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L'anima sopravvive alla morte?

Ultimo Aggiornamento: 17/10/2009 22:29
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17/10/2009 22:29
 
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Da: cristianoInviato: 09/01/2003 10.50
Carissimo sig.vitocristiano,
è l'ultima volta che intervengo su questo thread. Lei dice: <<Va bene lasciamo stare le polemiche>> e poi, contraddicendosi, scrive una sequela di polemiche e di inesattezze. Francamente tutto questo non ha senso.
Si tenga le sue convinzioni e che buon pro le facciano.
Il thread si intitola "l'anima sopravvive alla morte?" e non "la rivelazione progressiva" o "le origini avventiste dei tdG".
Il mio richiamo agli avventisti del settimo giorno è corretto perchè dimostra che 1) le dottrine spacciate per certe non hanno tutta questa unanimità nel mondo cristiano, come invece traspare da certi post 2) non è vero che certe dottrine, come il condizionalismo, compaiono dal nulla nella storia ma hanno una lunga tradizione nel mondo protestante.
La voglia di polemizzare e difendere la propria appartenenza religiosa, come avviene nel suo caso caro sig. vitocristiano, non deve mai sacrificare l'obbiettività storica e la verità.
In ultimo vorrei ricordarle che la critica alla TNM è ingiustificata in quanto il condizionalismo non si evince dalla TNM ma dai testi originali. Gli avventisti non usano la TNM (anzi la criticano fortemente) ma sono condizionalisti come i testimoni di Geova. Evidentemente tale dottrina ha il supporto biblico.
In ultimo che dal suo punto di vista ( o da quello della sua chiesa) io possa dire eresie non potrebbe importarmene di meno. Ripetere pedissequamente quanto legge nei siti o nei libri (che conosco perfettamente entrambi) critici e polemici verso i Testimoni non qualifica il suo discorso e non fa onore alla pretesa di "pensiero indipendente" che hanno coloro che criticano questo gruppo religioso. Se vuole possiamo aprire un thread dal titolo: "indovina da dove la prendo". Lei metterà una citazione critica verso  i Testimoni (e se vuole verso altri gruppi religiosi) e io le indicherò la fonte internet da dove l'ha copiata e la fonte originaria.
Per il resto la saluto calorosamente
Cristiano

