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SPECIALE SINODO PER L'AFRICA

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2011 17:45
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L'assemblea plenaria dei vescovi a Kafanchan

Per la Nigeria
una pace nella giustizia

Abuja, 15. "Una cultura della violenza prevale nella nostra nazione":  lo hanno denunciato con forza i vescovi della Nigeria nel comunicato finale della seconda riunione plenaria, svoltasi presso il Centre of Transfiguration, a Kafanchan. 

La situazione sociale e politica del Paese con la più vasta popolazione nel continente africano è stata al centro dei vari interventi dei presuli, i quali hanno sottolineato la necessità che il Governo assicuri la protezione della popolazione, in particolare delle minoranze religiose.

Due sono le aree geografiche sulle quali si sono concentrate le riflessioni:  quella a Nord, dove agiscono gruppi fondamentalisti religiosi, e il Delta del Niger, dove è in atto da lungo tempo un conflitto sociale legato allo sfruttamento delle risorse naturali della regione.

I presuli hanno fatto esplicito riferimento agli scontri tra le forze di polizia e le milizie islamiche appartenenti alla setta Boko Haram (conosciuti come i "talebani") che hanno causato un alto numero di morti. Anche nel passato dalla Conferenza episcopale erano giunti diversi appelli alla riconciliazione, sottolineando il timore della comunità cattolica che i disordini possano diffondersi e innescare un vero e proprio scontro di religioni.

Nel comunicato i vescovi esprimono "una grande preoccupazione relativa ai recenti eventi in alcune zone del Nord". In particolare, si legge "deploriamo profondamente e condanniamo la perdita di vite umane e di beni causati dalla setta religiosa Boko Haram". E ricordano poi che "la Costituzione garantisce la libertà di religione di ogni cittadino". Tuttavia, specificano, "alcuni nigeriani fraintendono il loro diritto di religione, interpretandolo come diritto di perseguitare i connazionali di altre religioni. Il diritto di propagare il proprio credo non deve essere esercitato in modi che possano violare i diritti delle persone affiliate ad altre religioni. Noi deploriamo l'uso e l'abuso della religione per calpestare i diritti degli altri. Noi condanniamo la violenza da qualsiasi direzione essa provenga".

"Noi - aggiungono - condanniamo tutto questo, soprattutto quando gli autori delle violenze in maniera blasfema e fraudolenta si servono della religione per giustificare le loro azioni. Desideriamo osservare che quanti affermano di amare Dio, mentre odiano altri esseri umani fino ad arrivare a ucciderli, sono dei bugiardi". "Dio - sottolineano - non ha dato a nessuno il diritto di uccidere in suo nome né ha autorizzato qualcuno a violare la dignità di altri esseri umani".

Dalla plenaria si è quindi levata l'esortazione alle autorità civili a rafforzare la sicurezza della popolazione. "Ricordiamo - puntualizzano i vescovi - al Governo federale, e a ogni Governo dei vari Stati della nazione, che è loro responsabilità proteggere i diritti delle minoranze religiose. Non c'è democrazia se il Governo non può proteggere la vita e le proprietà dei cittadini".
Per quanto concerne, invece, la situazione nel Delta del Niger, i vescovi hanno dichiarato il loro apprezzamento per gli sforzi delle autorità civili per garantire la pace. "Elogiamo il Governo - è scritto nel comunicato - per l'amnistia concessa ai militanti del Delta. Chiediamo che questo programma di amnistia venga attuato con sincerità e anche con sensibilità per la giustizia e la riconciliazione".

"Suggeriamo che il Governo - riporta il comunicato - prosegua nel cammino volto al miglioramento della qualità di vita della popolazione del Delta". Per i presuli, infatti, "non basta sventolare il ramoscello d'ulivo" perché "la situazione nel Delta è profondamente radicata nell'ingiustizia", in quanto spiegano che "è profondamente ingiusto impoverire la popolazione che vive nella terra che produce la maggior parte della ricchezza del Paese". "Esortiamo il Governo - concludono - a concretizzare la promessa dello sviluppo del Delta e chiediamo parimenti ai militanti di accettare l'amnistia".

Fra l'altro la Chiesa cattolica in Nigeria ha lanciato una colletta nazionale per sostenere le vittime della crisi in corso nella zona, che ha provocato morti, distruzioni e migliaia di sfollati. Recentemente, infatti, è stato messo in atto un assalto dell'esercito nigeriano nella regione controllata dal gruppo Movement for the emancipation of the Niger Delta (Mend). La colletta si svolgerà in tutte le chiese e il denaro raccolto verrà utilizzato per mettere a disposizione delle vedove, degli orfani e dei rifugiati, generi alimentari e beni di prima necessità.

I vescovi nel documento finale sono poi passati ad analizzare altre tematiche, dalla corruzione generalizzata che pervade la società, alla necessità di garantire uno sviluppo economico e il miglioramento dell'istruzione. Per i presuli, infatti, il Paese "continua a soffrire sotto il peso della corruzione e la persone vivono nella paura per l'insicurezza della vita e per quella economica". "Il male della corruzione - evidenziano - ha impoverito la popolazione; il livello della povertà e il problema dell'insicurezza nella nostra nazione vanno di pari passo". "Quando poi - si rileva ancora - l'economia gira male, milioni di giovani nigeriani non hanno accesso al lavoro e finiscono nelle mani di coloro che li vogliono sfruttare a fini politici o nei gruppi armati".

I vescovi ritengono soprattutto che "alla radice dei problemi del Paese ci sia l'assenza di giuste relazioni tra Dio e gli esseri umani e tra gli esseri umani stessi". Per questo, propongono "con urgenza un cambiamento dei cuori". "La soluzione - affermano - è la conversione e questa conversione deve essere personale e collettiva".

Sul tema dell'istruzione, i presuli hanno fatto riferimento, in particolare, alle insufficienti risorse messe a disposizione dal Governo e, inoltre, "incoraggiano il Governo, le istituzioni accademiche universitarie e i lavoratori a riprendere le trattative" per evitare ulteriori scioperi.

Brevi riflessioni sono state dedicate anche alle elezioni politiche che si svolgeranno nel 2011 e al settore bancario. Per quanto concerne il primo aspetto, si legge nel comunicato che i vescovi "osservano che il responsabile dell'Independent National Electoral Commission (Inec) ha già espresso alcune preoccupazioni riguardo le elezioni del 2011".

"Noi esortiamo - affermano - tutti i partiti e i candidati ad assicurare lo svolgimento di elezioni credibili e libere". Infine, i presuli hanno espresso alcune preoccupazioni sul settore creditizio e auspicano che il processo di risanamento avvenga in maniera corretta.


(©L'Osservatore Romano - 16 settembre 2009)


Si rammenta del viaggio del Papa qui troverete testi e foto:

17-23 Marzo 2009 il Papa in Camerun e in Angola (pagine:1 2 )

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Nel Paese attivate otto stazioni

Le radio cattoliche in Sudan
strumento di unità nazionale





di Alessandro Trentin

Rigenerare le potenzialità della popolazione e nutrirla dei valori evangelici: è l'impegno che caratterizza il lavoro degli operatori del Sudan Catholic Radio Network, la rete radiofonica cattolica nel Paese, che il mese scorso ha ulteriormente potenziato il suo servizio grazie all'entrata in funzione dell'ottava stazione che trasmette dalla città di Malakal. "Si tratta - spiega a "L'Osservatore Romano" la direttrice, suor Paola Moggi - di una rete di radio locali, nata su iniziativa della famiglia comboniana, che contribuisce a ricostituire il tessuto umano della società sudanese e a promuoverne la crescita spirituale e materiale".

"La metodologia stessa della "rete" di stazioni radiofoniche - aggiunge - facilita il superamento della frammentazione etnica, che tuttora divide la nazione, e favorisce un'integrazione della popolazione basata sul rispetto dei diritti umani". Per la suora, inoltre, "il grado elevato di analfabetismo e la mancanza di strade, soprattutto in Sud Sudan rende la radio uno strumento importante per raggiungere la popolazione e coinvolgerla in un processo che guarisca i traumi causati dalla lunga guerra".

Oltre che da Malakal, i programmi vengono diffusi dalle città di Juba, Rumbek, Torit, Yei, Tombora-Yambio, Wau e Gidel: si tratta di località situate nel Sud Sudan, mentre nella restante parte della nazione non sono finora state rilasciate da parte delle autorità civili le frequenze necessarie per trasmettere da Khartoum ed El Obeid. "Nel campo delle comunicazioni - ricorda la suora - il Paese ha una delle legislazioni più ristrettive di tutto il continente africano". Le radio e la televisione sono controllate direttemente dal Governo centrale e devono rispecchiare le direttive delle autorità.

La televisione nazionale, fra l'altro, è sottoposta al controllo di un censore militare permanente che assicura che le notizie trasmesse corrispondano al punto di vista del Governo.
Il Governo di unità nazionale gestisce il servizio radio-televisivo pubblico, che trasmette un misto di notizie, musica e programmi culturali, ma, tuttavia, l'autonomia garantita dal trattato di pace al Governo del Sud Sudan ha consentito l'avvio delle trasmissioni radiofoniche e televisive e il moltiplicarsi delle licenze ai privati.

In questo contesto favorevole si è quindi potuto sviluppare il Sudan Catholic Radio Network. Articolato risulta l'organigramma che sovrintende al sistema. L'organo direttivo (board of governors) è costituito da due vescovi che rappresentano la Conferenza episcopale del Sudan e dai superiori e dalle superiore provinciali dei comboniani in Sud Sudan.

Il network opera, dunque, sulla base di un coordinamento nazionale con decentramento operativo a livello diocesano. "Le articolazioni diocesane del network - puntualizza suor Moggi - sono finalizzate a garantire la necessaria unità nella diversità, ma rendono il progetto molto complesso. Solo un efficiente coordinamento può evitare il rischio della frammentazione e dell'accentramento".

Dal punto di vista, invece, dei contenuti, le radio sono tenute a trasmettere programmi comuni al network (notizie regionali, nazionali e internazionali, approfondimenti e lezioni di educazione civica) per almeno due ore al giorno; assieme ai programmi locali per il resto della giornata. Dato l'altro grado di analfabetismo tra la popolazione, la lingua usata per i programmi comuni è l'inglese (lingua ufficiale del Sud Sudan); mentre i programmi specifici di ogni radio, prodotti a livello diocesano, tengono conto delle varie lingue parlate localmente (Shilluk, Dinka, Nuer, Anyuak, Mabban, Bari e altre).

Un aspetto cui tiene in particolare la religiosa è quello della capacità del progetto, in linea con il motto dei comboniani "Salvare l'Africa con l'Africa", di coinvolgere la popolazione locale. "La sostenibilità del progetto - sottolinea - si basa essenzialmente sulla mobilitazione delle potenzialità locali, che sono state gravemente compromesse dalla lunga guerra civile".

Per questo, è stato costituito una centro di formazione provvisorio a Juba, nel 2008, che finora ha permesso a una ventina di giovani di acquisire nozioni e tecniche al fine di progettare e produrre programmi radiofonici di qualità.



(©L'Osservatore Romano - 16 settembre 2009)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Africa straordinaria.

.

Rimango edificato nel sentir parlare delle gesta di quei vescovi che sono particolarmente zelanti del bene delle anime. Uno di questi degnissimi successori degli apostoli è Mons. Pascal N'Koué. Quando Giovanni Paolo II nel 1987 lo nominò vescovo di Natitingou nello Stato africano del Benin, aveva soltanto 38 anni. Nella sua diocesi i cattolici erano circa il 3% della popolazione, oggi invece sono oltre il 20%.

Con questi tassi di crescita i cattolici potrebbero diventare presto la maggioranza assoluta. Mons. Pascal N'Koué è molto interessato alla liturgia tradizionale. Ai suoi numerosi seminaristi (circa un'ottantina), ha prescritto l'insegnamento del latino, e una volta alla settimana li fa assistere al Santo Sacrificio celebrato secondo l'usus antiquior. Inoltre ha accolto nella sua diocesi un gruppo di monache benedettine francesi provenienti dall'abbazia di Notre-Dame de Fidélité di Jouques, le quali utilizzano la liturgia tradizionale. Altro fatto degno di nota è l'erezione di una parrocchia personale per i fedeli legati all'antica forma liturgica, per la quale Mons. Pascal N'Koué ha voluto fermamente che l'altare fosse rivolto a Oriente. Che vescovo esemplare! (DL)


Fonte Cordialiter




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/09/2009 14:05
 
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Il Santo Padre ha nominato Membri della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 4 al 25 ottobre 2009 sul tema: La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14):

Sua Em.za Rev.ma Card. Angelo SODANO, Decano del Collegio Cardinalizio (Città del Vaticano).

Sua Em.za Rev.ma Card. Péter ERDŐ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria), Presidente del Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae (C.C.E.E.).

Sua Em.za Rev.ma Card. André VINGT-TROIS, Arcivescovo di Paris, Presidente della Conférence des Evêques de France (Francia).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Robert SARAH, Arcivescovo emerito di Conakry, Segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (Città del Vaticano).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Henri TEISSIER, Arcivescovo emerito di Alger (Algeria).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Jaime Pedro GONÇALVES, Arcivescovo di Beira (Mozambico).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Orlando B. QUEVEDO, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato (Filippine), Segretario Generale della Federation of Asian Bishops' Conferences (F.A.B.C.).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Luigi BRESSAN, Arcivescovo di Trento (Italia), Presidente della Commissione Episcopale per l'Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana.

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Jorge FERREIRA DA COSTA ORTIGA, Arcivescovo di Braga, Presidente della Conferência Episcopal Portuguesa (Portogallo).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Ludwig SCHICK, Arcivescovo di Bamberg, Presidente della Commissione Weltkirche della Deutsche Bischofskonferenz (Germania).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Raymundo DAMASCENO ASSIS, Arcivescovo di Aparecida (Brasile), Presidente del Consejo Episcopal Latinoamericano (C.E.L.AM.).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Jorge Enrique JIMÉNEZ CARVAJAL, C.I.M., Arcivescovo di Cartagena en Colombia (Colombia).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Telesphore George MPUNDU, Arcivescovo di Lusaka (Zambia).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Cornelius Fontem ESUA, Arcivescovo di Bamenda (Camerun).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Wilton Daniel GREGORY, Arcivescovo di Atlanta (Stati Uniti d'America).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Henryk HOSER, S.A.C., Arcivescovo-Vescovo di Warszawa-Praga (Polonia).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Gabriel Charles PALMER-BUCKLE, Arcivescovo di Accra (Ghana).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Odon Marie Arsène RAZANAKOLONA, Arcivescovo di Antananarivo (Madagascar).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Michel Christian CARTATÉGUY, S.M.A., Arcivescovo di Niamey (Niger).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Edward Tamba CHARLES, Arcivescovo di Freetown and Bo (Sierra Leone).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. John Anthony RAWSTHORNE, Vescovo di Hallam (Inghilterra), Presidente della Catholic Agency for Overseas Development (C.A.F.O.D.) della Bishops Conference of England and Wales.

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Maurice PIAT, C.S.Sp., Vescovo di Port-Louis (Maurizio).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Edmond DJITANGAR, Vescovo di Sarh (Ciad).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Peter William INGHAM, Vescovo di Wollongong (Australia), Presidente della Federation of Catholic Bishops' Conferences of Oceania (F.C.B.C.O.).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Louis NZALA KIANZA, Vescovo di Popokabaka (Repubblica Democratica del Congo).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Jean-Pierre BASSÈNE, Vescovo di Kolda (Senegal), Presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel.

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giorgio BERTIN, O.F.M., Vescovo di Djibouti (Gibuti), Amministratore Apostolico ad nutum Sanctæ Sedis di Mogadiscio.

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Menghisteab TESFAMARIAM, M.C.C.J., Eparca di Asmara (Eritrea).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Benedito Beni DOS SANTOS, Vescovo di Lorena (Brasile).

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Maroun Elias LAHHAM, Vescovo di Tunis (Tunisia).

Rev.do Mons. Obiora Francis IKE, Direttore del Catholic Institute for Development, Justice and Peace (C.I.D.J.A.P.), Enugu (Nigeria).

Rev.do Raymond Bernard GOUDJO, Segretario della Commission Justitia et Pax della Conférence Episcopale Régionale de l’Afrique de l’Ouest Francophone (C.E.R.A.O), Cotonou (Benin).

Rev.do Juvenalis BAITU RWELAMIRA, Direttore del Centre for Social Justice and Ethics; Prof. Associato e Direttore del Centre for the Social Teaching of the Church presso la Catholic University of Eastern Africa (C.U.E.A.), Nairobi (Kenya).

Rev.do Guillermo Luis BASAÑES, S.D.B., Consigliere Generale per la Regione Africa-Madagascar della Società Salesiana (Stati Uniti d'America).

Rev.do P. Emmanuel TYPAMM, C.M., Segretario Generale della Confederazione delle Conferenze dei Superiori Maggiori d’Africa e Madagascar (Madagascar).

Rev.do P. Zeferino ZECA MARTINS, S.V.D., Provinciale dell'Angola della Società del Divin Verbo (Angola).



 

  • ELENCO DEGLI ESPERTI (Adiutores Secretarii Specialis)

  • In vista della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 4 al 25 ottobre 2009 sul tema «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14)», a norma di quanto previsto nell’Ordo Synodi Episcoporum, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, con l’approvazione del Sommo Pontefice, ha nominato i seguenti Adiutores Secretarii Specialis (o Esperti):

  • Rev.do Barthélemy ADOUKONOU, Segretario Generale della Conférence Episcopale Régionale de l’Afrique de l’Ouest Francophone (C.E.R.A.O), Costa d’Avorio (Benin).

    Rev.do P. Paul BÉRÉ, S.I., Professore di Antico Testamento e Lingue bibliche, presso l’Institut de Théologie de la Compagnie de Jésus, Université Catholique dell’Afrique de l’Ouest, Abidjan, Costa d’Avorio, e presso Hekima College Jesuit School of Theology, Nairobi, Kenya (Burkina Faso).

    Rev.do Bénézet BUJO, Professore Ordinario di Teologia Morale ed Etica sociale, Université de Fribourg in Svizzera (Repubblica Democratica del Congo).

    Rev.do P. Belmiro CHISSENGUETI, C.S.Sp., Segretario della Commissão Episcopal Justiça e Paz, Luanda (Angola).

    Rev.do Gianfrancesco COLZANI, Ordinario di Teologia Missionaria della Facoltà di Missiologia presso la Pontificia Università Urbaniana (Roma).

    Rev.do P. Michael F. CZERNY, S.I., Direttore della African Jesuit AIDS Network (A.J.A.N.), Nairobi, Kenya (Repubblica Ceca).

    Sig.ra Filomena José ELIAS, Membro del Consiglio Pastorale e della Liturgia della Cattedrale di Maputo (Mozambico).

    Prof. Martin ESSO ESSIS, Professore emerito di Scienze Economiche presso l’Università di Abidjan (Costa d’Avorio).

    Rev.da Suor Anne Béatrice FAYE, C.I.C., Consigliera Generale Suore di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione (Senegal).

    Dott. Deogratias KASUJJA, Consigliere del Centro dell’Opera di Maria (Movimento dei Focolari), Incaricato della formazione spirituale dei membri (Uganda).

    Sig.ra Mariam Paul KESSY, Coordinatore Nazionale di Christian Professionals of Tanzania (C.P.T.); Assistant Secretary della Commissione Justice and Peace della Conferenza Episcopale della Tanzania.

    Rev.da Suor Elisa KIDANÈ, S.M.C., Consigliera Generale Missionarie Comboniane (Eritrea).

    Rev.do Mons. Matthew Hassan KUKAH, Vicario Generale di Kaduna (Nigeria).

    Fra José Sebastião MANUEL, O.P., Direttore e Cofondatore del Centro Culturale Mosaiko, Luanda (Angola).

    Rev.do Aimable MUSONI, S.D.B., Professore di Ecclesiologia, Università Pontificia Salesiana, Roma (Rwanda).

    Rev.da Suor Immaculate NAKATO, S.M.R., Consigliera Generale Società di Maria Riparatrice (Uganda).

    Sig.ra Yvonne NDAYIKEZA, Coordinatrice Nazionale dei Movimenti di Azione Cattolica del Burundi e Segretaria Esecutiva permanente della Commissione per l’Apostolato dei Laici, Bujumbura (Burundi).

    Rev.do Joseph-Marie NDI-OKALLA, Professore di Teologia presso la Facoltà di Teologia dell'Università Cattolica dell’Africa Centrale (U.C.A.C.) di Yaoundé (Camerun); Presidente dell’Association Internationale de Missionologie Catholiques (A.I.M.C. / I.A.C.M.) per l'Africa.

    Rev.do P. Paulinus Ikechukwu ODOZOR, C.S.Sp., Associate Professor of Christian Ethics and the theology of world church, University of Notre Dame, Notre Dame - Indiana, U.S.A. (Nigeria).

    Rev.da Suor Teresa OKURE, S.H.C.J., Decano Accademico della Facoltà di Teologia, Catholic Institut of West Africa (C.I.W.A.), Port Harcourt (Nigeria).

    Sig.ra Florence OLOO, Deputy Vice-Chancellor for Academic Affairs of Strathmore University, Nairobi (Kenya).

    Rev.do Godfrey Igwebuike ONAH, Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana, Roma (Nigeria).

    Sig.ra Felicia ONYEABO, Presidente Nazionale della Catholic Women Organization (Nigeria).

    Rev.do P. Angelo PALERI, O.F.M. Conv., Postulatore Generale dell’Ordine Francescano Frati Minori Conventuali; Responsabile della diffusione di Ecclesia in Africa in missione (Zambia).

    Rev.do P. Samir Khalil SAMIR, S.I., Professore di Storia della Cultura Araba e d'Islamologia presso l’Università St. Joseph, Beirut, Libano (Egitto).

    Dott. Maurice SANDOUNO, Responsabile del Programma DREAM per la prevenzione del virus HIV dalla madre al bambino, Conakry (Guinea).

    Rev.do Kinkupu Léonard SANTEDI, Segretario Generale della Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo (C.E.N.C.O.), Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo).

    Rev.da Suor Liliane SWEKO MANKIELA, S.N.D. de N., Consigliera Generale Suore di Nostra Signora di Namur, Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo).

    Rev.do P. Anselm UMOREN, M.S.P., Superiore Generale della Missionary Society of St. Paul, Abuja (Nigeria).



  •  

  • ELENCO DEGLI UDITORI (Auditores)

  • Inoltre, il medesimo Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, con l’approvazione del Santo Padre, ha nominato per la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi i seguenti Auditores (o Uditori):


  • Rev.da Suor Marie-Bernard ALIMA MBALULA, Segretaria della Commissione Giustizia e Pace della Conférence Episcopale Nationale du Congo (C.E.N.C.O.) e dell’Association des Conférences Episcopales de l’Afrique Centrale (A.C.E.A.C.), Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo).

    Rev.do P. Joaquín ALLIENDE, Presidente Internazionale dell’Associazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Kirche in Not).

    Dott. Elard ALUMANDO, Country Director of DREAM Program (Malawi).

    Sig.ra Marguerite BARANKITSE, Fondatrice della Maison Shalom, Ruyigi (Burundi).

    Dott. Paolo BECCEGATO, Responsabile area internazionale Caritas Italiana (Roma).

    Sig. Emmanuel Habuka BOMBANDE, Direttore Esecutivo del West Africa Network for Peacebulding [WANEP] (Ghana).

    Sig.ra Rose BUSINGYE, Fondatrice e Presidente Meeting Point International, Kampala (Uganda).

    Dott. Munshya CHIBILO, Responsabile dei Progetti di Adozione a distanza dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (Zambia).

    Sig. Thomas DIARRA, Istruttore al Centro di Formazione Catechistica, Kati (Mali).

    Sig. Assandé Martial EBA, Membro della Fondation Internationale Notre Dame de la Paix, Yamoussoukro (Costa d’Avorio).

    Sig. Kpakile FÉLÉMOU, Direttore del Centro DREAM, Conakry (Guinea).

    Sig.ra Axelle FISCHER, Segretario Generale Commissione Giustizia e Pace del Belgio francofono, Bruxelles (Belgio).

    Sig.ra Inmaculada Myriam GARCÍA ABRISQUETA, Presidente di Manos Unidas (Spagna).

    Fra Armand GARIN, Piccolo Fratello di Gesù (Francia), Responsabile Regionale dei Piccoli Fratelli di Gesù per l’Africa del Nord (Algeria e Marocco), Annaba (Algeria).

    Dott.ssa Elena GIACCHI, Ginecologa del Centro Studi e Ricerche per la Regolazione Naturale della Fertilità, Università Cattolica Sacro Cuore (Roma); Presidente di WOOMB-Italia (Coordinamento nazionale del Metodo dell’Ovulazione Billings-Italia).

    Rev.da Suor Bernadette GUISSOU, S.I.C.O., Superiora Generale Suore dell’Immacolata Concezione, Ouagadougou (Burkina Faso).

    Dott. Christophe HABIYAMBERE, Presidente di Fidesco, Kigali (Rwanda).

    Rev.da Suor Felicia HARRY, N.S.A. (O.L.A.), Superiora Generale Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli (Ghana).

    Sig. Jules Adachédé HOUNKPONOU, Segretario Generale del Coordinamento Internazionale della Gioventù Operaia Cristiana (C.I.Gi.O.C.).

    Sig.ra Marie-Madeleine KALALA NGOY MONGI, Ministro Onorario dei Diritti Umani (Repubblica Democratica del Congo).

    Rev.do P. Speratus KAMANZI, A.J., Superiore Generale della Congregazione degli Apostoli di Gesù, Nairobi (Kenya).

    Prof. Josaphat Laurean KANYWANYI, Professore Associato di Diritto presso l’Università di Dar-es-Salaam (Tanzania).

    Rev.da Suor Mary Anne Felicitas KATITI, L.M.S.I., Madre Provinciale Congregazione Little Servants of Mary Immaculate (Zambia).

    Prof. Edem KODJO, Segretario Generale emerito dell’Organizzazione dell’Unione Africana (O.U.A.), Primo Ministro emerito, Professore di Patrologia presso l'Institut St. Paul di Lomé (Togo).

    Prof. Gustave LUNJIWIRE-NTAKO-NNANVUME, Segretario Internazionale del Mouvement d’Action Catholique Xavéri (M.A.C. Xavéri) (Repubblica Democratica del Congo).

    Sig. Ngon-Ka-Ningueyo François MADJADOUM, Direttore del Secours Catholique et Développement (SE.CA.DEV.) (Ciad).

    Rev.da Suor Jacqueline MANYI ATABONG, Assistente della Superiora Generale Suore di Santa Teresa del Bambin Gesù della Diocesi di Buea; Coordinatrice per l'Africa dell'International Catholic Commission for Prison Pastoral Care (ICCPPC), Douala (Camerun).

    Rev.da Suor Bernadette MASEKAMELA, C.S., Superiora Generale Suore del Calvario (Botswana).

    Rev.do Richard MENATSI, Acting Director, Coordinator of Justice and Peace Desk / Inter-regional Meeting of Bishops of Southern Africa (I.M.B.I.S.A.), Harare (Zimbabwe).

    Rev.da Suor Cecilia MKHONTO, S.S.B., Superiora Generale Suore di Santa Brigida (Sud Africa).

    Sig. Ermelindo Rosário MONTEIRO, Segretario Generale della Commissione Episcopale Giustizia e Pace, Maputo (Mozambico).

    Sig. Maged MOUSSA YANNY, Direttore Esecutivo dell'Associazione dell'Alto Egitto per l'Educazione e lo Sviluppo (Egitto).

    Prof. Alöyse Raymond NDIAYE, Presidente del Comité National des Chevaliers de l’Ordre de Malte au Sénégal, Dakar (Senegal).

    Sig. Laurien NTEZIMANA, Licenziato in Teologia, Diocesi di Butare (Rwanda).

    Rev.do P. Seán O’LEARY, M.Afr., Direttore del Denis Hurley Peace Institute (Sud Africa).

    Rev.da Suor Pauline ODIA BUKASA, F.M.S., Superiora Generale Suore Ba-Maria, Buta Uele (Repubblica Democratica del Congo).

    Sig. Augustine OKAFOR, Esperto in Amministrazione governativa (Nigeria).

    Dott. Orochi Samuel ORACH, Assistente del Segretario Esecutivo dell’Uganda Catholic Medical Bureau, Kampala (Uganda).

    Sig.ra Barbara PANDOLFI, Presidente generale dell'Istituto Secolare Missionarie della Regalità di Cristo (Italia).

    Dott. Alberto PIATTI, Segretario Generale Fondazione AVSI, Milano (Italia).

    Prof. Raymond RANJEVA, già Vice-Presidente della Corte Internazionale di Giustizia (Paesi Bassi), Membro del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace (Madagascar).

    Sig.ra Geneviève Amalia Mathilde SANZE, Responsabile dell'Opera di Maria (Movimento dei Focolari), Abidjan (Costa d’Avorio).

    Dott. Victor M. SCHEFFERS, Segretario Generale di Justitia et Pax Netherlands, The Hague (Paesi Bassi).

    Fra André SENE, O.H., Responsabile della Pastorale della Salute nella diocesi di Thies (Senegal).

    Rev.da Suor Bédour Antoun Irini SHENOUDA, N.D.A., Madre Provinciale Missionaires de Notre Dame des Apôtres, Le Caire (Egitto).

    Dott. Pierre TITI NWEL, Mediatore Sociale Generale, ex-Coordinatore del Servizio Nazionale di Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Nazionale del Camerun (C.E.N.C.), Yaoundé (Camerun).

    Sig.ra Elisabeth TWISSA, Vice Presidente dell'Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche (U.M.O.F.C.) (Tanzania).

    Rev.da Suor Maria Ifechukwu UDORAH, D.D.L., Superiora Generale Daughters of Divine Love, Enugu (Nigeria).

    Rev.da Suor Geneviève UWAMARIYA, Istituto Santa Maria di Namur (Rwanda).



    www.vatican.va 

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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    30/09/2009 00:48
     
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    Sinodo per l'Africa: quale impatto sulle comunità religiose?


    ROMA, lunedì, 28 settembre 2009 (ZENIT.org).- Il tema del secondo Sinodo per l'Africa, “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, va al cuore del situazione sociale, politica, culturale e religiosa del continente africano.

    Lo ha sottolineato il sacerdote kenyota Agbonkhianmeghe E. Orobator, SJ, del Catholic Information Service for Africa (CISA), ricordando che “ovunque si guarda, l'Africa anela alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”.

    “Il grido per la riconciliazione echeggia da comunità divise; la richiesta di giustizia si leva da milioni di rifugiati e dagli sfollati interni, l'aspirazione alla pace scorre nelle lacrime dei milioni di vititme della guerra e del conflitto in Africa”, ha spiegato. “Queste grida e questi echi collettivi del continente rappresentano la cornice in cui considerare il tema del Sinodo”.

    Secondo il sacerdote, una domanda fondamentale è: “In che modo il tema del Sinodo riguarderà le comunità e gli istituti di persone consacrate in Africa?”.

    Per rispondere, avverte, “bisogna essere consapevoli del pregiudizio di vecchia data secondo il quale i religiosi in Africa vivono al margine della vita reale”.

    “In verità – ha osservato –, la vita religiosa pone le persone consacrate al cuore delle azioni di Dio nel mondo. Come per la Chiesa, le gioie e le speranze, il dolore e l'angoscia di milioni di africani sono anche quelli degli istituti dei consacrati”.

    Da questo punto di vista, “il secondo Sinodo africano rappresenta un ulteriore invito per i religiosi e le loro comunità a impegnarsi più intensamente nel progetto divino di ricreare la terra e costruire un continente africano riconciliato, giusto e pacifico”.

    Tre principi

    Secondo padre Orobator, in questa riflessione per gli istituti consacrati in Africa sono necessari tre principi, il primo dei quali è il fatto che “la missione di riconciliazione, giustizia e pace è costitutiva della vita, dell'insegnamento e del ministero di Gesù Cristo”.

    In secondo luogo, “è importante considerare la vita religiosa nel contesto della comunità chiamata Chiesa”, perché “le comunità religiose, in Africa come in qualsiasi altro luogo, non formano una Chiesa separata”.

    Il terzo principio è quello della sacramentalità: “la missione di riconciliazione, giustizia e pace incarna in primo luogo e prima di tutto uno stile di vita, piuttosto che ideologie da imporre agli altri”.

    L'importanza dell'esempio

    In questo contesto, ha affermato il sacerdote gesuita, “la Chiesa e le comunità religiose in Africa hanno la responsabilità di praticare queste virtù come prerequisito per predicarle”.

    Padre Orobator ha quindi sottolineato come l'Africa sia stata lacerata dal tribalismo, un elemento negativo che “non solo distrugge la vita di milioni di africani, ma ritarda lo sviluppo socio-economico e politico del continente”.

    Per questo motivo, “la testimonianza richiesta ai religiosi è quella di rappresentare una comunità riconciliata”.

    Quanto alla giustizia, una questione fondamentale per la Chiesa in Africa è la dignità delle donne, il che esorta gli istituti religiosi “a essere in prima fila nella missione di promozione della giustizia, della dignità e della pace per le donne africane nella Chiesa e nella società”.



    L'importanza del creato


    Padre Orobator ha quindi sottolineato la “preoccupante omissione” dall'Instrumentum Laboris dell'imminente Sinodo per l'Africa della questione dell'integrità del creato.

    “Nel contesto attuale sui dibattiti relativi ai cambiamenti climatici, la Chiesa e le comunità religiose non possono godere il lusso del silenzio, dell'apatia e dell'indifferenza”, ha denunciato.

    “Onorare l'integrità del creato richiede l'adozione di passi concreti e di mezzi relativi a come i religiosi consumano e reintegrano i beni del creato”.

    Finora, ha ammesso, “c'è stata una scarsa riflessione sul tema dell'integrità della creazione e delle sfide che questa pone alla vita e alla missione degli istituti religiosi in Africa”, ma il secondo Sinodo per l'Africa può essere “un momento opportuno per iniziare”.



    Spunti di riflessione


    Secondo padre Orobator, per i consacrati e le consacrate dell'Africa “un'autentica partecipazione al Sinodo richiede una radicale rivalutazione dei loro programmi di formazione”, che se presa seriamente potrebbe rappresentare “un significativo spostamento dalla percezione della vita religiosa come isolamento dalle gravi questioni che il mondo deve affrontare alla vita religiosa come missione per immergersi e impegnarsi pienamente nelle sfide del mondo attuale globalizzato”.

    Per questo, ha presentato alcuni spunti di riflessione che partono dalla constatazione che “molte comunità africane indigene praticano varie forme di riconciliazione”. “Come possono gli istituti religiosi in Africa adottare e adattare alcune di queste pratiche per vivere come comunità riconciliate?”, ha chiesto.

    Allo stesso modo, il presbitero si domanda quali siano “gli indicatori di una mancanza di giustizia e rispetto per la dignità umana negli istituti religiosi africani e quali passi concreti possano essere compiuti per praticare una maggiore giustizia e promuovere dignità, uguaglianza e pace nelle comunità religiose”.

    Padre Orobator ha quindi concluso chiedendosi che cosa possano fare le comunità religiose per “usare forme di energia più rinnovabili e mettere in pratica uno stile di vita più efficiente dal punto di vista energetico”.


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    03/10/2009 16:45
     
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    Domani il Papa presiederà la Messa di apertura del Sinodo per l'Africa dedicato alla pace e alla giustizia

    Ultimi preparativi per il Sinodo dei Vescovi per l’Africa dedicato alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace, che prenderà il via ufficialmente domani. Ad aprire la seconda Assemblea Speciale dedicata a questo continente sarà la celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro, alle ore 9.30. Il Santo Padre è rientrato oggi da Castel Gandolfo, al termine del periodo estivo. La nostra emittente seguirà la Santa Messa in diretta a partire dalle ore 9.20. Ieri pomeriggio, intanto, presso la Sala Marconi della nostra emittente, si è svolto un incontro sul tema “Africa e media”, organizzato dalla Radio Vaticana insieme al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il servizio di Isabella Piro:

    Quali sono i problemi che ostacolano un’informazione giusta ed obiettiva sull’Africa? A questa domanda ha voluto rispondere l’incontro su “Africa e media” che ha visto protagonisti alcuni Padri sinodali e numerosi giornalisti. Ad aprire i lavori, il direttore generale della Radio Vaticana padre Federico Lombardi:
    "Si parla spesso con delle prospettive non corrette o con delle prospettive troppo europee sulle questioni africane. Bisogna, invece, riuscire a trovare un’impostazione giusta, un’impostazione in cui anche gli africani siano veramente protagonisti del modo di parlare dell’Africa e sull’Africa, così che si trovi il posto giusto dell’Africa nell’informazione e nelle prospettive del mondo di oggi".

    Sulla stessa linea il cardinale nigeriano Francis Arinze, presidente delegato del Sinodo:

    "Quando qualcosa non funziona bene, allora sicuramente se ne parla in Europa. Ma quando qualcosa funziona veramente bene – e sono la maggioranza delle cose – non se ne parla, perché non fa notizia. A meno che non ci sia un europeo ucciso lì!"

    Di fronte ai problemi, “è meglio accendere una candela che condannare il buio”, ha ribadito il porporato, invitando anche i laici ad agire per dare il loro contributo ad un’informazione corretta:

    "I laici sono veramente chiamati al lavoro, qui. Non bisogna essere monaco, o sacerdote, o avere un dottorato dell’Università Gregoriana per essere presente in questo areopago".

    No ai paradigmi occidentali, dunque, per analizzare il mondo panafricano, ha continuato Filomeno Lopes, giornalista della redazione Portoghese Africa della Radio Vaticana. Perché “l’Africa è un soggetto, e non un oggetto, di relazioni, di informazioni, di comunicazioni, di cooperazione, di partenariato”:

    "Se informare significa plasmare la mente e il cuore degli africani, allora la sfida di partnership nella comunicazione e nell’informazione consiste, quindi, nell’aiutare l’Africa e gli africani a ricostruire la loro millenaria cultura comunicativa che si poggia sui valori di verità, giustizia, armonia. Se si vuole aiutare l’Africa a vincere la sfida comunicativa del futuro, bisogna investire nella cultura e nella comunicazione".
    Negli ultimi anni, l’Africa ha visto un grande dinamismo nel mondo della comunicazione: basti pensare che tra il 2000 ed il 2006 gli utenti africani di Internet sono cresciuti del 625,8%, rispetto al 195% del resto del mondo. In tutto questo, naturalmente, la Chiesa non resta indietro. Padre Janvier Yaméogo, membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

    "La comunicazione è sicuramente essenziale per promuovere giustizia, pace e riconciliazione. Ma non va, però, dimenticato – come scrive il Papa nella Caritas in Veritate – che il senso e la finalità dei media vanno cercati nel fondamento antropologico. In un mondo mediatico, la Chiesa non può non essere mediatica, in quanto sacramento, segno e strumento per comunicare all’uomo la sua verità".

    La sfida per la comunicazione in Africa, dunque, è aperta. E se ne parlerà ancora in altri due incontri che si terranno, sempre presso la Radio Vaticana, sabato 17 e giovedì 22 ottobre.

    3.10.2009 Radio Vaticana


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    Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:

  • OMELIA DEL SANTO PADRE



  • Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

    illustri Signori e Signore,

    cari fratelli e sorelle!

    Pax vobis – pace a voi!
    Con questo saluto liturgico mi rivolgo a voi tutti raccolti nella Basilica Vaticana, dove quindici anni fa, il 10 aprile 1994, il Servo di Dio Giovanni Paolo II aprì la prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il fatto che oggi ci troviamo qui ad inaugurare la seconda, significa che quello è stato un evento certamente storico, ma non isolato. E’ stato il punto di arrivo di un cammino, che in seguito è proseguito, e che ora giunge ad una nuova significativa tappa di verifica e di rilancio. Lodiamo per questo il Signore! Rivolgo il più cordiale benvenuto ai Membri dell’Assemblea sinodale, che concelebrano con me questa santa Eucaristica, agli Esperti e agli Uditori, in particolare a quanti provengono dalla terra africana. Con speciale riconoscenza saluto il Segretario Generale del Sinodo e i suoi collaboratori.

    Sono molto contento della presenza tra noi di Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo di Etiopia, che ringrazio cordialmente, e dei Delegati fraterni delle altre Chiese e delle Comunità ecclesiali. Sono lieto anche di accogliere le Autorità civili e i Signori Ambasciatori che hanno voluto partecipare a questo momento; con affetto saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi, i rappresentanti di organismi, movimenti e associazioni, e il coro congolese che, insieme alla Cappella Sistina, anima questa nostra Celebrazione eucaristica.


    Le letture bibliche dell’odierna domenica parlano del matrimonio. Ma, più radicalmente, parlano del disegno della creazione, dell’origine e, dunque, di Dio. Su questo piano converge anche la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, là dove dice: "Colui che santifica – cioè Gesù Cristo – e coloro che sono santificati – cioè gli uomini – provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli" (Eb 2,11). Dall’insieme delle letture, risalta dunque in maniera evidente il primato di Dio Creatore, con la perenne validità della sua impronta originaria e la precedenza assoluta della sua signoria, quella signoria che i bambini sanno accogliere meglio degli adulti, ed è per questo che Gesù li indica a modello per entrare nel regno dei cieli (cfr Mc 10,13-15).

    Ora, il riconoscimento della signoria assoluta di Dio è certamente uno dei tratti salienti e unificanti della cultura africana. Naturalmente in Africa vi sono molteplici e diverse culture, ma sembrano tutte concordare su questo punto: Dio è il Creatore e la fonte della vita. Ora la vita – lo sappiamo bene - si manifesta primariamente nell’unione tra l’uomo e la donna e nella nascita dei figli; la legge divina, scritta nella natura, è pertanto più forte e preminente rispetto a ogni legge umana, secondo l’affermazione netta e concisa di Gesù: "L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto" (Mc 10,9). La prospettiva non è anzitutto morale: essa, prima del dovere, riguarda l’essere, l’ordine inscritto nella creazione.

    Cari fratelli sorelle, in questo senso l’odierna liturgia della Parola – al di là della prima impressione – si rivela particolarmente adatta ad accompagnare l’apertura di un’Assemblea sinodale dedicata all’Africa. Vorrei sottolineare in particolare alcuni aspetti che emergono con forza e che interpellano il lavoro che ci attende. Il primo, già accennato: il primato di Dio, Creatore e Signore. Il secondo: il matrimonio. Il terzo: i bambini. Sul primo aspetto l’Africa è depositaria di un tesoro inestimabile per il mondo intero: il suo profondo senso di Dio, che ho avuto modo di percepire direttamente negli incontri con i Vescovi africani in visita ad Limina, ed ancor più nel recente viaggio apostolico in Camerun e Angola, del quale conservo un gradito e commosso ricordo. È proprio a questo pellegrinaggio in terra africana che ora vorrei collegarmi, perché in quei giorni ho aperto idealmente questa Assemblea sinodale, consegnando l’Instrumentum laboris ai Presidenti delle Conferenze Episcopali e ai Capi dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche.

    Quando si parla di tesori dell’Africa, il pensiero va subito alle risorse di cui è ricco il suo territorio e che purtroppo sono diventate e talora continuano ad essere motivo di sfruttamento, di conflitti e di corruzione. Invece la Parola di Dio ci fa guardare a un altro patrimonio: quello spirituale e culturale, di cui l’umanità ha bisogno ancor più che delle materie prime. "Infatti – direbbe Gesù – quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?" (Mc 8,36). Da questo punto di vista, l’Africa rappresenta un immenso "polmone" spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo "polmone" può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista. Senza entrare nel merito della genesi di tali mali dello spirito, rimane tuttavia indiscutibile che il cosiddetto "primo" mondo talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane. In questo senso il colonialismo, finito sul piano politico, non è mai del tutto terminato. Ma, proprio in questa stessa prospettiva, va segnalato un secondo "virus" che potrebbe colpire anche l’Africa, cioè il fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici.

    Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza.

    Riguardo al tema del matrimonio, il testo del capitolo 2° del Libro della Genesi ce ne ha richiamato il perenne fondamento, che Gesù stesso ha confermato: "Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne" (Gen 2,24). Come non ricordare il mirabile ciclo di catechesi che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha dedicato a tale argomento, a partire da un’esegesi quanto mai approfondita di questo testo biblico?
     
    Oggi, proponendocelo proprio in apertura del Sinodo, la liturgia ci offre la luce sovrabbondante della verità rivelata e incarnata in Cristo, con la quale si può considerare la complessa tematica del matrimonio nel contesto africano ecclesiale e sociale. Anche su questo punto, però, vorrei cogliere brevemente una suggestione che precede ogni riflessione e indicazione di tipo morale, e che si collega ancora al primato del senso del sacro e di Dio. Il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio. La vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Nella misura in cui custodisce e sviluppa la sua fede, l’Africa potrà trovare risorse immense da donare a vantaggio della famiglia fondata sul matrimonio.

    Comprendendo nella pericope evangelica anche il testo su Gesù e i bambini (Mc 10,13-15), la liturgia ci invita a tenere presente fin d’ora, nella nostra sollecitudine pastorale, la realtà dell’infanzia, che costituisce una parte grande e purtroppo sofferente della popolazione africana. Nella scena di Gesù che accoglie i bambini, opponendosi con sdegno agli stessi discepoli che volevano allontanarli, vediamo l’immagine della Chiesa che in Africa, e in ogni altra parte della terra, manifesta la propria maternità soprattutto nei confronti dei più piccoli, anche quando non sono ancora nati. Come il Signore Gesù, la Chiesa non vede in essi primariamente dei destinatari di assistenza, meno che mai di pietismo o di strumentalizzazione, ma delle persone a pieno titolo, che con il loro stesso modo di essere mostrano la via maestra per entrare nel regno di Dio, quella cioè di affidarsi senza condizioni al suo amore.

    Cari fratelli, queste indicazioni provenienti dalla Parola di Dio si inseriscono nell’ampio orizzonte dell’Assemblea sinodale che oggi inizia, e che si ricollega a quella precedentemente già dedicata al continente africano, i cui frutti sono stati presentati dal Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa. Rimane naturalmente valido ed attuale il compito primario dell’evangelizzazione, anzi di una nuova evangelizzazione che tenga conto dei rapidi mutamenti sociali di questa nostra epoca e del fenomeno della globalizzazione mondiale. Altrettanto si deve dire della scelta pastorale di edificare la Chiesa come famiglia di Dio (cfr ivi, 63). In tale grande scia si pone la seconda Assemblea, che ha per tema: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14)".

    Negli ultimi anni la Chiesa Cattolica in Africa ha conosciuto un grande dinamismo, e l’Assise sinodale è l’occasione per ringraziarne il Signore. E poiché la crescita della Comunità ecclesiale in tutti i campi comporta anche sfide ad intra e ad extra, il Sinodo è momento propizio per ripensare l’attività pastorale e rinnovare lo slancio di evangelizzazione. Per diventare luce del mondo e sale della terra occorre puntare sempre più alla "misura alta" della vita cristiana, cioè alla santità. Ad essere santi sono chiamati i Pastori e tutti i membri della comunità ecclesiale; i fedeli laici sono chiamati a diffondere il profumo della santità nella famiglia, nei luoghi di lavoro, nella scuola e in ogni altro ambito sociale e politico. Possa la Chiesa in Africa essere sempre una famiglia di autentici discepoli di Cristo, dove la differenza fra etnie diventi motivo e stimolo per un reciproco arricchimento umano e spirituale.

    Con la sua opera di evangelizzazione e promozione umana, la Chiesa può certamente dare in Africa un grande contributo a tutta la società, che purtroppo conosce in vari Paesi povertà, ingiustizie, violenze e guerre. La vocazione della Chiesa, comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro, è quella di essere profezia e fermento di riconciliazione tra i vari gruppi etnici, linguistici ed anche religiosi, all’interno delle singole nazioni e in tutto il continente. La riconciliazione, dono di Dio che gli uomini devono implorare ed accogliere, è fondamento stabile su cui costruire la pace, condizione indispensabile per l’autentico progresso degli uomini e della società, secondo il progetto di giustizia voluto da Dio. Aperta alla grazia redentrice del Signore risorto, l’Africa sarà così illuminata sempre più dalla sua luce e, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, diventerà una benedizione per la Chiesa universale, apportando un contributo proprio e qualificato all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno.

    Cari Padri Sinodali, grazie per il contributo che ognuno di voi darà ai lavori delle prossime settimane, che saranno per noi una rinnovata esperienza di comunione fraterna ridondante a beneficio di tutta la Chiesa, specialmente nel contesto dell’Anno Sacerdotale. E a voi, cari fratelli e sorelle, domando di accompagnarci con la vostra preghiera. Lo chiedo ai presenti; lo chiedo ai monasteri di clausura e alle comunità religiose diffuse in Africa e in ogni parte del mondo, alle parrocchie e ai movimenti, agli ammalati e ai sofferenti: a tutti domando di pregare perché il Signore renda fruttuosa questa seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Su di essa invochiamo la protezione di san Francesco d’Assisi, che oggi ricordiamo, di tutti i santi e le sante africani e, in modo speciale, della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Nostra Signora dell’Africa.

