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Il Culto della Festa della Natività di Maria nella storia della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2011 23:27
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Il culto della Natività di Maria


di Abramo Morandi & Cristina Volontè


Origini della festa


La fonte più antica ritenuta attendibile dalla Chiesa, che illustra la nascita e l’infanzia di Maria, è costituita dal “Protoevangelo” (Vangeli Apocrifi) di Giacomo risalente al II secolo d.C.

Nel testo vengono illustrati momenti salienti della sua vita: il matrimonio dei genitori Gioacchino ed Anna della tribù di Giuda della stirpe di Achar, la concezione dopo vent’anni senza prole, la nascita e la presentazione al tempio (il tutto inserito nella cornice delle vicende della città di Gerusalemme).

La sorte toccata alla casa natale di Maria non è disgiunta da quella subita dalla città di Gerusalemme, con persecuzioni, distruzione del tempio, trasformazione in luogo di culto pagano, allontanamento dei giudei, ecc.. Con l’arrivo dell’imperatore Costantino e di sua madre Elena a Gerusalemme nella prima metà del secolo IV, dopo la libertà data alla religione cristiana, si apre una nuova era ai luoghi santi: gli scavi condotti hanno permesso di rintracciare, tra le costruzioni volute dalla famiglia imperiale, i ruderi di un oratorio sul luogo che la tradizione indica quale casa natale di Maria..

Con il III Concilio di Efeso del 431 che sancì la legittimità del titolo “Madre di Dio” per Maria, si ebbe una fioritura di feste mariane nel calendario liturgico, tra le quali: la Natività, la Presentazione al Tempio, l’Annunciazione e la Dormizione.

La data della festa della Natività di Maria venne fissata in Gerusalemme nella prima metà del secolo V, ai tempi del patriarca Giovenale e dell’imperatrice Eudossia, : l’8 settembre in occasione della dedicazione della Basilica di Santa Maria, edificata sul luogo della casa natale di Maria.

Tale data venne scelta anche in relazione all’antico anno liturgico che iniziava con il mese di settembre: in tal modo veniva data una cornice “mariana” allo stesso. Infatti la Natività di Maria precede ed annuncia le feste del primo polo (Natale ed Epifania) assumendo il valore di inizio dell’anno liturgico. Segue poi il polo cristologico (Pasqua e Pentecoste) accompagnato dall’Assunzione di Maria che diviene conseguenza dell’opera di salvezza e chiusura dell’anno liturgico.

Da Gerusalemme la festa della Natività venne introdotta a Costantinopoli: il primo documento che ne attesta la presenza è un inno del diacono Romano il Melode, composto prima del 548: quale diacono saliva nell’ambone, cantava il proemio e le strofe facendo ripetere il ritornello finale a tutti i presenti: “è la Madre di Dio, nutrice della nostra vita”. Il testo è tuttora parzialmente in uso nell’ufficiatura della festa che, per la chiesa bizantina, ricalca ancora quella in uso dal IX secolo con un giorno di prefesta, quattro di dopofesta e la chiusura il 13 settembre.

La prima commemorazione mariana che si conosca a Roma è quella del mercoledì delle Quattro Tempora di Avvento, introdotta da papa Leone Magno (440-461) nella liturgia romana. Verso il 595 papa Gregorio Magno (590-604) inaugura l’”ottava di Natale” considerata la prima festa mariana della liturgia latina.

A Roma, nei secoli V e VI, era presente una numerosa colonia greca che introdusse nel mondo latino alcune feste religiose di origine orientale, tra le quali quella della Natività di Maria. Si attribuisce a Papa Sergio I (687-701), nato ad Antiochia e che fa parte del gruppo di papi di origine orientali saliti al soglio pontificio tra il VI ed il VII secolo, la solenizzazione di festività mariane nel calendario romano tra cui, per l’appunto, quelle della Natività e della Dormizione di Maria.

Da Roma la festa venne diffusa nell’Occidente e divenne molto popolare in Francia dove, nel Medioevo, era celebrata con tanta solennità religiosa da essere conosciuta come “festa angioina” e si finì di parlare di una sua origine miracolosa dovuta nientemeno che ad un intervento espresso di Maria, la quale ne avrebbe richiesto l’istituzione.

Dal XI secolo la festa acquista sempre più importanza tanto da diventare festa di precetto e da meritare un’ottava.

