti di coloro che avevano studiato l’opera di Cranmer si preoccupavano seriamente della possibilità che l’Anaphora II fosse redatta e fosse applicata in vista di una falsa «unità» con i protestanti - poiché può chiaramente servire a negare la Transustanziazione - sul Catholic Herald apparve un appello indirizzato alla gerarchia inglese (perfettamente al corrente di tutta la storia di Cranmer), affinché intervenisse presso il Consilium, e, per dimostrare la sua buona fede, sopprimesse il «nobis» (per noi).

Non si ottenne nulla e si fu costretti a ricordare che la Riforma anglicana si era affermata in seguito all’apostasia di tutti i Vescovi inglesi, eccetto il solo San Giovanni Fisher 36. Ma torniamo a Cranmer e all’opera da lui compiuta per eliminare ogni possibile falsa interpretazione o ambiguità dalla sua preghiera. Ecco il testo della versione del 1552: «Ascoltaci, Padre misericordioso, Ti supplichiamo e concedici che, ricevendo il pane e il vino, creature Tue, secondo la santa istituzione del Tuo Figlio, il nostro Redentore Gesù Cristo, in memoria della Sua morte e della Sua passione, diveniamo partecipi del Suo corpo e del Suo sangue santissimi». Sopprimendo il passo «per mezzo dello Spirito Santo e della Tua Parola, degnaTi di benedire e santificare questi doni, Tue creature di pane e di vino, affinché essi siano per noi il corpo ed il sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù Cristo», Cranmer escluse ogni possibilità che il dono del Corpo e del Sangue si riferisse al pane e al vino, e che il «santificare» comportasse effettivamente la Presenza divina. La Preghiera della Consacrazione del 1552 comincia con queste parole: «Dio onnipotente, nostro Padre celeste che, nella Tua dolce misericordia hai donato il Tuo unico Figlio Gesù Cristo, affinché patisse la morte sulla Croce per la nostra redenzione, il quale con la Sua morte, offrendo Sé stesso in olocausto, ha offerto un'unica oblazione di completo sacrificio, perfetto e sufficiente per i peccati del mondo intero, ed ha istituito e ci ha comandato nel Suo santo Vangelo di celebrare una memoria perpetua della Sua morte preziosa, fino a che Egli ritorni...». A questo punto, Gregory Dix fa notare che l’accento è stato posto di proposito sull'«unica oblazione di Sé stesso offerta una sola volta, sacrificio, poi oblazione e soddisfacimento completo, perfetto e sufficiente per i peccati del mondo intero», ossia in un lontano passato (sul Calvario). Fa inoltre notare che l'Eucarestia è stata ridotta ad una «memoria perpetua» (la parola è stata scelta abilmente) «della Sua morte preziosa, fino a che Egli ritorni». (il «ri» - assente in San Paolo - è stato aggiunto per dimostrare che la «passione» è un fatto che riguarda il passato, mentre la «venuta» riguarda il futuro, e non l’Eucarestia37.

VII. C) La preghiera di oblazione

La Preghiera di Oblazione, recitata immediatamente dopo la comunione del popolo era la seguente: «O Signore e Padre celeste, noi, Tuoi umilissimi servitori, desideriamo ardentemente che la Tua paterna bontà accetti con clemenza questo sacrificio di lode e di azione di grazie che Ti abbiamo offerto: umilmente, Ti supplichiamo di concedere che, per i meriti e per la morte del Tuo Figlio, Gesù Cristo, e per la fede nel Suo sangue, noi e tutta la nostra Chiesa otteniamo la remissione dei nostri peccati con tutti gli altri benefici della Sua passione. Ecco, Ti presentiamo e Ti offriamo, o Signore, noi stessi, le nostre anime ed i nostri corpi, affinché siano per Te un sacrificio giusto, santo e vivente; supplicandoTi umilmente che noi tutti che siamo partecipi di questa santa comunione, siamo pieni della Tua grazia e celeste benedizione. E, benché indegni a causa dei nostri infiniti peccati di offrirTi un qualsiasi sacrificio, Ti supplichiamo di accettare questo servizio santo e doveroso, non valutando i nostri meriti, ma perdonando le nostre offese per Gesù Cristo, nostro Signore, per il quale e con il quale, in unità con lo Spirito Santo, a Te siano resi ogni onore e gloria, o Padre onnipotente, nei secoli dei secoli. Amen».

