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LA SINDONE fra storia e devozione

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2012 18:55
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27/10/2009 15:44
 
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Una reliquia insolita e misteriosa, singolarissimo testimone - se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati - della Pasqua, della passione, della morte e della risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendemente eloquente!
Giovanni Paolo II
P3190018

 

Premessa

La storia della Sindone di Torino - il più importante reperto studiato e conosciuto al mondo - viene suddivisa, per comodità di esposizione, in due grandi tronconi storici.

Il primo è quello che gli studiosi chiamano il periodo antico, la cui storia fa riferimento ai primi quattordici secoli della vita del sacro Telo.

Questa lontana e misteriosa storia incomincia nel momento in cui il Lenzuolo funebre di Cristo fu trovato, ormai giacente sulla pietra tombale senza più contenere il corpo esanime di Gesù, nel sepolcro gerosolimitano dagli apostoli Pietro e Giovanni. Maria di Magdala recatasi alle prime ore dell’alba in visita alla tomba di Gesù, per ottemperare alle onoranze funebri in vigore in quel tempo, giunta al sepolcro, scorge da lontano la pietra sepolcrale ribaltata e preoccupata per la presunta scomparsa del corpo del Maestro, corre a chiamare in aiuto il principe degli Apostoli e il discepolo amato dal Signore.

Quando questi fatti accaddero, riportati poi fedelmente e storicamente dagli Evangelisti nei loro racconti sacri, era appena incominciata a Gerusalemme una normale mattina di primavera, il 9 aprile del 30 d.C., il giorno successivo alla Grande Pasqua ebraica.

L’oggetto rinvenuto nel sepolcro dai due Apostoli, il telo funerario, è presumibilmente diventato, all’interno della nascente comunità cristiana gerosolimitana, un prezioso ricordo di ciò che era appartenuto alla persona di Gesù, anche se di un momento triste come quello della sua sepoltura.

Crediamo, infatti, che da quel momento il santo Lenzuolo fu conservato gelosamente dalla primitiva comunità apostolica, comprendendo soltanto successivamente l’importanza della reliquia funebre del Messia.

La piccola comunità di Gerusalemme, stretta affettivamente intorno alla madre di Gesù, fu la prima depositaria di una tale fondamentale traccia della avvenuta risurrezione del corpo di Cristo1, il Messia che ha vinto definitivamente, con il suo sacrificio, il peccato e la morte dell’umanità.

Il primo periodo storico, quello che abbiamo definito antico, iniziato il giorno della risurrezione di Gesù, si conclude in tarda età medievale, ovvero nel 13532, data che segna la fine dell’intreccio plurisecolare tra storia, tradizione e leggenda, e contemporaneamente, l’inizio della presenza documentata del Telo - da quel momento in poi rimasto in Europa -, data che fa appunto da cerniera tra i due grandi tronconi storici summenzionati.

Il secondo periodo, chiamato moderno, parte da quella data, il 1353, ed arriva fino ai nostri giorni. Vedremo, durante la trattazione dell’argomento, come la storia della Sindone sia stata oggetto continuo di peripezie e vicissitudini3, ma nonostante tutto il sacro Telo è stato sempre tratto in salvo.

Oggetto di questo capitolo è la storia che riguarda il primo periodo della vita del Telo, quello cioè, che gli studiosi della storia antica della Sindone non hanno tardato a definire oscuro, incerto, non pienamente documentato, proprio per opporlo a quello successivo, il quale, come ben sappiamo, è invece avvalorato da numerose fonti che ne accertano la presenza seppur in vario modo : documenti, pubbliche ostensioni, atti notarili, opere letterarie e iconografiche, testimonianze, e negli ultimi cento anni, anche fotografie4.

La storia antica della Sindone, oltre ad essere più lunga di quella moderna di ben settecento anni - particolare da non sottovalutare - è anche la meno conosciuta e la meno indagata dagli storici stessi: le fonti che la riguardano sono perlopiù quasi tutte da rinvenire, rintracciare e studiare - soprattutto quelle redatte nelle aree siro-palestinese5  e greco-bizantina - e, quelle già note agli storici della Sindone, sono in massima parte ancora da tradurre, interpretare e catalogare.

Il nostro intento infatti, in questo lavoro di comprensione di ciò che ha interessato storicamente il Telo funerario di Cristo nel corso dei secoli, oltre a prendere in esame i vari aspetti legati alla vicenda telo sindonico - quali quello scientifico, filologico ed esegetico - è orientato soprattutto a enumerare e ad evidenziare le eventuali tracce della presenza della Sindone nel periodo antico da un punto di vista euristico.

