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Pensieri e poesie

Ultimo Aggiornamento: 16/01/2014 10:40
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10/01/2014 12:08
 
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a cura di ELISEO SGARBOSSA ssp

«Stella del nostro mar»
   

Vittoria Colonna (Marino, 1490-Roma, 1547), poetessa e nobildonna, figlia di Fabrizio Colonna signore di Anagni e moglie di Ferrante d’Avalos marchese di Pescara, fu una delle donne più celebri del Rinascimento italiano. Rimasta vedova senza figli, cercò conforto nelle amicizie con illustri personalità della cultura e dell’arte, fra cui i cardinali Contarini, Bembo e Reginald Pole, e i più noti umanisti del suo tempo.

Coinvolta negli scontri fra le famiglie Colonna e Farnese, fu esiliata da Roma e viaggiò molto fra Napoli e il Nord Italia, ospite delle corti di Ferrara (Estensi) e di Mantova (Gonzaga), preferendo infine rifugiarsi presso diversi monasteri del Lazio: Orvieto, Viterbo, Roma. Documento di una vita così intensa è il suo epistolario (Lettere, 1530-1570).

La sua fama letteraria è dovuta alle sue opere poetiche – Rime (1538), Rime Spirituali (1546),Pianto sulla Passione di Cristo Orazione sull’Ave Maria (1556). Ma Vittoria è altrettanto celebre per il suo stretto rapporto affettivo e intellettuale con Michelangelo, al quale fu legata da profonda amicizia. Colpita infine da una grave malattia, fu accolta dalla nipote Giulia Colonna e morì il 25 febbraio 1547 nel palazzo di Torre Argentina in Roma.

Ecco due suoi sonetti mariani dalle Rime Spirituali.

Vergine pura...

Vergine pura, che dai raggi ardenti
del vero Sol ti godi eterno giorno,
il cui bel lume in questo vil soggiorno
tenne i begli occhi tuoi paghi e contenti,

uomo il vedesti e Dio, quando i lucenti
suoi spirti fêr l’albergo humile adorno
di chiari lumi, e timidi d’intorno
stavan tremando al grand’ufficio intenti.

Immortal Dio nascosto in mortal velo
l’adorasti Signor, figlio il nutristi;
l’amasti sposo e l’onorasti padre.

Prega lui dunque, che i miei giorni tristi
ritorni in lieti; e tu, donna del cielo,
vogli in questo desìo mostrarti madre.

Stella del nostro mar

Stella del nostro mar, chiara e secura,
che ’l Sol del Paradiso in terra ornasti
del mortal sacro manto, anzi adombrasti
col vel virgineo tuo sua luce pura,

chi guarda al gran miracol più non cura
del mondo vile, e i vani empi contrasti
sdegna de l’oste antico, poi ch’armasti

d’invitta alta virtù nostra natura.
Veggio il Figliuol di Dio nudrirsi al seno
d’una vergine madre, ed ora inseme
risplender con la veste umana in Cielo;

onde là su nel sempre bel sereno
al beato s’accende il vivo zelo,
al fedel servo qui la cara speme.

Miniature dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

S’è accennato all’amicizia di Vittoria Colonna con Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Quando lo scultore terminava il suo primo capolavoro, la Pietà (1499), Vittoria non aveva ancora compiuto dieci anni, ma rimase presto affascinata dal genio di Michelangelo. Il quale la conobbe, anni dopo, e a sua volta fu colpito dalla bellezza di lei, e più tardi dalla intensità delle sue esperienze umane e religiose. Vittoria divenne per lui una amica fraterna e ispiratrice, anzi "un amico", come lo stesso artista affermò quando ella venne a mancare: «Morte mi tolse un grande amico». Ciò avveniva quando Vittoria, a cinquantasette anni, concludeva la sua esistenza terrena, dopo essere stata a lungo assistita da Michelangelo in persona. Riportiamo a confronto alcuni versi dello scultore, duri come schegge di marmo ma originali per il mistero che evocano: nella bellezza dei volti scolpiti (si pensi alle sue Madonne), l’arte rende viva e immortale l’opera, che sopravvive al suo creatore.