Si noterà che qui Cranmer tolse ogni dubbio circa sua nuova interpretazione del rito e, nello stesso tempo, con il triplice impiego della parola «sacrificio», trasse in inganno le anime semplici che, ascoltando il testo in volgare, furono portate a pensare che la nuova messa avesse qualche continuità con l’antica. Secondo la concezione cattolica, Gesù Cristo offre al Padre la perfetta oblazione di Sé stesso e la Chiesa, in quanto Suo Corpo, partecipa al Suo eterno atto sacerdotale per mezzo dell'Eucarestia. Cranmer, deliberatamente, sostituì questo concetto con l’idea che noi offriamo a Dio «noi stessi, le nostre anime ed i nostri corpi». Ugualmente, la conclusione «per il quale e con il quale, in unità con lo Spirito Santo, a Voi siano resi ogni onore e gloria, o Padre onnipotente, nei secoli dei secoli», sembra evocare (pur essendo totalmente differente) la più grande dossologia della liturgia: «Per ip X sum, et cum ip X so et in ip X so, est ti X bi, Deo Patri omni X potenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria, per omnia sæcula sæculorum». Qui, i cinque segni di Croce, seguiti dalla simultanea elevazione dell’Ostia e del Calice in un gesto d’offerta (ricordo dell’antica cerimonia in cui il celebrante sollevava il Pane consacrato ed il diacono, con le due mani, il grande Calice, per far toccare l’uno all’altro), erano il segno esteriore e visibile dell’offerta a Dio del Sacrificio accettabile. L’atto dell’elevazione, coincidendo con le parole «omnis honor et gloria», compiva la fusione dei simbolismi del linguaggio e dell’azione, presentando in questo modo un'espressione liturgica del significato della Messa. Cranmer vietò i segni di croce e l’elevazione, ma conservò approssimativamente le parole che, pur significando una cosa del tutto diversa, davano l’illusione della continuità. Così, il nuovo rito fu plasmato in modo da esprimere la dottrina della Giustificazione per mezzo della sola Fede, dottrina che non poteva adattarsi al senso che si era sempre attribuito ai Sacramenti.

VIII. La questione della giustificazione e la messa tridentina

Alla base di tutti gli argomenti che il Concilio di Trento (1545-1563) era stato chiamato a trattare, c’era la questione della Giustificazione e si dimentica troppo spesso che il Concilio era stato convocato per appianare le controversie fra cattolici e protestanti. Ma, dopo dibattiti che durarono diciotto anni, ci si rese conto che le divergenze erano insormontabili. Non poteva esserci compromesso tra la dottrina cattolica basata sulla Sacra Scrittura («Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? [...] Così anche la fede: se non ha le opere è morta» [Gc II, 1-14,17]) e la dottrina luterana della sola fede, senza il valore delle opere e la partecipazione della volontà umana. La definizione di Trento fu promulgata nel 1547: «Se qualcuno dice che l’uomo peccatore è giustificato dalla sola fede, come se non fosse richiesto nient'altro per ottenere la grazia della giustificazione, e che non c’è nessun bisogno di essere preparati e disposti dal movimento della volontà, sia scomunicato».

Alla fine del Concilio di Trento, durante il quale i protestanti promossero ovunque, come Cranmer, nuovi riti che davano un volto all’eresia, la grande necessità per i cattolici fu quella di unirsi e di serrare le file contro le nuove negazioni.