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Da: cristianoInviato: 09/01/2003 13.08
Caro Teofilo,
non concordo con questa visione. Se Qoelet fa parte della Scrittura ispirata è evidente che non dice nulla che contraddica il resto delle Scritture. Può enfatizzare un aspetto rispetto ad un altro ma non contraddirlo. Qoelet è stato ispirato con il preciso scopo di esortare l'uomo a servire Dio mentre è in vita, visto che dopo, alla morte, non potrà fare più nulla. Giustamente enfatizza questo aspetto. Ma non contraddice affatto il NT dove lo zelo verso Dio è incoraggiato al pari che in Qoelet. Solo che lo scopo del NT è indicare che la promessa del Messia si è realizzata, che tutto è compiuto, mentre questo non è lo scopo del Qoelet.
L'esempio che prendi dal libro di Giobbe è fuorviante e può ingannare chi non lo ha mai letto. Il libro di Giobbe non è scritto allo scopo di formulare dottrine ma è il racconto delle terribili prove a cui fu sottoposto Giobbe per colpa del diavolo. Il racconto dei tre amici è inserito in questo contesto. E' interessante notare il contrasto tra le parole dei tre falsi amici e quelle di Eliu che proferì la verità. La lettura di tutto il libro di Giobbe permette di comprenderne il significato.
E' vero pure che quando esprime aspetti di fede il libro di Giobbe è in armonia con tutta la Scrittura. Il libro esalta la grandezza di Dio, la Sua Onnipotenza. Spiega che le prove sono permesse da Dio per saggiare la fedeltà dell'uomo.Esprime correttamente la speranza della risurrezione.(Giob 14,13-14)
Per quanto riguarda gli insegnamenti sull'anima e sulla condizione dei morti a me basta vedere che i testi originali non supportano in nessun modo l'idea di un'anima distinta dal corpo (alla maniera greca) e in accordo con me ci sono tutti i dizionari biblici più autorevoli che spiegano correttamente cosa intende la Bibbia con la parola "anima".
Che poi avventisti, Testimoni di Geova e altri siano d'accordo con questo è irrilevante. Chi ama la verità non difende "appartenenze" o "denominazioni"ma la Parola di Dio.
Un commento al tuo messaggio N. 74.
La spiegazione di 1 Pt 3,19 non mi sembra conforme al testo originale  nè al contesto. Vediamo perchè.
La scrittura dice: << e in esso (spirito, Lett. nel quale spir.) andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre si preparava l'arca>>
Tu scrivi che gli "spiriti ritenuti in carcere" altro non erano che gli "spiriti degli uomini antediluviani". Secondo la tua spiegazione <<Cristo si è recato nel carcere dell'Hades ov'erano ritenuti, per annunziare ed offrir loro la salvazione da lui compiuta. >>Quindi Dio, in un primo momento li ha giudicati degni della punizione, e li ha uccisi con il diluvio, e poi gli manda Cristo per salvarli dall'Hades.
Questa spiegazione cozza con quanto dice la Bibbia di Dio.Egli è giusto e retto.(Deut 32,4) Non commette ingiustizia. Se giudica qualcuno meritevole di morte è perchè è giusto. I morti al diluvio noetico sono stati già giudicati da Dio e non è verosimile che possano poi salvarsi.
Inoltre la tua spiegazione palesa un'altra contraddizione. Tu scrivi <<Cristo si è recato nel carcere dell'Hades ov'erano ritenuti, per annunziare ed offrir loro la salvazione da lui compiuta>>. Cosa è l'Hades,che altri traducono Inferno ? E' l'inferno concepito dalla teologia tradizionale ? Significa questo che Cristo scese all'inferno (dove vengono gettati i malvagi) ad annunciare la salvezza ? Ma se chi va all'inferno viene già giudicato (questo almeno secondo la teologia ufficiale) come è possibile annunciare a coloro che soffrono ivi per la privazione della visione divina la "salvazione" ?
Se invece l'Hades non è l'inferno ma un non identificato "soggiorno dei morti", come mai la teologia tradizionale non insegna nulla al riguardo. Io leggo che l'anima alla morte del corpo riceve subito un giudizio da Dio, irreformabile e infallibile, di premio nella visione beatifica del Paradiso, di condanna nella privazione della visione di Dio all'inferno o di purgazione. Non è stato forse così per i condannati al diluvio ?
Tutto invece collima se comprendiamo che gli "spiriti in carcere" altro non erano che gli angeli di satana , colpevoli di aver istigato gli uomini al male e di aver riempito la terra di violenza con la loro progenie ibrida che dopo il diluvio furono isolati dalla visione beatifica di Dio che godono tutti gli angeli. Questo si comprende esaminando Genesi, la seconda lettera di Pietro e il libro di Giuda. Questo è pure in armonia con quanto dice la Bibbia sulla giustizia di Dio.
Anche il senso di 1 Pietro 4,6 mi sembra distorto rispetto a quanto insegna la Scrittura. I "morti" non possono essere nè i morti antidiluviani nè tutti i morti prima di Cristo. Coloro che sono morti sotto un giudizio divino hanno già ricevuto la condanna. Per tutti gli altri la speranza è nella risurrezione, nell'ultimo giorno.(Gv 11,24; At 17,31) Mi sembra più verosimile che "morti" in questo caso vada inteso in senso traslato , "morti" spiritualmente parlando. In questo le Scritture sono concordi. Leggiamo:
 <<Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, - Ef 2,1>>
 

<<anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), >> - Ef 2,5

<<poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:
«Risvégliati, o tu che dormi,
e risorgi dai morti,
e Cristo ti inonderà di luce
». - Ef 5,14<o:p></o:p>

<o:p></o:p>
<o:p></o:p>


 

<<Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; >> - Col 2,13

 La spiegazione che riporti è identica al commento che fa il sito protestante www.laparola.net e ovviamente non collima affatto con l'insegnamento cattolico, se non nella comune idea di un Cristo sceso agli inferi.

