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Cosa comporta per la fede accettare l'evoluzione?

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2009 09:36
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08/10/2009 09:34
 
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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 26/11/2003 11.05

Caro lyvan,

tu dici

Allora io faccio un'ipotesi: poichè il corpo è energia pesante e lo spirito potrebbe essere un tipo di energia estremamente sublimata, non sarebbe ipotizzabile che, quando un individuo raggiunge il massimo grado di purezza e consapevolezza la stessa energia pesante che costituisce il corpo fisico si sublimi al punto di fondersi con lo spirito in un'unico tipo di energia? Questo potrebbe tra l'altro spiegare anche l'assunzione di Maria e forse potrebbe anche farci intuire cosa

si intende per trasfigurazione, e cadrebbe il problema da te posto circa la dissociazione che ci sarebbe stata tra corpo e spirito in Elia.

si tratta di una ipotesi paradossale per cercare di trovare la compatibilità tra la tesi reincarnazionista e quella della fede nell'unica vita terrena di ciascun corpo. Il problema a mio modesto parere non può essere risolto solo forzando un singolo caso come ad esempio questo. Ma va inquadrato nel complesso dell'insegnamento della Chiesa. Questa ipotesi, cioè potrebbe essere discussa solo se le implicazioni che reca con se non comportasse una serie di conclusioni opposte alle definizioni del magistero che rispecchiano la fede della Chiesa. Quello che ora deve valere non può essere una ipotesi o tante ipotesi basate su testi non chiari, la cui esegesi stringente porta comunque a conclusioni ben diverse da quelle reincarnazioniste, ma al testo chiaro in cui si afferma:

Eb 9,27 E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio...

Questa espressione è vincolante per la nostra fede tanto più che non è diversamente interpretabile da come appare esplicitamente; infatti

Il Concilio ecumenico Vaticano II, parla - citando Eb 9,27- dell'«unico corso di questa vita terrestre»:

«Siccome poi non conosciamo il giorno ne l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinchè, finito l'unico corso della nostra vita terrena (cfr. Eb 9,27), meritiamo di entrare con Lui nel banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati (cfr. Mt 25,31-46), ne ci si comandi, come a servi cattivi e pigri (cfr. Mt 25,26), di andare al fuoco eterno (Mt 25,41), nelle tenebre esteriori dove "ci sarà il pianto e lo stridore dei denti" (Mt 22,13 e 25,30) ».

Dagli atti del Concilio ricaviamo che l'inciso fu aggiunto al testo conciliare e approvato con una precisa intenzione anti-reincarnazionista.

Se guardiamo poi le cose con un pò di attenzione, dobbiamo constatare che la reincarnazione è esclusa dal magistero costante della Chiesa cattolica, anche solenne e definitorio, in modo implicito, perché risultano condannati punti di dottrina che sono assolutamente solidali con la teoria della reincarnazione, sotto qualunque forma la si voglia concepire.

Così non si può sostenere la reincarnazione senza sostenere anche la preesistenza delle anime, che è stata esplicitamente condannata dalla Chiesa durante il Sinodo di Costantinopoli del 553 e nel Concilio di Braga del 561.

Non si può sostenere la reincarnazione senza ammettere che il giudizio non segue sempre e immediatamente la morte. Ora, la Chiesa ha definito solennemente che alla morte segue sempre immediatamente il giudizio e le anime vanno subito (mox), a seconda delle colpe e dei meriti, in purgatorio, all'inferno o in paradiso.

Chi sostiene la reincarnazione deve necessariamente professare una antropologia in cui l' anima intrattiene con il corpo un legame accidentale, mentre la Chiesa ha definito che l'anima è la forma del corpo, cioè il legame dell'anima con il corpo è essenziale.

Chi sostiene la reincarnazione deve ritenere che la resurrezione dei corpi non avviene per riassunzione del proprio corpo, ma - nella migliore delle ipotesi ( II reincarnazionismo tende almeno a una concezione della salvezza di natura radicalmente spiritualista: il cammino della perfezione attraverso i corpi ha come meta definitiva uno stato non più corporeo La presenza nel corpo e infatti una pena e una punizione) -di un altro corpo, mentre il magistero insiste a parlare di «proprio» corpo, di identità reale fra il corpo terreno e il corpo glorioso.

