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IMPORTANTE INTERVISTA A MONS. BARTOLUCCI (da non perdere)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2011 11:10
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26/08/2009 19:54
 
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mons. Domenico Bartolucci, già Maestro Perpetuo della Pontificia Capella Musicale Sistina dal 1956 (regnante S. S. Pio XII), estromesso dai modernisti nel 1997 (regnante Giovanni Paolo II)... riavvicinato da Benedetto XVI... è compositore di molte Liturgie

Giovanissimo entrò nel seminario fiorentino dove fu reclutato come cantore. Alla morte del suo maestro Bagnoli, gli succedette come direttore della Cappella del Duomo di Firenze. In quegli anni iniziò a comporre le prime messe, i primi mottetti, le musiche organistiche, i madrigali e la musica da camera.

Alla fine del 1942 si recò a Roma per approfondire la conoscenza della musica sacra. Dopo aver ricoperto il ruolo di vice Maestro di S. Giovanni in Laterano, nel 1947 divenne Maestro della Cappella Musicale Liberiana di Santa Maria Maggiore come successore di Licinio Refice, assente. Nel 1952, su indicazione di Lorenzo Perosi, fu nominato Maestro sostituto della Cappella Sistina. Morto Perosi nel 1956, Pio XII gli conferì l'incarico di Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia "Sistina".

Nel 1997 fu sostituito alla guida della Sistina da mons. Giuseppe Liberto, evento che destò alcune controversie nel contesto della musica liturgica: verosimilmente si volle optare per un'innovazione dello stile che più si confacesse alle celebrazioni di massa care a Giovanni Paolo II, e della cui regia era responsabile il vescovo Piero Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, a detta di molti tra i responsabili dell'accantonamento di Bartolucci.

Tra coloro che più avversarono la decisione fu il cardinale Joseph Ratzinger[1], il quale, divenuto Papa richiamò Bartolucci a dirigere un concerto nella Cappella Sistina il 24 giugno 2006, nel quale ha offerto musiche del repertorio della polifonia sacra di Giovanni Pierluigi da Palestrina, accanto a proprie composizioni tra cui il mottetto a 6 voci "Oremus pro Pontifice nostro Benedicto" dedicato al Papa, che troverete qui:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

o come il "Tu es Petrus" la cui melodia potrete ascoltare cliccando qui




ED ORA ECCO L'INTERVISTA DA ASCOLTARE CON RELIGIOSO SILENZIO E MEDITAZIONE.......dice a ragione Bartolucci: si vuole accontentare NON educare...ecco il danno...


GRAZIE MONS. BARTOLUCCI!





[SM=g1740738]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/08/2009 23:44
 
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[SM=g1740722] segnaliamo la profonda e significativa Lettera che Guareschi scrisse al suo Don Camillo nel 1966...profetica e drammaticamente reale...







[SM=g1740733]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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L'intervista audio postata sopra è del 2007, questa scritta che segue è di agosto 2009....

un grazie al sito UnaVox

http://www.unavox.it/ArtDiversi/div097_Bartolucci_Concilio.html

RIFORMA LITURGICA
E
RIFORMA DELLA RIFORMA


Pubblichiamo un'intervista a  Mons. Domenico Bartolucci, apparsa su  Il Giornale della Toscana
e ripresa dal sito
Disputationes Theologicae

le sottolineature sono nostre

Mons. Bartolucci interviene sulla riforma liturgica e sulla "riforma della riforma"

Incontro con Mons. Domenico Bartolucci il grande musicista mugellano Maestro emerito della Cappella Sistina, estimatore, amico e collaboratore di Benedetto XVI.

E’ un pomeriggio assolato su queste colline verdi del Mugello quando arriviamo alla romanica pieve di Montefloscoli, nella cui antica canonica piena di ricordi, frescheggia il Maestro Perpetuo della Cappella Sistina; alle sue spalle una foto incorniciata dell’abbraccio tra il regnante Pontefice e Mons. Domenico Bartolucci, il successore di Lorenzo Perosi nei Sacri Palazzi.

Sulla sua scrivania l’ormai famoso testo, malgrado la sua recentissima pubblicazione, di Mons. Brunero Gherardini: “Il Concilio Vaticano II- un discorso da fare” per le Edizioni Casa Mariana.
E proprio sulla riforma liturgica iniziamo il nostro discorso con il Maestro.

Domenico Bartolucci, colui che in materia liturgica e musicale, ebbe agio di lavorare e di “dar consiglio” a cinque papi e colui che è amico e collaboratore di Benedetto XVI, che definisce “una grazia immensa per la Chiesa, se solo lo facessero lavorare”.

- Maestro la recente pubblicazione del Motu proprio “Summorum Pontificum” ha portato una ventata d’aria fresca nel desolante panorama liturgico che ci attornia; anche lei dunque può ora celebrare la “Messa di sempre”.
- Ma, a dire il vero, io l’ho sempre celebrata ininterrottamente, a partire dalla mia ordinazione……avrei invece difficoltà, non avendola mai detta, a celebrare la Messa del rito moderno.

Mai abolita dunque?
- Sono le parole del Santo Padre anche se qualcuno fa finta di non capire e anche se molti hanno in passato sostenuto il contrario.

Maestro bisognerà pur concedere ai denigratori della Messa antica che quest’ultima non è “partecipata”.
- Suvvia non diciamo corbellerie, la partecipazione dei tempi antichi io l’ho conosciuta, tanto a Roma, in Basilica, quanto nel mondo, quanto quaggiù nel Mugello in questa parrocchia di questa bella campagna, un tempo popolata da gente piena di fede e di pietà. La Domenica a vespro il prete avrebbe potuto limitarsi ad intonare il “Deus in adiutorium meum intende” e poi mettersi a dormire sullo scranno, per non risvegliarsi che al “capitolo”, i contadini avrebbero continuato da soli ed i capifamiglia avrebbero pensato ad intonare le antifone!

Una velata polemica, Maestro, nei confronti dell’attuale stile liturgico?
- Io non so ahimè se siete mai stati a un funerale: “alleluia”, battimano, frasi ridanciane, ci si chiede se questa gente abbia mai letto il Vangelo; Nostro Signore stesso piange su Lazzaro e sulla morte. Qui con questo sentimentalismo melenso, non si rispetta nemmeno il dolore di una madre. Io vi avrei mostrato come una volta il popolo assisteva a una Messa da morto, con quale compunzione e devozione si intonava quel magnifico e tremendo “Dies Irae”.

La riforma non è stata fatta da gente consapevole e dottrinalmente formata?
- Scusate, ma la riforma è stata fatta da gente arida, arida, ve lo ripeto. E io li ho conosciuti. Quanto alla dottrina, il Cardinal Ferdinando Antonelli, di venerata memoria, mi ricordo che diceva spesso: “che cosa ce ne facciamo di liturgisti che non conoscono la teologia?”

Siamo d’accordo con lei, Monsignore, ma è pur vero che la gente non capiva….
- Carissimi amici, l’avete mai letto san Paolo: “non importa sapere oltre il necessario”, “bisogna amare la conoscenza “ad sobrietatem”. Di questo passo tra qualche anno si pretenderà di capire la “transustanziazione”, come si spiega un teorema di matematica. Ma se nemmeno il prete può capire fino in fondo un tale mistero!