Francamente la spiegazione data dal condizionalismo è più conforme ai testi originali ed ad una esegesi che tiene conto complessivamente di tutti la Bibbia.
Cristiano.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 09/01/2003 23.36
Caro Cristiano,
per quanto riguarda il libro di Qoelet risulta chiaro, leggendo bene il testo che riferisce lo sforzo di un sapiente di ricercare la verità ma è chiaro che le sue considerazioni si arrestano di fronte a tanti perchè: egli non sa dare alcuna risposta al perchè i malvagi prosperano e i buoni tribolano, concepisce la sorte dei malvagi uguale a quella dei giusti, che nel NT trova tanti chiarimenti e luce, e considera gli uomini al pari delle bestie.
Non per nulla Gesù aveva detto che egli era ben più di Salomone. Per il fatto che la sapienza di Salomone confrontato alla Sapienza personificata, era pura oscurità.
Dunque questo libro descrive un uomo che si macera nelle proprie osservazioni, domande, conclusioni. Ho controllato diverse introduzioni al libro del Qoelet le quali mi confermano in questa mia convinzione: Vi è l'attesa di una più piena rivelazione sulle questioni da lui poste e a cui ha cercato di dare una SUA risposta non sempre corretta.
Per quanto riguarda l'esegesi protestante del testo di Pt avevo precesato che vi erano dei punti discutibili, per cui la spiegazione a cui mi associo pienamente è quella cattolica data dal catechismo e riportata nel mio post precedente insieme all'esegesi porotestante che serviva solo a riferire della comune concezione di una sopravvivenza dopo la morte.
Riporto ancora un altro testo che esprime questa concezione nel NT e che insieme ad altri versetti che cercheremo di esaminare, formano il contesto generale del NT su questo argomento:
Per ora non ho il tempo materiale per riprendere altri spunti dal tuo intervento; cercherò di farlo appena possibile.

Intanto vediamo Filippesi (1, 21-23):

"Per me, infatti, il vivere è Cristo, e il morire un guadagno (...). Ho desiderio di andarmene per essere con Cristo, che è cosa di gran lunga migliore" (Filippesi 1, 21-13, Garofalo).

Spiegazione:

a) Qui san Paolo parla certamente di morte (greco apothnesco = morire) Il ed afferma che egli considera la sua morte come un guadagno, ossia come un modo di essere migliore rispetto alla vita presente. Poi ribadisce e spiega il suo pensiero dicendo che "desidera andarsene per essere con Cristo", "che è cosa assai migliore", rispetto alla vita presente (cf. 2 Timoteo 4, 6). La parola "andarsene" (greco analysai) equivale a "essere disciolto dal corpo", cioè "morire" (cf. 2 Corinzi 5, 8).

"Il verbo greco analysai, usato qui da san Paolo, nel Nuovo Testamento significa "andarsene" e designa la morte, velandone delicatamente l'aspetto orribile; in questo caso equivale a "decedere", cioè morire. Lo stesso significato ha in 2 Timoteo 4, 6, dove Paolo parla della sua partenza verso il porto sospirato del cielo, cioè della morte e riunione con Cristo".

b) Paolo sa che dopo la morte desiderata sarà con Cristo. La morte infatti non potrà separarlo da Cristo (cf. Romani 8, 38). Egli dunque afferma che quelli che muoiono nel Signore ottengono subito dopo la morte un modo di essere che è un guadagno, cioè un modo di essere assai migliore, rispetto a questa vita. Subito dopo la morte il discepolo di Cristo ottiene una più intima e più gioiosa comunione di vita col suo Maestro e Redentore (cf. Luca 213, 43). E' il Paradiso, di cui lo stesso Paolo ebbe un saggio durante la sua vita terrena (cf. 2 Corinzi 12, 1-4).

c) E' bene notare che qui Paolo non parla di risurrezione. Egli parla solo di fine di questa vita, cioè della sua morte. Tra la morte dunque e la futura risurrezione, in cui Paolo credeva (cf. Atti 24, 1'5), vi è un modo di essere preferibile alla vita presente. Questo insegna chiaramente san Paolo in Filippesi 1, 21-25.

