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Confessione

Ultimo Aggiornamento: 29/09/2009 18:50
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29/09/2009 18:49
 
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Da: Marisse  (Messaggio originale)Inviato: 16/05/2003 21.25
Mi ripresento, sono un ex testimone di Geova che vorrebbe approfondire certi argomenti inerenti le Sacre Scritture al di fuori degli insegnamenti TdG e, ovviamente, anche il punto di vista della Chiesa Cattolica. Quindi sono qui più per ricevere che per dare, scusatemi. :-(
Se mi si potesse illustrare: su quali passi biblici, o scritti dei padri della Chiesa, o ... che altro, si basa la confessione dei peccati come è praticata dalla Chiesa Cattolica.
Ringrazio anticipatamente e vi saluto.
Marisse


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/05/2003 23.02
Tranquillo Marisse.....tante volte si da...anche solo facendo domande.....perchè le risposte stimolano tutti noi alla meditazione........
Ora ti metto un compendio della dottrina Cattolica in materia.....leggila con calma....seguendo sulla Bibbia i riferimenti biblici......prendi il tempo che vuoi..e poi se hai domande possiamo partire per una condivisione.....
Fraternamente C.

Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione 

Il peccato è anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui. Nello stesso tempo esso attenta alla comunione con la Chiesa. Per questo motivo la conversione arreca ad un tempo il perdono di Dio e la riconciliazione con la Chiesa, ciò che il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione esprime e realizza liturgicamente [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11].

Dio solo perdona il peccato

Dio solo perdona i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: "Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" ( Mc 2,10 ) ed esercita questo potere divino: "Ti sono rimessi i tuoi peccati!" ( Mc 2,5; Lc 7,48 ). Ancor di più: in virtù della sua autorità divina dona tale potere agli uomini [Cf Gv 20,21-23 ] affinché lo esercitino nel suo nome.

Cristo ha voluto che la sua Chiesa sia tutta intera, nella sua preghiera, nella sua vita e nelle sue attività, il segno e lo strumento del perdono e della riconciliazione che egli ci ha acquistato a prezzo del suo sangue. Ha tuttavia affidato l'esercizio del potere di assolvere i peccati al ministero apostolico. A questo è affidato il "ministero della riconciliazione" ( 2Cor 5,18 ). L'apostolo è inviato "nel nome di Cristo", ed è Dio stesso che, per mezzo di lui, esorta e supplica: "Lasciatevi riconciliare con Dio" ( 2Cor 5,20 ).

Riconciliazione con la Chiesa

Durante la sua vita pubblica, Gesù non ha soltanto perdonato i peccati; ha pure manifestato l'effetto di questo perdono: egli ha reintegrato i peccatori perdonati nella comunità del Popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva allontanati o persino esclusi. Un segno chiaro di ciò è il fatto che Gesù ammette i peccatori alla sua tavola; più ancora, egli stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo sconvolgente il perdono di Dio [Cf Lc 15 ] e, nello stesso tempo, il ritorno in seno al Popolo di Dio [ Cf Lc 19,9 ].

Rendendo gli Apostoli partecipi del suo proprio potere di perdonare i peccati, il Signore dà loro anche l'autorità di riconciliare i peccatori con la Chiesa. Tale dimensione ecclesiale del loro ministero trova la sua più chiara espressione nella solenne parola di Cristo a Simon Pietro: "A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" ( Mt 16,19 ). Questo "incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22].

 Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio.

Il sacramento del perdono

Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale. A costoro il sacramento della Penitenza offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano questo sacramento come "la seconda tavola [di salvezza] dopo il naufragio della grazia perduta" [Tertulliano, De paenitentia, 4, 2; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1542].

Nel corso dei secoli la forma concreta, secondo la quale la Chiesa ha esercitato questo potere ricevuto dal Signore, ha subito molte variazioni. Durante i primi secoli, la riconciliazione dei cristiani che avevano commesso peccati particolarmente gravi dopo il loro Battesimo (per esempio l'idolatria, l'omicidio o l'adulterio, o il rinnegamento), era legata ad una disciplina molto rigorosa, secondo la quale i penitenti dovevano fare pubblica penitenza per i loro peccati, spesso per lunghi anni, prima di ricevere la riconciliazione. A questo "ordine dei penitenti" (che riguardava soltanto certi peccati gravi) non si era ammessi che raramente e, in talune regioni, una sola volta durante la vita. Già dalla fine del secondo secolo si ha notizia della forma "privata" concessa a coloro che per paura delle persecuzioni, non riuscivano a resatre fedeli e rinnegavano la fede cristiana, a questo problema si rese necessario porre un rimedio onde evitare che i superstiti delle persecuzioni venisero, come accadeva, indicati quali traditori da quei cristiani che pur perseguitati si erano salvati. Si cominciò così ad impostare la confessione in segreto, la quale venne accolta da tutti i vescovi in modo compatto. Tra il VI e VII secolo, ispirati dalla tradizione monastica d'Oriente, i missionari irlandesi portarono nell'Europa continentale la pratica "privata" della penitenza, che non esige il compimento pubblico e prolungato di opere di penitenza prima di ricevere la riconciliazione con la Chiesa. Il sacramento si attua ormai in una maniera più segreta tra il penitente e il sacerdote. Questa nuova pratica prevedeva la possibilità della reiterazione e apriva così la via ad una frequenza regolare di questo sacramento. Essa permetteva di integrare in una sola celebrazione sacramentale il perdono dei peccati gravi e dei peccati veniali. E' questa, a grandi linee, la forma di penitenza che la Chiesa pratica fino ai nostri giorni.

Attraverso i cambiamenti che la disciplina e la celebrazione di questo sacramento hanno conosciuto nel corso dei secoli, si discerne la medesima struttura fondamentale. Essa comporta due elementi ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell'uomo che si converte sotto l'azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall'altra parte, l'azione di Dio attraverso l'intervento della Chiesa. La Chiesa che, mediante il vescovo e i suoi presbiteri, concede nel nome di Gesù Cristo il perdono dei peccati e stabilisce la modalità della soddisfazione, prega anche per il peccatore e fa penitenza con lui. Così il peccatore viene guarito e ristabilito nella comunione ecclesiale.

La formula di assoluzione in uso nella Chiesa latina esprime gli elementi essenziali di questo sacramento: il Padre delle misericordie è la sorgente di ogni perdono. Egli realizza la riconciliazione dei peccatori mediante la Pasqua del suo Figlio e il dono del suo Spirito, attraverso la preghiera e il ministero della Chiesa:

Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e Risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io (ministro inviato a nome della Chiesa) ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo [Rituale romano, Rito della penitenza, formula dell'assoluzione].