Secondo il magistero della Chiesa infatti la resurrezione sarà «nei loro corpi» (Simbolo «Quicumque»), «con i loro corpi» (II concilio Ecumenico di lione, Professione di fede cit, DS 859; e Solenne professione di fede di paolo VI [1968], n° 28, bn-chindion Vaticanum, voi 3, n" 564), «in questa carne, in cui ora viviamo" (Formula detta «Fides Damasi», DS 72), «la risurrezione di questa stessa carne che abbiamo, e non di un'altra» (Professione di fede prescritta ai Valdesi [ 1208], DS 797), «tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti» (concilio ecumenico Lateranensis IV [1215], Capitolo «Firrmter» contro gli Albigesi e i Catari, DS 801)

Di recente Giovanni Paolo II ha sintetizzato così questo insegnamento costante della Chiesa cattolica: «La speranza cristiana ci assicura inoltre che l "esilio dal corpo" non durerà e che la nostra felicità presso il Signore raggiungerà la sua pienezza con la risurrezione dei corpi alla fine del mondo. [...] una vera e propria risurrezione dei corpi, con la piena reintegrazione delle singole persone nella nuova vita del cielo, e non una reincarnazione intesa come ritorno alla vita sulla stessa terra, in altri corpi».**

Inoltre come mi è sembrato palese dal tuo messaggio la tesi reincarnazionista finisce con il mettere in discussione anche la possibilità dell'eterna dannazione per coloro che invece dovrebbero essere deputati solo alla purificazione di una nuova esistenza terrena.

Infatti non potrebbe essere ammissibile, come sostenevo anch'io, che Dio permetta ad un'anima di rischiare la perdizione eterna costringendolo a reincarnarsi di nuovo.

Tu infatti dicevi:

Una cosa però sarebbe evidente se l'ipotesi fosse vera: lo spirito non potrebbe mai regredire, al limite potrebbe solo avere delle battute d'arresto, ma mai regredire da un punto di vista strettamente spirituale, diversamente si tratterebbe di involuzione, il che è possibile solo socialmente ma non spiritualmente, e mi spiego: lo spirito è la somma di tutte le esperienze vissute, comprese e fatte proprie, vale a dire che ciò che ha acquisito non potrebbe più perderlo perchè sarebbe parte di se stesso. Queste esperienze verrebbero infatti valutate e macerate nella condizione in cui lo spirito si trova dopo il trapasso ed egli diverrebbe consapevole degli errori commessi, e qui ci sarebbe la sofferenza del rimorso, o di ciò che dovrebbe ancora sperimentare per comprenderli. Quindi Dio darebbe la possibilità di avere queste nuove esperienze e, calandosi nuovamente nella materialità, perderebbe però la consapevolezza delle sue vite precedenti, questo perchè le sue scelte non devono assolutamente essere condizionate. In ogni caso, il bagaglio che lo costituisce e che rappresenta il "sentire", ovvero l'evoluzione dello spirito, non potrà mai regredire. Diciamo poi che, a furia di ripetere la classe, prima o poi dovrà pur capire .

Questa posizione però si scontra con una serie di affermazioni neotestamentarie che invece mettono in guardia continuamente gli uomini circa il pericolo reale di dannarsi, perfino dopo aver ricevuto l'annuncio e il dono della fede, ( quindi anche nel caso di una presunta e inconsapevole esperienza precedente.)

Te ne ricordo qualcuna:

Eb 10,26 Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, 27 ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.

Mt 7,21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.

Mt 25,11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Mi limito a queste citazioni (che valgono anche per dimostrare che la "sola fede" non porta è sufficiente per la salvezza) ma ve ne sono molte altre che ricalcano il pericolo nella vita presente di dannarsi. E se la vita presente, fosse una delle tante comparse sulla terra di un unico soggetto, in ognuna di queste vite, la persona rischierebbe di andare realmente all'inferno. Ma per fortuna il Signore ci assicura in

Eb 9,27:..è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio... e la destinazione si decide nell'unica vita, dell'unico corpo che dovrà risorgere.

Mi pare che al di là delle ipotesi, vi siano molti motivi fondati sulla Scrittura e sul Magistero che dovrebbero dirimere in modo inequivocabile la questione.