Si cercherà, quindi, di illustrare quante più fonti possibili per contribuire così a far luce su questo importante periodo di storia del Lenzuolo, che al dire della tradizione cattolica dovrebbe essere il panno funerario che avvolse il santo corpo di Gesù esanime dopo l’avvenuta sepoltura di rito giudaico nel sepolcro gerosolimitano, reperto rimasto per troppi anni trascurato sia dagli studiosi delle materie storiche che dagli stessi esegeti.

Si vuole, quindi, grazie ad una più chiara e ordinata catalogazione dei documenti, collocare le varie tessere - tra loro ancora separate - dell’unico grande mosaico: lo studio delle fonti antiche dimostrerebbe la presenza e il culto della Sindone già nei primi secoli del primo millennio dell’era cristiana, avvalorando la tesi dell’autenticità e l’antichità del Telo, così come ormai molti storici e sindonologi6 affermano da alcuni decenni.

Naturalmente oltre alla catalogazione di quanto già conosciamo, relativamente alla presenza della Sindone in età antica, crediamo sia indispensabile promuovere ulteriori ricerche dedite al rinvenimento delle fonti inedite, sicuramente ancora nascoste tra gli scaffali di antiche e impolverate biblioteche del vicino Oriente7.

Soltanto con il rinvenimento di documenti storici, siano essi liturgici o artistici, gli studiosi e i sindonologi potranno confutare la tesi della contraffazione o del falso medievale, e chiudere definitivamente la polemica sorta negli anni ottanta intorno alla non autenticità della Sindone di Torino.

È stato proprio in conseguenza al risultato radiocarbonico del 1988 che gli studiosi della Sindone si sono visti costretti nonché stimolati ad affrontare la questione dell’esistenza del Telo già nel periodo antico della storia cristiana; è utile ricordare che quell’analisi scientifica, condotta su alcuni filamenti del Telo, datò gli stessi in una età compresa tra il 1260 e il 1390 d.C.: per la prima volta, si dichiarò di trovarsi di fronte ad un manufatto medievale e non di fronte al vero Lenzuolo servito per la sepoltura di Gesù.

Facciamo un passo indietro e torniamo ad occuparci della questione storica della Sindone, lasciando questa delicata questione dell’analisi radiocarbonica, la quale verrà successivamente affrontata quando parleremo dell’indagine scientifica del Telo, oggetto del IV capitolo.

Prima di incominciare l’elencazione e la descrizione delle fonti antiche, credo sia utile suddividere ulteriormente il lungo periodo già ricordato in ulteriori quattro sotto sezioni storiche; così dunque la periodizzazione generalmente proposta dagli storici della Sindone:

- prima tappa: dal I secolo d.C. al 544, anno nel quale si ricorda l’assedio persiano della città di Edessa e il ruolo della Sindone come palladio della città;

- seconda tappa: dal 544 al 944, fase di nodale importanza della storia del Telo in quanto si celebra il trasferimento del Mandylion8 da Edessa a Costantinopoli, l’allora capitale dell’Impero romano d’Oriente;

- terza tappa: dal 944 al 1204, data che ricorda il sacco di Costantinopoli avvenuto durante la IV crociata e il probabile trafugamento della Reliquia dall’Oriente all’Occidente;

- quarta tappa: dal 1204 al 1353, periodo di un ipotetico viaggio della Sindone, durato 150 anni, probabilmente interessato anche dalla permanenza in Grecia e successivamente dell’arrivo nella città di Lirey, città della Francia, ad opera di un cavaliere crociato.

La mappa che si ricava, dalla suddivisione storica appena fatta, viene confermata anche dalla ricerca palinologica che gli studiosi hanno operato sul tessuto sindonico, portando gli stessi a dichiarare che il Telo presente oggi a Torino ha effettivamente toccato i luoghi geografici summenzionati, ovvero l’area siro-palestinese, quella anatolica ed infine la zona alpina italo-francese.

1- Da Gerusalemme ad Edessa

Gerusalemme è certamente il luogo principale e assolutamente primario rispetto a qualsiasi altra località, per attivare la ricerca storica sulla eventuale presenza della Sindone nei documenti antichi in Medio Oriente.

Sappiamo che il Signore fu sepolto a Gerusalemme nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea a pochi metri di distanza sia dal luogo della pietra dell’unzione che da quello della crocifissione.

È noto, inoltre, sempre dalla lettura del Nuovo Testamento, che il pio ebreo sinedrita è anche l’autore dell’acquisto della Sindone in oggetto, stoffa acquistata a metro e quindi formata da un pezzo unico, senza cuciture, manufatto, che per la sua particolarità, costava molto.

