Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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4 Ottobre San Francesco d'Assisi (Novena e Preghiere) e agosto il Perdono

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2016 21:00
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NOVENA A SAN FRANCESCO D'ASSISI
Patrono d'Italia

(Comincia il 25 settembre)


V. Deus, in adiutorium meum intende.
R. Domine, ad adiuvandum me festina.

Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in saecula saeculorum. Amen.


I. O viva immagine di Gesù Crocifisso, Serafico Padre San Francesco, che, morto interamente al mondo e totalmente unito a Dio, Gesù sempre portaste nella vostra mente, nel vostro cuore e perfino nel vostro corpo mediante le Sacre Stimmate, che dal vostro Diletto vi furono prodigiosamente impresse, deh! fate che anche noi vostri indegni figli e devoti portiamo sempre nel nostro corpo la mortificazione di Gesù, non gloriandoci in altro che nella croce del nostro Redentore e ripetendo sempre con Voi: Deus meus et omnia: Mio Dio e mio tutto!

Pater, Ave, Gloria.


II. O Apostolo zelantissimo, Serafico Padre San Francesco, che per la conversione degli infedeli e dei peccatori vi faceste vittima di carità impiegando per essi le vostre veglie, i vostri digiuni, le vostre fatiche ed il favore di tanti vostri figliuoli e desideraste perfino di dare il sangue e la vita per la loro salute, deh! ottenete anche a noi una simile carità, affinché con la preghiera, con la parola, con l'esempio e con la sofferenza siamo fatti degni di aggiungere nuove pecorelle all'ovile di Gesù Cristo.

Pater, Ave, Gloria.


III. O gran Patriarca dei poveri, amabile San Francesco, che nel corso della vostra "mirabil vita" col soave profumo delle eroiche virtù, con la copia dei benefici e con la forza dei prodigi, tiraste dietro a Voi le moltitudini e tutti guadagnaste a Cristo ed anche ora dal Cielo coi vostri insegnamenti, con le vostre Regole e con le vostre istituzioni non cessate di insegnare alle anime la via sicura verso la più sublime perfezione, deh! proteggete, visitate e benedite la vostra immensa Famiglia e fate che, seguendo il vostro spirito serafico ed imitando i vostri esempi, possa un giorno farvi corona lassù nel Cielo. Così sia.

Pater, Ave, Gloria.


Preghiera per il giorno della festa

O glorioso Patriarca e Padre nostro dolcissimo San Francesco, eccoci umilmente prostrati ai vostri piedi. Noi siamo vostri figli, ma, mentre ci rallegriamo per vederci adorni delle vostre sacre divise, ci sentiamo confusi riconoscendoci spogli di quello spirito e di quelle virtù che si convengono a figli di sì gran Padre. Voi, ad imitazione di Gesù Cristo, amantissimo della povertà, e tutto acceso di amore di Dio e ripieno di carità verso il prossimo, per la salvezza del quale avreste dato, se fosse stato necessario, anche il vostro sangue e la vita: e noi, all'opposto, niente vogliamo soffrire per amor di Dio ed accecati dalla superbia in qualunque sinistro incontro ci lasciamo dominare dall'impazienza, non volendo neppur sopportare la più piccola correzione. Freddi nell'amore verso Dio, non amiamo come si deve il nostro prossimo né sappiamo compatirlo nei suoi difetti. Deh! per pietà, o Padre Santo, abbiate compassione di noi figliuoli vostri, tanto da Voi dissimili e rendeteci col vostro patrocinio tali che possiamo presentarci a Voi senza arrossire e dirVi con gran confidenza: Salvate, o Padre, salvate i figli vostri: fate che tutti quelli che appartengono al vostro Terz'Ordine abbiano a risplendere con le loro virtù fra le tenebre spaventose della corruzione nelle quali sta immerso il mondo, e che mai ci lasciamo vincere dal rispetto umano col vergognarci di essere sinceri cristiani e vostri devoti figliuoli. Benediteci, o Padre, ed otteneteci dal Signore la grazia assolutamente necessaria alla nostra eterna salute, cioè la perseveranza fino alla fine nell'adempimento dei nostri cristiani e religiosi doveri, affinché, dopo avere vissuto integralmente come Voi il Santo Vangelo, possiamo godere il premio promesso ai servi fedeli: il possesso di Dio.

