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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Colonna e sostegno della Verità - La Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2009 17:40
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07/10/2009 17:14
 
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Da: Soprannome MSN°AngeloInviato: 21/04/2005 19.08
Cari tutti, ho sfogliato attentamente i dialoghi fatti in questo forum e vorrei riproporlo perchè io credo che oggi, attanagliati da fin troppi "maestri" i quali non hanno ricevuto alcun mandato (cfr.At.15,24), questi pretendono però di insegnare che cosa è la Chiesa.
Vorrei ripartire da alcune considerazioni molto interessanti del post. n. 39 e amplificarle.
Interessante questa riflessione:
Io mi chiedo da dove venga tanta certezza. Dalla Parola di Dio? Senz'altro no, perchè in essa si parla di cosa è Chiesa e non su come essa debba essere.
Interessante questo: Senz'altro no, perchè in essa si parla di cosa è Chiesa e non su come essa debba essere
E' molto sottile la differenza, ma racchiude una enorme importanza.
L'errore che vediamo con molti cristiani evangelici e, per fare un altro esempio analogo, l'errore di molti sacerdoti disobbedienti alla Chiesa, parte da un unico errore in realtà che è quello della non comprensione di che cosa è  Chiesa. Avete notato un particolare? L'articolo "LA" che dovrebbe precedere "Chiesa" non c'è, non lo leggo come un errore e non so cosa intendesse Ireneo che così ha digitato, ma lo trovo provvidenziale perchè effettivamente la Bibbia ci rivela che cosa E' CHIESA e non prettamente che cosa è LA Chiesa in termini di uso dei locali o affini, questo lo sappiamo nel momento in cui la vediamo, ci mettiamo un piede dentro e facciamo parte dell'assemblea (LA Chiesa) e così secolo dopo secolo, generazione dopo generazione, diverso è invece meditare su che cosa è Chiesa che in fin dei conti viene insegnata da Paolo nella Lettera agli Efesini cap.5 vv.31-33 dove al v.32 dice: " Questo mistero è grande: io lo dico riferendomi al Cristo e alla Chiesa."
Il mistero di cui Paolo parla è l'unione matrimoniale, sponsale dunque, fra l'uomo e la donna, da questa unione Paolo ne trae per noi una maggior catechesi per dirci che cosa è Chiesa: è la Sposa di Cristo.
La Chiesa non è allora solo una riunione o l'assemblea dei fedeli, la Chiesa è molto di più: "L'uomo non separi ciò che Dio ha unito" (Matteo 19) ed ora Paolo, ricordandoci  l'importanza di questa unione indivisibile, non la ferma agli sposi, ma la rivela a noi dentro un grande mistero: quello di Cristo e la sua Chiesa!
E' fuori discussione che in questo contesto vediamo così che Gesù ci ha lasciato la Sua Sposa dalla quale parte quella visibilità che è formata dall'assemblea che si riunisce per incontrare lo Sposo. I divorzi sono all'ordine del giorno, impossibile pensare che Gesù questo non l'avesse previsto e che non avesse previsto la siatuazione attuale della Chiesa, sua Sposa e delle realtà cristiane DIVORZIATE E DIVORZIANTI. Gesù l'aveva previsto altrimenti Paolo non avrebbe fatto questo accostamento al matrimonio che è indivisibile, con Cristo e la Chiesa identificato come un grande mistero! La Parola di Dio è immutabile, pertanto tale mistero non è ancora stato svelato, non a caso Paolo nella 1Corinzi cap. 4 dal vv 1-5 ne parla ancora una volta dicendo: " Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" , ancora una volta si parla di "misteri", interessante è il vv 5 rivolto dunque a chi non comprende: " Non vogliate perciò giudicare di nulla prima del tempo, fino a quando venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni del cuore: e allora ognuno avrà la sua lode da Dio".
