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Enciclica Communium Rerum (21 Aprile 1909)

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2009 10:51
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14/10/2009 10:06
 
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Né questo doppio merito di Anselmo si restrinse fra le pareti domestiche o nel giro della scuola, ma di qui, come da militare palestra, uscì a mostrarsi in campo aperto. Poiché, avendo Anselmo incontrato tempi così difficili, come accennavamo, ebbe a sostenere lotte fortissime a favore della giustizia e della verità. Egli, di animo tutto propenso alla contemplazione e agli studi, dovette immergersi nelle più svariate e gravi occupazioni, anche in quelle del governo della Chiesa, ed essere così travolto nelle più torbide vicende dell’età sua agitata. D’indole dolce e mitissima, per amore della sana dottrina e della santità della Chiesa, dovette rinunziare alla vita di pace, alle amicizie dei potenti, ai favori dei grandi, alla concorde affezione, che prima godeva, dei suoi stessi fratelli di vita religiosa e di episcopato; vivere in contrasti diuturni, in angustie di ogni fatta. Così, trovata egli l’Inghilterra piena di odi e di pericoli, dovette resistere vigorosamente contro re e prìncipi usurpatori e tiranni della Chiesa e dei popoli, contro ministri fiacchi o indegni dell’officio sacro, contro l’ignoranza e i vizi dei grandi e delle plebi, sempre acerrimo vindice della fede e della morale, della disciplina e della libertà, della santità quindi e della dottrina della Chiesa di Dio; ben degno perciò di quest’altro encomio del già citato Pasquale: Sieno grazie a Dio, perché in te perdura sempre l’autorità del vescovo, e sebbene posto fra barbari non cessi dall’annunziare la verità né per violenza di tiranni. né per favore di potenti, né per accensione di fuoco, né per oppressione di mano. E altra volta: Esultiamo, perché, dandoti aiuto la grazia di Dio, né le minacce ti scuotono, né le promesse ti smuovono [13].

Per queste cose tutte è ben giusto che anche Noi, venerabili fratelli, ad otto secoli d’intervallo, esultiamo, come il Nostro Predecessore Pasquale, e, facendo eco alla sua voce, rendiamo grazie a Dio. Ma insieme Ci è caro di confortar voi pure a fissare lo sguardo a questo luminare di dottrina e di santità, che, sorto in Italia, rifulse per più di un trentennio alla Francia, per più di quindici anni all’Inghilterra; e infine alla Chiesa tutta, quale comune presidio e decoro.

Che se grande fu Anselmo nelle opere e nelle parole, se cioè, nella scienza e nella vita, nella contemplazione e nell’azione, nella pace e nella lotta procurò splendidi trionfi alla Chiesa e vantaggi insigni alla civile società, tutto si ha da riconoscere dalla sua intima adesione a Cristo e alla Chiesa in tutto il corso della sua vita e del suo magistero.

Queste cose rammemorando, venerabili fratelli, con particolare attenzione nella solenne ricordanza di un tanto dottore, ne ritrarremo preclari esempi e da ammirare e da imitare. Anzi da tale considerazione attingeremo altresì un vivo incoraggiamento e conforto nelle cure affannose del governo della Chiesa e della salute delle anime, per non venir mai meno al nostro debito di cooperare con ogni sforzo, perché siano restaurate tutte le cose in Cristo, perché sia formato Cristo nelle anime tutte [14], massimamente in quelle che sono la speranza del sacerdozio, per sostenere costantemente la dottrina della Chiesa, per difendere infine strenuamente la libertà della sposa di Cristo, la santità dei suoi diritti divini, la pienezza insomma di quei presìdi che la tutela del sacro Pontificato richiede.