Ma come si arrivò allora a questo stravolgimento della liturgia?
- Fu una moda, tutti parlavano, tutti “rinnovavano”, tutti pontificavano, sulla scia del sentimentalismo, di riforme. E le voci che si levavano in difesa della Tradizione bimillenaria della Chiesa, erano abilmente azzittite. Si inventò una sorta di “liturgia del popolo”…. quando sentivo questi ritornelli mi venivano in mente le frasi del mio professore del seminario, che diceva: “la liturgia è del clero per il popolo”, essa discende da Dio e non sale dal basso. Debbo però riconoscere che quell’aria mefitica si è un po’ rarefatta. Le giovani generazioni di sacerdoti sono, forse, migliori di quelle che li hanno preceduti, non hanno i furori ideologici mutuati da un modernismo iconoclasta, sono pieni di buoni sentimenti, ma mancano di formazione.

Cosa vuol dire Maestro, “mancano di formazione”?
- Vuol dire che ci vogliono i seminari! Parlo di quelle strutture che la sapienza della Chiesa aveva finemente cesellato nei secoli. Voi non vi rendete conto dell’importanza del seminario: una liturgia vissuta, i momenti dell’anno sono scanditi e sono vissuti “socialmente” con i confratelli…l’Avvento, la Quaresima, le grandi feste che seguono la Pasqua. Tutto ciò educa e non immaginate quanto.
Una retorica stolta fece passare l’immagine che il seminario rovinasse il prete, che i seminaristi, lontani dal mondo, rimanessero chiusi in sé e distanti dalla gente. Tutte fantasticherie per dissipare una ricchezza formativa plurisecolare e per poi rimpiazzarla con il nulla.

Ritornando alla crisi della Chiesa e alla chiusura di molti seminari, Lei, Monsignore, è fautore di un ritorno alla continuità della Tradizione?
- Guardate, difendere il rito antico non è essere passatisti, ma essere “di sempre”, vedete, si sbaglia quando la Messa tradizionale la si chiama “Messa di San Pio V” o “Tridentina”, come se fosse la Messa di un’epoca particolare: è la nostra Messa, la romana, è universale nel tempo e nei luoghi, un’unica lingua dall’Oceania all’Artico. Per quel che riguarda la continuità nei tempi vorrei raccontarvi un episodio. Una volta eravamo riuniti in compagnia di un Vescovo di cui non ricorderò il nome, in una piccola chiesa del Mugello, giunse la notizia improvvisa della morte di un nostro confratello, proponemmo di celebrare subito una Messa, ma ci si rese conto che c’erano solo messali antichi. Il Vescovo si rifiutò categoricamente di celebrare. Non lo scorderò mai e ribadisco che la continuità della liturgia implica che, salvo minuzie, si possa celebrare oggi con quel vecchio messale polveroso preso da uno scaffale e che quattro secoli or sono servì ad un mio predecessore nel sacerdozio.

Monsignore si parla di una “riforma della riforma”, che dovrebbe limare le storture che vengono dagli anni Sessanta.
- La questione è assai complessa. Che il nuovo rito abbia della deficienze è ormai un’evidenza per tutti e il Papa ha detto e scritto più volte, che esso dovrebbe “guardare all’antico”; tuttavia Dio ci guardi dalla tentazione dei pasticci ibridi; la liturgia con la “elle” maiuscola è quella che ci viene dai secoli, essa è il riferimento, non la si imbastardisca con compromessi “a Dio spiacenti e a l’inimici sui”.

Cosa intende dire Maestro?
- Prendiamo per esempio le innovazioni degli anni Settanta. Alcune canzonette beat e brutte e tanto in voga nelle chiese nel sessantotto, oggi sono già dei pezzi d’archeologia; quando si rinuncia alla perennità della tradizione per immergersi nel tempo si è condannati al volgere delle mode. Mi viene in mente la Riforma della Settimana Santa degli anni cinquanta, fatta con una certa fretta sotto un Pio XII ormai affaticato e stanco. Ebbene solo alcuni anni dopo, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, il quale checché se ne dica, in liturgia era di un tradizionalismo convinto e commovente, mi arrivò la telefonata di Mons. Dante, cerimoniere del Papa, che mi diceva di preparare il “Vexilla Regis” per l’imminente celebrazione del Venerdì Santo. Interdetto risposi: “ma l’avete abolito”. Mi fu risposto: “il Papa lo vuole”. In poche ore organizzai le ripetizioni di canto e, con gran gioia, cantammo di nuovo, quel che la Chiesa aveva cantato per secoli in quel giorno. Tutto questo per dire che quando si creano degli strappi nel tessuto liturgico quei vuoti restano difficili da riempire e si vedono! Di fronte alla nostra liturgia plurisecolare dobbiamo contemplarla con venerazione e ricordare che, nella smania di “migliorarla”, rischiamo di fare solo danni.

Maestro, che ruolo ebbe la musica in questo processo?
- Ebbe un ruolo incredibile per più ragioni. Il lezioso cecilianesimo, al quale certo Perosi non fu estraneo, aveva introdotto con le sue arie orecchiabili un sentimentalismo romantico nuovo, nulla a che vedere ad esempio con quella corposità eloquente e solida di Palestrina. Certe deteriori stravaganze di Solesmes avevano coltivato un gregoriano sussurrato, frutto anch’esso di quella pseudorestaurazione medievaleggiante che tanta fortuna ebbe nell’Ottocento.
Passava l’idea dell’opportunità di un recupero archeologico, tanto in musica che in liturgia, di un passato lontano dal quale ci separavano i cosiddetti “secoli bui” del Concilio di Trento…..Archeologismo insomma, che non ha nulla a che vedere, dico, che non ha nulla a che vedere con la Tradizione e che vuol restaurare ciò che non è forse mai esistito. Un po’ come certe chiese restaurate in stile “pseudoromanico” da Viollet-le-Duc.
Quindi fra un archeologismo che si vuol ricongiungere al passato apostolico, prescindendo dai secoli che da esso ci separano, e tra un romanticismo sentimentale che disprezza la teologia e la dottrina, in un’esaltazione dello “stato d’animo”, si preparò il terreno a quell’attitudine di sufficienza nei confronti di ciò che la Chiesa e i nostri Padri ci avevano trasmesso.

Cosa vuol dire Monsignore, quando in ambito musicale attacca Solesmes?
Voglio dire che il canto gregoriano è modale, non tonale, è libero, non ritmato, non è “uno, due, tre, uno, due, tre”; non si doveva disprezzare il modo di cantare delle nostre cattedrali per sostituirvi un sussurramento pseudomonastico e affettato. Non si interpreta un canto del Medioevo con teorie d’oggi, ma lo si prende come è giunto fino a noi; inoltre il gregoriano di una volta sapeva essere anche canto di popolo, cantato con forza come con forza il nostro popolo esprimeva la sua fede. Questo Solesmes non lo capì, ma tutto ciò sia detto riconoscendo il grande e sapiente lavoro filologico che fece riguardo allo studio dei manoscritti antichi.

Maestro a che punto siamo, allora nella restaurazione della musica sacra e della liturgia?
- Non nego che ci siano alcuni segni di ripresa, tuttavia vedo il persistere di una cecità, quasi un compiacimento per tutto ciò che è volgare, sguaiato, di cattivo gusto e anche dottrinalmente temerario…Non mi domandate, per favore, di dare un giudizio sulle chitarrine e sulle tarantelle che ci cantano ancora durante l’offertorio….Il problema liturgico è serio, non si dia ascolto a quelle voci che non amano la Chiesa e che si scagliano contro il Papa e se si vuol guarire l’ammalato ci si ricordi che il medico pietoso fa la piaga purulenta.