Nel 1243 Papa Innocenzo IV stabilì che la Natività assumesse il ruolo di festa obbligatoria per la chiesa latina, sciogliendo così un voto formulato dai cardinali elettori nel Conclave del 1241 e ostacolati dalle ingerenze di Federico II che per tre mesi li tenne prigionieri.

Nel secolo XIV la festa della Natività di Maria si meritò anche la sua vigilia, prescritta da Gregorio XI (morto nel 1378), che la volle con un suo digiuno e ne compose la Messa.

Papa Pio X (1903-1914) tolse la Natività di Maria dall’elenco delle feste di precetto e ridusse l’ottava a semplice. Pio XII (1939-1958) con la riforma liturgica, abolì l’ottava.



Il culto a Milano

Contrariamente alla conoscenza maggiormente diffusa, la prima chiesa titolata alla Natività di Maria non è il Duomo di Milano.

Il primo edificio con tale dedica risale al 1007 allorchè, ai tempi dell’arcivescovo Arnolfo, il nobile Fulcuino – figlio di Bernardo, fece costruire una chiesa titolata “Santa Maria di Fulcuino” nella zona del teatro romano (attuale piazza degli Affari). Dalla corruzione del titolo e del suo appellativo secondario è nato il nome di “santa Maria Fulcorina” che ha indicato per secoli anche un vicolo milanese. La chiesa viene anche ricordata dagli studiosi perché, in quegli anni travagliati dalla simonia (vendita di benefici ecclesiastici) e dalla presenza di clero che non osservava il celibato nonostante le prescrizioni e le sanzioni adottate nei vari canoni conciliari e sinodali, è la prima il cui atto di fondazione precisa in modo chiaro a chi dovevano essere destinati i benefici del testatore. Infatti la situazione della chiesa in generale vedeva una forte dispersione dei beni lasciati a disposizione: i testatori sino ad allora avevano solo richiesto obblighi di suffragi annuali permettendo alla comunità religiosa beneficiante di disporre dei lasciti senza disciplinare le rogazioni ai funzionanti ed ai poveri. Accadeva così che preti con prole utilizzassero tali eredità per assicurare un avvenire ai figli, rendendoli spesso successori nel benficio ecclesiatico.

Santa Maria Fulcorina era piccola e secondo le fonti abbastanza trascurata sin dalla fondazione: venne data in ufficio a “Disciplinanti Scolari” provenienti da san Quirico e da san Protaso al Castello. Il Torre la chiama “Falcorina comunemente detta Castagnola” e la indica anche quale prima sede dei Padri Minori Conventuali di san Francesco, nel 1221: “…Vogliono alcuni scrittori, che con essi loro venissevi s. Francesco, e che vi abitasse, mostrandosi per fino a’ presenti giorni (1674) un piccolo camerino, in cui egli trattenevasi”. Successivamente vennero spostati i canonici “che salmeggiavano nel tempio dei santi Nabore e Felice” e, ai tempi di san Carlo fu “Seminario di Cherici”. Con Federico Borromeo tornò ad essere collegiata, sia pure con servizio solo domenicale. Dopo un rifacimento del 1734, con le leggi giuseppine di soppressione, venne demolita tra il 1799 ed il 1809 (le fonti non concordano sulla data).

Dopo l’ufficializzazione della festività dichiarata nel 1243 da Papa Innocenzo IV, lo stesso pontefice nel 1251 – l’8 settembre – è presente a Milano e concede l’indulgenza perpetua a chiunque avesse visitato la chiesina milanese nel giorno della ricorrenza della Nascita di Maria.

Contribuì poi a rendere ancora più popolare questo culto Azzone Visconti che nel 1336 introdusse tra i cittadini il rito delle offerte da raccogliersi l’8 settembre.

E’ con la peste del 1386 – a Milano uccide prevalentemente bambini – che la cittadinanza emette il voto per porre termine al flagello, della costruzione di un grandioso tempio dedicato a Santa Maria Nascente affinchè la Madonna interceda per la salvezza dei figli.

La costruzione del futuro Duomo ha inizio (e anche qui le fonti non concordano) tra il 1386 e il 1387, per iniziativa dell’arcivescovo Antonio di Saluzzo e del duca Galeazzo Visconti che nel 1387 decide di devolvere le offerte raccolte l’8 settembre in favore dell’erigendo tempio: la data ricordata è quella del 15 agosto.