Perocchè, voi vedete, venerabili fratelli, e ne avete spesso gemuto con Noi, quanto siano tristi i tempi in cui siamo caduti, quanto gravose le condizioni in cui dobbiamo trovarci. Anche fra gli infortunii pubblici che ne recarono estremo affanno, Ci siamo sentiti inacerbire il dolore da avventate calunnie contro il clero, quasi che si fosse mostrato indolente al soccorso nella calamità; dagli ostacoli frapposti perché non apparisse la benefica azione della Chiesa a pro di figli desolati; dal disprezzo della sua stessa cura e provvidenza materna. Non parliamo poi di altre opere tristi, a danno della Chiesa o macchinate con subdola astuzia o  con empio ardimento consumate, calpestando ogni diritto pubblico, ogni Legge anzi di equità e di onestà naturale. Il che massimamente fu enorme eccesso di malvagità in quei paesi che ebbero già dalla Chiesa maggiore luce di civiltà. Perché qual cosa più brutale che vedere tra quei figli, cui la Chiesa crebbe e accarezzò quasi suoi primogeniti, suo fiore e suo nerbo, vederne alcuni drizzare furiosi le armi contro il seno della Madre che li ha tanto amati? — E non v'ha molto da consolarci per lo stato di altri paesi: la guerra medesima, benché in varia forma, o infuria o minaccia per via di tenebrose macchinazioni. Si vuole insomma universalmente, nelle nazioni che più debbono alla cristiana civiltà, spogliare la Chiesa dei suoi diritti, si vuole trattarla come non fosse punto, di natura e di diritto, società perfetta, quale fu istituita da Cristo medesimo, riparatore della nostra natura; si vuole annientato il suo regno che, sebbene primariamente e per diretto riguardi le anime, non giova però meno alla loro salvezza eterna che alla sicurezza della civile prosperità; si vuole con ogni sforzo che in luogo del regno di Dio spadroneggi, sotto mentito nome di libertà, la licenza. E pur di far trionfare con l’impero delle passioni e dei vizi la pessima di tutte le schiavitù, trascinando a precipizio nell’estrema rovina i popoli — perché il peccato fa miseri i popoli [15] — non si cessa di gridare: Non vogliamo che egli regni sopra di noi [16]. Quindi cacciati da paesi cattolici gli Ordini Religiosi, che furono alla Chiesa in ogni tempo di ornamento e difesa, e promotori delle opere più benefiche di scienza e di civiltà fra le nazioni barbare e le civili; quindi indeboliti o ristretti al possibile i suoi benèfici istituti, sprezzati e derisi i suoi ministri, anzi ridotti, ove sia dato, all’impotenza, all’inerzia; chiuse loro o rese estremamente difficili le vie della scienza e del magistero, massime nell’allontanarli gradatamente dall’istruzione ed educazione della gioventù; messe in difficoltà tutte le opere cattoliche tutte di pubblica utilità; scherniti, perseguitati o depressi anche i laici egregi, di professione apertamente cattolica, quasi classe inferiore o reietta, finché venga il giorno, che si vuole affrettato con leggi sempre più inique e con abietti provvedimenti, di deferirli come nemici dello stato e sbandirli anche dalle ultime manifestazioni sociali. E si vantano gli autori di questa guerra, tanto subdola insieme e spietata, di muoverla per amore di libertà, di civiltà, di progresso; e, a crederli, pure per carità di patria: simili anche in questa menzogna al loro padre, il quale fu omicida fin da principio, e quando parla con bugia, parla da par suo, perché egli è bugiardo [17], e ardente di odio insaziabile contro Dio e contro il genere umano. Uomini di fronte proterva costoro, che cercano di dar parole e tendere insidie agli ingenui. Non dolce amore di patria, o ansiosa cura del popolo, non altro nobile intento o desiderio di cosa buona che sia, muove costoro alla guerra accanita; ma odio cieco contro Dio e contro quella società divina che è la Chiesa. Da questo odio prorompe l’insano proposito di veder la Chiesa fiaccata ed esclusa dalla vita sociale; da questo odio l’ignobile sfogo di gridarla morta e tramontata, mentre non si cessa di muoverle guerra; anzi pure l’audacia e la insensatezza di rinfacciarle, dopo spogliatala d’ogni libertà, che per nulla più conferisca al benessere della società, alla felicità della patria. Dallo stesso odio viene pure l’astuto dissimulare o il tacere affatto le più aperte benemerenze della Chiesa e della sede apostolica, se pure non si rivolgono le nostre beneficenze in argomento di sospetti, d’insinuazioni, di suggestioni, che s’infiltrano con arte astuta negli orecchi e negli animi della moltitudine, spiando e travisando ogni atto e detto della Chiesa, quasi fosse un pericolo imminente alla società; invece di riconoscere, com’è indubitato, che i progressi della genuina libertà e della civiltà più sincera sono da Cristo principalmente, per opera della Chiesa.

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