È da questo lungo pezzo di stoffa che egli avrebbe potuto ricavare - tagliando in più parti il telo -, non solo il lenzuolo funebre per contenerne ed avvolgere il corpo di Gesù, ciò che chiamiamo la Sindone, ma anche il sudario, fazzoletto da porre sul capo esternamente alla Sindone stessa, e le fasce - si pensa che siano almeno tre - utili per annodare e stringere il lenzuolo intorno al corpo ad unzione ultimata9.

Sulle dimensioni della Sindone - al dire di Mons. Ricci, piuttosto eccessive rispetto a quelle in uso in quel tempo -, e sulle diverse misurazioni fatte al sacro reperto in epoca antica10 , ritorneremo successivamente quando prenderemo in considerazione le caratteristiche tecniche del Lenzuolo funerario di Cristo.

Quanto alle testimonianze storiche su tale reperto - ci riferiamo cioè almeno alla Sindone, tralasciando il sudario e le fasce - non possiamo non partire che dai vangeli, i quali descrivono per primi i fatti accaduti intorno al sepolcro quella mattina successiva alla Pasqua ebraica.

Il contenuto dei racconti evangelici sull’argomento in oggetto e la relativa esegesi di tali pericopi saranno trattati nei capitoli V e VI; qui ci limiteremo soltanto a verificare le eventuali tracce del Lenzuolo funebre nei documenti primitivi appartenuti o prodotti dalla comunità cristiana quali segni di una presenza antica della Sindone.

Per quanto riguarda i testi dei vangeli canonici, nessun libro del nuovo testamento, però, mette in evidenza il destino dei teli lasciati da Cristo nel sepolcro dopo l’evento della risurrezione.

Questo aspetto, a prima vista preoccupante ai fini della nostra ricerca, diventa invece interessante se lo si guarda con l’occhio e con la mentalità della comunità giudeo-cristiana appena formata a Gerusalemme, e non con il nostro metro di valutazione, sicuramente astoricizzato e decontestualizzato: si sa infatti che la primitiva comunità cristiana era ancora avvolta, influenzata e giudicata dal giudaismo ufficiale, quindi ancora immersa nella mentalità religiosa e sociale del tempo.

In effetti, per comprendere l’ambiente nel quale i primi cristiani vivevano in Palestina, è sufficiente rilevare che, fino a tutto il IV secolo d.C., i seguaci di Cristo venivano chiamati dai giudei, nazareni e non cristiani, ritenuti cioè, dal giudaismo rabbinico, non una religione autonoma dall’ebraismo, ma una delle tante sette della religione di Israele che proliferavano in quel tempo in tutta l’area palestinese: basti citare i sadducei, gli zeloti, i samaritani, i farisei, gli esseni.

I primi cristiani, quindi, non potevano ostendere il lenzuolo funebre di un condannato a morte, tra l’altro intriso di sangue e quindi ritenuto anche per questo impuro : le rigide norme deuteronomiche e precettistiche del fariseismo giudaico non permettevano tali leggerezze. Il semplice possesso di oggetti appartenuti ai condannati a morte era vietato dalla Legge di Israele11.

Se a questo aggiungiamo che le prime persecuzioni contro gli eretici o minim12, avvennero a Gerusalemme già nell’anno 42 d.C., e che il martirio di Giacomo13, primo vescovo della città santa, si consumò venti anni dopo, nel 6214, il quadro si fa più chiaro quanto ad ostilità da parte della religione ufficiale contro la primitiva esperienza cristiana: la chiesa dell’Apostolo gerosolimitano venne fortemente perseguitata e le comunità giudeo-cristiane della città del Tempio furono costrette a rifugiarsi prima a Qumran15, all’interno nelle grotte sulle rive del Mar Morto, e poi a Pella, nella lontana Decapoli, nel 66 d.C., portando con sé tutto l’armamentario sacro16.

Anche se dalla fonte appena citata non viene fatta una lista dalla quale evincere la presenza della Sindone, non possiamo a priori escluderla dal patrimonio sacro della antica comunità gerosolimitana in fuga.

