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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Colonna e sostegno della Verità - La Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2009 17:40
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07/10/2009 17:17
 
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 30/08/2005 15.47
Il problema di molti Pentecostali è quello appunto di un essersi arenati al concetto della Sola Scrittura tanto da non rendersi conto che abbandonando la Tradizione Cattolica hanno alla fine abbracciato la tradizione Protestante......il fatto stesso che si ostinano ad interpretazioni arbitrarie delle Scritture, fa capire a noi che alla fine il concetto di seguire una Tradizione parte dalle Scritture stesse, il punto è allora distinguere a quale tradizione affidarci?
Prendiamo come esempio il CREDO APOSTOLICO........ esso non è stato scritto letteralmente e scritturalmente dagli apostoli, ma è frutto di una INTERPRETAZIONE DELLE SCRITTURE che la Tradizione Cattolica non solo ha preservato, ma ha IMPOSTO COME DOGMA DI FEDE.....
Quando noi diciamo "Io CREDO/ NOI CREDIAMO" automaticamente noi crediamo ALLA TRADIZIONE innanzi tutto che ci dice che quelle Scritture SONO AUTENTICHE.......dunque il nostro credere parte da una TRADIZIONE ben radicata, tutto il resto è quanto tale Tradizione ha maturato per sconfiggere proprio ciò che chiamiamo ERESIE(=SEPARAZIONE) DA QUESTA TRADIZIONE.
Questo tema non si estende solo ai Pentecostali.......infatti vi è una geografia che ci dice chiaramente che là dove diminuiscono i cattolici di fatto aumentano il relativismo, il laicismo, il sincretismo religioso...come mai?
Là dove si è giunti a rifiutare la Chiesa (una santa Cattolica ed Apostolica) sono aumentati le sètte, le religioni del "fai da te", sono cresciute chiese che senza alcuna autorità sono diventate l'autorità.....come mai?
Fraternamente Caterina

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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 27/10/2005 12.57

Letture:

Atti 2,14a.36-41
1 Pietro 2,20b-25
Giovanni 10,1-10


1. Gesù è la porta

"In verità, in verità vi dico, chi non entra per la porta nell`ovile delle pecore, ma vi sale da qualche altra parte, è ladro e malandrino" (Gv 10,1).
Essi avevano detto di non essere ciechi: e in effetti avrebbero potuto vedere, se fossero stati pecore di Cristo. Ma come potevano pretendere di avere la luce, coloro che si scagliavano con furore contro il giorno? E` proprio alla loro vana, superba e incurabile arroganza, che il Signore oppone questo discorso, nel quale noi possiamo trovare, se staremo attenti, salutari insegnamenti. Sono molti infatti coloro che ordinariamente sono considerati uomini dabbene, uomini virtuosi, oppure donne irreprensibili e innocenti. Essi sembrano osservare tutti i comandamenti della legge, onorano i loro genitori, non commettono fornicazione, né omicidio, né furto, non rendono contro nessuno falsa testimonianza, e rispettano tutti gli altri precetti della legge e tuttavia cristiani non sono, e spesso con fierezza ci dicono, come quei farisei a Gesú: "Forse che anche noi siamo ciechi?" (Gv 9,40).

Il Signore, nel passo del Vangelo che ci è stato letto oggi, parlando del suo gregge e della porta per cui si entra nell`ovile, suggerisce un paragone, per dimostrare la inutilità delle cose che fanno costoro, in quanto essi non sanno per qual fine le compiono. Dicano pure i pagani: Noi viviamo rettamente. Se non entrano per la porta, a che giova loro gloriarsene? Vivere rettamente deve assicurare a ciascuno il dono di vivere per sempre: e a chi non è dato di vivere per sempre, a che giova vivere rettamente? Costoro non possono neppure affermare di vivere nel bene, se per cecità non conoscono il fine che deve avere una vita onesta, oppure per orgoglio lo disprezzano. E nessuno può avere speranza vera e certa di vivere in eterno, se non riconosce che Cristo è la vita, e non entra per la porta nell`ovile...