Nel Duomo, che è la terza chiesa più grande del mondo, il 19 dicembre 1810 venne collocata sulla facciata una lapida a ricordo della dedicazione a Santa Maria Nascente. Nonostante ciò non è stata centralizzata la rappresentazione di questo soggetto nell’architettura della cattedrale, che è presente in opere di contorno e in altari secondari. Infatti il fulcro è stato attribuito alla Madonna Assunta a ricordo del primo giorno dei lavori di costruzione dell’edificio sacro.



Il culto di santa Maria Bambina

Intorno ai secoli X-XI nelle celebrazioni religiose venne introdotto l’utilizzo di statue lignee volute dalla gerarchia ecclesiastica per rendere più visibile il fulcro devozionale ai fedeli.

Le statue lignee che conobbero maggiore diffusione furono quelle di Gesù Bambino che riprendevano la rappresentazione della Natività di Cristo realizzata a Greccio nel 1223 da san Francesco. Tra tali statue la più famosa è quella della chiesa di santa Maria in Aracoeli di Roma, dove la quattrocentesca statua è sempre stata al centro di un forte culto per le doti taumaturgiche attribuitele nel proteggere dalle malattie infettive nella gravidanza e durante il parto.

Nel corso dei secoli la presenza di queste statue si diffonde anche in ambito domestico e monastico e si utilizzeranno materiali diversi come lo stucco e la cera, invece del marmo e del legno.

A partire dalla metà del Cinquecento i monasteri femminili diventano centri di produzione di questi simulacri grazie all’abilità ed alla pazienza delle monache ed è ai Padri Francescani che si deve principalmente la diffusione di questi Gesù Bambini.

Il cardinal Federico Borromeo (1564-1631), nella sua opera “De pictura sacra” immaginava la raffigurazione della Natività di Maria rappresentata da una bambina avvolta in fasce e adagiata in mezzo ad una grande luce attorniata da angeli maggiori e minori.

Ed è ad una Francescana che si deve il modello del simulacro più famoso di Maria Bambina che riprende l’immagine del cardinal Borromeo. Suor Isabella Chiara Fornari, superiora delle Francescane di Todi e dal cui convento venivano diffuse figure di Maria e di Gesù “quando erano pargoletti e di grandezza naturale” modellò il volto in cera tra il 1720 ed il 1730: rimase alla memoria che ella “riuscisse in questo lavoro con tale perfezione da sembrare che superasse la medesima arte”.

Il simulacro lavorato dalla Fornari fu portato a Milano da mons. Alberico Simonetta che nel 1738 faceva ritorno nella sua città natale dopo essere stato governatore di Camerino e, dal 1735, vescovo di Como. Alla sua morte, l’anno successivo, le Cappuccine del monastero di Santa Maria degli Angeli, alle quali il Simonetta aveva già donato una copia del simulacro, ottennero anche l’originale essendo dedite all’educazione della gioventù ed all’insegnamento della dottrina cristiana. In breve tempo esse si fecero apostole della devozione al mistero della Natività di Maria. Ne è testimonianza un libriccino, pubblicato nel 1757, sul cui frontespizio si legge che era “proposto ai veri devoti di Maria dalle madri Cappuccine presso le quali si conservava e venerava la celebre santa Bambina”; questa veniva rappresentata nella pagina accanto stretta nelle fasce ma in posizione eretta con una corona di dodici stelle. La pubblicazione contiene “un esercizio spirituale da farsi nel giorno otto di ogni mese in onore della natività ed infanzia di Maria Vergine, la novena per l’apparecchio alla di lei festa e la pratica di alcune devozioni e mortificazioni per ciascun mese”.

Dalla prefazione del libriccino si può conoscere che “la santa Madonnina era celebre nella città, si correva in folla a venerare nel suo devoto simulacro la santa Infanzia della gran Vergine Madre, riportandone singolarissime grazie”. Tale devozione venne bruscamente interrotta nel 1782 quando, in seguito alla legge di soppressione dei monasteri emanata dall’imperatore Giuseppe II, le trentatrè religiose di santa Maria degli Angeli dovettero cercare asilo nei pochi conventi risparmiati. Il simulacro venne portato tra le Agostiniane del convento di san Filippo in via Nuova (attuale san Barnaba) la cui chiesa era dedicata alla presentazione di Maria Bambina al tempio. Alla nuova soppressione delle congregazioni, decretata da Napoleone nel 1810, seguì un altro trasferimento del simulacro nel monastero delle Canonichesse Lateranensi ed infine pervenne, tramite don Luigi Bosisio parroco della chiesa di san Marco, nel 1842 a suor Teresa Bosio superiora delle suore di carità di via santa Sofia che operavano all’ospedale Ciceri.