Pucci Cipriani per "Il Giornale della Toscana"
Stefano Carusi per "Disputationes Theologicae"


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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17/10/2009 12:42
 
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Stupendo Aldo Fabrizi nella sua "Poesia triste" con la quale, nel 1987, descrive un triste Natale senza più la FEDE e denuncia il dramma delle Messa moderna...

Una poesia da ascoltare, da meditare...da far conoscere... e che ci porta a ringraziare Benedetto XVI per tutto ciò che sta facendo nella Riforma liturgica...

ciò che il grande attore dice in poesia è quanto ha espresso il maestro mons. Bartolucci nell'intervista sopra....

Ier sera,
a mezzanotte meno 'n quarto,
uscenno pè la messa de Natale,
m'è capitato un fatto..
un fatto tale,
che non so come non me pija un infarto.
All'ultimo ripiano,
all'improviso,
me so' urtato de fianco,
con un vecchio impalato addosso ar muro
e margrado in quer punto fusse scuro,
vedevo bene solamente il viso
incorniciato da un barbone bianco,
la parete scura dove stava appoggiato,
a poco a poco è diventata azzura.
-"Io so' papà Natale"- m'ha spiegato
-"lo stesso de quann'eri regazzino,
de quanno m'aspettavi,
guardanno nella cappa der cammino,
che te portassi quello che sognavi.
Sino a quarch'anno fa, quanno arivavo io,
se respirava er bene assieme all'aria
e l'ommeni de bona volontà,
senza la malattia contestataria,
credeveno alla nascita de Dio,
mo co' 'sta libbertà confusionaria,
c'è tanta gioventù che stenta a crede
e mette in discusione er fonnamento de'la religione,
giocannose er conforto de'la fede,
purtroppo anno pè anno
la vita sta cambianno,
pre esempio li pupetti, mo vonno:
er mitra, e' razzo, l'aprioggetti,
er casco d'alluminio,
l'abitacolo pè annà a scoprì un pianeta
e la stella commeta
che illuminò la notte der miracolo
per annuncià er messia,
pè ricordalla non ce sta poeta,
purtroppo hanno ammazzato la poesia."-
Ho arzato l'occhi ar cèlo
come pè dì.."ce penserà quarcuno"..
quanno l'ho riabbassati,
avanti a me nun c'era più nesuno,
c'era solo un sacchetto, un cartoncello
co'quarche giocarello cascato giù per tera,
un cavalluccio a dondolo, un tamburo,
'na sciabbola, 'na tromba, 'n bambolotto,
un sordatino cor fucile rotto
assieme a 'no straccetto tricolore,
robbetta antica senza più valore.
Le campane de Roma in quer momento
hanno detto fra poco è mezzanotte
non fate tardi al vecchio appuntamento,
ma doppo que' rondò de pace e bene
c'è stato 'no scombussolo,
la notte s'è riempita de urli e de sirene
e va a capì chi fosse
o pompieri o pantere o crocerosse,
mentre stavo così,
c'è stata pè guastamme la nottata,
un'antra novità, la messa bitte
difatti da 'na chiesa quà vicino
me arivato un fracasso indiavolato
de batterie, sassofoni, chitare,
che avrà fatto tremà Gesù bambino
e tutte le fiammele de'l'artare,
entranno a casa,
ho messo er catenaccio dicenno
-"Mo che faccio.."- poi ho detto
-"..perdoneme Gesù, si pregherò quàssù"-
e pensanno l'armonium effatato,
sentivo er sono più scommunicato
e mentre che a'la radio
parlava er Santo Padre,
io me so' inginocchiato
davanti all'artarino
de mi madre.







[Modificato da Caterina63 17/10/2009 12:48]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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20/11/2009 23:30
 
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Musica sacra - fine dell'esilio

Sul Foglio di oggi (venerdi 20 novembre) Paolo Rodari pubblica un interessante articolo sullo stato della musica sacra in Vaticano, compreso il "caso Bartolucci":



CHE COSA SIGNIFICA PER LA CHIESA LA FINE DELL’ESILIO MUSICALE DELLA SCUOLA ROMANA

(di Paolo Rodari) Il ritorno in basilica di San Pietro del 92enne maestro Domenico Bartolucci e del suo coro polifonico – ieri pomeriggio, ore cinque, durante una messa celebrata all’altare della Cattedra dal cardinale arcivescovo Angelo Comastri – ha un significato importante non soltanto per lui ma anche per la chiesa. Fu, infatti, nel 1997 che Bartolucci, maestro perpetuo (e, dunque, a vita: dal 1956 per volere di Pio XII) della Cappella musicale pontificia sistina (il coro che accompagna le liturgie presiedute dal Papa) venne messo in pensione. Dopo anni trascorsi ad accompagnare ogni celebrazione eucaristica papale, gli venne chiesto di fare un passo indietro. E la cosa venne chiesta non soltanto a lui, ma anche alla sua musica: erano i tempi in cui, anche in Vaticano, si sperimentavano nuove forme e percorsi di musica liturgica. Tempi in cui il gregoriano e la musica polifonica romana, quella che ebbe come maggiore esponente Giovanni Pierluigi da Palestrina, ebbero poco spazio nelle liturgie papali. Tempi in cui ancora nessuno oltre il Tevere ebbe il coraggio di proporre, in campo musicale, quella riforma della riforma più volte auspicata da Joseph Ratzinger da quando è salito al soglio di Pietro. Alle cinque del pomeriggio di ieri il cardinale Comastri ha fatto il suo ingresso in basilica preceduto dalla processione di concelebranti. Bartolucci, in talare e cotta, si è alzato in piedi e con un breve cenno della mano destra ha dato il là al canto iniziale, poi al Gloria. Di colpo i dodici anni d’esilio dalla basilica vaticana sono stati spazzati dall’incedere delle note, dal ritorno della cosiddetta “scuola romana”. In particolare, il ritorno della sensibilità tutta particolare del maestro: la sua musica affonda le radici nel gregoriano e nella polifonia palestriniana, si riallaccia al loro linguaggio modale, rivissuto e riarricchito con una sensibilità moderna particolarmente fedele alla cantabilità della scuola romana, pur con gli accorgimenti che il tempo e l’evoluzione del linguaggio hanno comportato.
In sostanza, la sintesi del credo musicale di Bartolucci è un ragionato ossequio alla tradizione, alla cui base si colloca, come dice lui stesso, “una nobile severità di canto e quella limpida e solida polifonicità”. Un credo musicale che piace a Ratzinger se è vero – come è vero – che fu l’attuale Pontefice a dolersi più di altri dell’allontanamento di Bartolucci dal coro della Cappella sistina. Fu Benedetto XVI ad offrire, da quando il 19 aprile del 2005 venne eletto Papa, segnali importanti ai palati più fine d’oltre Tevere quanto a musica liturgica. E nel darli, c’entra sempre in qualche modo Bartolucci. A sorpresa, infatti – era il 24 giugno 2006 – chiamò il maestro a dirigere un concerto nella Cappella sistina. E non mancò chi sottolineò la cosa leggendovi l’intenzione papale di restituire alla Sistina il prestigio di secoli di musica liturgica.
Poi, un anno dopo, un secondo segnale: per la prima volta, su indicazione dell’ufficio delle cerimonie liturgiche diretto dal successore di Piero Marini, ovvero Guido Marini, ogni celebrazione natalizia fu preceduta da qualche minuto di ascolto di musica e letture, sì da “disporre l’animo dei fedeli al clima di preghiera e di raccoglimento”. Ma sono tutte le celebrazioni liturgiche di Benedetto XVI che hanno detto qualcosa alla chiesa. Tanti i segnali lanciati dal Papa a cominciare dal Motu proprio Summorum Pontificum che liberalizzando l’antico rito rivisto nel 1962 da Giovanni XXIII riabilita (se mai avesse bisogno di riabilitazione) il canto gregoriano. Ciò che a detta di molti ancora manca, è un ufficio vaticano interamente dedicato alla musica sacra. Ne aveva parlato, in un intervento tenuto in convegno a Trento e ripreso anche dall’Osservatore Romano nel novembre di due anni fa, Valentìn Miserachs Grau, preside del Pontificio istituto di musica sacra: “In nessuno degli ambiti toccati dal Concilio si sono prodotte maggiori deviazioni che in quello della musica sacra – disse –. E per ovviare a questa situazione “sarebbe opportuna l’istituzione di un ufficio dotato di autorità in materia”.