 Gli atti del penitente 

1450 "La penitenza induce il peccatore a sopportare di buon animo ogni sofferenza; nel suo cuore vi sia la contrizione, nella sua bocca la confessione, nelle sue opere tutta l'umiltà e la feconda soddisfazione" [Catechismo Romano, 2, 5, 21; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1673].

La contrizione

 Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è "il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1676].

Quando proviene dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta "perfetta" (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale [Cf Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1677].

La contrizione detta "imperfetta" (o "attrizione") è, anch'essa, un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio un'evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l'azione della grazia, dall'assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1677].

E' bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il Discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici [Cf Rm 12-15; 1Cor 12-13; 1454 Gal 5; Ef 4-6 ].

La confessione dei peccati

La confessione dei peccati (l'accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l'accusa, l'uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: "E' necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo, [ Cf Es 20,17; Mt 5,28 ] perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi": [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680]

I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. "Se infatti l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680; cf San Girolamo, Commentarii in Ecclesiasten, 10, 11: PL 23, 1096].


Secondo il precetto della Chiesa, "ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno" [Codice di Diritto Canonico, 989; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1683; 1708]. Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l'assoluzione sacramentale, [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1647; 1661] a meno che non abbia un motivo grave per comunicarsi e non gli sia possibile accedere a un confessore [Cf Codice di Diritto Canonico, 916; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 711]. I fanciulli devono accostarsi al sacramento della Penitenza prima di ricevere per la prima volta la Santa Comunione [Cf Codice di Diritto Canonico, 914].

Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680; Codice di Diritto Canonico, 988, 2]. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui: [Cf Lc 6,36 ]

Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d'accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L'uomo e il peccatore sono due cose distinte: l'uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce [Sant'Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 12, 13].

La soddisfazione

Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L'assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1712]. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve "soddisfare" in maniera adeguata o "espiare" i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche "penitenza".

La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un'offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare, e dove può deve ristabilire la pace con il proprio prossimo offeso. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati [Cf Rm 3,25; 1460 1Gv 2,1-2 ] una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare i coeredi di Cristo risorto, dal momento che "partecipiamo alle sue sofferenze" ( Rm 8,17 ): [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1690]

Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati, non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col suo aiuto possiamo tutto in lui che ci dà la forza [Cf Fil 4,13 ]. Quindi l'uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto è riposto in Cristo in cui. .. offriamo soddisfazione, facendo "opere degne della conversione" ( Lc 3,8 ), che da lui traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a lui sono accettate dal Padre [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1691].

 Il ministro di questo sacramento 

Poiché Cristo ha affidato ai suoi Apostoli il ministero della riconciliazione, [Cf Gv 20,23; 1461 2Cor 5,18 ] i vescovi, loro successori, e i presbiteri, collaboratori dei vescovi, continuano ad esercitare questo ministero. Infatti sono i vescovi e i presbiteri che hanno, in virtù del sacramento dell'Ordine, il potere di perdonare tutti i peccati "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

1462 Il perdono dei peccati riconcilia con Dio ma anche con la Chiesa. Il vescovo, capo visibile della Chiesa particolare, è dunque considerato a buon diritto, sin dai tempi antichi, come colui che principalmente ha il potere e il ministero della riconciliazione: è il moderatore della disciplina penitenziale [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 26]. I presbiteri, suoi collaboratori, esercitano tale potere nella misura in cui ne hanno ricevuto l'ufficio sia dal proprio vescovo (o da un superiore religioso), sia dal Papa, in base al diritto della Chiesa [Cf Codice di Diritto Canonico, 844; 967-969; 972; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 722, 3-4].

Alcuni peccati particolarmente gravi sono colpiti dalla scomunica, la pena ecclesiastica più severa, che impedisce di ricevere i sacramenti e di compiere determinati atti ecclesiastici, e la cui assoluzione, di conseguenza, non può essere accordata, secondo il diritto della Chiesa, che dal Papa, dal vescovo del luogo o da presbiteri da loro autorizzati [Cf Codice di Diritto Canonico, 1331; 1354-1357; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 1431; 1434; 1420]. In caso di pericolo di morte, ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ascoltare le confessioni, può assolvere da qualsiasi peccato [Cf Codice di Diritto Canonico, 976; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 725] e da qualsiasi scomunica.

I sacerdoti devono incoraggiare i fedeli ad accostarsi al sacramento della Penitenza e devono mostrarsi disponibili a celebrare questo sacramento ogni volta che i cristiani ne facciano ragionevole richiesta [Cf Codice di Diritto Canonico, 986; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 735; Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 13].

Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore.

Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio. Il ministro di questo sacramento deve unirsi "all'intenzione e alla carità di Cristo" [Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 13]. Deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l'esperienza delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è caduto; deve amare la verità, essere fedele al magistero della Chiesa e condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità. Deve pregare e fare penitenza per lui, affidandolo alla misericordia del Signore.

Data la delicatezza e la grandezza di questo ministero e il rispetto dovuto alle persone, la Chiesa dichiara che ogni sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato, sotto pene molto severe, a mantenere un segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli hanno confessato [Cf Codice di Diritto Canonico, 1388, 1; Corpus Canonum Ecclesiarum Orientalium, 1456]. Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama il "sigillo sacramentale", poiché ciò che il penitente ha manifestato al sacerdote rimane "sigillato" dal sacramento.

Gli effetti di questo sacramento 

"Tutto il valore della penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia" [Catechismo Romano, 2, 5, 18]. Il fine e l'effetto di questo sacramento sono dunque la riconciliazione con Dio. In coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono "la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1674]. Infatti, il sacramento della riconciliazione con Dio opera una autentica "risurrezione spirituale", restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l'amicizia di Dio [Cf Lc 15,32 ].

Questo sacramento ci riconcilia con la Chiesa. Il peccato incrina o infrange la comunione fraterna. Il sacramento della Penitenza la ripara o la restaura. In questo senso, non guarisce soltanto colui che viene ristabilito nella comunione ecclesiale, ma ha pure un effetto vivificante sulla vita della Chiesa che ha sofferto a causa del peccato di uno dei suoi membri [Cf 1Cor 12,26 ]. Ristabilito o rinsaldato nella comunione dei santi, il peccatore viene fortificato dallo scambio dei beni spirituali tra tutte le membra vive del Corpo di Cristo, siano esse esse ancora nella condizione di pellegrini o siano siano già nella patria celeste [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48-50].