L’ondata di liberalismo anticlericale, accentuato nel contesto politico italiano postunitario, vedeva una progressiva restrizione del culto di Maria Bambina che divenne privato e circoscritto alla cerchia delle suore.

Il 1884 segnò una svolta nel culto: il 9 settembre la postulante Giulia Macario di Lovere, gravemente malata, guarì miracolosamente dopo aver toccato il simulacro e divenne religiosa con il nome di suor Maria Bambina. Nei mesi successivi guarirono in modo prodigioso anche suor Crocifissa Mismetti e suor Giuseppa Woinovich ridestando una devozione già cara ai milanesi, anche se non mancò il riaccendersi delle tensioni, molte vive anche a Milano, tra cattolici e liberali.

Le suore di carità, custodi del simulacro, da quei tempi iniziarono ad essere chiamate Suore di Maria Bambina e diffusero la devozione in altri luoghi in cui operavano: Venezia, Thiene, Rovigo , Rovereto, Calcio, Bergamo, Sovere, Soresina, per arrivare nel 1984 all’erezione di una comunità a Nazareth.

Divenne tradizione beneaugurante donare una copia del simulacro di Maria Bambina ai novelli sposi, tradizione rimasta in uso da noi sino alla metà degli anni Cinquanta e che ancora si pratica diffusamente nel Sud America dove le suore sono presenti in terre di missione.


Fonte

***

129. Quando celebra la Chiesa la festa della Natività di Maria Vergine?

La Chiesa celebra la festa della Natività di Maria Vergine nel giorno otto di settembre.

130. Perché si celebra la festa della Natività di Maria Vergine?

La Chiesa celebra la festa della Natività di Maria Vergine, perché ella fino dalla sua nascita fu la più santa di tutte le creature, e perché era destinata ad essere la madre del Salvatore.

131. Si celebra la festa della Natività solamente per la beata Vergine?

Si celebra la festa della Natività per la beata Vergine e per S. Giovanni Battista. Conviene osservare però che la beata Vergine non solo nacque in grazia, ma fu in essa grazia concepita; mentre di S. Giovanni Battista può dirsi soltanto che egli fu santificato prima di nascere.

132. Qual vita condusse la beata Vergine?

La beata Vergine, benché discendente dalla stirpe reale di David condusse vita povera, umile e nascosta, ma preziosa avanti Dio, non peccando mai neppur venialmente e crescendo continuamente nella grazia.

133. Che cosa vi è da ammirare in ispecial guisa nelle virtù della beata Vergine?

Nelle virtù di Maria Vergine vi é da ammirare in ispecial guisa il voto di verginità ch'ella fece fin da' suoi più teneri anni; cosa di cui non si aveva ancora esempio.

134. Che cosa dobbiamo noi fare nella festa della Natività di Maria Vergine?

Nella festa della Natività di Maria Vergine dobbiamo fare quattro cose:

  1. ringraziar Dio de' doni e delle prerogative singolari con cui l'ha privilegiata sopra tutte le creature;
  2. pregarlo per l'intercessione di lei, che distrugga in noi il regno del peccato, e ci renda fedeli e costanti nel suo divino servigio;
  3. venerare la santità di Maria, e congratularci con essa delle sue grandezze;
  4. procurare d'imitarla nel conservare gelosamente la grazia, e nell'esercizio delle virtù, principalmente dell'umiltà e della purità, per le quali ella meritò di concepire Gesù Cristo nel suo purissimo seno.

Fonte Catechismo Maggiore





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Grazie alla  Lapis del BlogRaffaella leggiamo:

Un’omelia del cardinale Joseph Ratzinger (1991)

La Casa della Madonna: “Casa aperta alla famiglia di Dio”

Pubblichiamo l’omelia che il cardinal Joseph Ratzinger – ora Benedetto XVI - ha tenuto a Loreto l’8 settembre 1991, durante il solenne pontificale, in occasione della festività della Natività di Maria, alla presenza di numerosi pellegrini, provenienti anche da Altötting per il gemellaggio della città bavarese con Loreto. Il testo è tratto fedelmente da una bobina registrata, parola per parola (vedi Messaggio della S. Casa, novembre 1991, pp. 266-268).