Sullo stesso argomentoSandro Magister è tornato nei giorni scorsi sul suo sito, con un articolo intitolato La grande polifonia romana fa ritorno in San Pietro, in cui critica non solo la scomparsa della grande musica sacra (che finora è sopravvissuta prevalentemente in chiave museale, ma tenuta accuratamente lontano dal suo vero contesto che è quello della liturgia):

"Quella musicale è una sofferenza che la Chiesa patisce per prima. Perché mentre i capolavori della pittura, della scultura e dell'architettura cristiane restano pur sempre visibili a tutti, anche se ignorati e incompresi, la grande musica letteralmente sparisce dalle chiese, se nessuno più la esegue. E di una quasi generale scomparsa si può effettivamente parlare, a proposito di quei tesori della musica liturgica latina che sono il canto gregoriano, la polifonia, l'organo. Fortunatamente però, negli stessi giorni in cui papa Joseph Ratzinger cercherà di riannodare un rapporto fruttuoso con l'arte, ecco che l'organo e la grande musica polifonica torneranno a dare il meglio di sé nelle basiliche di Roma. Torneranno a risuonare non solo in forma di concerto, ma anche nel vivo dell'azione liturgica."


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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05/12/2010 13:37
 
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Articolo di Aurelio Porfiori (Zenit.org):

La porpora al Maestro Bartolucci è un riconoscimento alla Musica Sacra


Quando mi metto a riflettere sulla decisione di Papa Benedetto XVI di concedere il cardinalato al Maestro Domenico Bartolucci, cerco di capire quale sia il senso vero di questo onore concesso al Maestro. Molti potranno pensare che mi interessi a questo in quanto musicista positivamente sorpreso dall’onore capitato ad un illustre appartenente alla nostra categoria. Ebbene, le cose non sono così semplici.

Infatti per me il Maestro è molto di più, in quanto sono stato suo allievo e per tanti, tantissimi anni ne ho seguito la carriera per quello che potevo e ho cercato di imparare da lui il mestiere di musicista di chiesa. Quando dico il “mestiere di musicista di chiesa”, sono sicuro di farlo felice. In effetti non si può ridurre tutto ad apprendimento teorico, la musica si impara facendola. In una conversazione che ebbi con lui alcuni mesi fa sotto forma di intervista per un libro che spero presto di pubblicare, gli domandai se nel suo studio giovanile si fosse formato sui trattati musicali che ancora oggi si usano. Lui mi disse che il suo amato Maestro Bagnoli, non li usava: “mi dava i Bassi e li dovevo fare, mi dava i contrappunti. Io non ho mai avuto trattati. E la musica si impara così!”. Già, la musica si impara così. Ogni allievo del Maestro avrà sentito ripetere queste parole cento volte.

Il Maestro proviene da una famiglia di gente semplice. Il papà faceva l’operaio e la mamma la casalinga. Il Maestro mi diceva come i suoi genitori amassero cantare, come tutti nel suo paese – Borgo san Lorenzo, in Toscana – amassero cantare. Il Maestro nasce in un’altra Italia, l’Italia che si avvicinava alla fine della Prima Guerra Mondiale. Nel 1917, anno di nascita del Maestro, abbiamo un evento ecclesiale che segnerà il secolo a venire, le apparizioni della Madonna di Fatima, in Portogallo. Penso sempre a questa coincidenza temporale quando gusto nella memoria il Mottetto composto dal Maestro dal nome “Quo Abiit”. Il bambino solista dialoga con il coro ed è un canto di struggente bellezza, in cui Maria palpita per il Figlio suo e per tutti i suoi figli, specialmente per i più bisognosi. Talvolta non è semplice spiegare come debba essere veramente la musica liturgica, ma quando si ascolta “Quo Abiit” o “O Sacrum Convivium” del Maestro, lo si capisce d’improvviso, come un’idea che sonnecchiava perennemente nella nostra mente e che aspettava una voce per il risveglio.

Come si avvicinò il Maestro alla musica? Così me lo raccontava lui: “Beh, il mio primo contatto con la musica era quello delle scuole elementari. Io andai alle elementari, al mio paese, a sei anni e vidi per la prima volta la lavagna con il rigo musicale. Il maestro, l’unico maestro, faceva tutto, faceva anche musica. Si facevano le scale, i tempi - uno, due, tre e quattro… e poi c’era questo uso: tutta la scuola, non solo la classe in cui uno era, preparava per carnevale un’operetta. Io facevo il solista tante volte. Perciò il mio primo contatto con la musica fu alle elementari però il contatto vero e proprio, pratico, fu nella chiesa.
 
Lì si cantava continuamente. Mio padre era appassionato, anzi appassionatissimo di canto: aveva una voce da tenore e faceva parte del coro della parrocchia. Inoltre cantava gli stornelli, anche quando lavorava, cantava. Allora la vita musicale nel paese era veramente intensa, c’erano le grandi bande che tenevano i concerti in piazza: le sinfonie di Rossini, di Verdi… Perciò c’era un mondo anche musicale, per cui l’allievo che amava la musica, che aveva intendimenti musicali, era aiutato da questo sentire”.

Tutto era impregnato di musica. La musica era nell’aria, come il Maestro mi dirà in quella conversazione. A nove anni e mezzo entra in Seminario a Firenze e lì ha l’incontro con il Maestro Bagnoli, che ne incoraggerà le prime composizioni e che lo guiderà nel raggiungere il Diploma di Composizione e Direzione di Orchestra, come si diceva allora. Nel frattempo diviene anche sacerdote, un pochino in anticipo, grazie ad alcune dispense, sull’età canonica. A questo punto bisogna menzionare un altro incontro importante. Chi fu la persona che lo avvicinò alla grande tradizione polifonica della Chiesa Cattolica Romana? “Il Maestro Casimiri, che veniva a Firenze per studi negli archivi e abitava in Seminario, in quanto amico del Rettore. Lui ci faceva qualche lezione, ci faceva delle belle lezioni e anche dirigeva il coro, cominciai con lui a sentire Palestrina, a sentire queste cose grandi e naturalmente era un salto da far paura”.

