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Perchè la Chiesa Cattolica ha condannato il Comunismo (importante)

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2016 21:26
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09/09/2009 18:07
 
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Riaguardo alla Scomunica riportata sopra è da specificare quanto segue:

La stessa congregazione del Sant'Uffizio pubblicò dieci anni più tardi, il 4 aprile 1959, un Dubium(4 aprile 1959, in Acta Apostolicae Sedis, 1959, p. 271-272 ), con lo scopo di chiarire il senso e la portata del precedente decreto, aggiornandolo alle mutate condizioni politiche:

« È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione se sia lecito ai cittadini cattolici dare il proprio voto durante le elezioni a quei partiti o candidati che, pur non professando princìpi contrari alla dottrina cattolica o anzi assumendo il nome cristiano, tuttavia nei fatti si associano ai comunisti e con il proprio comportamento li aiutano.
25 marzo 1959

I Cardinali preposti alla tutela della fede e della morale risposero decretando:

negativo, a norma del Decreto del Sant'Uffizio del 1/7/1949, numero 1.

Il giorno 2 aprile dello stesso anno il Papa Giovanni XXIII, nell'udienza al Pro-Segretario del Santo Ufficio, ha approvato la decisione dei Padri e ha ordinato di pubblicarla. »
(Dubium, 4 aprile 1959)


è interessante notare come la nota di specificazione del '59 era ancora più dura di quella di dieci anni prima: si dice apertamente che non solo non è lecito iscriversi ai partiti comunisti, ma addirittura sostenerli da semplici elettori!

E il tutto fu approvato da Giovanni XXIII, il quale qualche anno dopo scomunicò Fidel Castro per la sua adesione al marxismo. Era il Papa buono, ma certamente non era buonista!
__________________
"Il Concilio va letto in ginocchio" Card. Siri


In definitiva: L'abolizione del canone 1399 del Codice di Diritto Canonico avvenuta sotto papa Paolo VI (in Decretum de interpretatione «Notificatio» die 14 iunii 1966 circa «Indicem» librorum prohibitorum, 15 novembre 1966 in AAS 58, P.1186), influisce ed modifica solo il punti 2 e 3 del decreto del 1949, mentre i rimanenti punti restano ancora validi, fino alla eventuale abolizione o nuova modifica del decreto.

Va altresì precisato quanto segue:

l'intervista al Card. Ottaviani nel settimanale "Gente" 13 aprile 1966:


Citazione:
...a proposito di questo decreto c'è stata molta confusione. Bisogna difatti ricordare che la scomunica si applica a coloro che professano dottrine marxiste, non a coloro che aderiscono sic et simpliciter al partito comunista. Chi vota per i comunisti o è iscritto al partito, ma non aderisce al materialismo dialettico, non è scomunicato.
In Italia molte persone non sanno niente di marxismo, vanno in chiesa, credono in Dio e votano per i comunisti. Essi non sono scomunicati. Però commettono un'azione illecita, cioè peccano. Il confessore ha l'obbligo di avvertirli del loro errore e, se insistono, negare loro l'assoluzione, come per qualunque altro peccato di cui il fedele non si pente e che non si propone di non commettere.
Una cosa ad ogni modo deve essere chiara anche a proposito dei comunisti; più che mai, oggi, la Chiesa non desidera condannare, ma persuadere. Essa ama tutta l'umanità, e tutti vuole condurre a sé..

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...nel comunismo ci sono elementi oggettivamente buoni (di matrice cristiana infatti) deformati... tuttavia in un sistema razionalista totalizzante, il cui dio si chiama "popolo", il cui paradiso è "l'alba nuova del proletariato", il cui strumento di affermazione è la lotta di classe. I valori cristiani, sganciati dal cristianesimo, diventano spesso e volentieri verità impazzite, nomi vuoti, che fanno bella mostra di sè e ingannano le persone.

Le decisioni del Sant'Uffizio, pur promulgate dal Santo Padre, sono venute meno con l'entrata in vigore del Codex del 1983. Infatti, per il "can. 6 - §1. Entrando in vigore questo Codice, sono abrogati... 3) qualsiasi legge penale, sia universale sia particolare emanata dalla Sede Apostolica, a meno che non sia ripresa in questo stesso Codice...".

Ciò non toglie la responsabilità morale di coloro che, coscientemente, danno sostegno a movimenti, associazioni e partiti che programmaticamente propugnano idee e prassi contrarie alla fede e alla morale. Se tale responsabilità costituisce peccato grave e pubblico/notorio (come nel caso di Welby!) possono derivare le relative conseguenze in tema di ricezione dei sacramenti (anche senza la scomunica).
Se questo sostegno, poi, concretizza eresia, scisma o apostasia, si applicano - al singolo - le pene previste in generale dalla legge canonica.

Limiti (pubblici!) all'amministrazione/ricezione dei sacramenti possono sussistere anche senza scomunica, come dimostrano i casi dei divorziati risposati....

In definitiva:
come deve regolarsi un vero Cattolico?


a questo risponde:

La Congregazione per la Dottrina della Fede, sentito anche il parere del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ritenuto opportuno pubblicare la presente “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”.
La Nota è indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche.