Così sia.

Pater, Ave, Gloria.


V. Ora pro nobis, beate Pater noster Francisce.
R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oratio
Oremus. - Deus, qui Ecclesiam tuam beati Patris nostri Francisci meritis foetu novae prolis amplificas: tribue nobis ex eius imitatione terrena despicere et caelestium donorum semper participatione gaudere. Per Christum Dominum nostrum.


           


Preghiera del B. Pio IX a S. Francesco

Serafico Patriarca, che ci lasciaste esempi così eroici di disprezzo del mondo e di tutto ciò che il mondo apprezza ed ama, Vi supplichiamo a voler intercedere per il mondo in questa età, così dimentica dei beni soprannaturali e perduta dietro la materia. L'esempio vostro già valse in altri tempi a riscuotere gli uomini e, incitando in loro più nobili e più sublimi pensieri, produsse un rivolgimento, un rinnovamento, una nuova riforma. L'opera riformatrice venne da Voi affidata alla vostra figliuolanza, che ben rispose all'alto incarico. Guardate ora, o glorioso San Francesco, dal Cielo dove trionfate, questi figliuoli vostri sparsi per tutta la terra ed infondete loro nuovamente una particella del vostro spirito Serafico, affinché possano compiere la loro altissima missione. E poi gettate una occhiata sopra il Successore di San Pietro, alla cui Sede, vivendo, foste così devoto, sopra il Vicario di Gesù Cristo, il cui amore ha tanto piegato il vostro cuore. Ottenetegli le grazie di cui abbisogna per adempiere i suoi doveri. Egli aspetta queste grazie da Dio per i meriti di Gesù Cristo rappresentati al trono della Divina Maestà da tanto potente intercessore.

Così sia.


*****

Un grazie all'amico Daniele di Rinascimento Sacro


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze (2000)

 

Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze 

Pubblichiamo il discorso di presentazione del Card. Joseph Ratzinger pronunciato in occasione della nomina, il 13 novembre del 2000, a membro della Pontificia Accademia delle Scienze. In tale occasione si chiede, infatti, che i nuovi accademici presentino se stessi.

Tratto da Zenit.org, Edizione spagnola (Código: ZS05051611): www.zenit.org/spanish/visualizza.phtml?sid=70993 
Traduzione di Totus tuus network

Signor Presidente, stimati colleghi,

sono nato nel 1927 a Marktl, nella Baviera del Nord. Ho svolto i miei corsi teologici e filosofici subito dopo la guerra, dal 1946 al 1951. In tale periodo, la formazione teologica della facoltà di Monaco fu essenzialmente determinata dal movimento biblico, liturgico ed ecumenico degli anni compresi tra le due Guerre Mondiali.

Lo studio biblico fu fondamentale ed essenziale nella nostra formazione, ed il metodo storico-critico è sempre stato molto importante per la mia formazione ed il lavoro teologico susseguente.

In generale, la nostra formazione si orientò in senso storico e perciò, benché la mia specializzazione sia stata la teologia sistematica, la mia dissertazione dottorale e il mio lavoro post dottorale trattarono argomenti storici.