Avete capito fratelli la profondità di tale qucstione. Io dico: "Il Signore conosce i suoi" (2Tm 2,19). Li conosce nella sua prescienza, conosce i predestinati. E` di Dio che l`Apostolo dice: "Quelli che ha distinti nella sua prescienza, li ha anche predestinati a essere conformi all`immagine del Figlio suo, affnché egli sia il primogenito tra molti fratelli. Coloro poi che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,29-31). E aggiunge anche: "Lui che neppure risparmiò il suo Figlio, ma lo diede per tutti noi, come non ci accorderà ogni altra cosa insieme con lui?" (Rm 8,32).

Di chi parla dicendo: noi? Parla di quelli che Dio ha conosciuti nella sua prescienza, dei predestinati, dei giustificati, dei glorificati, e di questi ancora dice: "Chi accuserà gli eletti di Dio?" (Rm 8,33). Dunque «il Signore conosce i suoi»: essi sono pecore.

Qualche volta neppure essi sanno di esserlo, ma lo sa il pastore, in forza di questa predestinazione, in forza della prescienza di Dio, della scelta fatta tra le pecore prima della creazione del mondo, secondo quanto ancora dice l`Apostolo: "come in lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti" (Ef 1,4). Secondo questa prescienza e predestinazione di Dio, quante pecore fuori e quanti lupi dentro l`ovile! Cosí come ci sono pecore dentro e lupi fuori. Cosa vuol dire che ci sono molte pecore fuori? Vuol dire che molti, che ora sono preda della lussuria, saranno casti; molti, che ora bestemmiano Cristo, crederanno in Cristo; molti, che si ubriacano, saranno sobri; molti, che oggi rubano i beni altrui, doneranno i propri! Ma, purtuttavia, ora ascoltano la voce estranea, e la seguono.

Ugualmente, molti che oggi dentro l`ovile levano lodi al Signore, lo bestemmieranno, sono casti e saranno fornicatori, sono sobri, e poi affogheranno nel vino, stanno in piedi e cadranno!...
Ma che diremo del mercenario? Egli non è certo considerato tra i buoni: "Il buon pastore dà la sua anima per le pecore. Il mercenario, che non è il pastore, e che non è proprietario delle pecore, vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore" (Gv 10,11-12).
Il mercenario non fa qui la figura dell`uomo dabbene, ma tuttavia a qualcosa è utile: non si chiamerebbe mercenario se non ricevesse una mercede da chi lo ha assunto. Chi è dunque questo mercenario, che è insieme colpevole e utile? Che il Signore, fratelli, ci illumini, in modo che noi si intenda chi è questo mercenario, e non si divenga a nostra volta mercenari. Chi è dunque il mercenario?

Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di cui l`apostolo Paolo dice: "Cercano gli interessi loro e non quelli di Cristo" (Fil 2,21). Che vuol dire: «cercano i loro interessi»? Vuol dire che il loro amore per Cristo non è disinteressato, non cercano Dio per Dio; cercano vantaggi e comodità temporali, sono avidi di denaro, desiderano gli onori terreni. Costoro che amano queste cose e per esse servono Dio, sono dei mercenari; non si tengano in conto di figli. Di essi il Signore dice: "In verità, vi dico che essi hanno già ricevuto la loro ricompensa" (Mt 6,5)...

Ascoltate ora perché anche i mercenari sono necessari.
Molti sono coloro che nella Chiesa cercano vantaggi materiali, e tuttavia annunziano Cristo e per loro mezzo la voce di Cristo si fa sentire
. Li seguono le pecore, che sentono non la voce del mercenario, ma per mezzo di questa la voce del pastore.

