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CARATTERISTICHE DI BUONA TRADUZIONE BIBLICA

Ultimo Aggiornamento: 20/10/2009 00:47
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03/08/2009 20:00
 
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1. Aspetti teologici. Bibbia e cultura

1.5 Traduzione contestuale. Ruolo dell’antropologia culturale. Traduzione della Bibbia e sviluppo sociale e culturale

Bibliografia:

Luzbetak, Louis J. 1992. "Contextual translation: the Role of Cultural Anthropology", in Philip G. Stine, ed., Bible Translation and the Spread of the Church, Leiden - New York . Köln: E.J. Brill, 1992; pp. 108-119.

Wendland, Ernst R. 1990. "Traditional Central African Religion Today. A Sociocultural Approach". In Stine, C. Philip - Wendland Ernst R., editors. Bridging the Gap. African Traditional Religion and Bible Translation. New York: United Bible Societies; 1990; pp. 1-23.

Nida, Eugene A. 1972. "New Religions for Old. A Study of Culture Change". In Practical Anthropolgy. 1972; 19(1), pp. 13-26.

Nida, Eugene A. 1968. Religion Across Cultures. New YorkHarper and Row; 1968.

Nida, Eugene A. and Wonderly, William. 1963. "Cultural Differences and the Communication of Christian values". In Practical Anthropology. 1963; 10(6), pp. 241-258.


Molto spesso, e soprattutto per quanto riguarda la Bibbia, una traduzione ha a che fare direttamente con almeno tre culture: quella della lingua di origine, quella della lingua di arrivo, e quella propria del traduttore. Un buon traduttore deve essere ben consapevole di trovarsi all’incrocio fra queste diverse culture. Il ruolo dell’antropologia culturale è proprio quello di sensibilizzare il traduttore alle differenze fra le culture e ai loro rapporti. Una buona sensibilizzazione alle diverse culture fornirà degli orientamenti fondamentali almeno su tre punti: la natura della cultura in questione, la sua organizzazione, il suo modo di operare.


1.5.1 La natura della cultura

Gli studi di antropologia culturale forniscono qualche centinaio di definizioni sulla cultura. Non è quindi qui il caso di sceglierne una come migliore delle altre, tanto più che oggi l’attenzione è più sui "modelli" che sulle "definizioni".

Naturalmente, anche di "modelli" ne esistono più di uno, ed è appena il caso di tener presente che nessuno sarà sufficiente da solo per descrivere completamente una cultura.

Sarà opportuno invece fare certo una scelta di un modello fondamentale, ma saper anche affiancarlo con altri sottomodelli presenti nelle contemporanee teorie di antropologia culturale, per poter equilibrare o correggere la prospettiva dominante preferita.

Tanto per avere un’idea di partenza e un orientamento generale, si può dire, in un modo che certo non evita il rischio di eccessiva semplificazione, che la cultura è tutto ciò che noi impariamo dalla società, un piano di vita della società, un codice di comportamento, un insieme di idee, di norme, di nozioni, di credenze, di valori circa persone, cose, eventi, comportamenti. In una parola, il sistema simbolico di un popolo.


1.5.2 L’organizzazione della cultura

Il secondo aspetto cui un traduttore deve essere sensibile è quello della strutturazione di ogni cultura. In quanto sistema, ogni area di una cultura è interconnessa con le altre aree per formare un insieme più o meno integrato (con possibilità, cioè, di incoerenza e disintegrazione).

A un livello di superficie ci sono le forme di un modo particolare di vivere. il chi, che cosa, quando, dove, che genere. Anche se queste forme non sono uniche nel senso stretto del termine, esse sono strutturate in modo unico a un secondo e un terzo livello, al livello cioè dei significati immediati, delle interrelazioni e delle presupposizioni, dei perché immediati, ma anche e soprattutto al livello dei punti iniziali del pensare, del reagire emotivamente, del motivare, il livello delle premesse soggiacenti di un popolo, degli atteggiamenti e dei valori fondamentali, in una parola il livello della visione del mondo propria di una società.

Per accennare alle strutturazione presenti sul secondo livello, quello dei perché immediati di comportamento, si pensi per esempio all’area del vestito.

