È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

dal dialogo: VERGINITA' DI MARIA

Ultimo Aggiornamento: 11/09/2009 08:25
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 48.908
Sesso: Maschile
11/09/2009 08:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 7 di 140 nella discussione 
Da: Soprannome MSNStefanoS79 Inviato: 14/11/2002 21.56
Ambasciator non porta pena.....premetto in modo chiaro la mia posizone: io sono cristiano evangelico e credo che Maria dopo la nascita di Gesù abbia avuto altri quattro figli e almeno due figli da Giuseppe, come spiega chiaramente il Nuovo Testamento.
Non vedo quale miglioranto possa dare alla mia vita spirituale il sapere che Maria non abbia mai provato la gioia di fare l'amore.
 
Tiziana non riesce più a connettersi dal suo pc e mi ha chiesto di metterle su DVF la risposta della persona che sostiene che la chiesa romana non insegna la verginità di Maria.   Eccovi il testo:
 
Cari amici,
mi piacerebbe ritornare (sperando di non annoiarvi) sul problema della
verginità di Maria durante il parto, un po' per spiegare quanto
velocemente
avevo già detto, un po' per avere un confronto con qualcuno.

Quando ho detto che la verginità fisica durante il parto non è dogma
definito di fede, non contestavo il fatto che la perpetua verginità di
Maria
fosse da credersi. E' noto che una dottrina proposta dal magistero
ordinario
ed universale della Chiesa semper, ubique et ab omnibus (sempre,
ovunque e
da tutti) acquista un carattere di verità di fede tradizionale.

Ma il problema non sta nella dogmaticità della cosa, che può essere
chiara,
ma nel senso o contenuto della verginità, che non necessariamente va
intesa
come verginità fisica; manca infatti un chiaro pronunciamento in
merito, e
la tradizione da sola sembra proprio non bastare.

Non è certo una cosa che mi invento io: molti manuali di teologia
affrontano
tale problema, e un sacerdote mio amico mi dice che già negli anni '60
il
suo professore di mariologia alla Gregoriana non aveva dubbi sulla
perpetua
verginità come dogmatica, ma sulla non chiarezza del contenuto di tale
affermazione. Quello che è forse il più grande teologo del secolo, Karl
Rahner S.J, al quale qui mi rifaccio, sostiene lo stesso.
La verginità perpetua è necessariamente integrità fisica?

E' noto che il dogma è un asserto vero. E' altrettanto noto che esso è
anche
storicamente condizionato.
Esso è un'espressione della fede ecclesiale, nato spesso in opposizione
all'eresia: presenta quindi un carattere definitivo e insieme
provvisorio.
Dicendo che un dogma è vero, affermiamo il suo valore perenne, ma non
includiamo che sia perfetto e adeguato rispetto al mistero in sé,
essendo
sempre inevitabilmente una espressione analogica, imperfetta,
inadeguata,
relativa e storicizzata. C'è alla base delle formule dogmatiche una
relatività e una inadeguatezza metafisica del pensiero umano, che si
esprime
solo analogicamente o parzialmente, e c'è una inadeguatezza o
relatività
storica, legata alla fatto che il pensiero umano è sempre storicizzato,
ovvero è pensiero di una epoca storica determinata.

La storicità dei dogmi risulta ancor più evidente dalla funzione anche
difensiva che assumono gli asserti dogmatici, spesso prodotti in
circostanze
critiche, avendo ben presenti determinate deviazioni o eresie del
momento.
Le categorie di pensiero utilizzate per formulare il dogma sono perciò
condizionate dalle categorie di pensiero proprie dell'eresia con cui il
dogma intende polemizzare.

L'interpretazione di un dogma è la mediazione tra la situazione in cui
il
dogma nacque e la situazione nostra. Questo principio vale ogni volta
che
noi ci troviamo in una situazione differente da quella di coloro che
hanno
redatto il testo. Perciò momento fondamentale dell'interpretazione dei
dogmi
è stabilire ciò che dicono le definizioni dogmatiche: è importante
eliminare
ogni comprensione e preintendimento "moderno" avvicinandosi al testo
non con
giudizi, ma con domande.
L'interpretazione dei dogmi può tenere conto della distinzione tra ciò
che
una definizione dogmatica intende dire e i mezzi con cui lo dice, e
nella
forma in cui lo dice.

