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Cerchiamo di comprendere la sacralità della Messa (e del Rito) nella Tradizione Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2016 13:35
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02/09/2009 10:44
 
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Riti preparatori e immistione


Ritorniamo al cerimoniale apostolico del Patrizi. La norma dei riti preparatori alla comunione che descrive, è quella desunta dall’ordo lateranensis del 1145, il cerimoniale episcopale del priore Bernard. I riti eucaristici descritti dal Bernard non erano altro che quelli dell’ Hadrianum, arricchiti da Alcuino nei primi anni del IX secolo; per i riti non eucaristici, dipende interamente dal pontificale romano-germanico del X sec. Non vi è ormai che una sola immistione; la norma dei riti è quella che conosciamo, quella dei messali della curia romana del XIII secolo, e del messale di San Pio V, cioè: consegna della patena, preghiera Libera nos, frazione dell’ostia, Pax Domini, prima ed unica immistione, canto dell’Agnus Dei, preghiera Domine Jesu Coriste, bacio della pace.

Occorre tuttavia qui osservare che il luogo dell’immistione dell’ordo lateranensis, quella presa in considerazione dal vescovo di Pienza e prima di lui dal cerimoniale avignonese per la messa papale, non corrisponde più a quella descritta da Innocenzo III nel De Missarum mysteriis e da tutti i cerimoniali della cappella papale fino a quello di Stefaneschi incluso, quella che Guglielmo Durand commentò. Così la messa episcopale dell’ordo lateranansis ha contaminato la liturgia papale, e si assiste qui a una di quelle interazioni liturgiche, cioè tra la basilica lateranense e la cappella papale, segnalate dal padre Gy.

Infatti fino all’epoca del cerimoniale avignonese, secondo le parole di Innocenzo III “Romanus pontifex alium in communicando morem observat » : dopo il triplice segno di croce fatto con la particola sul calice dicendo il Pax Domini, riposiziona la particola sulla patena, una volta donato il bacio di pace, ritorna al trono e, alla vista di tutti, prendendo sulla patena tenuta dal suddiacono la più grande delle tre particole che gli erano state presentate, la suddivide, ne prende una parte e mette l’altra nel calice. Se non è presente che una sola immistione, questa così descritta ricorda l’ordo romanus : essa ricorda il rito solenne della frazione al trono, mantenendo la seconda immistione de ipsa sancta quam mormorderat. Le altre due particole serviranno alla comunione dei diaconi e dei suddiaconi che ricevono la pace al momento stesso di comunicarsi.

Nel cerimoniale del Patrizi il papa ha lasciato cadere la particola con la quale aveva tracciato al pax Domini il triplo segno di croce, ha dato la pace al cardinale vescovo assistente, poi ai due cardinali diaconi assistenti, ha lasciato l’altare per il trono in fondo all’abside. Ormai all’altare, il diacono ministrante eleva fino all’altezza degli occhi la patena con l’ostia, descrive dei movimenti circolari e la consegna al suddiacono che la porta alla sinistra del papa. Ripetuti gli stessi movimenti col calice, il diacono lo porta alla destra del papa. Il papa, nel libro che tiene di fronte a lui un vescovo assistente, legge le preghiere prescritte, prende e consuma una delle due particole, poi suddivide la particola rimanante, con la cannuccia d’oro che gli porge il cardinale vescovo assistente, assume una parte del preziosissimo sangue. Ritroviamo dunque qui una frazione al trono, e la comunione con una sola particola delle specie sante, il resto delle quali è riservato ai ministri sacri.

Ritroviamo così il legame stretto che collega il bacio della pace, all’atto stesso della comunione. In effetti, il cardinale diacono ministrante, che con il suddiacono non aveva ricevuto il bacio della pace all’altare con i cardinali assistenti, stando in piedi, tenendo ancora il calice e la cannuccia, s’inclina, bacia la mano del papa, riceve la sua particola, bacia il papa al viso (si tratta di fatto di un mero cenno) poi ritorna all’altare dove, dal lato dell’epistola, prende un po’ di preziosissimo sangue con l’aiuto della cannuccia. Il suddiacono, inginocchiato con la patena, riceve la comunione del corpo dalle mani del Papa, coi medesimi baci della mano e del viso, e si reca all’altare a comunicarsi col sangue, dopo aver purificato la patena.

Catalani riferisce nel suo commentario l’uso antico di donare una particola dell’ostia magna a qualche uomo illustre, ad esempio l’imperatore, citando l’esempio di Pasquale II con Enrico V. Il cerimoniale lateranense, di tipo episcopale, che quindi non prevedela comunione del papa ad sedem eminentem, prevede a questo punto che il diacono ed il suddiacono si comunichino all’ostia del vescovo celebrante. Nell’epoca tridentina, quest’uso non sarà conservato che per la messa papale, alla quale diacono e suddiacono devono assolutamente comunicarsi.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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