Per questo fine, l’antica liturgia, ovunque nella stessa lingua, era uno strumento troppo prezioso che non bisognava perdere. Ne risultò il Messale Romano riformato di San Pio V (1504-1572), che fu imposto dall’autorità centrale a tutti i cattolici di rito latino con un atto legislativo senza precedenti 38. La Messa Tridentina fu promulgata da San Pio V con la Costituzione Apostolica Quo primum del 19 luglio 1570. Il Santo Papa dichiarava: «Con il nostro presente decreto, valido in perpetuo, Noi determiniamo e ordiniamo che mai niente dovrà essere aggiunto, omesso o cambiato in questo Messale». Al fine di vincolare i posteri, affermò che «mai, in avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso, potrà essere costretto ad usare un altro modo di dire la Messa». E, onde prevenire una volta per tutte ogni scrupolo di coscienza o paura di sanzioni e censure ecclesiastiche, aggiunse: «Noi qui dichiariamo che, in virtù della Nostra Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro presente ordine e decreto durerà in perpetuo e non potrà mai essere legalmente revocato o emendato in avvenire».

Si può giudicare l’importanza che San Pio V stesso attribuì al suo atto, leggendo queste sue parole: «E se nondimeno qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo». Di questo tenore sono le interdizioni e le censure di San Pio V, oltre le quali è andato Paolo VI (1897-1978) con la sua Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969, decretando forme nuove per la Messa e sostenendole con la seguente dichiarazione: «Noi desideriamo che i Nostri presenti decreti e prescrizioni siano fermi e validi per il presente e per l’avvenire, nonostante, nella misura necessaria, le ordinanze promulgate dai nostri predecessori». La Messa Tridentina, voluta e forgiata come arma indistruttibile contro l’eresia, è stata così sostituita da una nuova liturgia che è fin troppo compatibile con le eresie di Cranmer e seguaci. Alcuni di noi si chiedono il perché.

Nota bibliografica

Per la storia generale dell’epoca, si consulti P. W. DIXON, History Of The Church Of England From 1529 To 1570, sei volumi dei quali particolarmente il quarto presenta un valore inestimabile. Da leggere è pure P. HUGHES, The Reformation In England, pubblicato più recentemente, e particolarmente il vol. II. Abbondante è la bibliografia sulla personalità di Cranmer. La Parker Society ha pubblicato sull’argomento le seguenti opere:

1) Writings And Disputations Of Thomas Cranmer Relative To The Sacrament Of The Lord’s Supper.
2) Miscellaneous Writings And Letters Of Thomas Cranmer.

Vi è poi il famoso Memorial Of Cranmer di Stryper ed il Remains Of Thomas Cranmer di Jenkyns. Queste ultime opere, insieme con l’edizione Gardiner di Bishop Cranmer’s Recantacyons, possono fornire un indice completo delle idee teologiche deI Cranmer. Un'esposizione moderna di queste, fornita da un teologo anglicano è The Shape Of The Liturgy di Gregory Dix. Per i due Prayer Books di Cranmer, si consulti con profitto l’edizione Everyman: The First And Second Praver Book Of Edward VI, con l'introduzione di Bishop Gibson. Tra le pubblicazioni italiane sull’argomento, va segnalato il bellissimo volume di P. Celestino Testore s.j., intitolato ll primato di Pietro difeso dal sangue dei Martiri Inglesi.

Appendice

Testo completo del canone Anaphora II imposto da Cranmer(**)

È veramente degno e giusto, ed è nostro dovere renderTi grazie sempre e ovunque, Signore, Dio Padre onnipotente ed eterno. Per questo, con gli Angeli e con gli Arcangeli e con tutta la celeste schiera, lodiamo e magnifichiamo il Tuo nome glorioso, osannando sempre e dicendo : santo, santo, santo, Signore Dio degli eserciti. Il cielo e la terra sono pieni della tua gloria! Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore; Gloria a te, Signore, nell'alto dei cieli. Dio onnipotente ed eterno che, per mezzo dei Tuoi santi Apostoli, ci hai insegnato a pregarTi ed a supplicarTi ed a ringraziarTi per tutta l’umanità, Ti supplichiamo umilmente di accogliere per la Tua grande misericordia queste preghiere che noi offriamo alla Tua maestà divina, supplicandoTi di ispirare sempre la Chiesa universale con lo spirito della verità, unità e concordia; accorda a tutti coloro che confessano il Tuo santo nome di comprendersi nella verità della Tua santa Parola e di vivere nell’unità e nell’amore divino.