Importantissimo è il valore perenne ed irreformabile del dogma
garantito
dall'infallibilità magisteriale: bisogna però stabilire esattamente a
quale
contenuto o a quale affermazione competa questa garanzia e questo
valore
perenne.
L'irreformabilità dell'affermazione dogmatica dalla teologia è stata
sempre
collegata con la possibilità di integrazioni, di chiarificazioni e di
esplicitazioni. Essendo la nostra conoscenza storicizzata, essa accosta
la
realtà della salvezza da un punto di vista determinato, ed è possibile
che
un certo modo di vedere, pur restando vero, sia integrato da altri
punti di
vista complementari. Ciò è espressamente ammesso dall'enciclica di
Paolo VI
"Mysterium fidei".

Se una verità proclamata come dogma non può esser mai rigettata, può
tuttavia essere integrata e ripensata in nuove concezioni in cui essa
sempre
sussista, ma in diversa prospettiva. E' importante quindi collegare la
tesi
della permanenza del dogma la possibilità di interpretarlo e tradurlo
in
forme espressive e in schemi noetici propri delle varie epoche
storiche.

Il problema della verginità perpetua di Maria mi sembra un classico
esempio
di tale difficile interpretazione. La verginità perpetua di Maria è
verità
di fede; ma il contenuto di tale verginità è per lo meno discutibile.

È noto che una grande spinta a questo dibattito fu data nel 1952 da A.
Mitterer (Dogma und Biologie der Heiligen Familie). Mitterer non parte
dal
contenuto che la teologia tradizionale mette sotto il titolo di
verginità
nel parto, ma parte dalla attuale scienza della natura, e sviluppa
parallelamente il concetto di maternità e quello di verginità.

Se nella dottrina si ammettono per Maria la piena maternità e la piena
verginità, il teologo tedesco arrivò a questo risultato: la piena
maternità
include anche i fenomeni che sono da molti stati rifiutati, secondo
l'interpretazione tradizionale, come incompatibili con la verginità 
nel
parto, cioè l'apertura delle vie genitali, la rottura dell'imene e i
dolori
del parto; la piena verginità rimane salvaguardata ugualmente in
presenza di
tali fenomeni, poiché essi nulla hanno a che fare con il concetto di
verginità corporale.
Si può fare un esempio della imperfezione dell'insegnamento
tradizionale: un
bambino concepito artificialmente e nato da un parto cesareo, non
provoca
nessuno dei segni che la teologia tradizionale attribuisce alla
verginità
nel parto; fisicamente la madre possiede tutti questi elementi di
verginità
fisica, ma tale verginità non è reale, ed il suo parto è naturale.

Quindi il miracolo della verginità del parto non consisterebbe nel modo
concreto del fenomeno del parto, avvenuto senza lasciare segni fisici;
esso
invece risiederebbe nel fatto che al fenomeno della nascita considerata
nel
suo sviluppo naturale manca il presupposto che nell'ordine naturale le
sta
alla base, e del quale la nascita è normalmente il segno
inequivocabile: la
concezione del bambino a partire dall'uomo. Maria è vergine nel parto
non in
quanto non ebbe l'apertura delle vie genitali, la rottura dell'imene e
i
dolori del parto, ma perché il suo parto non fu il risultato naturale
di un
avvenuto precedente rapporto sessuale.

È per questo che la legittimità nel parto non sarebbe un fenomeno
indipendente, ma la semplice applicazione alla nascita della dottrina
che
Maria è sempre vergine, anche nel momento in cui il parto normalmente
rivela
una precedente mancanza di verginità data dal rapporto con un uomo.
In effetti, l'interesse degli antichi Padri e dei Vangeli è porre
l'accento
sul fatto che Gesù non era figlio generato da uomo.