Infatti durante i lavori del Concilio di Nicea II, il famoso concilio che legiferò contro l’iconoclastia, siamo nell’ottavo secolo d.C., fu letta una lettera, non senza l’approvazione autorevole di san Atanasio, la quale riportava una antica tradizione di una immagine riportante l’intera figura del corpo di Gesù Cristo: "nel biennio che precedette la distruzione di Gerusalemme per opera di Tito Vespasiano, i fedeli furono avvertiti dallo Spirito Santo di lasciare Gerusalemme e di ritirarsi nel regno di Agrippa, rimasto alleato dei romani. Uscendo, dunque, dalla città, trasportarono con sé i loro oggetti più preziosi; è così che le immagini e le altre cose sacre furono portate in Siria ed ivi si trovavano".

Stessa cosa avvenne, questa volta però sotto il dominio musulmano, nel 1006-1007 durante il califfato di El Hakem, quando i cristiani vedendosi minacciati dal governo musulmano, trasportarono nuovamente gli oggetti sacri da Gerusalemme a Costantinopoli, dove infatti gli elenchi delle reliquie conservate nella città anatolica dell’XI secolo riportano tra gli altri, la Sindone17.

Ai fini delle prime documentazioni attestanti la presenza della Sindone e del destino dei teli appartenuti a Gesù Cristo per la sua sepoltura, relativamente agli anni successivi al I secolo, ci vengono in aiuto i vangeli apocrifi, così definiti non perché eretici o occulti, ma semplicemente nascosti o segreti; questi testi infatti erano riservati non a gente semplice, ma per l’istruzione di iniziati e di catecumeni, soprattutto di ambiente gnostico.

I vangeli canonici invece - dal greco kanòn, cioè asta, bastone, regolo per misurare -, sono quelli codificati dalla Chiesa quali normativi per la fede cristiana e quindi validi per tutti18. Appare forte l’influenza della prassi ebraica la quale prima di arrivare al corpus biblico purificò gli scritti ispirati da quelli non ispirati, gli hisonim da quelli messi in disparte nel nascondiglio, i ghenuzim.

Ci limitiamo qui solo a menzionare alcuni degli autori pseudoepigrafici più importanti, tentando una elencazione documentaria in base alla presenza del lemma sindone nei testi apocrifi.

Il Vangelo secondo gli Ebrei, scritto in aramaico intorno al III secolo d.C., comunque anteriore al 250, al passo 1,3-10 così recita: "[In seguito alla risurrezione] il Signore dopo aver consegnato il lenzuolo (sindone) al servo del sacerdote si recò da Giacomo e gli apparve"19.

È evidente l’intenzione, da parte dell’autore, di voler sottolineare la presenza della Sindone e la relativa conservazione del Telo all’interno della primitiva comunità cristiana di Palestina già dal II secolo d. C.; su questa pericope dell’apocrifo citato si sono fatte numerose interpretazioni20. La più importante è quella che fa riferimento alla tradizione secondo la quale Gesù consegnò la veste (il lenzuolo abbandonato dal giovane in Mc 14,52) a Malco, il rappresentante del Sommo Sacerdote - o meglio ancora, come etimologicamente il suo nome sembra suggerirci, al servo del Sommo Sacerdote - come prova che egli era risuscitato.

Il Vangelo secondo gli Ebrei non ci è pervenuto in forma originale; abbiamo diversi autori antichi che lo citano tra cui Eusebio, Filippo, Epifanio, lo Pseudo-Cirillo, Origene e lo stesso Gerolamo, ma tutti in modo frammentario e parziale21.

Il Vangelo di Pietro, quasi certamente siriaco, datato intorno all’inizio del II secolo d.C., nel racconto della crocifissione e della risurrezione al versetto 24 del capitolo VI, così dice: "Giuseppe avendo preso il Signore, lo lavò e lo avvolse in un telo e lo introdusse nella sua tomba".

È da far notare subito la contraddizione tra il racconto dell’apocrifo di Pietro e il Telo di Torino il quale, come ben sappiamo, conserva le tracce delle macchie di sangue del cruciaro.

Infatti la Sacra Scrittura e la tradizione letteraria giudaica, in particolare i trattati che si occupano della sepoltura22 , prescrivono che il morto deceduto di morte violenta e con perdita di sangue, sia sepolto non lavato e con il sangue che ha perso, dopo averlo accuratamente raccolto; nella cultura ebraica il sangue, chiamato perciò sangue di vita, è il luogo della presenza dell’anima. Il defunto deve inoltre essere sepolto lo stesso giorno (Dt 21, 22-23).

Il contenuto del documento siriaco è tra l’altro anche in contrasto con la legislazione tuttora vigente presso gli ebrei e cioè il divieto di lavare i corpi dei defunti insanguinati prima della unzione e della sepoltura: questo rafforza ulteriormente quanto detto.

[Modificato da (Teofilo) 30/10/2009 13:32]
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