Di nuovo si parla di segreti, segreti "delle tenebre" a causa dei quali occorre vivere dunque i misteri di Dio, senza allora voler giudicare prima del tempo, cioè prima della rivelazione, da qui parte infatti il Magistero che a Cristo si aderisce principalmente per fede e per fede si crede alla Chiesa.
Questo "matrimonio" fra Cristo e la Chiesa forse che qualcuno l'ha veduto? Con quali occhi "vedere" allora questa "Sposa" dentro la quale Cristo non solo è lo Sposo ma è anche il Sommo Pontefice, il Sommo Sacerdote, il Dispensatore di ogni Sacramento, dove è TUTTO?
La Fede!
Noi vediamo indubbiamente l'assemblea dei fedeli, ogni secolo ha veduto l'assemblea vivere la Chiesa in tal senso è l'assemblea che si è spesso rivelata INFEDELE, ossia, l'uomo che è in sè fallibile e che può commettere errori.
Ma allora come parlare di "Colonna e sostegno della Verità" come suggerisce il titolo se l'assemblea, l'uomo è in sè fallibile e debole nell'errare?
Ce loricorda Paolo: Efesini cap.5 vv.31-33 dove al v.32 dice: " Questo mistero è grande: io lo dico riferendomi al Cristo e alla Chiesa." che si riallaccia al monito di Gesù:"L'uomo non separi ciò che Dio ha unito" (Matteo 19) e che ci riconduce a considerare le parole di Paolo nella 1Corinzi cap. 4 dal vv 1-5 ne parla ancora una volta dicendo: " Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio".
Grazia, Mistero o altro che ritenete, sta di fatto che questi aspetti ci aiutano ad avere fede in questa infallibilità della Chiesa quale Colonna e sostegno della Verità. Ma questo non è merito nè di Paolo, nè di Pietro nè di altri, è merito dello Sposo che la abita, è merito della fedeltà di Cristo che non vuole che l'uomo separi ciò che Dio ha unito, è merito della sua Passione, morte e risurrezione, è merito del "Suo Corpo dato in Cibo e del Suo Sangue dato per bevanda" che si attua dentro il mistero della Chiesa stessa; è merito della sua promessa alla quale crediamo ciecamente ed alla quale aderiamo: " a te darò le chiavi del regno dei cieli...e le porte degli inferi non prevarranno"
E' merito della Preghiera di Gesù:
" Simone , Satana ha ottenuto il permesso di passarvi al vaglio, ma io ho pregato per te, perchè non venga meno la tua fede e tu una volta ravveduto, conferma gli altri nella fede!" (Lc.22, 31)
Simone non era eterno, prima o poi sarebbe dovuto morire, da allora abbiamo avuto un secondo Pietro, un terzo Pietro, e così via, un solo Pietro sul quale è piazzata questa Chiesa la cui infallibilità non dipende da Pietro in quanto uomo, ma per mezzo di Cristo che ne è lo Sposo Fedele nonostante qualche "Pietro" abbia divorziato, abbia tradito..." Questo mistero è grande: io lo dico riferendomi al Cristo e alla Chiesa."
Non c'è Chiesa senza Cristo e non esiste un Gesù che si possa seguire rinunciando o rifiutando o rinnegando la sua Chiesa dentro la quale hanno operato gli Apostoli i quali, prima di morire, hanno confermato altri successori dopo di loro, e così in ogni tempo e ancora oggi, possiamo veramente riconoscere la fedeltà del Signore nostro Gesù Cristo.
Infine, in essa si parla di cosa è Chiesa e non su come essa debba essere.:
infatti parlando di cosa è Chiesa e che è la Sposa di Cristo, non resta che decifrare un ultimo aspetto che tocca ad ognuno di noi: innamorarsi della Chiesa!
Se non ci si innamora non si comprende quanto si può patire per Essa, a quanto possiamo rinunciare (virtù del celibato) per servire, a quanto amare il Cristo che si rivela a noi per mezzo dei Sacramenti che dentro la Chiesa vengono distribuiti in tutto il mondo, a tutti gli uomini di ogni razza, cultura e nazione. Solo dentro la Chiesa Cattolica ogni frontiera è stata veramente abbattuta, solo da Lei abbiamo ricevuto quelle che consideriamo le nostre "radici cristiane", solo da Lei abbiamo ricevuto la Parola che salva, il Sacramento che consola, la Fede che ha generato nei secoli la speranza del ritorno del Figlio di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.