    Amen!




    SINODO DEI VESCOVI

    II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA

    LA CHIESA IN AFRICA
    AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE,
    DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE.
    «Voi siete il sale della terra …
    Voi siete la luce del mondo» (
    Mt 5, 13.14)
     

    INSTRUMENTUM LABORIS

    Città del Vaticano

    2009

    card. Arinze



    Con Maria, restiamo disponibili all’azione dello Spirito affinché esso rinnovi, in noi e attraverso di noi, la faccia della terra:


                             Africa

    Santa Maria,
    Madre di Dio, Protettrice dell’Africa,
    tu hai dato al mondo la vera Luce, Gesù Cristo.
    Con la tua obbedienza al Padre
    e per mezzo della grazia dello Spirito Santo
    ci hai dato la fonte della nostra riconciliazione e della nostra giustizia,
    Gesù Cristo, nostra pace e nostra gioia.

    Madre di tenerezza e di saggezza,
    mostraci Gesù, il Figlio tuo e Figlio di Dio,
    sostieni il nostro cammino di conversione
    affinché Gesù faccia brillare su di noi la sua Gloria
    in tutti i luoghi della nostra vita personale, familiare e sociale.

    Madre, piena di Misericordia e di Giustizia,
    con la tua docilità allo Spirito Consolatore,
    ottieni per noi la grazia di essere testimoni del Signore Risorto,
    affinché diventiamo sempre più
    sale della terra e luce del mondo.

    Madre del Perpetuo Soccorso,
    alla tua intercessione materna affidiamo
    la preparazione e i frutti del Secondo Sinodo per l’Africa.

    Regina della Pace, prega per noi!
    Nostra Signora d’Africa, prega per noi!
    Amen!


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    04/10/2009 12:42
     
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    Conclusa nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali in occasione dell’apertura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.


    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

  • PRIMA DELL’ANGELUS



  • Cari fratelli e sorelle!

    Stamani, nella Basilica di San Pietro, ha avuto luogo la Celebrazione eucaristica di apertura della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, durante la quale si è pregato anche in diverse lingue africane.
    Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II convocò il primo "Sinodo africano" nel 1994, nella prospettiva dell’anno 2000 e del terzo millennio cristiano. Egli, che col suo zelo missionario si fece tante volte pellegrino in terra africana, ha raccolto i contenuti emersi da quell’assise nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa, rilanciando l’evangelizzazione del Continente. A distanza di quindici anni, questa nuova Assemblea si pone in continuità con la prima, per verificare il cammino compiuto, approfondire alcuni aspetti ed esaminare le sfide più recenti. Il tema scelto è: "La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace" – accompagnato da una parola di Cristo rivolta ai discepoli: "Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13.14).

    Il Sinodo costituisce sempre un’intensa esperienza ecclesiale, un’esperienza di responsabilità pastorale collegiale nei confronti di un aspetto specifico della vita della Chiesa, oppure, come in questo caso, di una parte del Popolo cristiano determinata in base all’area geografica. Il Papa e i suoi più stretti collaboratori si riuniscono insieme con i Membri designati dell’Assemblea, con gli Esperti e gli Uditori, per approfondire la tematica prescelta. E’ importante sottolineare che non si tratta di un convegno di studio, né di un’assemblea programmatica. Si ascoltano relazioni ed interventi in aula, ci si confronta nei gruppi, ma tutti sappiamo bene che i protagonisti non siamo noi: è il Signore, il suo Santo Spirito, che guida la Chiesa.

    La cosa più importante, per tutti, è ascoltare: ascoltarsi gli uni gli altri e, tutti quanti, ascoltare ciò che il Signore vuole dirci. Per questo, il Sinodo si svolge in un clima di fede e di preghiera, in religiosa obbedienza alla Parola di Dio. Al Successore di Pietro spetta convocare e guidare le Assemblee sinodali, raccogliere quanto emerso dai lavori ed offrire poi le opportune indicazioni pastorali.

    Cari amici, l’Africa è un Continente che ha una straordinaria ricchezza umana. Attualmente, la sua popolazione ammonta a circa un miliardo di abitanti e il suo tasso di natalità complessivo è il più alto a livello mondiale. L’Africa è una terra feconda di vita umana, ma questa vita è segnata purtroppo da tante povertà e patisce talora pesanti ingiustizie. La Chiesa è impegnata a superarle con la forza del Vangelo e la solidarietà concreta di tante istituzioni ed iniziative di carità.
    Preghiamo la Vergine Maria, perché benedica la II Assemblea sinodale per l’Africa e ottenga pace e sviluppo per quel grande e amato Continente.

  • DOPO L’ANGELUS


  •  


  • Il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni del Pacifico e del Sud Est asiatico, colpite negli ultimi giorni da violente calamità naturali: lo tsunami nelle Isole Samoa e Tonga; il tifone nelle Filippine, che successivamente ha riguardato anche Vietnam, Laos e Cambogia; il devastante terremoto in Indonesia.  



  •  

  • Queste catastrofi hanno causato gravi perdite in vite umane, numerosi dispersi e senzatetto e ingenti danni materiali. Penso, inoltre, a quanti soffrono a causa delle inondazioni in Sicilia, specialmente nella zona di Messina. Invito tutti ad unirsi a me nella preghiera per le vittime e i loro cari. Sono spiritualmente vicino agli sfollati e a tutte le persone provate, implorando da Dio sollievo nella loro pena. Faccio appello perché non manchi a questi fratelli e sorelle la nostra solidarietà e il sostegno della Comunità Internazionale.



  •  

  • Al termine della preghiera dell’Angelus di questa particolare domenica, in cui ho aperto la Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, non posso dimenticare i conflitti che, attualmente, mettono a rischio la pace e la sicurezza dei Popoli del Continente africano. In questi giorni ho seguito con apprensione i gravi episodi di violenza che hanno scosso la popolazione della Guinea. Esprimo le mie condoglianze alle famiglie delle vittime, invito le parti al dialogo, alla riconciliazione e sono certo che non si risparmieranno gli sforzi per raggiungere un'equa e giusta soluzione.


  • Nel pomeriggio di sabato prossimo, 10 ottobre, insieme con i Padri sinodali, guiderò nell’Aula Paolo VI una speciale recita del santo Rosario "con l’Africa e per l’Africa", animata dai giovani universitari di Roma. Si uniranno alla preghiera, in collegamento via satellite, gli studenti di alcuni Paesi africani. Cari giovani universitari, vi attendo numerosi, per affidare a Maria Sedes Sapientiae il cammino della Chiesa e della società nel Continente africano.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    04/10/2009 15:55
     
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    Pope Benedict XVI leads a mass for the African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 4, 2009.

    Bishops enter St. Peter's Basilica at the Vatican, Sunday, Oct. 4, 2009, to attend a mass celebrated by Pope Benedict XVI for the opening of the synod on Africa, a three-week gathering of some 300 prelates to discuss the church's problems on the continent. The Pontiff praised Africa's rich cultural and spiritual treasures, saying they are the "spiritual lung'' for a world in a crisis of faith and hope. But he says Africa has also been afflicted by "toxic spiritual garbage'' exported by other countries: materialism and religious fundamentalism.

    Cardinals and Bishops attend a mass lead by Pope Benedict XVI for the African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 4, 2009.

    Pope Benedict XVI blesses the faithful as he leads a mass for the African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 4, 2009.
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    05/10/2009 11.31.33



    Il Papa inaugura i lavori del Sinodo: l'amore di Dio apra in Africa i confini di tribù, etnie e religioni. Il rifiuto di Dio distrugge la pace nella società






    La carità gratuita di Dio, che ogni cristiano è tenuto ad annunciare, “apra i confini di tribù, etnie e religioni”. E’ l’auspicio con il quale Benedetto XVI ha concluso questa mattina in Vaticano la meditazione introduttiva della prima Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Il Papa ha invitato i presuli ad affrontare i lavori sinodali con il cuore aperto alla Spirito di Dio, senza il quale - ha affermato - ogni analisi solo umana della realtà è “insufficiente”. Il servizio di Alessandro De Carolis:



    Nessuna considerazione su ciò che vivono le varie Chiese africane, nessun racconto di gioie o di sofferenze, ha ancora riempito l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano che subito Benedetto XVI delinea i limiti e soprattutto lo spirito con il quale esse sono tenute ad essere presentate da qui in avanti: 

    “Abbiamo incominciato il nostro Sinodo adesso, invocando lo Spirito Santo, sapendo bene che noi non possiamo fare quanto occorre fare per la Chiesa, per il mondo, in questo momento. Solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto, e seguirlo”.

     

    Lo Spirito è dunque quello divino, che permette - afferma il Papa - di “conoscere” le realtà umane “alla luce di Dio”. I limiti sono invece quelli di valutazioni del contesto sociale africano che, pur competenti, siano formulate seguendo binari di tipo meramente sociologico. Analisi “orizzontali”, le definisce il Pontefice, prive dell’aggancio con la dimensione “verticale”:



    “Se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni non funzionano dal fondo. Perciò, tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non consideriamo il mondo alla luce di Dio, se non scopriamo che alla base delle ingiustizie, della corruzione c’è un cuore non retto, c’è una chiusura verso Dio, e quindi una falsificazione della relazione fondamentale sulla quale sono basate tutte le altre”. 

    Nella sua lunga meditazione spontanea, il Papa si lascia ispirare dall’Inno dell’Ora Terza, la preghiera che introduce la seduta sinodale mattutina. Un Inno che, osserva, “implora tre doni essenziali dello Spirito Santo”. Il primo, spiega, è la “confessione”, che va intesa sia come riconoscimento della piccolezza umana davanti a Dio - da cui derivano, insiste il Papa, “tutti i vizi che distruggono la rete sociale e la pace nel mondo” - sia come ringraziamento a Dio per i suoi doni e come impegno di testimonianza. E qui, Benedetto XVI trova parola di grande densità spirituale per rimarcare la semplice grandezza di Dio rispetto alla grandezza delle cose umane:



    “Le cose della scienza, della tecnica costano grandi investimenti, avventure spirituali e materiali, sono costose e difficili. Ma Dio si dà ‘gratis’. Le più grandi cose della vita - Dio, l’amore, la verità - sono gratuite e direi che su questo dovremmo spesso meditare: su questa gratuità di Dio; sul fatto che non c’è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio: Dio è in me, nel mio cuore e sulle mie labbra”.
     Il secondo dono dello Spirito, prosegue il Papa, discende dal primo: l’uomo che scopre l’intimità con il divino deve poi testimoniarlo con tutto se stesso. Deve testimoniare la verità della carità di Dio perché questa e non altro, ribadisce il Pontefice, è l’essenza della religione cristiana:



    “Importante è che il cristianesimo non è una somma di idee, una filosofia, una teoria, ma è un modo di vivere, è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità. Il nostro Dio è da una parte 'Logos', Ragione eterna, ma questa Ragione è anche Amore. Non è fredda matematica che costruisce l’universo: questa Ragione eterna è fuoco, è carità. Già in noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità”. 

    Anche il terzo dono è strettamente connesso agli altri. La carità di Dio va annunciata all’umanità, a ogni uomo, che per un cristiano è un prossimo e un fratello. Prendendo spunto dalla figura del Buon Samaritano della liturgia odierna, Benedetto XVI conclude mettendo in grande risalto gli insegnamenti che arrivano fino a noi da quella antica parabola e che ben si adattano, in questo caso, anche alla realtà africana:



    “La carità non è una cosa individuale, ma universale. Universale e concreta. Occorre aprire realmente i confini tra tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. Preghiamo il Signore che ci doni lo Spirito Santo, che ci doni una nuova Pentecoste, che ci aiuti ad essere i suoi servitori in questa ora del mondo”.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    06/10/2009 00:22
     
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    La meditazione del Papa all'inizio dei lavori del Sinodo dei vescovi per l'Africa

    Il cristianesimo non è filosofia
    ma unità di ragione e carità


    Nella mattina di lunedì 5 ottobre, durante la celebrazione dell'Ora Terza che ha aperto i lavori della prima congregazione generale dell'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, il Papa ha pronunciato a braccio la seguente meditazione.

    Cari fratelli e sorelle,
    abbiamo dato inizio ora al nostro incontro sinodale invocando lo Spirito Santo e sapendo bene che noi non possiamo in questo momento realizzare quanto c'è da fare per la Chiesa e per il mondo:  solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo. E tutti i giorni inizieremo il nostro lavoro invocando lo Spirito Santo con la preghiera dell'Ora Terza "Nunc sancte nobis Spiritus". Perciò vorrei adesso, insieme con voi, meditare un po' questo inno, che apre il lavoro di ogni giorno, sia adesso nel Sinodo, ma anche dopo nella vita nostra quotidiana.


    sinodo "Nunc sancte nobis Spiritus". Noi preghiamo che la Pentecoste non sia solo un avvenimento del passato, il primo inizio della Chiesa, ma sia oggi, anzi adesso:  "nunc sancte nobis Spiritus". Preghiamo che il Signore adesso realizzi l'effusione del suo Spirito e ricrei di nuovo la sua Chiesa e il mondo. Ci ricordiamo che gli apostoli dopo l'Ascensione non hanno iniziato - come forse sarebbe stato normale - a organizzare, a creare la Chiesa futura. Hanno aspettato l'azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è il prodotto della nostra organizzazione:  la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo. Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo. Solo con questo atto creativo di Dio noi possiamo entrare nell'attività di Dio, nell'azione divina e collaborare con Lui. In questo senso, anche tutto il nostro lavoro al Sinodo è un collaborare con lo Spirito Santo, con la forza di Dio che ci previene. E sempre dobbiamo di nuovo implorare il compiersi di questa iniziativa divina, nella quale noi possiamo poi essere collaboratori di Dio e contribuire a far sì che di nuovo nasca e cresca la sua Chiesa.

    La seconda strofa di questo inno - "Os, lingua, mens, sensus, vigor, / Confessionem personent:  / Flammescat igne caritas, / accendat ardor proximos" - è il cuore di questa preghiera. Imploriamo da Dio tre doni, i doni essenziali della Pentecoste, dello Spirito Santo:  confessio, caritas, proximos. Confessio:  c'è la lingua di fuoco che è "ragionevole", dona la parola giusta e fa pensare al superamento di Babilonia nella festa di Pentecoste.

    La confusione nata dall'egoismo e dalla superbia dell'uomo, il cui effetto è quello di non poter comprenderci più gli uni gli altri, va superata dalla forza dello Spirito, che unisce senza uniformare, che dà unità nella pluralità:  ciascuno può capire l'altro, anche nelle diversità delle lingue. Confessio:  la parola, la lingua di fuoco che il Signore ci dà, la parola comune nella quale siamo tutti uniti, la città di Dio, la santa Chiesa, nella quale è presente tutta la ricchezza delle diverse culture. Flammescat igne caritas. Questa confessione non è una teoria ma è vita, è amore. Il cuore della santa Chiesa è l'amore, Dio è amore e si comunica comunicandoci l'amore. E infine il prossimo. La Chiesa non è mai un gruppo chiuso in sé, che vive per sé come uno dei tanti gruppi che esistono nel mondo, ma si contraddistingue per l'universalità della carità, della responsabilità per il prossimo.

    Consideriamo uno per uno questi tre doni. Confessio:  nel linguaggio della Bibbia e della Chiesa antica questa parola ha due significati essenziali, che sembrano opposti ma che in effetti costituiscono un'unica realtà. Confessio innanzitutto è confessione dei peccati:  riconoscere la nostra colpa e conoscere che davanti a Dio siamo insufficienti, siamo in colpa, non siamo nella retta relazione con Lui. Questo è il primo punto:  conoscere se stessi nella luce di Dio. Solo in questa luce possiamo conoscere noi stessi, possiamo capire anche quanto c'è di male in noi e così vedere quanto deve essere rinnovato, trasformato. Solo nella luce di Dio ci conosciamo gli uni gli altri e vediamo realmente tutta la realtà.

    Mi sembra che dobbiamo tener presente tutto questo nelle nostre analisi sulla riconciliazione, la giustizia, la pace. Sono importanti le analisi empiriche, è importante che si conosca esattamente la realtà di questo mondo. Tuttavia queste analisi orizzontali, fatte con tanta esattezza e competenza, sono insufficienti. Non indicano i veri problemi perché non li collocano alla luce di Dio. Se non vediamo che alla radice vi è il Mistero di Dio, le cose del mondo vanno male perché la relazione con Dio non è ordinata. E se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni con quanto vi può essere di bene, fondamentalmente non funzionano. Perciò tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non andiamo fino a questo punto, se non consideriamo il mondo nella luce di Dio, se non scopriamo che alla radice delle ingiustizie, della corruzione, sta un cuore non retto, sta una chiusura verso Dio e, pertanto, una falsificazione della relazione essenziale che è il fondamento di tutte le altre.

    Confessio:  comprendere nella luce di Dio le realtà del mondo, il primato di Dio e infine tutto l'essere umano e le realtà umane, che tendono alla nostra relazione con Dio. E se questa non è corretta, non arriva al punto voluto da Dio, non entra nella sua verità, anche tutto il resto non è correggibile perché nascono di nuovo tutti i vizi che distruggono la rete sociale, la pace nel mondo.

    Confessio
    :  vedere la realtà nella luce di Dio, capire che in fondo le nostre realtà dipendono dalla nostra relazione col nostro Creatore e Redentore, e così andare alla verità, alla verità che salva. Sant'Agostino, riferendosi al capitolo 3° del Vangelo di san Giovanni, definisce l'atto della confessione cristiana con "fare la verità, andare alla luce". Solo vedendo nella luce di Dio le nostre colpe, l'insufficienza della nostra relazione con Lui, camminiamo alla luce della verità. E solo la verità salva. Operiamo finalmente nella verità:  confessare realmente in questa profondità della luce di Dio è fare la verità.

    Questo è il primo significato della parola confessio, confessione dei peccati, riconoscimento della colpevolezza che risulta dalla nostra mancata relazione con Dio. Ma un secondo significato di confessione è quello di ringraziare Dio, glorificare Dio, testimoniare Dio. Possiamo riconoscere la verità del nostro essere perché c'è la risposta divina. Dio non ci ha lasciati soli con i nostri peccati; anche quando la nostra relazione con la Sua maestà è ostacolata, Egli non si ritira ma viene e ci prende per mano.

    Perciò confessio è testimonianza della bontà di Dio, è evangelizzazione. Potremmo dire che la seconda dimensione della parola confessio è identica all'evangelizzazione. Lo vediamo nel giorno di Pentecoste, quando san Pietro, nel suo discorso, da una parte accusa la colpa delle persone - avete ucciso il santo e il giusto -, ma, nello stesso momento, dice:  questo Santo è risorto e vi ama, vi abbraccia, vi chiama a essere suoi nel pentimento e nel battesimo, come pure nella comunione del suo Corpo. Nella luce di Dio, confessare diventa necessariamente annunciare Dio, evangelizzare e così rinnovare il mondo.

    La parola confessio però ci ricorda ancora un altro elemento. Nel capitolo 10° della Lettera ai Romani san Paolo interpreta la confessione del capitolo 30° del Deuteronomio. In quest'ultimo testo sembra che gli ebrei, entrando nella forma definitiva dell'alleanza, nella Terra Santa, abbiano paura e non possano realmente rispondere a Dio come dovrebbero. Il Signore dice loro:  non abbiate paura, Dio non è lontano. Per arrivare a Dio non è necessario attraversare un oceano ignoto, non sono necessari viaggi spaziali nel cielo, cose complicate o impossibili. Dio non è lontano, non è dall'altra parte dell'oceano, in questi spazi immensi dell'universo. Dio è vicino. È nel tuo cuore e sulle tue labbra, con la parola della Torah, che entra nel tuo cuore e si annuncia nelle tue labbra. Dio è in te e con te, è vicino.

    San Paolo sostituisce, nella sua interpretazione, la parola Torah con la parola confessione e fede. Dice:  realmente Dio è vicino, non sono necessarie spedizioni complicate per arrivare a Lui, né avventure spirituali o materiali. Dio è vicino con la fede, è nel tuo cuore, e con la confessione è sulle tue labbra. È in te e con te. Realmente Gesù Cristo con la sua presenza ci dà la parola della vita. Così entra, nella fede, nel nostro cuore. Abita nel nostro cuore e nella confessione portiamo la realtà del Signore al mondo, a questo nostro tempo. Mi sembra questo un elemento molto importante:  il Dio vicino. Le cose della scienza, della tecnica comportano grandi investimenti:  le avventure spirituali e materiali sono costose e difficili. Ma Dio si dona gratuitamente.
     
    Le cose più grandi della vita - Dio, amore, verità - sono gratuite. Dio si dà nel nostro cuore. Direi che dovremmo spesso meditare questa gratuità di Dio:  non c'è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio. Dio si dona gratuitamente nel suo amore, è in me nel cuore e sulle labbra. Questo è il coraggio, la gioia della nostra vita. È anche il coraggio presente in questo Sinodo, perché Dio non è lontano:  è con noi con la parola della fede. Penso che anche questa dualità sia importante:  la parola nel cuore e sulle labbra. Questa profondità della fede personale, che realmente mi collega intimamente con Dio, deve poi essere confessata:  fede e confessione, interiorità nella comunione con Dio e testimonianza della fede che si esprime sulle mie labbra e diventa così sensibile e presente nel mondo. Sono due cose importanti che vanno sempre insieme.

    Poi l'inno del quale parliamo indica anche i luoghi in cui si trova la confessione:  "os, lingua, mens, sensus, vigor". Tutte le nostre capacità di pensare, parlare, sentire, agire, devono risuonare - il latino usa il verbo "personare" - la parola di Dio. Il nostro essere, in tutte le sue dimensioni, dovrebbe essere riempito da questa parola, che diventa così realmente sensibile nel mondo, che, tramite la nostra esistenza, risuona nel mondo:  la parola dello Spirito Santo.

    E poi brevemente altri due doni. La carità:  è importante che il cristianesimo non sia una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere, il cristianesimo è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani:  se la fede si trasforma in carità, se è carità. Possiamo dire che anche lógos e caritas vanno insieme. Il nostro Dio è, da un parte, lógos, ragione eterna. Ma questa ragione è anche amore, non è fredda matematica che costruisce l'universo, non è un demiurgo; questa ragione eterna è fuoco, è carità. In noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità. E così trasformati nella carità diventare, come dicono i Padri greci, divinizzati.
     
    Direi che nello sviluppo del mondo abbiamo questo percorso in salita, dalle prime realtà create fino alla creatura uomo. Ma questa scala non è ancora finita. L'uomo dovrebbe essere divinizzato e così realizzarsi. L'unità della creatura e del Creatore:  questo è il vero sviluppo, arrivare con la grazia di Dio a questa apertura. La nostra essenza viene trasformata nella carità. Se parliamo di questo sviluppo pensiamo sempre anche a questa ultima meta, dove Dio vuole arrivare con noi.

    Infine, il prossimo. La carità non è qualcosa di individuale, ma universale e concreta. Oggi nella Messa abbiamo proclamato la pagina evangelica del buon samaritano, in cui vediamo la duplice realtà della carità cristiana, che è universale e concreta. Questo samaritano incontra un ebreo, che quindi sta oltre i confini della sua tribù e della sua religione. Ma la carità è universale e perciò questo straniero in tutti i sensi è per lui prossimo. L'universalità apre i limiti che chiudono il mondo e creano le diversità e i conflitti. Nello stesso tempo, il fatto che si debba fare qualcosa per l'universalità non è filosofia ma azione concreta. Dobbiamo tendere a questa unificazione di universalità e concretezza, dobbiamo aprire realmente questi confini tra tribù, etnie, religioni all'universalità dell'amore di Dio. E questo non in teoria, ma nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. Preghiamo il Signore che ci doni tutto ciò, nella forza dello Spirito Santo.
    Alla fine l'inno è glorificazione del Dio trino ed unico e preghiera di conoscere e di credere. Così la fine ritorna all'inizio.

    Preghiamo affinché possiamo conoscere, conoscere diventi credere e credere diventi amare, azione. Preghiamo il Signore affinché ci doni lo Spirito Santo, susciti una nuova Pentecoste, ci aiuti a essere i suoi servitori in questa ora del mondo.

    Amen.
    sinodo africano





    Il saluto
    del presidente delegato di turno


    All'inizio della prima Congregazione generale - svoltasi nell'aula del Sinodo lunedì mattina, 5 ottobre - il cardinale Francis Arinze, presidente delegato di turno, ha rivolto al Papa e ai presenti il seguente saluto.

    Santo Padre,
    I vescovi dell'Africa e del Madagascar e delle isole attigue la ringraziano per aver convocato questa Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi.
    La Chiesa vuole essere sempre più fedele a quell'aspetto della sua missione che è l'essere al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.

    Il nostro continente ha conosciuto sofferenze evitabili, ingiustizia, oppressione, repressione, sfruttamento, tensione e la guerra, che allontana le persone dalle proprie case e produce fame e malattia. Ma l'Africa ha conosciuto anche l'amore fraterno, la solidarietà con i sofferenti, i comitati per la verità e la riconciliazione, gli aiuti regionali tra paesi e qualche progresso verso lo sviluppo integrale, come lei, Santità, ha spiegato nella Caritas in veritate.

    Il nostro amato Signore e Salvatore Gesù Cristo è la nostra pace (cfr. Efesini, 2, 14). Ci ha insegnato che ciò che facciamo al più piccolo dei suoi fratelli e delle sue sorelle lo facciamo a Lui (cfr. Matteo, 25, 40). Ha perdonato coloro che lo crocifiggevano e ha pregato per loro (cfr. Luca, 23, 34). Ha mandato la sua Chiesa a essere la luce del mondo e ad agire come sale e lievito nella società (cfr. Matteo, 5, 13, 14; Marco, 9, 50; Luca, 13, 21). Ci ha mandato lo Spirito Santo.

    Grazie, Santo Padre, per aver convocato i rappresentanti dei vescovi dell'Africa a riflettere, in queste tre settimane, insieme con i capi dei suoi dicasteri della Curia Romana e i rappresentanti dell'episcopato di tutto il mondo cattolico, con l'aiuto di un gruppo altamente qualificato di esperti in teologia e in altri ambiti, e con i rappresentanti dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei fedeli laici.

    Ci benedica, Santo Padre, mentre ci accingiamo a iniziare i lavori! Sotto la guida dello Spirito Santo, possa il lavoro di questo Sinodo aiutare a progredire verso la promozione della riconciliazione, della giustizia e della pace in Africa e in Madagascar e anche chiarire meglio e intensificare il ruolo della Chiesa.







    (©L'Osservatore Romano - 5- 6 ottobre 2009)

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    06/10/2009 00:27
     
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    La relazione del segretario generale del Sinodo dei vescovi

    L'insegnamento sul perdono
    cuore della riflessione dell'assemblea


    Si è svolta lunedì mattina, 5 ottobre, alla presenza del Papa, la prima congregazione generale della seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. Presieduta dal cardinale Arinze, vi hanno partecipato 226 padri sinodali. Pubblichiamo il testo della relazione svolta dal segretario generale del Sinodo dei vescovi, Nikola Eterovic, dopo il saluto del presidente delegato di turno.

    Padre Santo,
    Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri,
    Cari fratelli e sorelle,

    Sinodo relazione"Con la forza dello Spirito Santo rivolgo a tutti questo appello:  "Lasciatevi riconciliare!" (2 Cor 5, 20). Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso o di religione deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete tutti figli dell'unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli. Con questa convinzione sarà finalmente  possibile  costruire un'Africa  più  giusta e pacifica, all'altezza delle legittime attese di tutti i suoi figli" (1).
    Ispirato dallo Spirito Santo che guida i credenti nello scrutare la sacra Scrittura, con queste parole, che mostrano la Sua premura apostolica nell'esercizio della sollecitudine per tutta la Chiesa, Vostra Santità ha espresso il suo amore per la Chiesa pellegrina in 53 Paesi africani, come pure per tutta l'Africa, continente di grande dinamismo ma anche di non poche sfide. Lo ha fatto a Yaoundé, capitale del Camerun, durante la sua prima Visita Apostolica in Africa che ha avuto luogo dal 17 al 23 marzo 2009. In tale occasione Ella ha idealmente aperto i lavori della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Infatti, al termine dell'Eucaristia celebrata nello stadio Amadou Ahidjo, nella solennità di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria, Ella ha consegnato ai Presidenti di 36 Conferenze Episcopali dell'Africa e ai Capi di due Sinodi dei Vescovi delle Chiese Cattoliche Orientali sui iuris, come pure dell'Assemblea della Gerarchia della Chiesa Cattolica d'Egitto, l'Instrumentum laboris,  documento  di lavoro della presente Assise sinodale.

    Lo stadio di Yaoundé era diventato il cuore del continente perché intorno a Lei, Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa, si erano stretti i Vescovi delle Chiese particolari, "rappresentando in qualche modo la Chiesa presente tra tutti i popoli dell'Africa" (2). In tale occasione la Santità Vostra ha invitato tutti i fedeli ad accompagnare i loro Pastori con la preghiera nella preparazione e soprattutto nello svolgimento dei lavori del grande evento ecclesiale qual è la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Vostra Santità ha dunque affidato la celebrazione dell'Assise sinodale alla protezione della Beata Vergine Maria, Nostra Signore d'Africa, invocando la sua intercessione affinché "la Regina della Pace sostenga gli sforzi di tutti gli "artigiani" di riconciliazione, di giustizia e di pace!" (3). Nell'incontro con il Consiglio Speciale per l'Africa, nella sede della Nunziatura Apostolica di Yaoundé, Ella, Santo Padre, ha per primo recitato la preghiera mariana che ha voluto comporre per accompagnare la preparazione dell'Assise sinodale e per implorare l'abbondanza di grazie dello Spirito Santo allo scopo di ottenere un rinnovato dinamismo della Chiesa disposta a servire sempre meglio gli uomini di buona volontà del continente africano. All'inizio dei lavori sinodali, facciamo nostra tale preghiera, affinché le riflessioni dell'Assemblea sinodale contribuiscano a far crescere la speranza per i popoli africani e per il Continente nel suo insieme; contribuiscano ad infondere a ciascuna delle Chiese locali in Africa "un nuovo slancio evangelico e missionario al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo il programma formulato dal Signore stesso:  "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14). Che la gioia della Chiesa in Africa di celebrare questo Sinodo sia anche la gioia della Chiesa universale!" (4).


    Tale auspicio di Vostra Santità si sta realizzando. Ne sono testimoni i rappresentanti degli Episcopati di tutti i continenti che volentieri hanno accettato la nomina pontificia per partecipare all'Assise sinodale, significando la loro vicinanza alla Chiesa Cattolica in Africa, parte promettente della Chiesa universale. Saluto pertanto, i rappresentanti delle Conferenze Episcopali di altri 4 continenti, come pure i Vescovi provenienti da 17 Paesi. Insieme con i loro confratelli d'Africa, essi sono disposti a pregare, a dialogare, a riflettere sul presente e sul futuro della Chiesa Cattolica nel continente africano. In tale modo essi si inseriscono nel processo sinodale di dare e di ricevere, di partecipare alle gioie e ai dolori, alle speranze e alle preoccupazioni, condividendo i doni spirituali per l'edificazione non solamente di alcune Chiese particolari d'Africa, bensì di tutta la Santa Chiesa di Dio diffusa nel mondo intero.

    Saluto cordialmente tutti i 244 membri della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, di cui 78 partecipanti ex officio, 129 sono eletti e 36 sono di nomina Pontificia. Tra essi vi sono 33 cardinali, 79 arcivescovi e 156 vescovi. Quanto agli uffici svolti, vi sono 37 Presidenti delle Conferenze Episcopali, 189 Vescovi Ordinari, 4 Coadiutori, 2 Ausiliari e 8 (arci)vescovi emeriti. 

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai Delegati fraterni, rappresentanti di 6 Chiese e comunità ecclesiali, ringraziando per avere accettato l'invito di prendere parte a questo evento ecclesiale.
    Saluto, poi, 29 Esperti e 49 Uditori, disposti a dare il loro contributo al buon svolgimento dei lavori sinodali, arricchendo la riflessione con le loro significative testimonianze.

    Ringrazio pure la preziosa collaborazione degli Assistenti, dei Traduttori e del personale tecnico, come pure dei generosi Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Senza il loro qualificato e generoso contributo non sarebbe stato possibile organizzare questa Assise sinodale.

    La presente relazione è composta di sei parti: 

    I. Significato della Visita Apostolica in Africa
    II. Alcuni dati statistici
    III. Indizione della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa
    IV. Preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa
    V. Osservazioni d'indole metodologica
    VI. Conclusione


    I. Significato della Visita Apostolica in Africa

    Saluto in modo particolare i 197 Padri sinodali provenienti dai Paesi africani. A loro nome ringrazio Vostra Santità per la Visita Apostolica in Africa che è stata organizzata con lo sguardo alla Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Ne testimonia anche il motto che Vostra Santità ha scelto per la sua prima Visita pastorale nel continente africano:  "Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13. 14), lo stesso della presente Assemblea sinodale.
    Grazie, Santo Padre, soprattutto per l'illuminato magistero impartito nel corso di tale Visita Apostolica. Anche se materialmente si è realizzata in due Paesi:  Camerun ed Angola, essa ha interessato tutta l'Africa. Inoltre, essa ha ulteriormente rafforzato i vincoli d'unità che nella fede, nella speranza e nella carità, caratterizzano i rapporti tra il Vescovo di Roma e i suoi confratelli nell'episcopato, posti a capo delle Chiese particolari d'Africa, come pure tra questi ed i fedeli affidati alle loro cure pastorali, con riferimento ideale a tutti gli uomini di buona volontà del grande continente africano. Infatti, il Vangelo, Buona Notizia, è stato indirizzato a tutti gli abitanti d'Africa e di tutto il mondo. Riferendosi alla vita di santa Josephina Bakhita, che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha canonizzato il 1° ottobre 2000, Vostra Santità ha proposto la sua splendida figura come esempio dell'auspicata trasformazione degli uomini e delle donne dell'intero continente, risultato del loro incontro con il Dio vivente.

    Anche oggi, "il messaggio salvifico del Vangelo esige di essere proclamato con forza e chiarezza, così che la luce di Cristo possa brillare nel buio della vita delle persone" (5). La luce del Vangelo dissipa le tenebre del peccato anche in Africa ove uomini e donne sono disposti a lasciarsi trasformare da Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, anelando di udire una parola di perdono e di speranza. "Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all'abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio" (6). Tali mali coinvolgono tutti gli abitanti dell'Africa che "implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro. Non nuove forme di oppressione economica o politica, ma la libertà gloriosa dei figli di Dio (cfr. Rm 8, 21)" (7). Gli uomini di Chiesa sono pertanto chiamati a farsi apostoli del Vangelo, Buona Notizia anche per l'uomo africano. "Dopo quasi dieci anni del nuovo millennio, questo momento di grazia è un appello a tutti i Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici del Continente a dedicarsi nuovamente alla missione della Chiesa a portare speranza ai cuori del popolo dell'Africa, e con ciò pure ai popoli di tutto il mondo" (8).

    Considerata l'importanza di tale Messaggio Apostolico per tutta l'Africa, come pure per le riflessioni sinodali, insieme con l'Instrumentum laboris, è sembrato assai utile consegnare ai Padri sinodali i Discorsi di Vostra Santità nelle lingue disponibili:  francese, inglese, italiano, portoghese e spagnolo. Non vi è dubbio, che tali Documenti saranno di grande aiuto ai Padri sinodali e che permetteranno l'approfondimento di alcuni argomenti di fondo, in connessione con il tema della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa.


    II. Alcuni dati statistici

    Ringraziamo insieme Dio buono e misericordioso per tanti doni che la Chiesa in Africa ha ricevuto e che ha messo a servizio di tutti, specialmente dei più poveri e bisognosi. In particolare, rendiamo grazie per il suo grande dinamismo, che può essere indicato con le seguenti statistiche.
    Su una popolazione mondiale di 6.617.097.000 abitanti, i cattolici sono 1.146.656.000, cioè il 17, 3%. In Africa, invece, tale percentuale è ormai superata. Infatti, su 943.743.000 di abitanti, i cattolici sono 164.925.000, cioè il 17, 5%. L'aumento appare alquanto significativo se si tiene conto che, per esempio, nel 1978, all'inizio del Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, il numero dei cattolici africani era di circa 55.000.000. Nel 1994, anno in cui è stata celebrata la Prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, il loro numero era di 102.878.000 fedeli, cioè del 14, 6% della popolazione africana.
    Anche per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, notiamo, nello stesso periodo, una notevole crescita. In tutti i settori si registra, grazie a Dio, un consistente aumento. Esso riguarda, soprattutto, gli operatori pastorali:  Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiose, laici impegnati, tra cui i catechisti occupano un posto di rilievo. Può essere significativo paragonare i dati statistici dal 1994 con i dati disponibili dell'anno 2007.

    È doveroso ricordare anche gli agenti pastorali che hanno sigillato con il sacrificio della vita il loro servizio ecclesiale. Dal 1994 al 2008 sono morti in Africa ben 521 operatori pastorali. In tale cifra sono inclusi anche 248 vittime della tragedia in Rwanda nel 1994 e, poi, 40 seminaristi minori uccisi nel 1997 in Burundi. Si tratta del personale non solamente africano, ma anche dei missionari provenienti da altri Paesi. Per esempio, nell'anno 2006 sono stati uccisi 11 operatori pastorali:  5 sacerdoti diocesani, di cui 1 peruviano, e 4 religiosi, di cui 1 portoghese e 1 brasiliano, 1 religiosa italiana e 1 missionaria laica portoghese; nel 2007 hanno perso la vita 4 operatori pastorali:  1 sacerdote diocesano, 2 religiosi e 1 suora svizzera; nel 2008 sono morti 5 operatori missionari di cui 1 religioso dell'Inghilterra e 1 fratello francese.
    Con gli occhi della fede, dietro i dati statistici possiamo riconoscere un grande dinamismo di evangelizzazione del continente africano che spinge gli operatori pastorali all'impegno generoso ed indiviso, fino al dono della propria vita nel martirio. Insieme con l'azione di grazia a Dio Onnipotente per tale dono della sua infinita misericordia, preghiamo affinché tale dinamismo continui, anzi che si rafforzi, per il bene delle Chiese particolari in Africa e nel mondo intero. I Pastori delle Chiese particolari non mancheranno di riconoscere tra tale numero eletto di servitori del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati, secondo le norme della Chiesa, non solo per aumentare il numero dei santi africani, tra cui non pochi martiri, bensì per ottenere più intercessori nel cielo affinché le care Chiese particolari del continente continuino, con rinnovato zelo, il loro pellegrinaggio terrestre nella lode di Dio e al servizio del prossimo.

    Oltre all'evangelizzazione, sua missione principale, la Chiesa Cattolica è assai attiva anche nel campo della carità, della salute, dell'educazione e, in genere, in numerose iniziative di promozione umana. Come esempi significativi ricordiamo la Fondazione per il Sahel, istituita il 22 febbraio 1984, Anno Santo della Redenzione, dal Papa Giovanni Paolo II, in seguito alla sua Visita Apostolica in Burkina Faso e al memorabile Appello di Ouagadougou del 10 maggio 1980 (11). Otto anni fa, il 12 febbraio 2001, il compianto Papa Giovanni Paolo II costituì la Fondazione  Il  Buon  Samaritano, fondata con finalità  di  sostenere  gli infermi più bisognosi,  soprattutto i malati dell'Aids (12).
    Nel  continente  africano,  poi,   vi sono: 

    Caritas nazionali
    e Caritas internazionale. Nel continente africano operano 53 Caritas nazionali di cui 20 hanno anche una finalità aggiunta, in genere relativa alla promozione della solidarietà e allo sviluppo integrale dell'uomo e della società. Pertanto, le Caritas non poche volte svolgono insieme la missione che in alcuni Paesi è propria della Commissione Giustizia e Pace. Vi è poi la Caritas del Medio Oriente e dell'Africa del Nord. Tutte le organizzazioni nazionali sono coordinate dalla Caritas Africa che ha il centro a Kampala, Uganda.

    Commissioni Giustizia e Pace. Oltre al Segretariato Justice and Peace del secam, vi sono 8 Commissioni regionali e 34 nazionali, presso le rispettive Conferenze Episcopali. Inoltre, numerose organizzazioni internazionali e nazionali cattoliche si prodigano nell'aiutare la popolazione africana (13). Vi sono anche 12 Istituti e Centri di promozione della Dottrina sociale della Chiesa (14).

    Pastorale della salute. La Chiesa Cattolica è assai presente nel campo della pastorale sanitaria. Secondo gli ultimi dati ricavati nell'anno 2007 (15), esistono in tutto il Continente africano 16.178 centri sanitari dei quali:  1.074 ospedali, 5.373 ambulatori, 186 lebbrosari, 753 case per anziani ed invalidi, 979 orfanotrofi, 1997 asili per i bambini, 1.590 consultori matrimoniali, 2.947 centri di rieducazione sociale, 1.279 centri sanitari vari. Ovviamente, da tali dati risulta la testimonianza, lodevole e significativa, di molti cristiani, soprattutto di persone di vita consacrata e laici cattolici, impegnati nelle menzionate strutture sanitarie. Per quanto riguarda poi il tipo di malattie, le statistiche segnalano tra le emergenze sanitarie più allarmanti quella derivata dell'Hiv/Aids. È motivo di gratitudine rilevare che, secondo i dati forniti dall'UnAids, il 26 % delle strutture sanitarie nel mondo che si interessano al fenomeno dell'Aids sono gestite da organizzazioni cattoliche (16). La Chiesa Cattolica è in prima linea nella lotta contro il diffondersi della malattia. Essa è pure assai attiva nella cura dei malati  di  Aids, come mostra per esempio il metodo Dream, promosso con successo dalla Comunità di Sant'Egidio.

    Tuttavia, non bisogna dimenticare che i dati statistici mostrano che la malaria è la causa maggiore di decessi nel continente africano. Le persone qualificate di tutta la comunità internazionale dovrebbero dedicare più energie e mezzi sia per prevenire la sua diffusione, sia per trovare un valido rimedio a tale temibile ed assai diffusa infermità che provoca ogni anno nel mondo la morte di circa 1.000.000 di persone, di cui l'85% sono bambini sotto i cinque anni.

    Scuole cattoliche
    . La Chiesa Cattolica, come mater et magistra, insieme con l'annuncio del Vangelo, da sempre promoveva l'educazione integrale delle persone per mezzo delle sue scuole. Tale importante opera continua anche ai nostri giorni. Infatti nel continente africano vi sono 12.496 scuole materne con 1.266.444 iscritti; 33.263 scuole elementari con 14.061.806 alunni; 9.838 scuole superiori con 3.738.238 alunni. Negli Istituti Superiori studiano 54.362 studenti; nelle Università 11.011 studenti frequentano gli studi ecclesiastici e 76.432 altre discipline.



    III. Indizione della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa

    L'idea di convocare la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi maturava nel corso degli anni. Tale possibilità veniva presa in considerazione, negli ultimi anni del Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, mentre il compianto Card. Jan Pieter Schotte era Segretario Generale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. In particolare, di tale idea si è discusso varie volte nelle riunioni del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.
    Pertanto, anche dopo la mia nomina a Segretario Generale nel 2004, il tema ha continuato ad essere attuale. In particolare, lo stesso Papa Giovanni Paolo II ne ha parlato pubblicamente, il 15 giugno 2004, in occasione dell'Udienza concessa al Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale formulando la seguente domanda:  "Non sarebbe giunto il momento, come sollecitano numerosi Pastori d'Africa, di approfondire questa esperienza sinodale africana? L'eccezionale crescita della Chiesa in Africa, il rapido ricambio dei Pastori, le nuove sfide che il Continente deve affrontare esigono risposte che solo la prosecuzione dello sforzo richiesto dalla messa in opera dell'Ecclesia in Africa potrebbe offrire, ridando così rinnovato vigore e rafforzata speranza a questo Continente in difficoltà" (17).

    Da parte loro, i Membri del Consiglio Speciale per l'Africa hanno ringraziato il Santo Padre per tale sollecitudine apostolica nei riguardi delle loro Chiese particolari e si sono impegnati, con rinnovato ardore, a preparare bene l'Assise sinodale. Durante la riunione del Consiglio Speciale per l'Africa nei giorni 15 e 16 giugno 2004, è stato deciso di sottoporre alla benevola decisione del Papa Giovanni Paolo II la proposta di convocare ufficialmente la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa. I Membri del Consiglio hanno incaricato il Segretario Generale di proporre al Santo Padre di annunciare tale decisione nel 10° anniversario della celebrazione della Prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. In particolare, è stato suggerito di farne annuncio il 13 novembre 2004, nella ricorrenza del 1650° anniversario della nascita di Sant'Agostino, grande Africano e gloria della Chiesa universale. L'occasione era propizia, poiché in tale data ha avuto luogo a Roma un Simposio organizzato dal secam (Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar) e dal c.c.e.e. (Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae) per ricordare il 10° anniversario del Sinodo per l'Africa. Secondo il parere dei Membri del Consiglio Speciale per l'Africa, bisognava avere un tempo sufficiente di preparazione per la celebrazione dell'Assise sinodale, che avrebbe potuto avere luogo nel mese di ottobre dell'anno 2009, in ricorrenza del 15° anniversario della celebrazione della Prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Il tema potrebbe riguardare la Chiesa in Africa intesa come Famiglia di Dio chiamata ad annunciare il Vangelo  di  Gesù Cristo per la salvezza e la riconciliazione, la giustizia e la pace.

    Il Servo di Dio Giovanni Paolo II aveva accolto volentieri tale proposta. In occasione dell'Udienza Pontificia ai partecipanti al Simposio dei Vescovi dell'Africa e dell'Europa radunati a Roma egli ha annunciato:  "Accogliendo i voti del Consiglio post-sinodale, interprete dei desideri dei Pastori africani, colgo l'occasione per annunciare la mia intenzione di convocare una seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi" (18). Al contempo, egli ha affidato tale progetto alla preghiera dei fedeli, mentre ha invitato "caldamente tutti a implorare dal Signore per l'amata terra d'Africa il dono prezioso della comunione e della pace" (19).

    Il compianto Pontefice ha espresso in un'altra occasione il suo appoggio all'idea di una Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Nella lettera che ha voluto indirizzare all'Ecc.mo Segretario Generale, in occasione della xiii riunione del Consiglio Speciale per l'Africa del 24 e 25  febbraio 2005, Papa Giovanni Paolo II ha, tra l'altro, espresso la sua visione della Seconda Assise sinodale. "Prendendo atto del dinamismo nato dalla prima esperienza sinodale africana, questa Assemblea cercherà di approfondire e di prolungarla, fondandosi sull'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, e tenendo conto delle nuove circostanze ecclesiali e sociali del continente. Avrà come compito quello di sostenere le Chiese locali e i loro Pastori e di aiutarli nei loro progetti pastorali, preparando così il futuro della Chiesa nel continente africano, che vive situazioni difficili, sia sul piano politico, economico e sociale sia per ciò che concerne la pace" (20). In seguito, il Papa Giovanni Paolo II ha elencato alcune di tali difficoltà:  conflitti armati, la povertà persistente, le malattie e le loro conseguenze devastanti, a cominciare dal dramma dell'Aids, la corruzione e il diffuso senso di insicurezza in varie regioni. I fedeli, insieme con tutti gli uomini di buona volontà devono adoperarsi per costruire una società prospera e stabile, assicurando un futuro degno per le sue nuove generazioni.
     
    La Chiesa Cattolica, che negli ultimi decenni ha conosciuto un grande sviluppo, ne rende grazie a Dio. Allo stesso tempo, il Pontefice precisava:  "Affinché questa crescita continui, incoraggio i Vescovi a vegliare sull'approfondimento spirituale di quanto è stato realizzato, come pure sulla maturazione umana e cristiana del clero e dei laici" (21). Al termine, affidando la preparazione dell'evento ecclesiale all'intercessione materna di Nostra Signora d'Africa, il Papa Giovanni Paolo II auspicava:  "Possa la futura Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, favorire anche un rafforzamento  della fede nel Cristo Salvatore e un'autentica riconciliazione!" (22).
    La Divina Provvidenza ha voluto che il Papa Giovanni Paolo II passasse a miglior vita il 2 aprile 2005. Nel Conclave dello stesso mese, gli Em.mi Cardinali hanno eletto, il 19 aprile 2005, Vescovo di Roma il Santo Padre Benedetto XVI. Due mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio, Sua Santità Benedetto XVI si è pronunciato anche in merito alla convocazione della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Dopo uno studio appropriato della questione, il Santo Padre ha riconfermato la decisione del suo predecessore.