La mia dissertazione dottorale fu incentrata sulla nozione di Popolo di Dio in sant’Agostino; in questo studio mi fu possibile osservare come sant’Agostino mantenne un dialogo con diverse forme di platonismo, il platonismo di Plotino da un lato e quello di Porfirio dall’altro. 
La filosofia di Porfirio costituì una ri-fondazione del politeismo e una fondazione filosofica delle idee della religione greca classica, combinata con elementi delle religioni orientali. Nel medesimo tempo, Agostino mantenne un dialogo con l’ideologia romana, specialmente dopo l’occupazione di Roma da parte dei Goti nel 410, e fu per questo che mi risultò assai affascinante osservare come attraverso questi diversi dialoghi e culture egli definisce l’essenza della religione cristiana. Egli vide la fede cristiana non in continuità con le religioni anteriori, ma piuttosto in continuità con la filosofia intesa come vittoria della ragione sulla superstizione. Così, anche il comprendere l’idea originale di Agostino e di molti altri Padri sulla posizione del cristianesimo in questo periodo della storia del mondo fu per me molto interessante e, se Dio me ne darà il tempo, spero di sviluppare quest’idea più avanti.

Il mio lavoro post dottorale fu incentrato su San Bonaventura, un teologo francescano del XIII secolo. Scopersi un aspetto della teologia di san Bonaventura a quanto ne so non basato sulla letteratura precedente: la sua relazione con una nuova idea di storia concepita da Gioacchino da Fiore nel XII secolo. Gioacchino intese la storia come progressione da un periodo del Padre (un tempo difficile per gli esseri umani sotto la legge), ad un secondo periodo della storia, quello del Figlio (con maggiore libertà, più franchezza, più fratellanza), ad un terzo periodo della storia, il periodo definitivo della storia, il tempo dello Spirito Santo. Secondo Gioacchino questo doveva essere il tempo della riconciliazione universale, di riconciliazione tra l’Est e l’Ovest, tra cristiani ed ebrei, un tempo senza legge (in senso paolino), un tempo di vera fraternità nel mondo. L’interessante idea che scopersi fu che una corrente significativa di francescani era convinta che San Francesco di Assisi e l’Ordine francescano segnarono l’inizio di questo terzo periodo della storia, e fu loro ambizione l’attualizzarlo; Bonaventura mantenne un dialogo critico con tale corrente.

Dopo il termine del mio lavoro post dottorale mi offrirono un incarico all’Università di Bonn per insegnarvi teologia fondamentale, ed in questo periodo l’ecclesiologia, la storia e la filosofia della religione erano le mie principali aree di lavoro.

Dal 1962 al 1965 ebbi la meravigliosa opportunità di presenziare al Concilio Vaticano II come esperto; questo fu un tempo molto gratificante della mia vita, nel quale mi fu possibile essere parte di tale riunione, non solo tra vescovi e teologi, ma anche tra continenti, culture diverse e distinte scuole di pensiero e di spiritualità nella Chiesa.

Accettai poi un incarico nell’Università di Tubinga (Tübingen), con l’intenzione di essere più vicino alla "scuola di Tubinga", la quale fece teologia in un modo storico ed ecumenico. 
Nel 1968 si produsse un’esplosione estremamente violenta di teologia marxista e per questo, quando mi offrirono un incarico nella nuova Università di Ratisbona, accettai non solo perché pensavo fosse interessante collaborare allo sviluppo di una nuova università, ma anche perché mio fratello era il direttore del coro della cappella della Cattedrale. Desideravo pure che fosse un tempo tranquillo per sviluppare il mio lavoro teologico. Là, durante il mio tempo libero, scrissi un libro sull’escatologia uno sui principi della teologia, quali il problema del metodo teologico, il problema della relazione tra ragione e rivelazione e tra la tradizione e la rivelazione. Anche la Bibbia fu un punto di interesse primario per me.

Quando cominciavo a sviluppare la mia personale visione teologica, nel 1977 Papa Paolo VI mi nominò arcivescovo di Monaco e perciò, come il Cardinal Martini, dovetti interrompere il mio lavoro teologico.

Nel novembre del 1981, il santo Padre Papa Giovanni Paolo II, mi chiese di impegnarmi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Prefetto della Congregazione è anche il Presidente di due importanti Commissioni: la Commissione Teologica Internazionale e la Pontificia Commissione Biblica. 