Per comprendere il significato del vestire-vestirsi in una data cultura, è necessario tenere presenti le connessioni che esso implica in quella cultura. Il termine stesso di vestito non indica la stessa cosa in Alaska o tra i Boscimani dell’Africa. Dobbiamo conoscere le ragioni per coprirsi, gli usi, i presupposti o le condizioni per potersi coprire (soldi, materiali, tecniche, ecc.), a quali bisogni il coprire-coprirsi risponde, con quali associazioni è collegato (religione, occupazione, responsabilità), quali ripercussioni o conseguenze comporta il non vestire-non vestirsi o il non farlo in un certo modo e in certe circostanze, e così via. Se non si tengono presenti tutte queste interconnessioni, non sarà possibile comprendere veramente che cosa significa il vestito in una data cultura. I parlanti nativi di una lingua possono non essere in grado di articolare queste interconnessioni, ma certamente le sentono, allo stesso modo con cui uno sente e applica le regole grammaticali anche se non è in grado di articolarle esplicitamente.

Essere sensibilizzati verso una cultura significa essere sensibilizzati ai valori unici di quella cultura. Per fare un altro esempio, non possiamo comprendere che cosa è la poligamia in una data cultura senza tener presente come un matrimonio plurimo è collegato con altre aree, come quella del prestigio, dell’amicizia fra tribù, delle obbligazioni interfamiliari, della salute, del lavoro familiare, del confort, dell’allevamento degli animali, del rapporto di ostilità e fedeltà tra tribù, del culto degli antenati, della sicurezza sociale per le vedove, e molto altro ancora. La cura di sé e la sensualità possono non avere alcun posto in tale quadro, o al massimo possono apparire all’ultimo posto.

Soggiacente a questo secondo livello dei perché immediati è il terzo livello, quello più profondo, il livello della logica interna, degli atteggiamenti fondamentali, delle spinte basilari.

Per potersi dire sensibilizzato ad una cultura, un traduttore deve apprezzare l’importanza di questo livello profondo, degli ultimi perché di un modo di vivere. Questo livello, ad esempio, può spiegare le relazioni che si sono venute a creare sul secondo livello più immediato, esso contiene l’ "anima" di un popolo, la sua psicologia fondamentale.


1.5.3. La dinamica di una cultura

Per essere sensibilizzati ad una cultura, oltre a conoscere che cosa è una cultura e come è strutturata, è necessario anche essere consapevoli del modo con cui una cultura opera. Non si tratta qui di studiare la materia complessa della dinamica di una cultura, ma almeno di capire che cosa si intende per dinamica.

La cultura, essendo una specie di sistema organico, tende a cambiare e ad adattarsi, più o meno con successo, e questo sempre all’interno di una tendenza generale a conservarsi, come avviene per ogni organismo. Nuovi elementi sono aggiunti, altri vengono persi, sostituiti, mescolati, sempre in parallelismo con il cambiamento dell’esperienza delle persone, dei bisogni e delle esigenze di un sempre cangiante ambiente fisico, sociale e spirituale, del succedersi degli avvenimenti storici, e via dicendo. Ogni cambiamento porta con sé uno squilibrio nello stato attuale della cultura, il quale a sua volta lancia la domanda per un nuovo equilibrio nella strutturazione dell’insieme, normalmente in accordo con la visione generale del mondo propria della cultura stessa. Per trovare questo nuovo equilibrio, o viene modificato il nuovo elemento oppure è la cultura stessa che viene modificata pur di trovare un equilibrio stabile. Solo allora il nuovo elemento sarà normalmente integrato nel sistema che noi chiamiamo cultura.

Per essere, dunque, sensibilizzati a una cultura, un traduttore deve essere consapevole del fatto che le culture sono dinamiche, che stanno sempre agendo e reagendo. Una cultura non è una tradizione morta. La cultura è il qui e ora, con un passato e molto probabilmente un futuro. Soprattutto in un mondo sempre in rapido cambiamento, comprendere una cultura in modo diverso, e non in senso dinamico, equivarrebbe a trattare con un mondo irreale e inesistente.



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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 14/07/2003 19.41

1. Aspetti teologici. Bibbia e cultura

1.4 Teologia e traduzione. Implicazioni di alcune questioni teologiche per la traduzione: testo, canone, ispirazione (parola di Dio in linguaggio umano), rapporto fra ricerca e teologia.