    Salutando i Membri del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Sommo Pontefice ha detto:  "Confermando quanto aveva deciso il mio venerato Predecessore il 13 novembre dello scorso anno, desidero annunciare la mia intenzione di convocare la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Nutro grande fiducia che tale Assise segni un ulteriore impulso nel continente africano all'evangelizzazione, al consolidamento e alla crescita della Chiesa e alla promozione della riconciliazione e della pace" (23).
    L'indizione ufficiale dell'Assise sinodale ha avuto luogo il 28 giugno 2007, vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo. In tale occasione è stato indicato il tema e la data della celebrazione:  "Il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14), da tenersi in Vaticano dal 4 al 25 ottobre dell'anno 2009" (24).

    Dopo la decisione del Santo Padre, i Membri del Consiglio Speciale hanno affrettato il lavoro di preparazione dell'Assise sinodale.

    IV. Preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa

    Maturata l'idea di una Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, i membri del Consiglio Speciale hanno avuto il compito di preparare nel miglior modo possibile la celebrazione di tale evento ecclesiale.
    In primo luogo bisognava redigere i Lineamenta, documento preparatorio dell'Assise sinodale. A tale preparazione sono state dedicate varie riunioni del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale.
    Nella riunione, tenutasi nei giorni 25 e 26 febbraio 2005, i Membri del Consiglio Speciale per l'Africa hanno concordato lo schema dei Lineamenta con precise indicazioni circa il suo contenuto. Nella successiva riunione del 21 e 22 giugno 2005, la bozza del Documento è stata oggetto di profondo studio. Nel frattempo, il 13 gennaio 2006, il Santo Padre Benedetto XVI ha formulato il tema dell'Assemblea Sinodale. Pertanto, i Membri del Consiglio Speciale hanno potuto riflettere con più precisione sul progetto del Documento, apportando varie modifiche che sono state in seguito inserite nel testo. Esso è stato inviato per posta elettronica ai Membri del Consiglio Speciale per l'Africa, per un'ultima approvazione, pregando di far pervenire eventuali rilievi fino al 24 aprile 2006. Due Membri del Consiglio, rappresentanti rispettivamente i gruppi di lingua francese e inglese, insieme con la Segreteria Generale hanno esaminato ed integrato le osservazioni pervenute nei giorni 27 e 28 aprile 2006. Pertanto, il documento ha potuto essere tradotto in 4 lingue:  francese, italiano, inglese e portoghese, alle quali si è aggiunta anche la versione in arabo.

    I Lineamenta sono stati pubblicati il 27 giugno 2006. Il testo è stato presentato nella Sala Stampa della Santa Sede dall'Em.mo Card. Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e dall'Ecc.mo Mons. Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. Il Documento è stato ampiamente diffuso, anche tramite il sito internet vaticano alle pagine della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

    Le Conferenze Episcopali, le Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, ed altri organismi interessati, hanno avuto il tempo fino alla fine del mese di ottobre 2008 per far pervenire alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi le risposte al Questionario dei Lineamenta. Tali risposte sono servite per redigere l'Instrumentum laboris, documento di lavoro della Seconda Assemblea Speciale  per l'Africa del Sinodo dei Vescovi.


    L'Instrumentum laboris

    La percentuale delle risposte ai Lineamenta è divisa in varie categorie di istituzioni con le quali la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi mantiene rapporti ufficiali.
    La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha pure ricevuto contributi di alcune Università Cattoliche e di Istituzioni d'Insegnamento Superiore, come pure di varie persone, anche laiche, che hanno a cuore il presente e il futuro della Chiesa Cattolica in Africa.

    Le risposte pervenute sono state esaminate dal Consiglio Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi nella riunione del 27 e 28 ottobre 2008. I Membri del Consiglio hanno concordato lo schema del Documento, fornendo indicazioni precise sul contento, ovviamente, rispettando i contributi degli Episcopati dei singoli Paesi. La Segreteria Generale, con l'aiuto di alcuni esperti, ha redatto la bozza del Documento che è stato discusso nella XVIii riunione del Consiglio Speciale per l'Africa che ha avuto luogo il 23 e il 24 gennaio 2009. Dopo aver apportato varie modifiche, allo scopo di perfezionare il testo, il Documento è stato accettato con unanime consenso.

    L'Instrumentum laboris è stato dunque tradotto in quattro lingue:  francese, italiano, inglese e portoghese. Il 19 marzo  2009,  il  Santo Padre Benedetto XVI ha avuto la bontà di consegnarlo personalmente a Yaoundé, Camerun, ai Capi dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Africa, per cui ancora Gli rinnoviamo i più sentiti ringraziamenti. In seguito, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha favorito un'ampia diffusione del Documento che sarà approfondito nel corso della presente Assemblea sinodale.



    Nomina dei Membri della Presidenza dell'Assise sinodale

    Il 14 febbraio 2009 il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha nominato tre Presidenti Delegati della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi:  le loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali:  Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar, Senegal, e Fox Wilfrid Napier, o.f.m., Arcivescovo di Durban, Sud Africa. Al contempo, Sua Santità ha nominato il Relatore Generale, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast, Ghana, e due Segretari Speciali, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor António Damião Franklin, Arcivescovo di Luanda, Angola, e Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Edmond Djitangar, Vescovo di Sarh, Ciad (29).



    Ringraziamento ai Membri del Consiglio Speciale per l'Africa

    Di tre Cardinali Presidenti Delegati nominati dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, due sono stati membri del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Sono sicuro di condividere il parere dei Padri sinodali qui presenti nel rivolgere un cordiale ringraziamento a tutti i Membri del Consiglio Speciale per l'Africa per il loro prezioso servizio ecclesiale. Di 12 Membri eletti il 7 maggio 1994, al termine della Prima Assemblea Speciale per l'Africa, hanno perseverato fino alla fine ben 9. Nel frattempo, l'Em.mo Card. Hyacinthe Thiandoum, Arcivescovo emerito di Dakar, Senegal, è deceduto nel 2003; lo raccomandiamo volentieri all'infinita misericordia di Dio.

    Uno si è ritirato nel 2006 per raggiunti limiti d'età, Sua Eminenza il Card. Armand Gaétan Razafindratandra, Arcivescovo emerito di Antananarivo, Madagascar, e uno nel 2007 per motivi di salute, Sua Eccellenza Mons. Paul Verdzekov, Arcivescovo emerito di Bamenda, Camerun. Essi sono stati sostituiti, rispettivamente, da Sua Eccellenza Mons. Anselme Titianma Sanon, Arcivescovo di Bobo-Dioulasso, Burkina Faso, da Sua Eccellenza Mons. Odon Maria Arsène Razanakolona, Arcivescovo di Antananarivo, e da Cornelius Fontem Esua, Arcivescovo di Bamenda, Camerun.

    Con l'inizio dei lavori della presente Assemblea cessano dal loro mandato, che hanno esercitato per 15 anni, i Membri del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Durante tale periodo hanno partecipato a ben 19 riunioni. Il servizio prezioso del Consiglio Speciale alla Chiesa pellegrina in Africa si può dividere in tre fasi. Nella prima, in seguito alla Prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, il Consiglio aveva l'esigente compito di collaborare ad un progetto per l'Esortazione Apostolica Post-sinodale, come servizio al Santo Padre in vista della stesura dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Africa firmata da Papa Giovanni Paolo II a Yaoundé, il 14 settembre 1995, festa dell'Esaltazione della Santa Croce. In seguito, il Consiglio Speciale ha incoraggiato l'applicazione di tale importante Documento. La terza fase è coincisa con la preparazione della presente Assise sinodale.


    V. Osservazioni d'indole metodologica

    Nell'udienza concessami il 23 giugno 2007, il Santo Padre Benedetto XVI ha approvato i criteri circa la partecipazione all'Assise sinodale, concordati in seno al Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, riunitosi nei giorni 15 e 16 febbraio 2007. Dopo l'approvazione del Sommo Pontefice, tali criteri sono stati comunicati ai Presidenti delle Conferenze Episcopali e ai Capi dei Sinodi delle  Chiese Orientali Cattoliche sui iuris.

    Secondo la decisione del Santo Padre Benedetto XVI, all'Assise sinodale partecipano ex officio tutti i cardinali africani, senza limite d'età, come pure i Presidenti delle 36 Conferenze Episcopali e Capi di due Chiese Orientali Cattoliche sui iuris (Copta ed Etiope). Per assicurare un'adeguata rappresentanza dell'episcopato, per ogni 5 Vescovi o frazione di 5 si prevedeva l'elezione di 1 Vescovo rappresentante. Inoltre, si voleva avere almeno un rappresentante di ogni Paese africano.

    In conformità alle norme dell'Ordo Synodi Episcoporum, il Santo Padre ha completato il numero dei Padri sinodali. In particolare, ha nominato i rappresentanti degli episcopati di altri continenti, o di Paesi in cui vi è un considerevole numero di cattolici d'origine africana. Sono presenti anche Vescovi rappresentanti di Paesi che offrono notevole aiuto alla Chiesa Cattolica in Africa sia nel personale, come missionari e missionarie, sia di natura finanziaria. Inoltre, come gesto di riconoscimento dell'opera ben svolta, Sua Santità ha annoverato tra i Padri sinodali quei membri del Consiglio Speciale per l'Africa che per vari motivi non sono stati eletti dai loro confratelli.

    Il Santo Padre Benedetto XVI, ha poi accettato la proposta del Consiglio Speciale di invitare un significativo numero di Uditori, uomini e donne, impegnati nell'evangelizzazione e nella promozione umana in Africa. In tale modo si spera di avere una visione assai ampia sulla vita ecclesiale e sociale del continente, vista anche da parte dei laici. Ovviamente, anche il compito degli Esperti è importante, soprattutto nell'assistere i due Segretari Generali nel corso dei lavori sinodali.

    A questo punto può essere utile segnalare alcune procedure metodologiche la cui messa in pratica dovrebbe facilitare i lavori di questa Assemblea sinodale e rafforzare ancora di più i rapporti di comunione ecclesiale tra i Padri sinodali.

    1. All'inizio dell'assise sinodale si raccomanda vivamente la lettura del Vademecum che ogni partecipante ha già ricevuto. In esso è indicato dettagliatamente il modo di procedere, in osservanza delle norme della Lettera Apostolica Apostolica sollicitudo e dell'Ordo Synodi Episcoporum, e secondo la prassi collaudata nei precedenti Sinodi.
     
    2. Come risulta dal Calendario dei lavori, inserito in lingua latina alla fine del Vademecum, sono previste 20 Congregazioni generali e 9 Sessioni dei Circoli minori.

    3. Per facilitare una partecipazione maggiore di tutti, ogni padre sinodale potrà intervenire in aula sinodale per 5 minuti.

    4. Inoltre, al termine delle Congregazioni Generali pomeridiane, dalle 18 alle 19, vi sarà un'ora di discussione libera. Il primo giorno la discussione sarà allargata a più tempo, necessario per riflettere sull'applicazione dell'Ecclesia in Africa. Dopo una presentazione organica, fatta da un Padre sinodale, S. E. R. Mons. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa, sarà aperto il dialogo che dovrebbe permettere di rivivere l'entusiasmo con cui è stata celebrata la Prima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Inoltre, tale occasione permetterà di segnalarne risultati positivi, come pure aspetti che non sono stati sufficientemente messi in pratica o che dovrebbero essere applicati più a fondo. Tale discussione servirà per introdurre i lavori in continuità ideale con l'Assise sinodale celebrata 15 anni fa.

    5. È assai importante sottolineare che la libera discussione dovrà essere circoscritta al tema del Sinodo:  "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13. 14)". Si tratta di un argomento assai importante e ricco di contenuto, che bisogna approfondire in vari aspetti ecclesiali e cercare di tradurre in iniziative di attività pastorale. I Presidenti Delegati sono pertanto pregati di fare attenzione affinché la discussione non esca dal tema stabilito.

    6. In modo simile, i Padri sinodali dovrebbero seguire nei loro interventi, per quanto possibile, la struttura dell'Instrumentum laboris, per rendere più ordinata la discussione. Essi sono cordialmente pregati di indicare nei loro interventi il numero, o per lo meno, la parte dell'Instrumentum laboris. La Segreteria Generale cercherà di tenerne conto nel comporre la lista degli oratori. Pertanto, prima dovrebbero parlare coloro che tratteranno del primo capitolo dell'Instrumentum laboris, poi del secondo, del terzo e, infine, del quarto. Ovviamente, i Padri possono già iscriversi, indicando su quale parte del Documento intendono parlare.

    7. Le sintesi dei testi pronunciati, curate dai singoli Padri sinodali, normalmente vengono pubblicate. Se qualcuno non volesse che il suo intervento venga diffuso, è pregato di segnalarlo nella Segreteria Generale. Come è noto, è sempre possibile anche consegnare alla Segreteria Generale i testi in scriptis che saranno tenuti in dovuta considerazione dalla Presidenza dell'Assise sinodale.

    8. Le lingue adoperate per le discussioni sono quattro:  francese, italiano, inglese e portoghese. In tali lingue è assicurata la traduzione simultanea.
     
    9. Nelle menzionate lingue sarà possibile fare anche le Proposizioni. Si prega che ogni proposizione sia concisa e breve, trattando un solo argomento. Non sarebbe molto utile ripetere la nota dottrina della Chiesa. I padri sinodali dovrebbero piuttosto proporre consigli intesi a favorire un rinnovamento della vita ecclesiale e una prassi pastorale della Chiesa nel promuovere l'evangelizzazione e la promozione umana, specialmente per quanto riguarda la riconciliazione, la giustizia e la pace.

    10. L'uso dei mezzi elettronici sta ormai diventando di uso comune. Anche nell'Assise sinodale si cercherà di farne un uso appropriato per facilitare il dialogo e per approfondire la comunione episcopale. Tra l'altro, vi saranno varie elezioni e votazioni con l'apparecchio che avete a vostra disposizione. Ringraziamo in anticipo i tecnici per il buon funzionamento del sistema e per la loro assistenza. Intanto, i Padri dovrebbero aiutarsi reciprocamente, soprattutto all'inizio delle sedute, indicando al vicino, se necessario, come adoperare tali mezzi.

    11. Per favorire una maggiore partecipazione dei Padri sinodali, si raccomanda che un Padre sinodale chiamato a svolgere un ufficio non assuma alcun altro incarico all'interno del Sinodo.

    12. Secondo la prassi collaudata, anche a questa Assemblea Sinodale prendono parte in congruo numero alcuni Delegati fraterni, rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali. In modo particolare, sono lieto di annunciare la partecipazione del Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo Etiope Sua Santità Abuna Paulos. Egli ha volentieri accolto l'invito del Sommo Pontefice Benedetto XVI e, a Dio piacendo, sarà con noi martedì mattina, 6 ottobre c.m. Siamo grati al Signore per la qualificata partecipazione al Sinodo del rappresentante della menzionata Chiesa cristiana presente in Africa ininterrottamente dai tempi apostolici.

    13. Due invitati speciali sono ugualmente attesi nel corso dei lavori sinodali. Si tratta del Sig. Jacques Diouf, Direttore Generale della Fao, che dovrebbe informare i Padri sinodali sugli sforzi della Fao per garantire la sicurezza alimentare in Africa. Il Sig. Rudolf Adada, già Capo della Joint United Nations/African Union Peacekeeping Mission per il Darfur, è stato invitato per riferire sugli sforzi di pace nella regione del Darfur, che interessa vari Paesi africani.


    VI. Conclusione

    "Lasciatevi riconciliare!" (2 Cor 5, 20). Il pressante invito del Santo Padre Benedetto XVI ai cristiani d'Africa, ripete l'esortazione di san Paolo ai cristiani di Corinto. Illuminato dallo Spirito Santo, dono del Signore risorto, l'Apostolo delle Genti aveva personalmente sperimentato l'importanza della riconciliazione per la fede cristiana:  "Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2 Cor 5, 18). La riconciliazione richiede il perdono ricevuto dal Padre e dato ai fratelli, secondo l'ammaestramento del Signore Gesù:  "perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore" (Lc 11, 4; cfr. Mt 6, 11). La Chiesa annuncia tale lieta novella della riconciliazione e propone di realizzarla attraverso i sacramenti, in particolare quello della penitenza. Si tratta della "riconciliazione "fontale" dalla quale scaturisce ogni altro gesto o atto di riconciliazione, anche a livello sociale" (30). In tale reciprocità bisogna rispettare la giustizia, che include anche la pena per eventuali crimini commessi. Tuttavia è la parola del nostro Maestro:  "Andate a imparare che cosa vuol dire:  Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti ma i peccatori" (Mt 9, 13). La misericordia cristiana non annulla ma supera la giustizia umana.

    L'insegnamento sulla riconciliazione, sorgente della pace e della giustizia, diventa pertanto il cuore della riflessione dell'Assemblea Speciale per l'Africa. Esso presuppone l'Annuncio della Buona Notizia e la sua assimilazione. Al contempo, di fronte a tanti esempi di conflitti, di violenza ed anche di odio, sembra urgente intraprendere una nuova evangelizzazione anche là ove la Parola di Dio è stata già annunciata. La situazione varia da un Paese all'altro. Dall'Egitto, Etiopia ed Eritrea, ove si è mantenuta la continuità del cristianesimo con i tempi apostolici, fino all'Africa sub-sahariana ove alcune Chiese particolari hanno celebrato 500 anni della fondazione, mentre altre hanno ricordato solennemente il primo secolo dell'evangelizzazione. Se si va dalla costa verso l'interno del continente vi sono Paesi in cui i primi missionari sono venuti appena 50 anni fa. Ad ogni modo, tutti i cristiani sono chiamati a riconciliarsi con Dio e con il prossimo.

    In tale urgente e permanente compito, essi devono essere guidati dai Pastori, Vescovi, sacerdoti, religiosi, diaconi, come pure da persone di vita consacrata. La disponibilità alla riconciliazione è il barometro della profondità dell'evangelizzazione di una persona, di una famiglia, di una comunità, di una Nazione, come pure delle Chiese particolari e di quella universale. Solamente da un cuore riconciliato con Dio, possono spuntare iniziative di carità e di giustizia nei riguardi del prossimo e della società intera.

    "Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13. 14). Tali impegnative parole, che sono al contempo una constatazione della dignità cristiana e un invito a viverla sempre meglio, sono indirizzate a tutti i cristiani, oggi in modo particolare a quelli dell'Africa. Essi sanno, nella grazia dello Spirito Santo, che la risposta affermativa presuppone la conversione e la ferma volontà di seguire Gesù Cristo. La Chiesa Cattolica in Africa deve illuminare ancora di più le complesse realtà del continente con la luce del Signore Gesù, diventando sempre di più il sale della terra africana, immettendo il gusto divino nelle realtà di ogni giorno.

    La Chiesa in Africa è assai dinamica, come del resto mostrano i dati statistici. Mentre ne ringraziamo Dio con cuore pieno di riconoscenza, preghiamo l'Onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo che tale crescita quantitativa diventi sempre di più anche qualitativa. In tale modo i cristiani, guidati dai loro Pastori, potranno avvicinarsi all'ideale a cui il Signore Gesù chiama ogni suo discepolo e cioè a diventare il sale della terra e la luce del mondo (cfr. Mt 5, 13.14). Solamente uniti a Lui, che dà il senso a tutto ciò che esiste e, soprattutto, all'esistenza umana, i cristiani possono svolgere la vocazione di essere il sale della terra, di offrire il sapore divino, eterno, ai beni terreni, alle cose materiali di cui devono servirsi per svolgere la loro vita umana nel modo cristiano. Solamente rivestendosi di Gesù Cristo, luce del mondo, i cristiani possono riflettere tale luce nelle tenebre del mondo attuale, conducendo tanti uomini di buona volontà, in cerca della luce vera, verso la sua sorgente inesauribile:  il Signore Gesù, morto e risorto, colui che è "l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine" (Ap 22, 13).

    Affidiamo la realizzazione di tale proposito all'intercessione di tutti i santi africani, in modo particolare della Beata Vergine Maria, facendo nostro l'auspicio del Santo Padre Benedetto XVI affinché la Chiesa in Africa "possa continuare a crescere nella santità, nel servizio alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace (...) perché il lavoro della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi possa soffiare sul fuoco dei doni che lo Spirito ha riversato sulla Chiesa in Africa (...) Dio benedica l'Africa!" (31).
    Grazie per il paziente ascolto. La grazia dello Spirito Santo ci accompagni nel nostro lavoro sinodale.


    (1) Benedetto XVI, Discorso al Consiglio Speciale per l'Africa (Yaoundé, 19 marzo 2009):  "L'Osservatore Romano", 20-21 marzo 2009, p. 14.
    (2) Ibidem.
    (3) Ibidem.
    (4) Ibidem.
    (5) Benedetto XVI, Il discorso del Papa all'arrivo nella capitale del Camerun (Yaoundé, 17 marzo 2009):  "L'Osservatore Romano", 19 marzo 2009, p. 5.
    (6) Ibidem.
    (7) Ibidem.
    (8) Ibidem.
    (9) Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 1994, Città del Vaticano 1995.
    (10) Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 2007, Città del Vaticano 2009.
    (11) Nel corso dei 25 anni, la Fondazione ha distribuito circa 40.000.000 Dollari Usa in 9 Paesi:  Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Gambia, Guinea Bissau, Niger, Mali, Mauritania e Senegal, finanziando i progetti di accesso all'acqua e di ripristino di terreni coltivabili, come pure di formazione e d'istruzione.
    (12) La Fondazione è affidata al Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.
    (13) Bisogna menzionare, in ordine alfabetico, le seguenti:  avsi (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale); Caritas Internationalis; Catholic Relief Services (crs); Community of S. Egidio; Konrad Adenauer Stiftung; International Commission for Catholic Prison Pastoral Care (iccppc); Misereor; Pax Christi International; cosmam (Confédération des Conférences des Supérieur(e)s Majeur(e)s d'Afrique et Madagascar); Rencontre et développement (ccsa); Associazione nolite timere Onlus, Adozioni a distanza.
    (14) African Forum Catholic Social Teaching, Harare, Zimbabwe; Institut des Artisans de Justice et de Paix (iajp), Cotonou, Bénin; Centre Ubuntu, Bujumbura, Burundi; Mediation Sociale et Justice et Paix, Yaoundé, Cameroun; Centre d'Etudes pour l'Action Sociale (cepas), Kinshasa, Congo; Centre Carrefour, Port-Matthurin, Via Mauritius; Center for Social Justice and Etics/Catholic University of Eastern Africa (cuea), Nairobi Kenya; Institute of Social Ministry in Mission Tangaza College/Catholic University of Eastern Africa (cuea); Justice and Peace Desk Conference of Major Superiors, Lesotho; Catholic Institute for Development Justice and Peace (cidjap), Enugu, Nigeria; Christian Professionals of Tanzania (cpt), Dar es Salaam, Tanzania.
    (15) Cfr. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiæ, Annuarium statisticum Ecclesiæ 2007, Città del Vaticano 2009, p. 357.
    (16) Cfr. Riccardo Cascioli, Aids, Africa e bugie, "Avvenire", 28 marzo 2009, p. 3.
    (17) Giovanni Paolo II, Il discorso del Santo Padre alla Riunione del Consiglio post-sinodale dell'Assemblea Speciale per l'Africa  della  Segreteria  generale   del Sinodo dei Vescovi (15 giugno 2004):  "L'Osservatore Romano" 17 giugno 2004, p. 7.
    (18) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio dei Vescovi d'Africa e d'Europa promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (13 novembre 2004):  aas XCVI, 2004, p. 955.
    (19) Ibidem.
    (20) Giovanni Paolo II, Lettera al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi in occasione della 13 riunione del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (23 febbraio 2005):  http: //www.vatican.va/ holy_fathe/john_paul_ii/letters/2005/ documents/hf_jp-ii_let_20050223_ eterovic-synod_en.html.
    (21) Ibidem.
    (22) Ibidem.
    (23) Benedetto XVI, L'Udienza generale del 22 giugno 2005:  "L'Osservatore Romano" 23 giugno 2005, p. 1.
    (24) L'annuncio è stato pubblicato il 29 giugno 2007 sull'edizione de "L'Osservatore Romano" di venerdì 29 giugno 2007, p. 1.
    (25) Non hanno risposto le Conferenze Episcopali del Gambia e della Sierra Leone, della Guinea Equatoriale, del Lesotho, del Malawi e dell'Oceano Indiano (c.e.d.o.i.).
    (26) Ha risposto solamente la amecea (The Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa).
    (27) Non è pervenuta la risposta della Chiesa Metropolitana sui iuris Etiopica.
    (28) Non hanno risposto 2 Congregazioni:  Cause dei Santi e Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica; 2 tribunali:  Penitenzieria Apostolica e Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; 5 Pontifici Consigli:  per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, per i Testi Legislativi, per il Dialogo Interreligioso, per la Cultura, per le Comunicazioni Sociali; e Prefettura per gli Affari Economici della Chiesa.
    (29) Cfr. "L'Osservatore Romano", 15 febbraio 2009, p. 1.
    (30) Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia, 4:  aaa LXXVII, 1985, p. 194.
    (31) Benedetto XVI, Il discorso del Papa all'arrivo nella capitale del Camerun (17 marzo 2009):  "L'Osservatore Romano", 19 marzo 2009, p. 5.


    (©L'Osservatore Romano - 5- 6 ottobre 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    06/10/2009 00:29
     
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    La relazione del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson prima della discussione generale

    Spiritualità di riconciliazione
    per il continente delle opportunità




    Pubblichiamo in una nostra traduzione italiana la relazione prima della discussione generale, pronunciata dal relatore generale, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast (Ghana), nel corso della prima Congregazione generale, svoltasi lunedì mattina, 5 ottobre, nell'aula del Sinodo.



    Introduzione

    Mentre veniva intonato il Te Deum e nell'intera Aula del Sinodo risuonava questo inno di rendimento di grazie, a mezzogiorno del 7 maggio 1994, si concludeva formalmente la i Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo aveva avuto come tema: "La Chiesa in Africa e la sua Missione evangelizzatrice verso l'anno 2000: "Sarete miei testimoni" (At 1, 8)". Esso rivolse un messaggio alla Chiesa e al mondo che rispecchiava gli slanci principali del processo sinodale e votò diverse risoluzioni in forma di Proposizioni. A partire da qui i Padri sinodali e l'intera Chiesa attesero intensamente l'Esortazione Apostolica Post-sinodale del Santo Padre, come Presidente del Sinodo, che avrebbe raccolto i frutti del Sinodo in un messaggio che avrebbe contrassegnato la conclusione definitiva dell'esercizio collegiale e consultivo del Sinodo. Cosa che il Santo Padre ha fatto emanando l'Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Africa (La Chiesa in Africa) e presentandola all'Africa e al mondo a Yaoundé in Camerun, il 14 settembre 1995, poi a Johannesburg, in Sud Africa, il 17 settembre 1995, e infine a Nairobi, in Kenya, il 19 settembre 1995 (1).



    I. Dalla i Assemblea Speciale per l'Africa alla ii Assemblea Speciale

    Papa Giovanni Paolo II descriveva il Sinodo da lui concluso con la promulgazione dell'Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Africa come un "Sinodo di risurrezione e di speranza" (2). Da quella Assemblea sinodale, convocata sullo sfondo di una visione del mondo prevalentemente pessimistica dell'Africa, di una situazione del continente di particolare sfida e "tragicamente sfavorevole" (3) per la missione evangelizzatrice della Chiesa negli ultimi anni del ventesimo secolo, si attendeva tuttavia che segnasse una svolta nella storia del continente (4).
    Quando il Santo Padre e i Padri sinodali si incontrarono per quel primo Sinodo, dovettero considerare "gli elementi sia positivi che negativi (le luci e le ombre) nei "segni dei tempi"" (5). Dovettero contemplare e celebrare i successi dell'evangelizzazione e la crescita delle Chiese locali nel continente, ma anche lamentare e deplorare una serie di miserie e di mali nel continente. Dovettero onorare l'eroismo e lo spirito pionieristico dei missionari, ma anche criticare la mancanza di impegno e di zelo pastorale del personale ecclesiastico, l'emergere di tendenze sincretistiche, la proliferazione delle sette, la politicizzazione dell'islam e la sua intolleranza alle critiche. Dovettero accogliere con ottimismo l'emergere di democrazie e il risveglio di una profonda consapevolezza culturale, sociale, economica e politica nel continente, ma dovettero anche lamentare regimi dispotici e dittatoriali, malgoverno, corruzione diffusa e un allarmante aumento della povertà. La situazione del continente era fortemente ambivalente quanto paradossale e la rapida successione degli eventi come la fine dell'apartheid e il triste inizio del genocidio ruandese ben rappresentavano questo paradosso.
    Tenendo conto di questa situazione paradossale in cui il male e la sofferenza sembravano prevalere sul bene e sulla virtù, il clima pasquale della i Assemblea Speciale per l'Africa ispirò un messaggio di speranza per il continente. Con la pubblicazione dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Africa, la Chiesa in Africa ebbe nuovo impulso e nuovo slancio per la sua vita e attività nel continente come Chiesa missionaria, ossia Chiesa con una missione. Infatti, il Sinodo nel suo clima pasquale e l'Esortazione Apostolica Post-sinodale diedero alla Chiesa in Africa un nuovo impulso che possiamo così descrivere:
    - speranza nel Cristo Risorto, come nuovo impeto per vivere il suo "programma" e la sua missione evangelizzatrice;
    - un nuovo paradigma: la Chiesa come famiglia di Dio, per offrire una prospettiva, un sistema di valori per vivere il suo "programma", ma specialmente per sottolineare l'unità e la comunione di tutti nonostante le differenze;
    - un insieme di priorità pastorali: evangelizzazione come Proclamazione, evangelizzazione come Inculturazione, evangelizzazione come Dialogo, evangelizzazione come Giustizia e Pace ed evangelizzazione come Comunicazione per orientare l'attuazione del proprio "programma" e della propria missione in un'Africa con un paradossale accostamento di deplorevoli miserie umane e di straordinari eroismi al di fuori e all'interno della Chiesa (6).
    Perciò il periodo successivo alla pubblicazione dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale ha rappresentato, come riteneva anche Papa Giovanni Paolo II (7), il tempo dell'approfondimento di questa esperienza sinodale e di applicazione della Ecclesia in Africa, nello sforzo perseverante e concertato di ristabilire un rinnovato vigore e una speranza più concreta in un continente in difficoltà. Questo periodo post-sinodale ha raggiunto il suo quattordicesimo anno; e, mentre la situazione del continente, delle sue isole e della Chiesa presenta ancora alcune delle "luci e ombre" (8) che motivarono il primo Sinodo, essa è anche notevolmente cambiata. Tale nuova realtà richiede un appropriato esame in vista di un rinnovato sforzo di evangelizzazione che esige un approfondimento di alcuni temi specifici importanti per il presente e il futuro della Chiesa cattolica nel grande continente africano (9).
    Di conseguenza, riuniti nuovamente in una ii Assemblea Speciale per l'Africa quindici anni dopo la prima, dobbiamo radicarci in profondità nel primo Sinodo (10), consapevoli e desiderosi di esplorare in primo luogo i "nuovi dati ecclesiali e sociali del continente" (11), che attualmente influiscono sulla missione della Chiesa nel continente ed esigono che la Chiesa in Africa, oltre a considerarsi come "testimone di Cristo" e "famiglia di Dio", si consideri anche "sale della terra, luce del mondo" e "a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace".


    Nuovi dati sociali ed ecclesiali del continente


    Dati ecclesiali


    a.Subsidia Fidei: è importante notare che lo slancio e l'impulso che la i Assemblea Speciale per l'Africa ha dato alla Chiesa di questo continente per rinnovarsi, fortificarsi e radicare più saldamente la propria speranza nel Signore, è stato considerevolmente favorito da alcuni eventi ecclesiali successivi e da attività del Papa e della Curia Romana, che potremmo definire come "subsidia fidei" per la Chiesa. Così, il "Sinodo sull'Eucaristia" ha affermato la centralità dell'Eucaristia nella vita della Chiesa-Famiglia di Dio quale simbolo di unità. Il "Sinodo sul Vescovo: Servitore del Vangelo..." ha ricordato a Vescovi e Pastori il loro ministero essenziale, quali annunciatori del Vangelo in seno alla Chiesa-Famiglia di Dio; e il "Sinodo sulla Parola di Dio" ha ricordato alla Famiglia di Dio il seme eterno e imperituro della sua nascita. Inoltre le Encicliche del Papa "Deus caritas est", "Spe salvi", "Caritas in veritate", le sue omelie e i suoi discorsi nel corso della recente visita apostolica in Africa (Camerun e Angola) hanno offerto catechesi di inestimabile valore alla Chiesa in Africa. Infine i dicasteri della Curia Romana hanno tenuto seminari su:
    - "La Liturgia" (Kumasi 2007) allo scopo di offrire una guida per una permanente opera di inculturazione nella liturgia.
    - La "Dottrina Sociale della Chiesa" (Dar-es-Salaam 2008) per promuovere la conoscenza e la diffusione degli insegnamenti sociali della Chiesa.
    - "La Migrazione" (Nairobi 2008) per parlare della migrazione e delle nuove forme di schiavitù.
    - I "Lavori delle Commissioni Teologiche delle Conferenze episcopali" (Dar-es-Salaam 2009) per ricordare ai Vescovi l'importanza del loro compito magisteriale in seno alla Chiesa, anche se si avvalgono di esperti.
    Tali incontri hanno accresciuto la consapevolezza della Chiesa in Africa riguardo alla propria vita e al proprio ministero.
    b. La crescita eccezionale della Chiesa in Africa: negli ultimi decenni (compresi gli anni successivi alla I Assemblea Speciale per l'Africa) è diventato abituale parlare di una eccezionale crescita della Chiesa in Africa e gli indicatori, come sottolineano i Lineamenta e l'Instrumentum laboris, sono diversi. Tuttavia, fra questi segnali di crescita della Chiesa del continente e delle isole, le vere novità sono:
    - L'ascesa di membri africani di congregazioni missionarie a posizioni e ruoli di guida: membri di consigli, vicari generali e perfino superiori generali.
    - Ricerca dell'autosufficienza da parte delle Chiese locali, impegnandosi in operazioni economiche in grado di generare profitti (banche, società finanziarie, compagnie di assicurazioni, agenzie immobiliari e negozi).
    - Un incremento visibile delle strutture e istituzioni ecclesiali (seminari, università ed istituti cattolici di istruzione superiore, centri di formazione permanente per i religiosi, i catechisti e i laici, scuole di evangelizzazione) come pure un aumento di esperti e manager per il lavoro di ricerca nel campo della fede, della missione, della cultura e dell'inculturazione, della storia, dell'evangelizzazione e della catechesi.
    Tuttavia la Chiesa in Africa affronta anche terribili sfide:
    - Quando si parla di una Chiesa prospera in Africa si dimentica il fatto che in vaste aree a nord dell'equatore, essa a malapena esiste. La crescita straordinaria della Chiesa si è verificata soprattutto a sud del Sahara.
    - La fedeltà e l'impegno di alcuni sacerdoti e religiosi alla loro vocazione.
    - La necessità di evangelizzare (o ri-evangelizzare) per una conversione profonda e permanente.
    - La perdita di membri che sono passati a nuovi movimenti religiosi o alle sette. I giovani cattolici vanno all'estero (in Europa e America) e tornano non cattolici, perché nelle Chiese di quei Paesi non si sono trovati a loro agio.
    - Il calo degli indici di incremento della popolazione nell'Europa tradizionalmente cristiana e in America.
    c. Il Sinodo per l'Africa e il "Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar" (secam): l'approfondimento dell'esperienza sinodale africana nel continente e nelle isole è dipeso in larga misura da un organismo specifico della Chiesa continentale, il "secam". Durante il Concilio Vaticano ii i Vescovi africani, alla ricerca di mezzi idonei di cooperazione, diedero vita ad un segretariato che coordinasse i loro interventi e presentasse al Concilio un punto di vista comune (africano). Dopo il Concilio e alla presenza di Papa Paolo VI a Kampala (1969), i Vescovi africani decisero di rendere permanente questo organismo di cooperazione del Concilio con la creazione del secam. Allora il secam era un auspicabile organismo o istituzione permanente per promuovere l'esercizio di una solidarietà pastorale organica nel continente da parte dei suoi Pastori. Doveva essere uno strumento dei vescovi per promuovere nel continente l' "Evangelizzazione nella corresponsabilità" (12); ed è stato a questo organismo che Papa Giovanni Paolo II ha attribuito l'idea originaria di un Sinodo per l'Africa (13).
    Nel corso della II Assemblea Speciale per l'Africa non sarebbe fuori luogo se i Pastori del continente riesaminassero la necessità dell'esistenza del secam e il loro impegno nei suoi confronti.


    Dati sociali


    Nel trattare "alcuni punti critici della vita delle società africane" (14), l'Instrumentum laboris ha individuato e discusso molti di questi nuovi dati sociali. Vogliamo aggiungere poche note a pie' di pagina che potrebbero essere importanti e lasciare all'assemblea sinodale il compito di completare il quadro.
    d. Note Socio-storiche all'Instrumentum laboris: nel 1963, nel corso di un incontro dell'Organizzazione per l'Unità Africana (oau), i leader africani decisero di mantenere una delle vestigia dell'era coloniale, conservando i confini coloniali e la descrizione degli stati, indipendentemente dal loro carattere artificiale. Tuttavia tale decisione non è stata seguita da un corrispondente sviluppo del sentimento nazionalista, che avrebbe fatto sì che le differenze etniche si arricchissero vicendevolmente e che avrebbe privilegiato il bene comune della nazione rispetto al campanilismo degli interessi etnici. Per questo motivo la diversità etnica continua a rappresentare un focolaio di conflitti e tensioni, che minano perfino il senso di appartenenza comune alla Chiesa-Famiglia di Dio.
    La schiavitù e lo schiavismo, che il mondo arabo portò per primo sulla costa dell'Africa orientale e che gli europei, in collaborazione con gli stessi africani, nel xiv secolo incrementarono ed estesero a tutto il continente, hanno portato a un flusso migratorio forzato di africani. Oggi le migrazioni volontarie, dettate da vari motivi, dei figli e delle figlie dell'Africa verso l'Europa, l'America e l'Estremo Oriente, li pongono in una condizione di occupazione servile che esige la nostra attenzione e la nostra cura pastorale.
    e. Nota socio-politica all'Instrumentum laboris: strettamente legate agli sviluppi post-coloniali del continente sono state le celebrazioni di indipendenza e l'emergere di stati e nazioni africane con governi gestiti da soli africani. L'esercizio del potere politico e del governo è stato generalmente criticato e spesso viziato da dispotismi, dittature, politicizzazione della religione o dell'etnia, disprezzo per i diritti dei cittadini, mancanza di trasparenza e di libertà di stampa, ecc.
    Ma il periodo successivo alla i Assemblea per l'Africa, vale a dire l'alba del Terzo Millennio, sembrava aver coinciso, nel continente, con un desiderio emergente degli stessi leader africani di un "Rinascimento africano" (Thabo Mbeki), "una nuova contemporanea auto-determinazione africana per la costruzione di una civiltà africana in sintonia con i dettami dei nostri tempi, vale a dire la crescita economica, la libertà politica e la solidarietà sociale" (15).
    I leader politici africani sembrano determinati a cambiare il volto dell'amministrazione politica nel continente; e hanno condotto un'auto-valutazione critica che ha identificato nel malgoverno le cause della povertà e delle sofferenze dell'Africa. Hanno quindi tracciato un cammino del buon governo e della formazione della classe politica, in grado di cogliere la parte migliore delle tradizioni ancestrali africane e di integrarla con i principi di governo delle moderne società. Hanno adottato un quadro strategico (nepad) per orientare le azioni e guidare il rinnovamento dell'Africa attraverso delle leadership politiche trasparenti (16). Può, la Chiesa in Africa, riconoscere l'impegno politico dei suoi figli e delle sue figlie e dare loro lo stimolo del messaggio evangelico, che li sfidi ad essere la "luce delle (loro) nazioni" e il "sale delle loro comunità", offrendo una "leadership a servizio degli altri"?
    f. Nota socio-economica all'Instrumentum laboris: il rapporto radicale tra governo ed economia è chiaro; dimostra che un cattivo governo produce una cattiva economia. Ciò spiega il paradosso della povertà di un continente che è senz'altro uno dei più ricchi del mondo di potenzialità. La conseguenza di questa "equazione governo-economia" è che quasi nessun paese africano può rispettare i propri obblighi di bilancio, vale a dire i programmi finanziari nazionali pianificati, senza ricorrere ad aiuti esterni in forma di obbligazioni o prestiti. Questo continuo finanziamento dei bilanci nazionali facendo ricorso a prestiti non fa altro che accrescere un già opprimente debito nazionale. La Chiesa universale con quella Africana hanno messo a punto una campagna per cancellarlo nell'anno del Grande Giubileo.
    I rapporti economici tradizionali degli stati africani con i paesi ex-colonizzatori, per esempio il "Commonwealth", sono stati sostituiti da altre potenti alleanze economiche tra gli stati africani individualmente o in blocco con gli Stati Uniti (Millennium Challenge Account), la Comunità Economica Europea (Lomé Culture, Yaoundé Agreement e il Cotonou Agreement) (17) e il Giappone (ticad i-iii). Recentemente la Cina e l'India, assetate di risorse naturali, si sono affacciate sulla scena manifestando interesse per ogni possibile aspetto delle economie nazionali africane. Al centro della maggior parte di questi protocolli e accordi c'è la discussione sul "commercio e sostegno", vedendo che i paesi che si sono sviluppati, lo hanno fatto attraverso il commercio (non solo in "materie prime"), e non in conseguenza di una "sindrome di dipendenza dagli aiuti". Rappresentano quindi un motivo di grande interesse per le giovani economie commerciali africane le decisioni e le condizioni imposte dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (wto) e dal mondo sviluppato.
    Come già detto sopra, i leader africani hanno recentemente dato vita a una struttura strategica (nepad) (18) che guidi gli accordi economici dell'Africa, il superamento della povertà e il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals). Come afferma il Dr. Uschi Eid, "Soltanto gli stimoli e gli sforzi che nascono dall'Africa porteranno al successo" (19). In un certo senso l'uscita dell'Africa dalla sua agonia economica deve essere opera degli africani e guidata da loro stessi (20). Per questo i cuori devono essere convertiti e gli occhi aperti per trovare nuovi modi di amministrare la ricchezza pubblica per il bene comune; e ciò spetta alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.
    g. Note sociali all'Instrumentum laboris: gli effetti delle suddette situazioni (storiche, politiche, economiche) determinano lo stato di salute della società africana (stabile, pacifica, prospera); costituiscono inoltre le sfide di fondo per la missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.
    Esistono inoltre fenomeni globali e iniziative internazionali, di cui occorre valutare l'impatto sulla società africana e su alcune delle sue strutture, che pongono nuove sfide anche alla Chiesa. Mentre l'importanza che viene data sempre di più al posto e al ruolo delle donne nella società è un felice progresso, l'emergere nel mondo di stili di vita, valori, atteggiamenti, associazioni, ecc., che destabilizzano la società, sono motivo di inquietudine. Essi minano le basi stesse della società (matrimonio e famiglia), ne riducono il capitale umano (migrazioni, spaccio di droga, traffico d'armi) e minacciano la vita del pianeta.
    Il matrimonio e la famiglia sono sottoposti a pressioni diverse e terribili perché venga ridefinita la loro natura e funzione nella società moderna. I matrimoni tradizionali, che portavano alla creazione di famiglie, sono minacciati da una crescente proposta di unioni e rapporti alternativi, privati del concetto di impegno duraturo, di natura non eterosessuale e senza il fine della procreazione. In alcune parti del continente questi hanno già i loro paladini all'interno della Chiesa. Questo attacco al matrimonio e alla famiglia è portato avanti e sostenuto da gruppi che producono un glossario teso a sostituire i concetti e i termini tradizionali riguardanti il matrimonio e la famiglia con nuove espressioni. Lo scopo è quello di stabilire una nuova etica globale sul matrimonio, la famiglia, la sessualità umana e le istanze correlate dell'aborto, della contraccezione, di aspetti dell'ingegneria genetica, ecc.
    Spaccio di droga e traffico di armi: alcune parti del continente sono diventate le vie della droga dall'America Latina all'Europa. Per quanto riguarda l'Africa occidentale, il traffico di droga viene indicato come causa principale dell'instabilità e del disordine politico in Guinea Bissau e ora anche in Guinea. Quando all'inizio di luglio l'esercito della Guinea ha dichiarato il massimo stato di allerta, lo ha fatto in seguito a minacce di invasione sostenute dai cartelli della droga.
    La droga non passa semplicemente attraverso parti del continente e delle isole, ma ha trovato consumatori ovunque. L'uso di droghe e la tossicodipendenza tra i giovani sta rapidamente diventando la maggior causa di dispersione del capitale umano in Africa e nelle isole, seconda solo alla migrazione, ai conflitti e alle malattie, quali l'Aids/Hiv e la malaria.
    Strettamente connesso al traffico di droga e all'avventurismo politico è il traffico di armi: sia di piccolo calibro che pesanti. La Chiesa in Africa, riunita in Assemblea Speciale si unisce alla Santa Sede nel sostenere con soddisfazione le iniziative delle Nazioni Unite volte a fermare il traffico illegale di armi e a rendere il commercio legalizzato degli armamenti più trasparente. Essa sostiene in modo particolare lo studio che è in corso per la messa a punto di un trattato giuridicamente vincolante sull'importazione, l'esportazione e il passaggio di armi convenzionali attraverso l'Africa.
    Ambiente e cambiamenti climatici: la nube discontinua di smog che copre la maggior parte dell'Africa orientale, accompagnata da una diminuzione delle precipitazioni, da siccità e carestia, è spesso considerata un effetto del Niño. Ma essa evidenzia quanto siano dure le condizioni climatiche del continente in generale e quanto negativamente il precario equilibrio ecologico di alcune parti dell'Africa possa essere influenzato dai "cambiamenti climatici" osservati nel pianeta. Per questo motivo i vertici delle Nazioni Uniti e mondiali sui cambiamenti climatici, l'emissione di gas serra, l'assottigliamento dello strato di ozono, come quello che si terrà a dicembre a Copenaghen, devono poter contare sull'orante sostegno dell'Africa, mentre si prepara a scoprire e a sviluppare sorgenti alternative di energia pulita (sole, vento, onde marine, biogas, ecc.).
    Al termine di questo esame, che è certamente incompleto, è chiaro che, nonostante il continente e la Chiesa nel continente non siano ancora usciti dalle difficoltà, possono però almeno in parte rallegrarsi per i loro successi e i risultati positivi e iniziare a ricusare le generalizzazioni stereotipate sui conflitti, carestie, corruzioni e malgoverni. I quarantotto Paesi che costituiscono l'Africa sub-sahariana presentano grandi differenze nelle situazioni delle loro Chiese, dei loro governi e della loro vita socio-economica. Di queste quarantotto nazioni, solo quattro, la Somalia, il Sudan, il Niger e parti della Repubblica Democratica del Congo, sono attualmente in guerra, e almeno due di queste lo sono a causa di interferenze straniere: la Repubblica Democratica del Congo e il Sudan. Va detto che vi sono meno guerre in Africa che in Asia.
    I mercanti di guerra e i criminali di guerra vengono sempre di più denunciati, processati e perseguiti. Un ufficiale della Repubblica Democratica del Congo è stato processato: Charles Taylor della Liberia sta affrontando la corte internazionale.
    La verità è che l'Africa è stata accusata per troppo tempo dai media di tutto ciò che viene aborrito dall'umanità; è tempo di "cambiare marcia" e di dire la verità sull'Africa con amore, promuovendo lo sviluppo del continente che porterà al benessere di tutto il mondo (21). I Paesi del g-8 e i Paesi del mondo devono amare l'Africa nella verità! (22). Generalmente considerata alla decima posizione nella graduatoria dell'economia mondiale, l'Africa rappresenta tuttavia il secondo mercato mondiale emergente dopo la Cina. Per questo motivo, come l'ha definita il summit del g-8 da poco concluso, è il continente delle opportunità. E ciò dovrebbe valere anche per le popolazioni del continente. Si spera che la ricerca della riconciliazione, la giustizia e la pace, che è eminentemente cristiana per il fatto di essere radicata nell'amore e nella misericordia, ristabilisca l'unità della Chiesa-Famiglia di Dio nel continente e che quest'ultima, in quanto sale della terra e luce del mondo, guarisca "il cuore ferito dell'uomo, in cui si annida la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano" (23). In tal modo il continente e le sue isole comprenderanno le opportunità e i doni dati loro da Dio.