Il lavoro di questi due organismi, ognuno composto da venti o trenta professori proposti dai vescovi del mondo, si svolge in completa libertà ed agisce in connessione tra la Santa Sede e gli uffici della Curia Romana da un lato, ed il mondo teologico dall’altro. Mi è stato molto utile servire come Presidente di queste due Commissioni, perché in qualche modo mi ha permesso di mantenere il contatto con i teologi e la teologia. In questi anni, le due Commissioni hanno pubblicato un buon numero di documenti molto importanti.

In particolare, due documenti della Commissione Biblica furono recepiti molto bene dai circoli ecumenici e dal mondo teologico in generale. 
Il primo era un documento sui metodi dell’Esegesi. Nei cinquanta anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale siamo stati testimoni di interessanti progressi nella metodologia, non soltanto con il classico metodo storico-critico, ma anche con i nuovi metodi che prendono in considerazione l’unità della Bibbia nei diversi sviluppi letterari e anche con (altri) nuovi metodi. Credo che questo documento sia davvero stato una pietra miliare: fu molto ben accolto, come ho detto, dalla comunità scientifica.

Il secondo documento è stato pubblicato l’anno successivo e si riferisce alla relazione tra la Santa Bibbia ed il Popolo Ebreo, l’Antico testamento e il Nuovo Testamento. Si focalizza sulla questione del senso grazie al quale le due parti della Bibbia – ciascuna con parti molto diverse – possono essere considerate una sola Bibbia, e in quale senso un’interpretazione cristologica dell’Antico Testamento – non molto evidente nel testo come tale – può essere giustificata, così come il nostro rapporto con l’interpretazione giudaica dell’Antico Testamento. In questo senso, la riunificazione dei due libri è nello stesso tempo la riunificazione di due storie attraverso le loro culture e realizzazioni religiose. Speriamo che questo documento sia anche molto proficuo per il dialogo tra cristiani ed ebrei.

La Commissione teologica ha pubblicato documenti circa l’interpretazione del dogma, le mancanze della chiesa nel passato – di somma importanza dopo le richieste di perdono fatte in varie occasioni dal Santo Padre – e altri documenti. Attualmente stiamo pubblicando un documento sul diaconato ed un altro circa la Rivelazione e l’inculturazione.

Quest’ultimo argomento – l’incontro tra diverse culture, cioè il dialogo interculturale e interreligioso – è attualmente il tema centrale per noi nella nostra Congregazione. Dopo la scomparsa della Teologia della Liberazione negli anni successivi al 1989 si sono sviluppate nuove correnti in teologia: per esempio in America Latina esiste una teologia indigena. L’idea è quella di rifare la teologia alla luce delle culturale anteriori a Colombo. Ci stiamo anche occupando del problema di come la fede cristiana può essere presente nella grande cultura indiana con le sue ricche tradizioni religiose e filosofiche.

Le riunioni della Congregazione per la Dottrina della Fede con vescovi e teologi, destinate a scoprire come sia possibile una sintesi interculturale nel presente senza perdere l’identità della nostra fede è per noi emozionante, ed io penso che sia un tema importante persino per quanti non sono cristiani o cattolici.

Vi ringrazio per l’onore di essere presente tra voi.

+ Card. Joseph Ratzinger



[Modificato da Caterina63 07/07/2016 15:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  IL PERDONO DI ASSISI
L’
INDULGENZA RIGUARDAVA LA PENA NON L’ASSOLUZIONE DEI PECCATI…

 (Papa Onorio III)

Chi è il vero san Francesco? in cosa è l’immagine per antonomasia dell’ortodossia portata allo zelo estremo?

Il vero san Francesco, oggi, a mio parere, lo ritroviamo nel “Perdono di Assisi” dove ritengo sia racchiuso tutto il suo essere e il suo pensiero.

Illuminante, in tal senso, è l’opuscolo che nel 2005 Benedetto XVI ha dedicato proprio a questo “Perdono d’ Assisi”, riproponendo, per altro, la sua stessa esperienza.