Già, questo Maestro che al tempo dirigeva la Cappella Musicale della Basilica di san Giovanni in Laterano in Roma e che sarà un punto importante nella vita del Maestro. Gli farà conoscere quel compositore che il Maestro considererà sempre come il modello assoluto della musica liturgica: Giovanni Pierluigi da Palestrina. Di questo compositore il Maestro diverrà un esperto assoluto.

Il Maestro Casimiri lo incoraggerà ad andare a Roma a studiare, cosa che il Maestro farà, studiando al Pontificio Istituto di Musica Sacra dove poi insegnerà per decine di anni. Proprio da questo Pontificio Istituto il Maestro cercava di insegnare a tanti allievi (me fra questi) il senso della musica, cercava di inculcarci la sensibilità per i cardini del fare musica in chiesa. Questo credo sia importante da capire: il Maestro non si preoccupava delle cose più accessorie, ma cercava di instillarci l’Ethos del fare musica, cosa che io, come molti altri, non ho mai dimenticato. E questo Ethos, se non lo capivi dalle sue parole, non lo potevi ignorare ascoltando la sua musica, così lontana dal sentimentalismo ma così piena di sentimento. Soltanto capendo la differenza fra sentimentalismo e sentimento si poteva sperare di fare musica liturgica, non canzonettismo (c'è tanto nobile canzonettismo ma rimane canzonettismo, non musica liturgica). Il Maestro avrà molte posizioni forti, sulla Musica, la liturgia, la situazione attuale della musica in chiesa, il canto gregoriano e naturalmente si può essere d’accordo con lui o no. Ma credo che questo insistere sull’Ethos della musica liturgica, sia qualcosa che vada all’essenza della cosa stessa.

Mi colpì una risposta che mi diede quando gli domandai perché, dopo essere stato ordinato sacerdote, era venuto a Roma. Io suggerivo che era per studiare, come detto sopra. Ma lui mi interruppe gentilmente dicendo: “Era per rendermi conto della musica sacra”. Il Maestro voleva abbeverarsi al mondo della grandi Cappelle Musicali Romane, a quel tempo ancora tutte in piena vita. Egli voleva andare alla fonte e capiva come a Roma potesse ottenere quello che a lui serviva per immergersi nell’Oceano di Dio attraverso la musica. Mi raccontava come frequentasse concerti e prove, come quegli anni furono un vero godimento artistico e umano. Qui diverrà vice maestro della cappella musicale della Basilica di san Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma. Ma la seconda guerra mondiale lo costrinse a far ritorno al suo paese natale.

In questo periodo drammatico nasceranno altre opere importanti nel campo sinfonico corale, come l’oratorio “La Passione” (1942) e il Concerto in mi per pianoforte e orchestra. Terminata la guerra, nel 1945, torna a Roma e ottiene il diploma nel corso di perfezionamento in composizione e direzione corale presso l’Accademia di santa Cecilia, nel corso tenuto da Ildebrando Pizzetti. Ottiene anche il diploma di composizione sacra presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma. Nel 1947 diviene parroco in un piccolo paese vicino Firenze ma continuerà a dedicarsi alla composizione. È di questo periodo la composizione del poema sacro “Baptisma” per soli, coro femminile e orchestra. Nello stesso anno viene richiamato a Roma e nominato maestro della Basilica di Santa Maria Maggiore e professore di composizione, direzione polifonica e forme musicali polifoniche presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra, incarico che terrà fino al 1997. Nel 1952 viene nominato vice maestro della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” su indicazione del direttore principale del coro, Lorenzo Perosi, già da tempo malato.

Alla morte di quest’ultimo nel 1956, Papa Pio XII nomina Bartolucci Maestro Direttore Perpetuo della Cappella Sistina, carica che conserverà fino al 1997.

Domenico Bartolucci si dedica alla ristrutturazione della Cappella Pontificia, assumendo forze fresche e riorganizzando la Schola Puerorum, il coro delle voci bianche dell’illustre istituzione. Questa sarà un’opera lunga e laboriosa, in quanto la Cappella Sistina si trovava allora in condizioni di estrema difficoltà. Bartolucci ottiene per la Cappella, dal Papa Giovanni XXIII uno status economico più adeguato a sostenere l’illustre istituzione vocale. Sarà lui poi che imporrà per le parti acute il canto delle voci bianche, eliminando del tutto i falsettisti (con grande dispiacere di questi ultimi…). Nel 1965 Domenico Bartolucci viene nominato accademico di santa Cecilia, carica che lo vede in compagnia dei più importanti nomi del mondo della musica internazionale. Con la Cappella Sistina il Maestro, oltre al normale e regolare servizio liturgico, terrà numerosi concerti in Italia e all’estero. La Cappella Sistina sarà anche protagonista di due fortunate tournèe negli Stati Uniti, negli anni ’70, da costa a costa. Il suo pensionamento dalla Cappella Pontificia avverrà nel 1997. Non si può nascondere che il Maestro si oppose sempre a certi indirizzi liturgici che secondo la sua opinione avevano portato alla rovina della liturgia e della sua musica.

Certo, anche il Papa ci fa notare che molta strada c'è da fare per recuperare un senso vero, profondo, di quello che è il ruolo della musica nella liturgia. Voglio pensare che il Papa nel farlo Cardinale, abbia in un certo senso voluto omaggiare la caparbietà di quest’uomo nel tenersi aggrappato a certi cardini, a non farsi traviare dalle mode. E lo stesso Papa, nel 2006, gli indirizzò queste parole dopo un concerto diretto dal Maestro nella Cappella Sistina: “Lei, venerato Maestro, ha cercato sempre di valorizzare il canto sacro, anche come veicolo di evangelizzazione. Mediante gli innumerevoli concerti eseguiti in Italia e all’estero, con il linguaggio universale dell’arte, la Cappella musicale pontificia da Lei guidata ha così cooperato alla stessa missione dei Pontefici, che è quella di diffondere nel mondo il messaggio cristiano”. Che belle parole, con la musica si coopera alla stessa missione dei Pontefici. Ora credo che con questo gesto di estremo rispetto, il Papa abbia voluto omaggiare in primis il Maestro e con lui tutti i musicisti, anche quelli nei paesi più sperduti, che giorno dopo giorno, cercano di evangelizzare usando il dono della musica, quel dono che Dio ha fatto a noi per offrirci una via maestra per tornare a Lui.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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foto del pontificale del card. Bartolucci a Trinità dei Pellegrini
Dal blog Letturine:

(cliccate sopra)







L'omelia del card. Bartolucci a Trinità dei Pellegrini. Con una stoccata a Palombella.




Cari fratelli e sorelle,

Mi ha fatto molto piacere l’invito da parte di Padre Kramer a presiedere questa solenne celebrazione; voglio quindi anzitutto ringraziare lui per il gentilissimo pensiero. Confesso che all’inizio sono stato un po’ incerto, poiché alla mia età, pur desiderandolo, non è sempre facile venire incontro a tante richieste, né lavorare con lo stesso impegno e la stessa forza di quando ero più giovane. D’altra parte confidando nel Signore e nella Sua Santissima Madre che oggi veneriamo particolarmente come Vergine Immacolata, ho voluto accettare per poter offrire anche io il mio contributo come musicista, soprattutto in questo momento in cui il Santo Padre mi ha aggregato al Collegio cardinalizio.

