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Libertatis Nuntius correzione alla errata Teologia della Liberazione

Ultimo Aggiornamento: 19/08/2015 16:26
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6 agosto 1984
Istruzione Libertatis Nuntius su alcuni aspetti della «teologia della liberazione»
Il Vangelo di Gesù Cristo è un messaggio di libertà e una forza di liberazione. Questa verità essenziale è stata oggetto, negli ultimi anni, di riflessione da parte dei teologi, con rinnovata attenzione ricca in se stessa di promesse. La liberazione è innanzi tutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato.



Istruzione su alcuni aspetti della "Teologia della Liberazione"

6 agosto 1984

Documento della S. Congregazione per la Dottrina della Fede




INTRODUZIONE

Il Vangelo di Gesù Cristo è un messaggio di libertà e una forza di liberazione. Questa verità essenziale è stata oggetto, negli ultimi anni, di riflessione da parte dei teologi, con rinnovata attenzione ricca in se stessa di promesse.
La liberazione è innanzi tutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato. Il suo scopo e il suo punto d'arrivo è la libertà dei figli di Dio, dono della grazia. Essa comporta, di logica conseguenza, la liberazione dalle molteplici schiavitù di ordine culturale, economico, sociale e politico, che in definitiva derivano tutte dal peccato, e costituiscono altrettanti ostacoli che impediscono agli uomini di vivere in conformità alla loro dignità. Quindi per una riflessione teologica sulla liberazione occorre, come condizione indispensabile, discernere chiaramente ciò che è fondamentale da ciò che appartiene alle conseguenze.

In realtà, di fronte all'urgenza dei problemi, alcuni sono tentati di porre l'accento in maniera unilaterale sulla liberazione dalle schiavitù di ordine terrestre e temporale, per cui sembrano far passare in secondo piano la liberazione dal peccato, e così non attribuirle più, praticamente, líimportanza primaria che invece ha. Ne consegue una presentazione confusa e ambigua dei problemi. Altri, nell'intenzione di formarsi una conoscenza più esatta delle cause delle schiavitù che vogliono eliminare, si servono senza sufficiente precauzione critica, di strumenti di pensiero che è difficile, per non dire impossibile, purificare da uníispirazione ideologica incompatibile con la fede cristiana e con le esigenze etiche che ne derivano.
Questa Congregazione per la Dottrina della Fede non intende qui affrontare nella sua completezza il vasto tema della libertà cristiana e della liberazione. Essa si ripropone di farlo in un documento successivo che ne metterà in evidenza, in maniera positiva, tutte le ricchezze sotto l'aspetto sia dottrinale che pratico.

La presente Istruzione ha uno scopo più preciso e limitato: essa intende attirare l'attenzione dei pastori, dei teologi e di tutti i fedeli, sulle deviazioni e sui rischi di deviazioni, pericolosi per la fede e per la vita cristiana, insiti in certe forme della teologia della liberazione, che ricorrono in maniera non sufficientemente critica a concetti mutuati da diverse correnti del pensiero marxista.

Questo richiamo non deve in alcun modo essere interpretato come una condanna di tutti coloro che vogliono rispondere con generosità e con autentico spirito evangelico alla "opzione preferenziale per i poveri". Essa non dovrebbe affatto servire da pretesto a tutti coloro che si trincerano in un atteggiamento di neutralità e di indifferenza di fronte ai tragici e pressanti problemi della miseria e dell'ingiustizia. Al contrario, essa è dettata dalla certezza che le gravi deviazioni ideologiche denunciate finiscono ineluttabilmente per tradire la causa dei poveri. Più che mai la Chiesa intende condannare gli abusi, le ingiustizie e gli attentati alla libertà, ovunque si riscontrino e chiunque ne siano gli autori, e lottare, con i mezzi che le sono propri, per la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo, specialmente nella persona dei poveri.



I. Un' aspirazione



1. La forte, quasi irresistibile aspirazione dei popoli a una liberazione costituisce uno dei principali segni dei tempi che la Chiesa deve scrutare e interpretare alla luce del Vangelo. (1) Questo fenomeno rilevante del nostro tempo ha una dimensione universale, ma si manifesta sotto forme e gradi diversi a seconda dei popoli. È soprattutto tra i popoli che sperimentano il peso della miseria e in seno ai ceti diseredati che tale aspirazione si esprime con forza.



