L’Apocalisse: suo significato generale,
la Questione millenarista, la Parusia e la Risurrezione finale.
Parte Quarta
La questione millenarista
Entriamo qui in una delle questioni più delicate per studiosi di tutte le maggiori discipline teologiche: esso è infatti un problema esegetico, riferito al capitolo di Apocalisse che ne parla, teologico, riferendosi ai molti padri dei primi secoli che professavano la fede nel millennio (Giustino, Papia, Ireneo, probabilmente lo stesso Giovanni), la storia della Chiesa, con le dispute tra i Padri, i movimenti millenaristi eretici, le correnti millenariste di tutta la storia, con il loro continuo riproporre una salvezza infrastorica prima del compimento ultimo,e a volte, anche al posto di questo compimento.
In breve la questione è questa: il Capitolo 20 dell’Apocalisse parla di una prima risurrezione di quei giusti che hanno sofferto (si intuisce che siano stati martirizzati) a causa della testimonianza di Gesù, i quali, prima del compimento finale e della risurrezione generale, avrebbero regnato sulla terra con Cristo, per mille anni; è quasi una ricompensa per la loro testimonianza indefessa del nome di Gesù, una ricompensa sia terrena, col potere sulle nazioni, sia spirituale, in quanto per loro non c’è più alcun pericolo, non sono soggetti al rischio della seconda morte.
Sappiamo dai documenti storici che la fede nel Millennio era diffusa in Asia minore, la zona della cristianità più influenzata dalla tradizione giovannea. Conosciamo con sicurezza che Papia, Gistino e Ireneo ci credevano.
Ma quale peso aveva tale credenza nella Chiesa? Da quanto affermato da Giustino non molto, dato che lui ci da una calma testimonianza, fuori da ogni polemica, che c’erano cristiani sinceri e da lui molto apprezzati che non credevano nel millennio. In pratica essa era una ‘verità minore’ su cui non veniva giudicata l’ortodossia o eterodossia dei cristiani.
La polemica sorse dopo, laddove gruppi eversivi posero tale fede escatologica nel millennio al centro, dando prevalenza ai profeti a discapito del presbiteri e degli episcopi. Nel momento in cui il rischio venne fortemente percepito si cercò di porre riparo allegorizzando il significato di Ap 20. Su questa strada si mosse tra gli altri Agostino, così si mossero alcuni concili che condannarono le forme più esasperate di millenarismo, che ponevano al centro i frutti materiali e le gioie tutte terrene che i santi avrebbero avuto modo di provare in questo regno.
Riportiamo ora la posizione dei teologi ed esegeti che hanno curato le note della Bibbia di Gerusalemme; in riferimento alla frase Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni essa afferma: «questa risurrezione dei martiri è simbolica: è il rinnovamento della chiesa dopo la fine della persecuzione romana, rinnovamento con la stessa durata della prigionia del drago. I martiri che attendono sotto l’altare sono fin da ora felici con il Cristo. Il regno di mille anni è dunque la fase terrestre del regno di Dio, dalla caduta di Roma alla venuta del Cristo. - Per sant’Agostino e molti altri, i mille anni partono dalla resurrezione del Cristo; la prima risurrezione designerebbe allora il battesimo. - Fin dalla chiesa antica, una corrente della tradizione ha interpretato questo versetto alla lettera: dopo una prima resurrezione reale, quella dei martiri, il Cristo tornerebbe sulla terra per un regno felice di mille anni in compagnia dei suoi fedeli. Questo millenarismo letterale non ha mai avuto il favore della chiesa.» (1). In quest’ultimo inciso si fa riferimento ai sinodi e concili che hanno condannato il movimento, anche se la ricostruzione critica delle opere di Giustino e Ireneo ci fanno capire che Padri della Chiesa di una particolare importanza hanno creduto, senza che ciò facesse scandalo al resto della comunità, nell’interpretazione letterale del millennio.
La spiegazione allegorica, comunque, non risolve tutti i problemi; infatti essa non è meno ideologica di quella letterale. Se, come affermato da Agostino, il Millennio è l’allegoria del Tempo della Chiesa, come mai essa continua ad essere tentata e soggetta agli attacchi di Satana, che invece risulta nella profezia di Giovanni incatenato, e cioè senza la possibilità di intervenire nelle faccende umane?