La notizia della mia nomina ha rappresentato per me una profonda scossa interiore e le parole pronunciate dal Santo Padre nel corso dell’omelia nella Solennità di Cristo Re mi hanno invitato a rinnovare ed approfondire ancora la mia fede nel Signore ora più che mai chiamato, come cardinale, ad un legame stretto con il successore dell’apostolo Pietro.

Per questo, come in tutta la mia vita, voglio ancora riferirmi a Maria e trovare in lei la fonte di ispirazione per me stesso, onde rafforzare la mia fede e metterla a servizio della Chiesa e del popolo cristiano.

Nel mio sacerdozio non sono stato un predicatore, un teologo, né un pastore di una diocesi e non ho pronunciato mai grandi discorsi, tuttavia ho cercato di mettere a frutto i doni che il Signore mi ha dato e l’ho fatto attraverso la musica sacra, una nobile arte capace di penetrare efficacemente nell’animo dei fedeli, invitandoli alla conversione, alla gioia, alla preghiera.

In particolare nella civiltà occidentale la musica è l’arte che più di ogni altra deve ringraziare la Chiesa. In essa infatti è nata, è cresciuta e si è sviluppata. Come ebbi modo di dire già in occasione del Concerto offerto al Santo Padre nella Cappella Sistina, le cantorie hanno rappresentato la culla dell’arte musicale. La chiesa stessa dei primi secoli non appena ebbe la possibilità di rendere gloria al Signore pubblicamente si impegnò nella creazione delle scholae cantorum che via via nei secoli ci hanno lasciato in eredità il patrimonio del canto sacro, il canto gregoriano e la polifonia, strumenti autentici di predicazione, che spesso proprio per la loro intensità riescono a far percepire il messaggio contenuto nella parola di Dio.

Questo patrimonio che oggi dobbiamo necessariamente recuperare e che purtroppo è stato trascurato, non ha mai inteso costituirsi come ornamento della celebrazione liturgica [evidente riferimento critico alle scriteriate affermazioni del nuovo direttore della Sistina, Palombella, secondo il quale  "Con la Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II la musica non si pone più come un elemento "ornamentale" del rito ma è costitutiva della stessa Azione Liturgica"]. Il cantore, come ci hanno insegnato i nostri maestri del passato, è semplicemente un ministro che esprime e rende vivo al meglio il testo sacro e la parola di Dio. Troppo spesso noi musicisti di chiesa siamo stati accusati di voler impedire la partecipazione dei fedeli ai sacri riti e io stesso come Direttore della Cappella Sistina ho dovuto affrontare momenti difficili nei quali la santa liturgia subiva banalizzazioni e aride sperimentazioni. Oggi più che mai dobbiamo assumerci la responsabilità di analizzare criticamente quanto è stato fatto e dobbiamo avere il coraggio di ribadire l’importanza delle nostre tradizioni di bellezza che esaltano e danno gloria a Dio e sono anche efficaci mezzi di conversione. Ricordo in occasione dei Concerti della Cappella Sistina l’entusiasmo della gente, addirittura in paesi come la Turchia ed il Giappone dove furono registrate diverse conversioni al cattolicesimo. "Chi non ama la bellezza non ama Dio!" ha detto il Santo Padre in una delle sue omelie. Dobbiamo perciò saperci riappropriare di noi stessi e di quanto la tradizione ecclesiale ci ha donato.

Come ha scritto Benedetto XVI alla vigilia dell’assemblea generale dei vescovi riunita ad Assisi lo scorso mese di novembre: "Ogni vero riformatore è un obbediente della fede: non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito; non è il padrone, ma il custode del tesoro istituito dal Signore e a noi affidato". Volendo seguire questa descrizione possiamo guardare proprio la figura di Maria: fu lei la prima custode del Verbo incarnato, la serva del Signore che seppe agire sempre secondo la sua volontà.

Come Maria, anche noi siamo chiamati ad essere obbedienti nella fede, senza muoverci in modo arbitrario, ma sapendo accogliere quanto ci è stato consegnato. Questa è la nostra forza, questa è la forza sempre nuova del cristiano che come San Paolo trasmette ciò che ha ricevuto dalla sorgente di grazia che per lui come per noi è l’incontro con il Signore.

Anche per questo trovarmi qui, nella Chiesa della Trinità dei Pellegrini, dove è vivo l’impegno in favore della diffusione della liturgia tradizionale è per me motivo di gioia e di speranza che mi fa toccare con mano alcuni frutti seguiti alla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum.

In un momento difficile siamo tutti chiamati nel nostro servizio ad unirci al successore di Pietro: come Pietro anche noi dobbiamo convertirci al Signore crocifisso e risorto, non scoraggiandoci mai davanti alla realtà della croce e con la certezza di condividere un giorno la sua stessa resurrezione.

Questo, prima del nostro, è stato il cammino di Maria, un cammino che la Chiesa ha cercato di proporre come modello e che proprio i fedeli hanno voluto esaltare ed esprimere nella ricchissima devozione popolare. Anche io tra le musiche composte fin da quando ero giovane seminarista, ho dedicato larga parte proprio a Maria. La Festa dell’Immacolata mi fa pensare a tanta musica scritta in onore della Madonna: messe, laudi, mottetti, magnificat, stabat mater, ma mi fa pensare soprattutto alle numerose antifone mariane che il popolo aveva saputo far proprie e che cantava in onore della Madre celeste trovando in lei l’icona della fede.

Maria allora come ora rimane l’immagine più bella e perfetta della fede, poiché nella sua vita ha saputo sempre riconoscere e seguire Gesù: Lei fu capace proprio nella fede di dire sì all’annunzio dell’angelo che le partecipava il disegno di Dio; lei fu discepola fedele di suo Figlio vivendo accanto a lui "serbando e meditando tutto nel suo cuore"; lei proprio per questo poté diventare strumento di grazia di suo Figlio come quando ordinò a Cana di Galilea "fate come vi dirà". Pur non vedendo mai il tutto, Maria prega, si abbandona e confida in Dio: "Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum".

Allo stesso cammino furono invitati i discepoli, San Pietro, la chiesa nascente di allora e quella di oggi: nella nostra inadeguatezza siamo tutti chiamati a riconoscere, credere, pregare ed affidare la nostra vita a Dio per essere uniti a lui, per essere con lui prima sulla croce, nel momento della spada che trafigge la nostra anima, poi nella gioia della resurrezione.

Con questi sentimenti uniamoci fin d’ora al Santo Padre nell’atto di omaggio che renderà questo pomeriggio alla Statua dell’Immacolata in Piazza di Spagna.

Preghiamo Maria e attraverso di lei il Signore perché la nostra fede non venga meno, ma possa essere testimoniata efficacemente e contribuire alla edificazione della chiesa. Viviamo come Maria in un perenne rendimento di grazie, cantando con lei: Magnificat anima mea Dominum et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo. AMEN


Per gentile concessione. Sottolineature nostre.