Bisogna aggiungere che tale riconciliazione con Dio ha come conseguenza, per così dire, altre riconciliazioni, che rimediano ad altrettante rotture, causate dal peccato: il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo offesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa, si riconcilia con tutto il creato [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 31].

In questo sacramento, il peccatore, rimettendosi al giudizio misericordioso di Dio, anticipa in un certo modo il giudizio al quale sarà sottoposto al termine di questa vita terrena. E' infatti ora, in questa vita, che ci è offerta la possibilità di scegliere tra la vita e la morte, ed è soltanto attraverso il cammino della conversione che possiamo entrare nel Regno, dal quale il peccato grave esclude [Cf 1Cor 5,11; Gal 5,19-21; Ap 22,15 ]. Convertendosi a Cristo mediante la penitenza e la fede, il peccatore passa dalla morte alla vita "e non va incontro al giudizio" ( Gv 5,24 ).

***


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 3 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 16/05/2003 23.09

Caro Marisse,

i fondamenti biblici sono i seguenti:

GV.20.23 A CHI RIMETTERETE I PECCATI SARANNO RIMESSI, A CHI NON LI RIMETTERETE RESTERANNO NON RIMESSI.

MT 16.18 CIO’ CHE AVRAI LEGATO SULLA TERRA SARA’ LEGATO NEI CIELI, CIO’ CHE SCIOGLIERAI SULLA TERRA SARA’ SCIOLTO IN CIELO

GIAC.5,16 CONFESSATE I VOSTRI PECCATI GLI UNI AGLI ALTRI E PREGATE GLI UNI PER GLI ALTRI

MATT.16,18 …TUTTO CIO’ CHE AVRAI SCIOLTO SULLA TERRA SARA’ SCIOLTO ANCHE IN CIELO.

" Cor.5, 18Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. 19È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. 20Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Le modalità per eseguire la confessione possono essere varie. Quella privata è risultata la più efficace perchè permette anche una direzione spirituale della persona che si confessa.

Con affetto


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 4 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 17/05/2003 10.17
Pace a te caro Morisse,
hai fatto bene ad iscriverti in questo forum, qui verrai sicuramente aiutato, sapessi quante difficoltà ho incontrato io quando ero alla ricerca della verità, circa 4 anni fa non esistevano siti con argomenti profondi e dettagliati, ora invece ne esistono alcuni, ma di forum veramente cristiani cattolici esiste solo questo, lo dico perchè altri subiscono inquinamenti di dottrine alterate.
Gratuitamente ho ricevuto dal Signore e gratuitamente devo dare ai miei fratelli, quello che il Signore mi ha fatto conoscere non me lo devo tenere per me, ma ne devo fare partecipi anche i miei fratelli, ecco perchè ho fatto il mio sito, che gestisco assieme a Gino.
Comunque ti voglio dare un mio contributo.
Quando un cristiano si sforza e si applica nello studiare e capire il significato vero delle Sacre Scritture rimane sbalordito di fronte alle affermazioni dei contestatori perché le loro obiezioni stravolgono, stranamente, tutte le realtà relative al Sacramento della Confessione.
Una sola cosa ci appare di una certa logicità e cioè: che i nostri fratelli non cattolici, avendo ereditato dai loro “capostipiti” come sistema razionale “la protesta” contro la Chiesa cattolica, essi ne fanno largamente uso, anche irrazionalmente e forse anche senza rendersene conto.
Il Vangelo è molto chiaro e non ammette interpolazioni. Esso suona così:
Gv 20,19-23: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato… venne Gesù e disse:
Pace a voi!.. Gesù disse di nuovo Pace a voi! Come il padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo… alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”.
Non credo che occorra molto spremersi le meningi per capire che Gesù abbia voluto istituire, con queste parole, il Sacramento della Penitenza (Riconciliazione).
E’ chiaro che agli Apostoli che ascoltano viene affidata da Gesù la stessa missione che il Padre ha affidato a Lui. Si, sono cose sorprendenti, quasi incredibili per la mente umana.
A degli uomini viene affidata la potestà di Cristo-Dio: quella di rimettere i peccati!...
Mt 16,18-29: “… E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Mt 18,18: “In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche il cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”.
Sono difficili queste parole?
Non mi sembra proprio, esse sono chiarissime e precise. Anche qui, come a Pietro, Gesù fa una promessa che si sarebbe realizzata.
Infatti in Gv 20,19-23 Gesù ritorna su questo argomento e realizza la sua promessa alitando sugli Apostoli lo Spirito Santo e affida loro il mandato di rimettere i peccati degli uomini nel Suo Nome.
Se qualche fratello non cattolico vorrebbe far credere che sia stato papa Innocenzo III nel Concilio Lateranense IV (1215) a istituire il Sacramento della Penitenza è una grossolana falsità.
Chiunque afferma questo ignora, o vuole  ignorare tutta la storia precedente, e soprattutto veritiera, in merito alla confessione. Innocenzo III non fece altro che disciplinarne l’uso, comandando che tutti i cristiani si confessassero almeno una volta l’anno. In quell’epoca infatti molti cristiani si confessavano raramente e il papa intervenne giustamente.
In 1 Cor 5,3-5 “Orbene, io assente con il corpo, ma presente con lo spirito, ho già giudicato  (attenzione ,qui parla Paolo, non Cristo) come se fosse presente colui che ha compiuto tale azione… nel nome del Signore… con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.”
2 Tes 3,14-15 “ Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello”. (anche qui vediamo come è Paolo a disporre, con la sua autorità)
Tt 3,10-11 “ Dopo una o due ammonizioni sta lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stesso.” (anche qui Paolo sta esercitando il potere delle chiavi)
2 Cor 2,18-20. In questo passo S. Paolo è più esplicito e le parole sono abbastanza chiare e precise: “Dio ha affidato a noi il ministero della riconciliazione”. Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro”.
Paolo in 1 Cor 5,3-5 praticamente scomunica il peccatore che si era macchiato di quella grave colpa. (ed esercita il potere di legare e di sciogliere)
Riconciliatevi con Dio (2 Cor 5,20), Paolo sottolinea la loro funzione di ambasciatori, cioè di ministri di Dio a cui è stato affidato il ministero della riconciliazione.
Sempre nella stessa lettera un po’ prima Paolo infatti dice: “Quindi se uno è in Cristo è creatura nuova; le vecchie cose sono passate, ecco, ne sono nate di nuove! E’ tutto è da Dio, il quale ci ha riconciliati con se mediante Cristo, ed ha affidato a noi il ministero della riconciliazione; è stato Dio, infatti a riconciliare con sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola di riconciliazione.
Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, ed è come se Dio esortasse per mezzo nostro”.
I protestanti vogliono dare a queste parole di Paolo un significato diverso da quello che realmente hanno, vogliono negare la funzione riconciliatrice dei ministri di Dio, asserendo che i ministri servono solo ad annunciare la Parola di Dio, non a confessare  i fedeli, perché questi ultimi possono farlo direttamente con Dio.
In effetti per peccati non gravi si può chiedere perdono direttamente a Dio, mentre per i peccati mortali ci si deve confessare con i ministri di Dio e non mi vengano a dire che i peccati sono tutti uguali perché non è così.
Se dei rapitori entrano in una villa per rapire il bambino di una famiglia, e non vedendolo chiedono alla madre dove è nascosto il bambino, la madre se risponde che non lo sa indubbiamente dice una bugia, ma questa è una bugia a fin di bene, indubbiamente nessuna madre direbbe mai ai rapitori dove si trova il figlio.
In ogni caso non si può equiparare il ministerio della riconciliazione con quello della predicazione, perchè altrimenti si potrebbe pensare che gli apostoli fossero liberi di predicare ad alcuni e non predicare ad altri, venendo in contrapposizione con le parole di Gesù "andate e predicate a tutte le genti"
Il potere di legare o di sciogliere dal peccato non è equivalente (come dicono i protestanti) alla predicazione, perchè anche se un apostolo predicava non era detto che chi lo ascoltava doveva accettare il messaggio salvifico.
Quindi si capisce che non dipendeva dalla predicazione il potere di legare o sciogliere, perchè con l'annuncio della Parola di Dio, non c'entra alcun potere, ma semmai un dovere di farlo, non potendo in alcun modo forzare gli ascoltatori.
Cosa ben diversa è invece il ministerio della riconciliazione che indubbiamente si aggancia anche all'annuncio della Buona Novella, ma i ministri di Dio, possono decidere (come ha fatto Paolo in diverse occasioni)  in materia di fede, questa azione diversa dalla predicazione.
Paolo quando ammonisce e ordina non sta predicando, ma sta decidendo in materia di fede.
Pace
Salvatore
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29/09/2009 18:50
 