Il concetto tradizionale di verginità fisica nel parto sarebbe quindi
figlio
di una sovrastima dell'imene, dipendente dall'epoca in cui fu
formulato, e
oggi difficilmente accettabile. Forse che la verginità di una persona
si
giudica in base alla perforazione di un imene? Forse una ragazza
violentata
non può più essere considerata come vergine?
Questa concezione della verginità fisica, secondo Mitterer, metterebbe
in
pericolo l'altra verità di fede, quella della vera maternità della
Madonna,
e negando il ruolo attivo della madre nel processo del parto,
implicherebbe
la negazione del travaglio, dolori che Maria, in altri momenti, ha così
mirabilmente supportato.

Alcuni autori accettarono questa ipotesi, come W. Zauner, L. Ott, W.
Dettloff, H. Doms; altri la rigettarono in toto, come J. De Aldama,
altri
non presero posizione.
I manuali di teologia dell'epoca erano peraltro già incerti
sull'argomento
prima dell'intervento del Mitterer. Alcuni autori, anche a partire dal
secolo scorso, consideravano di fede la verginità corporale di Maria
(Heirich, Specht, Lercher, Dander); altri no (Egger, Hurter, Glossner,
Pesch, pohle, Gummersbach, Diekamp). Bartmann la considerava di fede,
ma
rinuncia a trattare del contenuto dell'affermazione, preoccupandosi
però di
far notare il pericolo di cadere nel docetismo "innaturalizzando"
eccessivamente il parto di Maria. Lo Schmaus faceva lo stesso, ma dice
che
"conoscere l'essenza dell'integrità corporale che è significata dalla
rivelazione, non ci appartiene". Resta dai più riconosciuto che non vi
è
chiarezza dogmatica su questo punto. Ad esempio scrive Heinrich Fries,
Dizionario teologico, vol. II, p. 267: "Che questa verginità nel parto
significa una maternità senza dolore e senza lesione fisica, viene
generalmente insegnato fin dal III secolo dai Padri e dai teologi; ma
non
può dirsi dogma di fede".



Il problema era duplice: La verginità durante il parto è di fede? E
cosa
significa verginità durante il parto?

Un'altra ipotesi era quella che vede la verginità (eccetto quella prima
del
parto) come una condizione spirituale, non materiale o fisica, come
adesione
e fedeltà a Dio.

E' evidente che il magistero insiste sulla totale verginità di Maria:
ma
vedere in questo chiaramente espresso un contenuto, è molto difficile.
Non è
sufficiente dire che il contenuto dell'espressione va compreso secondo
il
linguaggio ecclesiastico impiegato in quella momento, poiché, in questo
come
in altri casi, è difficile stabilirlo. Ci sono esempi della tradizione
secondo i quali la verginità nel parto citata nelle espressioni di fede
fu
compresa esclusivamente come una verginità che perdurava dal momento
della
concezione. Ci sono altri esempi nei quali la verginità perpetua è
compresa
solo come esclusione da ogni rapporto sessuale. Nel momento in cui il
concetto di Maria "sempre vergine" (aeiparthenos) fu canonizzato (ad
esempio
nel simbolo di Epifanio), non era ancora chiaro il contenuto ed il
senso
esatto della verginità nel parto.

Una ripetizione continua di tale concetto, che già quando nacque non
era
così chiaro, non è sufficiente a caratterizzarne il contenuto; e
ugualmente
non è sufficiente utilizzare la spiegazione che la tradizione
successiva gli
ha dato a posteriori. In altre parole: se quando fu chiara la "sempre
verginità" di Maria era ancora oscillante l'idea del contenuto della
verginità medesima durante il parto, non è sufficiente dire che nei
secoli
successivi esso fu inteso in un certo modo, per dare a questa
interpretazione un valore vincolante.