Ascoltate cosa dice lo stesso Signore di costoro: "Gli scribi e i farisei sono seduti sulla cattedra di Mosè: fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno" (Mt 23,2). In altre parole, egli dice: Ascoltate la voce del pastore per mezzo del mercenario. Sedendo sulla cattedra di Mosè, insegnano la legge di Dio; quindi per loro mezzo Dio insegna. Ma se essi vogliono insegnare le loro idee e non la Legge, non ascoltateli e non imitateli. Certamente costoro cercano i loro interessi, e non quelli di Gesú Cristo; tuttavia nessun mercenario ha mai osato dire al popolo di Cristo: occupati dei tuoi interessi e non di quelli del Signore. Quanto egli fa di male, non lo annunzia dalla cattedra di Cristo; il male che fa è nocivo certamente, ma non lo è il bene che dice. Cogli l`uva, ma stai attento alle spine.

(Agostino, In Ioan. 45, 2.12; 46, 5 s.)
(Liturgia delle Ore: IV Domenica di Pasqua, Anno -A-)



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Da: LuceInviato: 25/01/2006 9.18
Sia lodato Gesù Cristo!
Ho trovato nella rete un cristiano che in un forum si prodiga come noi qui, a difendere questa Verità acquisita.
Essendomi piaciuto il suo modo di esprimersi ed essendo stato molto convincente nella spiegazione, forse tornerà utile meditare su quello che ha scritto.
Metterò il testo su due interventi:
nel primo la spiegazione della Verità, nel secondo a seguire una contestazione che ha ricevuto e la sua nobile risposta.
BRUNO BARGIACCHI 

52100 Arezzo



COS'E' LA VERITA' ?

Per rispondere a questa domanda mi si permetta di citare un avvenimento accaduto circa duemila anni fa, una conversazione avvenuta tra due uomini che non avrebbero potuto essere più diversi.

Uno era un politico cinico, ambizioso, ricco, disposto a tutto pur di fare carriera. L’altro era un insegnante che disdegnava ricchezza e prestigio e che era pronto a sacrificare la sua vita per salvare altri. Chiaramente i due non vedevano le cose nello stesso modo. Su una cosa in particolare non erano affatto d’accordo: la questione della verità.
I due uomini erano Ponzio Pilato e Gesù Cristo. Gesù era in piedi di fronte a Pilato come un criminale condannato. Perché? Gesù spiegò che la ragione di tutto ciò — anzi, la ragione stessa per cui era venuto sulla terra e aveva intrapreso il suo ministero — era solo una: la verità. “Per questo sono nato e per questo son venuto nel mondo”, disse, “per rendere testimonianza alla verità”. — Giovanni 18:37.

Pilato rispose con una domanda rimasta famosa: “Cos’è la verità?” (Giovanni 18:38) Voleva davvero una risposta? Probabilmente no. Gesù era in grado di rispondere a qualsiasi domanda sincera, ma non rispose a Pilato. E il racconto dice che dopo avergli fatto quella domanda Pilato uscì subito dalla sala delle udienze. Probabilmente il governatore romano aveva fatto la domanda con cinico scetticismo, come a dire: “Verità? Che cos’è? Non esiste!”

Lo scetticismo di Pilato è ancora attuale. Molti credono che la verità sia relativa, che ciò che è vero per uno può non essere vero per un altro, per cui entrambi potrebbero ‘avere ragione’. Questo concetto è così diffuso che esiste una parola precisa per esprimerlo: “relativismo”.

Pilato comunque non fu il primo a mettere in dubbio l’idea di una verità assoluta. Alcuni filosofi greci avevano dedicato la vita a insegnare questi dubbi! Cinque secoli prima di Pilato, Parmenide, ritenuto il padre della metafisica europea, sosteneva che la vera conoscenza era irraggiungibile. Democrito, definito da alcuni “il più grande dei filosofi antichi”, asseriva: “La verità è sepolta profondamente . . . Non sappiamo nulla di certo”. Socrate, forse il più riverito di tutti i filosofi, disse che l’unica cosa che veramente sapeva era di non sapere nulla.