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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 17/05/2003 10.24
Gesù dopo aver dato lo Spirito Santo agli Apostoli, dice: “a chi rimettere i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”
Ciò significa che Gesù ha conferito agli Apostoli l’autorità di riconciliare i fedeli assolvendoli dai peccati, nel nome del Signore.
Anche le parole che Gesù rivolse a Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19) indicano che questo incarico di legare e di sciogliere che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio del Apostoli.
Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo della vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio.
I fratelli non cattolici (come ad esempio lo scrittore protestante Nisbet)  invece affermano che “quando un cristiano annunzia l’Evangelo della grazia, egli scioglie le anime dai loro peccati, non certo per una sua particolare capacità, ma per la potenza della predicazione cristiana. Se però le anime che ascoltano non accettano l’Evangelo, esse rimangono legate, vincolate al loro peccato.”
In effetti c’è da rimanere frastornati a sentire o leggere queste affermazioni.
I fedeli non cattolici leggendo o sentendo queste parole si convincono ancora di più di essere nella verità, ma se questi fratelli imparassero a fare l’analisi logica delle frasi, proprio come si faceva e si fa a scuola, si accorgerebbero che le loro interpretazioni sono completamente errate.
Se io predico l’Evangelo e (secondo loro) sciolgo le anime che ascoltano la mia predicazione e accettano l’Evangelo, di contro le anime che non accettano, tramite la mia predicazione l’Evangelo rimangono legate al peccato, si nota chiaramente che non dipende da me il legare o sciogliere, ma dalle anime che ascoltano, le quali sono libere di accettare o non accettare l’Evangelo, quindi io non sto legando né sciogliendo un bel niente, ma sto soltanto predicando, sto evangelizzando, che è cosa ben diversa dal legare e sciogliere.
Se gli uomini sono liberi di accettare o non accettare Cristo dopo aver udito la mia predicazione, io  cosa lego, e che cosa sciolgo?
In questo caso sarebbero gli ascoltatori a legare o sciogliere, ma come possono gli ascoltatori pagani prima ancora di ricevere lo Spirito Santo legare o sciogliere se stessi?
Loro possono semplicemente accettare o non accettare Cristo, il che non c’entra niente con il legare e lo sciogliere.
Se Gesù durante lo stesso discorso rivolto agli Apostoli, parla di legare e di sciogliere, poi alitando su di loro gli dona lo Spirito Santo (quindi li riveste di autorità) e gli dice “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” se questo significherebbe semplicemente predicare, allora gli Apostoli erano liberi di predicare e sciogliere dal peccato alcuni, ed altri no,  invece Gesù ha detto chiaramente che bisogna predicare a tutti gli uomini di ogni luogo.
Il potere di legare e di sciogliere è stato dato ai ministri di Dio, non agli ascoltatori, quando Gesù disse “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” a forse detto agli apostoli che potevano anche decidere di non predicare ad alcuni, e ad altri si?
Il Vangelo deve essere predicato a tutti i popoli, quindi come si può conciliare la frase “a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” con il significato che gli danno molti protestanti?
Seguendo le loro dottrine sembrerebbe che gli apostoli e quindi i ministri potrebbero decidere di non predicare il Vangelo a qualche popolo, lasciandolo legato al peccato, contraddicendo così il comando di Gesù “andate e predicate la mia Parola a tutte le genti”, o se dobbiamo considerare (sbagliando) che siano gli ascoltatori a decidere di rimanere legati al peccato (rifiutando la Parola), o di sciogliersi dal peccato accettando Cristo, staremmo chiaramente sbagliando ancora, perché il potere di legare e di sciogliere è stato dato ai ministri predicatori non agli ascoltatori, ma i ministri di Dio non legano o sciolgono semplicemente predicando, ma assolvendo (sciogliendo) i peccati dei fedeli nel nome del Signore, e così fece Paolo quando scomunicò il fedele incestuoso di Corinto (1 Cor 5,3-5), Paolo non rimise i peccati a quell’uomo, e quindi gli rimasero non rimessi; in quell’episodio Paolo non convocò il consiglio degli anziani, non consultò i diaconi e i presbiteri di quella Chiesa per vedere cosa era meglio fare, ma si comportò da vescovo, mostrando tutta la sua autorità conferitale da Cristo e decidendo di non rimettere quel peccato così orrendo e grave, all’uomo di Corinto, che quindi rimase fu abbandonato a satana, affinché un giorno si potesse ravvedere.