Fraternamente CaterinaLD

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20/01/2011 12:56
 
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30Giorni - Intervista al Card. Bartolucci

Tre mesi fa il Papa Benedetto XVI imponeva la berretta cardinalizia a Mons. D. Bartolucci, direttore "in perpetuo" della Cappella Sistina.
Riproponiamo alcuni brani di una toccante e eloquente intervista uscita sul numero di Novembre 2010 di 30Giorni e rilasciata dal neocardinale a Paolo Mattei.
Avevamo già proposto una intervista a cura di Rodari (Link)

di Paolo Mattei.
"Nel concistoro dello scorso 20 novembre Benedetto XVI ha creato cardinale monsignor Domenico Bartolucci. Nato il 7 maggio del 1917 a Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze, Bartolucci è stato per più di quarant’anni, dal 1956 al 1997, maestro direttore perpetuo della Cappella musicale Pontificia “Sistina”. Successore di monsignor Lorenzo Perosi in questo incarico, il neoporporato, durante il pontificato di Giovanni XXIII, riorganizzò la Cappella musicale del Papa, le cui origini risalgono alla Schola cantorum romana dei tempi di Gregorio Magno.

Bartolucci, tra i più autorevoli interpreti di Giovanni Pierluigi da Palestrina – che della Cappella Sistina fu cantore –, è accademico di Santa Cecilia e prolifico compositore di musica sacra. Lo abbiamo incontrato a Roma, dove vive. "
Per leggere l'intevista per l'intero, vedere al link di 30Giorni

Mettei: Negli anni della sua direzione, la Cappella ha avuto anche un’intensissima attività concertistica.

Bartolucci: Abbiamo girato tutto il mondo. Nel ’96 siamo stati anche in Turchia. Cantammo l’Ave Maria a Istanbul, in latino, naturalmente, e la gente piangeva per la commozione. E non credo piangesse perché capiva la lingua…

M. Che intende dire?

B.
Che dopo il Concilio Vaticano II il latino è stato messo da parte, ed è stato un errore esiziale. Con la promulgazione del Messale del 1970, i testi millenari del Proprium [l’insieme delle parti della messa che varia secondo l’anno liturgico o le memorie particolari, ndr] sono stati eliminati, e lo spazio per i canti dell’Ordinarium [l’insieme invariabile delle parti della messa, ndr] molto ridotto per l’introduzione delle lingue volgari.

M. È nota, eminenza, la sua avversione per questi cambiamenti.

B. Mi pare evidente come da allora la musica sacra e le scholae cantorum siano state definitivamente emarginate dalla liturgia, nonostante le raccomandazioni della constitutio de Sacra Liturgia del ’63 e del motu proprio Sacram Liturgiam, del ’64, nel quale il gregoriano è definito «canto proprio della liturgia romana».

M. Era auspicata la «actuosa participatio» del popolo.

B. Che da allora non c’è più stata.

M. Come sarebbe a dire?

B. Prima di questi “aggiornamenti” il popolo cantava a gran voce durante i Vespri, la Via Crucis, le messe solenni, le processioni. Cantava in latino, lingua universale della Chiesa. Durante le liturgie dei defunti tutti intonavano il Libera me Domine, In Paradisum, il De profundis. Tutti rispondevano al Te Deum, al Veni creator, al Credo. Adesso, si sono moltiplicate le canzonette. Sono così tante che le conoscono in pochissimi, e non le canta quasi nessuno. Poi va corretta la mia fama di essere contro la partecipazione del popolo ai canti.

M. E come?

B. Ricordando, per esempio, che già prima del Concilio io curai un repertorio di canti in lingua italiana da destinare alle parrocchie: Canti del popolo per la santa messa, si intitolava. Naturalmente è sparito dalla circolazione.

Fraternamente CaterinaLD

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03/06/2011 11:28
 
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[SM=g1740722] May 15, 2011: Domenico Cardinal Bartolucci conducts during Solemn Pontifical Mass sung by Walter Cardinal Brandmüller at the Altar of the Chair in the Vatican Basilica. History in the making every day of the year.

CLICCARE QUI
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...




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[SM=g1740717]


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30/08/2011 13:52
 
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Castel Gandolfo, 31 agosto : omaggio musicale a Papa Benedetto XVI. Musiche del Cardinale Maestro Domenico Bartolucci




Grazie alla pagina Facebook dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana (FORM - Orchestra Filarmonica Marchigiana) abbiamo appreso, con immenso piacere, che : “Mercoledì 31 agosto, presso il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, invitato personalmente dal Cardinal Domenico Bartolucci, il Maestro Simone Baiocchi dirigerà alla presenza di Sua Santità Benedetto XVI un concerto di musiche per coro e orchestra offerto dal Cardinale in omaggio al Pontefice.
Diretta su Radio Vaticana a partire dalle ore 18 e trasmissione video a cura del Centro Televisivo Vaticano con diretta su Telepace e repliche su TV2000.
L'esecuzione audio e video sarà disponibile sul sito di Radio Vaticana nella sezione "on demand".

Programma :
Domenico Bartolucci
BAPTISMA
Enrica Fabbri, soprano
Lykke Anholm, soprano
Rossini Chamber Choir
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Maestro Concertatore e Direttore d’Orchestra : Simone Baiocchi

Sarò molto felice di ascoltare in diretta su Radio Vaticana l’evento di Castel Gandolfo, cosa che consiglio anche agli amici lettori di MIL.
E' stato riservato un grande onore a diversi miei colleghi marchigiani che suoneranno e canteranno in onore e alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI il "Papa-musicista".

Andrea Carradori

( Foto dalla pagina Facebook dell'Orchestra Filarmonica Marchigiana )



PAPA: RINGRAZIA CARDINALE BARTOLUCCI PER MUSICHE INEDITE

Salvatore Izzo

(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.

Papa Ratzinger ha voluto ringraziare questa sera in modo cordialissimo il cardinale Domenico Bartolucci, maestro perpetuo emerito della Cappella Sistina, che gli ha dedicato la sua ultima composizione, il poema "Benedictus" per soprano, coro a tre voci pari e orchestra.
Il Pontefice ha potuto ascoltare il brano inedito nel corso del Concerto di musiche dell'anziano porporato suo amico che si e' tenuto nel cortile della residenza estiva di Castelgandolfo.
Le altre composizioni di Bartolucci in programma erano "l'Ave Maria", tratta dall'opera lirica "Il Brunellesco", per soprano, coro a tre voci pari, il poema sacro "Baptisma", per soprano, baritono, coro femminile e piccola orchestra e il mottetto "Christus circumdedit me", per soprano coro e orchestra.

Ad eseguirli sono stati i solisti Enrica Fabbri, soprano, Lykke Anholm, soprano, Michele Govi, baritono, il 'Rossini Chamber Choir' di Pesaro e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana 'Form', diretti dal maestro direttore e concertatore Simone Baiocchi.
Come aveva fatto questa mattina citando Bach, Benedetto XVI ha ricordato che la musica e' "capace di esprimere e comunicare la fede" e ha poi rivolto il suo "grazie speciale" al 94enne cardinale Bartolucci del quale ha sottolineato i tre aspetti che "lo caratterizzano in modo evidente, oltre al suo fiero spirito fiorentino: e cioe' la fede, il sacerdozio, la musica". "Anche attraverso la musica - gli ha detto - lei ha esercitato il suo ministero".