2. Tale aspirazione esprime la percezione autentica, per quanto oscura, della dignità dell'uomo, creato "ad immagine e somiglianza di Dio" (Gen 1, 26-27), schernita e disprezzata da molteplici forme di oppressione culturali, politiche, razziali, sociali ed economiche, spesso conglobate.



3. Annunciando la loro vocazione di figli di Dio, il Vangelo ha suscitato nel cuore degli uomini l'esigenza e la volontà positiva di una vita fraterna, giusta e pacifica, nella quale ciascuno troverà il rispetto e le condizioni del proprio sviluppo spirituale e materiale. Tale esigenza è indubbiamente alla sorgente dell'aspirazione suddetta.



4. Di conseguenza l'uomo non intende più subire passivamente il peso schiacciante della miseria con le sue conseguenze di morte, di malattie e di decadimento. Egli avverte questa miseria come un'intollerabile violazione della propria dignità originaria. Diversi fattori, tra i quali occorre annoverare il lievito evangelico, hanno contribuito al risveglio della coscienza degli oppressi.



5. Nessuno più ignora, neppure tra i ceti ancora analfabeti della popolazione, che grazie al prodigioso sviluppo della scienza e della tecnica, l'umanità pur in costante crescita demografica sarebbe in grado di assicurare a ciascun essere umano quel minimo di beni richiesti dalla sua dignità di persona.



6. Lo scandalo delle palesi disuguaglianze tra ricchi e poveri - si tratti di disuguaglianze tra paesi ricchi e paesi poveri oppure di disuguaglianze tra ceti sociali nell'ambito dello stesso territorio nazionale - non è più tollerato. Da una parte si è conseguita un'abbondanza, mai vista finora, che favorisce lo sperpero, dall'altra si vive ancora in uno stato di indigenza contrassegnato dalla privazione dei beni di stretta necessità, cosicché non si può più contare il numero delle vittime della denutrizione.



7. La mancanza di equità e di senso di solidarietà negli scambi internazionali torna a vantaggio dei paesi industrializzati, in tal modo la differenza tra ricchi e poveri non cessa di acuirsi. Ne conseguono il sentimento di frustrazione, nei popoli del terzo mondo, e l'accusa di sfruttamento e di colonialismo economico mossa ai paesi industrializzati.



8. Il ricordo dei misfatti di un certo colonialismo e delle sue conseguenze genera spesso ferite e traumi.



9. La Santa Sede, sulla linea del Concilio Vaticano II, come pure le Conferenze Episcopali non hanno mai cessato di denunciare lo scandalo costituito dalla gigantesca corsa agli armamenti che, a parte le minacce che ne derivano per la pace, accaparra somme ingenti, di cui una sola parte sarebbe sufficiente per rispondere alle necessità più urgenti delle popolazioni sprovviste del necessario.



II. Espressioni di questa aspirazione



1. L'aspirazione alla giustizia e al riconoscimento effettivo della dignità di ciascun essere umano richiede, come ogni aspirazione profonda, di essere chiarita e guidata.



2. In effetti, è necessario usare discernimento nei confronti delle espressioni, teoriche e pratiche, di questa aspirazione. Sono molti, infatti, i movimenti politici e sociali che si presentano come porta-parola autentici dell'aspirazione dei poveri, e come abilitati, perfino mediante il ricorso ai mezzi violenti, ad operare quei cambiamenti radicali che porranno fine all'oppressione e alla miseria del popolo.




III. La liberazione, tema cristiano



1. Considerata in sé stessa, líaspirazione alla liberazione non può non trovare una vasta e fraterna eco nel cuore e nello spirito dei cristiani.



2. Per questo, in consonanza con tale aspirazione è nato il movimento teologico e pastorale conosciuto sotto il nome di "teologia della liberazione", dapprima nei paesi dell'America Latina, contrassegnati dall'eredità religiosa e culturale del cristianesimo, e poi in altre regioni del terzo mondo, come pure in certi ambienti dei paesi industrializzati.



3. Líespressione "teologia della liberazione" designa innanzi tutto una preoccupazione privilegiata, generatrice di impegno per la giustizia, rivolta ai poveri e alle vittime dellíoppressione. Partendo da questo approccio, si possono distinguere parecchie maniere, spesso inconciliabili, di concepire il significato cristiano della povertà e il tipo d'impegno per la giustizia che esso comporta. Come ogni movimento di idee, "le teologie della liberazione" presentano posizioni teologiche diverse; le loro frontiere dottrinali non sono ben definite.