    II. Dall'essere "Famiglia di Dio (evangelizzatori) all'essere servitori (ministri = diakonoi) della riconciliazione, della giustizia e della pace"


    Come precedentemente osservato, quando la i Assemblea speciale per l'Africa si riunì per riflettere sull'evangelizzazione nel continente e nelle isole alle soglie del terzo millennio della fede cristiana, adottò la Chiesa-Famiglia di Dio come il principio guida dell'evangelizzazione in Africa (24). L'immagine della Chiesa-Famiglia di Dio evocava valori come sollecitudine verso gli altri, solidarietà, dialogo, fiducia, accoglienza e calore nei rapporti. Evocava tuttavia anche le realtà socioculturali di genitorialità, procreazione e filiazione, affinità e fraternità, come pure una rete di rapporti che derivavano da queste realtà sociali e in cui i membri si riconoscevano. I rapporti costituiscono la vita di comunione della famiglia, ma richiedono ai membri un impegno, il cui compimento rappresenta allo stesso tempo la loro giustizia e rende le relazioni armoniose e pacifiche. Tuttavia, quando tali esigenze del rapporto non vengono rispettate, la giustizia viene violata e la vita di comunione risulta offesa, danneggiata, menomata.


    L'Instrumentum laboris ne tiene conto e mette in rilievo le numerose sfide alla comunione e all'ordine sociale che il disprezzo per le giuste esigenze di relazione pone al continente. In questi casi la riconciliazione rappresenta il ristabilimento della comunione e del giusto ordine; ed essa prende la forma di restaurazione della giustizia che sola ristabilisce pace ed armonia nella Chiesa-Famiglia di Dio e nella famiglia della società.
    Quanto segue si propone di contribuire alla discussione del tema sinodale, fornendo brevi riferimenti biblici ai termini del tema allo scopo di radicare le istanze dei termini e la loro interazione nei rapporti umani (nella società umana) prima e, soprattutto, nel rapporto di Dio con l'uomo (umanità).

    a. Servi (diakonoi) di Riconciliazione come Ripristino della Giustizia


    Nelle Scritture. La riconciliazione è una iniziativa divina, un moto libero e gratuito di Dio nei confronti dell'umanità; e il suo scopo è quello di sanare e di ristabilire la comunione sancita dall'alleanza, che viene minacciata e infranta dal peccato.
    L'insegnamento di san Paolo ai Corinzi sull'argomento è illuminante: "Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor 5, 17-20).
    La Riconciliazione quindi è un atto divino di cui noi (umanità) facciamo esperienza e in questa esperienza diventiamo suoi strumenti e ambasciatori.


    L'esperienza di Riconciliazione degli Apostoli


    I Vangeli hanno presentato la vita e il ministero di Gesù come l'opera di salvezza del Padre per l'umanità. I discepoli di Gesù sono stati i primi a essere chiamati a sperimentare l'offerta di salvezza del Padre in Gesù e l'hanno fatto in vari modi, anche attraverso il perdono e la riconciliazione. Il saluto di "pace" di Gesù ai discepoli la mattina della Resurrezione (Gv 20, 19-21), per esempio, rappresentava il perdono del loro tradimento e del loro abbandono di Gesù, e allo stesso tempo il ristabilimento dell'amicizia.
    Gesù non ha preteso un'ammissione di colpa da parte dei discepoli. Non c'è stata alcuna richiesta di perdono e non sono state porte scuse. C'era solo una luce benevola che brillava su tutte le loro mancanze. Sono stati offerti un perdono gratuito e un riconciliante augurio di pace.
    La Riconciliazione qui è un gesto conciliatorio gratuito e immeritato in cui l'offeso (Gesù) va incontro ai colpevoli (i discepoli). Incaricati ora di predicare il Vangelo fino ai confini della terra, i discepoli-apostoli di Gesù hanno assolto la loro missione di "evangelizzatori che sono stati evangelizzati" e di "ambasciatori della riconciliazione che hanno fatto esperienza della riconciliazione".


    L'esperienza di Riconciliazione di Paolo


    Più tardi Paolo prosegue l'opera dei discepoli-apostoli di Gesù come predicatore dello stesso dono di salvezza in Gesù. Tuttavia, avendo ricevuto l'incarico di annunciare Gesù nelle particolari circostanze del suo incontro con il Signore risorto sulla via di Damasco, anche Paolo comprende che l'offerta di salvezza in Gesù da parte del Padre è l'atto di riconciliazione del Padre (25). Infatti, come egli stesso ammette: "Io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù" (1 Tm 1, 13-14).
    Per Paolo, quindi, l'esperienza della salvezza ha rappresentato anche un passaggio dall'ostilità e l'inimicizia verso Cristo e la sua Chiesa alla fede in Cristo e alla fratellanza con la sua Chiesa. Questo passaggio dall'inimicizia alla fratellanza costituisce la riconciliazione ed è un'esperienza immeritata che solo Dio può suscitare in una persona. In questo, Paolo ha considerato se stesso un esempio per coloro che avrebbero creduto in Cristo (cfr. 1 Tm 1, 16).


    Riconciliazione con Dio (verticale) e tra gli Esseri Umani (orizzontale)


    In Gesù: nella sua vita e nel suo ministero ma in particolare nella sua morte e risurrezione, Paolo ha visto Dio Padre riconciliare il mondo (tutte le cose in cielo e sulla terra) a sé, cancellando i peccati dell'umanità (cfr.

    2 Cor 5, 19; Rm 5, 10, Col 1, 21-22). Paolo ha visto Dio Padre riconciliare giudei e gentili a sé in un solo corpo attraverso la croce (Ef 2, 16). Ma Paolo ha anche visto Dio riconciliare giudei e gentili creando, dei due, un solo uomo nuovo (Ef 2, 15; 3, 6). In tal modo l'esperienza della riconciliazione stabilisce la comunione su due livelli: comunione tra Dio e umanità e, poiché l'esperienza della riconciliazione rende noi (umanità riconciliata) anche "ambasciatori della riconciliazione", essa ristabilisce pure la comunione tra gli uomini.

    Riconciliazione tra Dio e Umanità


    La creazione dell'umanità a immagine e somiglianza di Dio, la scelta di Israele come "parte e eredità di Dio", la redenzione dell'umanità in Cristo e il sigillo dello Spirito Santo (cfr. Ef 1, 13; 4, 30) conducono l'umanità alla comunione con Dio.
    Quando l'umanità è alienata e lontana da Dio a causa del peccato (disobbedienza, idolatria, rifiuto di Gesù), la riconciliazione si concretizza nel perdono; e questa è l'opera di Dio (26).
    È Dio che ha inaugurato la riconciliazione con Israele e l'umanità, peccatori e distanti, riconducendoli a sé (Sal 80, 3, 7, 19; Os 11; 14) "perché noi fossimo a lode della sua gloria" (Ef 1, 12) e secondo "Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ef 4, 24); e Gesù "Colui che non aveva conosciuto peccato... Dio lo trattò da peccato in nostro favore" (2 Cor 5, 21; Gal 3, 13; Rm 8, 5) resta il nostro tramite per la riconciliazione. La quale, comunque, è opera dell'amore di Dio.


    La Riconciliazione in seno alla Famiglia Umana


    Ricordando brevemente la storia di Gesù e Zaccheo (

    Lc 19), si comprende che l'incontro tra Gesù e Zaccheo non ha portato soltanto a una conversione che ha stabilito la comunione tra Zaccheo e il Signore. Questo incontro ha portato anche a una conversione che ha ristabilito il rapporto di Zaccheo con la sua gente. In questa nuova relazione è cambiata anche la sua visione della sua gente: erano fratelli che non dovevano essere sfruttati o defraudati.
    La Riconciliazione quindi non si limita a Dio che attira a sé un'umanità alienata e peccatrice in Cristo attraverso il perdono dei peccati e l'amore. Costituisce anche il ristabilimento delle relazioni tra le persone tramite la composizione delle differenze e l'abbattimento degli ostacoli nei rapporti attraverso l'esperienza dell'amore di Dio. Questa, infatti, è la caratteristica propria della riconciliazione nel ministero di Gesù Cristo. D'altro canto, le Scritture riportano diverse forme di riconciliazione attraverso accomodamenti (27), quali:
    - il colpevole ammette l'errore e chiede perdono, riconoscendo così che l'offeso è nel giusto (virtuoso) (28);
    - il colpevole nega l'errore e si dà avvio a una mediazione per stabilire chi è nel giusto;
    - l'offeso perdona unilateralmente e fa cessare le ostilità, stabilendo la pace e la riconciliazione.
    In tutti questi casi tuttavia la riconciliazione, come passaggio dall'inimicizia alla pace, dall'alienazione alla comunione, non è un sacrificio dei diritti e non si sostituisce alla giustizia. Piuttosto, il ripristino della giustizia è il suo frutto.
    In sostanza la riconciliazione dell'umanità ancora alienata può assumere la forma di ebrei e gentili che si riuniscono come eredi del regno (Ef 2, 13-15). Può prendere la forma di membri di una comunità di culto che armonizzano le proprie differenze e sono in pace gli uni con gli altri (Mt 5, 23-26; 1 Cor 3, 3); può prendere anche la forma di membri di una comunità che si perdonano reciprocamente le offese (Mt 18, 15; Lc 17, 3-4) e che non nutrono rabbia e rancori (Ef 4, 26). Attraverso il perdono, i membri della famiglia umana costruiscono una comunità di riconciliati (Ef 2, 16-19), il cui perdono reciproco riflette quello del Padre nei cieli (Mt 6, 12, Lc 11, 4), il quale ha dato avvio alla nostra riconciliazione con il suo amore e la sua misericordia.

    continua.....
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    06/10/2009 00:32
     
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    Una prospettiva per l'Instrumentum laboris


    Esiste una spiritualità di riconciliazione nell'Instrumentum laboris che può ispirare la discussione e che deve diventare la disposizione del servitore della riconciliazione. Infatti in una Chiesa che è una famiglia in comunione, la riconciliazione non diventa uno status o un'azione, bensì un processo dinamico, un compito da intraprendere ogni giorno, un obiettivo da raggiungere, un tentativo continuo di ricomporre con l'amore e la misericordia amicizie interrotte, legami fraterni, speranza e fiducia (29).


    b. Servitori (diakonoi) della Giustizia (rettitudine)


    Il frutto della riconciliazione tra Dio e gli uomini e all'interno della famiglia umana (tra uomo e uomo), come osservato precedentemente, è il ristabilimento della giustizia e delle giuste esigenze dei rapporti. È allo stesso tempo etico e religioso e scaturisce dall'amore e dalla misericordia.


    False forme di giustizia
    Il concetto di giustizia si è secolarizzato per significare:


    - solamente la legge del più forte;

    - un compromesso sociale per evitare mali peggiori; e

    - la virtù dell'imparzialità nell'applicazione generale della legge, senza alcun riguardo per la giustizia naturale (30).

    L'affermarsi dello "spirito del capitalismo" è andato ad aggiungersi all'alienazione del concetto di giustizia da ogni radice trascendentale (31). L'etica dell'economia, per esempio, era razionalista e individualista. Suo scopo principale era il profitto e non teneva conto delle esigenze della solidarietà, dell'"ordo amoris" e di tutti i vincoli religiosi ed etici. Di conseguenza, l'intera nozione di giustizia sociale è stata eliminata e la giustizia applicata a stesure di contratti negoziati conformemente alla legge della domanda e dell'offerta, senza restrizioni per le imprese individuali. Lo Stato ha solo applicato l'ordine pubblico e il rispetto dei contratti rimanendo rigorosamente neutrale riguardo al loro contenuto (32).

    Invece la giustizia della diakonia cristiana rappresenta il giusto ordine delle cose e il rispetto delle giuste esigenze dei rapporti. È la giustizia e la rettitudine di Dio e del suo regno (
    Mt 6, 33).
    Tuttavia, nell'attuale situazione di peccato umano e di cuori feriti, l'Antico Testamento è saldo nella sua visione secondo cui la giustizia non può giungere all'uomo attraverso la sua forza, ma è un dono di Dio; il Nuovo Testamento sviluppa più pienamente questa visione, facendo della giustizia la suprema rivelazione della grazia salvifica di Dio.


    Il Senso della "Rettitudine del Regno"
    (33)
    La rettitudine, o la giustizia del regno, non è una giustizia retributiva, sebbene questo sia talvolta il senso della sua attribuzione a Dio (Ap 15, 4; 19, 2, 11; 16, 5-6; Eb 6, 10; 2 Ts 1, 6).
    Non ha neanche il significato di "conformità a una norma o a un insieme di norme". Almeno, non è questo il suo principale significato e in questo senso non può mai essere applicato a Dio.
    Presentata diversamente come tsedaqah e tsedek, la giustizia (rettitudine) è l'adempimento dell'esigenza di rapporto sia con Dio che con gli uomini (34); e quando Dio o l'uomo corrispondono alle condizioni imposte su di lui (lei) dal rapporto, lui (lei) in termini biblici è "giusto" (tsadiq/dikaios).
    Fondamentalmente, tre eventi spiegano tutte le relazioni che esistono tra Dio e gli uomini e tra uomo e uomo; essi sono:
    - la creazione dell'umanità "a sua immagine e somiglianza" (Gn 1, 26-27) che fa degli esseri umani creature di Dio. Lo stesso atto della creazione tuttavia postula per l'umanità un'origine e una paternità comuni che lega profondamente tutti i membri della famiglia umana l'uno all'altro, come fratelli e sorelle (35);
    - l'alleanza-elezione di Dio nei confronti di Israele che fa di Israele "il primogenito di Dio", "la sua eredità", "la sua porzione". Essa rende inoltre anche i figli di Israele "fratelli" (Dt 15, 11-12);
    - la nuova alleanza nel sangue di Cristo, per cui tutti i seguaci di Cristo portano il "sigillo dello Spirito Santo" (Ef 1, 13-14) che li rende "templi dello Spirito Santo" e "dimora di Dio".
    Queste sono le basi dei rapporti tra Dio e gli uomini nei diversi momenti della storia. E sono iniziative di Dio e atti del suo amore. In tal senso, la rettitudine è una giustizia radicale ed esauriente di natura religiosa che esige che gli uomini si abbandonino a Dio nell'obbedienza e nella fede e che rende ogni peccato una "injuria", un'ingiustizia e un'empietà. Esige anche che l'uomo risponda alle giuste esigenze del rapporto che intrattiene a motivo della creazione e della fratellanza universale degli uomini e in virtù della salvezza e della chiamata comune alla santità e alla filiazione in Cristo.


    Rettitudine (giustizia) basata sulla creazione

    La questione riguardo a dare a Cesare quel che è di Cesare (
    Mt 22, 15-22; Mc 12, 13-17; Lc 20, 20-26) ha dato a Gesù l'opportunità di definire il rapporto fondamentale fra Dio e l'uomo come giustizia (rettitudine).
    Secondo la risposta di Gesù il denaro apparteneva a Cesare poiché recava il marchio di proprietà ossia la sua effige e la sua iscrizione. Nella giustizia, il possesso della moneta da parte di Cesare doveva essere riconosciuto e sostenuto; per cui "date a Cesare quel che è di Cesare".
    La seconda parte della risposta di Gesù affronta la questione fondamentale, se Dio riceve ciò che gli è dovuto da coloro che recano la sua "immagine e somiglianza" ossia gli esseri umani (Gn 1, 26-27). L'appartenenza dell'umanità a Dio in virtù della sua creazione a "immagine e somiglianza di Dio" è la base della vita di comunione tra Dio e gli uomini; e assume la forma della giustizia: l'umanità che dà a Dio ciò che gli è dovuto. Nelle Scritture l'umanità dà a Dio ciò che gli è dovuto quando l'uomo "obbedisce alla voce di Dio", "crede in Lui", Lo "teme" e "Lo adora"; quando ciò non avviene l'umanità deve mostrare che si "converte" (At 17, 30).
    Analogamente la paternità comune degli uomini (At 17, 28-29) impone a ciò un "ordo amoris" di solidarietà e di fratellanza universale che è sostenuto dalla giustizia nei rapporti.


    Rettitudine (giustizia) basata sulle alleanze di Dio

    Le diverse alleanze nell'Antico Testamento hanno istituito diversi rapporti fra Dio e:

    - gli individui: Abramo (
    Gn 17, 4), Isacco (Gn 17, 19, 21), Giacobbe (Es 6, 4), Davide (2 Cr 21, 7);
    - le tribù e le famiglie: Abramo (Gn 17, 11), Davide (2 Sam 7) e
    - il popolo d'Israele (Dt 4, 12-13, quindi Es 19-20; 24, 8; Lev 24, 8; Is 24, 5).
    Alcune delle alleanze dell'Antico Testamento esprimono anche i rapporti fra gli esseri umani: Isacco e Abimelek (Gn 26, 28-29), Giacobbe e Làbano (Gn 31, 44), Davide e Giònata (1 Sam 20, 16).
    Le alleanze hanno stabilito rapporti speciali che hanno posto agli interessati delle esigenze (36); e la giustizia (rettitudine) era l'osservanza delle esigenze dei rapporti che assicuravano la fratellanza e la comunione, verticalmente fra Dio e gli uomini e, orizzontalmente, fra le persone. Nella Bibbia, i termini opposti sono "malvagio" (malfattore) e "malvagità" (rasha'); e denotano il male commesso contro la persona con cui si è in rapporto. Pertanto i "malvagi" distruggono la comunità (comunione) non adempiendo alle esigenze del rapporto comunitario (37). Le alleanze tra Dio e gli individui e il popolo di Israele erano iniziative di Dio che coinvolgevano gli individui, le famiglie e il popolo di Israele in un rapporto speciale e richiedevano che essi vivessero le esigenze del rapporto nei confronti di Dio e tra di loro. L'esigenza/le esigenze del rapporto era/erano, da un lato, la sottomissione nella fede e nella fiducia all'offerta di Dio espressa talvolta attraverso la celebrazione di un semplice rito di circoncisione (Gn 17, 10-11) ma spesso attraverso l'osservanza delle leggi (torah) di Dio (Es 19, 5; Dt 7, 9, ecc.). D'altra parte, gli israeliti dovevano adempiere a certe esigenze tra loro (giustizia sociale) in virtù del loro rapporto di alleanza con Dio.
    Con i suoi numerosi peccati e violazioni delle esigenze del suo rapporto di alleanza con Dio Israele ha agito in modo ingiusto (injuria) e si è collocato al di fuori del rapporto. Non poteva più avere nessuna pretesa nei confronti di Dio quale partner dell'alleanza. Se Dio ha continuato a trattarlo come partner dell'alleanza è stato perché ha ignorato la sua violazione "facendolo ritornare" (Sal 80, 3, 7, 19).
    Israele, da parte sua, non poteva fare altro che confessare i propri peccati e permettere a Dio di riportarlo indietro. Era questo il tema principale di Osea e dei profeti post-esilio. La rettitudine di Dio consisteva quindi nel suo giustificare Israele: riportare Israele nel rapporto di alleanza nonostante le sue mancanze. Da parte sua, la rettitudine di Israele consisteva nel confessare i propri peccati riconoscendo le sue mancanze e accettando nella fede la generosa offerta di Dio della salvezza.

    Rettitudine (giustizia) basata sulla Nuova Alleanza in Cristo


    È su questa linea che Giovanni Battista ha inaugurato il suo ministero; e il suo ministero ha adempiuto a ogni giustizia nel senso che il pentimento e la confessione dei peccati che esso richiedeva erano l'ammissione di Israele (dell'umanità) di non riuscire a essere fedele alle esigenze dell'Alleanza, la sua esperienza immeritata di ricevere comunque il perdono giustificatore e il favore di Dio e il riconoscimento che Dio agisce solo per amore e misericordia. Quando dunque Gesù si è fatto battezzare da Giovanni si è unito all'umanità per professare tutto quanto detto sopra come giustizia di Dio. È per questo che si dice che Gesù ha adempiuto a ogni giustizia!


    In Gesù e nel suo ministero si vedono due cose:
    - la rivelazione della giustizia come grazia giustificatrice di Dio che ignora le giuste esigenze del rapporto dell'Alleanza e reintegra l'umanità per misericordia (38) e amore in un rapporto di Alleanza. Poiché "Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio" (Ef 2, 8).
    - Il dono dello Spirito di Gesù alla Chiesa e ai suoi membri che consente loro di rispondere alla giustizia (rettitudine) di Dio nella fede e di diventare la "giustizia di Dio in Cristo" (2 Cor 5, 21), "giustificandosi" a loro volta l'un l'altro per misericordia e amore (39): ignorando i loro peccati e la violazione dei diritti, i rapporti socio-politici, ecc. e ripristinando in tal modo la comunione della famiglia di Dio e della famiglia della società.
    Questo senso di giustizia e di rettitudine suggerisce che l'invito dell'Instrumentum laboris a essere servitori della giustizia è anzitutto e soprattutto un invito a un'esperienza spirituale: l'esperienza della giustificazione (grazia giustificatrice) di Dio nella fede e a testimoniarla nella Chiesa e nella società giustificando gli altri. In quale altro modo i dolori e le molteplici lacerazioni che la gente sperimenta nel continente possono essere guariti e può essere ripristinata la comunione?


    c. Servitori/Ministri (diakonoi) della pace: il Catechismo della Chiesa Cattolica ripete l'insegnamento di sant'Agostino secondo cui "la pace è la tranquillità dell'ordine" (40). E prosegue spiegando come "il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace" e come sono "frutto della giustizia ed effetto della carità" (41).

    La Pace come opera di Giustizia


    Giustizia (rettitudine), come abbiamo visto sopra, è un concetto di rapporto, e il giusto è colui/colei che adempie alle esigenze postegli dal rapporto che intrattiene.
    Nel caso della corrotta Israele e dell'umanità caduta (Rm 5, 6 ss), che Dio ha giustificato in Cristo imputando loro la rettitudine, la loro giustizia (rettitudine) consisteva nel riconoscimento del loro bisogno della grazia giustificatrice di Dio e la loro sottomissione ad essa nella fede; e questo sembra precisamente essere l'atteggiamento che predispone l'umanità alla pace di Dio nel Vangelo. Infatti, quando alla nascita di Gesù, l'angelo annuncia la venuta della Pace di Dio in terra, essa era destinata solo a coloro "che Egli ama" (Lc 2, 14).
    "La Pace" è destinata, in terra "agli uomini che Egli ama" (Lc 2, 14) e il significato della frase "agli uomini che Egli ama" è, secondo alcuni autori, "chiunque riceverà la grazia di Dio e risponderà con fede" (42). Questo significato della frase, come ricordiamo, coincide con il senso del "giusto" e "retto" di cui si è detto, e sembrerebbe quindi che i "giusti" (retti), in quanto disposti ad accettare nella fede ciò che Dio opera, sono anche coloro sui quali, in terra, riposa la "pace" di Dio. Inoltre, sembrerebbe che quanti sperimentano la pace di Dio siano proprio coloro che sono disposti a realizzare la pace sulla terra, adempiendo alle esigenze poste dai rapporti che vivono.
    È qui evidenziata la stretta relazione tra pace e giustizia (rettitudine), che Isaia vede (Is 32, 17), che il Salmista canta (Sal 85, 10) e che Paolo vede in ogni cristiano che è a posto (giustificato) dinanzi a Dio in Cristo. "Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo..." (Rm 5, 1). Dunque la pace viene dal cielo. È un dono di Dio ed è strettamente collegato con la sua giustizia/rettitudine. Anche in terra viene rivelata come dono di Dio dall'alto e viene donata ai giusti/retti ("gli uomini che egli ama").


    La pace come effetto della Carità (l'amore di Dio in Cristo)


    Poiché la "pace" è stata così strettamente collegata con l'alleanza e con il vivere le sue esigenze, quando il popolo di Dio non ha rispettato l'alleanza, anche la "pace" è stata allontanata. È stato di nuovo necessario l'intervento di Dio scaturito dalla sua amorevole misericordia per portare la "pace" al suo popolo; ed è in questo senso che gli scritti post-esilio di Israele cominciano a vedere la "pace" come generata dalla punizione del servo di Dio. "Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui" (Is 53, 5).
    Gesù Cristo nella sua missione e ministero, ha realizzato la visione degli ultimi profeti d'Israele. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio" (Gv 3, 16); e dopo essere stato "messo a morte per i nostri peccati" (Rm 4, 25), il Figlio di Dio è diventato la nostra "pace". Dunque se la "pace" viene da Dio (Gal 1, 3; Ef 1, 2; Ap 1, 4) ed è di Dio (Fil 4, 7; Col 3, 15; Rm 15, 33) è Cristo che è quella "pace" (Ef 2, 14). È Lui che la proclama e la stabilisce (Ef 2, 17) ed è Lui la presenza di Dio che porta la pace che il mondo non può dare.


    Il significato della Pace di Cristo


    La "pace" non ha solamente un significato laico, di assenza di conflitto (

    Gn 34, 21; Gs 9, 15; 10, 1, 4; Lc 14, 32), presenza di armonia nella casa e nella famiglia (Is 38, 17; Sal 37, 11; 1 Cor 7, 15; Mt 10, 34; Lc 12, 51), sicurezza e prosperità individuale e comunitaria (nazionale) (Gdc 18, 6; 2 Re 20, 19; Is 32, 18). La "pace" non è solo quando gli esseri umani e le società adempiono ai rispettivi doveri e riconoscono i diritti di altre persone e società" (43) e non è neanche uno dei risultati dell'impegno per la giustizia (44). La "pace" trascende fondamentalmente il mondo e gli sforzi umani (45). È un dono di Dio (Is 45, 7; Nm 6, 26) donato ai "retti/giusti".
    Normalmente espresso con "shalom" (Antico Testamento) e "eirène" (lxx e Nuovo Testamento), ogni genere di "pace" è una totalità determinata da Dio e donata "agli uomini che egli ama", cioè i giusti e i retti.
    Dunque, quando Gesù ha perdonato il peccatore (Lc 7, 50) e guarito l'ammalata (Mc 5, 34), li ha mandati via "in pace": "Andate in pace". "Andate in pace" non era soltanto una benedizione di congedo, ma l'offerta di shalom. Ai perdonati e ai guariti non veniva solo restituita l'integrità del corpo, venivano anche rimessi in pace con Dio per mezzo della loro fede e completamente risanati davanti a Dio e alla comunità (46).
    Quest'ultimo è anche il significato del saluto di "pace" di Gesù ai suoi discepoli la mattina della resurrezione (Gv 20, 19-21). Era il perdono del loro tradimento di Gesù e anche il ripristinare l'amicizia. Gesù non aveva bisogno di un'ammissione di colpa da parte dei suoi discepoli. Non c'è stata nessuna richiesta di perdono e nessuna scusa è stata presentata. Semplicemente sono state benevolmente ignorate tutte le mancanze. Invece, è stato concesso un perdono gratuito e un segno conciliatorio di "pace".
    La "pace" di Gesù è la nostra pace per la quale egli si è assunto i nostri castighi (Is 53, 5). È perciò un ripristino gratuito e immeritato dell'interezza e della comunione con Dio e con gli uomini e viene ricevuto da tutti coloro che lo accolgono come grazia di Dio e rispondono con fede, cioè da "coloro che egli ama" (i giusti/retti).
    Paolo esorta le sue comunità cristiane a perseguire la pace (Rm 14, 19; Ef 4, 3; Eb 12, 14) come giuste portatrici in terra della pace di Cristo e a essere in pace gli uni con gli altri (Rm 12, 18; 2 Cor 13, 11), proprio come ora l'Instrumentum laboris auspica che faccia la Chiesa in Africa. Ma è anche in qualità di giusti portatori in terra della pace di Cristo che dobbiamo ricordare, come abbiamo già fatto per la "giustizia", che la "pace" è un atto che va oltre la giustizia in senso stretto ed esige amore (47). Essa deriva dalla comunione con Dio ed è tesa al benessere dell'uomo (umanità). Perciò, nell'invitare la Chiesa in Africa e sulle isole a essere "ministri (servitori) della riconciliazione, della giustizia e della pace", dopo l'invito del Primo Sinodo alla Chiesa a vivere nella comunione della Chiesa-Famiglia di Dio, il Secondo Sinodo invita la Chiesa a sperimentare quelle virtù che fondano la nostra comunione con Dio e a testimoniare/vivere le stesse - ovvero la riconciliazione, la giustizia e la pace attraverso l'amore e la misericordia - nel continente. Le implicazioni di questo ministero sono ciò che il (tema del) Sinodo ora spiega con i simboli del sale e della luce: sale della terra e luce del mondo.


    III. Dall'essere "testimoni di Cristo" (At 1, 8) all'essere "sale della terra" e "luce del mondo" (Mt 5, 13-14)

    Raccogliendo i frutti del Primo Sinodo nell'Ecclesia in Africa, Papa Giovanni Paolo II ha esaltato la "testimonianza" come elemento essenziale della cooperazione missionaria e ha ricordato alla Chiesa africana che Cristo non solo lancia ai suoi discepoli in Africa la sfida di testimoniarlo, ma dà loro lo stesso mandato che ha affidato ai suoi apostoli il giorno dell'Ascensione: "Di me sarete testimoni" (At 1, 8) in Africa (48).
    Dunque, paragonando i discepoli di Cristo in Africa al sale e alla luce, il Santo Padre afferma: "Ai nostri giorni, nel contesto di una società pluralista, è soprattutto grazie all'impegno dei cattolici nella vita pubblica che la Chiesa può esercitare un'influenza efficace. Dai cattolici, siano essi professionisti o insegnanti, uomini d'affari o funzionari, agenti di sicurezza o politici, ci si aspetta che testimonino bontà, verità, giustizia e amore di Dio nelle loro attività di ogni giorno. Il compito del fedele laico (...) è quello di essere il sale e la luce nella vita quotidiana, specialmente laddove è il solo a poter intervenire" (49).
    "Sale della terra" e "luce del mondo" dunque erano le immagini/metafore in cui il Papa ha fissato la sua visione delle attività missionarie della Chiesa in Africa e nelle isole. Questo Sinodo ora invita la Chiesa in Africa a intendere il suo servizio di riconciliazione, giustizia e pace nel continente come l'essere "sale della terra" e "luce del mondo".

    Servi (diakonoi) della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace come "sale della terra"


    La metafora "sale" che Gesù usa nei Vangeli sinottici (Mt 5, 13; Mc 9, 50; Lc 14, 34) per descrivere la peculiarità della vita dei suoi discepoli, è polivalente. Ha molti significati. Dunque, poiché il "Mar Morto" è detto anche "mare di sale" (Gn 14, 3), per coloro che vivono vicino al "Mar Morto", "sale" può significare "morte" (cfr. Gn 19, 26). Dio, il Signore della vita, comunque, sanerà le acque del "mare di sale" con l'acqua del tempio e darà loro vita (Ez 47). In un altro senso, il sale ha un potere di conservazione. Esso dà sapore e conserva il cibo (Gb 6, 6; Mt 5, 13; Lc 14, 34) e, in senso correlato, come nel caso della purificazione di Eliseo delle acque di Gerico (2 Re 19, 22), il sale ha anche un potere purificatore.
    L'uso del sale per suggellare amicizia e patti nel mondo dell'Antico Testamento (Esd 4, 14) sembra essere alla base dell'uso, da parte di Dio, di immagini per esprimere il permanere e la stabilità delle disposizioni riguardanti il sostentamento dei sacerdoti nell'Antico Testamento: "È un'alleanza inviolabile, perenne, davanti al Signore..." (Nm 18, 19). L'uso del sale in occasioni di alleanza può dunque essere alla base dell'invito di Gesù ai suoi discepoli: "Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri" (Mc 9, 50), cioè di osservare la lealtà reciproca di una relazione di alleanza e di vivere in pace.
    Il sale, però, è simbolo anche di "saggezza" e di "forza morale" ed è ciò che dà valore alle cose. È quello che accade, per esempio, quando il sale è usato per concimare il suolo.
    Di conseguenza, quando Gesù si riferisce ai suoi discepoli come "sale della terra" e quando il Sinodo esorta la Chiesa in Africa a essere "servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace" come "sale della terra", sia Gesù che il Sinodo stanno facendo uso di un simbolo polivalente per esprimere i molteplici compiti ed esigenze dell'essere discepoli e dell'essere Chiesa (Famiglia di Dio) in Africa. E così, come nel caso dei profeti, il rifiuto della Chiesa e del suo Vangelo equivale a esprimere un giudizio e a trasformare la terra in una "terra di sale" (Dt 29, 23; Ger 17, 6; Sal 107, 34). In un continente, alcune parti del quale vivono in situazioni di conflitto e di morte, la Chiesa deve spargere semi di vita: iniziative che generano vita. Essa deve preservare il continente e la sua popolazione dagli effetti distruttivi dell'odio, della violenza, della giustizia e dell'etnocentrismo. La Chiesa deve purificare e sanare le menti e i cuori da modi corrotti e malvagi e diffondere il suo messaggio evangelico generatore di vita per mantenere in vita il continente e il suo popolo, conservandoli sul cammino della virtù e dei valori evangelici, quali la riconciliazione, la giustizia e la pace (50). Ma, cosa ancora più importante, il simbolo del "sale" invita la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa ad accettare di consumarsi (dissolversi) per la vita del continente e del suo popolo.


    Servi (diakonoi) della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace come "luce del mondo"


    Far riferimento ai discepoli come "luce del mondo" significa ricorrere a una simbologia le cui origini affondano nell'Antico Testamento come attributo e missione di Sion, la città sul monte. Di conseguenza, il Servo-Messia sarà chiamato ad assumere questo come sua vocazione e ciò troverà compimento in Gesù. Gesù, dunque, come "luce del mondo", anzi come la "luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1, 9) costituirà anche i suoi discepoli "luce del mondo".


    Sion, la città sul monte e luce delle nazioni


    Sion era il monte della casa del Signore (Is 2, 2) ed era la dimora dell'Arca dell'Alleanza (2 Sam 6; 1 Re 8, 20-21) e del Nome del Signore (Dt 12, 5). L'Arca dell'Alleanza conteneva la Legge di Dio e la Legge era "una lampada e l'insegnamento una luce" (Pr 6, 23; Sal 19, 8; 119, 105; Bar 4, 2).
    Il Nome di Dio, comunque, rappresentava la "presenza di Dio" e la luce della presenza di Dio faceva riferimento al potere e all'azione salvifici di Dio (Is 10, 17; Sal 27; 36, 9) per salvare Gerusalemme e il suo popolo (51). Perciò, in considerazione del suo essere in possesso della luce della conoscenza della Legge e della luce della salvezza di Dio, Gerusalemme divenne una luce per le nazioni e i re (52).


    L'esperienza di Sion divenne la vocazione del Servo-Messia


    In Isaia, l'esperienza di Gerusalemme, luce delle nazioni e dei re, è presentata come la vocazione di un servo. Il servo di Jahvè, che è dotato dello Spirito di Jahvè, per portare giustizia alle nazioni (Is 42, 1; 51, 4) è dato dunque come alleanza del popolo e "luce delle nazioni" (Is 42, 6, 49, 8 ss). La sua chiamata a essere "luce delle nazioni" implica la sua personale esperienza della salvezza di Jahvè (Is 49, 7) e ciò ha permesso che la salvezza di Jahvè raggiungesse tutti gli angoli della terra. In questi passaggi relativi al servo, "luce" è conoscenza della Legge e della salvezza di Dio ed è un dono destinato ad arrivare a tutti i popoli.


    Gesù compie la vocazione di Servo-Messia


    La figura del Servo-Messia si compie in Gesù. Mt 4, 16 cita Is 9, 2 e allude alla stella apparsa alla nascita di Gesù per sottolineare il compimento e la continuazione, in Gesù, del simbolismo rivelatore e salvifico della luce nell'Antico Testamento. Gesù è la "luce della salvezza di Dio" (Gv 1, 5; 3, 19; 8, 12; 12, 46) ed è la "luce della Parola/Legge/Saggezza di Dio" (Gv 1, 4; 9, 5; 12, 36, 46). Gesù è la "luce del mondo" (Lc 2, 32; Gv 1, 9) e muore e risorge per "annunciare la luce al popolo e alle genti" (At 26, 23).


    I discepoli di Gesù e i cristiani come luce del mondo


    Dunque il riferimento ai discepoli come "luce del mondo" non è altro che Gesù che fa dei suoi discepoli la sua estensione e rappresentazione nel mondo. "Voi siete la luce del mondo" esprime quindi l'alta vocazione dei discepoli di Gesù: una chiamata a compiere, in Cristo, la vocazione di Israele nell'Antico Testamento di essere testimone della luce della conoscenza della Legge di Dio (Vangelo) e della sua salvezza nel mondo.
    Questa alta vocazione dei seguaci di Gesù è ciò che il Sinodo propone per la Chiesa in Africa ed essa comincia con la loro chiamata (battesimale) che li rende "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui che vi (li) ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa" (1 Pt 2, 9). Rispondendo alla chiamata, essi si arrendevano all'illuminazione della Parola di verità (Ef 1, 17 ss), la luce del Vangelo della salvezza (2 Cor 4, 4) e la sua chiamata al pentimento. La vita derivante dallo stato di discepolo, li rende "luce nel Signore e figli della luce" (Ef 5, 8), "figli della luce e figli del giorno" (1 Ts 5, 5; cfr. Rm 13, 12). "E Dio che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri (loro) cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo" (2 Cor 4, 6). Essa conduce alla fede in Gesù e a ricevere il sigillo promesso dello Spirito Santo (Ef 1, 13) per aver vissuto una vita senza macchia; perché "il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (Ef 5, 9).




    Conclusione: che terra? Che mondo?


    Ai tempi di Gesù, la terra e il mondo per cui i discepoli dovevano essere "sale" e "luce" erano la terra e il mondo al di fuori del circolo dei dodici, "quel fuori" per cui "tutto avviene in parabole" (

    Mc 4, 11).
    In questo Sinodo la terra e il mondo per cui i cattolici del continente e delle isole devono essere "sale" e "luce" come servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace è l'Africa dei nostri giorni, come descritto nell'Instrumentum laboris e accennato sopra (53). È qui che Gesù Cristo, dopo essersi rivelato attraverso le Scritture come nostra riconciliazione, giustizia e pace, ora chiama e invia i suoi discepoli in Africa e nelle isole a spendere sé stessi, come sale e luce, per costruire la Chiesa in Africa come autentica Famiglia di Dio attraverso i ministeri della riconciliazione, della giustizia e della pace, esercitati nell'amore, come il loro maestro.


    Note

    1) Giovanni Paolo II, Discorso nella Cattedrale di Cristo Re (17 settembre 1998, Johannesburg, Sudafrica): "Qui a Johannesburg, in Sud Africa, insieme all'intera Chiesa in questa parte meridionale del Continente, ci siamo riuniti per promulgare l'Esortazione Apostolica "Ecclesia in Africa" che contiene le proposte fatte dai Padri sinodali al termine della sessione di lavoro svoltasi a Roma nei mesi di aprile e maggio del 1994. Con l'autorità apostolica propria del Successore di Pietro, presento a tutta la Chiesa di Dio in Africa e nel Madagascar i discernimenti, le riflessioni e le risoluzioni del Sinodo..".
    2) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 13.
    3) Cfr. Giovanni Paolo II, Ai partecipanti alla riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l'Assemblea Speciale per l'Africa (15 giugno 2004).
    4) Prima Assemblea Speciale per l'Africa, Instrumentum laboris, 1993, n. 1. Lo stesso documento asseriva: "Sembra essere arrivata l'ora dell'Africa, un'ora propizia che chiama tutti i messaggeri di Cristo a prendere il largo per raccogliere frutti abbondanti per Cristo" (Instrumentum laboris 1993 n. 24).
    5) Ibidem, n. 22-24. "Segni dei tempi" si riferisce al contesto africano in cui deve essere proclamato il Vangelo.
    6) Cfr. Le vite eroiche dei martiri e dei santi africani, da una parte, e le vite eroiche e le lotte per l'indipendenza degli africani nell'Africa post-coloniale, in Sudafrica, in Sudan, eccetera, dall'altra.
    7) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria Generale (15 giugno 2004).
    8) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 13-14, 39-42, 51; Seconda Assemblea Speciale per l'Africa, Lineamenta, n. 6-8.
    9) Seconda Assemblea Speciale per l'Africa, Lineamenta, Prefazione.
    10) È ciò che l'Instrumentum laboris indica come "una continua dinamica" ed è ciò che illustra abbondantemente in n. 14-20.
    11) Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera a Monsignor Nikola Eterovic, in occasione della Riunione del Consiglio Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (23 febbraio 2005).
    12) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 4.
    13) Cfr. Ibidem, n. 2-5. Infatti, era il secam che "si preoccupò di cercare vie e mezzi per condurre a buon fine il progetto di un simile incontro continentale. Fu organizzata una consultazione delle Conferenze episcopali e di ciascun Vescovo dell'Africa e del Madagascar, in seguito alla quale potei convocare un'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi" (Ecclesia in Africa n. 5).
    14) Seconda Assemblea Speciale per l'Africa, Instrumentum laboris, n. 21-33.
    15) Nana Akuffo-Addo, Ministro degli Esteri della Repubblica del Ghana (2001-2008), Vertice ua. Kikwete, Presidente della Tanzania afferma: "...esistono già in Africa dirigenti pronti ad andare avanti e ci auguriamo di essere al loro fianco" (Fraternité Matin, venerdì 10/07/2009, p.1).
    16) nepad significa New Economic Partnership for African Development. Il nepad esige il rispetto per l'autorità democratica e il rifiuto del colpo di Stato. Esiste l'organizzazione di un Meccanismo di Vigilanza tra Pari per controllare l'azione dei governi. Bisogna ammetterlo, il ritmo di lavoro del Parlamento dell'Unione africana e l'attuazione dei requisiti del nepad da parte degli Stati membri sono stati recentemente criticati per la loro lentezza.
    17) Lomé Culture è il nome dato a una serie di accordi di cooperazione allo sviluppo fra Paesi della Comunità europea (cee) e le loro ex colonie. Entrò in vigore nel 1957 con il Trattato di Roma, che sancì la cee. Lomé i Lomé iv stabilì un regime di aiuti mediante il Commercio fra la cee e 46 Paesi acp (rispetto dei diritti umani, principi democratici ed esercizio della legge). La convenzione di Yaoundé fu firmata nel 1975 fra la cee e i Paesi acp per fornire infrastrutture allo sviluppo dei Paesi francofoni. La Convenzione di Cotonou, siglata fra la Ue e 70 Paesi acp, dovrebbe durare vent'anni ed è finalizzata alla riduzione della povertà, allo sviluppo sostenibile e alla graduale integrazione delle economie acp nell'economia mondiale.
    18) I principali obiettivi del nepad sono: sradicare la povertà, instradare i Paesi africani verso una crescita e uno sviluppo sostenibili; mettere fine all'emarginazione dell'Africa dal processo di globalizzazione, accelerare la presa di coscienza e di potere delle donne.
    19) "Cooperazione significa condividere con le popolazioni africane un punto di vista: l'idea di un Africa che è moderna e indipendente, dove gli uomini e le donne africani, fiduciosi in sé stessi, forgiano la propria vita e il proprio futuro, perseguendo la via dello sviluppo sostenibile e democratico. Solo gli stimoli e gli sforzi realizzati in seno all'Africa stessa porteranno al successo" (Discorso del Dott. Uschi Eid, Segretario di Stato Parlamentare del Ministero Federale tedesco per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, pronunciato presso il ticad iii [Conferenza Internazionale di Tokio sullo sviluppo dell'Africa), Tokyo 2003.
    20) Barack Obama ha espresso lo stesso concetto ai governanti africani nel suo discorso al Parlamento del Ghana durante la visita al Paese del luglio scorso.
    21) Quando l'ex presidente Clinton nel 2003 si recò in visita in Ghana, l'"Herald Tribune" scrisse: "Ci è stato detto che Clinton è andato a cambiare l'idea che l'America ha dell'Africa: non più un Paese disperato, ma un luogo di opportunità e speranza".
    22) Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in Veritate, Vaticano 2009.
    23) Seconda Assemblea Speciale per l'Africa, Instrumentum laboris, n. 11.
    24) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 63.
    25) Cfr. Confessione di Paolo: "Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi... Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio..." (Gal 1, 13-16).
    26) In questo senso, Dio è come il pastore che cerca la pecora smarrita. È come la donna che cerca la dramma perduta e come il padre il cui amore provoca il ritorno del figliol prodigo (cfr. Lc 15). È come Gesù che trova Zaccheo sul sicomoro e gli dice di scendere (Lc 19, 5).
    27) Cfr. Pietro Bovati, Ristabilire la giustizia, Analecta Biblica 110, pib Roma, 1986.
    28) Talvolta, l'esigenza di conciliazione comporta e fa scaturire un gesto concreto, quale il riconoscimento dell'esistenza dei diritti, la cui negazione e il cui abuso ha fatto precipitare la situazione dei conflitti e delle ostilità (cfr. Abramo e Abimelec in Gn 21, 25-34).
    29) In questo senso, ci sono fattori che favoriscono la riconciliazione e che i servi della riconciliazione devono abbracciare; esistono anche fattori che ostacolano la riconciliazione e che i servitori della riconciliazione devono fuggire:
    a. Fattori che l'ostacolano: l'empietà e il disprezzo del rapporto con Dio; la negazione dei diritti degli altri, l'inganno e i pregiudizi, l'ipocrisia e la pace apparente, l'attenzione selettiva, il silenzio della complicità e il fallimento delle strutture dello Stato.
    b. Fattori che la favoriscono: il perdono, l'amore fraterno, la comunicazione, il dialogo, l'educazione alla pace e alla riconciliazione.
    30) Sacramentum Mundi 3, 235.
    31) Cfr. Paolo VI, Lettera Enciclica Populorum Progressio, n. 26.
    32) Sacramentum Mundi 3, 236.
    33) Cfr. The Interpreter's Dictionary of the Bible, vol. 4, 85-88, 91-99.
    34) La "giustizia", in qualunque forma si manifesti, si basa su tutto ciò che è dovuto a una persona in virtù della sua dignità e della sua vocazione alla comunione con le persone (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 3, 63).
    35) Ciò, per inciso, costituisce anche la base dell'imperativo fondamentale che impone il rispetto positivo della dignità e dei diritti degli altri nonché un contributo solidale nell'andare incontro alle loro necessità (cfr. Gaudium et Spes, nn. 23-32, 63-72; Papa Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Mater et Magistra). La condizione di figli, comune all'umanità, esige che gli uomini siano retti, agendo secondo la volontà di Dio, legati nella solidarietà dall'amore di Dio, quale amore di Padre.
    36) Dunque Tamar era più giusta del suocero, poiché questi non rispettava la tradizione familiare (Gn 38, 26), David non avrebbe ucciso Saul, "perché è il consacrato del Signore" (1 Sam 24, 7, 11) e un "padre" per lui (1 Sam, 24, 12). Quando una relazione cambia, cambiano anche le sue esigenze. Colui che si cura degli orfani e delle vedove e li difende, quegli è giusto (Gb 29, 12-16; Os 2, 19). Colui che tratta i servi con umanità, vive in pace con i vicini, parla bene degli altri, quegli è retto/giusto (Gb 31, 1-13; Pr 29, 2; Is 35, 15; Sal 52, 3, eccetera).
    La Rettitudine/Giustizia come comportamento che ricade sui membri della comunità, talvolta è tutelata e applicata dai magistrati, quando giudicano i casi in tribunale. Questo è il significato forense di giustizia; dunque sia Dio sia il re svolgono il ruolo di giudice (Dt 25, 1; 1 Re 8, 32; Es 23, 6 ss, Sal 9, 4; 50, 6, 96, 13). I giudizi retti restituiscono alla comunità la sua interezza; ed è in tal senso che il giudizio e il governo giusti sono considerati caratteristici del Messia-Re.
    37) Il malvagio ( ) è colui che esercita la forza e la falsità, ignora i doveri che la parentela e l'alleanza gli imporrebbero, calpesta i diritti degli altri (The Interpreter's Dictionary of the Bible, volume 4, 81).
    38) Papa Giovanni Paolo II definisce la "misericordia" uno "speciale potere dell'amore, che prevale sul peccato e l'infedeltà dei prescelti" (Dives in Misericordia, 4.3).
    39) Dunque, Papa Giovanni Paolo II ci insegna che nelle relazioni fra individui e gruppi sociali eccetera, la "giustizia non è abbastanza". C'è bisogno di quel "potere più profondo che è l'amore" (cfr. Dives in Misericordia, 12).
    40) Il Catechismo della Chiesa Cattolica, 2304. Si veda anche Gaudium et Spes, n. 78.
    41) Ibidem.
    42) "In tutto il Vangelo di Luca, la "pace in terra" raggiunge i reietti, i discepoli, gli stranieri, chiunque accoglierà la grazia di Dio e risponderà con fede" (cfr. Dictionary of Jesus and the Gospels, ed. Joel B. Green et alii, InterVarsity Press 1992 p. 605).
    43) Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, n. 174.
    44) Gaudium et Spes, n. 84.
    45) Sebbene sia un compito, qualche cosa per cui lavorare, la "pace" è un dono di Dio, qualcosa che la nostra pace terrena può solo vagamente anticipare.
    46) Nel caso dell'emorroissa (Mc 5, 24-34), per esempio, Gesù non solo ne ha guarito l'impurità religiosa e sociale (la perdita di sangue), ma ne ha rivelato il segreto e ne ha reso pubblica la fede e la guarigione (Mc 5, 34; 2, 5; 10, 52). Tale guarigione ha rappresentato il ritorno totale della donna alla salute, alla sua comunità e al Dio della sua fede.
    47) Gaudium et Spes, n. 78.
    48) Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 86.
    49) Ibidem, n. 108.
    50) Cfr. secam, Seminario sul Sinodo, Abidjan Costa d'Avorio, 2009: Carrefour Groupe n. iii.
    51) Dunque la grande restaurazione e giustificazione che Yahweh opera nei confronti di Gerusalemme è descritta da Isaia come il ritorno della luce di Yahweh: "Il sole non sarà più la tua luce di giorno né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore" (Is 60, 19-20).
    52) Il Testamento di Levi estende la luce di Gerusalemme ai suoi figli, gli Israeliti, e li esorta dicendo: "Siate la luce di Israele, più pura di tutti i gentili... Che mai farebbero i gentili se foste oscurati dalla trasgressione?" (14, 3).
    53) Cfr. pp. 3-10 del presente testo.