Specialmente Ti preghiamo di salvare e di difendere il Tuo servo Edoardo nostro Re, di modo che sotto di lui possiamo essere governati nella pietà e nella pace. Concedi a tutto il suo consiglio e a tutti coloro che egli ha investito di autorità di amministrare la vera ed imparziale giustizia, onde punire la malvagità ed il vizio e conservare la divina religione e la virtù. Dona a tutti i Vescovi, pastori e curati, o Padre celeste, la grazia di manifestare, con la loro vita e la loro dottrina, la Tua viva e vera Parola e di amministrare degnamente e fedelmente i Tuoi santi sacramenti; e a tutto il Tuo popolo, dona la Tua grazia celeste affinché, con cuore umile e con la dovuta riverenza, ascolti e riceva la santa Parola, servendoTi veramente nella santità e nella giustizia tutti i giorni della vita; Ti supplichiamo umilmente per la Tua bontà, o Signore, di consolare e di soccorrere tutti coloro che, in questa vita transitoria, sono nelle pene, nel dolore, nel bisogno, nella malattia o in avversità. Raccomandiamo specialmente alla Tua bontà misericordiosa questa comunità qui radunata nel Tuo nome per celebrare la commemorazione della gloriosa morte del Tuo Figlio; e Ti offriamo la più alta lode e il più sincero rendimento di grazie per la grazia e la mirabile virtù che Tu hai manifestato in tutti i santi dal principio del mondo; anzitutto nella gloriosa e Beata Vergine Maria, Madre del Tuo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, e nei santi Patriarchi, Profeti, Apostoli e Martiri; ci sia dato, o Signore, di seguire il loro esempio, la loro fermezza nella fede, e di osservare i Tuoi santi comandamenti.

Raccomandiamo alla Tua misericordia, o Signore, tutti i Tuoi servi che ci hanno lasciato nel segno della fede e riposano ora nel sonno della pace; concedi loro, Ti supplichiamo, la Tua misericordia e la pace eterna, e che nel giorno della resurrezione noi e tutti coloro che appartengono al corpo mistico del Tuo Figlio possiamo insieme essere posti alla Tua destra e ascoltare la Sua gaudiosa parola: «Venite a Me, voi, benedetti da Mio Padre e prendete possesso del Regno che vi è stato preparato dal principio del mondo». Concedici questo, o Padre, per l’amore di Gesù Cristo, nostro solo mediatore ed avvocato. O Dio, Padre celeste, che nella Tua dolce misericordia, hai dato il Tuo unico Figlio Gesù Cristo perché patisse la morte sulla Croce per la nostra redenzione, il quale in essa ha compiuto (con una unica oblazione offerta una volta) un pieno, perfetto e sufficiente sacrificio, oblazione e soddisfazione per i peccati del mondo intero, ed ha istituito e ci ha comandato nel Suo santo Vangelo di celebrare una perpetua memoria della Sua preziosa morte finché Egli non torni. Ascoltaci, o Padre misericordioso, Te ne supplichiamo, di volere, col Tuo Spirito Santo e la Tua parola, benedire e santificare questi doni, queste creature di pane e di vino in modo che siano per noi il corpo e il sangue del Tuo amatissimo Figlio Gesù Cristo, che, la notte in cui fu tradito, prese il pane e, dopo averlo benedetto ed aver reso grazie, lo spezzò e lo diede ai Suoi discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo che è offerto per voi; fate questo in memoria di me».