[Modificato da Caterina63 01/09/2011 00:16]
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01/09/2011 22:10
 
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Il Papa al termine del concerto in suo onore: Questa sera ci siamo immersi nella musica sacra, quella musica che, in modo del tutto particolare, nasce dalla fede ed è capace di esprimere e comunicare la fede


CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI OFFERTO DAL CARDINALE DOMENICO BARTOLUCCI, 31.08.2011

Bartolucci e Benedetto XVI


Alle ore 18 di oggi, nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha avuto luogo un Concerto offerto in onore di Papa Benedetto XVI dal Cardinale Domenico Bartolucci, già direttore della Cappella Musicale Pontificia Sistina.
In programma quattro composizioni dello stesso Card. Bartolucci: il poema Benedictus - scritto per questo evento - per soprano, coro a 3 voci pari e orchestra; l’Ave Maria - tratta dall’opera lirica "Il Brunellesco" - per soprano, coro a 3 voci pari; il poema sacro Baptisma, per soprano, baritono, coro femminile e piccola orchestra e il mottetto Christus circumdedit me, per soprano, coro e orchestra.
I solisti Enrica Fabbri, soprano; Lykke Anholm, soprano; Michele Govi, baritono; il "Rossini Chamber Choir" di Pesaro e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana "FORM" sono stati diretti dal maestro direttore e concertatore Simone Baiocchi.
Al termine dell’esecuzione musicale, il Papa ha rivolto al Card. Domenico Bartolucci, agli artisti e a tutti i presenti il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Amici,


questa sera ci siamo immersi nella musica sacra, quella musica che, in modo del tutto particolare, nasce dalla fede ed è capace di esprimere e comunicare la fede. Grazie allora agli splendidi esecutori: ai due Soprani, al Baritono, al Maestro Baiocchi, al "Rossini Chamber Choir" di Pesaro e all’Orchestra Filarmonica Marchigiana, come pure agli organizzatori e alle Autorità che hanno reso possibile l’evento. In mezzo alle attività quotidiane, ci avete offerto un momento di meditazione e di preghiera, facendoci intuire le armonie del Cielo. Un grazie affettuoso e speciale all’autore dei brani che abbiamo ascoltato, il Maestro Cardinale Domenico Bartolucci. Grazie Eminenza, per avermi donato questo concerto e aver composto, per l’occasione, il pezzo Benedictus a me dedicato come preghiera e ringraziamento al Signore per il mio Ministero.
Il Maestro Cardinale Bartolucci non ha bisogno di presentazioni. Vorrei solo accennare a tre aspetti della sua vita, che lo caratterizzano in modo evidente - oltre al suo fiero spirito fiorentino – e cioè: la fede, il sacerdozio e la musica.
Caro Cardinale Bartolucci, la fede è la luce che ha orientato e guidato sempre la sua vita, che ha aperto il suo cuore per rispondere con generosità alla chiamata del Signore; ed è da essa che è scaturito anche il suo modo di comporre.

Certo Lei ha avuto una solida formazione musicale ricevuta nel Duomo fiorentino, nel Conservatorio di Firenze, nel Pontificio Istituto di Musica Sacra, con grandi didatti, tra i quali Vito Frazzi, Raffaele Casimiri, Ildebrando Pizzetti. Ma la musica è per lei un linguaggio privilegiato per comunicare la fede della Chiesa e per aiutare il cammino di fede di chi ascolta le sue opere; anche attraverso la musica Lei ha esercitato il suo ministero sacerdotale. Il suo modo di comporre si inserisce nella scia dei grandi autori di musica sacra, in particolare della Cappella Sistina di cui è stato per molti anni Direttore: la valorizzazione del prezioso tesoro che è il canto gregoriano e l’uso sapiente della polifonia, fedele alla tradizione, ma aperto anche a nuove sonorità.

Caro Maestro, questa sera, con la sua musica, ci ha fatto rivolgere l’animo a Maria con la preghiera più cara alla tradizione cristiana, ma ci ha fatto anche riandare all’inizio del nostro cammino di fede, alla liturgia del Battesimo, al momento in cui siamo divenuti cristiani: un invito a dissetarci sempre all’unica acqua che estingue la sete, il Dio vivente, e ad impegnarci ogni giorno a rigettare il male e a rinnovare la nostra fede, riaffermando "Credo"!

"Christus circumdedit me", Cristo mi ha avvolto e mi avvolge: questo mottetto riassume la sua vita, il suo ministero e la sua musica, caro Signor Cardinale. Rinnovo allora il mio grazie a Lei, ai due Soprani, al Baritono, al Direttore e ai complessi corali e orchestrali e volentieri imparto la mia Benedizione Apostolica. Grazie.

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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[SM=g1740722] IL VIDEO DEL CONCERTO con il discorso breve del cardinale Bartolucci....DA NON PERDERE....con il concerto e il volto soddisfatto egrato del santo Padre....un grande maestro Simone Baiocchi... GRAZIE! [SM=g1740721]

www.gloria.tv/?media=190379

[SM=g1740722] Discorso del card. Bartolucci

Grazie ad un cortese lettore, possiamo leggere la trascrizione del breve discorso del card. Bartolucci rivolto al Papa in occasione di un concerto tenutosi nei giorni scorsi a Castel Gandolfo.


Beatissimo Padre,
sono qui a ringraziare Vostra Santità per tutto quello che ha fatto e sta facendo per ridare nobiltà e splendore alla Santa Liturgia della Messa per quanto riguarda la musica che voglia veramente essere consona al sacramento del Sacrificio Eucaristico.
Come non ricordare il cantico “Et, hymno dicto, exierunt in montem Olivarum” che Gesù cantò nell’Ultima Cena insieme agli apostoli nel cenacolo dopo la prima Messa. Certo, quell’antico bellissimo inno, non poté non accrescere una santa profonda commozione interiore in quegli straordinari cantori. È la stessa cosa oggi.

Ecco, Beatissimo Padre, io sono qui a ringraziare Vostra Santità per il forte richiamo all’uso della musica delle celebrazioni odierne della Santa Messa. Io sono certo che l’aver richiamato un musicista a far parte del Collegio Cardinalizio ha voluto essere un richiamo all’uso della musica sacra nella Sacra Liturgia.

Il concerto di oggi è soprattutto l’esecuzione del mio lavoro “Baptisma” sul testo preciso dell’antico rito del Battesimo. Mi piace ricordare che proprio questo breve lavoro, definito “poemetto sacro”, fu commissionato a me dal collegio dei professori dell’Istituto Pontificio di Musica Sacra ed eseguito nell’aula magna dello stesso istituto. Mi piace ricordare anche, che dopo l’esecuzione, l’anno dopo fui nominato professore di composizione e direzione polifonica dello stesso istituto; fui nominato maestro di cappella della Basilica di Santa Maria Maggiore. Nell’anno appresso vicemaestro, con Perosi, alla Cappella Sistina. Alla morte del Maestro nel ’56 nominato da Papa Pacelli, Pio XII, maestro direttore perpetuo.
Poi i tempi, purtroppo, cambiarono. Ma oggi si nota con soddisfazione un vero e proprio risveglio da parte di tanti giovani che vogliono rivivere la bellezza della Messa in latino, il maggior frutto spirituale che ne deriva, cioè grande grandissimo conforto. E ci da a sperare in un futuro liturgico quale Vostra Santità certamente desidera.
Ne ringraziamo il Signore, che vorrà aiutare tutti coloro che si stanno impegnando per la serietà della musica sacra. Confido fermamente, con l’aiuto di Dio, ci sarà il vero ritorno alla bimillenaria tradizione della musica sacra.
Grazie Santità!





[SM=g1740717]


[SM=g1740750]

[Modificato da Caterina63 03/09/2011 11:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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