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Consiglia Elimina    Messaggio 48 di 57 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°AngeloInviato: 22/04/2005 9.38
 
Perchè Gesù ha dato queste chiavi? Che cosa è questo potere di legare e sciogliere? Ma la pietra non è il Cristo? 
Cari tutti, le "chiavi" hanno due letture una simbolica, l'altra è l'aspetto reale del servizio apostolico.
Nella simbologia Gesù usa riferirsi sempre ad aspetti conosciuti nel suo tempo, la "chiave" simboleggia il concetto di "potere" che viene, attenzione, DATO IN CONSEGNA a qualcuno che dovrà preservare su questa strada.
Queste chiavi vengono consegnate da Gesù prima a Pietro da solo, poi anche agli altri discepoli ed è il segno che la Tradizione attribuisce a tutto il Collegio dei vescovi, ossia, tutti i vescovi dalle loro Diocesi possono usufruire di questo legare e sciogliere legato alle chiavi,ma in comunione con Pietro al quale sono affidate in modo del tutto singolare. Gesù dice "vi ho dato ogni potere" questo trasferimento dei poteri si riferisce al rigore della difesa delle dottrine, legare e sciogliere le discussioni dottrinali confermando tutti nella medesima fede (cfr Lc.22:32) per mezzo dell'uso di questa chiave. Il termine "potere" non mette a proprio agio nessun interlocutore, ma riflettendoci bene il termine è stato dissociato dal suo significato veramente biblico che è invece IL SERVIZIO.
Quando Gesù dice che le porte degli inferi non prevarranno, lo dice anche in virtù della debolezza degli uomini e della debolezza dello stesso Pietro in ogni secolo del suo proprio tempo. E' qui che si manifesta la potenza del Cristo il quale, nonostante le infedeltà di alcuni "Pietro" i rinnegamenti e quant'altro, non toglie il "potere delle chiavi" ma protegge la sua Chiesa facendola avanzare nel tempo suscitando anche dei Pietro santi come abbiamo avuto. Se calcoliamo che su 260 Pietro che la Chiesa ha avuto, solo 25 non sono stati dei buoni esempi, resta che la maggioranza di essi ha portato fino ai nostri giorni la Chiesa.
Grazia, Mistero o altro che ritenete, sta di fatto che questi aspetti ci aiutano ad avere fede in questa infallibilità della Chiesa quale Colonna e sostegno della Verità. Ma questo non è merito nè di Paolo, nè di Pietro nè di altri, è merito dello Sposo che la abita, è merito della fedeltà di Cristo che non vuole che l'uomo separi ciò che Dio ha unito, è merito della sua Passione, morte e risurrezione, è merito del "Suo Corpo dato in Cibo e del Suo Sangue dato per bevanda" che si attua dentro il mistero della Chiesa stessa; è merito della sua promessa alla quale crediamo ciecamente ed alla quale aderiamo: " a te darò le chiavi del regno dei cieli...e le porte degli inferi non prevarranno"
E' merito della Preghiera di Gesù:
" Simone , Satana ha ottenuto il permesso di passarvi al vaglio, ma io ho pregato per te, perchè non venga meno la tua fede e tu una volta ravveduto, conferma gli altri nella fede!" (Lc.22, 31)
Simone non era eterno, prima o poi sarebbe dovuto morire, da allora abbiamo avuto un secondo Pietro, un terzo Pietro, e così via, un solo Pietro sul quale è piazzata questa Chiesa la cui infallibilità non dipende da Pietro in quanto uomo, ma per mezzo di Cristo che ne è lo Sposo Fedele nonostante qualche "Pietro" abbia divorziato, abbia tradito...Efesini cap.5 vv.31-33 dove al v.32 " Questo mistero è grande: io lo dico riferendomi al Cristo e alla Chiesa."
<< L’ intima unione di tutto il corpo è  fonte di una sola salute, di una sola bellezza; e se questa intima unione di tutto il corpo richiede da tutti l'unanimità, esige soprattutto la concordia tra i Vescovi. Se fra di essi, poi, la dignità è comune, non è tuttavia identica l'autorità: del resto fra gli stessi beatissimi apostoli, pur in simile onore, vi fu una certa distinzione di potestà: pur essendo pari 1'elezione di loro tutti, a uno solo fu dato di avere sugli altri il primato. Su questo modello sorse anche la distinzione tra i Vescovi, ed è stato provvisto, con un importante precetto, che tutti non rivendicassero a sé tutti i diritti, ma che nelle singole province, le Diocesi, vi fosse quello che tra i fratelli avesse la prima parola, e inoltre, che alcuni Vescovi costituiti nelle città più grandi fossero rivestiti di una cura più ampia, e, infine, che per il loro tramite confluisse la cura della Chiesa universale nella sola sede di Pietro, dal cui capo nessuno può dissentire.
Chi dunque sa di essere preposto ad altri, non sopporti a malincuore che qualcuno gli sia superiore. Siamo infatti discepoli di un maestro umile e mite, che ci dice: Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete pace per le vostre anime. Il mio giogo infatti è soave, e il mio peso leggero (Mt 11, 29 s.). E come esperimenteremo ciò, se non attueremo quello che dice lo stesso Signore: Chi fra voi è il maggiore, sarà vostro servo (Mt 23, 11 s.)?>>
(Leone Magno, Lettere 14, 1-2.11)