Mentre la verginità fisica di Maria prima del parto (= Giuseppe non è
il
padre di Gesù) è chiara anche dalle Scritture, ed evidente verità di
fede,
per la durante abbiamo solamente un insegnamento concorde del magistero
ordinario, con qualche eccezione che vedremo. Può essere legittimo
interpretare la perpetua verginità di Maria come verità di fede, in
quanto
"quando su una dottrina non esiste un giudizio nella forma solenne di
una
definizione, ma questa dottrina, appartenente al patrimonio del
depositum
fidei, e` insegnata dal magistero ordinario e universale - che include
necessariamente quello del Papa -, essa allora e` da intendersi come
proposta infallibilmente" (Nota illustrativa dottrinale della formula
conclusiva della professio fidei, della Congregazione per la dottrina
della
fede, 29 giugno 1998, punto 9). Ma il problema di cui ora si tratta,
non ha
a che fare con la dogmaticità dell'affermazione, ma con la sua corretta
interpretazione.

Vediamo una per una le dichiarazioni del magistero ordinario della
Chiesa in
proposito, tenendo presente che nessuna di queste affermazione gode
dell'
infallibilità:

Lettera "Lectis dilectione" di Leone I, 13-6-449 (D 291): "Ita salva
virginitate edidit, quamdmodum salva virinitate concepit", "Lo diede
alla
luce salva la sua verginità, come salva la sua verginità lo concepì".
Certo
lo scopo di questa lettera non era quello di parlare della verginità,
ma il
problema delle nature di Cristo: più che altro si tratta di una
riesposizione della tradizionale idea della "sempre verginità" di
Maria,
senza determinarne ulteriormente il contenuto. Volendo leggere tale
frase
nel senso di Mitterer o in quello spirituale, lo si può fare senza
violentare il testo.

Lettera "Inter eas" di papa Ormisda, 26.3.521 (D 368): "Ut qui ante
tempora
erat Filius Dei, fieret filius hominis et nasceretur ex tempore hominis
more, matris vulvam natus aperiens et virginitatem matris deitatis
virtute
non solvens", "Cosicché colui che fin dall'eternità era Figlio di Dio
divenisse figlio dell'uomo e nascesse nel tempo in maniera umana,
aprendo la
vulva della madre al suo nascere e non sciogliendo  la verginità della
madre
per virtù divina.
Anche qui vale lo stesso discorso. E' anche un problema far concordare
le
espressioni "nascesse nel tempo in maniera umana" e "aprendo la vulva
della
madre", che farebbero di per sé pensare ad un parto normale, con il
"non
sciogliendo la verginità della madre". A me sembra che intenderle come
fa
Mitterer le renda più facili: Maria concepì verginalmente, e la normale
nascita di Gesù, che di solito è conseguenza di un rapporto sessuale,
che
però in questo caso non ci fu, non modificò tale situazione. Ma anche
intendendo la verginità in senso spirituale, potrebbe significare che
il
parto non intacca la verginità di Maria, come la violenza fatta ad una
vergine intacca solo la sua verginità fisica, ma non quella spirituale,
che
è ben più importante. Non è posizione molto strana o innovativa:
d'altra
parte lo stesso San Tommaso d'Aquino disse che la verginità fisica è
elemento accidentale della verginità, la quale è essenzialmente un
atteggiamento spirituale (Summa Theologiae 2a 2ae, q. 152, a. 1).

Lettera "Humani generis" di Pelagio I, 3.2.557: "... natum esse,
servata
integritate maternae virginitatis; quia sic eum virgo permenes genuit,
quemadmodum virgo concepit", " nacque, serbata l'integrità della
verginita'
materna, poiché lo generò rimanendo vergine, come vergine lo concepì".
Vale
lo stesso discorso di prima, nulla di nuovo viene aggiunto.