Con affetto




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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 16/01/2003 0.06
Caro Cristiano,
riprendo un passaggio del tuo post n.76 dove dicevi:
....Inoltre la tua spiegazione palesa un'altra contraddizione. Tu scrivi <<Cristo si è recato nel carcere dell'Hades ov'erano ritenuti, per annunziare ed offrir loro la salvazione da lui compiuta>>. Cosa è l'Hades,che altri traducono Inferno ? E' l'inferno concepito dalla teologia tradizionale ? Significa questo che Cristo scese all'inferno (dove vengono gettati i malvagi) ad annunciare la salvezza ? Ma se chi va all'inferno viene già giudicato (questo almeno secondo la teologia ufficiale) come è possibile annunciare a coloro che soffrono ivi per la privazione della visione divina la "salvazione" ?
Se invece l'Hades non è l'inferno ma un non identificato "soggiorno dei morti", come mai la teologia tradizionale non insegna nulla al riguardo. Io leggo che l'anima alla morte del corpo riceve subito un giudizio da Dio, irreformabile e infallibile, di premio nella visione beatifica del Paradiso, di condanna nella privazione della visione di Dio all'inferno o di purgazione. Non è stato forse così per i condannati al diluvio ?
Rispondo:
ti sarà sfuggito che nel mio messaggio n.74 avvertivo che l’esegesi protestante, (a cui si riferisce la parte del discorso da te commentata) anche se riporta qualche elemento discutibile, trova evidente che Gesù andò a predicare agli spiriti dei morti, i quali attendevano la loro salvezza; quindi in uno stato di consapevolezza tale da permettere loro anche di udire il Vangelo.  Si tratta pertanto di una esegesi protestante.
Mentre quella cattolica, che pure riportavo nello stesso messaggio,  risponde alle tue legittime perplessità:
Te lo ripropongo dal momento che le tue osservazioni mi fanno pensare che forse lo hai letto di sfuggita.
CRISTO DISCESE AGLI INFERI

632 Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù "è risuscitato dai morti" ( At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20 ) presuppongono che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti [Cf Eb 13,20 ]. E' il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].


633 La Scrittura chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9 ] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal 88,11-13 ]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ] il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel "seno di Abramo" [Cf Lc 16,22-26 ]. "Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno" [Catechismo Romano, 1, 6, 3]. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati [Cf Concilio di Roma (745): Denz. -Schönm., 587] né per distruggere l'inferno della dannazione, [Cf Benedetto XII, Opuscolo Cum dudum: Denz. -Schönm., 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam: ibid., 1077] ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto [Cf Concilio di Toledo IV (625): Denz. -Schönm., 485; cf anche Mt 27,52-53 ].


634 "La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti. . . " ( 1Pt 4,6 ). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. E' la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della Redenzione.