S.Girolamo in una lettera a Teofilo, Vescovo d'Alessandria, cosi formula la regola secondo la quale aveva ordinato la sua vita e le sue sante fatiche:

"Sappi dunque che nulla ci sta più a cuore che salvaguardare i diritti del Cristianesimo, non cambiar nulla al linguaggio dei Padri e non perdere mai di vista questa Romana fede, di cui l'Apostolo fece l'elogio" (Ep. LXIII, 2).

E a te darò le chiavi del Regno dei Cieli; e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli.
Per cui se la "pietra di fondamento" era Gesù, non c'era bisogno di dare "le chiavi del regno dei cieli " a Pietro, perchè praticamente Gesù si sarebbe dato le chiavi a sè stesso e non avrebbe avuto senso.
La "pietra angolare" è solo Gesù e non Pietro, Pietro è il primo FONDAMENTO della Chiesa dalla quale partono le "colonne di sostegno",è la roccia la pietra che poggia sulla "pietra angolare" che è Cristo Signore:
 
Ora che sappiamo e abbiamo la prima ‘pietra di fondamento’ (‘Simone’ il cui nome viene da Gesù cambiato in Pietro) possiamo iniziare a costruire la Chiesa di Cristo.
Mettiamo così  la prima "pietra di fondamento" (Simone detto Pietro o meglio detto Cefa). Però, prima di alzare le mura della Chiesa, dobbiamo completare il fondamento e rinsaldarlo per bene. Siccome manca il resto delle "pietre di fondamento" con la "pietra angolare" che deve tenere ben saldo, altrimenti si sfalda tutto. Dove li troviamo? Li troviamo in Efesini 2:20:
 
<<...edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. ‘>>

Ecco che il "fondamento" è già fatto, e come avrete accertato, Gesù non è la ‘pietra di fondamento’ ma la ‘pietra angolare’ e questo conferma ancora che ‘questa pietra’ non è riferito a Gesù, ma a Pietro (che naturalmente non è la "pietra angolare") al quale vengono consegnate queste chiave con il potere di legare e di sciogliere affinchè si attui la costruzione della Chiesa in mezzo a tutte le Nazioni.
Pietro NON è il successore di Gesù ma da Gesù parte Pietro che si innalza quale colonna di sostegno della Verità e via via, dopo di lui i suoi successori.
Ma non ci sono stati nella Chiesa Papi che hanno usato male queste chiavi?
Certo, ogni successore di Pietro non nasce santo, deve diventarlo, tuttavia ogni risposta che si potrà dare non riguarda l'infallibilità della difesa dottrinale (le chiavi e il legare  e sciogliere), ma riguarda quell'infedeltà alla quale tutti siamo sottoposti (cfr. Lc.22,31), ma a causa della quale "le porte degli inferi non prevarranno". Come è dimostrabile su oltre 260 Successori di Pietro solo 25 non hanno usato queste "chiavi" in termini di santità, tuttavia questo non ha mai precluso la fedeltà del Cristo nella sua Chiesa.
Sia lodato Gesù Cristo.


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Consiglia Elimina    Messaggio 49 di 57 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 02/07/2005 16.19

Discorso del Papa ai nuovi Arcivescovi metropoliti
E al Decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano

CITTA’ DEL VATICANO, (
ZENIT.org).-

Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel presiedere, in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, la celebrazione eucaristica, durante la quale ha benedetto e imposto i pallii al Decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano e a 32 Arcivescovi Metropoliti, provenienti da diverse parti del mondo.