Come comportarsi allora di fronte alla visione giovannea del Regno millenario dei testimoni di Cristo? Un punto di vista per molti versi conclusivo ci è proposto da Stock nell’opera già citata. Lo riportiamo di seguito:
«L’interpretazione di questa visione è stata fin dagli inizi difficile e discussa. Sembra che essa annunci, per il futuro sulla terra, un regno con Cristo dei testimoni ridestati dalla morte. Questo regno precede il compimento escatologico vero e proprio. […] Il vero compimento segue come qualcosa di completamente nuovo e senza punti di contatto accertabili. Solo questi tre versetti (Ap 20, 4-6; cf Ap 5, 10) in tutto il Nuovo Testamento parlano di questo primo stadio. In tutti gli altri testi, è la venuta di Cristo a portare universalmente il pieno e definitivo compimento. […]
Nonostante tutte le oscurità e le difficoltà dell’interpretazione, si possono stabilire alcuni chiari enunciati: 1) Questo regno non è un’entità fantastica. Ogni descrizione che se ne voglia fare - di solito con l’aiuto di testi veterotestamentari o per pura fantasia - o la rappresentazione di esso come una sorta di paese di Bengodi, non trovano alcun fondamento nel breve e asciutto testo di 20, 4-6.
2) Questo regno non può essere instaurato da uomini. I morti vengono ridestati, non risuscitano da soli; […] I movimenti che vogliono instaurare il regno di Cristo nella lotta e con la violenza […] non possono richiamarsi a questa visione. 3) Sul regno non si possono fare calcoli, non si trova il minimo appiglio nel testo per farli. […] 4) Il Regno conferma il diretto messaggio dell’Apocalisse, che assicura la vittoria e il Regno a Cristo e ai suoi fedeli - sia che si pensi a un particolare periodo del regno terreno di Cristo, sia che si voglia dare speciale rilievo al già presente regno di Cristo e allo spodestamento di Satana» (2).
Se vogliamo mantenere fermo il principio ermeneutico del Sola Scriptura, questo è tutto quanto possiamo affermare sul Millennio di cui parla Apocalisse.
Ai giorni nostri il Millennio è ritornato in auge soprattutto nella versione professata e annunciata dal movimento dei Testimoni di Geova.
Quanto da essi professato, seppur pretende di avere base biblica e nella fede dei primi Cristiani (Papia e Ireneo sono spesso citati), differisce essenzialmente dalla fede protocristiana.
Nessun Padre identificò mai i soggetti della prima risurrezione con i 144 000, nessuno parlò mai di due classi differenti di salvati, alcuni destinati a vivere con Cristo in cielo e altri a risorgere per una vita eterna su questa terra. Per tutti il destino dei fedeli è unico: la partecipazione piena della vita divina ricevuta già in pegno nel battesimo.
Inoltre la descrizione di questo regno come ricostruzione del giardino perduto di Eden, aver legato il millennio alle immagini paradisiache veterotestamentarie non hanno appiglio, come giustamente detto da Stock, nell’asciuttissimo passo di Ap 20.
Vogliamo, per concludere, sfogliare nuovamente gli ultimi due capitoli di Apocalisse, rigettare uno sguardo verso il vero compimento, quello successivo al millennio e alla seconda risurrezione, ai cieli nuovi e terra nuova. Così, ripropongo due passi che spero lascino soddisfatto e pieno di speranza il lettore di queste righe.
«Il traguardo della storia … sarà magnifico superamento di tutte le fratture e le disavventure della storia umana. Sarà pace ricchissima, che raccoglie tutto il bene perseguito nella vita, e sconfitta definitiva del male, catastrofe che trascina con sé ogni pretesa orgogliosa che ha segnato di lutti e di lacrime la vicenda umana. Si tratta dei cieli nuovi e della terra nuova annunciati dai profeti, come frutto ultimo dell’azione di Dio per l’uomo» (3).
«Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però, dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e nella corruzione rivestirà l’incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.» (4).
Ireneo
1. Bibbia di Gerusalemme, nota in calce a Ap 20, 4.
2. Klemens Stock sj, L’ultima parola è di Dio. L’Apocalisse come Buona Novella, AdP, Roma 1995, p 166-167.
3. Cei, Venite e Vedrete. Il catechismo dei Giovani/2, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1997, p 406.
4. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 39.