Questo assalto contro l’idea che si possa conoscere la verità è proseguito fino ai nostri giorni. Per esempio, alcuni filosofi dicono che siccome la conoscenza ci giunge attraverso i sensi, i quali possono trarre in inganno, nessuna conoscenza può essere dimostrata vera mediante verifica. Cartesio, filosofo e matematico francese, decise di sottoporre al vaglio tutte le cose che era certo di conoscere. Le scartò tutte salvo una verità che giudicò indubitabile: “Cogito ergo sum”, “Penso, dunque sono”.

Il relativismo non è comunque prerogativa dei filosofi. Viene insegnato da capi religiosi, # nelle scuole e diffuso dai mezzi d’informazione. Alcuni anni fa il vescovo episcopaliano John S. Spong disse: “Dobbiamo . . . abbandonare l’idea che noi abbiamo la verità e che gli altri devono accettare il nostro punto di vista, e dobbiamo ammettere che la verità ultima è inconoscibile”. Il relativismo di Spong, come quello di moltissimi ecclesiastici moderni, è pronto ad abbandonare gli insegnamenti morali della Bibbia in favore della filosofia dell’“ognuno faccia quello che gli pare”. Per esempio, nel tentativo di aiutare gli omosessuali a sentirsi più “a loro agio” nella Chiesa Episcopale, Spong scrisse un libro in cui asseriva che l’apostolo Paolo era omosessuale!

Questa mentalità viene diffusa in un’infinità di altri modi. Per esempio, spesso i cronisti televisivi e i giornalisti sembrano più interessati a intrattenere i telespettatori che a presentare la realtà dei fatti. In alcuni programmi si è arrivati al punto di manipolare o produrre ad arte dei filmati per rendere più sensazionali le notizie. E nel mondo dello spettacolo la verità viene aggredita in maniera ancora più violenta. I valori morali e le verità etiche su cui i nostri genitori e nonni impostavano la loro vita vengono generalmente considerati sorpassati e spesso messi in ridicolo.

Alcuni, è vero, potrebbero sostenere che il relativismo è in gran parte segno di apertura mentale e che quindi ha un effetto positivo sulla società umana. Ma è proprio così?

Molte organizzazioni religiose affermano di essere depositarie della verità e invitano vivamente altri ad abbracciarla. Nell’insieme, però, presentano una sconcertante varietà di “verità”. È forse l’ennesima prova che ogni verità è relativa, che non esistono verità assolute? No.

In un suo libro il prof. Vincent R. Ruggiero si dice sorpreso che a volte anche le persone intelligenti sostengano che la verità è relativa. Egli fa questo ragionamento: “Se ognuno determina la propria verità, l’idea di uno non può essere migliore dell’idea di un altro. Sono tutte sullo stesso piano. E se tutte le idee sono uguali, a che serve fare ricerche in un dato campo? Perché scavare per trovare risposte nel campo dell’archeologia? Perché ricercare le cause della tensione in Medio Oriente? Perché cercare la cura del cancro? Perché esplorare la galassia? Queste attività hanno senso solo se alcune risposte sono migliori di altre, se la verità è qualcosa di separato e distinto dalle opinioni individuali”. — The Art of Thinking.

In effetti nessuno crede veramente che la verità non esista. Quando si tratta di realtà materiali, come nel campo della medicina, della matematica o della fisica, anche il più tenace dei relativisti crederà che certe cose sono vere. Chi di noi oserebbe salire su un aereo se non credesse che le leggi dell’aerodinamica sono verità assolute? Esistono verità verificabili; sono intorno a noi e ci fidiamo di esse anche quando è in gioco la vita.