Il giorno della Natività della Vergine Maria non è un compleanno come tanti altri. Celebrando il compleanno di una grande personalità della storia pensiamo ad una vita passata, pensiamo a cose passate, a fatti compiuti da tale personalità e all’eredità da essa lasciata.

Pensiamo, in una parola, a cose di questo mondo. Con la Madre di Dio non è così. Maria non parla di se stessa. Dal primo momento della vita lei è totalmente trasparente per Dio, è come un’icona raggiante della bontà divina. Maria, con la totalità della sua persona, è un messaggio vivo di Dio per noi. Perciò Maria non appartiene al passato, Maria è contemporanea a noi tutti, a tutte le generazioni. Con la sua disponibilità alla volontà di Dio ha quasi trasferito, consegnato il tempo umano della sua propria vita nelle mani di Dio e, così, ha unito il tempo umano con il tempo divino. Con il suo presente permanente, perciò, Maria trascende la storia ed è presente sempre nella storia, presente con noi.

Maria impersona il messaggio vivo di Dio. Ma cosa ci dice di più precisamente la vita di Maria oggi, nel giorno della sua nascita? Mi sembra che proprio il santuario di Loreto, costruito attorno alla Casa terrena di Maria, costruito attorno alla Casa di Nazareth, possa aiutarci a capire meglio il messaggio della vita della Madonna. Queste pareti conservano per noi il ricordo del momento nel quale l’angelo venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, il ricordo della sua risposta: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Questa Casa umile è una testimonianza concreta, palpabile dell’avvenimento più grande della nostra storia che è l’incarnazione del Figlio di Dio.

Il Verbo si è fatto carne. Maria, la serva di Dio, è divenuta la “porta” per la quale Dio è potuto entrare in questo mondo. Anzi, non solo la “porta”, è divenuta “dimora”del Signore, “casa vivente”, dove ha abitato realmente il Creatore del mondo. Maria ha offerto la sua carne perché il Figlio di Dio diventasse come noi. E qui ci viene in mente la parola con la quale secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita umana dicendo al Padre: “Non hai voluto né sacrifici né offerta, un corpo invece mi hai preparato [...]. Allora io ho detto: ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà” (Ebr 10, 5-7).

La serva del Signore dice proprio la stessa cosa: mi hai preparato un corpo, ecco io vengo. In questa coincidenza della parola del Figlio con la parola della Madre si toccano, anzi si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa “casa vivente” del Signore, “tempio” dove abita l’Altissimo. E qui sopraggiunge un’altra considerazione: dove abita Dio, tutti noi siamo “a casa”; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono stranieri. Così è anche con la Casa di Maria e con la vita stessa di lei: è aperta per tutti noi. La madre di Cristo è anche la nostra Madre, di tutti quanti sono divenuti corpo di Cristo e costituiscono la famiglia di Cristo Gesù. Essi sono con Cristo e con la Madre, costituiscono la “sacra famiglia” di Dio.

Maria ci ha aperto la sua vita e la sua Casa perché, aprendosi a Dio, si è aperta a tutti noi e ci offre la sua Casa come Casa comune dell’unica famiglia di Dio. Possiamo dire: dove c’è Maria c’è la Casa; dove c’è Dio, siamo tutti “a casa”. La fede ci dà una casa in questo mondo, ci riunisce in una unica famiglia. Qui però nasce una domanda seria: la fede ci dice che siamo tutti fratelli e sorelle di Cristo, quindi un’unica famiglia; noi dobbiamo chiederci se questo è vero, se siamo realmente un’unica famiglia e, se non è vero, perché non è vero, perché le opposizioni, le lotte, l’egoismo lacerante?

La Casa di Nazareth non è una reliquia del passato, essa ci parla nel presente e ci provoca a un esame di coscienza. Dobbiamo domandarci se siamo realmente aperti anche noi al Signore, se vogliamo offrirgli la nostra vita perché sia una dimora per lui; oppure se abbiamo un po’ di paura della presenza del Signore, se abbiamo paura che essa possa limitare la nostra dignità, se vogliamo forse riservarci una parte della nostra vita che vorremmo appartenesse solo a noi e non fosse conosciuta da Dio, che non dovrebbe avvicinarsi ad essa.
Mi sembra che questa Casa di Nazareth conservi, anche sotto questo punto di vista, un simbolismo molto prezioso. Come sapete, questa Casa ha solo tre pareti: è una Casa aperta, dunque, è come un invito, è come un abbraccio aperto. Essa, cosi, ci dice: aprite anche voi le vostre case, le vostre famiglie, la vostra vita alla presenza del Signore.