Come si può asserire che con quelle parole (a chi rimetterete…) Gesù abbia voluto conferire tale potere a tutti i fedeli e non ai soli Apostoli, ed quindi ai loro successori?
Gesù ha sempre detto di evangelizzare e perdonare tutti, noi cristiani che non abbiamo incarichi di guida e di responsabilità all’interno della Chiesa, dobbiamo perdonarci tutti a vicenda, quindi non è possibile considerare le parole di Gesù rivolte a tutti i fedeli.
Pace
Salvatore

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Da: MarisseInviato: 17/05/2003 15.31
Cari amici,
ho preso visione delle vostre utili risposte alla mia domanda.
Vi ringrazio per le informazioni, per la tempestività nel rispondere, e anche per il modo con cui vengo accolto.
Un caro saluto
Marisse

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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 18/05/2003 0.53
Oltre a quanto è stato ben mirabilmente esposto dagli altri fratelli, vorrei  aggiungere che la confessione è anche un atto di umiltà di un uomo che pone la sua anima nuda davanti ad un altro uomo.
Pace
Iyvan

Rispondi
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Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 23/05/2003 12.45
Attenzione Paolo fa questo nel nome di Dio, quando invece lo faceva Gesù lo faceva nel proprio nome, infatti quando Gesù rimetteva i peccati, non li diceva: “io ti rimetto i tuoi peccati nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” ma diceva semplicemente “i tuoi peccati ti sono rimessi”
quindi parlava con autorità, perché Lui stesso era ed è Dio, Paolo invece esercita tale potere nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, perché ha ricevuto tale mandato da Gesù, infatti Gesù dice: “come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”, il Padre e Gesù sono la stessa cosa, la stessa sostanza divina, i ministri di Dio invece hanno ricevuto l’incarico da Gesù, e nel suo nome perdonano i peccati, e quando si accertano che qualche fratello pecca e tenta di ingannare la Chiesa  con atteggiamenti peccaminosi, e per giunta se ne compiace, allora in questi casi il ministro di Dio può decidere di allontanare tale fratello dalla Chiesa, alle stesso modo di Paolo.
Questo è il potere di legare e di sciogliere, cioè di decidere per il bene della Chiesa, Dio nella storia dell’umanità si è sempre servito degli uomini per amministrare la sua Chiesa, e anche in questo caso ha affidato agli uomini il mandato di legare e di sciogliere, di rimettere o ritenere i peccati dei fedeli, altrimenti la Chiesa sarebbe nel caos più totale, ognuno farebbe di testa sua, auto-giudicandosi, invece di assoggettarsi al giudizio della Chiesa.
Catechismo cattolico par. 1458: chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d’accordo con Dio.
Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L’uomo e il peccatore sono due cose distinte: l’uomo è opera di Dio, il peccato è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto.
Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.
Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive.
Operi la verità e così vieni alla Luce.
Noi fedeli, che non siamo ministri di Dio, ma semplici fedeli e membri della Chiesa, siamo chiamati a perdonare il nostro prossimo sempre e comunque, come Gesù dice a Pietro che bisogna perdonare sempre; ma dato che nella Chiesa deve regnare l’ordine e la disciplina cristiana, ci doveva e ci deve essere qualcuno che decide e guida la Chiesa, e questo qualcuno sono i ministri di Dio, infatti in Matteo 18,15 si capisce chiaramente che un fratello deve per prima cosa cercare di riprendere l’altro fratello che pecca; dapprima privatamente, se questo non vuole sentire ragione lo si riprenda davanti a due o tre persone, se questo non si convince sia richiamato dalla Chiesa, e se continua a non convincersi dei propri errori, sia trattato come un pagano, cioè sia allontanato dalla Chiesa, perché i pagani ovviamente non fanno parte della Chiesa.
E chi nella Chiesa ha autorità di decidere se allontanare o meno un fratello ?
Il ministro di Dio, il presbitero che guida quella Chiesa locale, lo stesso presbitero che è chiamato a tenere ordine e guidare la comunità dei fedeli.
Quindi è il presbitero che ha autorità di rimettere o di non rimettere i peccati al fratello che ha sbagliato.
Se il fratello che viene portato davanti alla Chiesa non si convince del proprio peccato e insiste nel dire che secondo lui non ha sbagliato, la Chiesa ha il potere di non rimettere i peccati di questo fratello così ostinato, quindi ha il potere di allontanarlo e considerarlo come un pagano, non da odiare ma da rievangelizzare.
Quindi è chiaro che Gesù ha conferito questo potere agli uomini, (Mt 9,8)  (notare il plurale che viene usato in questo versetto, agli uomini) non ha tutti gli uomini ma solo ai suoi ministri, che sono chiamati a mantenere l’ordine nella Chiesa; è Dio ha perdonare i peccati, ma molti fratelli protestanti dimenticano che Cristo delegò agli uomini e precisamente agli Apostoli il potere di perdonare i peccati, tanto è vero che Matteo usa il plurale “agli uomini”, non dice “ad un uomo” ma “agli uomini” perché Matteo ben sapeva e ben aveva compreso il vero significato delle parole di Gesù in riguardo al sacramento della riconciliazione.
Matteo raccontando quell'episodio, avrebbe dovuto usare "rimasero stupiti, che Dio avesse dato il potere di rimettere i peccati ad un uomo (Gesù)" invece usa volutamente il plurale "agli uomini" perchè nelle testa di Matteo era ben chiaro il significato di tale frase.
Dio ha dato (tramite Gesù) "agli uomini" il potere di assolvere i peccati, nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.
Teniamo presente che Mattero scrive sotto ispirazione, non da ubriaco, e poi scrisse il suo Vangelo intorno all'anno 60 d.C. quindi in un periodo nel quale già si erano formate alcune chiese locali, e dove indubbiamente venivano svolte le confessioni, che in quei tempi non erano "auricolari" ma pubbliche, davanti all'assemblea dei fratelli. Il peccatore ammetteva i suoi peccati davanti a tutta l'assemblea dei fratelli, e poi veniva assolto dal ministro di Dio.
Questa pratica pubblica nel corso dei secoli fu abbandonata, perchè le assemblee dei fratelli non erano più allo stato puro come i primi anni di cristianesimo, cioè per evitare che qualche fratello meno zelante degli altri, andasse a spettegolare su quello che aveva sentito, fu preferita la confessione privata, in modo che solo il presbitero sentisse, e potesse così mantenere il segreto confessionale.
Pace
Salvatore

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Consiglia Elimina    Messaggio 9 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°GinoInviato: 24/05/2003 12.41

Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria

La Confessione

In questa conversazione affronteremo un argomento fondamentale della dottrina cattolica: la confessione, o sacramento della Riconciliazione.