È in campo morale, comunque, che gli errori del relativismo sono più evidenti, perché è in questo campo che tale modo di pensare ha fatto i danni maggiori. L’Encyclopedia Americana dice: “È stato seriamente messo in dubbio che la conoscenza, o verità conosciuta, possa essere raggiunta dall’uomo . . . È certo, comunque, che ogni volta che gli ideali strettamente correlati della verità e della conoscenza vengono respinti come utopistici o dannosi, la società umana va incontro al degrado”.
Forse avrete notato i segni di questo degrado. Per esempio, di rado ormai gli insegnamenti morali della Bibbia, la quale condanna chiaramente l’immoralità sessuale, sono considerati verità. Prevale l’etica del momento: “Decidi da te ciò che è giusto”. Può qualcuno asserire che questa mentalità relativistica non abbia portato al degrado della società? Di sicuro l’epidemia mondiale di malattie trasmesse per via sessuale, di famiglie divise e di gravidanze fra adolescenti parla da sé.

Abbandoniamo dunque le torbide acque del relativismo e analizziamo in breve quelle che la Bibbia descrive come pure acque di verità. (Giovanni 4:14; Rivelazione [Apocalisse] 22:17) Nella Bibbia “verità” non è affatto un concetto astratto, intangibile, come quello su cui dibattono i filosofi.
Quando Gesù disse che lo scopo di tutta la sua vita era quello di dichiarare la verità, si riferiva a qualcosa che gli ebrei fedeli avevano tenuto in alta stima per secoli. Per molto tempo, nei loro scritti sacri, gli ebrei avevano letto in merito a una “verità” concreta, non teorica. Nella Bibbia “verità” traduce il termine ebraico “´emèth”, che significa ciò che è saldo, solido e, quel che forse più conta, degno di fiducia.

Gli ebrei avevano valide ragioni per considerare la verità in questo modo. Chiamavano il loro Dio, Geova, “Dio di verità”. (Salmo 31:5) Questo perché tutto ciò che Geova diceva che avrebbe fatto, faceva. Quando faceva delle promesse, le manteneva. Quando ispirava delle profezie, si adempivano. Quando pronunciava giudizi definitivi, venivano eseguiti. Milioni di israeliti erano stati testimoni oculari di queste realtà. Gli ispirati scrittori della Bibbia le misero per iscritto come fatti storici indisputabili. A differenza di altri libri ritenuti sacri, la Bibbia non è imbevuta di miti o leggende. Affonda saldamente le radici in fatti verificabili: fatti storici, archeologici, scientifici, sociologici. Non sorprende che il salmista dicesse di Dio: “La tua legge è verità. . . . Tutti i tuoi comandamenti sono verità! . . . La sostanza della tua parola è verità”. — Salmo 119:142, 151, 160.

Gesù Cristo fece eco alle parole di questo salmo quando disse in preghiera a Dio: “La tua parola è verità”. (Giovanni 17:17) Gesù sapeva che qualunque cosa il Padre dicesse era assolutamente fondata e degna di fiducia. Similmente, Gesù era “pieno di . . . verità”. (Giovanni 1:14) I suoi seguaci impararono essendo testimoni oculari, e misero per iscritto a beneficio dei posteri, che tutto ciò che egli diceva era solido come la roccia: era la verità.
Comunque, quando disse a Pilato che era venuto sulla terra per dichiarare la verità, Gesù aveva in mente una specifica verità. Gesù fece quell’affermazione in risposta alla domanda di Pilato: “Sei tu re?” (Giovanni 18:37) Il Regno di Dio, e il ruolo regale di Gesù stesso, furono il tema, il fulcro, dell’insegnamento di Gesù sulla terra. (Luca 4:43)

La “verità” in cui tutti i veri cristiani sperano è che questo Regno santificherà il Dio, rivendicherà la Sua sovranità e restituirà all’umanità fedele la vita eterna nella felicità. Dato che il ruolo di Gesù è fondamentale per l’adempimento di tutte le promesse di Dio e dato che tutte le profezie di Dio divengono “Amen”, cioè si avverano, grazie a lui, Gesù poté ben dire: “Io sono la via e la verità e la vita”. — Giovanni 14:6; 2 Corinti 1:20; Rivelazione 3:14.