Un altro Arcivescovo riceverà il Pallio nella sua sede metropolitana.

* * *


La festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo è insieme una grata memoria dei grandi testimoni di Gesù Cristo e una solenne confessione in favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. È anzitutto una festa della cattolicità. Il segno della Pentecoste – la nuova comunità che parla in tutte le lingue e unisce tutti i popoli in un unico popolo, in una famiglia di Dio – è diventato realtà. La nostra assemblea liturgica, nella quale sono riuniti Vescovi provenienti da tutte le parti del mondo, persone di molteplici culture e nazioni, è un’immagine della famiglia della Chiesa distribuita su tutta la terra. Stranieri sono diventati amici; al di là di tutti i confini, ci riconosciamo fratelli. Con ciò è portata a compimento la missione di san Paolo, che sapeva di "essere liturgo di Gesù Cristo tra i pagani… oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo" (Rm 15,16).

Lo scopo della missione è un’umanità divenuta essa stessa una glorificazione vivente di Dio, il culto vero che Dio s'aspetta: è questo il senso più profondo di cattolicità – una cattolicità che già ci è stata donata e verso la quale tuttavia dobbiamo sempre di nuovo incamminarci. Cattolicità non esprime solo una dimensione orizzontale, il raduno di molte persone nell’unità; esprime anche una dimensione verticale: solo rivolgendo lo sguardo a Dio, solo aprendoci a Lui noi possiamo diventare veramente una cosa sola. Come Paolo, così anche Pietro venne a Roma, nella città che era il luogo di convergenza di tutti i popoli e che proprio per questo poteva diventare prima di ogni altra espressione dell’universalità del Vangelo.

Intraprendendo il viaggio da Gerusalemme a Roma, egli sicuramente si sapeva guidato dalle voci dei profeti, dalla fede e dalla preghiera d’Israele. Fa parte infatti anche dell’annuncio dell’Antica Alleanza la missione verso tutto il mondo: il popolo di Israele era destinato ad essere luce per le genti. Il grande salmo della Passione, il salmo 21, il cui primo versetto "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Gesù ha pronunciato sulla croce, terminava con la visione: "Torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a Lui tutte le famiglie dei popoli" (Sal 21,28). Quando Pietro e Paolo vennero a Roma il Signore, che aveva iniziato quel salmo sulla croce, era risuscitato; questa vittoria di Dio doveva ora essere annunciata a tutti i popoli, compiendo così la promessa con la quale il salmo si concludeva.

Cattolicità significa universalità – molteplicità che diventa unità; unità che rimane tuttavia molteplicità. Dalla parola di Paolo sulla universalità della Chiesa abbiamo già visto che fa parte di questa unità la capacità dei popoli di superare se stessi, per guardare verso l’unico Dio. Il vero fondatore della teologia cattolica, sant'Ireneo di Lione, ha espresso questo legame tra cattolicità e unità in modo molto bello: "Questa dottrina e questa fede la Chiesa disseminata in tutto il mondo custodisce diligentemente formando quasi un'unica famiglia: la stessa fede con una sola anima e un solo cuore, la stessa predicazione, insegnamento, tradizione come avesse una sola bocca. Diverse sono le lingue secondo le regioni, ma unica e medesima è la forza della tradizione. Le Chiese di Germania non hanno una fede o tradizione diversa, come neppure quelle di Spagna, di Gallia, di Egitto, di Libia, dell'Oriente, del centro della terra; come il sole creatura di Dio è uno solo e identico in tutto il mondo, così la luce della vera predicazione splende dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla cognizione della verità" (Adv. haer. I 10,2).

L'unità degli uomini nella loro molteplicità è diventata possibile perché Dio, questo unico Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi; perché la verità essenziale sulla nostra vita, sul nostro "di dove?" e "verso dove?", è diventata visibile quando Egli si è mostrato a noi e in Gesù Cristo ci ha fatto vedere il suo volto, se stesso. Questa verità sull’essenza del nostro essere, sul nostro vivere e sul nostro morire, verità che da Dio si è resa visibile, ci unisce e ci fa diventare fratelli. Cattolicità e unità vanno insieme. E l’unità ha un contenuto: la fede che gli Apostoli ci hanno trasmesso da parte di Cristo.