Come una "Pietà" vivente

Com’esser, donna, può quel c’alcun vede
per lunga sperïenza, che più dura
l’immagin viva in pietra alpestra e dura
che ’l suo fattor, che gli anni in cener riede?

La causa a l’effetto inclina e cede,
onde dall’arte è vinta la natura.
E ’l so, che ’l pruovo in la bella scultura,
c’all’opra il tempo e morte non tien fede.

Dunche, posso ambo noi dar lunga vita
sì che mill’anni dopo la partita,
quanto voi bella fusti e quant’io lasso
si veggia, e com’amarvi i’ non fu’ stolto.

Sol d’una pietra viva
l’arte vuol che qui viva
al par degli anni il volto di costei,
non già mortal, ma diva,
non solo agli occhi miei.

Poi la ferita al cuore dell’artista, quando Vittoria gli viene a mancare:

Come resterò ’n vita?
Ahi trista sorte!
Ch’io ne trarrò la morte?

(Michelangelo).






Un profondo sentimento quotidiano
   

«Maria è stata l’unica donna ad essere insieme madre e vergine, tanto nello spirito come nel corpo»
(sant’Agostino).
  

«Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28).

Le parole dell’Angelo, «Ti saluto», che nella preghiera noi recitiamo come Ave, esprimono un profondo sentimento di gioia, di pienezza, di fiducia verso Maria.

Per noi uomini che percorriamo un cammino di fede, il riferimento a questo profondo sentimento è quotidiano. È a Maria, infatti, che ci rivolgiamo nei momenti di difficoltà, quando la sofferenza invade la nostra vita, quando fatichiamo a scorgere la "luce", quando ci sentiamo delusi e affaticati, ma è anche a lei, Vergine purissima, Madre amorosissima, che con riconoscenza esprimiamo il nostro grazie per aver partorito il Verbo di Dio e con devozione chiediamo intercessione presso il Trono dell’Altissimo.

M. Buonarroti (1475-1564), Madonna che allatta il Figlio, Gabinetto dei disegni, Firenze.
M. Buonarroti (1475-1564), Madonna che allatta il Figlio, Gabinetto dei disegni, Firenze.

O Vergine purissima, brano costruito su una melodia semplice, ma orecchiabile e piacevole, diventa più incisivo grazie all’alternarsi del coro e dell’assemblea.

Al solista è affidato l’inciso, una linea cantabile arricchita dalla profondità del testo che, nelle diverse strofe, contempla Maria esaltandone la preziosa verginità, pur nel suo ruolo di madre, la fedeltà, l’amore, la gloria e anche la realtà di figlia: è la Madre di Gesù, ma anch’essa figlia di Dio.

L’invocazione Ave Maria è affidata all’assemblea quasi a voler sottolineare come, coralmente, tutti gli uomini invocano la Vergine, affidano a lei la propria vita con la consapevolezza che il carico delle fatiche quotidiane è alleggerito se si rivolge lo sguardo alla bontà di Maria. Nel ritornello è possibile inserire il coro a più voci per rendere più varia la breve durata del canto.

La struttura del brano richiede duttilità, scioltezza e una scorrevolezza delicata per non appesantire l’esecuzione.

Si ponga sempre particolare attenzione all’accento tonico delle parole (soprattutto Àve Marìa), rispettando il quale l’insieme risulta più espressivo e significativo.

Vergine con Bambino, mosaico dei secc. VI-VII, chiesa della Madre di Dio, Cipro.
Vergine con Bambino, mosaico dei secc. VI-VII, chiesa della Madre di Dio, Cipro (foto Lores Riva).

L’autore, don Giovanni Ferrero, è senza dubbio uno degli artefici del rinnovamento del canto religioso e liturgico italiano del post-Concilio. Sacerdote della Società San Paolo, proveniente dalla Diocesi di Mondovì, si distinse per lo spiccato talento musicale e la vena poetica che riversò nelle sue composizioni, in cui la facile e bella melodia non è mai banalità, ma sensibilità interiore che rivela l’anima "mariana" del compositore al quale erano tanto care le parole che Dante pone sulle labbra di san Bernardo nella stupenda preghiera indirizzata alla Vergine: «Donna, sei tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disianza vuol volar senz’ali».