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Da: Poeta cantastorieInviato: 19/01/2003 15.54
I Testimoni di Geova negano l'esistenza di un'anima spirituale e immortale nell'uomo, che è tutto e solo materia e, con la morte, cessa totalmente di esistere ("L'anima umana, lo spirito, è semplicemente la forza vitale che permette a una persona di essere in vita. Lo spirito non ha nessuna personalità... non può pensare, parlare, udire... può paragonarsi alla corrente elettrica... all'energia che permette agli apparecchi di funzionare" [La verità, ecc. op. cit. pag. 39]).
Perciò non c'è neppure un premio (il Paradiso) o un castigo (il Purgatorio temporaneo o l'Inferno eterno) oltre questa vita. Solo alcuni Testimoni di Geova saranno risuscitati (o meglio: "ricreati") per la vita eterna (144.000 Testimoni di Geova godranno una felicità spirituale in cielo; gli altri solo una felicità materiale sulla terra).
Tutto questo è affermato nel libro "La verità che conduce alla vita eterna" alle pagine 34-45, e con ciò i Testimoni di Geova mostrano ancora una volta di non comprendere la Bibbia e di tener conto solo di una parte di essa, cioè di quella che può essere usata per dar credito ai loro insegnamenti.
Vediamo perciò quello che la Bibbia veramente ci dice a questo riguardo:
L'UOMO HA UN'ANIMA IMMORTALE.
a) L'Antico Testamento non afferma direttamente l'immortalità dell'anima, ma afferma che l'uomo continua ad esistere anche dopo la morte del corpo.
Nell'Antico Testamento il "principio vitale" degli esseri viventi (il néfesh, l'anima) è identificato nel respiro che esce dalla gola: se uno respira vuol dire che è vivo (come esempio tra i tanti ricordiamo il fatto descritto dal 2° libro di Samuele [2 Sam. 1,9] ove Saul ferito a morte chiede all'amalecita di finirlo: "...uccidimi: io sento le vertigini, ma la vita [néfesh] è ancora tutta in me"), ma quando uno non respira più significa che è morto (come esempio ricordiamo il passo di Geremia [Ger. 15,9]: "È abbattuta la madre di sette figli, esala il suo ultimo respiro [néfesh]).
Perciò quei passi della Bibbia che usano l'espressione "non esserci più" significano solo che quella persona "non respira più", cioè è morta, ma non negano affatto una esistenza dopo la morte (come esempio ricordiamo le parole dei fratelli di Giuseppe [Gen. 42,13]: "Dodici sono i tuoi servi..., il più giovane [Beniamino] è ora presso nostro padre e uno [Giuseppe] non c'è più"5).
b) Anzi, gli ebrei ritennero sempre che dopo la morte l'uomo (a differenza degli animali) scende nello Sheol (il regno dei morti) ove i morti non possono più fare ciò che facevano sulla terra: non vedono più la luce (Salmo 49, 20), non possono più agire (Eccle. 9,12), riposano (Giobbe 3,17-19).
Inoltre, per gli israeliti, "morire" ha sempre significato "essere riuniti coi propri padri", e non solo perché seppelliti nella stessa tomba, ma perché vivi con loro nello "Sheol", come è chiaramente detto in Gen. 47,30 (In questo passo Giacobbe morente dice al figlio Giuseppe: "Quando io mi sarò coricato con i miei padri, portami via dall'Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro". È qui chiara la distinzione tra l'essere seppellito nella tomba e l'andare con i padri, nell'al di là).
Tutto ciò prova la fede in una vita che segue quella terrena, e quindi nella immortalità di una parte dell'uomo (il passo dell'Ecclesiaste [Qoelet] 3,19-20, citato dai Testimoni di Geova [La verità, ecc., op. cit., pag. 39-40], ove è detto che "la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli... tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere", è espressione di sconforto per la fragilità della vita presente, ma non nega la continuazione della esistenza umana nel "regno dei morti", come lo stesso autore dice nel capitolo 9 versetto 10, e specialmente alla fine del libro ove afferma che quando l'uomo muore "la polvere torna alla terra, com'era prima, e lo spirito torna a Dio che lo ha creato" [Eccle. 12,7], dal quale riceverà la giusta retribuzione per il bene e per il male commesso [Eccle. 12,14]).