Anche la definizione del sinodo lateranense sotto Martino I, 31.10.649
(D
503)
è stata discussa: " Si quis secundum sanctos patres non confitetur
proprie
et secundum
veritatem Dei genetricem sanctam semperque virginem et immaculatam
Mariam,
utpote ipsum Deum Verbum specialiter et veraciter, qui a Deo Patre ante
omnia saecula natus est, in ultimis saeculorum absque semine concepisse
ex
Spiritu Sancto, et incorruptibiliter eam genuisse, indissolubili
permanente
et post partum eiusdem virginitate: condemnatus sit", "Se qualcuno
secondo i
santi padri non confessa propriamente e secondo verità che la santa
genitrice di Dio sempre vergine ed immacolata Maria negli ultimi tempi
concepì senza seme dallo Spirito Santo lo stesso Dio Verbo, in modo
speciale
e verace, il quale nacque dal Padre prima di tutti i secoli, e che ella
generò senza corruzione, restando inalterata la sua verginità anche
dopo il
parto, sia condannato".
Questo canone fu promulgato soprattutto perché i monofisiti e i
monoteliti
si erano appoggiati alla verginità nel parto per mettere in luce la
perfetta
sovranità del Verbo sul suo corpo, che implicava secondo loro la
dottrina
dell'unica natura e dell'unica energia. Gli ortodossi spiegavano al
contrario che il Cristo è nato veramente corporalmente, cercando di
evitare
il docetismo; è per questo che la permanenza della verginità è
precisamente
un miracolo. Quale contenuto abbiano queste "senza corruzione"
(afthoros in
greco) e "integrità della verginità" non è determinato più esattamente.
D'altra parte lo stesso Papa Martino (Mansi X,963 ss.) sottolinea
contro il
monofisita Teodoro di Pharan che il bambino non è nato
"incorporalmente", né
"senza corporeo gonfiore", e che il Cristo non è passato, come diceva
Apollinare, attraverso Maria come "attraverso una canna".
Il papa si appoggia anche a Gregorio di Nazianzo che dice che Maria è
sotto la "legge della gravidanza" (nomos kueseos) (Mansi X,966 D).
È difficile dire come questi differenti elementi presenti nel pensiero
del Papa, orientati verso una realtà corporale della gravidanza e rispettosi
della verginità fossero assimilabili in maniera non contraddittoria. La
spiegazione del Mitterer o quella spirituale farebbero chiarezza,
invece. Ma per ora si potrà concludere che una fissazione dogmatica e una
spiegazione di questo dogma non erano nelle intenzioni del sinodo: un sinodo
particolare ripete la dottrina della verginità perpetua senza fissare
dottrinalmente una interpretazione più precisa.

Paolo IV, nella bolla "Cum quarumdam di" del 7.8.1555 (D 1880), si
rivolge a coloro che non credono che Maria "perstitisse semper in virginitatis
integritate, ante partum scilicet, in partu et perpetuo post partum", "
è rimasta sempre nell'integrità della verginità, cioè prima del parto,
nel parto e perpetuamente dopo il parto".
Anche qui si riafferma la perpetua verginità, si ripete quello che
doveva essere mantenuto sulla base della tradizione: Maria è semprevergine
prima durante e dopo il parto: ma in cosa consiste tale verginità?

Se si vuole, legittimamente, qualificare la dottrina della verginità
perpetua come di fede sulla base di una dottrina secolare
dell'insegnamento pubblico della Chiesa, si deve sottolineare ugualmente che nessuna
risposta è stata ancora data sulla questione della determinazione esatta del
contenuto. Si può certamente dire che tutto quello che è insegnato
espressamente, chiaramente e universalmente appartiene alla fede di
natura divino apostolica; ma non si pur dire certamente che solo quello gli
appartiene, o che tutto ciò che è stato di fatto insegnato per lungo
tempo ma senza essere contestualizzato in tutta la tradizione sia certamente
di tradizione divino apostolica. Non è impossibile pensare ad una
tradizione meramente umana universale, più o meno distinta da quella di fede, e
non infallibile, ma da interpretarsi.

Quando Clemente di Alessandria alla fine del II secolo riporta che
"alcuni dicono che Maria dopo il parto fu trovata vergine", mentre "la più
parte" parla ancora di una nascita normale, ci fa capire che l'idea della
verginità fisica nel parto non era dottrina universalmente ammessa, ma era quella
della minoranza (Stromata VII,16,93,7).