Luisa Tarabra
     

Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
  

O VERGINE PURISSIMA

O Vergine purissima, ave, o Maria!
O Madre amorosissima, ave, o Maria!

Tu che tutto puoi, ricordati di noi,
presso il trono dell’Altissimo.

O Madre sempre vergine, ave, o Maria!
O Figlia del tuo Figlio, ave, o Maria!

O Madre della grazia, ave, o Maria!
O Porta della gloria, ave, o Maria!






L’ora dell’Ave Maria
   

Conosciamo il celebre idillio che conclude La chiesa di Polenta del Carducci. Ma forse ignoriamo che il poeta toscano si ispirò a un autore inglese, George Gordon Noel Lord Byron, il quale nel poema Il Pellegrinaggio del cavaliere Aroldo evocò prima di lui la mistica suggestione dell’Angelus serale.

Lord Byron (1788-1824) viaggiò molto in Italia, prima di concludere la sua avventurosa esistenza a Missolungi (Grecia). A Venezia fu affascinato dalle tele di Tiziano e in Romagna, nella pineta di Ravenna, si commosse in presenza delle testimonianze dantesche. Ma fu la presenza di Maria che, in concomitanza con altri eventi familiari, determinò la sua conversione alla fede, dopo una giovinezza dissoluta. L’Ave Maria della sera, annunziata dai campanili della pianura padana, fu una delle esperienze che segnarono più a fondo la sua sensibilità e accompagnarono i suoi anni maturi.

Giosuè Carducci (1835-1907), premio Nobel per la letteratura, condivise con il poeta inglese la passione romantica per la storia nazionale, ma non altrettanto la sensibilità religiosa. Più che la Vergine Maria, nella celebre ode La chiesa di Polenta il Carducci cantò la chiesetta romanica, visitata un giorno con una giovane amica, in atteggiamento di pellegrino culturale. Quella chiesetta sull’Appennino, nel territorio di Guido da Polenta, ammirata come testimone di tragiche ed epiche vicende storiche, fu tuttavia il luogo di un incontro spirituale con la "Madre antica" che da lassù aveva visto trascorrere migrazioni incessanti di tribù nemiche, affratellate dalla fede. Nella evocazione di tali eventi, l’orgoglioso massone, cantore di Satana, era stato toccato nell’intimo dall’Ave Maria, e trovò persino il coraggio di difendere l’onore della Vergine contro uno scritto dissacrante di Gabriele D’Annunzio.

Riportiamo qui di séguito, a confronto, i due idilli, come omaggi paralleli resi a Maria da due autori, distanti fra loro e apparentemente estranei a temi devozionali.

Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

Il canto del giorno morente (Byron)

Ave Maria! Sulla terra e sul mare
quest’ora più d’ogni altra celeste
è la più degna di te, Benedetta.
Ave Maria! Benedetta quest’ora,

Benedetto il giorno, il paese, il luogo
dove tante volte ho sentito in pienezza
questo annuncio scendere in terra
dalla campana della torre lontana.

Saliva leggero il canto del giorno morente;
non un soffio turbava l’aria tinta di rosa,
eppure le foglie sui rami trasalivano
vibrando in fremiti di preghiera.

Ave Maria! È l’ora di pregare.
Ave Maria! È l’ora di amare.
Ave Maria! È l’ora che il nostro spirito
si elevi fino a te, fino al tuo Figlio!

Ave Maria! Volto stupendo, occhi socchiusi
sotto l’ala della Colomba onnipotente!
Ti miro adesso in un’immagine dipinta?
Ma essa traduce in bellezza la Pura Verità.

Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

Salve, chiesetta del mio canto (Carducci)

Salve, affacciata al tuo balcon di poggi
tra Bertinoro alto ridente e il dolce
pian, cui sovrasta fino al mar Cesena
donna di prodi,

salve, chiesetta del mio canto! A questa
madre vegliarda, o tu rinnovellata
itala gente da le molte vite,
rendi la voce

de la preghiera; la campana squilli
ammonitrice: il campanil risorto
canti di clivo in clivo a la campagna
Ave Maria.

Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i piccioli mortali
scovron il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo.

Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?

Un oblio lene de la faticosa
vita, un pensoso sospirar quïete,
una soave volontà di pianto
l’anima invade.

Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
roseo ’l tramonto ne l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti vertici ondeggianti
Ave Maria.





 Un canto per Maria 

 
a cura di MARIO MOSCATELLO e GIUSEPPE TARABRA

E in lei, ricchezza di grazia
   

«Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria era stata redenta fin dal suo concepimento»
(Catechismo della Chiesa cattolica, 491).

  

Vergine Maria, Madre del Signore, Immacolata Vergine, Madre dell’Amore. In un breve ritornello di quattro invocazioni, ecco balzare in primo piano, come in un altorilievo, tre dei quattro dogmi proclamati dalla Chiesa riguardanti Maria: verginità, immacolata concezione, maternità divina. Ma anche il quarto, l’Assunzione, seppure in maniera velata, è presente nell’imperativo Lodiamo, che a ben guardare lascia intendere quella posizione "gloriosa" di Maria accanto al Figlio da noi contemplata quale primizia dei redenti.

Pechino: la Cattedrale (sec. XVIII), dedicata all'Immacolata Concezione.
Pechino: la Cattedrale (sec. XVIII), dedicata all’Immacolata Concezione (foto Image).

Anzi, proprio quel Lodiamo dà motivo alle strofe che sono una successione di invocazioni laudative che, come pennellate, evidenziano ora un colore ora un altro, creando una specie di stupendo caleidoscopio che non solo ne esaltano la figura, ma aiutano a cogliere la ricchezza di grazia che Dio ha effuso in colei che Dante con felice intuizione osò definire «umile e alta più che creatura», «ne lo cui caldo – è ancora il sommo poeta a dare un’ulteriore pennellata di colore – Dio non disdegnò di farsi sua fattura».

Ave, o Figlia dell’Altissimo; ave, o Sposa del Paraclito; ave… E qui la litania delle invocazioni strofiche potrebbe allungarsi più di quanto l’autore non abbia inteso limitandone il numero.

A. Bouts (1460-1549), Assunzione di Maria, Museo d'arte antica, Bruxelles.
A. Bouts (1460-1549), Assunzione di Maria, Museo d’arte antica, Bruxelles (foto Scala).

L’autore è Giovanni Ferrero, senza dubbio uno degli artefici del rinnovamento del canto religioso e liturgico italiano del post-Concilio.

Sacerdote della Società San Paolo, proveniente dalla Diocesi di Mondovì, si distinse per lo spiccato talento musicale e la vena poetica che riversò nelle sue composizioni, in cui la facile e bella melodia non è mai banalità, ma sensibilità interiore che rivela l’anima "mariana" del compositore, al quale erano tanto care le parole che Dante pone sulle labbra di san Bernardo nella stupenda preghiera indirizzata alla Vergine: «Donna, sei tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disïanza vuol volar sanz’ali».

La lode – utilizzabile in ogni momento di preghiera comunitaria o in ogni momento celebrativo mariano – è edita dalle Edizioni Paoline Musicali e Discografiche nella raccolta Maria Regina di giovinezza.

Luisa Tarabra 
     

Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
  

LODIAMO LA VERGINE MARIA

Lodiamo la Vergine Maria,
la Madre del Signore!
Lodiamo l’Immacolata Vergine,
Madre dell’Amore!

Ave, o Figlia dell’Altissimo,
ave, o Sposa del Paraclito,
ave, o Madre del Signore, o Maria!

Lodiamo…

Ave, Regina gloriosissima,
ave, Regina potentissima, ave,
Regina degli Apostoli, o Maria!

Lodiamo…

Ave, o Madre amabilissima,
ave, o Madre amorosissima, ave,
o Madre della Grazia, o Maria!

Lodiamo…


   

 


[Modificato da Caterina63 10/01/2014 14:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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