Con affetto


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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 26/11/2003 15.51
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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 26/11/2003 16.00
 
Caro Teofilo,
non ti nascondo di sentirmi, con un certo disagio, un po' dalla parte dell'avvocato del diavolo,  e spero che non me ne vorrai per questo.
Ciò che sto tentando di appurare è come l'ipotesi reincarnazionista potrebbe reggere di fronte al Vangelo e quindi alla figura, allo scopo e all'insegnamento di Cristo, prescindendo però da altre affermazioni strettamente dottrinali.
Certo, se chinassimo il capo di fronte a questa affermazione:
"Eb 9,27 E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio..."
sarebbe inutile ogni altro discorso. E' un po' come l'antica concezione tolemaica, che escludeva categoricamente qualsiasi altra ipotesi come eretica. Rapportata ad oggi, se ancora non si fosse scoperta la sua inesatezza, forse alcuni continuerebbero ad obiettare: "Ma se fosse come afferma Galileo, come mai Gesù non l'avrebbe detto? E perchè la Bibbia non ne parla? Questa ipotesi cozza contro la dottrina della Chiesa che pone la Terra al centro dell'universo, quindi è un'eresia .. e come può lo Spirito Santo ispirare qualcosa di inesatto alla Sua Chiesa?". La Chiesa è dovuta ritornare sui propri passi solo perchè la scienza riuscì a dimostrarne l'errore dottrinale. Questo, non per negare, ma solo per dimostrare come quella parte di dottrina che è solo consequenziale al nucleo che rappresenta la verità della fede, cioè il Cristo, possa anche essere soggetta ad interpretazioni non sempre assolutamente inoppugnabili.
A mio modestissimo avviso, anche qualora l'ipotesi di cui stiamo discutendo fosse vera, non escluderei - per i motivi che ho largamente espresso - che essa non possa adattarsi alle verità evangeliche, nonostante essa cozzi contro alcuni principi dottrinali.
La storia riporta una continua serie di pensieri dottrinali che si sono sviluppati su direzioni diverse pur avendo come fulcro la realtà inoppugnabile dei Vangeli, a partire da Paolo, sul cui pensiero Agostino trasse la teoria della "predestinazione", ripresa da Lutero e Calvino e combattuta da Erasmo da Rotterdam con il suo scritto sul libero arbitrio. Per poter dare una risposta che non inficiasse la dottrina, Agostino sostenne anche l'esistenza di quello strano luogo chiamato limbo, che poi dovette un po' ridimensionare anche per non incorrere nell'ira delle madri che avevano perso un figlio. Concordo con te sul fatto che io mi sia servito di un paradosso per sostenere
una certa ipotesi senza escudere la possibilità che un corpo materiale possa essere stato assunto in un piano spirituale. Ma se questa è, come credo che sia, la verità, ciò che ho semplicemente ipotizzato potrebbe anche essere non più paradossale di altre spiegazioni. 
Per concludere: io credo nel Vangelo di Cristo e seguo i dettami della dottrina cattolica ben sapendo che è un giusto modo di vivere il vangelo, ma consapevole anche del fatto che essa non può contenere tutta la verità ma solo una parte che si dispiegherà sempre più mano a mano che l'uomo riuscirà a penetrare una realtà che appare sempre più mutevole rispetto alle idee originarie. Direi quindi: anche sulla scorta dell'insegnamento che abbiamo della vicenda di Galileo, fermiamoci pure a ciò che la nostra attuale conoscenza ci permette di credere, ma non escludiamo categoricamente ciò che solo la dottrina non accetta, sempre che non sia in netto contrasto con il Cristo.  La fede si costruisce seguendo un sentire interiore e consapevole, non accettando supinamente e riflettendo su come anche altre ipotesi possono essere spiegate alla luce di Cristo, mettendo magari di volta in volta alla prova le nostre certezze. Solo così essa potrà mantenersi sempre salda nella sua verità evangelica senza mai dover subire alcun scrollone di fronte al palesarsi di eventuali realtà che ancora non ci è dato di conoscere e davanti alle quali ci saremo magari fatti trovare impreparati a causa delle nostre cristallizzate certezze.
con sincero affetto
quello zuccone di iyvan. 