E’ un argomento abbastanza contestato, non solo in generale, ma anche nei suoi aspetti particolari. Molti non comprendono e non accettano il fatto che si debba confessare le proprie colpe, i propri peccati accusandosi davanti ad un sacerdote. Altri ritengono che sia sufficiente rivolgere direttamente a Dio la richiesta di perdono, anche per i peccati più gravi, e accusano la Chiesa di essersi arrogata un potere che non le appartiene.

Come vedete, non mancano le contestazioni. E dobbiamo dire, anche se con qualche dispiacere, ma per amore di verità, che persino in casa cattolica si è giunti a contestare la Confessione, quasi a negarle lo statuto di Sacramento. Sono contestazioni esplose soprattutto negli anni post-conciliari che hanno provocato il danno di rendere la Confessione "fuori moda", al punto che oggi i Confessionali sono spesso vuoti e diversi lamentano il fatto che molti fanno la Comunione ma senza una adeguata Confessione.

Insomma, ce n’è abbastanza per affrontare, seppure a grandi linee, l’argomento della Confessione. Come è nostra consuetudine, vogliamo dare prima sinteticamente e semplicemente, alcuni dati fondamentali sulle ragioni della dottrina cattolica riguardanti il Sacramento della riconciliazione e poi, in un secondo momento, vogliamo interrogare la storia per chiederle, attraverso documenti e testimonianze, di dirci che cosa pensavano i primi cristiani riguardo questo importantissimo sacramento.

Mi pare di poter dire che si tratti di un argomento di grande attualità, soprattutto in quest’anno giubilare, nel quale la Chiesa ci offre la straordinaria opportunità di ottenere l’indulgenza plenaria, di ottenere il perdono dei peccati che abbiamo commesso e lo sconto totale delle pene. Per ottenere l’indulgenza plenaria, lo sapete bene, la Chiesa pone, tra altre condizioni, anche quella di fare una buona Confessione.

La prima domanda alla quale ogni cattolico, a maggior ragione chi si occupa di apologetica, deve sapere rispondere può essere formulata in questo modo: dove nasce il sacramento della Riconciliazione? Chi lo ha istituito? In quale occasione? Dove sta scritto, diremmo in altri termini, che bisogna confessarsi per ottenere il perdono dei propri peccati?

Voi sapete che il valore di Sacramento viene negato alla Confessione sia dai membri della numerosa e variegata famiglia protestante, sia dagli appartenenti alla famiglia dei Testimoni di Geova. E naturalmente, quando ci capita di incontrare chi fa parte di queste famiglie religiose, talvolta ci sentiamo chiedere ragione del nostro "andare a confessarci" e , in questo caso, seguendo l’insegnamento di San Pietro, noi cattolici dobbiamo essere "pronti a rendere ragione" della nostra fede.

Anticipiamo subito, e poi giustifichiamo, la risposta a questa domanda, risposta che deve essere chiara, precisa, illuminante e sicura: il sacramento della Riconciliazione è stato istituito da nostro Signore Gesù Cristo.

Non è stata la Chiesa, in un determinato momento della sua storia, magari con il pretesto di controllare la vita privata dei suoi membri, ad inventare il Sacramento della Confessione, ma esso è stato voluto inequivocabilmente da nostro Signore Gesù Cristo.

Ricordo, a beneficio di tutti coloro che leggono, che quella che ho appena enunciato è una verità dogmatica, definita dal Concilio di Trento proprio per sgomberare il campo dal pericolosissimo e gravissimo per la fede errore protestante. Ogni cattolico è tenuto a credere che la Confessione sia un Sacramento istituito da Gesù Cristo. Chi si pone contro questa verità non confessa tutta intera la fede cattolica.

Prima di richiamare alla memoria i brani della Sacra Scrittura dai quali emerge chiaramente la volontà di Gesù Cristo di istituire il Sacramento della Confessione, sarà bene ricordare una verità fondamentale: la Sacra Scrittura insegna che solo Dio ha il potere di rimettere i peccati.

Il vangelo di San Marco è chiarissimo. Al capitolo 2 versetto 7, leggiamo: "Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?". È una domanda che si pongono gli Scribi che Gesù aveva promesso di perdonare i peccati al paralitico che gli avevano portato.

Gesù non contesta il contenuto di questa osservazione; Gesù sa benissimo che solo Dio può rimettere i peccati ma, essendo Egli Dio – e questo dovrebbe far riflettere i Testimoni di Geova che non credono alla divinità di Cristo – si attribuisce il potere divino di perdonare i peccati e dimostra tutto il diritto che ha di attribuirsi questo potere divino guarendo istantaneamente il paralitico.

Dunque, se è vero che il potere di rimettere i peccati, stando alla Sacra Scrittura, appartiene solo a Dio, è altrettanto vero che l’esercizio di questo potere è stato affidato da Dio stesso alla sua Chiesa. E questa verità emerge in modo chiarissimo e indubitabile proprio dalla Sacra Scrittura ed è confermata dalla prassi bimillenaria della Chiesa.

A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: dove si legge che l’esercizio di questo potere è stato affidato alla Chiesa?

Rispondiamo subito. Si legge, per fare un primo esempio, nel Vangelo di san Giovanni, al capitolo 20. Ascoltiamo bene queste parole di Gesù. Il momento è solenne, Gesù, dopo essere stato crocifisso, è risorto e incontra gli Apostoli rinchiusi nel Cenacolo. Ecco che cosa dice loro: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".

E’ un brano importante e al tempo stesso estremamente chiaro: Gesù, che è Dio, che ha il potere di rimettere i peccati, dona agli apostoli, quindi alla Chiesa, l’esercizio di questo potere: il potere di rimettere i peccati.

Questo è propriamente il Sacramento della Riconciliazione o confessione, Sacramento con il quale vengono rimessi i peccati ben confessati. Sacramento istituito da Gesù Cristo, non certamente inventato dalla Chiesa.