    (©L'Osservatore Romano - 5- 6 ottobre 2009)
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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Al Sinodo l'intervento del Patriarca della Chiesa ortodossa di Etiopia Abuna Paulos

    Comune testimonianza cristiana
    per lo sviluppo dell'Africa


     OrtodossiLo sviluppo dei popoli dell'Africa dipende anche dalla capacità dei cristiani di essere "esempi convincenti di rettitudine, misericordia e pace". Nel giorno in cui il Sinodo dei vescovi ascolta la voce del Patriarca della Chiesa ortodossa etiopica, Abuna Paulos, il Papa rilancia per il continente l'esigenza di una "testimonianza comune della speranza trasmessa dal Vangelo".

    Perché il dialogo e la collaborazione tra tutti i credenti - spiega - è questione che non tocca solo le dinamiche interne della Chiesa ma contribuisce anche "all'edificazione di società caratterizzate da onestà, integrità e solidarietà". Benedetto XVI ribadisce perciò la convinzione che "in Cristo la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare". Ed è questa - assicura - "la promessa che oggi gli abitanti dell'Africa desiderano vedere avverarsi".

    Il Patriarca, intervenuto questa mattina, martedì 6, in apertura della terza congregazione, ha denunciato, tra i mali di cui soffre l'Africa, la speculazione esercitata nei suoi confronti dalle potenze straniere. Le quali, mentre continuano a stringerla nella morsa di un colossale indebitamento internazionale, sfruttano le sue grandi ricchezze. E tra le gravi forme di violenza che sconvolgono le popolazioni, ha citato il dramma dei bambini soldato.

    Di fronte a questa situazione cosa fa la Chiesa in Africa? È la domanda che si è levata dall'assemblea sinodale in questi primi giorni di lavoro. Il cardinale Wilfrid Fox Napier, presidente delegato di turno, nella riflessione di questa mattina durante la preghiera dell'Ora Terza, ha indicato il coraggio mostrato da Geremia il quale, pur dinanzi alle minacce del re, ha continuato a pronunciare discorsi scomodi per il potere, a denunciare le ingiustizie e a testimoniare la fede. Un esempio da seguire anche oggi davanti alle minacce dei potenti che vorrebbero mettere a tacere la Chiesa paladina di giustizia, artefice di riconciliazione, promotrice di pace.

    Il cardinale Pengo è andato oltre, invocando il coraggio di denunciare quanti, anche all'interno della Chiesa, sono conniventi con i malfattori al potere. Di riconciliazione si è invece parlato nella seconda parte della congregazione di questa mattina. Negli interventi preordinati sono state illustrate le situazioni locali più drammatiche, dovute spesso a improvvise esplosioni di violenza razziale. Si è anche affrontata la questione del rapporto con l'islam e quella dei nazionalismi che contraddicono l'essenza del messaggio cristiano.

    La prima discussione libera si è svolta lunedì pomeriggio a conclusione della seconda congregazione. Il coinvolgimento di catechisti nelle violenze che hanno insanguinato il Kenya dopo le elezioni presidenziali e il traffico di armi leggere sono state alcune delle questioni affrontate nei 14 interventi. Spunto del dibattito le cinque relazioni sui rapporti dei continenti con l'Africa e il quadro sulla ricezione dell'esortazione Ecclesia in Africa presentato dall'arcivescovo Monsengwo Pasinya.

    A ricordare che tanti cristiani, "persino alcuni catechisti", hanno partecipato alle violenze "arrivando anche a uccidere" è stato l'arcivescovo kenyano Kairo. La Chiesa in Kenya, ha detto, si sta interrogando su come evitare che si ripetano simili episodi. A questo intervento ha risposto monsignor Monsengwo Pasinya, invitando a "non scoraggiarsi" di fronte ai fallimenti e a "continuare il lavoro di formazione" dei laici, "sperando che possano finalmente assumere un ruolo significativo nella società". E ha proposto di puntare l'impegno pastorale sugli universitari, preparandoli "con lo studio delle scienze politiche e del diritto". Sempre restando al Kenya, l'arcivescovo Lele ha rilevato come "la Chiesa in Africa abbia bisogno non solo di aiuti economici ma soprattutto di collaborazione per affrontare problemi come il traffico di armi e di esseri umani".

    Sul commercio delle armi si è espresso padre Tsimba, superiore dei missionari di Scheut, chiedendo cosa si possa fare per "bloccare le fabbriche". Una strada per uscire da questa spirale l'ha suggerita l'arcivescovo Obinna:  la pace si raggiunge "con uno stile di umiltà". La "dimensione internazionale dei problemi e delle soluzioni" è stata sottolineata dal cardinale Sarr. A questo  proposito  è  importante  il  lavoro capillare delle commissioni locali "giustizia e pace" di cui il cardinale Martino ha rimarcato diffusione ed efficacia.


    L'intervento di Abuna Paulos nel corso della terza congregazione generale del Sinodo dei vescovi

    Una storia segnata da Dio e dalla sua salvezza


    Pubblichiamo in una nostra traduzione italiana il testo dell'intervento pronunciato in inglese dal Patriarca Abuna Paulos in apertura della terza congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l'Africa.

    Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Dio Uno, amen!
     
    Cari partecipanti a questo grande incontro di cardinali e vescovi,

    è per me un onore e un privilegio essere stato invitato a questo grande Sinodo e tenere un breve discorso sull'Africa e sulle Chiese in questo continente. Sono grato in particolar modo a Sua Santità, Papa Benedetto XVI, che ha voluto che fossi fra voi oggi e che mi ha testimoniato personalmente il suo amore per l'Africa e il suo rispetto per la Chiesa etiopica ortodossa Tewahedo nel corso del nostro ultimo incontro fraterno qui a Roma nel giugno scorso.
    L'Africa è, per grandezza, il secondo continente. È la patria di ogni genere di popolazione con una grande varietà di colori, che vivono in una situazione di armonia e di uguaglianza. 

    intervento Questo spettro di colori è un dono di Dio all'Africa e aggiunge bellezza al continente. È inoltre la prova che l'Africa è un continente in cui ogni genere di persona vive nell'uguaglianza a prescindere dalla differenza di colore e di razza.
    Antropologi, filosofi e accademici hanno confermato che l'Africa in generale e l'Etiopia in particolare sono in effetti la culla del genere umano. E la Sacra Bibbia conferma questa profonda convinzione. La storia, secondo il calendario etiopico, comincia da Adamo e da Noè. Vale a dire che, per gli etiopi, l'inizio del genere umano, il nostro presente e il nostro futuro sono segnati oggi e per sempre da Dio e dalla sua salvezza.
    L'Africa, del cui popolo l'antica dignità è incisa sulle pietre dell'obelisco di Axum, delle piramidi egizie, dei monumenti così come nei manoscritti, non è stata solo una sorgente di civiltà. Secondo la Sacra Bibbia, l'Africa è stata anche rifugio per persone colpite dalla fame:  è questo il caso degli Ebrei ai tempi di Giacobbe, quando trascorsero sette anni in Egitto.

    La Sacra Bibbia afferma che gli ebrei e il profeta Geremia, che soffrirono molto per l'invasione dei babilonesi, trovarono rifugio in Etiopia e in Egitto. Quanti vivevano nella parte mediorientale del mondo trovarono sollievo dalla fame in Etiopia e in Egitto.

    Lo stesso Gesù Cristo e Maria Santissima furono accolti in Egitto, mentre fuggivano dalla crudele minaccia di Erode. È evidente che gli africani si prendono cura dell'umanità!

    L'Africa continua a essere un continente religioso i cui popoli hanno creduto in Dio onnipotente per secoli. La regina di Saba aveva insegnato ai suoi compatrioti l'Antico Testamento che aveva appreso da Israele. Da allora l'Arca dell'Alleanza si trova in Etiopia, nella città di Axum.
    Il figlio della regina di Saba, Menelik I, aveva seguito il suo esempio ed era riuscito a portare l'Arca dell'Alleanza di Mosè in Africa, in Etiopia.

    La storia dell'eunuco etiope e della Legge forte e ben organizzata di Mosè, e delle profonde pratiche e culture religiose esistenti in Etiopia, indicano che la Legge di Mosè in Etiopia veniva messa in pratica meglio che in Israele. Se ne può avere una testimonianza ancora adesso, studiando la cultura e lo stile di vita degli etiopi.

    È ad Alessandria, in Egitto, che la Sacra Bibbia è stata tradotta in lingue non ebraiche. Questa traduzione africana è conosciuta come la "Versione dei Settanta saggi" (Sebeka Likawunt).
    La Sacra Scrittura indica che, come ai tempi remoti dell'Antico Testamento, gli africani hanno l'abitudine di adorare Dio secondo la legge di coscienza del periodo del Nuovo Testamento.
    L'allora re dei re etiope, l'imperatore Baldassarre, fu uno dei re che si recò a Betlemme per adorare il Bambino Gesù.
    Il Vangelo ci dice che fu un africano, un uomo proveniente dalla Libia di nome Simone di Cirene, a prendere la croce di Gesù, mentre saliva sul Golgota.
    E osservate:  un eunuco etiope si era recato a Gerusalemme nell'anno 34 per adorare Dio secondo la Legge di Mosè. Per ordine dello Spirito Santo l'eunuco fu battezzato da Filippo. Al suo ritorno in Africa, egli predicò il cristianesimo alla sua nazione. L'Etiopia divenne quindi la seconda nazione dopo Israele a credere in Cristo; e la Chiesa etiopica divenne la prima Chiesa in Africa.
    Grandi storie di fede hanno caratterizzato i primi secoli del cristianesimo in Africa, poiché gli africani hanno sempre vissuto una profonda carità e una grande devozione per il Nuovo Testamento.

    L'Africa è la regione da cui provengono eminenti studiosi e Padri della Chiesa come sant'Agostino, san Tertulliano, san Cipriano, come pure sant'Atanasio e san Kerlos. Questi Padri vengono venerati sia nel continente che nel mondo.
    San Yared, che ha composto bellissimi inni sacri e che il mondo onora per la sua straordinaria creatività, era parimenti originario dell'Africa. San Yared è un figlio dell'Etiopia. I suoi inni rappresentano una delle meraviglie del mondo per cui l'Etiopia è conosciuta ovunque. Le opere di tutti questi Padri caratterizzano l'Africa.
    Secondo gli studiosi, è in Africa che è stato definito il primo canone della Sacra Bibbia.

    La storia ci ricorda anche il martirio dei cristiani in Nordafrica, quando il loro re, un non credente, alzò la spada contro di loro nel tentativo di distruggere completamente il cristianesimo. Allo stesso tempo cristiani che venivano maltrattati e perseguitati in diverse parti del mondo sono andati in Africa, specialmente in Etiopia, e hanno vissuto in pace in quella regione.
    Devoti fedeli etiopi hanno offerto la loro straordinaria ospitalità ai nove santi e ad altre decine di migliaia di cristiani che erano stati perseguitati in Europa orientale e fuggivano in Africa a gruppi. Le abitazioni e le tombe di questi cristiani perseguitati sono state custodite come santuari in diverse parti dell'Etiopia.

    In Africa e in Etiopia conserviamo pezzi della Santa Croce. La parte destra della Croce si trova in Etiopia, in un luogo chiamato la Montagna di Goshen.
    Anche i cristiani in Africa si sono fatti carico della Croce di Cristo. Penso alla mia Chiesa che ultimamente ha subito una dura persecuzione durante la dittatura comunista, con molti nuovi martiri, tra cui il patriarca Teofilo e, prima di lui, Abuna Petros durante il periodo coloniale. Io stesso, che allora ero vescovo, ho trascorso diversi anni in prigione prima dell'esilio. Quando sono diventato patriarca, al termine del periodo comunista, c'era molto da ricostruire. È stato questo il nostro compito, con l'aiuto di Dio, le preghiere dei nostri monaci e la generosità dei fedeli.

    L'Africa è un continente potenzialmente ricco, con un suolo fertile, risorse naturali e una grande varietà di specie vegetali e animali. Ha un buon clima e possiede molti minerali preziosi. Poiché è un continente con molte risorse naturali non ancora sfruttate, molti le tengono gli occhi addosso. È inoltre innegabile che i progressi nella civiltà in altre parti del mondo siano il risultato delle fatiche e delle risorse dell'Africa.
    Gli africani hanno fatto tante opere sante per il mondo. Cosa ha fatto il mondo per loro?

    L'Africa è stata colonizzata con brutalità e le sue risorse sono state sfruttate. Le nazioni ricche che si sono sviluppate sfruttando l'Africa si ricordano di essa quando hanno bisogno di qualcosa. Non hanno mai sostenuto il continente nella sua lotta per lo sviluppo.
    Tutte e ciascuna delle nazioni del continente affrontano diversi problemi e sfide. I problemi possono essere sociali, politici, economici, come pure spirituali.

    Mentre lo standard di vita delle popolazioni dell'Africa è più basso rispetto al resto del mondo, vi sono alcuni motivi per cui questi standard già bassi peggiorano e si espandono in tutto il continente. La mancanza di accesso all'educazione rappresenta il problema più grande, perché i giovani non riescono a ricevere un'istruzione adeguata. Nessun Paese e nessun popolo può svilupparsi e prosperare senza istruzione e conoscenza.
    Come tutti ben sappiamo, non è stato possibile sconfiggere la pandemia dell'Hiv/Aids nonostante gli sforzi incessanti. Tuttavia dobbiamo incoraggiare tutte quelle esperienze che ci mostrano come guarire e contrastare il male, per dare speranza creando sinergia e fornendo all'Africa le stesse cure che ha ricevuto l'Europa. Allo stesso tempo altri generi di patologie attualmente ci minacciano. Rivolgiamo un appello al mondo a lavorare in armonia a questo riguardo. Il Concilio di Tutte le Chiese in Africa sta facendo ogni sforzo per limitare i problemi che sono emersi nel continente, soprattutto il caos che stanno creando gli estremisti. I capi religiosi del cristianesimo e i fedeli in generale devono essere uniti in questo sforzo.

    L'Africa è nella morsa di un pesante debito globale, che né questa, né la generazione futura potranno sostenere.
    Come possiamo condannare la guerra civile, di solito combattuta da soldati bambini, che sono le stesse vittime di questi tragici atti di violenza? Come condannare gli spostamenti e le migrazioni  visibili  e  nascoste  delle  popolazioni?

    La legislazione internazionale sui diritti umani afferma che ogni persona sotto i 18 anni non può far parte di un gruppo armato perché "bambino". Tuttavia attualmente alcuni paesi stanno costringendo ad arruolarsi nell'esercito ragazzi al di sotto dei 18 anni. Questa è una palese violazione dei diritti umani. È quindi un dovere per i capi delle Chiese africane gridare con una sola voce che questi comportamenti devono cessare immediatamente.
    Per questo vorrei servirmi di questa assise per esortare tutti i capi religiosi a operare per la pace, a proteggere le risorse naturali che Dio ci ha donato e a difendere la vita e l'innocenza dei bambini.

    In numerosi Paesi africani, alcune necessità basilari quali il cibo, l'acqua potabile e l'alloggio, non sono disponibili. In generale la maggior parte degli africani vive in una situazione in cui scarseggiano le infrastrutture e i servizi umani fondamentali. Anche se l'Africa si è liberata dal colonialismo da tempo, esistono ancora molte situazioni che la rendono dipendente dai paesi ricchi. L'enorme debito, lo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte di pochi, le pratiche agricole tradizionali e l'insufficiente introduzione di moderni sistemi agricoli, la dipendenza delle popolazioni dalle piogge, che incidono negativamente sulla sicurezza alimentare, la migrazione e la fuga di cervelli colpiscono duramente il continente.

    Spero che, avendo i Signori cardinali e vescovi africani già trattato precedentemente questi argomenti, oggi questo Sinodo voglia dibattere e proporre possibili soluzioni.
    Credo che noi, guide religiose e capi delle Chiese, abbiamo un compito e una responsabilità veramente unici:  riconoscere e sostenere, quando lo riteniamo necessario, i suggerimenti che vengono dalle persone, come pure, per contro, respingerli quando contravvengono al rispetto e all'amore per l'uomo, che affondano le proprie radici nel Vangelo.

    Ci si aspetta che i cristiani siano messaggeri di cambiamenti nel portare la giustizia, la pace, la riconciliazione e lo sviluppo. È quello che ho visto fare con decisione e umiltà dalla Comunità di Sant'Egidio in tutta l'Africa:  frutti di pace e di salvezza sono possibili e contrastano ogni forma di violenza con la forza e l'intelligenza cristiana dell'amore. I capi religiosi africani non devono preoccuparsi solo delle opere sociali, ma anche rispondere alle grandi necessità spirituali degli uomini e delle donne dell'Africa.

    L'apostolato e le opere sociali non possono essere trattati separatamente. L'impegno sociale è il senso dell'apostolato. Ogni parola deve tradursi in pratica. Quindi dopo ogni parola e promessa occorre che seguano azioni pratiche. Ci si aspetta inoltre che i religiosi promuovano la consapevolezza delle persone affinché rispettino i diritti umani, la pace e la giustizia. La società ha bisogno degli insegnamenti dei suoi religiosi, per aiutarla a risolvere i suoi problemi nell'unità e a non essere più la vittima di un problema.

    Perciò i capi delle Chiese africane, con il potere di Dio onnipotente e dello Spirito Santo, devono dar voce al linguaggio della Chiesa. È inoltre necessario capire quando, come e con chi parlare. Ciò va fatto per la sicurezza delle Chiese.
    Sono veramente molto felice di partecipare a questo Sinodo della Chiesa cattolica sull'Africa. Sono africano. La mia Chiesa è la più antica dell'Africa:  una Chiesa di martiri, santi e monaci. Offro il mio sostegno come amico e fratello a questo impegno della Chiesa cattolica per l'Africa. Ringrazio Sua Santità per l'invito e gli auguro una lunga vita e un ministero fecondo.
    Parliamo al cuore degli africani del Vangelo di Gesù Cristo e Gesù tornerà in Africa, come fece quando era bambino con la Vergine Maria. E con Gesù torneranno la pace, la misericordia e la giustizia.


    Che Dio benedica le Chiese in Africa e i loro pastori! Amen!


    L'introduzione
    del presidente delegato di turno


    Il Patriarca è stato presentato all'assemblea dal presidente delegato, il cardinale Napier, con le parole che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana.

    Sono certo di esprimere i sentimenti di gratitudine di tutti voi quando affermo che siamo assai grati al Santo Padre per aver invitato Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa dell'Etiopia, a parlare dinnanzi a questa Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi.
    In Sua Santità Abuna Paulos, ascolteremo la voce di una Chiesa che per quasi duemila anni ha vissuto e testimoniato il Vangelo in Africa, dando vita a una civiltà cristiana di uomini e donne santi, di valori e istituzioni sociali e culturali che hanno formato e informato il cuore stesso delle popolazioni e della nazione.
    Proprio quando il continente africano affronta enormi sfide, le Chiese in Africa affrontano prove dolorose e processi. Sua Santità ha provato personalmente le durezze della prigione e dell'esilio. La ricchezza della vita monastica, spirituale, liturgica e culturale della Chiesa in Etiopia è un retaggio della tradizione cristiana che tutti noi dobbiamo custodire e amare.
    Sua Santità, ascolteremo le sue parole con stima e gratitudine.


    (©L'Osservatore Romano - 7 ottobre 2009)


                                 Ortodossi in Africa
    ( Chiesa Ortodossa Etiope, il Patriarca Abuna Pauolos )
    Fraternamente CaterinaLD

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Nel corso della seconda congregazione generale di lunedì pomeriggio

    Le relazioni sui rapporti
    dei vari continenti con l'Africa


    Si è svolta lunedì pomeriggio, 5 ottobre, alla presenza del Papa, la seconda congregazione generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. Presidente delegato di turno era il cardinale Francis Arinze. Hanno partecipato 227 padri sinodali. Pubblichiamo i testi delle relazioni svolte dai rappresentanti delle riunioni di Conferenze episcopali a livello continentale.



    La solidarietà delle Chiese dell'America Latina

    Monsignor Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida (Brasile) presidente del "Consiglio Episcopale Latino Americano" (c.e.l.a.m.)
    In primo luogo, in qualità di presidente del Consiglio Episcopale Latino-americano (celam), desidero ringraziare, in modo particolare, il Santo Padre Benedetto XVI per l'invito a partecipare a questa Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa. Per me, vescovo Latino-Americano, è un privilegio poter condividere il cammino della nostra Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, nel continente africano. Voglio partecipare a questo Sinodo con molta attenzione, apertura e preghiera.
    Desidero esprimere, in questo momento, la solidarietà dell'episcopato e della Chiesa Latino-americani ai cari fratelli vescovi e a tutta la Chiesa pellegrina nel Continente africano.
    Siamo qui non solo per manifestare la nostra fraternità alla Chiesa in Africa, ma anche per imparare, dal momento che siamo sicuri che le conclusioni di questa seconda Assemblea Speciale aiuteranno anche la Chiesa in America Latina nella missione di riconciliazione e nella ricerca di giustizia e pace.
    L'Africa e l'America Latina sono continenti molto diversi tra loro, tuttavia è importante sapere che in America Latina la popolazione di origine africana è più numerosa della popolazione dei nostri stessi popoli originari, gli indigeni. Ci unisce anche - nella croce - il fatto che, in entrambi i continenti, c'è un alto tasso di popolazione che vive in situazioni di povertà e che ha bisogno di beni e di servizi per la sussistenza: alimentazione, casa, istruzione e sanità.
    In ambito politico e istituzionale, in molti dei nostri Paesi non c'è una democrazia sufficientemente radicata nella cultura del popolo e, per questo, essa ancora non è saldamente consolidata. Le necessità fondamentali e urgenti di gran parte dei nostri popoli, irrisolte, provocano l'insorgere di avventure politiche, con promesse populiste, che illudono, ma non risolvono i problemi strutturali della popolazione.
    Sempre in ambito politico, la situazione si aggrava a causa della corruzione di cui spesso si ha notizia e che viene denunciata da vari organi dei mezzi di comunicazione di massa, fenomeno, questo, che spinge la popolazione e, soprattutto i giovani, al conformismo e alla sfiducia nei confronti della politica come arte di promuovere il bene comune.
    La nuova consapevolezza, a livello mondiale, del pluralismo culturale ha risvegliato in America Latina una nuova attenzione e un nuovo modo di vedere i nostri popoli indigeni e di origine africana. Questo segna uno sforzo particolare e importante di evangelizzazione e di inculturazione. Nel documento della v Conferenza generale, svoltasi ad Aparecida nel 2007, si legge: "Gli indigeni e gli afro-americani stanno emergendo ora nella società e nella Chiesa. Si tratta di un "kairós" per approfondire l'incontro della Chiesa con questi gruppi umani che rivendicano il pieno riconoscimento dei propri diritti individuali e collettivi e di essere presi in considerazione nella cattolicità con la loro visione del cosmo, i loro valori e le loro identità specifiche, per vivere una nuova Pentecoste ecclesiale" (DA, 91).
    La Chiesa in America Latina non ha vissuto rotture così grandi e drammatiche come la Chiesa nell'Africa nera. Per questo, in America Latina c'è stata un'esperienza più continuativa della Chiesa, anche se non sono mancati sofferenze ed errori e, proprio per questo, essa possiede un'esperienza ricca e molteplice. Oggi abbiamo un'esperienza pastorale più stabile, la cui ricchezza si è espressa negli ultimi 50 anni nelle nostre cinque Conferenze generali - di natura diversa rispetto ai Sinodi - e oggi, nella grande Missione Continentale che ha come obiettivo di porre la Chiesa in America Latina in uno stato di missione permanente. I Documenti di queste cinque Conferenze generali hanno sempre dedicato una particolare attenzione ai contadini, agli indigeni e agli afro-americani, tra le varie priorità pastorali.

    Desidero suggerire in questo intervento alcuni punti, che potrebbero essere tema di dialogo di un possibile scambio fraterno tra le Chiese dei due continenti. In ambito episcopale, possiamo condividere con l'Africa la grande ricchezza che hanno significato i 54 anni di vita dell'organismo episcopale che rappresento, il Consiglio Episcopale Latino-americano (celam), come strumento di comunione episcopale e di servizio reciproco in seno al nostro episcopato. Si potrebbe, con l'incentivo della Santa Sede, invitare i vescovi della Chiesa cattolica presenti in entrambi i continenti, per uno scambio di esperienze collegiali, pastorali e organizzative, che possono arricchire la missione della Chiesa. Potrebbe essere ampliata anche l'esperienza già esistente di diocesi e congregazioni religiose che inviano missionari alla Chiesa in Africa.
    Per quanto riguarda i seminaristi e i sacerdoti, penso anche che sarebbe possibile e reciprocamente arricchente, offrire seminari per una prima formazione sacerdotale in alcune delle Chiese particolari in America Latina, che hanno più risorse. Tra gli altri vantaggi, sarebbe anche un'occasione per imparare una nuova lingua che servirebbe a favorire lo scambio e la comunione tra due continenti in cui la presenza cattolica è grande.
    Anche il celam, con l'approvazione della Santa Sede, potrebbe accogliere sacerdoti, consacrati o laici che lavorano nella pastorale per corsi di formazione, nei suoi Istituti Pastorale e Biblico a Bogotá.

    Rinnovo la mia gratitudine al Santo Padre e ai cari fratelli vescovi dell'Africa per l'invito a partecipare a questo kairós, tempo di grazia e di conversione, che è la ii Assemblea speciale dei vescovi per l'Africa. Che Nostra Signora di Guadalupe, regina e protettrice dell'America, ci accompagni durante questa Assemblea Speciale e aiuti, con la sua protezione materna, la Chiesa in Africa a trovare, con la partecipazione della società, cammini di riconciliazione, di giustizia e di pace.



    Sostegno dai servizi di assistenza statunitensi


    Monsignor Wilton Daniel Gregory arcivescovo di Atlanta (Stati Uniti d'America)
    Colgo questa opportunità per riassumere l'importanza che questo secondo Sinodo per l'Africa riveste per la Chiesa negli Stati Uniti d'America. Noi americani ci sentiamo sempre più coinvolti nelle questioni e negli eventi che riguardano il continente africano. Noi, come i popoli di qualunque altra parte del mondo, avvertiamo in modo sempre più intenso l'impatto del carattere sempre più globale del nostro mondo.
    Innanzi tutto lodiamo Dio onnipotente per il dono della fede unica che unisce la Chiesa negli Stati Uniti a tutte le altre Chiese nel mondo. La nostra comunità cattolica ha tratto diretto beneficio, nell'ultima generazione, dal numero crescente di sacerdoti e religiosi provenienti dal grande continente africano, che ora servono i cattolici in tutta la nazione, facendolo con generosità e zelo. Grazie alla loro presenza conosciamo la fede profonda e la generosità della Chiesa in Africa.
    La Chiesa negli Stati Uniti è inoltre profondamente grata per l'opportunità di potere assistere le Chiese locali africane attraverso il sostegno dei Servizi di assistenza cattolici, le molte e varie attività missionarie di cooperazione che scaturiscono dal cuore generoso della nostra gente e spesso uniscono diocesi con diocesi e parrocchia con parrocchia nella preghiera reciproca, nell'aiuto finanziario e mediante i contatti personali. Sono felice e orgoglioso di poter riferire che le agenzie della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti da molto tempo lavorano insieme con le Conferenze episcopali e le associazioni di Conferenze episcopali nel continente africano nella ricerca della pace e della giustizia. Sono questi segni molto positivi che mostrano come la Chiesa nel mio Paese e la Chiesa nei Paesi africani si siano adoperate l'una con l'altra nell'opera di evangelizzazione e di assistenza sociale, rendendo in tal modo il tema di questo Sinodo - Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace - un segno importante di come la Chiesa negli Stati Uniti e la Chiesa in Africa siano unite nella fede e nella carità.
    Ma sappiamo che, ripetendo le parole del Vangelo di san Luca, possiamo soltanto dire: "Abbiamo fatto quanto dovevamo fare!" (Luca, 17, 10). Riconosciamo che la risorsa più grande della Chiesa africana è la sua gente. La Chiesa negli Stati Uniti continua a trarre beneficio da quei popoli africani giunti di recente nel nostro Paese come visitatori e nuovi residenti. Diversamente dal passato, quando gli uomini arrivavano incatenati come bestiame umano, oggi giungono a noi operai specializzati, esperti uomini d'affari e studenti che non vedono l'ora di costruirsi una vita nuova in una terra che essi considerano promessa. Molte di queste persone portano con sé una fede cattolica profonda e dinamica con la sua ricca eredità spirituale. Queste persone straordinarie ci sfidano a riscoprire le nostre tradizioni spirituali, spesso messe da parte per gli effetti della nostra ricerca orientata a ciò che è secolare.

    Mentre il mio Paese ha compiuto un eccezionale e felice progresso nella propria lotta per la riconciliazione razziale e la giustizia, non abbiamo ancora raggiunto la perfezione alla quale il Vangelo chiama l'intera umanità. Abbiamo dunque bisogno di ottenere la riconciliazione, la giustizia e la pace nella nostra propria terra fino a che, come scrisse il dottor Martin Luther King Jr, da una prigione a Birmingham, in Alabama, parafrasando il profeta Amos, non vedremo il compimento ultimo del nostro grande potenziale e lasceremo che "Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne" (Amos, 5, 24).
    La grande terra d'Africa possiede molte altre risorse che il mondo oggi brama e, a volte, persegue con grande avidità e spesso con violenza. Le vostre risorse sono una benedizione per questo pianeta e possono essere usate non solo per portare prosperità ai popoli dell'Africa, ma, se considerate correttamente, anche per portare quel senso di unità della terra e di interconnessione che hanno i popoli ovunque, se le risorse naturali che Dio ha messo nelle nostre mani come patrimonio comune vengono utilizzate correttamente.
    Sono profondamente grato al Santo Padre di avermi invitato a questo scambio con i miei fratelli vescovi del continente africano, apprendendo da loro alcune delle loro speranze, lotte e sogni, e a condividere con loro il profondo affetto e il rispetto per la Chiesa negli Stati Uniti d'America.



    In sintonia con le aspirazioni dei cattolici asiatici


    Monsignor Orlando B. Quevedo, o.m.i., arcivescovo di Cotabato (Filippine) segretario generale della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (f.a.b.c.)
    "A servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace" - il tema della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa è in profonda sintonia con le aspirazioni della Chiesa in Asia.
    Nonostante le grandi differenze, la Chiesa in Asia e la Chiesa in Africa hanno straordinarie somiglianze. Se il cristianesimo si è fatto strada all'epoca degli apostoli in Egitto e nel Nord Africa grazie all'opera di san Marco evangelista, molti cristiani in India fanno risalire le proprie origini all'apostolo san Matteo. Ma nel suo insieme la Chiesa in Africa è giovane, come la Chiesa in Asia. In molti Paesi di entrambi i continenti, il cristianesimo è stato portato da missionari stranieri durante il periodo della colonizzazione. Un ulteriore slancio missionario si è verificato nel XIX e nel XX secolo.
    La ricchezza di culture, i tanti valori familiari tradizionali che sono autenticamente umani, le migliaia di lingue parlate, l'incontro tra cristianesimo, islam e religioni tradizionali locali sono tutte realtà importanti, molto simili sia in Africa che in Asia.
    Le due esortazioni post-sinodali del compianto Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa (1995) e Ecclesia in Asia (1998), hanno delle similitudini sorprendenti. Per esempio, a proposito delle sfide pastorali dei nostri giorni: gli imperativi dell'inculturazione e del dialogo interreligioso, la promozione di un'emergente cultura relativista e materialista globalizzante attraverso gli strumenti della comunicazione sociale, l'impatto negativo della globalizzazione economica sui poveri, il declino dei valori morali nella vita sociale, economica e politica, e le continue minacce alla natura stessa del matrimonio e della famiglia, i diversi aspetti dell'ingiustizia e il violento conflitto che turba l'armonia delle società africane e asiatiche.
    La Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia stanno sollevando interrogativi analoghi di grande importanza: che dire di noi in quanto comunità di discepoli, in quanto Chiesa? Come possiamo essere testimoni credibili di nostro Signore Gesù Cristo e del suo Vangelo? Come dovremmo rispondere alle numerose e complesse sfide pastorali che dobbiamo affrontare nella nostra missione di proclamare Gesù come Signore e Salvatore?
    Secondo me la Chiesa in Africa sta esplorando le implicazioni teologiche e pastorali della Chiesa come famiglia di Dio. Noi, in Asia, guidati dalle Sacre Scritture e dal magistero vivo della Chiesa, riteniamo di essere stati condotti dallo Spirito Santo a studiare, nel contesto asiatico, la teologia della Chiesa in quanto Comunione e umile Servitore del Vangelo e delle popolazioni asiatiche. Questa ottica teologica ha aperto l'opzione pastorale del rinnovamento radicale in corso nella Chiesa in Asia, un'opzione più dell'essere che del fare. Infatti, comprendiamo che gli atti devono provenire dal cuore di una Chiesa che viene rinnovata nel mistero pasquale di Gesù nostro Signore.

    Pertanto, nei suoi 35 anni di feconda esistenza, la Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia ha promosso un rinnovamento della Chiesa nel continente: verso una interiorità spirituale più profonda; verso il dialogo con le culture asiatiche, con le tradizioni religiose e filosofiche antiche dell'Asia e con i popoli asiatici, specialmente con i poveri; verso un discepolato autentico, verso il rinnovamento del laicato per una leadership nella trasformazione sociale; verso un significato rinnovato di missione ad gentes; verso il rinnovamento della famiglia asiatica come obiettivo dell'evangelizzazione e verso un vivere credibile dell'Eucaristia nelle realtà dell'Asia.
    Questo rinnovamento fondamentalmente è una chiamata di Dio che è Amore (Deus Caritas est), e che offre speranza e salvezza (Spe salvi), spingendoci ad amare nella verità (Caritas in Veritate).
    Riguardo all'amare nella verità, la Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia conoscono esperienze simili di dolore e di gioia. Il dolore: per le molte forze di una cultura di morte, che sia l'Ecclesia in Africa sia l'Ecclesia in Asia trattano con profonda preoccupazione, quali l'aumento della povertà e l'emarginazione dei nostri popoli, gli attacchi continui contro il matrimonio e la famiglia tradizionale, le ingiustizie nei confronti delle donne e dei bambini, la nostra propensione a favorire le armi di distruzione rispetto allo sviluppo integrale, la nostra incapacità di competere con i potenti in un ordine economico globale che non è guidato da norme giuridiche e morali, l'intolleranza religiosa invece di un dialogo della ragione e della fede, il governo dell'avidità invece del governo della legge nella vita pubblica, le divisioni e il conflitto invece che la pace, e lo svilimento dell'ecologia umana e naturale. Inoltre, la frequenza di tifoni devastanti, inondazioni, siccità, terremoti e tsunami nel continente asiatico esige ora la nostra sollecitudine pastorale collettiva riguardo il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.
    D'altra parte, proviamo grande gioia e speranza nei movimenti di giustizia e pace, come mostrano la crescente consapevolezza e l'impegno di giovani e donne per la responsabilizzazione e la trasformazione sociale, l'impegno di numerosi gruppi della società civile per l'integrità nella vita pubblica e per la cura e l'integrità del creato, per la solidarietà delle persone di buona volontà provenienti da classi sociali e tradizioni religiose diverse, al fine di adoperarsi per un ordine sociale più giusto, più pacifico e più fraterno.
    Il motivo della nostra gioia e della nostra speranza è il fatto che osserviamo molti fermenti positivi in seno alla Chiesa, nelle piccole comunità cristiane, tra molti uomini e donne nella vita religiosa e tra il clero, che portano tutti i valori del Regno di Dio nei nuovi areopaghi dell'evangelizzazione.
    Con questi sentimenti di gioia e di speranza nel Signore, esprimo la solidarietà dei membri della Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell'Asia a tutti i partecipanti alla Seconda Assemblea Speciale per l'Africa. Vi ringraziamo per aver accolto tanti missionari asiatici, come pure tanti lavoratori migranti nel vostro amato continente.
    Con riferimento alla ix Assemblea plenaria della Fabc a Manila, consentitemi di esprimere la nostra gratitudine al cardinale Francis Arinze, Inviato speciale del Papa, e al cardinale Ivan Dias, che ha inviato l'arcivescovo Robert Sarah come suo rappresentante personale.
    In modo particolare, a nome della Fabc desidero esprimere la nostra più profonda e affettuosa fedeltà al nostro amato Papa Benedetto XVI. La invitiamo, Santità, a visitare la nostra regione nel prossimo futuro.



    Le Caritas dell'Oceania partecipano ai programmi di sviluppo


    Monsignor Peter William Ingham >small 0vescovo di Wollongong (Australia) Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali Cattoliche dell'Oceania (f.c.b.c.o.)
    Santità, presidente delegato, relatore generale, segretario generale arcivescovo Eterovic, fratelli e sorelle di questo Sinodo.
    In qualità di presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Oceania (fcbco), vorrei portarvi i saluti e i migliori auguri delle Chiese locali delle nostre quattro Conferenze episcopali, e più precisamente della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Australia, della Conferenza dei vescovi cattolici della Nuova Zelanda, delle Conferenze dei vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone e della grande Conferenza dei vescovi cattolici del Pacifico che si estende da Guam, dalle Isole Marianne, Vanuatu, Fiji, Tonga, Samoa, Kiribati e dalle Isole di Cook fino a Tahiti e a molti altri arcipelaghi.
    Vorrei esprimere la nostra comunione come Federazione con il Vescovo di Roma e la Chiesa universale e la nostra solidarietà con la Chiesa delle numerose nazioni dell'Africa.
    Tutte le nostre nazioni in Oceania, come molte dell'Africa, sono state colonizzate, nel nostro caso soprattutto da inglesi, francesi e portoghesi.
    Come in Africa, la Chiesa esiste in Oceania grazie a missionari eroici provenienti soprattutto dall'Irlanda, dalla Francia, dalla Germania e dall'Italia.
    La fede in Oceania vanta alcuni straordinari esempi di martiri e di santi, oltre a quelli che sono già stati canonizzati e beatificati, ma senza avvicinarsi alla gloriosa tradizione di santi e martiri che testimoniano la fede in Africa.
    Gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo umano sono ben lungi dall'essere raggiunti in quella zona del Pacifico chiamata Oceania. Tuttavia, proprio perché, come leader della Chiesa di tutto il mondo, cerchiamo di essere vicini ai nostri popoli, possiamo giungere a una comprensione molto pratica dei modi in cui la povertà può completamente disumanizzare l'uomo, e di come la violenza sia così distruttiva per la vita e la dignità umane. In quanto leader della Chiesa siamo acutamente consapevoli dell'ingiustizia che pone i ricchi in una posizione privilegiata che discrimina i meno fortunati, come viene realisticamente descritto nella Parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Luca, 16, 19-31).
    Mi rendo conto che queste realtà, per le nazioni dell'Africa, sono ben più minacciose di quelle che affrontano le comunità in Oceania. Voglio dare atto alla generosità dei cattolici di ciascuna delle Conferenze episcopali dell'Oceania, che attraverso la Caritas Oceania e la Caritas in ognuno dei nostri Paesi, sostiene la pace umanitaria e i programmi di sviluppo della Chiesa in Africa. Allo stesso modo le popolazioni dell'Oceania sono generose verso la missione cattolica Propaganda Fide.

    Eppure abbiamo tanto da ammirare e da imparare da voi, Chiesa in Africa, dalla testimonianza che offrite malgrado le schiaccianti difficoltà. Il vostro grande senso della missione di evangelizzare la vostra cultura significa che gli ostacoli posti dai governi o da altre fedi non fanno altro che intensificare la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità.
    In Oceania, il terribile flagello dell'Hiv/Aids (Instrumentum laboris, 142) (soprattutto a Papua Nuova Guinea) e lo sfruttamento derivante dall'estrazione mineraria, sottolineano la missione della Chiesa di applicare il Vangelo di Gesù per ridurre lo stigma della vergogna sociale, per sostituire la violenza con ponti di riconciliazione, di giustizia e di pace (Instrumentum laboris, 90), per chiamare i governi civili a rispondere, per parlare a nome di chi è perseguitato e ridotto al silenzio, e per fornire istruzione e assistenza sanitaria.
    In quanto leader nella fede e Pastori della comunità cristiana, grazie a Gesù, il Buon Pastore, e alla lunga e ricca tradizione di fede e cultura cattolica, abbiamo una visione più ampia della persona umana, e grazie a Gesù e alla nostra tradizione di Chiesa, una visione più ampia della giustizia, dell'amore e dell'importanza dei buoni rapporti fra le persone, le tribù e le nazioni; abbiamo una visione più ampia della riconciliazione, della pace e della cura compassionevole. Quando vi sono crisi, ingiustizia e paura, le persone si recano in massa nelle loro chiese. Ciò a sua volta sottolinea la necessità che noi, in quanto leader della Chiesa, ci concentriamo sul nostro ruolo di pastori e siamo leader attivi di speranza. In quanto cristiani ci occupiamo di speranza!
    Poiché le temperature e le acque degli oceani si innalzano, saranno sempre i più poveri e i più vulnerabili a soffrire in modo sproporzionato, così come soffrono per la carestia, le inondazioni e gli scarsi raccolti, che possono generare motivi di conflitto e originare migrazioni di massa di rifugiati e richiedenti asilo. Sia in Oceania che in Africa, la Chiesa e i suoi organismi stanno facendo molto per aiutare le persone a ritrovare il proprio equilibrio in seno alle loro comunità e a gestire i rischi derivanti dalle calamità naturali. Possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Chiedo le vostre preghiere per Samoa e Tonga nel loro grande dolore dopo il recente terremoto e lo tsunami.

    L'Australia ha iniziato nuovamente la collaborazione con l'Africa, soprattutto nelle industrie minerarie (Instrumentum laboris, 51).
    Come ben sapete, l'Africa è un continente ricco di risorse naturali. Eppure vorremmo che i minatori australiani fossero responsabili verso le comunità in cui lavorano. Le miniere non devono contribuire all'instabilità e al conflitto; dovrebbero essere considerate tanto dal punto di vista del dividendo economico che da quello del dividendo di pace! Un cattolico praticante che conosco bene è dirigente di un gigante minerario australiano e viaggia molto. Lui mi garantisce che l'intento della sua compagnia è eticamente sostenibile. Afferma che il suo scopo è quello di creare una doppia situazione di vantaggio: vantaggi tangibili alle comunità africane che lavorano per loro e vantaggi per la sua compagnia. Molti di voi sono impegnati in questo dialogo e noi dobbiamo essere al vostro fianco.
    L'instabilità politica e i conflitti del Pacifico (es. Fiji, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea) non sono paragonabili a quelli dei Paesi africani, ma identificando il ruolo della Chiesa come Corpo di Cristo per costruire ponti di pace e di riconciliazione, possiamo imparare dai vostri leader della Chiesa in Africa. I vostri successi in quanto Chiesa che promuove sforzi di pace e di riconciliazione in Africa sono assai utili alla Chiesa del mondo (Instrumentum laboris, 108).
    Attualmente stiamo accogliendo in Australia e Nuova Zelanda molti africani che hanno iniziato una nuova vita dopo conflitti tribali, violenze e regimi oppressivi. Questi rifugiati vengono dal Sudan, dal Corno d'Africa, e, in misura minore, dai Grandi Laghi. Altri africani sono venuti in questa parte del mondo per studiare e alcuni sono venuti a operare come sacerdoti e religiosi. La mia diocesi e anche altre, attualmente, si stanno adoperando per accogliere candidati al sacerdozio provenienti da Paesi africani.
    In Australia abbiamo una comunità profondamente multiculturale, costituita per il 60 per cento da migranti e rifugiati e dai loro figli. Ciò ha arricchito e rappresentato una sfida per l'Australia fin dalla Seconda Guerra Mondiale. La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, indetta dal Papa, viene celebrata da noi alla fine di agosto, per sottolineare la ricca varietà culturale che migranti e rifugiati hanno portato al nostro Paese e per aiutare la nostra gente ad "accogliere lo straniero" (cfr. Ebrei, 11, 13), affinché migranti e rifugiati dall'Africa o da qualsiasi parte del mondo si possano pienamente integrare nella nostra comunità australiana.
    Sono lieto delle nostre conversazioni durante questo Sinodo e mi aspetto di imparare con voi e da voi.



    Lavoro comune con l'episcopato europeo


    Cardinale Péter Erdo, >small 1arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria) Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (c.c.e.e.)
    "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Matteo, 5, 13-14) - queste parole del Signore si riferiscono a tutti i cristiani, ma, in quest'ora della storia dell'umanità, in modo speciale a voi, cari fratelli e sorelle in Africa. Durante la preparazione di questa assemblea speciale si è cristallizzato l'accento singolare di questo incontro sinodale: "la Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia, della pace".
    A voi tutti porto il saluto più cordiale e il messaggio della grande vicinanza dei vescovi europei, i quali - rappresentati dai presidenti di tutte le Conferenze episcopali - si sono incontrati in questi giorni a Parigi. Abbiamo potuto rendere conto di un lavoro comune ormai consolidato con i vescovi africani nel quadro dei programmi comuni del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa e del secam. In diverse città africane ed europee si sono svolti questi lavori comuni che avevano trattato argomenti come la migrazione, la schiavitù ed altri problemi umani e cristiani. Come sapete bene, anche la terra d'Europa è una terra bagnata di sangue. Quando, dopo il crollo del muro di Berlino, gli abitanti, e specialmente i cattolici della parte occidentale e di quella orientale del nostro continente, si sono liberamente incontrati, dovevano prendere atto di tutta la complessità della nostra storia comune. Soprattutto i popoli dell'Est europeo si sentivano spesso nella loro storia colonizzati e sfruttati. Persino nei primi secoli dell'epoca moderna c'erano interi villaggi del Sud-Est europeo di popolazione cristiana che sono finiti ai mercati di schiavi dell'Oriente.
    La storia recente dell'Europa ha lasciato anche molte ferite che sono ancora lontane dalla piena guarigione. Se dopo la ii Guerra Mondiale, guerra che ha estinto il più grande numero di vite umane di tutta l'umanità, i popoli dell'Occidente, per esempio i tedeschi e i francesi, con l'aiuto sostanziale di grandi uomini cattolici come Schumann, Adenauer e De Gasperi, hanno trovato la via non soltanto della pacifica convivenza, ma anche di una riconciliazione più profonda, oggi tocca alla parte centrale ed orientale d'Europa di cercare la riconciliazione dei cuori, la purificazione della memoria e la fratellanza costruttiva. Così sono molto spesso i vescovi cattolici che alzano per primi il segno della riconciliazione, come hanno compiuto per primi i vescovi tedeschi e polacchi, un grande atto di riconciliazione, che all'inizio non è stato compreso da molti gruppi delle loro società.