Bibliografia: Daniel C. Arichea, Theology and Translation: the Implications of Certain Theological Issues to the Translation Task, in Philip G. Stine, ed., Bible Translation and the Spread of the Church, Leiden - New York . Köln: E.J. Brill, 1992; pp. 40-67.


La Bibbia è, fra le altre cose, un documento teologico. Il compito di tradurre è perciò necessariamente un compito teologico, e come tale deve fare i conti con alcune questioni teologiche strettamente collegate alla traduzione.


1.4.1 Che cosa si traduce. Il problema del Testo e del Canone\


a) Il Testo

1. La qualità di una traduzione comincia dalla scelta del testo critico che si traduce. La "critica testuale" è di importanza fondamentale, e i traduttori devono tenersi aggiornati sui risultati dello studio critico dei manoscritti.

Tra le chiese oggi c’è un accordo a fare uso delle seguenti edizioni critiche:

The Greek New Testament, per il Nuovo Testamento,

e il testo del

Hebrew Old Testament Text Project (HOTTP) o della più facilmente accessibile

Biblia Hebraica Stuttgartensia, per l’Antico Testamento.


A queste edizioni critiche si affiancheranno alcuni aiuti. Ad es.

- Bruce M. Metzger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, London: United Bible Societies, 1971;

- Bruce M. Metzger. Il testo del Nuovo Testamento. Trasmissione, corruzione e restituzione. Ed. italiana a cura di Donatella Zoroddu, Brescia: Paideia, 1996.

- Emmanuel Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Minneapolis: Fortress Press, 1992.

- Reinhard Wonneberger, Understanding BHS : A Manual for the Users of Biblia Hebraica Stuttgartensia, Ed. Pontificio Istituto Biblico, Roma 1990.


2. Per il processo di traduzione, le decisioni più utili sono quelle basate su principi critici, letterari e linguistici, e non quelle basate su degli a priori teologici.


3. Strumenti per rendere accessibili ai traduttori le informazioni testuali. Fra gli strumenti concepiti non solo per gli specialisti, ma anche e soprattutto per i traduttori sono da ricordare: la rivista The Bible Translator, edita dal 1950, e i vari Helps su singoli libri biblici pubblicati a cura delle United Bible Societies.

Diversi siti Internet sono dedicati al problema della traduzione della Bibbia, in particolare si possono seguire quello del Summer Institute of Linguistics e quello delle stesse UBS.


b) Il Canone

Le scelte "canoniche" riguardano la forma, l’ordine e i limiti dei libri biblici che vengono tradotti. Le principali domande a questo proposito sono: 1) Quale stadio di formazione dei libri bibici e del corpo canonico è oggetto della traduzione? 2) Quanto è importante distinguere tra singoli libri e compilazioni degli stessi? 3) Quale è il posto della critica testuale nel processo canonico? Basterà per ora aver accennato a questi problemi e dire che a livello di progetti interconfessionali di traduzione un certo consenso si è ormai delineato sul modo di procedere circa queste questioni.


1.4.2 Che genere di libro si sta traducendo. La natura della Bibbia come letteratura sacra


a) La Bibbia come composizione letteraria: l'importanza degli studi

l. L'aspetto di composizione umana della Scrittura rende possibile il compito della traduzione, insieme con quello dell'interpretazione. Ogni sottovalutazione dell'aspetto umano a favore di una valutazione esclusiva dell'aspetto divino rende o impossibile o secondaria ogni traduzione ed ogni interpretazione.

2. Il carattere umano della Bibbia rende possibile una giusta valorizzazione della sua diversità. Una buona traduzione non attenua queste diversità, di qualsiasi genere esse siano, letterarie, stilistiche o teologiche. Ciò va fatto rispettando sempre le caratteristiche proprie della lingua di arrivo. Si deve purtroppo dire che le traduzioni finora non si sono molto preoccupate di questo aspetto.