Nel vangelo si leggono altre conferme di quanto stiamo dicendo. Nel vangelo di san Matteo 18,18 sono riportate parole importanti, pronunciate da Gesù e dirette ai suoi Apostoli: "In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo".

Ora, lasciamo agli esegeti, agli studiosi della Bibbia il compito di spiegarci bene che cosa significa, nel linguaggio rabbinico, "legare" e "sciogliere". A noi basta ricordare che si tratta di un vero e proprio potere giudiziario, un potere di assolvere o di condannare. Attenti bene: potere che appartiene solo a Gesù, che è vero Dio, ma che viene affidato agli Apostoli, dunque alla Chiesa.

E’ assolutamente naturale che prima di assolvere o prima di condannare, chi esercita questo potere, quindi la Chiesa, deve conoscere i fatti che dovrà giudicare; deve avere la possibilità di esaminare le condizioni di chi si presenta a giudizio, cioè del peccatore, per decidere con giustizia, con equità se emettere una sentenza di assoluzione o di condanna. Ecco la necessità di confessare i peccati al sacerdote.

Siamo così di fronte ad una ulteriore conferma del Sacramento della Riconciliazione. La quale trova il suo fondamento, come si vede bene, nel Vangelo, nella Parola di Dio. E’ lì, e dalla volontà di Gesù Cristo che nasce la Confessione.

Per completare il nostro discorso non possiamo dimenticare che questo potere di legare e di sciogliere è stato conferito da Gesù, in modo esplicito e diretto, a Simon Pietro, al capo degli Apostoli. Potete leggere il momento del conferimento a Pietro del potere di legare e sciogliere nel capitolo 16 del Vangelo di Matteo.

Dunque, crediamo di aver dimostrato quanto sia fondata la verità cattolica secondo la quale il potere di rimettere i peccati è stato dato da Gesù alla Chiesa. Anche san Paolo è estremamente chiaro. Nella seconda lettera inviata ai Corinti, al capitolo 5, al versetto 18, si può leggere: "Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con Sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della Riconciliazione".

Come vedete, anche san Paolo insegna che il potere di rimettere i peccati, quindi di riconciliare il peccatore con Dio, potere che appartiene solo a Dio, è stato, tuttavia, "affidato" – questo è il termine che usa l’Apostolo delle genti – alla Chiesa.

E san Paolo ribadisce questa verità, che fa da fondamento al Sacramento della Riconciliazione nel versetto 20 dello stesso capitolo, versetto molto noto: "Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio".

Per s. Paolo sono dunque gli ambasciatori di Cristo che riconciliano il peccatore con Dio. Chi sono gli ambasciatori di Cristo in questo caso? I vescovi e i sacerdoti.

La necessità della Confessione ha, come abbiamo visto, un fondamento biblico e noi cattolici ci atteniamo alla Sacra Scrittura quando professiamo che il Sacramento della confessione è stato istituito da Gesù.

A questo punto dobbiamo fare un passo avanti. Se le nostre non fossero conversazioni di apologetica, qui sarebbe giunto il momento di dare vita ad una serie di riflessioni certamente utili alla nostra vita spirituale, al nutrimento della nostra fede.

Per esempio, sarebbe molto utile conoscere bene come si fa una buona confessione: conoscere quali sono le condizioni per una buona e valida confessione. Sarebbe questo il momento di ricordare che è molto importante e straordinariamente utile confessarsi spesso. Quanti cattolici, purtroppo, che fanno la comunione abitualmente, si confessano poco o addirittura mai.

Recentemente, partecipando ad un incontro parrocchiale con i genitori dei bambini che fanno la prima confessione, una mamma denunciava candidamente che Lei non si confessava da ben 12 anni. D’altronde, diceva quella signora, non solo non vedeva la ragione per cui doveva dire a un prete cose che erano solo sue, ma – si chiedeva – quali peccati avesse mai commesso? La poverina, naturalmente, mancava di istruzione religiosa, e questo spiega perché diceva queste cose; ma quello che a noi interessa è purtroppo il fatto che sono in molti, tra i cattolici ad avere queste idee.

Che peccati vuoi che abbia mai commesso? Ma il primo peccato, rispondo io, il primo peccato grave è proprio il fatto che non ti confessi.

Però, dobbiamo abbandonare queste riflessioni, certamente interessanti, e tornare alle nostre conversazioni di apologetica.

Veniamo dunque a porci la solita domanda. Noi cattolici crediamo che la Confessione sia un Sacramento istituito da Gesù Cristo; altri, che pure dicono di seguire fedelmente il vangelo, come Protestanti e Testimoni di Geova, non lo credono. Noi cattolici crediamo che i ministri di Dio, vescovi e sacerdoti, abbiano ricevuto il potere di rimettere i peccati; altri, che pur si dicono cristiani, non credono questo. Chi ha ragione?

Oltre alla corretta analisi del testo biblico, ci aiuterà a rispondere una piccola indagine nel campo della storia, della storia della Chiesa. Che cosa pensavano i primi cristiani della confessione? Che cosa avevano capito i cristiani dei primi secoli, quando non esisteva né il mondo protestante né quello dei Testimoni di Geova? La Confessione per i primi cristiani era un sacramento? Era necessaria? Ci si confessava denunciando i propri peccati a vescovi e sacerdoti o bastava rivolgere un pensierino contrito a Dio?

Enunciamo subito la tesi che vogliamo sostenere e difendere dalle contestazioni: la Chiesa antica aveva in uso la Confessione: la confessione al vescovo o al sacerdote. Questo risulta chiaramente dalle tracce che la storia ci ha lasciato.

Cominciamo da un santo vescovo, da un martire per la fede, ucciso durante la persecuzione scatenata sotto l’imperatore romano Valeriano. Stiamo parlando di san Cipriano, vissuto in epoca antica, nella prima parte del III secolo: è nato infatti verso l’anno 205 ed è morto martire, decapitato, a Cartagine nell’anno 258.

È certamente uno dei personaggi di maggior rilievo nella storia del Cristianesimo antico, uomo tra i più stimati, autore di numerose opere che ci sono pervenute.

Sentiamo che cosa scrive san Cipriano a proposito della Confessione: "Confessi ciascuno il proprio delitto, mentre chi peccò è ancora nel mondo, mentre può ammettersi la sua confessione, mentre la soddisfazione e la remissione ad opera dei sacerdoti è grata presso il Signore" (De Lapsis, 29).