Voglio mandarvi tutti in Paradiso”: in questa affermazione si trova il vero san Francesco, con tutto quello che, naturalmente, comporta perché in Paradiso non si va se non per la via stretta dell’ortodossia dei Comandamenti – tutti: nessuno è escluso – che è la via “ordinaria”. Non ci si va senza penitenza, non ci si va se non si è “poveri” bisognosi del Perdono, della misericordia di Dio…

Possiamo citare brevemente il passo dalle Fonti:

(FF 3391-3397): «Insieme ai vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, Francesco disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in paradiso!”». Poco prima, il santo si era recato dal papa Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia, per chiedergli il privilegio dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che in stato di grazia, nel giorno del 2 agosto, avrebbero visitato questa chiesetta, dove egli viveva in povertà, aveva accolto s. Chiara, fondato l’Ordine dei Minori per poi inviarli nel mondo come messaggeri di pace. Alla domanda del Papa: «Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?», il santo rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento; questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni».

Per lucrare l’indulgenza occorre essere in “stato di grazia”: più chiaro di così non si può! Nessuno sconto al peccato. L’indulgenza riguarda infatti la pena, non l’assoluzione dei peccati senza essersi confessati e senza essersi convertiti.

 

 

BENEDETTO XVI: QUELLA PREGHIERA CHE SAPEVO CERTAMENTE ESAUDITA

( Papa Benedetto XVI)

Arrivando ad Assisi da sud, nella piana si incontra la maestosa Basilica di Santa Maria degli Angeli, ma quel che cerchiamo, lo troviamo al centro della Basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco, che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di riparo e di orientamento. Al tempo di san Francesco il territorio circostante era coperto di boschi, paludoso e disabitato.

 

Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, la chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà. Lo stato di abbandono in cui si trovava dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori, all’inizio pensato come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.

 

La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il Vangelo. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.

 

La Porziuncola - lo abbiamo visto - è anzitutto un luogo, ma grazie a Francesco d’Assisi è divenuto una realtà dello spirito e della fede, che proprio qui si fa sensibile e diventa un luogo concreto in cui possiamo entrare, ma grazie al quale possiamo anche accedere alla storia della fede e alla sua forza sempre efficace. Che poi la Porziuncola non ci ricordi solo grandi storie di conversione del passato, non rappresenti solo una semplice idea, ma riesca ancora ad accostarci al legame vivente di penitenza e di grazia, ciò dipende dal cosiddetto “Perdono d’Assisi”, che più propriamente dovremmo chiamare “Perdono della Porziuncola”. Qual è il suo vero significato? Secondo una tradizione che sicuramente risale almeno alla fine del secolo XIII, Francesco nel luglio del 1216 avrebbe fatto visita nella vicina Perugia al papa Onorio III, subito dopo la sua elezione, e gli avrebbe sottoposto una richiesta inusuale: chiese al pontefice di concedere l’Indulgenza plenaria per tutta la loro vita precedente a tutti coloro che si fossero recati nella chiesetta della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza dei propri peccati.

 

Il cristiano di oggi si chiederà che cosa possa significare un tale Perdono.

 

Al tempo di san Francesco come forma principale di penitenza imposta dalla Chiesa, in stretto rapporto con il Perdono dei peccati, era invalso l’uso di intraprendere un grande pellegrinaggio, a Santiago, a Roma e, soprattutto a Gerusalemme. Il lungo, pericoloso e difficile viaggio a Gerusalemme poteva davvero diventare per molti pellegrini un viaggio interiore; tuttavia un aspetto molto concreto era anche il fatto che in Terra Santa le offerte che esso portava con sé erano divenute la fonte più importante per il mantenimento della Chiesa locale. In proposito non si dovrebbe storcere troppo facilmente il naso: in tal modo la penitenza acquistava anche una valenza sociale.