    Alcuni grandi ecclesiastici e teologi di quel tempo, come specialmente Joseph Ratzinger, hanno trovato parole appassionate per difendere quell'atto profetico. Negli ultimi anni ci sono stati simili atti di riconciliazione e di fratellanza tra vescovi di Polonia ed Ucraina, di Slovacchia ed Ungheria, ed altri. I mass media spesso non danno molto rilievo a questi avvenimenti. Forse non mancano neppure gruppi che pensano di trovare il loro vantaggio politico ed economico, sollecitando tensioni ed ostilità tra popoli, gruppi etnici o anche religioni. "La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta", come scrive san Giovanni (1, 5). Cristo è la luce del mondo. Egli illumina anche le tenebre della storia umana e nessuna oscurità, nessun odio, nessun male può vincerlo. È in lui la nostra speranza. Anche se la voce della Chiesa e la testimonianza di ciascun cristiano sembrano deboli, anche se essa spesso non appare in prima pagina dei grandi mezzi di comunicazione, questa voce sottile è più forte di ogni rumore, bugia, propaganda o manipolazione. Siamo testimoni della forza dei martiri. Adesso cominciano a essere beatificati e canonizzati i testimoni dell'Agnello, uccisi per la loro fede nel XX secolo. Essi sono quelli che "vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel Sangue dell'Agnello" (Apocalisse, 7, 14). Durante le lunghe persecuzioni, la loro memoria era coperta di silenzio. Eppure, essa è rimasta viva anche nel cuore della comunità dei credenti. E adesso apriamo le fosse. È commovente vedere da una parte, quanto è rimasto dei corpi dei martiri. Ogni traslazione delle spoglie di uno di loro scuote le anime di tutti i partecipanti di queste cerimonie. La grande tensione tra l'estrema debolezza di un essere umano che è rimasto ucciso e la forza sublime della stessa persona illuminata ormai dalla gloria dei martiri, dà un fortissimo impulso spirituale alle nostre comunità.

    Cari confratelli! Noi altri, cattolici d'Europa, abbiamo imparato dalla nostra storia a seguire con attenzione anche la sorte dei cristiani africani ed abbiamo imparato anche a stimare la vostra fedeltà, la vostra testimonianza, e i martiri africani che danno la loro vita - anno per anno in numero preoccupante - per Cristo e per la Sua Chiesa, così anche per noi. La Chiesa in Africa ha meritato la nostra gratitudine e la nostra profonda stima.
    Il servo di Dio Giovanni Paolo II ci insegnava con forza e lucidità sulla divina misericordia. I circoli del male che sembrano a volte persino diabolici e che possono rattristare e spingere verso la disperazione intere società umane, costruendo le strutture dell'odio, della violenza, della vendetta e dell'ingiustizia tra gruppi etnici, popoli o classi sociali, non sarebbero superabili con la sola forza umana, se non ci fosse la divina misericordia che ci rende anche capaci di seguire il comandamento di Cristo: "siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso" (Luca, 6, 36). Se il nostro Signore ci ha comandato questo, tale comando è anche garanzia della possibilità di compierla. È lui che ci darà la forza per essere misericordiosi, e rompere ogni struttura del male.
    Siamo convinti che lo scambio dei doni non è un programma che vale soltanto tra la parte occidentale ed orientale d'Europa. Questo è doveroso anche tra i fedeli, tra le Chiese particolari anche a livello continentale ed universale. La possibilità della solidarietà e della determinazione di non dimenticare i fratelli bisognosi neanche in tempi di crisi è ferma tra i cattolici d'Europa. Allo stesso tempo, desideriamo studiare meglio le vostre esperienze liturgiche, catechetiche, la dinamica delle vocazioni sacerdotali, le possibilità di costruire insieme la Chiesa di Cristo in Europa, in Africa e ovunque nel mondo.

    Certamente non ci illudiamo: le grandi forze economiche e politiche del mondo, molto spesso, non agiscono secondo la logica della carità e della giustizia, e a volte sembrano dimenticare anche la vera realtà, la natura delle cose e dell'essere umano. La dignità umana, inoltre, non dipende dalla nostra efficienza, non è proporzionata al successo di questo mondo. Ogni essere umano, come tale, ha la stessa dignità inalienabile. Perché creato a immagine e a somiglianza di Dio. La dignità umana non è incompatibile con la sofferenza. Falsa sarebbe una ideologia che dicesse che per salvare la nostra dignità, sarebbe meglio morire che soffrire. Questo era l'atteggiamento dell'antichità greco-romana, non ancora illuminata dalla luce del Vangelo. L'esempio di Cristo ci insegna che la massima sofferenza può essere il momento della massima dignità e gloria. Dopo che il traditore lasciò il cenacolo, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua, e lo glorificherà subito" (Giovanni, 13, 31-32).
    Se nel momento attuale molti nel nostro mondo non ascoltano la voce del Creatore e non sono aperti ad accettare la verità e a praticare la carità, la natura della realtà creata rimane quello che è. La giustizia e la misericordia divina si fanno valere comunque nel funzionamento del mondo e nello svolgimento della storia. Così, cari confratelli, vi assicuriamo delle nostre preghiere e della nostra solidarietà perché possiate trovare le vie per promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace e che siate un conforto anche per noi con le vostre esperienze, la vostra fede e la vostra testimonianza.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    06/10/2009 18:21
     
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    Al termine della seconda congregazione generale

    La relazione sull'«Ecclesia in Africa»
    frutto del primo Sinodo continentale




    Al termine della seconda congregazione generale, svoltasi nell'aula del Sinodo lunedì pomeriggio, 5 ottobre,
    monsignor Laurent Monsengwo Pasinya,
    arcivescovo di Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, ha svolto la relazione sull'Ecclesia in Africa, l'esortazione apostolica nata dal precedente sinodo continentale. Di seguito pubblichiamo una nostra traduzione dal francese dell'intervento del presule.


    Introduzione




    Il 10 aprile 1994, nel corso di una solenne liturgia, Papa Giovanni Paolo II, di felice memoria, circondato da 35 cardinali, un patriarca, 39 arcivescovi, 146 vescovi e 90 sacerdoti, apriva solennemente l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi "perché sia promossa un'organica solidarietà pastorale nell'intero territorio africano ed isole attigue" (1). "Era presente l'Africa con la varietà dei suoi riti: essa danzava la sua gioia, esprimendo la sua fede nella vita al suono dei tam-tam e di altri strumenti musicali africani" (2).
    In quella occasione, l'Africa percepì di essere, da un lato, parte integrante della storia della salvezza, da Abramo a Gesù Cristo (3) e, dall'altro, secondo le parole di Paolo VI "novella patria di Cristo" (4), "terra amata dal Padre eterno" (5).
    Per un mese (10 aprile - 8 maggio 1994), l'Assemblea sinodale guarderà l'Africa in un faccia a faccia, per meglio comprenderla e misurare la profondità dei suoi drammi e delle sue ferite (genocidio, guerre e conflitti armati, movimenti migratori...). Come pure i suoi sforzi di rinascita, di democrazia, di difesa dei diritti umani, e anche le testimonianze luminose di carità fino al martirio. Durante tutte le sue assisi, l'Assemblea sinodale - e con essa, la Chiesa - sperimentò e visse nella propria carne le sofferenze dei popoli dell'Africa come se il Signore volesse associarvi il Sinodo: il Papa Giovanni Paolo II e alcuni padri sinodali ricoverati, assassinio di un arcivescovo e tre vescovi a Kabgayi, massacro di sacerdoti, religiosi/e e fedeli laici, profanazione di chiese.
    Al termine dei dibattiti e delle deliberazioni dei padri sinodali, l'Africa è apparsa - più che mai - come l'uomo della parabola evangelica, che scendeva da Gerusalemme a Gerico e che i banditi avevano lasciato mezzo morto al margine della strada (cfr. Lc, 10, 30ss). Infatti, come quell'uomo, l'Africa attendeva il passaggio del buon Samaritano che è Gesù Cristo.
    Perciò i padri sinodali hanno voluto che quello fosse un "Sinodo di risurrezione", un "Sinodo di speranza e di conforto per l'Africa: "Cristo nostra speranza è vivo, noi vivremo!" (6).
    In effetti, non bastava fare delle constatazioni e misurare l'entità dei drammi dell'Africa; era necessario proporre soluzioni e rimedi, orientamenti e scelte pastorali in grado di risollevare e ridare vitalità a tutta la vita della Chiesa e dei popoli dell'Africa. Per questo i padri sinodali hanno preso, al Sinodo, l'impegno solenne di proseguire instancabilmente la missione evangelizzatrice della Chiesa nelle sue cinque dimensioni che sono: l'evangelizzazione, l'inculturazione, il dialogo, la giustizia e la pace, i mezzi di comunicazione sociale. E per adempiere a questa missione, l'Assemblea sinodale ha scelto l'idea-guida della Chiesa-Famiglia di Dio. "La nuova evangelizzazione tenderà dunque a edificare la Chiesa come famiglia, escludendo ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie, favorendo la solidarietà e la condivisione per quanto concerne il personale e le risorse tra le Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine etnico" (7).
    Grazie alla benevolenza e alla fedeltà del Pontefice, le idee portanti, le opzioni, gli orientamenti e le proposizioni dell'Assemblea sinodale speciale per l'Africa furono sostanzialmente "codificate" nell'Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa (1995). È opportuno valutare, attraverso l'accoglienza della stessa, l'incidenza teologica e pastorale del Sinodo speciale per l'Africa nella Chiesa.
    1. Dalla prima alla seconda Assemblea speciale per l'Africa


    1.1. La prima Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi ha creato indubbiamente una dinamica non solo nella vita della Chiesa universale, essendo cronologicamente il primo sinodo continentale, ma anche nella vita della Chiesa cattolica in Africa. In quest'ultimo caso, questa dinamica verteva soprattutto sui cinque temi-chiave e sulla loro attinenza alla vita e allo sviluppo dell'Africa; poi sull'idea-guida di Chiesa-Famiglia di Dio, senza parlare del kairos che questa visione della Chiesa offriva per la risoluzione delle situazioni di guerra e di conflitto che l'Africa attraversava.


    1.2. Crescita della Chiesa Cattolica in Africa


    A titolo illustrativo, diamo alcune statistiche in grado di mostrare la crescita della Chiesa durante i tredici anni successivi alla prima Assemblea speciale per l'Africa (1994-2007).
    Queste statistiche mostrano la vitalità e la crescita della Chiesa in Africa dopo la celebrazione del Sinodo nel 1994. Quest'ultimo è stato forse una delle principali cause, se non quella più importante, di tale impulso.
    Un altro dato di cui tener conto per valutare il vigore della Chiesa in Africa è certamente la creazione di nuove diocesi: 80 dal 1994 al 2009 (più cinque prefetture apostoliche), senza contare le 24 diocesi divenute arcidiocesi e le 6 diocesi in fieri trasformate in diocesi a pieno titolo. È così che l'episcopato africano è passato da 428 membri nel 1994 a 528 nel 2009, con una crescita del 23,5 per cento. Anche se la crescita è generalizzata, alcuni Paesi si distinguono in modo particolare, come, citando in ordine alfabetico: il Benin (+45 per cento), il Camerun (+25), l'Etiopia/Eritrea (+45), il Ghana (+135), il Kenya (+42), la Nigeria (+43), l'Uganda (+15), la Repubblica Centrafricana (+50) e il Togo (+75). È così che le Conferenze episcopali nazionali o internazionali africane sono passate da 34 nel 1994 a 36 nel 1998 (8).




    Rinnovamento dei pastori in Africa dopo l'Assemblea speciale



    Dei 190 vescovi africani sui 239 membri che compongono l'assemblea sinodale, solo 50 hanno visto la loro situazione immutata, mentre dei rimanenti 129 membri 10 sono stati creati cardinali (8,5%), 36 sono stati promossi o trasferiti (28,5%), 50 sono diventati emeriti (38,5%) e 57 sono deceduti (44%). Intanto, altri partecipanti all'evento sinodale sono stati nominati vescovi: 2 sacerdoti, 4 esperti, 1 uditore e 3 assistenti della segreteria generale.
    In tutto il continente africano, sono 520 i vescovi su un totale di 528 a essere stati nominati o promossi dopo la conclusione del Sinodo (9). Abbiamo così un tasso di rinnovamento più alto rispetto a quello dei membri dell'Assemblea stessa, con circa il 98 per cento in un lasso di tempo piuttosto breve (1994-2009).




    Nuovi vescovi in Africa


    La prima cifra tra parentesi indica il numero dei vescovi nominati o promossi dopo la conclusione dell'Assemblea speciale per l'Africa, mentre la seconda indica il numero totale delle diocesi del Paese. Le diocesi create di recente vengono indicate con il numero che segue le cifre tra parentesi.
    Africa meridionale: (22/29) + 1
    Africa del Nord: (9/10)
    Angola e São Tomé: (24/18) + 4
    Benin: (13/10) + 3
    Burkina Faso e Niger: (14/15) + 4
    Burundi: (9/9)
    Camerun: (21/26) + 5


    cedoi: (3/6) + 1

    Ciad: (6/8) + 4

    Congo: (6/6) + 1

    Congo (Repubblica Democratica
    del): (53/51)

    Costa d'Avorio: (24/16) + 3

    Egitto: (15/15) + 1

    Etiopia ed Eritrea: (12/13) + 4

    Gabon: (6/6) + 2

    Gambia e Sierra Leone: (3/4)

    Ghana: (22/19) + 11

    Guinea: (4/3)

    Guinea Equatoriale: (2/3)

    Kenya: (29/24) + 7

    Lesotho: (2/4)

    Liberia: (2/3)

    Madagascar: (26/20) + 3

    Malawi: (11/7)

    Mali: (4/6)

    Mozambico: (9/12) + 1

    Namibia: (2/3)

    Nigeria: (47/53) + 16

    Repubblica Centrafricana: (8/9) + 3

    Rwanda: (9/9) + 1

    Senegal, Capo Verde, Mauritania e Guinea Bissau: (10/12) + 3

    Sudan: (4/9)

    Tanzania: (24/32)

    Togo: (7/7) + 3

    Uganda: (20/23) +3

    Zambia: (7/10) + 1

    Zimbabwe: (8/8) + 1


    1.3 Edizioni

    Tra le iniziative prese per l'attuazione delle opzioni dell'Assemblea speciale per l'Africa bisogna annoverare l'edizione integrale o parziale dell'Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa (eiaf) nelle principali lingue utilizzate durante i lavori del secam (inglese, francese, portoghese). Queste traduzioni hanno permesso una migliore conoscenza delle direttive e delle opzioni sinodali, specialmente grazie alla celebrazione di incontri pastorali ai quali hanno preso parte i fedeli a diversi livelli.


    1.4 Strutture pastorali


    Sia il secam sia le conferenze regionali e nazionali e le diocesi hanno creato strutture pastorali o di studio per l'applicazione delle direttive e delle raccomandazioni del Sinodo per l'Africa. A livello del secam, in particolare, gli statuti e il Regolamento interno sono stati emendati in tal senso.


    1.5. Piani e programmi pastorali


    A livello continentale, regionale, nazionale e diocesano, molti hanno elaborato progetti, piani e programmi pastorali annuali, triennali e perfino quinquennali nello spirito del Sinodo speciale per l'Africa. Tali programmi erano contenuti generalmente in lettere pastorali, libretti od opuscoli che ne mostrano i nessi con il pensiero del Sinodo.
    16. Degne di una particolare menzione sono le due lettere pastorali delle Assemblee plenarie del secam: "La Chiesa in Africa, una Chiesa-Famiglia" (10) e "Cristo è la nostra pace: la Chiesa-Famiglia di Dio, luogo e sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace in Africa" (11). Mentre la prima lettera pastorale è uno sforzo d'inculturazione dei valori familiari autentici dell'Africa riguardo alle realtà ecclesiali, la seconda, dopo aver mostrato la differenza e la connessione tra la pace degli uomini e quella che offrono Cristo e la Chiesa, presenta un piano pastorale in grado di aiutare la Chiesa ad assumere un ruolo maggiore nella ricerca umana della pace in Africa. Si ricorderà questa massima divenuta celebre: "Il conflitto, anche latente, comincia sempre laddove un diritto è violato o sbeffeggiato"(12).


    1.7. Sinodi


    Dal 1994 e nel corso degli anni successivi molte diocesi e alcune conferenze episcopali hanno tenuto sedute sinodali sia sui temi stessi del Sinodo Speciale per l'Africa, sia su un tema o due. Il tema generale dell'"Evangelizzazione" è stato spesso ricordato anche per coprire tutti i settori. Una conferenza episcopale ha organizzato per tutti e cinque gli anni una sessione pastorale nazionale sull'evangelizzazione.


    1.8. Congressi e simposi


    Università, facoltà ecclesiastiche e associazioni bibliche e teologiche hanno organizzato congressi e simposi sia sull'evangelizzazione che sul tema-chiave della Chiesa-Famiglia di Dio o anche sulla missione. Sono rimaste famose due settimane teologiche: la prima a Kinshasa, organizzata dalla Facoltà di Teologia Cattolica di Kinshasa sulla Chiesa-famiglia e la Chiesa-fraternità, nel 1995, nel corso della quale gli studi hanno mostrato che dalla Bibbia, segnatamente 1 Pt, 2, 17; 1 Pt, 5, 9, alla vita monastica fino al secolo VIII, la visione della Chiesa come famiglia o fraternità era usuale e corrente (13); la seconda nell'icao (Abidjan) nel 1996, partendo dal sacramentario leoniano (V secolo), gelasiano (V secolo) e gregoriano (VII secolo) fino alla riforma liturgica del Vaticano II, senza parlare della letteratura teologica, ha concluso che la concezione della Chiesa come famiglia di Dio in realtà non era altro che un ritorno alle fonti della fede cristiana (14). L'Associazione panafricana degli esegeti cattolici (apeca) ha arricchito nel corso dei due congressi (Ouagadougou, 1997 (15) e Abuja, 1999) (16) il dibattito teologico sulla Chiesa-famiglia di Dio. Lo stesso vale per il Congresso missionario internazionale "Terzo millennio" (2005) a Kinshasa, dove si è constatato che il concetto di Chiesa-famiglia era un importante contributo africano in ecclesiologia (17).


    1.9. Vocabolario teologico e pastorale


    È una soddisfazione constatare che il termine Chiesa-famiglia di Dio si sta ritagliando via via un posto nel vocabolario teologico e pastorale della Chiesa in Africa e nel mondo, ivi compreso nel Magistero pontificale (18).


    1.10. Ricerche teologiche e catechetiche


    Sono state avviate ricerche dottorali e catechetiche sulla Chiesa-famiglia di Dio e sul pensiero del Sinodo speciale per l'Africa.
    1.11. Tre conseguenze dirette dell'Assemblea sinodale del 1994 furono: la realizzazione a tutti i livelli della Chiesa in Africa (continentale, nazionale, diocesano, parrocchiale), di commissioni Giustizia e pace; la creazione di facoltà di comunicazione sociale in seno alle università cattoliche, il lancio di emittenti televisive e radiofoniche rurali diocesane; commissioni formali o informali di dialogo ecumenico e interreligioso. Pur rammaricandosi che, per mancanza di mezzi, non sia stato possibile avviare la Radio continentale africana, ci si rallegra però per il ruolo importante svolto dalle commissioni di Giustizia e pace nella formazione civica e democratica dei cittadini, come pure nella preparazione e nel monitoraggio delle elezioni in diversi Paesi africani.
    1.12. Vi è anche motivo di rammaricarsi per lo scarso entusiasmo suscitato anzitutto nella Chiesa locale africana e poi nelle altre Chiese dei Paesi sviluppati a proposito dei mezzi materiali necessari per l'autosostentamento delle diocesi povere dell'Africa (19). Occorre riconoscere che, malgrado la povertà delle popolazioni africane, una migliore organizzazione delle collette per le Pontificie opere missionarie, l'Obolo di San Pietro e l'autosostentamento delle diocesi africane, permetterebbe all'Africa di partecipare più generosamente al finanziamento della missione di Gesù Cristo nel mondo e "di produrre risorse in vista dell'autofinanziamento progressivo delle nostre Chiese" (20). Su questa falsariga le Chiese dovrebbero sforzarsi di assicurare, per quanto è possibile, il finanziamento delle strutture ecclesiali da esse create. Disposizioni in tal senso sono tanto più necessarie perché le organizzazioni non governative (ong) di ogni genere proliferano sempre più in Africa e per le loro attività fanno ricorso agli stessi organismi di aiuti cattolici delle diocesi e delle conferenze episcopali.
    1.13. Nel quadro della promozione della giustizia e della pace, una conferenza episcopale ha creato un Istituto della Pace, le cui iniziative di mediazione per la pace sono numerose e apprezzate.


    2. Prospettive per la convocazione della seconda Assemblea Speciale


    2.1. Nel corso degli anni successivi alle sessioni della prima Assemblea speciale per l'Africa, il consiglio post-sinodale della segreteria generale del Sinodo ha tenuto regolarmente una riunione annuale durante la quale si procedeva a tracciare uno scenario socio-pastorale della Chiesa in Africa.
    2.2. Nel corso della sua 11ª riunione del 18-19 giugno 2003, il Consiglio è giunto a constatare che "la situazione generale del continente, già critica nella fase di preparazione dell'Assemblea speciale, non è affatto migliorata, anzi al contrario. L'unica differenza deriva dal fatto che, in seguito all'Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, la Chiesa locale dispone dello strumento adeguato per affrontare e trattare questo problema" (21).
    2.3. Quindi il Consiglio ha cominciato a prospettare un programma di preparazione della seconda Assemblea speciale per l'Africa. "La maggior parte dei membri sono stati d'accordo che la seconda Assemblea si celebrasse a 15 anni di distanza dalla prima, quindi nel 2009, dopo una preparazione di 5 anni, permettendo un lavoro di approfondimento a partire dalla base, e dunque cominciando dal 2004".
    2.4. Dopo che la prima Assemblea sinodale per l'Africa aveva esaminato la situazione nel continente nel suo insieme, il Consiglio post-sinodale ritenne che la seconda Assemblea dovesse limitarsi a un aspetto (22) più definito e di un'urgenza particolare per il futuro del continente, per esempio la pace, la giustizia e il perdono nel contesto della Chiesa-Famiglia di Dio, ricorrendo a una formulazione del tipo: "Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono (o riconciliazione)", o sottolineando il ruolo di fermento che la Chiesa ha in Africa: "Chiesa-Famiglia di Dio: fermento di un mondo nuovo" (23).
    2.5. Il 13 novembre 2004, giorno del 1650° anniversario della nascita di sant'Agostino, nel corso di una udienza concessa ai vescovi dell'Europa (ccee) e dell'Africa (secam), Papa Giovanni Paolo II colse l'occasione per annunciare la sua intenzione di convocare una seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi.
    2.6. Spetterà a Benedetto XVI concretizzare questa intenzione, annunciando la convocazione, in Vaticano, dal 4 al 25 ottobre 2009, della seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi sul tema: "La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo (Mt, 5, 13-14)".


    3. Sulle orme della prima Assemblea speciale per l'Africa


    3.1. La seconda Assemblea sinodale speciale per l'Africa è nella logica e sull'esempio della prima Assemblea del 1994. In effetti, dal momento che l'Africa evolveva in un clima generale di guerre e di conflitti, si poteva temere che tale situazione generasse una serie di atti di vendetta e di violenza generalizzata. In modo provvidenziale, la prima Assemblea sinodale aveva assegnato all'evangelizzazione la missione di edificare la Chiesa-Famiglia di Dio perché le famiglie africane divenissero chiese domestiche e le società africane società-famiglia. Ora, da un lato, non ci si uccide fra membri della stessa famiglia; dall'altro, per sua natura, la Chiesa-Famiglia di Dio si presta a essere il luogo e il sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace, come ci insegna il Vangelo (Mt, 16, 19; 18, 17; Gn, 20, 22-23). Occorre inoltre che la Chiesa stessa si presenti al mondo come comunità riconciliata, capace di influenzare la società e di coinvolgerla in una volontà di perdono, di riconciliazione e di pace. Una seconda assemblea sinodale dovrebbe dunque portare a termine l'opera cominciata nella prima. Essa rendeva necessaria (invocava) la seconda come conseguenza e completamento.


    4. Riconciliati nella Chiesa-Famiglia di Dio


    4.1. Il termine riconciliazione implica l'idea di "ri-cucitura" e di ricomposizione del tessuto di relazioni umane lacerato per una ragione o per l'altra. Questo ripristino dell'armonia si esprime nelle varie lingue attraverso l'idea fondamentale di "cambiamento" attivo e passivo (allassô), di "adunanza" e di "riunione" (conciliare, riconciliare. Cfr. Concilium), di "purificazione" e d'"espiazione" (Yôm Kippûr). In Africa la riconciliazione comporta inoltre il concetto di un ripristino della coesione del clan e familiare in vista dell'armonia e dell'equilibrio "totale" del lignaggio e della collettività.
    4.2. La "riconciliazione cristiana" va ben oltre, poiché essa appartiene alla trilogia "amore, perdono, riconciliazione" che, da parte sua, implica la gratuità come l'implica l'amore di Dio. Per questa ragione essa partecipa del radicalismo evangelico (la nuova legge). Così il Vangelo può invitarci ad amare come Dio, ovvero sia i nostri amici che i nostri nemici, sia i buoni che i malvagi, "perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt, 5, 44-45). E san Paolo aggiunge: ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori (cioè nemici di Dio), Cristo è morto per noi" (Rm, 5, 8).
    4.3. In questa logica di gratuità, il discepolo di Cristo deve lasciare la sua offerta sull'altare e andare prima a riconciliarsi con il suo fratello, prima di ritornare a presentarla a Dio (Mt, 5, 23-24). In altre parole, non ci si può aspettare il perdono di Dio e la riconciliazione con lui senza un cuore aperto all'amore e disposto al perdono e alla riconciliazione verso il prossimo (cfr. Mt, 18, 23-35: il debitore spietato).
    4.4. In breve, l'amore, il perdono e la riconciliazione scaturiscono e si offrono gratuitamente, senza attendersi nulla in cambio. Ma essi sono per natura così disinteressati che generano automaticamente una contropartita. Infatti, non si possono cogliere le motivazioni di un tale amore senza restituire in cambio un amore proporzionato. È tutta la spiritualità delle nostre relazioni filiali con Dio nostro Padre.
    4.5. Perciò l'ideale della riconciliazione, del perdono e dell'amore cristiano trascende le forze umane. Per vivere, crescere e perfezionarsi, ha bisogno della forza dello Spirito Santo, Spirito d'amore riversato nei nostri cuori (Rm, 5, 5; 8, 15), per mezzo dell'economia sacramentale della Chiesa: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt, 5, 48). La riconciliazione perfetta si dispiega e si vive nella Chiesa-Famiglia di Dio che, in quanto sacramento della salvezza di Dio, è il luogo e lo strumento della riconciliazione e del perdono.
    4.6. Alla trilogia Amore, perdono e riconciliazione sono indissolubilmente legate fraternità, giustizia e verità. "La società sempre più globalizzata ci rende vicini - dice Benedetto XVI - ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna" (24).
    4.7. Non ci si può riconciliare che nella verità: la verità materiale dei fatti, la verità formale delle disposizioni interiori dei cuori, quando "la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda" (cfr. Lc, 6, 45) e la parola data dai protagonisti è veritiera e non mischia il "sì" e il "no" (cfr. Mt, 5, 37). È solo in queste condizioni che le commissioni "Verità e riconciliazione" possono compiere un'opera utile nella pacificazione dei paesi in conflitto. "La verità, infatti, è lógos che crea diá-logos" e quindi comunicazione e comunione. La verità, facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose" (25).
    4.8. Una riconciliazione nella menzogna non può essere una fonte di pace durevole, non più di una riconciliazione che ignora gli imperativi elementari della giustizia. "Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono", disse Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002. E Benedetto XVI dirà: "nella verità, la pace" (24).
    Una riconciliazione senza la giustizia è un'operazione che causa frustrazione e lascia un retrogusto d'incompiuto. Una riconciliazione senza la verità farà trasparire sempre l'inadeguatezza degli accordi siglati, provocherà sospetti sulla sincerità degli interlocutori e comprometterà la fedeltà alla parola data.


    5. Riconciliati "per la salvezza della moltitudine" (cfr. Gn 45, 7-8; 14-15)


    A questo proposito l'episodio biblico di Giuseppe venduto dai suoi fratelli può chiarire il senso della riconciliazione. In effetti, la via della schiavitù di Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai suoi fratelli (Gn, 37, 12-38) si conclude con la riconciliazione con i suoi fratelli. Giuseppe interpretò la sua partenza per l'Egitto come opera di Dio che lo aveva inviato prima (dei suoi fratelli) per salvar loro la vita per una grande liberazione (Gn, 45, 7); per la "salvezza della moltitudine" (lett.: un popolo numeroso) (Gn 50, 20). Questo episodio, che si colloca nella teologia biblica del ciclo dell'Esodo, ci dà, mi sembra, una chiave ermeneutica della storia della salvezza, suscettibile di aiutarci a comprendere, nella fede, il senso profondo degli ultimi cinque secoli della storia umana in generale e della "Rotta degli schiavi" in particolare. I quattrocentotrenta anni di schiavitù del popolo ebraico in Egitto (Es, 12, 40) possono indurci a interpretare la piega che prende la geopolitica contemporanea. Essa sembra essere la conclusione della "Rotta degli schiavi" del XV e del XVI secolo, considerata come un piano di Dio "per la salvezza della moltitudine". E se l'elezione di un nero a capo degli Stati Uniti d'America è stato un "segnale divino" e un richiamo dello Spirito Santo a una riconciliazione di razze e di etnie, per relazioni umane pacificate e perché cessi "il partenariato delle materie prime" per un "partenariato delle materie grigie" nelle relazioni nord-sud...! Il presente Sinodo e la Chiesa universale ci guadagnerebbero a non ignorare questo avvenimento fondamentale della storia contemporanea, che è lontano dall'essere un banale gioco di alleanze politiche.


    Conclusione


    Occorre riconoscere che lo spirito e la dinamica della prima Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi hanno dato un nuovo impulso alla vita e alla missione della Chiesa in Africa. Non solo le Chiese locali hanno accolto con entusiasmo l'Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, che hanno pubblicato e presentato, ma per giunta ne hanno seguito le direttive, le opzioni e gli orientamenti sia per convocare sinodi diocesani, nazionali o regionali, sia per organizzare congressi, simposi o seminari sul tema-chiave della Chiesa-Famiglia di Dio, o ancora per elaborare progetti, piani e programmi pastorali fondati su questo stesso tema e contenuti con lettere pastorali, libriccini od opuscoli facilmente maneggiabili. Questi programmi pastorali erano concepiti a tutti i livelli, dal secam alle diocesi e alle commissioni Giustizia e Pace.
    A questo proposito, la lettera pastorale del secam, intitolata "Cristo è la nostra Pace" (2001) ha affrontato in modo più formale la questione dei conflitti armati e della riconciliazione in Africa, considerando la Chiesa-Famiglia di Dio come il luogo e il sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace in Africa. Questo tema della riconciliazione e quello della Chiesa-Famiglia di Dio aprivano così il cammino alla Seconda Assemblea sinodale incentrata sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace ... "Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo" (Mt, 5, 13-14).
    La seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi è chiamata ad avviare la Chiesa e la società in Africa sul cammino del perdono, della riconciliazione e della pace, grazie alla giustizia nella verità: "riconciliate nella Chiesa-Famiglia di Dio, per la salvezza della moltitudine".
    "Fammi conoscere, Signore, le tue vie" (Sal, 25 [24], 4). "Ti preghiamo, Signore, tu che guidi le creature umane attraverso i conflitti di questo mondo, porta a buon fine le volontà di pace del nostro tempo, affinché tutti gli uomini possano vivere felici e lodarti per l'amore che tu doni" (26).





    Note

    1) EA, 5.
    2) EA, 6.
    3) Cfr. omelia di apertura di Giovanni Paolo II.
    4) AAS 56, 1964, pp. 907-908.
    5) Giovanni Paolo II, omelia di chiusura del Sinodo dei vescovi in Doc. Cath., 91 (1944) 536.
    6) Messaggio, n. 1-2, EA, 13.
    7)EA, 63.
    8) 1994: 34 + 1 (c.e.d.o.i); 2004: 36 + 1 (c.e.d.o.i) - Namibia (96) - Liberia (98).
    9) Vescovi di nuova nomina o promossi (369); trasferiti (151) dopo la prima Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi.
    10) Documento finale dell'Assemblea plenaria del secam a Midrand (Johannesburg), dal 21 al 27 settembre 1997, pubblicato ad Accra, 1998.
    11) Documento finale dell'Assemblea plenaria del secam a Rocca di Papa dal 1° all'8 ottobre 2000, pubblicato ad Accra nel 2001.
    12) "Christ est notre paix"..., n. 109.
    13) AA, Église-Famille Église-fraternité. Perspectives post-synodes. Atti della ventesima Settimana teologica di Kinshasa, Kinshasa, fck, 1997.
    14) AA., Foi, Culture et évangélisation en Afrique à l'aube du 3ème millénaire. Atti del Colloquio speciale postsinodale, Abidjan, ricao, 14-15, 1996.
    15) AA., L'Église-famille et perspectives bibliques. Atti dell'ottavo Congresso dell'Associazione panafricana di esegeti cattolici. Mélanges Cardinal P. Zoungrana, Ouagadougou, 19-27 luglio 1997; Kinshasa, 1999.
    16) AA., L'Église famille et perspectives bibliques. Atti del nono Congresso dell'Associazione panafricana di esegeti cattolici; Abidjan, 25-30 settembre 1999, Kinshasa, 2002.
    17) Tshibangu Th., "L'avenir de l'activité missionnaire" ad Gentes, Perspectives pour le 21ème siècle, Atti del Congresso internazionale di missiologia "Tertio Millennio", Kinshasa, Médiaspaul, 2005.
    18) Cfr. Giovanni Paolo II, Pastores gregis, n. 59; Benedetto XVI, udienze generali del 7 febbraio 2007 e del 15 ottobre 2008.
    19) Cfr. eiaf, n. 104.
    20) Ibid.
    21) Rapporto della XI riunione del Consiglio post-sinodale, p. 4, ii.
    22) Ibid.
    23) Cfr. Rapporto, ibid, pp. 4-5.
    24) Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 19.
    25) Ibid, n. 4.
    26) Orazione Ora Nona del giovedì della seconda settimana del tempo ordinario, ufficio francese.

    (©L'Osservatore Romano - 7 ottobre 2009)





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Gli interventi di martedì mattina

    La terza congregazione generale




    Si è svolta martedì mattina, 6 ottobre, alla presenza del Papa, la terza congregazione generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. Presidente delegato di turno era il cardinale francescano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban (Sud Africa). Hanno partecipato 226 padri sinodali. Dopo il discorso del delegato fraterno Abuna Paulos e la risposta di Benedetto XVI si è svolta la votazione per eleggere la Commissione per il messaggio, quindi sono intervenuti sedici padri sinodali. Pubblichiamo i testi dei primi sette interventi.




    Nazionalismo e razzismo negano il cristianesimo

    Cardinale Angelo Sodano decano del Collegio cardinalizio
    Il 15 settembre del 1965 il compianto Papa Paolo VI istituiva un nuovo organismo di comunione ecclesiale tra i vescovi e il Successore di Pietro. È il nostro Synodus Episcoporum.
    Quest'istituzione è ormai diventata adulta con i suoi 44 anni di vita e mi sembra che le sue assemblee (finora ben 22) abbiano contribuito grandemente ai fini specifici che il legislatore le aveva attribuito, nel solco indicato dal concilio ecumenico Vaticano II. Sono i fini che il nuovo Codice di diritto canonico, nel 1993, ha poi così sintetizzato nei seguenti tre: favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi; prestare aiuto alla missione del Romano Pontefice; studiare congiuntamente i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo (can. 342).
    Personalmente sono stato testimone della grande importanza di tali incontri, avendo partecipato alle ultime dodici Assemblee sinodali, alcune generali e altre speciali.
    Ora il Papa ha voluto nuovamente invitarmi a essere membro del Sinodo, quasi in rappresentanza del Collegio Cardinalizio, l'altra millenaria Istituzione ecclesiale che è parimenti chiamata ad assistere il Romano Pontefice nella sua missione di Pastore della Chiesa universale (cfr. can. 349).
    Certo, fra di noi vi sono già vari confratelli cardinali, provenienti soprattutto dall'Africa. Sono però lieto di poter qui rappresentare simbolicamente tutti i 185 cardinali del mondo intero, che in questo momento ci sono vicini con la loro preghiera e con il loro comune impegno apostolico.
    Ogni Sinodo, come ogni Concistoro, è così destinato a essere un momento di intensa comunione ecclesiale. In tale contesto, vorrei accennare al capitolo iv del nostro Instrumentum laboris, là ove si parla delle persone e delle istituzioni cattoliche chiamate a operare nella realtà africana, in favore della riconciliazione, della giustizia e della pace. In tale capitolo si sottolinea la necessità della collaborazione dei vescovi con le Conferenze episcopali e di queste con il Simposio delle Conferenze dell'Africa e del Madagascar.
    Sarà però bene ricordare che, in primo luogo, v'è la necessità di una stretta collaborazione con la Sede Apostolica, e cioè con il Romano Pontefice e i suoi collaboratori.

    Come è noto, nei vari Paesi d'Africa vi sono poi anche i rappresentanti pontifici: sono 26 generosi nunzi apostolici che mantengono i contatti con i vescovi del continente e instaurano un dialogo costruttivo anche con le autorità civili, per favorire la libertà della Chiesa e contribuire all'opera di riconciliazione, di giustizia e di pace: le tre finalità di questo Sinodo.
    Ricordando qui la missione dei rappresentanti pontifici, vorrei anche rendere omaggio dinnanzi a voi al compianto nunzio apostolico monsignor Michael Courtney, che fu barbaramente assassinato in Burundi il 29 dicembre del 2003, proprio mentre si interessava per la riconciliazione fra i differenti gruppi etnici del Paese. Purtroppo egli dovette pagare con il sangue il suo abnegato servizio per la pacificazione di quella Regione.
    Proprio per questo, ho notato con piacere che il tema della riconciliazione ha addirittura la priorità fra i tre grandi temi da studiare in questo Sinodo: riconciliazione, giustizia e pace.
    In realtà, oggi vediamo più chiaramente l'enormità dei disastri provocati dal nazionalismo e dall'esaltazione del concetto di razza. Noi qui in Europa ne abbiamo fatto una triste esperienza nel corso dei secoli, fino a giungere all'ultima guerra mondiale, che in cinque anni provocò ben 55 milioni di morti!
    Ora dobbiamo tutti lavorare perché tali tragedie del passato non si verifichino più.

    Come dimenticare che anche in Africa la furia omicida fra differenti gruppi etnici ha sconvolto interi Paesi? Basterebbe pensare al Rwanda e ai Paesi limitrofi! Nel 1994 e negli anni successivi l'ideologia nazionalista giunse a provocare più di 800.000 morti, fra i quali tre membri generosi dell'Episcopato, con altri membri del clero e di varie congregazioni religiose.
    Credo che dovremo ripetere a tutti, con maggiore insistenza, che l'amore alla propria nazione (in concreto, al proprio popolo, alla propria gente) è certo un dovere del cristiano, ma dovremo anche aggiungere che la deviazione del nazionalismo è totalmente anticristiana. Certo il concetto di nazione è molto nobile. Esso si è formato in ambiente cristiano, a giudizio di molti storici, dato che nell'antichità prevalevano piuttosto le figure della piccola tribù, da una parte, e del vasto Impero, dall'altra. Il cristianesimo ha favorito invece l'aggregazione delle genti di una determinata regione, dando vita al concetto di popolo o nazione, con una propria specifica identità culturale. Il cristianesimo ha però sempre condannato ogni deformazione di tale concetto di nazione, una deformazione che sovente cadeva nel nazionalismo o addirittura nel razzismo, vera negazione dell'universalismo cristiano. In realtà, i due principi basilari della convivenza umana cristiana sono sempre stati i seguenti: la dignità di ogni persona umana, da una parte, e l'unità del genere umano, dall'altra. Sono i due confini invalicabili, entro i quali possono poi evolversi i vari concetti di Nazione, a seconda dei tempi e dei luoghi. E in realtà vediamo oggi in Europa che molte nazioni vanno integrandosi, ai fini di una convivenza più solidale, e ciò con l'appoggio degli episcopati locali e della stessa Sede Apostolica.

    Concludendo, vorrei dire che le attuali 53 nazioni africane avranno un grande avvenire, nel concerto delle 192 nazioni che compongono oggi l'intera famiglia umana, se sapranno superare le loro divisioni e cooperare congiuntamente per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli. Da parte sua, questo Sinodo vuole dimostrare ancora una volta ai nostri fratelli e sorelle dell'Africa che la Chiesa è loro vicina e vuole aiutarli nella loro missione di essere artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace in tutto il Continente.



    Il coraggio di denunciare gli abusi di potere


    Cardinale Polycarp Pengo >small 0arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania) presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.e.c.a.m.)
    Il tema di questo Sinodo è oggi particolarmente urgente per la Chiesa africana. Al fine di sviluppare e approfondire tale tema, come ci è stato richiesto, problemi quali l'egoismo, l'avidità e la ricchezza materiale, le questioni etniche che sfociano in conflitto e altre istanze che sono all'origine della mancanza di pace in molte società africane devono essere affrontati coraggiosamente e apertamente, e accompagnati da specifiche direttive pastorali. Le guerre e i conflitti che affliggono il nostro continente dividono i nostri popoli, seminando una cultura della violenza e distruggendo il tessuto spirituale, sociale e morale delle nostre società. È triste dover riconoscere che alcuni di noi pastori sono stati accusati di essere coinvolti in tali conflitti o per omissione o per partecipazione diretta. In questo Sinodo dobbiamo avere il coraggio di denunciare, persino contro noi stessi, l'abuso del ruolo e della pratica del potere, il tribalismo e l'etnocentrismo, lo schieramento politico dei capi religiosi eccetera... La Chiesa africana non potrà parlare a una sola voce di riconciliazione, giustizia e pace se nel continente è evidente la mancanza di unità, di comunione e il dovuto rispetto nei confronti del Secam da parte dei singoli vescovi, nonché delle conferenze episcopali nazionali e regionali. Abbiamo bisogno di una maggior comunione e di una maggior solidarietà pastorale in seno alla Chiesa africana.

    Era stato programmato che, proprio prima di questa seconda Assemblea speciale, il Secam dovesse celebrare la sua quindicesima assemblea plenaria a Frascati, sul tema "Autonomia: la via della Chiesa africana". Sfortunatamente, e con nostro imbarazzo, l'assemblea ha dovuto essere convocata all'ultimo momento per mancanza di sostegno finanziario da parte di molti membri delle Conferenze episcopali, tutto ciò mentre stiamo celebrando i quarant'anni del Secam. Esprimo la speranza e la preghiera che questo Sinodo porti noi tutti a impegnarci maggiormente per il Secam.



    Non siamo cattolici di serie b


    Monsignor Lucas Abadamloora >small 0vescovo di Navrongo-Bolgatanga (Ghana) presidente della Conferenza episcopale
    Ricopriamo spesso ruoli politici ed economici, e dobbiamo dare il nostro contributo a questioni quali educazione e salute alla luce della fede. Come individuo, il cristiano ha un bagaglio culturale diverso che potrebbe imporsi con forza, opponendosi così alla fede. Spesso l'individuo può trovarsi in contraddizione per diversi motivi, che gli impediscono di fare qualunque cosa. È naturale che i cristiani appartengano sia alla Chiesa sia alla società nelle sue varie dimensioni. Come membri dalla natura sfaccettata impegnati su molti fronti, talvolta essi potrebbero trovare difficile sapere cosa fare e quale posizione rispettare.
    Nella prima Assemblea sinodale, ci siamo concentrati sulla Chiesa come famiglia universale di Dio. L'Assemblea stabilì una serie di condizioni per accrescere la credibilità della propria testimonianza: riconciliazione, giustizia e pace. In questa luce, fra le altre cose raccomandò la formazione dei cristiani alla giustizia e alla pace, che è una affermazione del ruolo profetico della Chiesa. Ciò riguardava i temi seguenti: un salario equo per i lavoratori e l'istituzione di Commissioni per la pace e la giustizia.
    I principi che sottendono al documento Ecclesia in Africa sono assolutamente chiari e sono stati ripresi da molte Chiese particolari come linee-guida per le loro riflessioni.

    Ma non va particolarmente in fondo alla questione. Non è questa l'esperienza di molti vescovi, sacerdoti e laici africani che si recano negli Stati Uniti d'America, in Europa e in altre parti del mondo. La nostra esperienza della Chiesa in Europa e in America, ma anche quella di alcuni fratelli vescovi e sacerdoti ci fa pensare di essere membri di serie b della famiglia della Chiesa, o di appartenere a una Chiesa diversa. Si è creata l'impressione che noi abbiamo bisogno degli altri, ma non gli altri di noi. La teoria della fraternità e della comunità è forte, ma la pratica è debole.
    La dinamica della Chiesa che insiste sul fatto che la comunità ecclesiale deve essere integrata, in teoria e in pratica, in modo tale che tutti vi si sentano a casa, dovrebbe essere portata avanti anche in questo secondo Sinodo. La presente Assemblea sinodale dovrebbe considerare opportuno riprendere la dinamica del Sinodo precedente, non soltanto sul piano dei temi da discutere collegialmente, ma anche nella necessaria prospettiva cristiana.
    Affinché ciò accada, alcuni suggeriscono che si usi la radio, la parola stampata e le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Devono continuare gli sforzi affinché venga ricevuto tale messaggio, sempre valido in ogni tempo.



    Liberarsi dalla paura


    Monsignor Fidèle Agbatchi >small 0arcivescovo di Parakou (Benin)
    È evidente che la presente Assemblea costituisce una positiva continuazione di quella del 1994. Se quest'ultima si era conclusa con l'Esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, quella attuale si presenta con il tema: la Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questa formula, per quanto positiva, non vuole nascondere le divisioni familiari, le tensioni interetniche con radici storiche, le guerre e la corruzione su larga scala che minano il continente.
    Proseguendo il servizio a favore di questo continente, possano i padri sinodali comprendere quindi, al di là degli aspetti pratici più volte sottolineati dall'Instrumentum laboris, come fondare esegeticamente e teologicamente la riconciliazione, la giustizia e la pace sull'unico Dio Trinità e sulla sua opera nella Rivelazione, dall'Antico Testamento fino alla venuta del Figlio dell'Uomo. Una simile impresa da parte dei padri sinodali aiuterebbe l'Africa ad assumersi la propria responsabilità storica di fronte al Vangelo che ha ricevuto e che ha il dovere di donarsi inserendosi prepotentemente nella dinamica della metanoia. Questa responsabilità la costringerebbe a liberarsi dalla paura.

    In effetti, l'Africa ha paura e vive di paura. Conservando gelosamente per sé le sue scoperte riguardo al mondo e alla natura, si lascia istintivamente andare alla sfiducia, al sospetto, all'atteggiamento di autodifesa, all'aggressione, alla ciarlataneria, alla divinazione, all'occultismo e al sincretismo, tutte cose che hanno contribuito a offuscare la ricerca del vero Dio per millenni. Quanto è dunque attesa su questo continente - madre di tutti gli altri - la diffusione ancor più radiosa della luce del Cristo morto e risorto! Il mio augurio per questo Sinodo è quello di un futuro pasquale e, dopo le sue sofferenze, di una risurrezione dell'Africa.



    C'è bisogno di discernimento vocazionale e formazione


    Cardinale Franc Rodé, c.m., >small 0prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica
    L'Instrumentum laboris, al numero 113, rileva la "forte crescita delle vocazioni" religiose "segno del dinamismo della Chiesa in Africa" e insieme l'energia spirituale che proviene dai monasteri di vita contemplativa.
    I vescovi africani in visita ad limina testimoniano l'insostituibile impegno apostolico e missionario dei consacrati, uomini e donne, che offrono la propria vita per il Vangelo. La presenza dei consacrati/e è ancora oggi assolutamente predominante, in modo particolare nel campo della salute, dell'insegnamento e della carità.
    Questo impegno encomiabile non può non tener conto delle grandi sfide della Chiesa in Africa, anzitutto del discernimento vocazionale e della formazione iniziale e permanente. La vita consacrata in Africa ha quindi bisogno di formatori e formatrici preparati e, insieme ad essi, di una comunità educante: la testimonianza di vita religiosa delle Comunità, la fedeltà ai consigli evangelici, alle Costituzioni e al carisma proprio, rappresentano una condizione indispensabile per formare veri discepoli di Cristo.
    I religiosi e le religiose africani, inoltre, sono chiamati a vivere in pienezza il valore e la bellezza dei consigli evangelici, in una cultura in cui è difficile essere testimoni di povertà, obbedienza e castità, vissuti liberamente e per amore. Le Conferenze dei superiori maggiori a livello nazionale e due organismi internazionali si occupano dell'animazione dei consacrati e delle consacrate africane e rappresentano un valido strumento per il dialogo con i vescovi.