Dunque san Cipriano, già nel III secolo, invita alla Confessione dei peccati per ottenere "la remissione ad opera dei sacerdoti" e insegna che questa è cosa gradita a Dio. Cari cattolici, sappiate che i cristiani del III secolo erano invitati dai loro vescovi a confessare i loro peccati ai sacerdoti, proprio come facciamo noi cattolici oggi, fedeli al Vangelo e alla prassi bimillenaria della Chiesa.

Passiamo ad un altro grande testimone della Chiesa antica, sant’Ambrogio, vescovo di Milano, vissuto nel IV secolo. Sant’Ambrogio scrive: "Il peccato è veleno, il rimedio è l’accusa del proprio crimine, veleno è l’iniquità, la confessione è il rimedio della caduta" (In ps. 27,11).

Dunque, anche sant’Ambrogio insegna che per rimediare al veleno del peccato bisogna "accusarsi", quindi confessare i peccati e insegna dunque che la Confessione è la vera medicina, il vero rimedio alle cadute del peccato.

A proposito del potere di esercitare il perdono dei peccati, sant’Ambrogio, contestando l’eresia dei Novazioni che sostenevano che i peccati mortali non si potevano rimettere, scrive nella sua opera "La penitenza" (2,7): "Tale facoltà è stata data, infatti, ai soli sacerdoti". E sant’Ambrogio ricorda che questa facoltà è stata data alla Chiesa insieme allo Spirito Santo.

Prima di proseguire nella nostra modesta indagine storica, rispondiamo ad una probabile obiezione che potrebbe essere sollevata a questo punto della nostra conversazione. Abbiamo citato san Cipriano, abbiamo ricordato sant’Ambrogio e tra breve ricorderemo altri grandi nomi del Cristianesimo dei primi secoli. Certo, ecco l’obiezione: abbiamo citato tutte fonti cattoliche ed è chiaro che, essendo testimonianze storiche di cattolici, non possono dire altro che quel che dice oggi la Chiesa.

Rispondiamo subito a questa osservazione: per favore, chi può, citi almeno un nome di un Protestante o di un Testimone di Geova dei primi secoli. Ci faccia vedere un documento, una traccia, un’opera di qualche pastore protestante o di qualche anziano Testimone di Geova che con autorità, insegnava nei primi secoli cose diverse sulla confessione e su qualunque altro tema dottrinale. E noi saremo ben felici di ricordare, tra le fonti storiche, anche loro.

Di fronte a questa nostra richiesta, l’interlocutore può solo tacere: non esistevano Protestanti e Testimoni di Geova nei primi secoli del Cristianesimo per la semplice ragione che queste che si credono chiese o congregaizoni edificate da Gesù Cristo sono in realtà soltanto opera di uomini. Prima di Lutero, non esisteva il mondo protestante e Lutero, si sa, è vissuto nel XVI secolo. Prima di Charles Taze Russel non esisteva il mondo dei Testimoni di Geova e Charles Taze Russel è vissutom, si sa, nel secolo scorso.

Quindi non se ne abbia a male nessuno se citiamo tra i cristiani dei primi secoli i cattolici: la Chiesa cattolica esiste da 2000 anni, è stata fondata da Gesù Cristo e non è colpa sua se altre confessioni sono nate secoli e secoli dopo Gesù Cristo.

Torniamo, dopo aver risposto a questa eventuale obiezione, alla storia dei primi secoli del Cristianesimo e ricordiamo il grande San Girolamo, Padre della Chiesa, vissuto nel IV secolo.

San Girolamo afferma che è compito dei sacerdoti legare e sciogliere non già ad arbitrio, ma solo "dopo udite le varie specie di peccati" (In Matth., 3,16,19).

Come vedete, ci sono Padri della Chiesa che, fin dai tempi antichi, fin dai primi secoli, sostengono la necessità della Confessione, sostengono che i sacerdoti possono "legare e sciogliere" non a loro arbitrio, ma dopo avere udito dai penitenti l’accusa dei peccati.

Ma questo corrisponde proprio a ciò che facciamo noi cattolici oggi, in sintonia con il Vangelo e con la prassi bimillenaria della Chiesa.

I Padri e i grandi santi della Chiesa ci hanno lasciato anche interpretazioni molto ricche e suggestive di brani del Vangelo per sostenere la necessità della Confessione.

Sant’Ambrogio e sant’Agostino ci ricordano l’episodio della risurrezione di Lazzaro. Come a Lazzaro Gesù disse: "Vieni fuori" (Gv 11,43) e quindi fu sciolto dalle fasce che lo tenevano legato, così e necessario che il peccatore metta fuori, cioè, manifesti i suoi peccati mediante la confessione, perché il peccatore, come Lazzaro, possa venire sciolto dai ministri della Chiesa .

Proseguiamo. La storia della Chiesa dei primi secoli ci tramena documenti e prove che testimoniano come la Confessione doveva essere fatta al sacerdote o al vescovo.

Sant’Ambrogio e san Giovanni Crisostomo, nel IV secolo, insegnano che la Confessione deve essere fatta in chiesa, deve essere confessione orale dei peccati, deve riguardare i singoli peccati, quindi non deve essere una confessione generica e superficiale, e insegnano che il peccatore deve vincere la paura di arrossire, la vergogna che si può provare quando umilmente svela al Ministro di Dio i propri peccati.

Riflettiamo un momento: tutti questi suggerimenti, tutte queste ammonizioni non si spiegherebbero si capirebbero se la Confessione doveva essere fatta solo a Dio, in un colloquio personale con Dio, senza accusare i peccati davanti al sacerdote. Noi cattolici, ancora oggi, seguendo la prassi bimillenaria della Chiesa, confessiamo i nostri peccati a Dio attraverso i sacerdoti.

Credo che con queste ultime riflessioni possiamo considerare giunta al termine la nostra conversazione. Che cosa ci resta di quel che abbiamo detto?

Suggerisco due considerazioni, tra le tante possibili: anzitutto, un preghiera di ringraziamento a Dio per averci donato, attraverso il Sacramento della Riconciliazione o Confessione la possibilità di ottenere con assoluta certezza il perdono di Dio per i peccati che abbiamo commesso. Poi, ci resta la consapevolezza che quando andiamo ad inginocchiarci dinanzi al sacerdote per accusarci dei peccati e chiederne la remissione, noi ci comportiamo come vuole il Signore, il Vangelo scrive e i cristiani hanno sempre fatto.

Giampaolo Barra.

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