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IL CREDO NICENO-COSTANTINOPOLITANO

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 23:50
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27/08/2009 12:40
 
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“Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati...”

 

 

 

 

La Terra era informe e deserta, e le tenebre ricoprivano l’abisso, e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). Fin dall’inizio la colomba dello Spirito cercava la propria immagine nell’acqua che aveva creato. “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1), e in Eden fu posto l’uomo, sua immagine. Ma nell’uomo si riflette anche la libertà di Dio, e di conseguenza anche la libertà di sceglierlo come Padre. In verità, Dio era già “padre naturale” dell’uomo, ma nel suo amore non voleva che questa condizione non venisse scelta con consapevolezza, fatta propria come risposta a questo amore. Questa figliolanza non solo era un Suo diritto, ma era anche l’unica scelta ragionevole per l’uomo, se nella stessa Luce voleva vivere. Assenza di Dio poteva significare solamente assenza di Luce, e quindi tenebra. E poiché Dio è Bene perfetto e senza macchia, e non ama le mescolanze, “separò la luce dalle tenebre” (Gn 1,5). Ma “le tenebre ricoprivano l’abisso” (Gn 1,2), e pertanto scegliere le tenebre anziché la Luce, avrebbe certamente comportato la disperazione dell’abisso, la lontananza senza limiti. E così fu; una distanza incolmabile, che comportò non solo la perdita della figliolanza con Dio e della Sua immagine, ma anche una discendenza di peccato, perché chi nasce dalle tenebre vive nelle tenebre. Affinché questa discendenza si purificasse, nei giorni di Noè venne completamente immersa nell’acqua: “poche persone, otto in tutto, furono salvate. Figura, questa, del battesimo” (1Pt 3,20-21). Salvate dall’annunzio di una colomba, uscirono dalle acque, e dalla loro discendenza fu generato Abramo, che attraversò l’acqua del Giordano (Gn 32,11); la valle del Giordano “era un luogo irrigato da ogni parte” (Gn 13,10). Abramo seppe accettare il sacrificio del suo figlio per riacquistare la paternità di Dio, e i suoi figli, numerosi come le stelle cielo, costellarono la storia. Attraversarono anch’essi di nuovo le acque, sotto la guida di Mosè. “Sia il firmamento in mezzo alle acque, per separare le acque dalle acque” (Gn 1,6). E così, attraverso il Mar Rosso, si diressero verso la Terra Promessa, immagine dell’Eden perduto, dissetandosi dall’acqua che sgorgava dalla roccia nel deserto (Es 17,1-7). Fino ai giorni in cui, in quella stessa terra, il sacrificio trattenuto di Abramo fu portato a termine dal Padre, che avendo fermato la mano di Abramo, non fermò quella sull’Ultimo Agnello, come a voler dire: “Sarò Io a sacrificare mio figlio”. Anche Gesù, dopo aver attraversato il deserto, attraversò le acque del Giordano, e dinanzi al Battista ricevette la colomba dello Spirito. Giovanni aveva battezzato con acqua, invitando alla penitenza: era una preghiera penitenziale, non un sacramento, preparava il cuore dell’uomo, ma non toglieva i peccati. Per togliere i peccati era necessario il Cristo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele. ...Ho visto lo Spirito Santo scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo” (Gv 1,29-33). Questo stesso battesimo, ora sacramento, Gesù lo consegnò alla sua chiesa: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). Da allora, Egli ancora toglie i peccati dal mondo, ma lo fa tramite la sua Chiesa, roccia da cui sgorga l’acqua nel deserto. “Chi ha sete venga a Me e beva, chi crede in Me; come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37-38). Il santo Battesimo non venne mai interrotto, perché chi non ne attraversa le acque non può salvarsi: “In verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio (Gv 3,5). E poiché questo sacramento proviene da Dio che è uno, anche il battesimo è uno solo. “Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo” (Gn 1,9). In esso siamo strappati dalle tenebre e restituiti alla luce. Tramite questo sacro segno il cristiano è invitato a far proprio l’invito del profeta Isaia: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60,1-2). Il battesimo rimette il tralcio, staccato dal peccato, nella sua vite che è Cristo. Da Lui, tramite l’immersione, il cristiano non solo riceve la vera vita, ma la trasmette agli altri: “Chi beve dell’acqua che Io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che Io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). Ecco perché, come il profeta, il credente grida al suo prossimo: “O voi tutti assetati venite all’acqua!” (Is 55,1). Egli sa che dall’acqua del costato di Cristo, come da una roccia, sgorga di nuovo la vita che si riproduce, e annuncia il miracolo operato dallo Spirito affinché di nuovo “le acque brulichino di esseri viventi” (Gn 1,20).

 

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