3. Il carattere umano della Bibbia rende possibile e necessario analizzarla come si fa per qualsiasi altro libro. Si useranno quindi tutti gli strumenti messi a disposizione dalle scienze moderne dei testo.


b) La Bibbia come libro teologico. L'importanza della teologia. L’Ispirazione

Naturalmente, una analisi che tenesse conto soltanto dell'aspetto umano della Bibbia sarebbe parziale e insufficiente. Non solo lo studioso credente, ma anche il non credente deve tener conto che la Bibbia stessa pretende di contenere delle affermazioni di fede di diverse comunità credenti, proponendole al tempo stesso come normative.

Non si tratta qui di ripetere le affermazioni e le discussioni circa la dottrina dell'Ispirazione, ma di proporre delle considerazioni che ne illustrano la relazione con il compito della traduzione

i. Una dottrina verbale dell'ispirazione è controproducente per il compito della traduzione, specialmente quando è strettamente collegata con l'antica posizione dell'inerranza e dell'infallibilità. Un tale stretto legame porta a omologare ogni divergenza nei testi (Cf la traduzione della Living Bible di Lc 24,20a, omologato a At 1, 12; così la correzione di Mc 1,2 nel textus receptus che attribuisce la citazione ai profeti in genere, invece che ad Isaia) o ad attribuire un valore assoluto e intoccabile a certi termini o a certe espressioni, favorendo quindi almeno per questi una traduzione quanto mai formale pur all'interno di traduzioni concepite come dinamiche (Cf certi usi anche nella NIV e nella Living Bible).

ii. è necessario passare a una dottrina dell'Ispirazione che tenga conto del dettato del Concilio Vaticano Il e delle acquisizioni sia delle scienze bibliche sia delle scienze testuali in genere.

iii. L'ispirazione deve essere messa in relazione con tutto il processo di formazione dei singoli libri e dell'intero canone,.e non solo con un presupposto e unico processo finale di scrittura.

iv. Per il processo di traduzione è più utile una comprensione funzionale dell'ispirazione (cf2 Tm 3,16).

v. Si collega all'approccio funzionale una concezione dell'ispirazione che si pone in relazione con la rivelazione di Dio concepita come comunicazione di sé stesso. All'interno di questo contesto va situata ogni discussione circa l''ispirazione'' di certe traduzioni fondamentali nella storia della Chiesa, come quella della Settanta o della Vulgata, ma anche ogni valutazione di procedure ecclesiali comunitarie di atti di traduzione.


c)La ricerca di un equilibrio: la relazione tra studi e teologia

Una volta chiarito che la Bibbia è nello stesso tempo composizione umana e letteratura sacra, non solo l'impostazione degli studi biblici accademici, ma anche la traduzione deve tenere in conto questo duplice aspetto descrittivo (passato) e teologico (presente) del testo. Facciamo menzione di tre aree in cui traduzione può prendere sul serio l'aspetto teologico:

i. La traduzione dei termini tecnici teologici.

ii. La disponibilità della traduzione verso alcune sensibilità contemporanee, sia nella chiesa sia nella società.

Es. La questione del trattamento del termine "giudei" nel vangelo di Giovanni secondo la Good News Bíble. Cf Robert G. Bratcher, "The Jews in the Gospel of John", in A Transator's Handbook on the Gospel of John, by Barclay M. Newman and Eugen A. Nida, New York: United Bible S ocieties, 1980, pp. 641-649 (reprinted from Practical Papers for the Bíble Translator 26, October 1975, pp. 401-409).

Es. La questione dell'uso del linguaggio inclusivo in accettazione di alcune istanze della sensibilità femminista.

iii. La necessità per la traduzione di essere fedele sia alla cultura biblica di partenza sia alla cultura dei popoli della lingua di arrivo.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 14/07/2003 19.42

1. Aspetti teologici. Bibbia e cultura

1.6 Traduzione della Bibbia e sviluppo sociale e culturale

Bibliografia:

Whiteman, Darrell L., "Bible Translation and Social and Cultural Development". In: Stine, C. Philip, ed. Bible Tanslation and the Spread of the Church. Second ed., Leiden - New York - Köln: E.J. Brill; 1992; pp. 120-141.

Dato il ruolo che la traduzione della Bibbia ha avuto nella storia di certe lingue, non sembra fuori luogo chiedersi se c’è qualche dato che permetta di affermare che quando un popolo ha avuto la Bibbia tradotta nella propria lingua, ciò ha di fatto contribuito al suo sviluppo come popolo, come comunità e come nazione.