Riconoscere che questa verità è assolutamente degna di fiducia vuol dire molto per i cristiani di oggi. Vuol dire che la loro fede in Dio e nelle sue promesse si basa su fatti, su realtà.
Non sorprende che la Bibbia metta in relazione la verità con l’agire. (1 Samuele 12:24; 1 Giovanni 3:18) Per gli ebrei timorati di Dio la verità non era un argomento filosofico: era un modo di vivere. La parola ebraica per “verità” può anche significare “fedeltà”, ed era usata per descrivere una persona degna di fiducia. Gesù insegnò ai suoi seguaci a considerare la verità allo stesso modo. Denunciò energicamente l’ipocrisia dei farisei, il baratro che c’era fra la loro professione di giustizia e le loro opere ingiuste. E diede l’esempio vivendo in armonia con le verità che insegnava.

Lo stesso dovrebbero fare tutti i seguaci di Cristo. Per loro la verità della Parola di Dio, l’entusiasmante buona notizia del Regno di Dio retto da Gesù Cristo, non è semplicemente una serie di informazioni. Tale verità li spinge ad agire, li induce a vivere in armonia con essa e a parlarne ad altri. Nella congregazione cristiana del I secolo, il modo di vivere adottato dai seguaci di Cristo era a volte chiamato semplicemente ‘la verità’ o ‘la via della verità’. — 2 Giovanni 4; 3 Giovanni 4, 8; 2 Pietro 2:2.

È vero, accettare le verità della Parola di Dio costa qualcosa. Innanzi tutto, il fatto stesso di venire a conoscenza della verità può avere un effetto dirompente. L’Encyclopedia Americana osserva: “Spesso la verità è spiacevole, perché non avvalora miti o pregiudizi”. Veder smascherate le proprie credenze come non veritiere può essere una delusione, specialmente se ci sono state insegnate da capi religiosi di cui ci fidavamo. Per alcuni potrebbe essere come scoprire che i genitori in cui avevano tanta fiducia erano in realtà dei criminali. Ma non è meglio scoprire la verità religiosa che vivere nell’illusione? Non è meglio conoscere i fatti che essere abbindolati? — Confronta Giovanni 8:32; Romani 3:4.

In secondo luogo, vivere in armonia con la verità religiosa può farci perdere la stima di alcuni che prima ci erano amici. In un mondo in cui tanti “hanno cambiato la verità di Dio in menzogna”, chi si attiene fermamente alla verità della Parola di Dio passa per eccentrico e viene a volte evitato e frainteso. — Romani 1:25; 1 Pietro 4:4.

Ma la verità vale questo duplice prezzo. Conoscere la verità ci rende liberi da menzogne, inganni e superstizioni. E se viviamo in armonia con essa, ci dà la forza di sopportare le difficoltà. La verità di Dio è talmente degna di fiducia e ben fondata che può infonderci speranza e permetterci di resistere a qualunque prova. Non sorprende che l’apostolo Paolo paragonasse la verità all’ampia e solida cintura di cuoio che i soldati indossavano in battaglia. — Efesini 6:13, 14.

Un proverbio biblico dice: “Compra la verità stessa e non venderla, sapienza e disciplina e intendimento”. (Proverbi 23:23) Considerare la verità come una cosa relativa o inesistente significa rinunciare alla più entusiasmante e rimuneratrice ricerca che la vita offra. Trovarla significa trovare una speranza; conoscerla e amarla significa conoscere e amare il Creatore dell’universo e il suo unigenito Figlio; vivere in armonia con essa vuol dire vivere con uno scopo e con pace mentale.


Bruno Bargiacchi
[Modificato da (Teofilo) 07/10/2009 17:19]
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