I. Un insegnamento costante

1. L’impegno del cristiano nel mondo in duemila anni di storia si è espresso seguendo percorsi diversi. Uno è stato attuato nella partecipazione all’azione politica: i cristiani, affermava uno scrittore ecclesiastico dei primi secoli, «partecipano alla vita pubblica come cittadini».[1] La Chiesa venera tra i suoi Santi numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle attività politiche e di governo. Tra di essi, S. Tommaso Moro, proclamato Patrono dei Governanti e dei Politici, seppe testimoniare fino al martirio la «dignità inalienabile della coscienza».[2] Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso, e senza abbandonare «la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime» che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua morte che «l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale».[3]

Le attuali società democratiche, nelle quali lodevolmente tutti sono resi partecipi della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà,[4] richiedono nuove e più ampie forme di partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini, cristiani e non cristiani. In effetti, tutti possono contribuire attraverso il voto all’elezione dei legislatori e dei governanti e, anche in altri modi, alla formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso giovano maggiormente al bene comune.[5] La vita in un sistema politico democratico non potrebbe svolgersi proficuamente senza l’attivo, responsabile e generoso coinvolgimento da parte di tutti, «sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità».[6]

Mediante l’adempimento dei comuni doveri civili, «guidati dalla coscienza cristiana»,[7] in conformità ai valori che con essa sono congruenti, i fedeli laici svolgono anche il compito loro proprio di animare cristianamente l’ordine temporale, rispettandone la natura e la legittima autonomia,[8] e cooperando con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità.[9] Conseguenza di questo fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II è che «i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune»,[10] che comprende la promozione e la difesa di beni, quali l’ordine pubblico e la pace, la libertà e l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ambiente, la giustizia, la solidarietà, ecc.

La presente Nota non ha la pretesa di riproporre l’intero insegnamento della Chiesa in materia, riassunto peraltro nelle sue linee essenziali nel Catechismo della Chiesa Cattolica, ma intende soltanto richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana che ispirano l’impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche.[11] E ciò perché in questi ultimi tempi, spesso per l’incalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili, che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica in questione.

(...)

6. Il richiamo che spesso viene fatto in riferimento alla “laicità” che dovrebbe guidare l’impegno dei cattolici, richiede una chiarificazione non solo terminologica. La promozione secondo coscienza del bene comune della società politica nulla ha a che vedere con il “confessionalismo” o l’intolleranza religiosa. Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto.[23]

(..)

Questione completamente diversa è il diritto-dovere dei cittadini cattolici, come di tutti gli altri cittadini, di cercare sinceramente la verità e di promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale, la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona. Il fatto che alcune di queste verità siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la “laicità” dell’impegno di coloro che in esse si riconoscono, indipendentemente dal ruolo che la ricerca razionale e la conferma procedente dalla fede abbiano svolto nel loro riconoscimento da parte di ogni singolo cittadino. La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall’insegnamento morale e sociale della Chiesa.


(..)


7. È avvenuto in recenti circostanze che anche all’interno di alcune associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica, siano emersi orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all’insegnamento morale e sociale della Chiesa. Tali scelte e condivisioni, essendo in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili con l’appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche. Analogamente, è da rilevare che alcune Riviste e Periodici cattolici in certi Paesi hanno orientato i lettori in occasione di scelte politiche in maniera ambigua e incoerente, equivocando sul senso dell’autonomia dei cattolici in politica e senza tenere in considerazione i principi a cui si è fatto riferimento.


La fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti della Tradizione cattolica. La necessità di presentare in termini culturali moderni il frutto dell’eredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo appare oggi carico di un’urgenza non procrastinabile, anche per evitare il rischio di una diaspora culturale dei cattolici.



qui per il collegamento al testo integrale:
www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20021124_politica...


[SM=g1740733]

Decretum contra communismum - Decr. S. Officii, 1.7.1949 (DS 3865)

- Utrum licitum sit, partibus communistarum nomen dare vel eisdem favorem praestare.
R. Negative: Communismus enim est materialisticus et antichristianus; communistarum autem duces, etsi verbis quandoque profitentur se religionem non oppugnare, re tamen, sive doctrina sive actione, Deo veraeque religioni et Ecclesiae Christi sese infensos esse ostendunt.

2 - Utrum licitum sit edere, propagare vel legere libros, periodica, diaria vel folia, quae doctrine vel actioni communistarum patrocinantur, vel in eis scribere.
R. Negative: Prohibentur enim ipso iure.

3 - Utrum christifideles, qui actus, de quibus in n.1 et 2, scienter et libere posuerint, ad sacramenta admitti possint.
R. Negative, secundum ordinaria principia de sacramentis denegandis iis, Qui non sunt dispositi.

4 - Utrum christifideles, qui communistarum doctrinam materialisticam et antichristianam profitentur, et in primis, qui eam defendunt vel propagant, ipso facto, tamquan apostatae a fide catholica, incurrant in excommunicationem speciali modo Sedi Apostolicae reservatam.
R. Affirmative.

(in italiano)

1 - Se sia lecito iscriversi ai partiti comunisti, od approvarli.
R. No: il Comunismo infatti è materialistico ed anticristiano; i capi dei comunisti, poi, anche se a parole dichiarano di non avversare la religione, tuttavia mostrano di essere ostili sia nella teoria che nella pratica a Dio e alla vera religione e alla Chiesa di Cristo.

2 - Se sia lecito pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali e pubblicazioni che sostengono dottrine o azioni di comunisti, o scrivere in essi.
R. No: ciò infatti è proibito dalla legge stessa.


3 - Se i fedeli di Cristo, che avessero messo in pratica consapevolmente e in piena libertà ciò di cui si è trattato nei punti 1 e 2, possano essere ammessi ai sacramenti.
R. No, secondo i principi generali che riguardano l'esclusione dai sacramenti di coloro che non sono disposti.

4 - Se i fedeli di Cristo, che professano la dottrina materialistica e anticristiana dei comunisti, e per primi coloro che la difendono o la divulgano, incorrano per ciò stesso, come apostati dalla fede cattolica, nella scomunica riservata in modo speciale alla Sede Apostolica.
R. Si.


[Modificato da Caterina63 23/11/2011 23:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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