Una volta posta la domanda, si potrà restare sorpresi dalla scarsità di studi empirici che dimostrino una correlazione tra sviluppo e traduzione della Bibbia. E’ perciò necessario impostare la questione fin dal suo fondamento, in modo da poter poi impostare delle eventuali ricerche e verifiche. Sarà opportuno avere delle idee chiare sull’idea di sviluppo culturale e introdurre il concetto di sviluppo umano integrale, in modo da poter poi discutere se la traduzione della Bibbia può contribuire e in che modo a queto tipo di sviluppo. Si potrà poi prendere in considerazione alcune aree problematiche particolari, dove è necessaria una sensibilità multiculturale per poter assicurare un contributo positivo da parte di una traduzione. Infine, si accennerà ad alcuni casi particolari dove sembra che la traduzione della Bibbia abbia segnato qualche differenza sulla via dello sviluppo. Alcune considerazioni finali potranno suggerire delle attenzioni per il proseguo della ricerca.


1.6.1 Evoluzione del concetto di "sviluppo"

Il concetto di sviluppo ha conosciuto anch’esso non pochi pogressi negli ultimi decenni. Per un certo periodo, il paradigma dominante è stato quello economico e tecnologico. Alcune nazioni del cosiddetto "sottosviluppo" lo hanno applicato, ma con risultati deludenti, tra i quali stagnazione economica, grande concentrazione di guadagni e potere in mani di pochi, alta disoccupazione, scarsità di cibo, enormi debiti nazionali.

Al paradigma dominante si viene così affiancando (sia pure sovente soltanto a parole) un nuovo concetto di sviluppo che prende in considerazione dei valori alternativi a quelli economici: il rispetto per i valori culturali che conferiscono identità e dignità di popolo, il primato del soddisfacimento dei bisogni basilari (salute, educazione, casa, lavoro), una politica che porti alla riduzione della dipendenza, al rispetto dei diritti umani, della libertà e della democrazia, l’inclusione della dimensione del senso globale della vita e della storia. In breve, lo sviluppo viene visto non solo come problema economico, ma anche come problema etico.

Da un punto di vista negativo, si è preso coscienza che sviluppo non è urbanizzazione, né industrializzazione, né modernizzazione né occidentalizzazione. Al contrari, queti fattori hanno sovente avuto conseguenze disastrose sui popoli "in via di sviluppo".


1.6.2 Caratteristiche di uno sviluppo umano integrale

1. Uno sviluppo umano integrale riguarda tutta la vita nella sua globalità. Esso riconosce un equilibrio nella soddisfazione dei bisogni fondamentali della vita umana nelle sue diverse componenti. Uno schema utile a riassumere un tale concetto di equilibrio può prendere in considerazione quattro aree: crescita personale, crescita materiale, crescita sociale, crescita spirituale. Ognuna di queste aree include diverse componenti.

A titolo di esempio:

- l’area della crescita personale include: l’auto-stima e la fiducia in sé stessi, la sicurezza, il nutrimento e la salute;

- l’area della crescita sociale include: la partecipazione, l’autonomia, la solidarietà, l’educazione;

- l’area della crescita materiale include quelle componenti che sono generalmente pensate far parte dello sviluppo: i trasporti, la comunicazione, il denaro, la proprietà e l’uso della terra;

- l’area della crescita spirituale include il rapporto con il soprannaturale. Se questo è caratterizzato in modo negativo da sentimenti di paura e di incertezza, ciò avrà sicuramente delle conseguenze negative su tutto il processo di sviluppo. Al contrario, se è caratterizzato in modo fondamentalmente positivo da sentimenti di speranza e di amore, come pensiamo che dovrebbe essere all’interno del cristianesimo, allora anche lo sviluppo ne risentirà in modo positivo.

[La "ruota" dello sviluppo e la misura della qualità della vita (cf p. 126)]

2. Uno sviluppo umano integrale si focalizza sulla gente, non sui progetti. Al primo posto sta l’attenzione ai processi con cui la gente si sviluppa e non i prodotti dello sviluppo.