 

Se dunque - come vuole la tradizione - Francesco aveva avanzato la richiesta che tutto questo potesse essere ottenuto con la visita orante al santo luogo della Porziuncola, ciò era legato davvero a qualcosa di nuovo: una Indulgenza, che doveva cambiare l’intera prassi penitenziale. Si può senz’altro comprendere che i cardinali fossero scontenti della concessione di questo privilegio da parte del papa e temessero per il sostentamento economico della Terra Santa, tanto che il Perdono della Porziuncola fu inizialmente ridotto a un solo giorno all’anno, quello della dedicazione della Chiesa, il 2 agosto.

 

A questo punto, però, ci si domanda se il papa potesse far questo così semplicemente. Può un papa dispensare da un processo esistenziale, quale era quello previsto dalla grande prassi penitenziale della Chiesa? Ovviamente, no. Quel che è un’esigenza interiore dell’esistenza umana, non può essere reso superfluo mediante un atto giuridico. Ma non si trattava affatto di questo. Francesco, che aveva scoperto i poveri e la povertà, nella sua richiesta era spinto dalla sollecitudine per quelle persone a cui mancavano i mezzi o le forze per un pellegrinaggio in Terra Santa; coloro che non potevano dare nulla, se non la loro fede, la loro preghiera, la loro disponibilità a vivere secondo il Vangelo la propria condizione di povertà. In questo senso l’Indulgenza della Porziuncola e la penitenza di coloro che sono tribolati, che la vita stessa carica già di una penitenza sufficiente. Senza dubbio a ciò si legava anche un’interiorizzazione del concetto stesso di penitenza, sebbene non mancasse certamente la necessaria espressione sensibile dal momento che implicava comunque il pellegrinaggio al semplice e umile luogo della Porziuncola, che allo stesso tempo doveva essere un incontro con la radicalità del Vangelo, come Francesco l’aveva appresa proprio in quel posto.

 

Dopo la concessione di questa particolare Indulgenza si arrivò ben presto a un passo ulteriore. Proprio le persone umili e di fede semplice finirono per chiedersi: perché solo per me stesso? Non posso forse comunicare anche ad altri quel che mi è stato dato in ambito spirituale, come avviene in ambito materiale? Il pensiero si rivolgeva soprattutto alle povere anime, a coloro che nella vita erano stati loro vicini, che li avevano preceduti nell’altro mondo e il cui destino non poteva essere loro indifferente. Si sapeva degli errori e delle debolezze delle persone che erano state care o dalle quali si erano forse ricevuti anche dei dispiaceri. Perché non ci si poteva preoccupare di loro? Perché non cercare di fare loro del bene anche al di là della tomba, di accorrere in loro aiuto, laddove possibile, nel difficile viaggio delle anime? “Se viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore”, dice Paolo (Rm 14,8). Questo significa: il vero limite non è più la morte, ma l’appartenere o il non appartenere al Signore. Se gli apparteniamo, allora siamo vicini gli uni agli altri per mezzo di lui e in lui. Per questo - era la conseguenza logica - c’è un amore che va al di là dei limiti della morte.

 

Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del Perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’Indulgenza, era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti.

 

Nel corso del tempo, tuttavia, a tutto questo si aggiunse un’altra idea: nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni “tesoro della Chiesa” o “meriti” dei santi.

 

Chiedere l’Indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione. La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.

 

Così la Porziuncola e l’Indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? Ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?

 

L’Indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza.

 

L’Indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto e grazia


Racconta il papa Benedetto XVI, in un passo molto significativo perchè parla anche di se stesso:

Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera.
Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti
…”

e ancora:

Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica.
È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi.
Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione.
La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
Così la Porziuncola e l’indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?
L’indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza. L’indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia”.

Da: Joseph Ratzinger “Il Perdono di Assisi” Ed. Porziuncola 2005




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ANGELUS

Castelgandolfo
Domenica, 2 agosto 2009

 

Cari fratelli e sorelle!