4. L'aspirazione alla liberazione, come suggerisce il termine stesso, si ricollega ad un tema fondamentale dell'Antico e del Nuovo Testamento. Così pure, presa in se stessa, l'espressione "teologia della liberazione" è un'espressione pienamente valida: essa designa una riflessione teologica incentrata sul tema biblico della liberazione e della libertà e sull'urgenza delle sue applicazioni pratiche. La confluenza dell'aspirazione alla liberazione e delle teologie della liberazione non è dunque fortuita. Il significato di questa confluenza non può essere rettamente compreso se non alla luce della specificità del messaggio della Rivelazione interpretato autenticamente dal Magistero della Chiesa (2).




IV. Fondamenti biblici



1. Una teologia della liberazione correttamente intesa costituisce, quindi un invito ai teologi ad approfondire certi temi biblici essenziali, con la sollecitudine richiesta dai gravi e urgenti problemi posti alla Chiesa dall'aspirazione contemporanea alla liberazione e dai movimenti di liberazione che ad essa fanno eco, più o meno fedelmente. Non è possibile dimenticare le situazioni drammatiche, dalle quali sgorga l'appello lanciato in questo senso ai teologi.



2. L'esperienza radicale della libertà cristiana (3) costituisce qui il primo punto di riferimento. Il Cristo, nostro Liberatore, ci ha liberati dal peccato, e dalla schiavitù della legge e della carne, che è il contrassegno della condizione dell'uomo peccatore. È dunque la nuova vita di grazia, frutto della giustificazione, che ci costituisce liberi. Ciò significa che la schiavitù più radicale è la schiavitù del peccato. Le altre forme di schiavitù trovano dunque la loro ultima radice nella schiavitù del peccato. Per questo la libertà nel senso cristiano più pieno, in quanto caratterizzata dalla vita nello Spirito, non deve mai essere confusa con la licenza di cedere ai desideri della carne. Essa è, infatti, vita nuova nella carità.



3. Le "teologie della liberazione" fanno largo uso del racconto dell'Esodo. Questo costituisce, in effetti, l'evento fondamentale nella formazione del popolo eletto. Esso è la liberazione dalla dominazione straniera e dalla schiavitù. Si dovrà sottolineare come il significato specifico dell'evento gli deriva dalla sua finalità, poiché questa liberazione è ordinata alla fondazione del popolo di Dio e al culto dell'Alleanza celebrato sul Monte Sinai (4). Per questo la liberazione dell'Esodo non può essere ridotta ad una liberazione di natura principalmente ed esclusivamente politica. D'altronde è significativo che il termine di liberazione sia talvolta sostituito nella Scrittura con quello, molto vicino, di redenzione.



4. L'episodio fondante dellíEsodo non sarà mai cancellato dalla memoria di Israele. Ad esso ci si rifà quando, dopo la rovina di Gerusalemme e l'esilio di Babilonia, si vive nella speranza di una nuova liberazione e, al di là di essa, nell'attesa di una liberazione definitiva. In questa esperienza Dio è riconosciuto come il Liberatore. Egli stringerà con il suo popolo una Nuova Alleanza, caratterizzata dal dono del suo Spirito e dalla conversione dei cuori. (5)



5. Le angosce e le molteplici tristezze sperimentate dall'uomo fedele al Dio dell'Alleanza costituiscono il tema di parecchi salmi: lamenti, invocazioni di aiuto, azioni di grazia fanno menzione della salvezza religiosa e della liberazione. In questo contesto, l'angoscia non è puramente e semplicemente identificata con una condizione sociale di miseria o con quella di colui che subisce l'oppressione politica. Essa comprende anche l'ostilità dei nemici, l'ingiustizia, la morte, la colpa. I salmi ci rimandano ad un'esperienza religiosa essenziale: solo da Dio ci si può aspettare la salvezza e l'aiuto. Dio, e non l'uomo, ha il potere di cambiare le situazioni di angoscia. Perciò i "poveri del Signore" vivono in una dipendenza totale e fiduciosa nella provvidenza amorosa di Dio. (6) E d'altra parte, durante tutto il cammino nel deserto, il Signore non ha cessato di provvedere alla liberazione e alla purificazione spirituale del suo popolo.