3. Uno sviluppo umano integrale dà importanza alla dimensione spirituale e ai valori morali.


1.6.3 Fattori contrari allo sviluppo

Un assioma degli antropologi è che c’è sempre una distanza tra i valori ideali o le credenze professate da una società e gli effettivi comportamenti della gente in quella società. In altre parole, in ogni società la gente non realizza pienamente i propri ideali culturali.

Di questa tensione parlano, ad esempio, le opere di due noti antropologi.

Raoul Naroll, The Moral Order. An Introduction to the Human Situation (Beverly hills, CA: Sage Publications; 1983) ha sviluppato una teoria, che egli chiama "moralnets", per mostrare come le società hanno bisogno di avere delle solide "reti morali" di supporto e stabilità in modo da poter affrontare i problemi sociali più gravi e diffusi. Ora, il cristianesimo sovente rafforza le già esistenti "reti morali" o ne aggiunge delle altre dove prima non ce n’erano o non erano più funzionali. Questa è un’area dove la traduzione della Bibbia in lingua locale ha certo un ruolo da svolgere.

Walter Goldschmidt, Comparative Functionalism; An Essay in Anthropological Theory (Berkeley, CA: University of California Press, 1966) nota come una delle funzioni delle istituzioni in una società è quella di "mantenere il sistema sociale come sistema, in modo da evitare che la società si disgreghi a causa delle tendenze centrifughe degli interessi egoistici individuali" (p. 58). Sono parole di un antropologo, e non di san Paolo, il quale, tuttavia, pur in termini teologici, dice cose molto simili.

Se l’egocentrismo e l’etnocentrismo sono forze che lavorano in modo contrario allo sviluppo integrale di un popolo, appare ancora una volta chiaro il ruolo positivo che la conoscenza della Bibbia nella lingua del popolo può svolgere.

Naturalmente, il modo di valutare questo ruolo risentirà delle presupposizioni antropologiche e dei modelli di cultura con cui si affronta il problema.

Ora, di fatto, molti studi di antropologia hanno valutato negativamente l’impatto del cristianesimo sulle culture del mondo non occidentale. Non è il momento ora di affrontare le ragioni delle tensioni esistenti fra antropologi e missionari. Tuttavia, è il caso almeno di evidenziare che un modello statico di cultura arriva a vedere come dannoso e disgregante qualsiasi contatto di culture implicante un cambiamento. Di questo passo si arriva a volere una fossilizzazione delle culture e si riduce l’antropologia a museo etnografico di oggetti non più viventi. Ma una tale realtà è inesistente. Le culture sono in un continuo processo di adattamento a sempre nuove situazioni ambientali, interne ed esterne. E’ necessario perciò avere un modello dinamico e non statico di cultura. Allinterno di questo modello trova un ruolo positivo l’introduzione in una cultura della Bibbia in lingua locale.


1.6.4 Livelli di uno sviluppo umano integrale

1. Livello individuale

2. Livello comunitario

3. Livello inter-comunitario


1.6.5 Traduzione della Bibbia e sviluppo umano integrale

Ovviamente, si parla del ruolo della traduzione della Bibbia come di un fattore fra numerosi altri fattori e dal punto di vista di un concetto di sviluppo umano integrale. Questo concetto è stato precedentemente esposto, ma possiamo così riassumerlo: "Un processo con cui una comunità si rafforza così da poter creativamente rispondere ai propri bisogni (spirituali, mentali, fisici, sociali) attraverso una accresciuta consapevolezza, una maggiore interazione dentro e fuori la comunità e una effettiva utilizzazione delle risorse disponibili" (Larry E. Yost - Willa D. Yost, A Philosophy of Intercultural Community Relations and a Strategy for Preparing S.I.L. Members for Intercultural Community Work, Dallas: Summer Institute of Linguistics, 1983; p. 3).

Alcune aree in cui è possibile riconoscere un rapporto positivo tra sviluppo e traduzione della Bibbia sono le seguenti: 1) Un progresso nella stima di sé e nella consapevolezza della propria dignità; 2) Un allargamento del proprio mondo; 3) Un nuovo senso di identità; 4) Una nuova potenzialità da una accresciuta e allargata capacità "letteraria", almeno in certi casi.

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