Questa Casa sia aperta alla famiglia di Dio, a tutti i figli di Dio, ai fratelli e alle sorelle di Cristo! Lasciamoci sfidare, accettiamo la parola della Madre che ci dice: venite, venite nella mia Casa e diventate anche voi, ogni giorno della vostra vita, realmente dimora del Signore.

Questa Casa diventa così come una famiglia aperta, nella quale tutti i figli di Dio, tutte le creature di Dio sono anche fratelli e sorelle nostri. Maria, dunque, è “casa vivente” del Signore; la Casa di Nazareth è casa comune di tutti noi, perché, dove abita Dio tutti siamo “a casa”.
Questa Casa nazaretana nasconde un altro messaggio. Finora abbiamo detto che Dio non è un Dio astratto, puramente spirituale, lontano da noi: Dio si è legato alla terra, Dio ha una storia comune con noi, una storia palpabile, visibile, qui, in questi segni della sua storia e soprattutto nella Santa Chiesa e nei sacramenti.

La fede ci fa “abitare” ma ci fa anche “camminare”. Anche su questo punto la Casa nazaretana conserva un insegnamento importante. Quando i crociati hanno trasferito le pietre della Casa nazaretana dalla Terra Santa qui sulla terra italiana, hanno fissato il nuovo posto della Casa sacra su una strada. È una casa - mi sembra - molto strana, perché casa e strada sembrano escludersi: o casa o strada, vogliamo dire. Ma proprio così si esprime il messaggio vero di questa Casa, che non è una casa privata di una persona, di una famiglia, di una stirpe, ma sta sulla via di noi tutti: è una Casa aperta di noi tutti. La stessa Casa ci fa “abitare” e ci fa “camminare”.

La vita stessa è la casa della famiglia di Dio che è in pellegrinaggio con Dio, verso Dio, verso la casa definitiva e verso la “città nuova”. E qui possiamo essere ancora più concreti.
Tutti i santuari, i grandi santuari del mondo, hanno offerto sempre a persone di nazioni diverse, di razze, di professioni diverse questa esperienza preziosa della casa nuova della famiglia comune di tutti i figli di Dio. Questa esperienza della casa però presuppone l’esperienza di un cammino, l’esperienza del pellegrinaggio. Il pellegrinaggio è una dimensione fondamentale dell’esistenza cristiana.

Solo camminando, pellegrinando possiamo superare le frontiere delle nazioni, delle professioni, delle razze. Possiamo diventare uniti solo andando insieme verso Dio. Il significato di questo gemellaggio tra Loreto e Altötting si inserisce in questa realtà: ci dice lo stesso che dobbiamo andare insieme, dobbiamo divenire pellegrini dell’eterno, dobbiamo alzarci sempre di nuovo verso Dio, verso la pace divina, verso l’unità con Dio e la sua unica famiglia.

http://www.santuarioloreto.it/messaggio/giu_lug2005/giu_lug2005msg_sc4.htm


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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La Natività della Madre di Dio nella tradizione siro-occidentale

Inizia la redenzione della natura umana


di Manuel Nin

La tradizione liturgica siro-occidentale celebra, con le altre liturgie di oriente e occidente, la natività della Madre di Dio l'8 settembre. Di origine gerosolimitana, la festa - legata alla dedicazione di una chiesa nel luogo ritenuto casa di Gioacchino e Anna, genitori di Maria - venne introdotta a Costantinopoli nel VI secolo e a Roma da Papa Sergio I (687-701). Personaggi e temi sono presi dal Protovangelo di Giacomo, con la narrazione della storia di Gioacchino e Anna, anziani ambedue e sterile lei, che accolgono nello stupore e nella gioia la benedizione di Dio con la nascita della loro figlia.

Questa benedizione è collegata con quella di altre coppie bibliche:  "Signore Dio, consolatore degli afflitti e sollievo dei provati, tu hai consolato l'afflizione di Abramo e Sara con la nascita di Isacco, figlio del prodigio, e rallegrato il sacerdote Zaccaria e la sterile Elisabetta con la nascita di Giovanni, nobile profeta. Tu anche oggi procuri la gioia ai giusti Gioacchino e Anna, per mezzo di Maria, tua madre diletta, gioia delle vergini e ornamento dei casti". Diversi testi, prendendo spunto della verginità di Maria, parlano dei vergini e delle vergini, degli uomini casti e delle donne caste, sinonimi che la letteratura monastica siro-occidentale adopera per i monaci e le monache.
 