    Le Chiese dell'Africa del Nord chiedono di partecipare al Sinodo per il Medio Oriente


    Monsignor Maroun Elias Lahham >small 0vescovo di Tunis (Tunisia)
    Il mio intervento riguarda i rapporti con l'Islam in Africa. Il primo aspetto da sottolineare è che l'Instrumentum laboris parla dell'Islam in un solo paragrafo (102), in termini generici e che interessano l'Islam nell'Africa subsahariana. Ora, la stragrande maggioranza dei musulmani africani vive in Africa settentrionale, zona geografica completamente assente nell'Instrumentum laboris. Un altro aspetto è che circa l'80 per cento dei 350 milioni di arabi musulmani vive nei Paesi dell'Africa settentrionale.
    Tutto ciò per dire che i rapporti islamo-cristiani in Africa del Nord sono diversi da quelli dell'Europa, dell'Africa subsahariana e anche dei Paesi arabi del Medio Oriente. Questa omissione delle Chiese dell'Africa del Nord, quando si parla di Africa, e soprattutto questa omissione dell'Islam ci sorprende; l'abbiamo comunicato alle autorità competenti.
    La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese dell'Africa settentrionale può arricchire le esperienze di dialogo vissute altrove (in Europa o nell'Africa subsahariana) e attenuare le reazioni di paura e di rifiuto dell'Islam che cominciano a farsi sentire in alcuni Paesi. Sappiamo tutti che la paura è cattiva consigliera.
    In cosa consiste la specificità dell'esperienza delle Chiese dell'Africa del Nord?
    Si tratta di una Chiesa dell'incontro. Anche se non ha tutta la libertà auspicata, non è perseguitata.
    Si tratta di una Chiesa che vive in Paesi al cento per cento musulmani e in cui la schiacciante maggioranza dei fedeli è composta da stranieri, la maggior parte dei quali resta solo qualche anno.
    Si tratta di una Chiesa che, dall'indipendenza dei Paesi dell'Africa del Nord, si è fortemente impegnata nel servizio umano, sociale, culturale e educativo dei Paesi che l'accolgono.
    Si tratta di una Chiesa che gode di un margine abbastanza ampio di libertà nell'esercizio del culto cristiano per le migliaia di fedeli, come per esempio in Tunisia.

    Si tratta di una Chiesa che vive in Paesi musulmani in cui sta nascendo un movimento di pensiero critico nei confronti di un Islam integralista e fanatico. C'è anche una scuola "magrebina" di studio razionale dei testi e delle tradizioni musulmani.
    Viene spesso richiesta la collaborazione della Chiesa per questo nuovo modo di concepire e vivere l'Islam. Questo invito è rivolto a sacerdoti e vescovi che hanno trascorso molti anni nei paesi del Maghreb ed è stato sottolineato dalla nomina di vescovi arabi in alcune sedi episcopali.
    Due proposte: che il Sinodo per il Medio Oriente previsto per l'ottobre del 2010 comprenda anche le diocesi dell'Africa del Nord, soprattutto per quanto riguarda le minoranze cristiane e i rapporti e il dialogo con l'Islam; un dibattito sull'Islam in Africa che tenga conto della varietà delle esperienze africane, da Tunisi a Johannesburg.



    Urge un'adeguata catechesi sull'Eucaristia


    Monsignor Simon-Victor Tonyé Bakot >small 0arcivescovo di Yaoundé (Camerun) presidente della Conferenza Episcopale
    I bantù del Sud del Camerun attribuiscono un'importanza fondamentale alla vita in comunità. Si può esserne esclusi in seguito a un grave errore e poi cercare di ritrovare la comunione con tutti. È il senso del perdono offerto o accolto a seconda che si sia ricevuta un'offesa o si sia commessa una colpa.

    Vi si giunge attraverso un rituale le cui tappe essenziali sono le seguenti: la discussione (palabre), la confessione pubblica, le parole rituali di richiesta di perdono, la riconciliazione e il pasto comunitario. È ciò che noi definiamo cultura della pace e della riconciliazione. Il clan sa ristabilirla ogni qualvolta la comunità si trova in situazioni di squilibrio.
    L'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, promuove la pace e la riconciliazione ma non ha ancora raggiunto la stessa capacità di conversione tra i cristiani che vi partecipano poiché il bacio della pace dato durante la messa manifesta discordanze abbastanza nette tra i fedeli. Si possono anche voltare le spalle a chi vi dà la possibilità di riconciliazione.

    Si impone un'adeguata catechesi da parte dei pastori per far capire a tutti che, essendo diventati fratelli e sorelle di sangue, visto che nelle nostre vene scorre lo stesso sangue di Cristo, assunto attraverso la comunione, questo sangue ci purifica da tutte le nostre impurità e dovrebbe essere più forte della tradizione del clan. Purtroppo, non è ancora così. Occorre impegnarsi sempre di più per raggiungere questo obiettivo. [SM=g1740721]


    (©L'Osservatore Romano - 7 ottobre 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Il Sinodo per l'Africa

    I vescovi denunciano sfruttamento e corruzione




    Organizzazioni non governative e organismi internazionali presenti in Africa, spesso con la scusa di aiutare, vogliono imporre un'ideologia. È una denuncia emersa durante gli interventi liberi dei Vescovi nella quarta Congregazione generale del Sinodo, svoltasi martedì pomeriggio 6 ottobre. A questo atto di accusa è seguito quello sullo sfruttamento irresponsabile delle risorse naturali da parte di alcune multinazionali e di potenze straniere.

    Per contrastare questo saccheggio è stato proposto di stilare un codice di condotta per quanti vogliono operare sul territorio africano.

    Uno degli aspetti più inquietanti dello sfruttamento della natura in Africa è la lotta per il controllo delle risorse idriche. Proprio il problema della privatizzazione dell'acqua da parte di grandi imprese agricole e di multinazionali produce conflitti sociali. È quanto ha evidenziato un padre sinodale, definendolo una delle emergenze più acute per il futuro del continente. La Santa Sede - è stato fatto notare - già da tempo propone che l'accesso all'acqua sia riconosciuto come un diritto umano. Un'altra voce si è levata contro la tratta delle donne e dei bambini. Esiste una rete di persone senza scrupoli che sfrutta i più poveri soprattutto per alimentare il turpe mercato della prostituzione. È stata poi denunciata la presenza di organizzazioni che operano anche fuori del continente implicate nel traffico umano.

    Riconosciute le emergenze e le urgenze dell'Africa, sono state anche individuate alcune possibilità di intervento. Prima fra tutte la denuncia del malgoverno, della corruzione e degli interessi economici privati di alcuni governanti. La Chiesa dovrebbe collaborare con le istituzioni ma esserne anche la coscienza critica. Altro contributo è quello di proporre e insegnare la dottrina sociale ai politici e a quanti vogliono partecipare alla vita politica.

    La formazione dei laici è stata più volte segnalata come priorità ineludibile per preparare persone capaci e mature. Altra proposta è stata quella di lanciare un appello a nome di tutto il Sinodo per l'abolizione della pena di morte, troppe volte usata come strumento per eliminare gli avversari politici. Infine, è stata espressa solidarietà a monsignor Maroy Rusengo, arcivescovo di Bukavu nella Repubblica Democratica del Congo, che ha lasciato il Sinodo per far rientro in patria dopo aver denunciato le aggressioni subite dai cristiani nella sua diocesi.

    I lavori sono proseguiti questa mattina con la prima riunione dei circoli minori.




    (©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2009)

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    L'intervento del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato

    La presenza e il contributo dei rappresentanti pontifici


    Nella mattina di venerdì 9 ottobre il primo dei ventuno interventi dei padri sinodali è stato pronunciato dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Eccone il testo. 

    Tarcisio Bertone 
    La comunione affettiva ed effettiva delle Chiese particolari con la Chiesa universale, che è uno degli obiettivi del Sinodo dei vescovi, trova nell'azione dei nunzi apostolici uno snodo insostituibile e particolarmente importante nella realtà del Continente africano. Negli ultimi cinquant'anni i Sommi Pontefici hanno voluto manifestare il loro amore per l'Africa anche allacciando numerose relazioni diplomatiche con gli Stati che, via via, diventavano indipendenti. Basti pensare che, se all'inizio degli anni Cinquanta solo due Paesi avevano contatti stabili con la Santa Sede (Egitto e Liberia), alla fine degli anni Ottanta essi erano diventati 40.

    Tale numero è andato ulteriormente crescendo nel tempo successivo e oggi, su 53 Paesi africani, 50 intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Non bisogna poi dimenticare l'attenzione verso gli Organismi Internazionali. Al riguardo, desidero menzionare la Rappresentanza presso l'Unione Africana, con sede ad Addis Abeba, e la Delegazione presso l'Organizzazione degli Stati Arabi, con sede al Cairo.

    Questa fitta rete di presenze non è finalizzata soltanto a promuovere e sostenere i rapporti fra la Santa Sede e le Autorità statali, bensì intende soprattutto "rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di comunione fra la Sede Apostolica e le singole Chiese particolari" (Canone 364), attraverso la mutua assistenza e il consiglio che i rappresentanti pontifici prestano e ricevono dai vescovi, nonché attraverso le visite che essi compiono regolarmente nelle diocesi per conoscere le comunità locali, apprezzarne la cultura e le tradizioni, conoscerne le problematiche. Lo ricordava Giovanni Paolo II, parlando ai rappresentanti pontifici in Africa, allorché li esortava a continuare "con ogni impegno a essere testimoni di comunione, favorendo il superamento delle tensioni e delle incomprensioni, la vittoria sulla tentazione del particolarismo, il rafforzamento del senso di appartenenza all'unico ed indiviso Popolo di Dio" (25 settembre 2004).

    Questa collaborazione vuole costituire un aiuto fraterno e concreto alla missione dei vescovi nelle complesse realtà in cui essi sono chiamati a operare.
    In quest'ottica di comunione va pertanto collocata la missione diplomatica della Santa Sede, che, soprattutto nel corso dell'ultimo decennio, ha favorito l'elaborazione di Accordi o altre convenzioni con le Autorità statali. Mi rallegro, pertanto, che l'Instrumentum laboris preparato per questa Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, al numero 7, menzioni l'Accordo della Santa Sede con il Gabon, firmato nel 1997, cui è seguito nel 2001 un Accordo circa l'insegnamento cattolico nel Paese. Altri Accordi sono poi in preparazione o in via di definizione. Mi piace, inoltre, ricordare che alcune Conferenze episcopali hanno stipulato Convenzioni su materie specifiche, quali l'insegnamento e l'assistenza sanitaria. L'insieme di tali documenti mira non solo a definire il quadro giuridico dell'azione ecclesiale, ma anche a supportare la missione della Chiesa, che è chiamata a essere "il sale della terra" e "la luce del mondo" (Matteo 5, 13.14).

    Con questo spirito, i rappresentanti pontifici sono chiamati a dare voce al Santo Padre, innanzitutto nella difesa della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali, come è accaduto in occasione dell'entrata in vigore, il 25 novembre 2005, del "Protocollo alla Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, relativo alle donne", meglio noto come "Protocollo di Maputo", oppure quando si sono adoperati perché non si banalizzasse surrettiziamente l'aborto (cfr. Discorso al Corpo Diplomatico, 8 gennaio 2007), sulla base della sconcertante tesi, secondo la quale la soppressione della vita sarebbe una questione di salute riproduttiva (cfr. Discorso alle autorità politiche e il Corpo Diplomatico, Luanda, 20 marzo 2009).

    Inoltre, per promuovere la dignità umana, i Rappresentanti Pontifici collaborano con gli episcopati in difesa della libertà religiosa e nella promozione di un dialogo autentico, sia con le altre Chiese o comunità ecclesiali, sia con gli appartenenti ad altre religioni, come pure, naturalmente, con la autorità civili.

    Speriamo che l'azione congiunta in questa direzione porti frutti non solo all'interno delle comunità ecclesiali, ma anche nei consessi della comunità internazionale, in modo che le opzioni della Chiesa, fondate sul diritto naturale e sulla sua esperienza in umanità, siano pienamente accolte anche a livello politico locale e internazionale.


    (©L'Osservatore Romano - 10 ottobre 2009)
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    10/10/2009 18:46
     
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    Durante la nona congregazione generale

    La tragedia del Darfur nella testimonianza
    dell'invitato speciale Rudolf Adada


    Pubblichiamo l'intervento pronunciato dall'invitato speciale Rudolf Adada, già rappresentante speciale della missione congiunta delle Nazioni Unite e dell'Unione africana nel Darfur (Sudan), durante la congregazione di venerdì pomeriggio, 10 ottobre.

    È un immenso onore per me potermi rivolgere, in presenza di Sua Santità, a questo areopago di Principi della Chiesa, riuniti in questa aula sacra.
    Come sapete, non ho più l'incarico dell'Unamid (African union/United nations hybrid operation in Darfur) e le opinioni che esprimo, adesso, riguardano solo me. Il dibattito sul Darfur è divenuto così polarizzato che è difficile mantenere una posizione obiettiva. Questo è ancora più spiacevole perché solo un approccio neutro può garantire soluzioni durature.
    Di fronte a Sua Santità, vorrei offrire una testimonianza il più imparziale possibile. So di poter parlare serenamente, poiché la Chiesa è una forza di pace e la pace esige la verità. 

    Africa Alla fine del 2005, il Congo è stato eletto membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il periodo 2006/2007 e nel gennaio del 2006, il Presidente Denis Sassou-Nguesso viene eletto presidente in carica dell'Unione Africana. Queste due decisioni hanno fatto del Ministro degli Esteri del Congo - quale ero all'epoca - un osservatore privilegiato dei grandi problemi che attanagliavano l'Africa, tra i quali, al primo posto, vi era la crisi del Darfur.
    Ho così potuto seguire l'evoluzione di tale questione più da vicino. Quando il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e il presidente della Commissione dell'Unione Africana, Alpha Oumar Konaré, hanno scelto la mia persona per dirigere la prima missione congiunta Nazioni Unite/Unione Africana e il presidente Denis Sassou-Nguesso ha dato il suo consenso, mi sono sentito investito di una triplice fiducia. Era mio compito meritarla.


    Il conflitto

    Tutti sanno che il conflitto del Darfur è esploso nel febbraio del 2003 quando un gruppo ribelle, il Sudan Liberation Army (Sla) - guidato da Abdulwahid Mohammed Al Nur -, ha attaccato Gulu, il capoluogo del Jebel Marra. Successivamente, ad aprile, questo gruppo attaccò l'aeroporto di El Fasher, capitale del Darfur. Venne poi formato un secondo gruppo, conosciuto come Justice and Equality Movement (Jem) guidato da Khalillbrahim.
    La risposta del governo sudanese si manifestò con quella che alcuni hanno definito "contro-insurrezione al ribasso", estremamente violenta e basata sullo sfruttamento delle rivalità etnico sociologiche tramite l'uso dei "Janjaweeds" dalla pessima reputazione.
    Le conseguenze furono spaventose:  centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati (Idp e rifugiati), incalcolabili violazioni dei diritti umani. Una crisi umanitaria senza precedenti.
    A meno di dieci anni dal genocidio del Rwanda, la crisi del Darfur ha subito sollevato la questione del genocidio. Conoscete la controversia su questo punto delicato.
    Tuttavia, un'analisi più profonda dimostrerebbe che il conflitto del Darfur affonda le sue radici nella storia del Sudan. La storia, l'emarginazione delle regioni periferiche e il loro sottosviluppo, il degrado dell'ecosistema sono fattori da non trascurare. È una "crisi del Sudan in Darfur". Questa crisi è legata anche alla storia del vicino Ciad. Per esempio, il Frolinat creato negli anni Sessanta per lottare contro il presidente del Ciad, François Tombalbaye, è stato fondato a Nyala, nel Darfur, e non è un caso che il primo mediatore nel conflitto sia stato il presidente del Ciad, Idriss Deby. Il lungo conflitto del Tehad ha contribuito anche a far affluire armi leggere in Darfur.
    Si diceva che "il Darfur degli anni Novanta era carente d'acqua, ma che invece era inondato di fucili".

    Già prima del 2003, la crisi attuale comincia in realtà con una guerra civile tra i Fur e gli arabi, durante la quale ogni parte accusava l'altra di tentato genocidio.
    Ecco due citazioni:  "La sporca guerra che ci è stata imposta è iniziata come una guerra economica ma ha ben presto assunto il carattere di genocidio e aveva lo scopo di cacciarci dalla nostra terra ancestrale. Lo scopo è un olocausto totale e l'annichilimento completo del popolo Fur e di tutto ciò che è Fur".
    "La nostra tribù araba e i Fur hanno convissuto pacificamente nel corso di tutta la storia del Darfur. Ma la situazione ha conosciuto una destabilizzazione verso la fine degli anni '70 quando i Fur hanno lanciato il motto "il Darfur ai Fur". Gli arabi sono stati dipinti come gli stranieri che dovevano essere espulsi dal Darfur. Sono i Fur che, nella loro ricerca di espansione della cosiddetta "cintura africana", vogliono espellere tutti gli arabi da questa terra".

    Queste parole piene d'odio sono state pronunciate durante la conferenza di riconciliazione svoltasi a El Fasher, dal 29 maggio all'8 luglio 1989.
    Eppure, questa dimensione etnica è solo la punta dell'iceberg. Questo conflitto è assai più complesso della descrizione manichea comunemente diffusa.


    La risposta della Comunità internazionale

    Oltre alle organizzazioni umanitarie che continuano a fare un lavoro ammirevole a servizio del popolo sudanese del Darfur, l'Unione Africana è stata la prima a reagire. Nell'aprile del 2004, essa ha organizzato delle trattative per giungere alla firma del cessate il fuoco umanitario di N'Djamena tra il governo del Sudan e i due movimenti ribelli, cioè lo Sla di Abdulwahid El Nur e il Jem di Khalillbrahim. È questo accordo che permetterà di avviare la Muas (Missione dell'Unione Africana in Sudan), con il sostegno di numerosi donatori tra i quali è giusto citare almeno l'Unione Europea, gli Stati Uniti d'America e il Canada.
    La Muas ha cominciato con 60 osservatori e una forza di protezione di 300 soldati ma successivamente è passata a settemila uomini. Era la prima missione di peace keeping organizzata dall'Unione Africana e non è stata la più facile.
    La Muas è stata oggetto di molte critiche da parte dei media occidentali. Queste critiche sono ingiustificate e ingiuste.
    Il lavoro svolto da questa missione è stato enorme e merita di essere elogiato. In condizioni in cui nessuno voleva intervenire, questi africani hanno assicurato con sacrificio e dedizione la presenza della comunità internazionale in Darfur.
    Hanno dato testimonianza della compassione umana. Hanno gettato le basi di ciò che oggi è l'Unamid. Sessantuno di loro hanno fatto il supremo sacrificio.
    Dalla fine del 2005, di fronte alla complessità dei problemi di ogni genere posti dalla gestione della Muas, è apparso difficile per l'Unione Africana continuare ad assumersi questa responsabilità. L'Unione Africana ha preso allora la decisione di passare il testimone all'Onu cui spettava la missione. Il governo del Sudan si oppose con forza a questa decisione. Tutto il 2006 è trascorso nel tentativo di convincere il governo sudanese della necessità di questo passaggio di responsabilità.
    Soltanto il 16 novembre del 2006 il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, in procinto di andarsene, fece la proposta di una missione ibrida. Il governo sudanese accettò e nacque così l'Unamid, la Missione delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana in Darfur.
    L'Unamid è stata formalmente creata con la risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, attraverso il rapporto congiunto del segretario generale delle Nazioni Unite e del presidente della Commissione dell'Unione Africana. Essa prevede ventimila militari, 6.000 poliziotti e altrettanti civili, diventando così la più grande forza di peace keeping del mondo. Doveva essere dotata di tutti gli strumenti necessari allo svolgimento del suo mandato secondo il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite e doveva essere preceduta da due "moduli di sostegno" (light support package e heavy support package) alla Muas per rafforzarla prima del passaggio di potere.
    L'Unamid ha come mandato:  contribuire a ristabilire le condizioni di sicurezza necessarie alla distribuzione degli aiuti umanitari; garantire la protezione della popolazione civile; seguire e verificare l'applicazione dei diversi accordi del cessate il fuoco; contribuire all'applicazione dell'accordo di pace di Abuja e di ogni altro accordo.
    Lo spiegamento dell'Unamid ha costituito una grande sfida. Si tratta della più grande missione al mondo nella regione più interna del più grande paese africano. In Africa, il punto più lontano dal mare è in Darfur. Le infrastrutture per i trasporti sono inesistenti. L'Unamid succede alla Muas che non ha potuto usufruire dei "moduli di sostegno" promessi. Tutto ciò ha costituito un insieme di ostacoli che abbiamo dovuto superare.
    La reticenza, se non la resistenza, del governo sudanese nei confronti della presenza di una missione delle Nazioni Unite in Darfur ha rappresentato un ulteriore problema da gestire.

    Le condizioni del dibattito internazionale sul Darfur avevano stigmatizzato il governo del Sudan che, da parte sua, vedeva nella "comunità internazionale" semplicemente una forza il cui scopo era il rovesciamento del regime. Ma, con l'aiuto dell'Unione Africana, è stato possibile diminuire il sospetto nei confronti dell'Unamid. A questo scopo, è stato necessario lavorare a stretto contatto con il governo. Credo che oggi il governo sudanese sia convinto che l'Unamid è una forza di pace e non l'avanguardia di una forza di invasione. È stata creata una Commissione tripartita (Onu-Ua e governo del Sudan) per risolvere ogni problema riguardante lo svolgimento dell'Unamid.
    Questo mio impegno presso il governo sudanese non è mai stato ben visto né tanto meno capito.
    La maggior parte delle missioni di peace keeping si svolgono negli "stati in fallimento", in cui il governo è o inesistente o impotente (Bosnia, Kosovo, Timor...). In questi casi, la missione dell'Onu diventa un vero governo e il rappresentante speciale quasi il capo di governo. In Sudan non è così. Le Nazioni unite devono su questo punto effettuare una vera "rivoluzione culturale".
    Oggi possiamo considerare che il grosso delle truppe sarà sul campo verso la fine dell'anno. Occorre tuttavia sottolineare che alcuni mezzi tecnici promessi dai "moduli di sostegno" non sono ancora stati forniti e in particolare gli elicotteri militari che permetterebbero una maggiore mobilità in un territorio grande come la Francia. È una delle incongruenze delle decisioni della "comunità internazionale".
    L'Unamid ha dovuto anche far fronte alla diffidenza e persino all'ostilità degli sfollati. Far accettare l'Unamid agli sfollati e ai movimenti armati è stato più difficile. Molti di loro rifiutavano il suo "carattere africano".

    D'altra parte, la loro ostilità all'accordo di Abuja di cui l'Unamid doveva assicurare l'attuazione complicava ancor più la situazione. Ma la nostra azione sul campo - soprattutto al tempo della crisi del campo di Kalma dove un'"operazione di polizia" ha portato alla morte di 38 sfollati, all'espulsione di tredici Ong internazionali e ai combattimenti di Muhajeriya e Umm Baru fra il Jem e le forze governative, l'Unamid ha dato assistenza ai feriti dei due campi, pur proteggendo le migliaia di civili che avevano trovato rifugio presso di essa - la nostra azione sul campo, come dicevo, è riuscita a convincere gli sfollati dell'imparzialità dell'Unamid nell'attuazione del suo mandato. Lo hanno dichiarato in una lettera commovente che abbiamo considerato come una vera e propria onorificenza.
    Oggi l'Unamid è presente ovunque in Darfur. Tutte le componenti della missione, i militari, la polizia, i civili (affari politici, affari civili, diritti umani e del Dddc - Darfur-Darfur dialogue and consultations) mantengono rapporti regolari con tutte le parti, con la società civile e con la popolazione in generale. Essi osservano la situazione giorno per giorno e possono fedelmente darne conto. Partecipano anche con successo alla risoluzione delle dispute locali.


    La situazione attuale in Darfur

    Durante i 26 mesi che ho appena trascorso in Darfur come responsabile dell'Unamid, ho potuto osservare un miglioramento progressivo della situazione della sicurezza in Darfur e ciò malgrado il persistere di due gravi rischi:  il proseguimento delle operazioni militari fra il Jem e le forze governative da una parte e il deterioramento delle relazioni fra il Ciad e il Sudan dall'altra. A questo è opportuno aggiungere le lotte inter-tribali e l'aumento del banditismo, dovuti in gran parte al crollo della legge e dell'ordine.
    La criminalità e il banditismo sono oggi la preoccupazione principale in materia di sicurezza. Osserviamo inoltre una nuova tendenza al rapimento di persone a scopo di riscatto. La strategia dell'Unamid per la protezione dei civili mira a controllare tutte queste cause di pericolo per i civili innocenti. Si tratta per l'Unamid di rafforzare la sua presenza nei campi profughi - ormai è presente 24 ore su 24 in 15 campi - e di moltiplicare il numero di pattuglie di polizia e dei militari nelle città e nei villaggi.
    Ma, detto questo, la situazione è cambiata radicalmente dopo l'intenso periodo 2003-2004 quando venivano uccise decine di migliaia di persone. Oggi, in termini puramente numerici, possiamo dire che il conflitto del Darfur è un conflitto di bassa intensità. Non vorrei insistere su questa macabra contabilità che appassiona i media:  un morto è un morto di troppo e i numeri che avevo citato al Consiglio di Sicurezza erano lì solo per sostenere l'analisi.

    Questo non significa assolutamente che il conflitto in Darfur sia concluso! Infatti, il conflitto in Darfur continua. I civili continuano a correre rischi inaccettabili. Milioni di persone si trovano ancora nei campi profughi o sono rifugiati. A causa dell'insicurezza, non possono tornare a casa e riprendere una vita normale. Non è stata ancora trovata alcuna soluzione alle gravi ingiustizie e ai crimini commessi, in particolare durante il picco delle ostilità, nel 2003-2004.
    I progressi che osserviamo sul campo devono essere consolidati con un accordo di pace che deve essere inclusivo. Esso dovrebbe comprendere non solo i movimenti armati ma anche l'insieme delle componenti della società del Darfur, inclusa la società civile, gli sfollati, i rifugiati, senza dimenticare gli arabi che vengono troppo spesso assimilati ai Janjaweeds. Infatti, solo un accordo politico accettato e condiviso da tutti è in grado di riportare una pace duratura in Darfur.

    In realtà, è proprio ciò che manca di più, oggi, all'Unamid:  un accordo di pace. Infatti, questa missione di peace keeping non ha pace da mantenere.
    Non c'è soluzione militare al problema del Darfur, non può esserci. Nessuno ha i mezzi per vincere militarmente. L'unica opzione è quindi un accordo politico e questo accordo deve tener conto di tutti gli aspetti del problema, locali, regionali, politici, socio-economici, senza dimenticare la grave questione umanitaria.
    I vari tentativi di negoziazione dal 2003 non hanno portato a una soluzione. L'accordo di Abuja, firmato il 5 maggio 2006, non è stato inclusivo ed è stato rifiutato da gran parte della popolazione del Darfur. L'attuale mediazione Ua-Un deve tenerne conto e puntare alla partecipazione di tutti.

    I prossimi due anni saranno cruciali per il Sudan.

    Sono previste elezioni generali nell'aprile del 2010 e, nel 2011, ci sarà il referendum per l'autodeterminazione del Sudan meridionale. È necessario che il Darfur partecipi a elezioni giuste e trasparenti e, perché l'esercizio di autodeterminazione del Sud si svolga in condizioni ottimali, il problema del Darfur dovrebbe essere già risolto. A dir poco, il tempo stringe.


    Pace, giustizia e riconciliazione

    In Darfur sono state commesse terribili violazioni dei diritti umani, in particolare nel 2003-2004. Questi problemi non sono stati trattati. La pace e la giustizia sono due facce della stessa medaglia. La questione non è sapere se la giustizia deve essere promossa, ma piuttosto il come farlo.
    Il procuratore della corte penale internazionale (Cpi) ha chiesto e ottenuto l'emissione di un mandato d'arresto contro il presidente del Sudan.
    L'Unamid ha sempre insistito sul fatto che questa questione esulava dal suo mandato e non ha mai commentato questa decisione della giustizia. Ma è una questione che domina il dibattito e tutto il processo di trattamento del problema del Darfur. L'Unione africana, pur precisando di non tollerare in alcun caso l'impunità, ha chiesto che questo mandato d'arresto venga differito per rendere la pace possibile, ma il Consiglio di sicurezza della Nazioni unite non è giunto a un accordo sull'applicazione dell'articolo 16 dello Statuto di Roma. Questo ha spinto l'Unione africana a chiedere ai suoi membri di non eseguire il mandato d'arresto. Parlando a titolo strettamente personale, ritengo che ci troviamo oggi in una situazione di stallo. L'esecuzione di un mandato d'arresto contro un capo di Stato in carica non è una cosa facile e si può comprendere la reticenza a negoziare, espressa da alcuni movimenti armati. "Perché negoziare con un criminale in procinto di essere arrestato?".

    L'Unione africana ha creato una Commissione ad alto livello (Au high-level panel on Darfur), presieduta dal presidente Thabo Mbeki (ex presidente del Sud Africa) che comprende, fra gli altri, il presidente Abdusalami Aboubakar (ex presidente della Nigeria) e Pierre Buyoya (ex presidente del Burundi), per studiare questa questione della pace, della giustizia e della riconciliazione e avanzare delle proposte. La Commissione è composta da eminenti esperti e conoscitori dei problemi del Darfur, del Sudan e della giustizia. Sono stato ascoltato da questa Commissione come altre tremila e più persone. L'Unamid e, più precisamente, la sua componente Dddc (Darfur-Darfur-dialogue and consultations), ha offerto tutto il suo sostegno alla Commissione.
    La Commissione ha dovuto presentare il suo rapporto ieri, 8 ottobre. Questo rapporto dovrebbe contenere le linee programmatiche per uscire dall'impasse. La comunità internazionale dovrebbe esaminare questo rapporto con obiettività e spirito costruttivo. La Chiesa, forza di pace, elevata autorità morale, potrebbe interessarsi al lavoro di questa Commissione. Forse potremmo trovarvi una via d'uscita alla situazione di stallo.
    L'Unamid è uno strumento straordinario di pace, unico nel suo genere, essendo nato dalla volontà di due organizzazioni, l'Unione africana e le Nazioni unite. Spetta alla "comunità internazionale" farne buon uso. C'è stato un tempo in cui l'ibridismo era sinonimo di bastardaggine e di tara ma oggi, quando si parla di automobile ibrida, siamo al culmine del progresso.

    L'Unamid rappresenta la comunità internazionale nel suo insieme e non questo o quel paese membro.

    Bisogna dunque rafforzare l'Unamid, darle tutti i mezzi di cui ha bisogno e soprattutto questo accordo di pace. Gli uomini e le donne che servono la comunità internazionale su questo fronte non cessano di dimostrare la loro dedizione e abnegazione.
    La cosa più importante è che la cooperazione fra i promotori dell'Unamid, l'Unione africana, e le Nazioni unite, rimanga sincera. Il carattere ibrido dell'Unamid, che è stato il vero visto d'ingresso delle Nazioni unite in Darfur, non deve sembrare una semplice astuzia, un "cavallo di Troia". L'Unione africana non deve essere solo uno "sleeping partner" ma deve svolgere pienamente il suo ruolo. Altrimenti la sconfitta è assicurata.

    Il Sudan è il più grande paese dell'Africa. È alla cerniera di due mondi, l'Africa e il mondo arabo; confina con nove (9) Paesi africani. Dall'indipendenza (1 gennaio 1956) si può dire che ha conosciuto la pace solo sporadicamente.
    L'accordo globale di pace (Cpa) che ha messo fine a oltre 20 anni di guerra civile fra Nord e Sud, ha suscitato tante speranze. Per la prima volta si intravvedeva un Sudan democratico.
    Nel momento in cui la violenza sembra diminuire in Darfur, è preoccupante vedere che proprio ora nel Sud riprendono i massacri; la pace sarà forse il "masso di Sisifo" che, per la massima sfortuna dei sudanesi, ricade giù non appena si crede di aver raggiunto la vetta della montagna?

    Il Sudan è uno. Bisogna che la comunità internazionale pensi "Sudan" e non più "Darfur e Sud". In questa visione olistica, la Chiesa ha un ruolo preminente da svolgere in un Sudan pluralista, fra il Sud cristiano e animista e il Nord musulmano, dove c'è il Darfur.
    Era il sogno di un grande sudanese, John Garang, il sogno di un nuovo Sudan in pace, in un'Africa in pace.



    Sette giorni di sinodo per l'Africa

    Un continente vivo


    La prima settimana dei lavori sinodali è trascorsa intensamente, rivelando che la seconda assemblea speciale per l'Africa, a soli quindici anni dalla prima, non è inutile ripetizione e che averla confermata non è stato un azzardo.

    Dai giorni del sinodo considerati nel contesto della crisi economica mondiale e della ricerca di nuovi equilibri tra i Paesi del nord e del sud, ricchi e poveri, emerge chiaro un primo messaggio:  l'Africa c'è, può e vuole contare come continente più di quanto è accaduto finora. I lavori hanno raccontato una Chiesa cattolica inserita nella storia quotidiana delle popolazioni africane che, a causa anche di intrecci e interessi internazionali, generalmente vivono una vita difficile, spesso al limite della sopportabilità umana e della giustizia. Sarà forse per questa prossimità alla gente che il rapporto presentato ai Padri sinodali sulla condizione della Chiesa cattolica negli ultimi quindici anni documenta un grande dinamismo. Dal 14,6% del 1994, oggi i cattolici sono passati a 164.925.000, cioè il 17,5% della popolazione del continente. Anche le cifre delle voci ecclesiastiche sono confortanti e con il segno positivo:  sono infatti aumentati vescovi, sacerdoti, religiosi, suore, catechisti e seminaristi, mentre gli operatori pastorali uccisi sono stati purtroppo ben 521. Ampia la presenza cattolica nell'ambito della pastorale sanitaria e nella promozione dell'educazione integrale. E il rinnovamento dell'episcopato africano è quasi totale, cioè pari al 98% dei 528 vescovi del continente.

    Una Chiesa in crescita e più cosciente di sé - si è detto al sinodo - è chiamata a farsi presente all'interno di grandi cambiamenti e importanti sfide che sono di fronte all'Africa:  pressioni su matrimonio e famiglia, spaccio di droga e traffico di armi, mutazioni climatiche, conflitti ridotti ma persistenti, come ha documentato in aula, a proposito del Darfur, l'ex rappresentante delle Nazioni Unite, Rudolf Adada. Vanno tuttavia considerate pure nuove opportunità di sviluppo e di cooperazione e le potenzialità del continente.

    È in questa nuova Africa che si colloca la scelta della Chiesa decisa a porsi nel continente al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
    Nella possibile nuova stagione di storia africana entra così il sinodo pensato da Giovanni Paolo ii e confermato da Benedetto XVI. E proprio alla sua apertura Papa Ratzinger ne precisa l'orizzonte e il metodo. Scrivendo "Dio e l'Africa" si riassume, con buona approssimazione, il binario sul quale il Pontefice ha canalizzato il sinodo perché non resti una sterile riunione sociologica. "Noi - ha ricordato parlando a braccio nella prima seduta generale - non possiamo in questo momento realizzare quanto c'è da fare per la Chiesa e per il mondo:  solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo". Questo stile che guarda alla Pentecoste va applicato perciò anche adesso, quando si deve scegliere il cammino della Chiesa in Africa.
     
    I vescovi sono invitati da Benedetto XVI a comportarsi come gli apostoli, che dopo l'Ascensione "non hanno iniziato - come forse sarebbe stato normale - a organizzare, a creare la Chiesa futura.

    Hanno aspettato l'azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è il prodotto della nostra organizzazione:  la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo.

    Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo". Pregare, prima di fare. Allora si coglie l'essenziale:  che il cuore della Chiesa è l'amore e che alla luce di Dio si può individuare la radice delle ingiustizie, della corruzione e capire quanto deve essere rinnovato e trasformato. Dallo Spirito il sinodo può attingere coraggio, intravedere il vero sviluppo, aprire la Chiesa all'universalità della carità.

    Circa 120 sono stati finora gli interventi dei Padri sinodali (che sono 239). Questi hanno manifestato una sostanziale convergenza:  nel coraggio della denuncia, nelle indicazioni del vero sviluppo, nel farsi carico dei problemi della Chiesa e delle società africane in relazione con il resto del mondo e con la Chiesa universale. Essi hanno rispettato anche un'altra indicazione del Papa, il quale ha richiamato la forza dello Spirito "che unisce senza uniformare, che dà unità nella pluralità:  ciascuno può capire l'altro nella pluralità".

    L'esempio immediato è stato l'ascolto in assemblea del patriarca della Chiesa Tewahedo ortodossa etiopica Abuna Paulos. "Parliamo del Vangelo di Gesù Cristo al cuore degli africani - ha detto il patriarca - e Gesù tornerà in Africa". In Cristo - ha chiosato Benedetto XVI - "noi sappiamo che la riconciliazione è possibile, che la giustizia può trionfare e che la pace può durare. È questo il messaggio di speranza che siamo chiamati a proclamare. È questa la speranza che le popolazioni dell'Africa anelano oggi di veder realizzata".

    c. d. c.


    (©L'Osservatore Romano - 11 ottobre 2009)

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    http://www.zenit.org/article-19821?l=italian

    “Tossici rifiuti spirituali” esportati verso l'Africa


    Ideologia di genere e relativismo





    di Carmen Elena Villa



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 9 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Il continente africano è sempre più vulnerabile ai “tossici rifiuti spirituali”che importa soprattutto dal primo mondo, come ha affermato Papa Benedetto XVI durante l'omelia di inaugurazione del Sinodo per l'Africa domenica scorsa.

    Ciò avviene anche se il cattolicesimo è ben rappresentato nei Parlamenti dei Paesi africani (il 22% dei parlamentari è cattolico).

    Su questi temi sono intervenuti in modo particolare questo giovedì mattina nell'Aula del Sinodo il Cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e monsignor Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso).

    Il Papa non è stato presente durante la sessione del mattino perché doveva ricevere Mahmoud Abbas, presidente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dell'Autorità Nazionale Palestinese.

    Ideologia di “genere”


    Il Cardinale Antonelli ha espresso la sua preoccupazione constatando che in Africa l'“ideologia di genere” inizia a infiltrarsi in modo “molto camuffato” nelle associazioni, “negli ambienti governativi e anche in alcuni ambienti ecclesiali”.

    Le differenze tra uomo e donna non corrispondono – affermano i sostenitori dell'ideologia di genere – a una natura “data”, ma sarebbero mere costruzioni culturali in base ai ruoli e agli stereotipi assegnati ai sessi in ogni società.

    Il porporato ha spiegato che quanti applicano queste ideologie partono da problemi reali ai quali bisogna rimediare, “come le ingiustizie, le violenze subite dalle donne, la mortalità infantile, la malnutrizione, la fame, i problemi di alloggio e lavoro”.

    Le soluzioni che offrono, ha aggiunto, risultano però “ambigue nei loro nuovi significati antropologici”.

    A tale proposito, ha citato l'esempio del diritto all'uguaglianza tra uomini e donne, che non è sempre visto come la dignità che ha ciascuno di loro, ma come l'irrilevanza che viene attribuita alla differenza tra i due sessi cercando un'uniformità di tutti gli individui “come se fossero sessualmente indifferenziati”, provocando un'“equivalenza di tutti gli orientamenti e i comportamenti sessuali”.

    Si tratta di una visione errata della libertà che vuole che “ogni individuo abbia il diritto di compiere liberamente (ed eventualmente di maturare) le proprie scelte secondo i suoi desideri e le sue preferenze”.

    La libertà della donna, ha segnalato il Cardinale, non significa solo emancipazione o competenza, rivalità o antagonismo, ma vivere la complementarietà con l'uomo.

    Questa ideologia si diffonde in programmi di salute sessuale e riproduttiva che cercano la collaborazione del Governo e delle associazioni locali, anche ecclesiali, “che generalmente non si rendono conto delle loro implicazioni antropologiche, eticamente inaccettabili”.

    Il porporato ha concluso il suo intervento esortando “alla vigilanza” le istituzioni che assistono i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, le organizzazioni della Caritas e altri operatori pastorali laici.

    Tirannia del relativismo


    Monsignor Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso), ha affermato che un altro dei “tossici rifiuti” che arrivano in Africa è l'imposizione del “pensiero unico”, retto soltanto dalla legge del libertinaggio e del relativismo morale.

    “Il rumore mediatico suscitato dai mezzi di comunicazione nel viaggio del Santo Padre in Camerun e Angola a marzo rappresenta un esempio evidente”, ha aggiunto il presule.

    “Programmi rivolti a persone di lingua francese, sia europee che africane, fanno credere che le religiose e i religiosi africani, studenti o missionari a Roma o in altri luoghi d'Europa, vivano di mendicità e prostituzione, abbandonati dal Vaticano e dalle congregazioni religiose”.

    Il presule ha concluso il suo intervento affermando che “gli africani non possono usare la violenza per combattere l'imperialismo e la tirannia del pensiero unico”.

    “Ad ogni modo, chiediamo loro un po' di moderazione e prudenza, di rispetto e tolleranza, e soprattutto di onestà intellettuale dietro l'espressione delle loro idee”, ha chiesto.


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    Intervista con il curatore della Liturgia delle ore per l'Africa

    Il Kenya, i laici
    e la preghiera


    di Marco Bellizi


    I laici sono la speranza dell'Africa. A loro è affidato il compito di condurre questa terra allo sviluppo troppe volte annunciato e non praticato. La formazione del laicato diventa così tema essenziale nei programmi pastorali della Chiesa cattolica in tutti i Paesi del continente. Ma è chiaro che l'Africa deve poter contare su risorse proprie. In campo economico, certamente. Ma anche nella vita ecclesiale. In Kenya è stato portato a termine un progetto importante, quello della realizzazione della Liturgia delle ore pensata proprio, oltre che per quella comunità, per l'intero continente. L'opera è stata presentata al Papa che ne ha fatto dono ai padri sinodali. Ne parla a "L'Osservatore Romano" il comboniano padre Rinaldo Ronzani, che ha curato la realizzazione della Liturgia delle ore. 

    Come è nata questa iniziativa?

    Cinque anni fa i vescovi dell'Association of Members Episcopal Conferences of Africa hanno pensato che fosse venuto il momento di offrire ai loro diaconi, ai sacerdoti e anche ai fedeli una liturgia delle ore che fosse aggiornata e che fosse anche economicamente accessibile. Finora l'Africa ha sempre comprato tutti i libri liturgici dall'estero, quindi o dagli Stati Uniti o dall'Inghilterra, a prezzi per loro esorbitanti. Dell'idea si è poi fatto carico l'allora nunzio in Kenya, l'arcivescovo Giovanni Tonucci. Io ero in una missione e sono stato chiamato a dirigere questa operazione. Poi abbiamo lavorato negli ultimi quattro anni con l'aiuto di varie conferenze episcopali, per esempio quella degli Stati Uniti, che ci ha fornito tutti i testi biblici gratuitamente, la Commissione internazionale per l'inglese nella liturgia, che ci ha fornito, sempre gratuitamente, tutti i testi liturgici, il Grail-Gia, che ci ha fornito la traduzione, appena rivista, dei salmi, e la Conferenza episcopale italiana, che, grazie ai fondi dell'8 per mille ha pagato le prime 10.000 copie di ogni volume, quindi in totale 40.000 copie stampate. Il costo perciò è accessibile:  i quattro volumi costano 100 dollari, circa 80 euro, il volumetto intermedio 20 euro e quello piccolo 5 euro. L'opera è in due colori, seguendo sostanzialmente l'edizione latina. Si presenta molto bene. La grafica è stata curata da un giovane del Kenya. Suor Teresa Marcazzan, che è la direttrice del Paolines Distribution Centre di Nairobi ha curato la distribuzione, e dal punto di vista del contenuto tutto è stato fatto a Nairobi. La stampa invece è stata fatta in Italia, perché non c'è in Africa nessuna tipografia che possa fare volumi del genere, che richiedono un tipo particolare di carta.

    Quale è la motivazione di fondo che ha spinto a un breviario per l'Africa?

    Liturgia delle OreLa nostra idea di fondo era di avere un'edizione aggiornata. Durante il pontificato di Giovanni Paolo II sono stati inseriti diversi santi nel calendario generale e purtroppo nel mondo inglese non ci si è adeguati. Mi vengono in mente padre Pio, l'africana Bakita, la memoria del Sacro nome di Maria. La novità è rappresentata dai santi africani:  per la prima volta c'è un libro liturgico che è fatto completamente in Africa - è il primo esperimento che facciamo - con il calendario dei santi africani, sia pure per il momento valido solo per il Kenya. Nel calendario abbiamo però cercato di mettere cristiani laici, religiosi, sacerdoti, vescovi, per far vedere come la chiamata alla santità è per tutta la Chiesa. Abbiamo introdotto santi moderni, degli ultimi cento anni, e anche santi dei primi secoli che non sono conosciuti:  abbiamo avuto santi missionari che dal nord Africa hanno portato la fede in Europa e i santi che dall'Europa hanno portato la fede in Africa, per esempio san Zeno di Verona e Adriano di Canterbury, nordafricani; Giustino de Jacobis, italiano che ha lavorato in Eritrea, del quale hanno scoperto la nazionalità solo quando è morto, oltre ovviamente a Daniele Comboni. Abbiamo inserito alcune feste mariane, come Maria madre dell'Africa. Il 6 novembre c'è la festa di tutti i santi dell'Africa. Adesso i cristiani possono sentire la Chiesa più vicina, in questo richiamo alla santità. Abbiamo voluto che non ci fosse solo la preghiera del clero o dei monaci ma che fosse la preghiera di tutta la comunità cristiana, sviluppando così le indicazioni del concilio Vaticano ii.

    Che frutti si spera di avere?

    Come esperienza personale, posso dire di avere imparato a gustare i salmi in Africa. Il linguaggio dei salmi può a volte sembrare a noi occidentali un po' distante, fa riferimento a situazioni, circostanze diverse dalla nostra vita quotidiana. In Africa, soprattutto nella realtà rurale, i salmi si possono gustare pienamente, perché ci si accorge di come parlino concretamente dell'esperienza umana come un'esperienza di grazia, di incontro con Dio. Ricordo un episodio personale:  mentre tornavo nella mia missione, dopo la visita ad alcuni cristiani, in Africa, cominciai ad avvertire i primi sintomi della malaria. Avevo già la febbre. E sentivo una grande sete, una sete che si può avvertire solo in quelle circostanze. Ho capito in quella circostanza cosa vuole dire veramente, per quelle popolazioni, avere sete. Lo stesso quando si parla di terra inospitale. Quando non piove da anni e ci sono solo crepe e polvere, ci si rende conto veramente di cosa significhi anche il confronto con la natura, con il ritmo del giorno e della notte. E al tempo stesso si è in grado di capire la grande religiosità che si avverte in Africa, questo legame con Dio che è molto bello e che viene espresso continuamente nei salmi. Un africano non fa niente senza prima pregare. L'africano sa meglio di altri che quello che sta per mangiare è veramente un dono di Dio. È la presenza fedele di Dio nella storia:  e si noti che anche nelle difficoltà l'africano non dice mai "è colpa di Dio" ma si assume le sue responsabilità, il che è di per sé un segno di speranza.

    In questo contesto di indubbie e persistenti difficoltà nel continente quale ruolo va riservato alla preghiera?

    Anche alla luce del tema del sinodo, la preghiera dei salmi può aiutare. Si pensi ai salmi di supplica:  nella bocca di un africano non sono parole artificiali ma sono l'espressione di una realtà sofferta dove si chiede a Dio veramente di intervenire. Allo stesso tempo la comunità che si raccoglie per pregare o anche il singolo proclama che Dio è il re, non il denaro, né il potere. Dobbiamo orientare le persone, secondo me, a pregare con le scritture; la preghiera della liturgia delle ore è una preghiera sostanzialmente biblica. Adesso l'idea è di fare dei messalini:  ci hanno detto per l'aprile del prossimo anno il messale in inglese dovrebbe essere approvato, quindi l'idea è di vedere quali testi biblici usare per il lezionario e continuare con questi progetti per rendere l'Africa un po' più autonoma. Siamo molto riconoscenti nei confronti di tutti quelli che ci hanno aiutato:  l'Italia, gli Stati Uniti, perché rendono possibile all'Africa fare un passo avanti. È un esempio che le cose si possono fare.

    Lei opera da anni in Kenya. I vescovi negli ultimi tempi hanno lanciato diversi allarmi sulla condizione economica e sociale del Paese. Condivide queste preoccupazioni?

    Il tentativo di trovare un compromesso fra le fazioni politiche, in occasione delle ultime elezioni ha avuto effetti contrari alle intenzioni. Il grande problema è la corruzione, a tutti i livelli. In Kenya ci sono 40 ministri, guadagnano circa 10.000 euro al mese. La classe media, un infermiere, un poliziotto, un maestro, prende l'equivalente di 150-200 euro. Non c'è la classe media, in pratica. In questi ultimi due anni l'inflazione è salita di circa il 30%. Tutto costa, i prezzi sono raddoppiati. È qui che la corruzione prospera. Non c'è una visione comune. Il tribalismo è ancora molto forte. In questo contesto l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa diventa fondamentale. Se abbiamo una dicotomia profonda fra l'esperienza di fede e la vita civile non riusciremo mai a uscire da questa situazione.

    Quali sono le linee di intervento della Chiesa in Kenya?