6. Nell'Antico Testamento, i profeti, dopo Amos, non cessano di richiamare, con singolare vigore, le esigenze della giustizia e della solidarietà e di esprimere un giudizio estremamente severo nei confronti dei ricchi che opprimono il povero. Essi prendono le difese della vedova e dell'orfano. Proferiscono minacce contro i potenti: l'accumularsi delle iniquità conduce necessariamente a terribili castighi. La fedeltà all'Alleanza non è concepibile senza la pratica della giustizia. La giustizia verso Dio e la giustizia verso gli uomini sono inseparabili. Dio è il difensore e il liberatore del povero.



7. Tali esigenze si ritrovano anche nel Nuovo Testamento. Esse vi sono anzi radicalizzate, come dimostra il discorso delle Beatitudini. La conversione e il rinnovamento devono operarsi nell'intimo del cuore.



8. Già annunziato nell'Antico Testamento, il comandamento dell'amore fraterno, esteso a tutti gli uomini, costituisce così la norma suprema della vita sociale. (7) Non vi sono discriminazioni o limiti che possano opporsi al riconoscimento di ogni uomo come il prossimo. (8)



9. La povertà per il Regno è magnificata. E nella figura del Povero, noi siamo portati a riconoscere l'immagine e come la presenza misteriosa del Figlio di Dio che si è fatto povero per amore nostro. (9) Questo è il fondamento delle parole inestinguibili di Gesù sul Giudizio in Mt 25, 31-46. Nostro Signore è solidale con ogni infelicità; ogni angoscia è segnata dalla sua presenza.



10. Allo stesso tempo, le esigenze della giustizia e della misericordia, già enunciate nell'Antico Testamento, sono approfondite al punto da rivestire, nel Nuovo Testamento, un nuovo significato. Coloro che soffrono o sono perseguitati vengono identificati col Cristo. (10) La perfezione che Gesù chiede ai suoi discepoli (Mt 5, 18) consiste nel dovere di essere misericordiosi "come è misericordioso il Padre vostro" (Lc 6, 36).



11. I ricchi sono severamente richiamati al loro dovere proprio alla luce della vocazione cristiana all'amore fraterno e alla misericordia. (11) Di fronte ai disordini della Chiesa di Corinto, S. Paolo sottolinea con forza il legame esistente tra la partecipazione al sacramento dell'amore e la condivisione con il fratello che si trova in necessità. (12)



12. La Rivelazione del Nuovo Testamento ci insegna che il peccato è il male più profondo, che lede l'uomo nell'intimo della sua personalità. La prima liberazione, alla quale tutte le altre devono riferirsi, è quella dal peccato.



13. Indubbiamente è proprio per sottolineare il carattere radicale della liberazione operata dal Cristo e offerta a tutti gli uomini - siano essi politicamente liberi o schiavi - che il Nuovo Testamento non esige innanzi tutto, come presupposto per l'accesso a questa libertà, un cambiamento di condizione politica e sociale. Tuttavia, la Lettera a Filemone dimostra che la nuova libertà, apportata dalla grazia di Cristo, deve avere necessariamente delle ripercussioni sul piano sociale.



14. Di conseguenza non si può restringere il campo del peccato, il cui primo effetto è quello di introdurre il disordine nella relazione tra l'uomo e Dio, al cosiddetto "peccato sociale". In realtà solo una retta dottrina sul peccato permette d'insistere sulla gravità dei suoi effetti sociali.



15. Neppure è possibile localizzare il male principalmente e unicamente nelle cattive "strutture" economiche, sociali o politiche, come se tutti gli altri mali trovassero in esse la loro causa, sicché la creazione di un "uomo nuovo" dipenderebbe dall'instaurazione di diverse strutture economiche e socio-politiche. Certamente esistono strutture ingiuste e generatrici di ingiustizia, che occorre avere il coraggio di cambiare. Frutto dell'azione dell'uomo, le strutture, buone o cattive, sono delle conseguenze prima di essere delle cause. La radice del male risiede dunque nelle persone libere e responsabili, che devono essere convertite dalla grazia di Gesù Cristo, per vivere e agire come creature nuove, nell'amore del prossimo, nella ricerca efficace della giustizia, nella padronanza di se stesse e nell'esercizio delle virtù. (13)

Ponendo come primo imperativo la rivoluzione radicale dei rapporti sociali e criticando, per questo, la ricerca della perfezione personale, ci si mette sulla via della negazione del significato della persona e della sua trascendenza, e si distrugge l'etica e il suo fondamento che è il carattere assoluto della distinzione tra il bene e il male. Per altro, poiché la carità è il principio della perfezione autentica, questa non può essere concepita senza l'apertura agli altri e senza lo spirito di servizio.



continua......




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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