c) Come già detto, i Testimoni di Geova non riconoscono come ispirati 7 libri dell'Antico Testamento che - guarda caso - sono proprio quelli che testimoniano una più precisa presa di coscienza nella verità di una vita oltre la tomba.
Basti ricordare quanto dice il libro della Sapienza (Sap. 2,23): "Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità" E ancora (Sap. 3,14): "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio... agli occhi degli stolti parve che morissero... ma essi sono nella pace... e la loro speranza è piena di immortalità".
Ricordiamo anche le parole dette dal minore dei Maccabei al re Antioco Epifane prima di essere da lui ucciso come gli altri fratelli (2 Mac. 7,36): "Già ora i nostri fratelli... hanno conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece subirai per giudizio di Dio il giusto castigo".
d) Chiarissimo a questo riguardo è poi l'insegnamento di Gesù.
Contro i Sadducei, che negavano la risurrezione, Gesù dice: Mosè chiama il Signore: "Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per Lui" (Lc. 20,37-38).
E al buon ladrone pentito Gesù disse dalla croce: "Oggi sarai con me in Paradiso!" (Lc. 23,43).
Tutto questo significa che, nel pensiero di Gesù una parte dell'uomo, l'anima, sopravvive al corpo, e cioè che l'anima è immortale.
DOPO LA MORTE L'ANIMA DELL'UOMO RICEVE DA DIO IL PREMIO O IL CASTIGO PER QUANTO HA FATTO IN VITA.
I Testimoni di Geova negano questa verità insegnata (come vedremo) da Gesù, dicendo che la Bibbia non parla di premio o di castigo, ma di "Sheol", cioè di un luogo (o situazione) in cui le anime sono inconsce (La verità, ecc., op. cit., pagg. 41-42. Ma qui i Testimoni contraddicono se stessi: prima infatti affermano che le anime muoiono insieme al corpo [pagg. 35-40], ed ora dicono che vanno nel "regno dell'inconscio", nello "Sheol" [pagg. 41-42]).
- Per mostrare il loro errore basterà leggere la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Lc. 16, 19-31) ove Gesù insegna chiaramente l'esistenza del Paradiso (il "seno di Abramo") e dell'Inferno (ove si soffrono "tormenti"), destinati rispettivamente ai buoni e ai cattivi subito dopo la loro morte.
La parabola insegna pure (versetti 26-27) che tale stato delle anime non può essere modificato ed è eterno (È bene ricordare che le "parabole" sono racconti fatti per similitudini, inventate appositamente da Gesù per insegnare la sua dottrina. Non è quindi lecito fare come fanno i Testimoni di Geova nelle pagine 42 e 43 del libro citato, dove interpretano la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro a loro piacimento, stravolgendone in modo ridicolo il significato).
- Ma Gesù ha fatto anche una dichiarazione esplicita della esistenza del Paradiso e dell'Inferno quando ci parlò del Giudizio universale. (Mt. 25, 31-46): "...allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: 'Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi...'. Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: 'Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno...'. E se ne andranno questi al supplizio eterno (invece di "supplizio eterno" i Testimoni di Geova [nella loro Bibbia dal titolo: Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, Brooklyn, 1967, pag. 1019] traducono "stroncamento (?!) eterno"), e i giusti alla vita eterna".
- L'esistenza del Purgatorio, cioè di uno stato di purificazione per le anime giuste che però hanno ancora qualche pena da scontare (negata dai Testimoni nelle pagine 43-45 del summenzionato libretto), ci è rivelata indirettamente da Dio nella Bibbia.
Le pene che purificano queste anime possono essere diminuite da chi è ancora in vita con i suffragi, cioè con preghiere ed opere buone.
Così fece Giuda Maccabeo quando raccolse offerte perché si celebrasse in Gerusalemme un sacrificio per i suoi soldati morti in battaglia (2 Mac. 12,38-45).
E così insegna San Paolo che paragona il Purgatorio ad una purificazione "attraverso il fuoco" (1 Cor. 3,12-15) che ci renda degni di giungere al cospetto di Dio, cioè alla salvezza.
GLORIA A DIO
DIO SANTO, DIO FORTE, DIO IMMORTALE
ABBI PIETA' DI NOI E DEL MONDO INTERO.
AMEN
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