Tertulliano afferma: "Vergine da uomo, non vergine nel parto" (De carne
Christi 23). Egli si rifà pure ai vangeli per questo (Luca 2,23, per la
presentazione al tempio di Gesù: "Ogni maschio che apre la vulva sarà
chiamato Santo al Signore"). Anche se Tertulliano alla fine della sua
vita aderì all'eresia montanista, tale testimonianza nulla ha a che fare con
tale eresia; i montanisti, infatti, avevano disprezzo per i rapporti
sessuali e per la corporalità, e sconsigliavano di riprodursi. Tertulliano avrebbe
avuto tutto l'interesse di sostenere per Maria una nascita miracolosa e non umana.

Anche Origene può conciliare l'apertura del seno materno durante il
parto con la perpetua verginità di Maria, senza vedervi una contraddizione
(Homilia XIV in Lucam, GCS 9,100).

Lo stesso fa Epifanio, che parla di apertura della vulva materna
(Adversus haereses, PG XLII,729)
e poco dopo di Maria come Santa Vergine (733)
Gerolamo descrive un normale parto, con tutti i dolori del travaglio
(Adversus helvidium).
Anche Ratramno (De partu virginis) e Durando (In IV sent. Dist. 44,9,6)
in epoca medievale negarono la verginità fisica di Maria in partu.

Tutti tali Padri mai furono scomunicati o interdetti per aver detto
queste cose, segno che era possibile sostenerle senza essere considerati fuori
dalla Chiesa. Interressante notare che applicando l'interpretazione
spirituale o quella del Mitterer, tutte queste incongruenze sparirebbero.

Concludendo: che cosa significa "verginità" applicato alla nascita è chiaro?

La presenza o l'assenza di dolore non ha nulla a che fare con il  concetto di verginità.
Quanto alla integrità corporale, essa non può avere qualche
cosa a che fare con la verginità nella misura in cui dipende o meno da un
rapporto sessuale.

Forse che una normale dilatazione delle vie genitali costituisce una
rottura di integrità corporale?
In generale, i processi di una nascita normale devono essere
considerati come rotture o corruzioni? E se sì, di che cosa? Della verginità, di
una integrità corporale, di una santità?
Forse la verginità è data dalla presenza o meno di un imene?
Forse la presenza di un imene è sempre segno di verginità?

E d'altra parte, non ci si avvicina così facendo ad una concezione
doceta della nascita, mirante a denaturalizzare l'umanità del parto?
Non si rende Maria meno madre di Gesù, privandola anche di un parto
normale?
Perché altri fenomeni fisiologici attribuiti senza problemi a Maria,
come i segni della grossezza e dell'allattamento, non sono visti come
sconvenienti, e questi sì?
Personalmente se Gesù nascendo ha rotto un imene o meno, non mi
interessa per nulla, né mi pare intacchi la figura di Maria. Lo stesso San
Basilio, trattando della verginità dopo il parto, dice che se la Madonna si
fosse comportata diversamente, in nulla sarebbe lesa la sua santità (hoc
pietatis doctrinam nihil laedet, PG XXXI,1468 B).
Semplicemente, non mi sento di condannare coloro che pensano che un
parto naturale di Maria non abbia nulla di male, anzi, avvicini ancor di più
la Madonna alle altre donne.
Ovviamente, finchè non intervenga una chiara definizione magisteriale
in merito, alla quale darei immediato assenso.
Quello che volevo dire, è che non è la sempre verginità di Maria ad
essere in dubbio, ma il contenuto di tale verginità, che è chiaramente fisico
solobprima del concepimento.
La prima può anche essere evidente, il secondo è per lo meno dubbio, e
meriterebbe o una definizione chiara, o, meglio ancora, di essere
lasciata tare (che è poi la soluzione di Rahner). Mi sembra infatti una
questione poco rispettosa di Maria, e anche un po' morbosa.

StefanoS: Personalmente non ho nemmeno questo testo: le discussioni di questo genere non fanno che allontanarci dalla semplice verità che Gesù è morto per i nostri peccati dandoci la certezza delle riconciliazione con Lui e la Vita Eterna....se realizziamo che questo è vero, che bisogno abbiamo di queste chiacchere?
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:57. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com