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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 26/11/2003 20.48
Visto che Yivan se diverte a fa l'avvocato del diavolo....io faccio allora no stacchetto pubblicitario........
Una meditazione sul tema......
ciao Caterina

RESURREZIONE O REINCARNAZIONE?

Ci possiamo stupire nel vedere un numero sempre crescente di cristiani che, influenzati dalle filosofie dell'estremo Oriente, si lasciano catturare, in ogni senso, dalla tesi della reincarnazione e , nella maggioranza dei casi, per pura ignoranza della Verità.

TEMPO ED ETERNITA'

Il sistema della reincarnazione vorrebbe ricalcare il senso dell'eternità mediante una "specie di moto perpetuo nel tempo". Si è inghiottiti nella spirale d'un tempo ciclico. Per la Bibbia, invece, la storia è sostanzialmente lineare poiché, partendo da un inizio assoluto, tende verso una fine precisa, consistente nella Gloria di Cristo e nella trasfigurazione del mondo presente. Allo stesso modo, la vita di ciascuno si prepara a sfociare nell'eternità. Per questo, ogni istante della mia vita è unico e si ripercuote su quello della mia morte: moriamo come siamo vissuti. Ogni istante mi viene dato perché io lo investa in amore, ossia in eternità. Solo l'amore sfonda la barriera della morte, essendo la misura della mia felicità eterna.
Ma se potessi proseguire la mia evoluzione spirituale in altre vite, allora il tempo ne risulterebbe svalutato, senza più spessore. Si relativizzerebbe tutta la mia esistenza, che sarebbe una vita tra infinite altre, e perderei, di fatto, il senso profondo della responsabilità nei suoi confronti, verso questa mia vita che mi fu affidata perché potessi generare, giorno dopo giorno, la mia gloria eterna. Ne risulterebbe pure falsato il senso cristiano della morte, la quale non sarebbe più l'incontro definitivo col Signore, un abbandono fiducioso tra le sue braccia, una nascita, forse dolorosa, ma senz'altro liberante, alla vita. Con la reincarnazione, la morte rimane un tentativo d'entrare nel paradiso, tentativo che fallisco e che dovrei ripetere chissà quante volte prima di avere successo.

PURIFICAZIONE E LIBERTA'

Lo scopo di queste esistenze reiterate sarebbe quello di riuscire a purificarmi, appunto per poter finalmente uscire dal ciclo delle mie successive morti e rinascite. Certo, ognuno deve purificarsi. Per questo Dio ha inventato quel capolavoro della sua misericordia (che male rendiamo col termine di purgatorio), per non sbarrare l'accesso al suo regno a chi non ne è degno.
Il purgatorio non è tanto un tempo o un luogo, quanto uno stato in cui l'amore e il desiderio bruciano tutte le scorie che le prove di questa vita non hanno saputo eliminare. E' uno stato d'incandescente speranza, poiché la certezza di vedere Dio è assoluta, come non poteva essere durante il tribolato cammino della nostra vita. Dà un senso di scoramento incontrarsi con cristiani che sostengono categoricamente la metempsicosi mentre negano l'esistenza del purgatorio. Ma tutta la questione riguarda la stessa nozione d'evoluzione e di purificazione. La legge del Karma sancisce l'autoretribuzione delle azioni. Le nostre azioni, con ferreo determinismo, generano la nostra condizione futura. La vita che stiamo vivendo è il prodotto delle nostre precedenti esistenze; a loro volta, le nostre azioni e dai nostri pensieri attuali. Siamo completamente vincolati, implacabilmente condizionati. Per spezzare questo cerchio infernale, è necessario continuare la nostra purificazione in una nuova esistenza; ma ogni nuova vita rischia d'ipotecare ancora di più questa liberazione finale. Se le nostre azioni "si trasmettono di vita in vita", se la nostra attuale esistenza è determinata da vite precedenti, nel bene e nel male, che ci rimane allora di quella libertà che Dio ci ha dato e continuamente rispetta? In fondo, se le cose stessero così, ci ridurremmo a delle marionette, burattini teleguidati da azioni lontane delle quali non abbiamo nemmeno coscienza, eterna schiavitù di azioni sconosciute...
Come può un cristiano lasciarsi ingannare così, quando Cristo ha fatto saltare ogni determinismo facendoci dono di una libertà filiale e regale?