Sono contento che ieri – nella festa di sant'Ireneo e nella vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo – ho potuto consegnare alla Chiesa una nuova guida per la trasmissione della fede, che ci aiuta a meglio conoscere e poi anche a meglio vivere la fede che ci unisce: il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quello che nel grande Catechismo, mediante le testimonianze dei santi di tutti i secoli e con le riflessioni maturate nella teologia, è presentato in maniera dettagliata, è qui ricapitolato nei suoi contenuti essenziali, che sono poi da tradurre nel linguaggio quotidiano e da concretizzare sempre di nuovo.

Il libro è strutturato come colloquio in domande e risposte; quattordici immagini associate ai vari campi della fede invitano alla contemplazione e alla meditazione. Riassumono per così dire in modo visibile ciò che la parola sviluppa nel dettaglio. All’inizio c’è un’icona di Cristo del VI secolo, che si trova sul monte Athos e rappresenta Cristo nella sua dignità di Signore della terra, ma insieme come araldo del Vangelo, che porta in mano. "Io sono colui che sono" – questo misterioso nome di Dio proposto nell’Antica Alleanza – è riportato lì come suo nome proprio: tutto ciò che esiste viene da Lui; Egli è la fonte originaria di ogni essere.

E perché è unico, è anche sempre presente, è sempre vicino a noi e allo stesso tempo sempre ci precede: come "indicatore" sulla via della nostra vita, anzi essendo Egli stesso la via. Non si può leggere questo libro come si legge un romanzo. Bisogna meditarlo con calma nelle sue singole parti e permettere che il suo contenuto, mediante le immagini, penetri nell’anima. Spero che sia accolto in questo modo e possa diventare una buona guida nella trasmissione della fede.

Abbiamo detto che cattolicità della Chiesa e unità della Chiesa vanno insieme. Il fatto che entrambe le dimensioni si rendano visibili a noi nelle figure dei santi Apostoli, ci indica già la caratteristica successiva della Chiesa: essa è apostolica. Che cosa significa? Il Signore ha istituito dodici Apostoli, così come dodici erano i figli di Giacobbe, indicandoli con ciò come capostipiti del popolo di Dio che, diventato ormai universale, da allora in poi comprende tutti i popoli. San Marco ci dice che Gesù chiamò gli Apostoli perché "stessero con lui e anche per mandarli" (Mc 3,14).

Sembra quasi una contraddizione. Noi diremmo: o stanno con lui o sono mandati e si mettono in cammino. C'è una parola sugli angeli del santo Papa Gregorio Magno che ci aiuta a sciogliere la contraddizione. Egli dice che gli angeli sono sempre mandati e allo stesso tempo sempre davanti a Dio: "Ovunque sono mandati, ovunque vanno, camminano sempre nel seno di Dio" (Omelia 34,13). L'Apocalisse ha qualificato i Vescovi come "angeli" della loro Chiesa, e possiamo quindi fare questa applicazione: gli Apostoli e i loro successori dovrebbero stare sempre con il loro Signore e proprio così – ovunque vadano – essere sempre in comunione con Lui e vivere di questa comunione.

La Chiesa è apostolica, perché confessa la fede degli Apostoli e cerca di viverla. Vi è una unicità che caratterizza i Dodici chiamati dal Signore, ma esiste allo stesso tempo una continuità nella missione apostolica. San Pietro nella sua prima lettera si è qualificato come "co-presbitero" con i presbiteri ai quali scrive (5,1). E con ciò ha espresso il principio della successione apostolica: lo stesso ministero che egli aveva ricevuto dal Signore ora continua nella Chiesa grazie all'ordinazione sacerdotale.

La Parola di Dio non è soltanto scritta ma, grazie ai testimoni che il Signore nel sacramento ha inserito nel ministero apostolico, resta parola vivente. Così ora mi rivolgo a Voi, cari confratelli Vescovi. vi saluto con affetto, insieme con i vostri familiari e con i pellegrini delle rispettive Diocesi. Voi state per ricevere il pallio dalle mani del Successore di Pietro. L'abbiamo fatto benedire, come da Pietro stesso, ponendolo accanto alla sua tomba. Ora esso è espressione della nostra comune responsabilità davanti all’"arci-pastore" Gesù Cristo, del quale parla Pietro (1 Pt 5,4).