La nascita di Maria viene presentata come l'inizio della redenzione della natura umana:  "Per mezzo di Maria iniziano i beni e terminano i mali; per lei l'amarezza cambia in dolcezza e delizie spirituali; per lei è rimosso l'inganno del serpente". Con un parallelo tra la nascita di Maria e quella di Cristo, entrambe annunciate dall'arcangelo:  "Colui che plasma tutti i fanciulli e governa su ogni creatura si è prescelto una madre per apparire da lei al mondo. Dall'alto Gabriele discese presso il giusto Gioacchino e gli annunciò la nascita della tutta pura e benedetta. Anna, colma della gioia dello Spirito Santo, disse a Gioacchino:  Benedetto Dio che ha benedetto il frutto del mio seno! Ambedue esultano e giubilano:  Il Signore si è ricordato della sua alleanza e ha fatto misericordia ad Abramo".

La liturgia dipende dalla narrazione del Protovangelo di Giacomo, e nel vespro e nel mattutino dopo la nascita di Maria prosegue col suo soggiorno nel tempio:  "Dopo averla votata fin dall'infanzia e portata nel tempio, Maria fu accolta nel tempio dai sacerdoti che supplirono con zelo e gioia i suoi genitori. Maria visse nel tempio crescendo nelle virtù e nella santità". Introducendo poi il suo matrimonio con Giuseppe, la liturgia rilegge cristologicamente un testo di Isaia (29, 11):  "Si verificò la parola del profeta:  Un libro sigillato sarà consegnato a un uomo versato nella legge divina, colto e rispettato, al quale si dirà:  Leggi questo libro! Ma lui risponderà:  Non posso, è sigillato per il Cristo Signore! Con ciò il profeta alludeva al suo misterioso connubio e al sigillo della sua verginità che sussiste nell'eternità dei secoli. Già prima che nascesse i profeti l'avevano benedetta e indicata con simboli e misteri".

La natività di Maria e la sua maternità divina sono collegate con la vita della Chiesa:  "Tu sei beata, o vergine Maria, pura e piena di grazia, fonte di beni e di vita duratura; tu sei beata perché hai messo al mondo colui che gli apostoli hanno predicato, colui per il quale i martiri si sono lasciati trucidare con amore, il cui desiderio fece abbandonare il mondo ai confessori e che infiamma del suo amore le vergini". E la natività di Maria esalta la donna:  "Oggi tutta l'assemblea dei vergini e delle vergini esulta per la natività della Vergine Maria:  per suo tramite le donne sono state esaltate dopo l'umiliazione subita dal serpente crudele; il maligno è nella confusione, scorgendo in lei il tempio  puro  della  gloria  di  Dio altissimo".

La preghiera finale del vespro riunisce i diversi aspetti della festa:  "O Cristo Dio nostro, rallegraci tutti come hai rallegrato i giusti Gioacchino e Anna per la nascita della Vergine tua madre. Donaci la gioia del perdono dei peccati e della remissione delle colpe. Possa questa festa solenne portare a noi le gioie spirituali e la pace; siano guariti i nostri mali e possa la luce della tua sapienza splendere nelle nostre anime. Risplenda questo giorno con la promessa di un futuro luminoso e favorevole; trasforma il nostro uomo interiore e donaci di progredire con gli angeli sino alla fine".

L'icona della festa riprende quella della nascita di Giovanni Battista e ha molte somiglianze con quella della nascita di Cristo. Nella parte centrale Anna è sdraiata sul letto, dopo aver partorito Maria. La vecchiaia di Elisabetta, la sterilità di Anna, la verginità di Maria:  tutte e tre sono simbolo della Chiesa diventata feconda per mezzo  del  battesimo,  a  cui  allude la scena del neonato lavato in un catino.


(©L'Osservatore Romano - 8 settembre 2010)
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21 Novembre Festa della Presentazione di Maria al Tempio....
Approfondiamo e meditiamo "quanto è buono il Signore" ....
www.gloria.tv/?media=217576

Santa Maria, Prega per noi!
Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org


[SM=g1740717]

[SM=g1740750]
Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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