SPERANZA E GIUSTIZIA

Spesso si fa ricorso alla metempsicosi per spiegare le ingiustizie della vita. Ma allora, per essere logici, si dovrebbe dire che quanti soffrono non fanno che espiare colpe passate: si cadrebbe così nella peggiore ingiustizia nei loro confronti. Parallelamente, benessere e gioie della vita, di cui altri godono, sarebbero la ricompensa d'una precedente vita virtuosa. Ma come spiegare, allora, il fatto che questi "fortunati" non s'identifichino affatto con gli uomini migliori? Pertanto, si starebbero preparando ad una successiva vita di povertà, a purificazione degli eccessi causati dai beni che attualmente godono! Non si fa altro che accumulare contraddizioni su contraddizioni... In realtà, caratteristica fondamentale dell'India è il convincimento che ciascuno è condannato a ripetere all'infinito questa esperienza, poiché le reincarnazioni si succedono senza inizio né fine, fino al momento in cui non interviene la liberazione. In questo modo, la prova della miseria umana sembra sottoposta a un "coefficiente transfinito". Non c'è più traccia di speranza!

MISERICORDIA E TECNICHE

Ma perché nella fede nella reincarnazione la libertà salta e la speranza è distrutta fin nelle sue radici? Perché un tale sistema non recepisce assolutamente la misericordia. Per quale strada, infatti, potrebbe arrivare il perdono creatore di Dio se "sempre le nostre azioni ci seguono senza mai abbandonarci", se la retribuzione è rigidamente immanente? Non c'è bisogno di nessun perdono quando il peccato è ridotto a pura ignoranza che impedisce all'uomo di realizzare la propria identità con tutte le cose. Nessun bisogno di misericordia quando, di rinascita in rinascita, si espiano le proprie colpe senza interventi esterni. Si può, ad ultimo conquistare la "moksha", la salvezza, ma con le sole proprie forze; a forza di autocontrollo, di autodisciplina, ci si può realizzare, diventare se stessi, ma solo da se stessi. Di qui la facile confusione tra padronanza di sé, perfezione morale e santità.
Siffatta ricerca d'autonomia spirituale si pone in flagrante contraddizione con quell'aspetto fondamentale dell'evangelo che si chiama spirito d'infanzia e che ci porta ad abbandonarci a Dio nella povertà del cuore, a contare solo su di Lui in ogni occasione. E' possibile intravedere, in questi metodi di autocontrollo, una forma raffinata di pelagianesimo, una specie di fiducia nelle proprie possibilità che dà sempre la palma del primato all'uomo e, conseguentemente, ne distrugge la libertà profonda in quanto quest'ultima può realizzarsi solo all'interno della misericordia.
D'altra parte, l'acquisizione d'una tecnica può facilmente degradare in una forma di "ricchezza", di possesso. Il dominio su se stessi può, infatti, aprire la porta a un certo spirito di dominio sugli altri. Fare di tali tecniche itinerari privilegiati della preghiera, equivale ad escludere da quest'ultima i più deboli, i più poveri. Solo una certa élite culturale può permettersi lo YOGA o lo ZEN, mentre lo Spirito offre la preghiera del Figlio alla povera gente. In questo campo i soli privilegiati sono i poveri per i quali Gesù trasale di gioia.
Il discepolo di Gesù, infine, trova la sua stessa fonte solo nell'abbeverarsi a quella di Dio, ossia un cuore d'uomo, squarciato per amore. Non può più, pertanto, corazzarsi contro la sofferenza o contro la propria debolezza, ossia contro se stesso. Il suo dolore vi trova un volto, quello di Gesù; la sua debolezza vi riceve delle mani per servire i propri fratelli. Il discepolo di Gesù rifiuterà ogni tecnica che anestetizzi la croce, che renda tetragoni all'amore, poiché nulla fa soffrire quanto amare.
Chi ha cento modi di amare, ha cento modi di soffrire. Chi non ha amore, non ha nemmeno dolore. Rifiutare la propria sofferenza significa chiudersi emotivamente all'amore.

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