Il pallio è espressione della nostra missione apostolica. È espressione della nostra comunione, che nel ministero petrino ha la sua garanzia visibile. Con l'unità, così come con l'apostolicità, è collegato il servizio petrino, che riunisce visibilmente la Chiesa di tutte le parti e di tutti i tempi, difendendo in tal modo ciascuno di noi dallo scivolare in false autonomie, che troppo facilmente si trasformano in interne particolarizzazioni della Chiesa e possono compromettere così la sua indipendenza interna. Con questo non vogliamo dimenticare che il senso di tutte le funzioni e ministeri è in fondo che "arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo", perché cresca il corpo di Cristo "in modo da edificare se stesso nella carità" (Ef 4,13.16).

In questa prospettiva saluto di cuore e con gratitudine la delegazione della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, che è inviata dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I, al quale rivolgo un cordiale pensiero. Guidata dal Metropolita Ioannis, è venuta a questa nostra festa e partecipa alla nostra celebrazione. Anche se ancora non concordiamo nella questione dell'interpretazione e della portata del ministero petrino, stiamo però insieme nella successione apostolica, siamo profondamente uniti gli uni con gli altri per il ministero vescovile e per il sacramento del sacerdozio e confessiamo insieme la fede degli Apostoli come ci è donata nella Scrittura e come è interpretata nei grandi Concili.

In quest'ora del mondo piena di scetticismo e di dubbi, ma anche ricca di desiderio di Dio, riconosciamo nuovamente la nostra missione comune di testimoniare insieme Cristo Signore e, sulla base di quell'unità che già ci è donata, di aiutare il mondo perché creda. E supplichiamo il Signore con tutto il cuore perché ci guidi all'unità piena in modo che lo splendore della verità, che sola può creare l'unità, diventi di nuovo visibile nel mondo.

Il Vangelo di questo giorno ci parla della confessione di san Pietro da cui ha avuto inizio la Chiesa: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Avendo parlato oggi della Chiesa una, cattolica e apostolica, ma non ancora della Chiesa santa, vogliamo ricordare in questo momento un'altra confessione di Pietro pronunciata nel nome dei Dodici nell'ora del grande abbandono: "Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Gv 6,69). Che cosa significa? Gesù, nella grande preghiera sacerdotale, dice di santificarsi per i discepoli, alludendo al sacrificio della sua morte (Gv 17,19).

Con questo Gesù esprime implicitamente la sua funzione di vero Sommo Sacerdote che realizza il mistero del "Giorno della Riconciliazione", non più soltanto nei riti sostitutivi, ma nella concretezza del proprio corpo e sangue. La parola "il Santo di Dio" nell'Antico Testamento indicava Aronne come Sommo Sacerdote che aveva il compito di compiere la santificazione d'Israele (Sal 105,16; vgl. Sir 45,6).

La confessione di Pietro in favore di Cristo, che egli dichiara il Santo di Dio, sta nel contesto del discorso eucaristico, nel quale Gesù annuncia il grande Giorno della Riconciliazione mediante l'offerta di se stesso in sacrificio: "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). Così, sullo sfondo di questa confessione, sta il mistero sacerdotale di Gesù, il suo sacrificio per tutti noi.

La Chiesa non è santa da se stessa; consiste infatti di peccatori – lo sappiamo e lo vediamo tutti. Piuttosto, essa viene sempre di nuovo santificata dall’amore purificatore di Cristo. Dio non solo ha parlato: ci ha amato molto realisticamente, amato fino alla morte del proprio Figlio. E’ proprio da qui che ci si mostra tutta la grandezza della rivelazione che ha come iscritto nel cuore di Dio stesso le ferite.

Allora ciascuno di noi può dire personalmente con san Paolo: "Io vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). Preghiamo il Signore perché la verità di questa parola si imprima profondamente, con la sua gioia e la sua responsabilità, nel nostro cuore; preghiamo perché irradiandosi dalla Celebrazione eucaristica, essa diventi sempre di più la forza che plasma la nostra vita.

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