    Alcuni vescovi credono che sia importante superare l'impostazione tribale che non consente di perseguire il bene comune. E quindi spingono sul fattore culturale. L'assistenzialismo - ritengono - deve agire solo a livello di emergenza. Si tenga conto che la grande parte delle istituzioni educative è in mano alla Chiesa cattolica. C'è un grande fermento di movimenti religiosi, ma questi si presentano divisi e non si impegnano nel sociale. C'è un tipo di spiritualismo che arriva a fare credere alla gente di meritare la condizione in cui si trova, un'impostazione di tipo protestante che non aiuta lo sviluppo. Invece noi abbiamo molte riviste, c'è un'emittente radiofonica che è collegata con Radio Vaticana, c'è anche un'agenzia di informazione cattolica, il Catholic Information Service for Africa, l'idea sarebbe anche quella di avere una televisione. Senza questi strumenti ormai non si fa più nulla. Bisogna anche stimolare a progettare il futuro, con un ritmo diverso da quello di adesso. Ce la faremo perché i giovani sono promettenti. Il laicato secondo me è la risorsa decisiva. Senza laici formati adeguatamente non c'è possibilità di riuscita e non potranno venire fuori, inevitabilmente, neanche i sacerdoti.


    (©L'Osservatore Romano - 15 ottobre 2009)
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Le relazioni dei circoli minori al Sinodo dei vescovi

    Luci e ombre
    del continente africano


     sinodoLuci e ombre dell'Africa sono sintetizzate nei rapporti dei dodici circoli minori che, dopo due giorni di riunioni, hanno passato al vaglio tutte le tematiche proposte dai padri sinodali.

    Giovedì mattina, 15 ottobre, nel corso della quindicesima Congregazione generale alla presenza del Papa, i relatori dei circoli hanno esposto le osservazioni maturate nella discussione ristretta. Sostanzialmente sono tornati sul tappeto tutti gli argomenti sviluppati in queste giornate che hanno dato dell'Africa un'immagine a volte inquietante - guerre, violenze, corruzione dei politici africani, ingerenze esterne come nuove forme di schiavitù, degrado di valori tradizionali - a volte illuminante per il futuro stesso della Chiesa universale. Tuttavia, secondo alcuni, ci sono stati argomenti che avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Il gruppo portoghese, per esempio ha accennato alla situazione della vita consacrata in Africa, al rapporto dei consacrati stessi con i vescovi, alla necessità di guardare alla Parola di Dio come faro che illumina il cammino.

    Ricorrente anche il richiamo al ruolo che deve assumere la Chiesa nel contesto attuale. In particolare, padre Gérard Chabanon, superiore generale dei Padri bianchi, a nome del circolo "francese a" ha detto che "il ruolo della Chiesa in Africa dovrebbe avere due indirizzi:  denunciare le ingiustizie e proclamare la buona novella. Denunciare le ingiustizie significa mettere in luce tutto ciò che attenta alla famiglia, quale cellula base della società:  povertà e malgoverno, violenza, irresponsabilità dei padri che abbandonano moglie e figli e l'insufficiente investimento nell'educazione a cominciare dalla mancanza di strutture adeguate per la scolarizzazione delle nuove generazioni".

    Anche monsignor Obiora Francis Ike, direttore del Catholic Institute for developpement, justice and peace di Enugu in Nigeria, a nome del circolo "inglese c", si è soffermato sulla questione delle donne, il cui contributo alla vita della Chiesa e della società, ha detto, non è sempre apprezzato. Approfondendo la situazione generale del lavoro nel continente monsignor Ike ha rappresentato la proposta del gruppo, affinché il sinodo si adoperi per il riconoscimento della dignità del lavoro, e ha citato un detto:  "l'Africa non mangia quanto produce e mai il contrario".

    L'arcivescovo di Ouagadougou, monsignor Philippe Ouédraogo, a nome del circolo "francese c" ha fatto notare che la dimensione privata della colpa non è molto sentita, in quanto si tende a privilegiarne l'aspetto pubblico. Per questo, il sacramento del perdono può arricchire la cultura africana, permettendo il sorgere di una coscienza critica che consenta di riconoscere gli errori personali e non solo quando ledono gli interessi sociali.

    Presidente di turno era il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban; erano presenti 224 padri sinodali.



    Nel Corno d'Africa
    milioni di bambini rischiano
    la morte per fame


    Nairobi, 15. Quasi cinque milioni di bambini sono in pericolo di vita nel Corno d'Africa, sia per la siccità sia soprattutto per le conseguenza della guerra in Somalia. Un comunicato diffuso ieri a Nairobi dall'Unicef, l'agenzia dell'Onu per l'infanzia, sottolinea che dallo scorso maggio il numero di bimbi ai quali occorrono interventi d'emergenza è cresciuto di un milione. Cinquecentomila di loro, sono in pericolo di vita immediato poiché ormai in stato di grave malnutrizione. Più in generale, l'Unicef segnala che nella regione circa 24 milioni di persone hanno bisogno di assistenza, con un aumento del 20 per cento rispetto ai 20 milioni stimati all'inizio dell'anno.
    L'Unicef denuncia che malgrado l'aumento delle emergenze alle quali far fronte nei sei Paesi coinvolti - Etiopia, Eritrea, Gibuti, Kenya, Sudan e Uganda - i fondi stanziati sono significativamente inferiori rispetto a quelli degli anni precedenti. Inoltre, finora l'Unicef ha ricevuto dai Paesi donatori solo il 35 per cento di tali già limitati finanziamenti.
    Le piogge quest'anno sono state della metà inferiori alla media. In Kenya, in particolare, si tratta del quarto anno consecutivo di siccità, il che ha comportato la morte di migliaia di capi di bestiame, l'aumento del costo della vita, e il sostanziale arresto della distribuzione dell'acqua. Negli ultimi mesi, inoltre, solo in Etiopia, Eritrea e Somalia sono stati registrati 65.000 casi di colera o di diarrea acuta, molti di più rispetto ai due anni precedenti.
     

    Atrocità
    nell'est congolese


    Kinshasa, 15. Denunce di nuove atrocità arrivano dalle tormentate regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, teatro di persistenti violenze di gruppi ribelli stranieri. In particolare, in un comunicato diffuso ieri dall'organizzazione umanitaria internazionale Medici senza frontiere (Msf), si afferma che nella provincia orientale, all'estremo nord est congolese, al confine con Uganda e Sud Sudan, centinaia di civili sono rimasti vittime delle brutalità dei ribelli nordugandesi del Lra, guidati da Joseph Kony.
    Come noto, il gruppo ribelle, protagonista per vent'anni di sistematiche atrocità nel nord dell'Uganda, riparò in territorio congolese dopo aver perso nel 2005 le sue tradizionali basi in Sud Sudan. All'inizio dell'anno, contro il Lra è stata lanciata un'operazione militare congiunta degli eserciti congolese, ugandese e sud sudanese. Questo non ha impedito il persistere delle violenze ai danni delle popolazioni civili e, anzi, ha portato i miliziani nordugandesi a intensificare gli attacchi ai villaggi.
    Secondo il coordinatore di Msf in Africa centrale, Luis Encinas, in territorio congolese si stanno ripetendo le atrocità che per vent'anni hanno visto vittime le popolazioni nordugandesi. "Stiamo parlando di tattiche di violenza il cui obiettivo è quello di terrorizzare le persone - ha detto Encinas - . I pazienti ci raccontano storie di estrema brutalità, di bambini obbligati a uccidere i loro genitori, di persone bruciate vive nelle loro case". Msf, ricorda di essere l'unica organizzazione umanitaria presente in certe aree della provincia e informa di non avere i mezzi per far fronte a tutte le necessità della popolazione delle zone in cui opera.


    Distensione
    tra Luanda e Kinshasa


    Luanda, 15. È stato raggiunto un accordo tra l'Angola e la Repubblica Democratica del Congo per mettere fine alle espulsioni degli immigrati irregolari nei rispettivi Paesi. La decisione è stata presa dai presidenti dei due Stati, il congolese Joseph Kabila e l'angolano Edouardo dos Santos. "Sono molto soddisfatto che il presidente Kabila abbia immediatamente diffuso le istruzioni perché cessino tutte le espulsioni dalla Repubblica Democratica del Congo. La stessa cosa ha fatto il nostro Governo", ha commentato il vice ministro degli Esteri dell'Angola, Jorge Chicoty.
    L'accordo ora deve essere perfezionato, ma rappresenta un primo passo verso la distensione tra i due Paesi, dopo settimane di misure vicendevoli di ritorsione che erano arrivate fino al blocco delle frontiere e all'interdizione dello spazio aereo angolano ai voli provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo o a essa diretti.









    (©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2009)
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    Approvato il messaggio della seconda assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

    Africa, alzati e cammina



    Una denuncia degli squilibri e degli egoismi che assediano l'Africa. Un richiamo alle responsabilità dei gruppi di potere locali e della comunità internazionale. Un appello al continente perché si rialzi e intraprenda decisamente la via della giustizia, della riconciliazione, della pace.

    Nel messaggio che il Sinodo dei vescovi rivolge al popolo di Dio a conclusione dei lavori si legge la consapevolezza che l'Africa non è oggi una realtà in ginocchio, rassegnata di fronte alle sfide che incombono sul suo futuro. Il destino del continente - assicurano i padri - è ancora nelle sue mani. Tutto ciò che esso domanda è avere spazio per respirare, crescere, prosperare. E perciò chiede soprattutto di essere trattato con rispetto e dignità dai potenti del mondo. Anche perché - ribadiscono - povertà e conflitti che colpiscono gli africani non derivano tanto da fatalità naturali quanto piuttosto da decisioni e azioni di persone che non hanno alcuna considerazione per il bene comune: e questo - denunciano - a causa della criminosa complicità tra responsabili locali e interessi di entità straniere.

    Approvato nella mattina di venerdì 23 ottobre, alla vigilia della chiusura del Sinodo, il messaggio riafferma la scelta della Chiesa in Africa di "camminare in solidarietà con il suo popolo". E raccomanda perciò ai vescovi di considerare l'impegno per la giustizia e la pace come una priorità dell'agenda pastorale. Le stesse diocesi - auspica - devono divenire modelli di buon governo, di trasparenza, di corretta gestione finanziaria. I sacerdoti, dal canto loro, sono chiamati a dare esempio di fedeltà e fraternità al di là delle barriere tribali e razziali.

    Ai laici i padri chiedono di essere il volto visibile della Chiesa nell'ambito pubblico. E invocano politici santi dediti al bene comune della gente. Dal messaggio parole di speciale apprezzamento verso le donne africane, spina dorsale della società: per loro la richiesta di maggiore partecipazione alla vita del continente e un più adeguato riconoscimento del ruolo che hanno nella Chiesa e nella comunità civile.

    I sinodali mettono anche in guardia dalle ideologie che - dietro l'alibi della modernizzazione culturale - attentano ai valori della famiglia e alla dignità della vita. Sullo specifico problema della lotta all'aids riaffermano che la Chiesa è impegnata con tutte le sue forze nel campo della prevenzione e dell'assistenza ai malati.

    Quanto alla situazione economica, il Sinodo reclama un vero e proprio cambiamento nell'ordine mondiale - giudicato non soltanto possibile ma necessario per il bene di tutta l'umanità - e domanda che gli interventi contro la crisi non siano fatti solo nell'interesse dei Paesi ricchi. Severa la denuncia delle conseguenze del debito internazionale, che gravano soprattutto sui più deboli, e della devastazione ambientale compiuta nel continente dalle multinazionali.

    I padri hanno parole di condanna anche per le politiche che fomentano guerre e violenze solo per ottenere maggiori profitti. Politiche la cui responsabilità ricade tanto sui leader locali, che tradiscono gli interessi delle loro popolazioni, quanto su affaristi stranieri implicati soprattutto nello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e nel traffico di armi.

    Dai sinodali, infine, un appello a promuovere il dialogo tra tutti i credenti per contrastare il fanatismo religioso e la richiesta di accogliere gli immigrati che dall'Africa raggiungono gli altri continenti.





    (©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2009)
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    24/10/2009 21:42
     
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                            cardinale

    Ghanian Cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson 


                             Ghanian Cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson talks to journalists during a press conference at the Vatican, Saturday, Oct. 24, 2009, concluding a three-week Vatican meeting on the role of the Catholic Church in Africa which he had headed. Pope Benedict XVI has tapped Cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson to head the Vatican's justice and peace office. The high-profile job cements Turkson's reputation as a possible papal candidate. Turkson had told reporters three weeks ago that there was no reason there couldn't be a black pope, particularly after Barack Obama was elected U.S. president.



    Benedetto XVI ha riconosciuto il buon lavoro del sinodo per il continente africano

    Una parola concreta ma spirituale
    per tutta la Chiesa


     A conclusione della diciannovesima congregazione generale, sabato 24 ottobre, Benedetto XVI ha pranzato con i padri sinodali, numerosi collaboratori e ospiti nell'atrio dell'Aula Paolo vi. Al termine il Papa ha rivolto un breve discorso. "È adesso - ha detto Benedetto XVI - l'ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo. E così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell'unità nella molteplicità delle esperienze, l'unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l'espressione "Chiesa famiglia di Dio" non è più solo un concetto, un'idea, è un'esperienza viva di queste settimane. Siamo realmente stati qui riuniti come famiglia di Dio".

    "Abbiamo fatto, con l'aiuto del Signore, un buon lavoro", ha proseguito Benedetto XVI, che ha sottolineato come il tema non fosse una sfida facile, con due pericoli:  "Il tema "riconciliazione, giustizia e pace" implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia, pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metànoia, senza una novità che deve risultare proprio dall'incontro con Dio. Ma anche se è così, se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza che non è nostra".

    Per evitare la politicizzazione, l'altro pericolo - ha continuato il Papa - era quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, magari astratto e bello ma non realistico:  "Il discorso di un pastore deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola". Quindi la mediazione consiste nell'essere da una parte realmente attenti alla realtà, e dall'altra nel non cadere in situazioni tecnicamente politiche; cioè "indicare - ha sottolineato Benedetto XVI - una parola concreta, ma spirituale"; era questo il grande problema che il Sinodo doveva superare e "siamo, grazie a Dio, riusciti" a farlo. "E per me è anche questo motivo di gratitudine perché facilita molto l'elaborazione del documento post-sinodale".

    Il Papa ha poi ringraziato i presidenti delegati - "che hanno moderato con grande sovranità e anche con allegria, le sedute del Sinodo" ha detto Benedetto XVI - e i relatori rilevando che "hanno portato il più grande peso del lavoro", anche di notte, anche di domenica, anche durante i pranzi, e che "adesso meritano realmente un grande applauso da parte nostra", ha aggiunto il Papa tra gli applausi che si sono poi moltiplicati quando ha poi annunciato di avere nominato il cardinale Turkson presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace come successore del cardinale Martino:  "Grazie, Eminenza, per  aver  accettato. Siamo contenti - ha detto Benedetto XVI - di averla tra poco fra noi. Grazie poi a tutti i Padri, ai delegati fraterni, agli uditori, agli esperti". E "grazie soprattutto al segretario generale, al suo team, che ci ha guidato e organizzato silenziosamente tutto molto bene. Il Sinodo finisce e non finisce. I lavori vanno avanti non solo con l'esortazione post-sinodale. Synodos vuol dire cammino comune. E rimaniamo - ha concluso il Papa - nel comune cammino con il Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo ad aprirgli le porte del mondo in modo che possa creare il suo regno tra di noi".




     

    Approvate le cinquantasette proposizioni dei padri sinodali

    Le attese
    del continente africano


    Con le cinquantasette proposizioni - lette dal relatore generale, cardinale Turkson, e votate in aula tra venerdì pomeriggio e sabato mattina - i padri sinodali hanno chiesto al Papa di valutare l'opportunità di un documento sulla Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Un testo, dunque, che riassuma i contenuti del sinodo e offra indicazioni e prospettive per il futuro del continente. Le proposte al Pontefice - ha spiegato il cardinale ghanese - si aggiungono così a un corpus di documenti che comprende anche i Lineamenta, l'Instrumentum laboris, le relazioni prima e dopo la discussione, tutti i testi degli interventi presentati in aula e per iscritto, le discussioni e le relazioni dei circoli minori.
     
    Il testo definitivo delle proposizioni è stato presentato ai giornalisti - nell'ultima conferenza stampa del sinodo svoltasi sabato mattina - dal cardinale Turkson e dai due segretari speciali, l'arcivescovo Antonio Damião Franklin e il vescovo Edmond Djitangar. In apertura è stata annunciata la nomina del cardinale Turkson a presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, incarico che, per motivi pastorali, ricoprirà a partire dal 6 gennaio del prossimo anno.

    Con le proposizioni, i partecipanti al sinodo hanno innanzitutto voluto comunicare a Benedetto XVI di aver vissuto il sinodo come una nuova Pentecoste, dopo che la precedente assemblea africana del 1994 era stata considerata un'esperienza di risurrezione e speranza. La prima proposta punta a raggiungere una maggiore comunione ecclesiale a ogni livello, incoraggiando la cooperazione all'interno della Chiesa. Per i padri si tratta di ravvivare le strutture di comunione ecclesiale che già ci sono ma anche di promuoverne altre:  l'idea che sottopongono al Papa è di fondare consigli continentali per il clero, per i laici e le donne cattoliche. In questa direzione c'è pure il suggerimento a dare indicazioni pratiche per una più adeguata formazione di sacerdoti, religiosi e laici nei loro ruoli specifici, anche con una presenza più puntuale e professionale dei cattolici nei media.

    Le cinquantasette proposizioni riaffermano, in sostanza, tutti i punti chiave delle tre settimane di sinodo. Viene ribadita l'irreversibilità del dialogo ecumenico e interreligioso, con un approccio particolare con l'islam:  le proposizioni invitano a superare qualsiasi forma di discriminazione, di intolleranza e di fondamentalismo religioso e a prevedere una collaborazione su temi sociali e sulla riconciliazione.

    Tra le proposte concrete anche una serie di appelli ai Governi perché si imbocchi, una volta per tutte, la strada della riconciliazione, della giustizia e della pace. Dunque, appelli perché si faccia di tutto per combattere la povertà, sradicare le violenze, gli sfruttamenti, le ingiustizie, le corruzioni. Da parte sua la Chiesa deve mettere in campo tutta l'efficacia della dottrina sociale. Mentre va incoraggiata la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, è considerato decisivo dai padri sinodali assicurare ai responsabili politici ed economici una formazione spirituale, dottrinale, pastorale e pratica. A questo proposito pensano di fondare nuove facoltà di scienze politiche nelle università cattoliche.

    Tra le idee nuove, la creazione di un fondo di solidarietà continentale attraverso la Caritas e di un programma africano di pace e solidarietà per contribuire a trovare soluzioni ai conflitti. Poi la costituzione di consigli per la pace, ben forniti di personale e mezzi.

    Nelle proposizioni c'è anche la proposta di appoggiare lo studio in corso per un trattato sul commercio delle armi da parte delle Nazioni Unite:  l'obiettivo dichiarato è bandire dalla faccia della terra le armi nucleari, biologiche e di distruzione di massa.

    Forte risalta l'invocazione per l'abolizione totale e universale della pena di morte, accompagnata dalla denuncia che questa misura definitiva e inappellabile colpisce soprattutto la povera gente che non può difendersi da sola e viene usata per eliminare gli oppositori politici. Piuttosto, si rileva, è opportuno che i Governi provvedano a riforme penali che garantiscano almeno gli standard minimi internazionali per il trattamento dei prigionieri.

    Particolarmente sentita dal sinodo è la questione dell'aids che non è un problema semplicemente medico-farmaceutico ma un'istanza di sviluppo integrale e di giustizia. I malati di aids in Africa, accusano le proposizioni, non ricevono la stessa qualità di trattamento di altri Paesi. Insomma, i fondi di aiuto devono davvero arrivare a destinazione. In una delle proposizioni è contenuta la proposta di un manuale specifico per gli operatori pastorali. Da riaffermare anche il no all'aborto e la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.

    Infine dalle proposizioni sinodali arriva anche una denuncia dei soprusi contro i bambini e le donne e il rilievo delle poche opportunità per i giovani costretti così a emigrare. Una parola di solidarietà è rivolta ai quindici milioni di migranti che cercano un futuro. Constatato che per i passeggeri africani ci sono discriminazioni anche negli aeroporti, per i padri le politiche e le leggi migratorie restrittive violano i diritti umani mentre servono regole internazionali giuste e solidali.





    (©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2009)



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    25/10/2009 14:41
     
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    PAROLE PRONUNCIATE DAL SANTO PADRE AL TERMINE DEL PRANZO CON I PADRI SINODALI (24 OTTOBRE 2009)

    Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato ieri, sabato 24 ottobre, al termine del pranzo con i Padri sinodali nell’Atrio dell’Aula Paolo VI:

  • PAROLE DEL SANTO PADRE


  • Cari fratelli e sorelle,

    è adesso l’ora di dire grazie. Grazie anzitutto al Signore che ci ha convocato, ci ha riunito, ci ha aiutato ad ascoltare la sua Parola, la voce dello Spirito Santo, e così ha dato anche la possibilità di trovare la strada dell’unità nella molteplicità delle esperienze, l’unità della fede e la comunione nel Signore. Perciò l’espressione "Chiesa-Famiglia di Dio" non è più solo un concetto, un’idea, ma è un’esperienza viva di queste settimane: siamo stati realmente riuniti, qui, come Famiglia di Dio. Abbiamo fatto anche, con l’aiuto del Signore, un buon lavoro.


  • Il tema, di per sé, era una sfida non facile, con due pericoli, direi. Il tema "Riconciliazione, giustizia e pace" implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una metanoia, senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra.


  • L’altro pericolo è stato - proprio per fuggire da questa tentazione - quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta, da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale. Era questo il grande problema del Sinodo e mi sembra che, grazie a Dio, siamo riusciti a risolverlo, e per me questo è anche motivo di gratitudine perché facilita molto l’elaborazione del documento post-sinodale.

    Vorrei adesso ritornare ai ringraziamenti. Ringrazio soprattutto i presidenti delegati, che hanno moderato, con grande "sovranità" e anche con allegria, le sedute del Sinodo.


  • Ringrazio i relatori: abbiamo visto anche adesso e toccato – per così dire – con mano, che essi hanno portato il più grande peso del lavoro, hanno lavorato di notte e anche di domenica, hanno lavorato durante il pranzo e adesso meritano realmente un grande applauso da parte nostra.


  • Posso qui comunicare che ho deciso di nominare il cardinale Turkson nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, successore del cardinale Martino. Grazie, Eminenza, per aver accettato; siamo contenti di averla fra poco tra noi. Grazie poi a tutti i Padri, ai delegati fraterni, agli uditori, agli esperti e grazie soprattutto ai traduttori perché hanno una parte nella trama di "creare Pentecoste". Pentecoste vuol dire capirsi reciprocamente; senza traduttore questo ponte di comprensione mancherebbe. Grazie! E grazie soprattutto anche al Segretario generale, al suo team, che ci ha guidato e ha organizzato silenziosamente tutto molto bene.


  • Il Sinodo finisce e non finisce, non solo perché i lavori vanno avanti con l’Esortazione Post-Sinodale: Synodos vuol dire cammino comune. Rimaniamo nel comune cammino col Signore, andiamo avanti al Signore per preparargli le strade, per aiutarlo, aprirgli le porte del mondo perché possa creare il suo Regno tra di noi. In questo senso la mia Benedizione per voi tutti. Recitiamo adesso la preghiera di ringraziamento per il pranzo.


  • [01545-01.01] [Testo originale: Italiano]









    CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI, 25.10.2009

    Alle ore 10 di questa mattina, XXX Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione dell’Eucaristia con i Padri Sinodali, in occasione della conclusione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14)».

                        Pope Benedict XVI leads a mass for the closing of the African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 25, 2009. Pope Benedict on Saturday appointed a Ghanaian cardinal to one of the most influential jobs in the Vatican, increasing the possibility that the next pontiff might be a black man.

    Nel corso del Sacro Rito, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:

    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Venerati Fratelli!
    Cari fratelli e sorelle
    !

    Ecco un messaggio di speranza per l’Africa: l’abbiamo ascoltato or ora dalla Parola di Dio.
    E’ il messaggio che il Signore della storia non si stanca di rinnovare per l’umanità oppressa e sopraffatta di ogni epoca e di ogni terra, da quando rivelò a Mosè la sua volontà sugli israeliti schiavi in Egitto: "Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo… e per farlo salire verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele" (Es 3,7-8). Qual è questa terra? Non è forse il Regno della riconciliazione, della giustizia e della pace, a cui è chiamata l’umanità intera? Il disegno di Dio non muta.
    E’ lo stesso che fu profetizzato da Geremia, nei magnifici oracoli denominati "Libro della consolazione", da cui oggi è tratta la prima lettura.
    E’ un annuncio di speranza per il popolo d’Israele, prostrato dall’invasione dell’esercito di Nabucodonosor, dalla devastazione di Gerusalemme e del Tempio e dalla deportazione in Babilonia. Un messaggio di gioia per il "resto" dei figli di Giacobbe, che annuncia un futuro per essi, perché il Signore li ricondurrà nella loro terra, attraverso una strada diritta e agevole. Le persone bisognose di sostegno, come il cieco e lo zoppo, la donna gravida e la partoriente, sperimenteranno la forza e la tenerezza del Signore: Egli è un padre per Israele, pronto a prendersene cura come del primogenito (cfr Ger 31,7-9).

    Il disegno di Dio non muta. Attraverso i secoli e i rivolgimenti della storia, Egli punta sempre alla stessa meta: il Regno della libertà e della pace per tutti. E ciò implica la sua predilezione per quanti di libertà e di pace sono privi, per quanti sono violati nella propria dignità di persone umane. Pensiamo in particolare ai fratelli e alle sorelle che in Africa soffrono povertà, malattie, ingiustizie, guerre e violenze, migrazioni forzate.

    Questi figli prediletti del Padre celeste sono come il cieco del Vangelo, Bartimeo, che "sedeva lungo la strada a mendicare" (Mc 10,46), alle porte di Gerico. Proprio per quella strada passa Gesù Nazareno. E’ la strada che conduce a Gerusalemme, dove si consumerà la Pasqua, la sua Pasqua sacrificale, alla quale il Messia va incontro per noi. E’ la strada del suo esodo che è anche il nostro: l’unica via che conduce alla terra della riconciliazione, della giustizia e della pace. Su quella via il Signore incontra Bartimeo, che ha perduto la vista. Le loro vie si incrociano, diventano un’unica via. "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!", grida il cieco con fiducia. Replica Gesù: "Chiamatelo!", e aggiunge: "Che cosa vuoi che io faccia per te?".

    Dio è luce e creatore della luce. L’uomo è figlio della luce, fatto per vedere la luce, ma ha perso la vista, e si trova costretto a mendicare. Accanto a lui passa il Signore, che si è fatto mendicante per noi: assetato della nostra fede e del nostro amore. "Che cosa vuoi che io faccia per te?". Dio sa, ma chiede; vuole che sia l’uomo a parlare.

    Vuole che l’uomo si alzi in piedi, che ritrovi il coraggio di domandare ciò che gli spetta per la sua dignità. Il Padre vuole sentire dalla viva voce del figlio la libera volontà di vedere di nuovo la luce, quella luce per la quale lo ha creato. "Rabbunì, che io veda di nuovo!". E Gesù a lui: "Va’, la tua fede ti ha salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada" (Mc 10,51-52).

    Cari Fratelli, rendiamo grazie perché questo "misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza" di Dio si è realizzato anche nell’Assemblea sinodale per l’Africa che oggi si conclude. Dio ha rinnovato la sua chiamata: "Coraggio! Alzati…" (Mc 10,49). E anche la Chiesa che è in Africa, attraverso i suoi Pastori, venuti da tutti i Paesi del Continente, dal Madagascar e dalle altre isole, ha accolto il messaggio di speranza e la luce per camminare sulla via che conduce al Regno di Dio. "Va’, la tua fede ti ha salvato" (Mc 10,52).

                      Pope Benedict XVI leads a mass for the closing of the African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 25, 2009. Pope Benedict on Saturday appointed a Ghanaian cardinal to one of the most influential jobs in the Vatican, increasing the possibility that the next pontiff might be a black man.

    Sì, la fede in Gesù Cristo – quando è bene intesa e praticata – guida gli uomini e i popoli alla libertà nella verità, o, per usare le tre parole del tema sinodale, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace.

    Bartimeo che, guarito, segue Gesù lungo la strada, è immagine dell’umanità che, illuminata dalla fede, si mette in cammino verso la terra promessa. Bartimeo diventa a sua volta testimone della luce, raccontando e dimostrando in prima persona di essere stato guarito, rinnovato, rigenerato. Questo è la Chiesa nel mondo: comunità di persone riconciliate, operatrici di giustizia e di pace; "sale e luce" in mezzo alla società degli uomini e delle nazioni.

    Perciò il Sinodo ha ribadito con forza – e lo ha manifestato – che la Chiesa è Famiglia di Dio, nella quale non possono sussistere divisioni su base etnica, linguistica o culturale.

    Testimonianze commoventi ci hanno mostrato che, anche nei momenti più bui della storia umana, lo Spirito Santo è all’opera e trasforma i cuori delle vittime e dei persecutori perché si riconoscano fratelli. La Chiesa riconciliata è potente lievito di riconciliazione nei singoli Paesi e in tutto il Continente africano.

    La seconda lettura ci offre un’ulteriore prospettiva: la Chiesa, comunità che segue Cristo sulla via dell’amore, ha una forma sacerdotale.

    La categoria del sacerdozio, come chiave interpretativa del mistero di Cristo e, di conseguenza, della Chiesa, è stata introdotta nel Nuovo Testamento dall’Autore della Lettera agli Ebrei.

    La sua intuizione prende origine dal Salmo 110, citato nel brano odierno, là dove il Signore Dio, con solenne giuramento, assicura al Messia: "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek" (v. 4). Riferimento che ne richiama un altro, tratto dal Salmo 2, nel quale il Messia annuncia il decreto del Signore che dice di lui: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" (v. 7). Da questi testi deriva l’attribuzione a Gesù Cristo del carattere sacerdotale, non in senso generico, bensì "secondo l’ordine di Melchisedek", vale a dire il sacerdozio sommo ed eterno, di origine non umana ma divina. Se ogni sommo sacerdote "è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio" (Eb 5,1), solo Lui, il Cristo, il Figlio di Dio, possiede un sacerdozio che si identifica con la sua stessa Persona, un sacerdozio singolare e trascendente, da cui dipende la salvezza universale.

    Questo suo sacerdozio Cristo l’ha trasmesso alla Chiesa mediante lo Spirito Santo; pertanto la Chiesa ha in se stessa, in ogni suo membro, in forza del Battesimo, un carattere sacerdotale.

    Ma – qui c’è un aspetto decisivo – il sacerdozio di Gesù Cristo non è più primariamente rituale, bensì esistenziale. La dimensione del rito non viene abolita, ma, come appare chiaramente nell’istituzione dell’Eucaristia, prende significato dal Mistero pasquale, che porta a compimento i sacrifici antichi e li supera.

    Nascono così contemporaneamente un nuovo sacrificio, un nuovo sacerdozio ed anche un nuovo tempio, e tutti e tre coincidono con il Mistero di Gesù Cristo. Unita a Lui mediante i Sacramenti, la Chiesa prolunga la sua azione salvifica, permettendo agli uomini di essere risanati mediante la fede, come il cieco Bartimeo. Così la Comunità ecclesiale, sulle orme del suo Maestro e Signore, è chiamata a percorrere decisamente la strada del servizio, a condividere fino in fondo la condizione degli uomini e delle donne del suo tempo, per testimoniare a tutti l’amore di Dio e così seminare speranza.

    Cari amici, questo messaggio di salvezza la Chiesa lo trasmette coniugando sempre l’evangelizzazione e la promozione umana. Prendiamo ad esempio la storica Enciclica Populorum progressio: ciò che il Servo di Dio Paolo VI elaborò in termini di riflessione, i missionari l’hanno realizzato e continuano a realizzarlo sul campo, promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente, secondo una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie.

    Questo significa trasmettere l’annuncio di speranza secondo una "forma sacerdotale", cioè vivendo in prima persona il Vangelo, cercando di tradurlo in progetti e realizzazioni coerenti con il principio dinamico fondamentale, che è l’amore. In queste tre settimane, la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi
    ha confermato ciò che il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II aveva già messo bene a fuoco, e che ho voluto anch’io approfondire nella recente Enciclica Caritas in veritate: occorre, cioè, rinnovare il modello di sviluppo globale, in modo che sia capace di "includere tutti i popoli e non solamente quelli adeguatamente attrezzati" (n. 39). Quanto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto a partire dalla sua visione dell’uomo e della società, oggi è richiesto anche dalla globalizzazione (cfr ibid.). Questa – occorre ricordare – non va intesa fatalisticamente come se le sue dinamiche fossero prodotte da anonime forze impersonali e indipendenti dalla volontà umana. La globalizzazione è una realtà umana e come tale è modificabile secondo l’una o l’altra impostazione culturale. La Chiesa lavora con la sua concezione personalista e comunitaria, per orientare il processo in termini di relazionalità, di fraternità e di condivisione (cfr ibid., n. 42).

    "Coraggio, alzati!…". Così quest’oggi il Signore della vita e della speranza si rivolge alla Chiesa e alle popolazioni africane, al termine di queste settimane di riflessione sinodale.

    Alzati, Chiesa in Africa, famiglia di Dio, perché ti chiama il Padre celeste che i tuoi antenati invocavano come Creatore, prima di conoscerne la vicinanza misericordiosa, rivelatasi nel suo Figlio unigenito, Gesù Cristo.

    Intraprendi il cammino di una nuova evangelizzazione con il coraggio che proviene dallo Spirito Santo. L’urgente azione evangelizzatrice, di cui molto si è parlato in questi giorni, comporta anche un appello pressante alla riconciliazione, condizione indispensabile per instaurare in Africa rapporti di giustizia tra gli uomini e per costruire una pace equa e duratura nel rispetto di ogni individuo e di ogni popolo; una pace che ha bisogno e si apre all’apporto di tutte le persone di buona volontà al di là delle rispettive appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali. In tale impegnativa missione tu, Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio, non sei sola. Ti è vicina con la preghiera e la solidarietà fattiva tutta la Chiesa cattolica, e dal Cielo ti accompagnano i santi e le sante africani, che, con la vita talora sino al martirio, hanno testimoniato piena fedeltà a Cristo.

    Coraggio! Alzati, Continente africano, terra che ha accolto il Salvatore del mondo quando da bambino dovette rifugiarsi con Giuseppe e Maria in Egitto per aver salva la vita dalla persecuzione del re Erode. Accogli con rinnovato entusiasmo l’annuncio del Vangelo perché il volto di Cristo possa illuminare con il suo splendore la molteplicità delle culture e dei linguaggi delle tue popolazioni.

    Mentre offre il pane della Parola e dell’Eucaristia, la Chiesa si impegna anche ad operare, con ogni mezzo disponibile, perché a nessun africano manchi il pane quotidiano. Per questo, insieme all’opera di primaria urgenza dell’evangelizzazione, i cristiani sono attivi negli interventi di promozione umana.

    Cari Padri Sinodali, al termine di queste mie riflessioni, desidero rivolgervi il mio saluto più cordiale, ringraziandovi per la vostra edificante partecipazione. Tornando a casa, voi, Pastori della Chiesa in Africa, portate la mia benedizione alle vostre Comunità. Trasmettete a tutti l’appello risuonato sovente in questo Sinodo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Mentre si chiude l’Assemblea sinodale non posso non rinnovare la mia viva riconoscenza al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e a tutti i suoi collaboratori. Un grato pensiero esprimo ai cori della comunità nigeriana di Roma e del Collegio Etiopico, che contribuiscono all’animazione di questa liturgia. E infine voglio ringraziare quanti hanno accompagnato i lavori sinodali con la preghiera. La Vergine Maria ricompensi tutti e ciascuno, e ottenga alla Chiesa in Africa di crescere in ogni parte di quel grande Continente, diffondendo dappertutto il "sale" e la "luce" del Vangelo.

    ****************************************************

                         Pope Benedict XVI waves during the Angelus prayer at the end of a mass for the closing of African Synod in St. Peter's Basilica at the Vatican October 25, 2009. Pope Benedict on Saturday appointed a Ghanaian cardinal to one of the most influential jobs in the Vatican, increasing the possibility that the next pontiff might be a black man.

    ANGELUS
    Il Santo Padre è uscito poi sul Sagrato della Basilica per l'Angelus con i fedeli
    :

    Cari fratelli e sorelle!

    Poco fa, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, si è conclusa la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Tre settimane di preghiera e di ascolto reciproco, per discernere ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa che vive nel Continente africano, ma al tempo stesso alla Chiesa universale. I Padri sinodali, venuti da tutti i Paesi dell’Africa, hanno presentato la ricca realtà delle Chiese locali. Insieme abbiamo condiviso le loro gioie per il dinamismo delle comunità cristiane, che continuano a crescere in quantità e qualità. Siamo grati a Dio per lo slancio missionario che ha trovato terreno fertile in numerose diocesi e che si esprime nell’invio di missionari in altri Paesi africani e in diversi Continenti.

    Particolare rilievo è stato dato alla famiglia, che anche in Africa costituisce la cellula primaria della società, ma che oggi viene minacciata da correnti ideologiche provenienti anche dall’esterno. Che dire, poi, dei giovani esposti a questo tipo di pressione, influenzati da modelli di pensiero e di comportamento che contrastano con i valori umani e cristiani dei popoli africani? Naturalmente sono emersi in Assemblea i problemi attuali dell’Africa e il suo grande bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. Proprio a questo la Chiesa risponde riproponendo, con rinnovato slancio, l’annuncio del Vangelo e l’azione di promozione umana. Animata dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, essa si sforza di far sì che nessuno sia privo del necessario per vivere e che tutti possano condurre un’esistenza degna dell’essere umano.

    Ricordando il viaggio apostolico che ho compiuto in Camerun e Angola nello scorso mese di marzo, e che aveva anche lo scopo di avviare la preparazione immediata del secondo Sinodo per l’Africa, oggi desidero rivolgermi a tutte le popolazioni africane, in particolare a quanti condividono la fede cristiana, per consegnare loro idealmente il Messaggio finale di questa Assemblea sinodale.

    E’ un Messaggio che parte da Roma, sede del Successore di Pietro, che presiede alla comunione universale, ma si può dire, in un senso non meno vero, che esso ha origine nell’Africa, di cui raccoglie le esperienze, le attese, i progetti, e adesso ritorna all’Africa, portando la ricchezza di un evento di profonda comunione nello Spirito Santo. Cari fratelli e sorelle che mi ascoltate dall’Africa! Affido in modo speciale alla vostra preghiera i frutti del lavoro dei Padri sinodali, e vi incoraggio con le parole del Signore Gesù: siate sale e luce nell’amata terra africana!


    Mentre si conclude questo Sinodo, desidero ora ricordare che per il prossimo anno è prevista un’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. In occasione della mia Visita a Cipro, avrò il piacere di consegnare l’Instrumentum laboris di tale assise. Ringraziamo il Signore, che non si stanca mai di edificare la sua Chiesa nella comunione, e invochiamo con fiducia la materna intercessione della Vergine Maria.



  • DOPO L’ANGELUS

  • Rivolgo anzitutto uno speciale saluto alle migliaia di fedeli radunati a Milano, in Piazza del Duomo, dove stamani è stata celebrata la liturgia di beatificazione del sacerdote Don Carlo Gnocchi. Egli fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli Alpini, con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, Don Gnocchi lavorò per "restaurare la persona umana" raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione.



  • Diede tutto se stesso fino alla fine, e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative. Mentre saluto il Cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: "Accanto alla vita, sempre".




  • www.vatican.va


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    19/11/2011 14:27
     
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    [SM=g1740733]chiusura dal Benin con il Papa per la seconda parte dell'Istituzione per l'Africa

    FIRMA ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE “AFRICAE MUNUS”

    CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Alle 12:00 il Santo Padre si è diretto in papamobile alla Basilica dell’Immacolata Concezione di Ouidah, prima cattedrale dell’Africa Occidentale (inaugurata nel 1909)e punto di partenza per l’evangelizzazione della regione.

      Al suo arrivo il Papa è stato accolto del Rettore della Basilica che lo ha accompagnato all’adorazione del Santissimo Sacramento. All’interno erano presenti i membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi e il Segretario Generale del Sinodo, Arcivescovo Nikola Eterovic che il Papa ha ringraziato per aver contribuito a raccogliere i risultati dell’Assemblea Sinodale in vista della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica “Africae Munus”.

      “Oggi,  con la firma dell’Esortazione ‘Africae Munus’” - ha detto il Papa, esprimendosi in inglese, - “si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questo processo è stato segnato da una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa”.

      “La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha beneficiato dell’Esortazione apostolica post sinodale ‘Ecclesia in Africa’ del Beato Giovanni Paolo II, nella quale è stata fortemente sottolineata l’urgenza dell’evangelizzazione del Continente, che non può essere dissociata dalla promozione umana - ha proseguito il Papa esprimendosi in francese. - “Inoltre, vi è stato sviluppato il concetto di Chiesa - famiglia di Dio. Quest’ultimo ha prodotto molti frutti spirituali per la Chiesa cattolica e per l’azione di evangelizzazione e di promozione umana che essa ha attuato per la società africana nel suo insieme”.

      “Tenendo presente questo orizzonte ecclesiale, la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa si è concentrata sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta di punti importanti per il mondo in generale, ma che acquistano un’attualità tutta particolare in Africa. E’ sufficiente ricordare le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno. Il tema principale riguardava la riconciliazione con Dio e con il prossimo. Una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente”.

      “Non bisogna mai tralasciare di cercare le vie della pace! (...) Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà. Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società”, ha detto il Pontefice in portoghese.

      “Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero!”, ha concluso Benedetto XVI.

      Al termine del suo breve discorso, il Papa ha proceduto alla firma dell’Esortazione Apostolica Postsinodale ed ha benedetto i presenti. Al termine della cerimonia, in automobile ha raggiunto la sede della Nunziatura Apostolica di Cotonou, distante 45 chilometri da Ouidah.


     

    Pope Benedict XVI signs an official document at the Basilica of Immaculate Conception in Ouidah November 19, 2011. Pope Benedict, arriving on his second trip to Africa as Roman Catholic leader, on Friday urged African nations to resist the temptation to surrender to market forces as they grow and modernise.

     

      Testo integrale dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Africae Munus”.

     

    PV-BENIN/                                                                                                         VIS 20111119 (540)

     

    idee portanti ed operative “africae munus”

    CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV. 2011 (VIS). Di seguito riportiamo una sintesi dei punti portanti dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Africae Munus”, dell’Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

      L’Esortazione si compone di due parti. La Prima parte (NN.14-96), si fa il discernimento delle strutture portanti della missione ecclesiale nel continente che aspira alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace e che ha, quale sorgente, la Persona di Gesù Cristo. Ascoltando Lui, i cristiani sono invitati a lasciarsi riconciliare con Dio (cfr. 2 Cor 5, 20b), a diventare giusti per costruire un ordine sociale giusto, in accordo con la logica delle Beatitudini, impegnandosi nel servizio fraterno per l’amore della verità, fonte della pace. Pertanto si indicano anche i cantieri per la riconciliazione, la giustizia e la pace, quali un’autentica conversione, la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, una spiritualità di comunione, l’inculturazione del Vangelo, la protezione della vita, i migranti, i profughi e i rifugiati, il buon governo degli Stati, il dialogo ecumenico ed interreligioso, soprattutto con le religioni tradizionali e l’Islam. Nella seconda parte (NN. 97-177), tutti i membri della Chiesa sono invitati a contribuire alla comunione e alla pace nella Chiesa e nella società. Inoltre, sono indicati i campi di apostolato: la Chiesa come presenza attiva ed efficace di Gesù Cristo; il mondo dell’educazione, della salute e dei mezzi di comunicazione sociale. L’Esortazione apre gli orizzonti della speranza all’Africa che accogliendo Gesù Cristo deve emanciparsi dalle forze che la paralizzano.

      L’”Africae munus” si situa in continuità con l’”Ecclesia in Africa”, frutto della Prima Assemblea Speciale per l’Africa, che ha dato un grande impulso alla crescita della Chiesa in Africa, sviluppando, tra l’altro, l’idea di Chiesa Famiglia di Dio, a beneficio della Chiesa universale. L’”Africae munus” intende rafforzare tale dinamismo ecclesiale, indicare il programma dell’attività pastorale nei prossimi decenni dell’evangelizzazione del grande continente africano, sottolineando l’urgente necessità della riconciliazione, della giustizia e della pace.

      La Chiesa, sacramento dell’unione con Dio e con gli uomini, deve essere il luogo della riconciliazione, dono di Dio, per essere strumento efficace della giustizia e della pace dell’intera società. La riconciliazione proviene dal mistero di Gesù Cristo risorto, presente nella sua Chiesa attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, soprattutto quelli della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Nella grazia dello Spirito, l’Eucaristia stabilisce una nuova fraternità che supera le lingue, le culture, le etnie, le divisioni, il tribalismo, il razzismo e l’etnocentrismo. Nella sua opera di evangelizzazione e di educazione alla fede cristiana, la Chiesa deve mettere l’accento su una catechesi vissuta che conduca ad una conversione profonda e ad un impegno effettivo a vivere il Vangelo a livello personale, familiare e sociale. Per sostenere la promozione umana, di grande aiuto è la Dottrina sociale della Chiesa.

      L’”Africae munus” offre alla Chiesa in Africa guide pratiche per l’attività pastorale nei prossimi decenni.

    - Rimane impellente l’evangelizzazione ad gentes in Africa, l’annuncio del Vangelo a coloro che tuttora non conoscono Gesù Cristo. È la priorità pastorale che coinvolge tutti i cristiani africani.

    - Occorre, inoltre, animare sempre meglio l’evangelizzazione ordinaria nelle rispettive Chiese particolari, impegnandosi nella promozione della riconciliazione, della giustizia e della pace.

    - È urgente, poi, adoperarsi nella nuova evangelizzazione in Africa, in particolare in favore di coloro che si sono allontanati dalla Chiesa o non seguono la condotta cristiana. I cristiani africani, in particolare il clero e i membri della vita consacrata, sono chiamati ad appoggiare la nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati. Si tratta di uno scambio di doni, dato che missionari africani già operano nei Paesi dai quali un tempo sono venuti i missionari ad annunciare la Buona Notizia in Africa.

      Tra varie proposte operative dell’”Africae munus”, occorre segnalare:

    - I Santi, persone riconciliate con Dio e con il prossimo, sono gli esemplari fautori della giustizia e gli apostoli della pace. La Chiesa - di cui tutti i membri sono chiamati alla santità -, deve ritrovare un nuovo ardore, proprio dei numerosi santi e martiri, confessori e vergini del Continente africano, il cui culto bisogna ravvivare e promuovere (cfr. AM 113).

    - Per avere ulteriori esempi attuali, ottenendo anche nuovi intercessori in cielo, si incoraggiano i Pastori delle Chiese particolari “a riconoscere fra i servitori africani del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati, secondo le norme della Chiesa” (AM 114). 

    - Bisogna rafforzare ulteriormente i legami di comunione tra il Santo Padre e i Vescovi dell’Africa, come pure tra i Vescovi del continente a livello nazionale, regionale e continentale.

     

    - Si auspica che “i Vescovi si impegnino anzitutto a promuovere e sostenere effettivamente ed affettivamente il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (S.C.E.A.M.) come struttura continentale di solidarietà e di comunione ecclesiale” (AM 107).

    - Per approfondire maggiormente il mistero dell’Eucaristia e per accrescere la devozione eucaristica, si fa propria la proposta dei Padri sinodali di celebrare un Congresso eucaristico continentale (cfr AM 153).

    - Si incoraggia la celebrazione annuale nei singoli Paesi africani di “un giorno o una settimana di riconciliazione, particolarmente durante l’Avvento o la Quaresima” (AM 157).

    - In accordo con la Santa Sede, il S.C.E.A.M. potrà contribuire alla realizzazione di “un Anno della riconciliazione a livello continentale per chiedere a Dio un perdono speciale per tutti i mali e le ferite che gli esseri umani si sono inflitti gli uni gli altri in Africa, e affinché si riconcilino le persone e i gruppi che sono stati offesi nella Chiesa e nell’insieme della società” (AM 157).

     Grata per il dono della fede in Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, la Chiesa in Africa si impegna con rinnovato slancio nell’evangelizzazione e nella promozione umana, affinché tutto il continente diventi un vasto campo di riconciliazione, di giustizia e di pace. In tale modo, la Chiesa contribuisce a forgiare la nuova Africa, chiamata a diventare sempre di più ‘polmone spirituale’ dell’umanità”.



    [Modificato da Caterina63 19/11/2011 17:45]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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