Ugualmente, dopo aver cenato, prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue del Nuovo Testamento, che è sparso per voi e per molti in remissione dei peccati; fate questo, tutte le volte che ne berrete, in memoria di me». (Una rubrica, a questo punto, prescriveva al ministro, mentre prende in mano il pane e il calice, di restare voltato verso l’altare, senza elevazione nè ostensione del sacramento ai fedeli). Per questo, o Signore e Padre celeste, secondo l’istituzione del Tuo amatissimo Figlio, il nostro Salvatore Gesù Cristo, noi, Tuoi umili servi, celebriamo e facciamo, dinanzi alla Tua divina maestà, con questi santi doni che ci vengono da Te, il memoriale che Tuo Figlio ha voluto che noi facessimo, avendo nella memoria la Sua beata passione, la Sua potente resurrezione e la Sua gloriosa ascensione, rendendoTi le nostre più sincere azioni di grazie, per gli innumerevoli benefici che in tal modo ci ha procurato, desiderando solo che la Tua paterna bontà voglia accettare misericordiosamente il nostro presente sacrificio di lode e di azione di grazie; supplicandoTi molto umilmente di concedere, per i meriti e la morte del Tuo Figlio Gesù Cristo e per la fede nel Suo sangue, che noi e tutta la Chiesa, possiamo ottenere la remissione di tutti i nostri peccati e tutti gli altri benefici della Sua passione. E Ti offriamo, o Signore, le nostre anime, i nostri corpi come un sacrificio consapevole, santo e vivo ai Tuoi occhi, supplicandoTi umilmente che tutti coloro che partecipano alla Tua santa comunione possano ricevere degnamente il preziosissimo corpo e sangue di Tuo Figlio Gesù Cristo, essere ripieni della Tua grazia e benedizione celeste, e divenire un sol corpo con il Tuo Figlio Gesù Cristo, in modo che Egli abiti in loro e loro in Lui.

E benché noi siamo indegni per i nostri numerosi peccati di offrirTi alcun sacrificio, Ti supplichiamo ciononostante di accettare il nostro presente dovere e servizio e di comandare che queste preghiere e suppliche, col ministero dei Tuoi santi Angeli, siano portate fino nel Tuo santo Tabernacolo, agli occhi della Tua divina maestà, non guardando ai nostri meriti, ma perdonando le nostre offese, per Cristo nostro Signore, col quale e per il quale in unità con lo Spirito Santo, ogni onore e gloria vengano a Te, o Padre Onnipotente, nei secoli dei secoli. Amen».


 

THOMAS CRANMER, il protagonista di questo scritto, fu il Vescovo riformatore anglicano, nato a Aslacton (contea di Flottinghamshire) il 2 luglio 1439 e morto sul rogo il 21 marzo 1556. Insegnò teologia a Cambridge partecipando attivamente alla vita politica e religiosa del suo tempo, e soprattutto alla formazione della confessione anglicana che volle attuare con ogni mezzo, non esclusi i più efferati. Nominato Arcivescovo di Canterbury da Papa Clemente VII (1478-1534), dopo qualche tempo si ribellò all’autorità di Roma, infrangendo il giuramento di fedeltà.
Morto Enrico VIII (1491-1547), fece parte del Consiglio di Reggenza di Edoardo VI (1537-1553), ma quando partecipò al complotto per far salire al trono Jane Gray, al posto di Maria Tudor, fu condannato al rogo come eretico. Le sue famose opere, tra le quali, il Book Of Common Prayer («II Libro della preghiera comune»), scritto nel 1549, culminarono con la versione in volgare della Bibbia, operata con chiara intenzione antipapale. Egli combattè soprattutto la dottrina cattolica della Transustanziazione, della Presenza Reale della Carne e del Sangue di Cristo nell’Ostia e nel calice, e del Sacrificio dell’altare, riducendo la Messa, in armonia con Lutero e con gli altri riformatori, ad una semplice commemorazione storica. Per far ciò, distrusse le basi stesse della dottrina cattolica, perseguitando non solo le sue strutture, ma i suoi testimoni viventi.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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