Sono rientrato pochi giorni fa dalla Val d’Aosta, ed ora con vivo piacere mi ritrovo tra voi, cari amici di Castel Gandolfo. Al Vescovo, al parroco e alla comunità parrocchiale, come pure alle Autorità civili e a tutti i Castellani insieme ai pellegrini e ai villeggianti rinnovo con affetto il mio saluto, unito a un sentito ringraziamento per la vostra accoglienza sempre tanto cordiale. Grazie anche per la vicinanza spirituale, che molti mi hanno dimostrato quando a Les Combes mi è capitato il piccolo infortunio al polso della mano destra.

Cari fratelli e sorelle, l’Anno Sacerdotale che stiamo celebrando costituisce una preziosa occasione per approfondire il valore della missione dei presbiteri nella Chiesa e nel mondo. Utili spunti di riflessione, al riguardo, ci vengono dalla memoria dei santi che la Chiesa quotidianamente ci propone. In questi primi giorni del mese di agosto, ad esempio, ne ricordiamo alcuni che sono veri modelli di spiritualità e di dedizione sacerdotale. Ieri era la memoria liturgica di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, grande maestro di teologia morale e modello di virtù cristiane e pastorali, sempre attento alle necessità religiose del popolo.

Oggi contempliamo in san Francesco d’Assisi l’ardente amore per la salvezza delle anime, che ogni sacerdote deve costantemente nutrire: ricorre infatti il cosiddetto “Perdono di Assisi”, che egli ottenne dal Papa Onorio III nell’anno 1216, dopo aver avuto una visione, mentre si trovava in preghiera nella chiesetta della Porziuncola. Apparendogli Gesù nella sua gloria, con alla destra la Vergine Maria e intorno molti Angeli, gli chiese di esprimere un desiderio, e Francesco implorò un “ampio e generoso perdono” per tutti coloro che “pentiti e confessati” avrebbero visitato quella chiesa. Ricevuta l’approvazione pontificia, il Santo non aspettò nessun documento scritto, ma corse ad Assisi e, giunto alla Porziuncola, annunciò la bella notizia: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”. Da allora, dal mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del 2, si può lucrare, alle consuete condizioni, l’indulgenza plenaria anche per i defunti, visitando una chiesa parrocchiale o francescana.

Che dire di san Giovanni Maria Vianney, che ricorderemo il 4 agosto? Proprio per commemorare il 150° anniversario della sua morte ho indetto l’Anno Sacerdotale. Di quest’umile parroco, che costituisce un modello di vita sacerdotale non solo per i parroci ma per tutti i sacerdoti, mi riprometto di parlare nella catechesi dell’Udienza generale di mercoledì prossimo. Il 7 agosto, poi, sarà la memoria di san Gaetano da Thiene, il quale soleva ripetere che “non con l’amore sentimentale, ma con l’amore dei fatti si purificano le anime”. Ed il giorno dopo, l’8 agosto, la Chiesa ci additerà come modello san Domenico, del quale è stato scritto che “apriva bocca o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio”. Non posso infine dimenticare di ricordare anche la grande figura di Papa Montini, Paolo VI, di cui il 6 agosto ricorre il 31° anniversario della morte, avvenuta proprio qui a Castel Gandolfo. La sua vita, così profondamente sacerdotale e ricca di tanta umanità, rimane nella Chiesa un dono di cui ringraziare Dio. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, aiuti i sacerdoti ad essere tutti totalmente innamorati di Cristo, seguendo l’esempio di questi modelli di santità sacerdotale.



 

[Modificato da Caterina63 07/07/2016 18:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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07/07/2016 21:00
 
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PERDONO DI ASSISI

(Per sé o per i defunti)

Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell'Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l'indulgenza plenaria.


CONDIZIONI RICHIESTE:

1 - Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).

2 - Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).

3 - Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.

4 - Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un'“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.

5 - Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.


Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.


L'INDULGENZA: che cosa è?

I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti. 
Nei primi secoli i Vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza.

(C.E.l. - Catechismo degli adulti, n. 710)

COME SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE
L'INDULGENZA DEL PERDONO

Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore! 
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento: questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". 
E qualche giorno più tardi, insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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