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LA SINDONE fra storia e devozione

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2012 18:55
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27/10/2009 15:50
 
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2- Da Edessa a Costantinopoli

Dalla redazione dagli Atti di Taddeo ha avuto inizio, come abbiamo più volte affermato, la tradizione secondo cui l’immagine di Gesù sulla stoffa è stata impressa mediante l’applicazione di un telo sul suo viso; l’operazione, al dire dei documenti, è stata fatta da lui stesso.

Questo racconto viene riportato in due codici greci: il Vindobonensis del X secolo e il Parisinus del secolo XI. Il primo fa precisi riferimenti relativi alla traslazione del Mandylion da Edessa a Costantinopoli nell’anno 94452.

Ci siamo addentrati così nel X secolo, momento storico carico di eventi importanti per le vicende del sacro Telo.

Infatti famoso è il discorso dell’imperatore Costantino VII Porfirogenito (912-959) quando, in qualità di esperto in pittura, impegnato a descrivere il lenzuolo funebre conservato in Costantinopoli e che la tradizione già faceva risalire ai panni sepolcrali del Cristo, così esordisce in una sua omelia: "E dunque riguardo all’impronta della forma teandrica di questo Verbo divino, che si è impressa senza tinta nel tessuto che l’ha ricevuta per la volontà meravigliosa del suo autore, che fu mandata allora da Abgar per la sua guarigione e che adesso per una provvidenza assolutamente divina, è stata portata da Edessa a questa regina delle città, per sua salute e salvaguardia, affinché sia manifesto che essa non manca di nulla, perché essa ha il diritto di prevalere su tutte in ogni cosa.....Quanto alla causa per cui, grazie ad una secrezione liquida senza materia colorante né arte pittorica, l’aspetto del viso si è formato sul tessuto di lino e in che modo ciò che è venuto da una materia così corruttibile, non abbia subìto nel tempo alcuna corruzione, e che tutti gli altri argomenti che ama ricercare accuratamente colui che si applica alle realtà come fisico, bisogna lasciarli all’inaccessibile saggezza di Dio".

Subito dopo, l’omelia prende a descrivere la formazione dell’immagine teandrica: "Riguardo al punto principale dell’argomento tutti sono d’accordo e convengono che la forma è stata impressa in maniera meravigliosa nel tessuto dal volto del Signore. Ma riguardo a un particolare della cosa, cioè al momento, essi differiscono, cosa che non nuoce in alcun modo alla verità, che ciò sia accaduto prima o più tardi. Ecco dunque l’altra tradizione. Quando Cristo si avvicinava alla sua passione volontaria, quando mostrò l’umana debolezza e lo si vide nell’agonia pregare, quando il suo sudore colò come gocce di sangue, secondo la parola del vangelo, allora, egli ebbe da uno dei suoi discepoli questo pezzo di tessuto che ora vediamo e con esso si asciugò l’effusione dei suoi sudori. E subito si impresse quest’impronta visibile dei suoi tratti divini"53.

Appaiono evidentissimi almeno due particolari che mettono in forte relazione il Mandylion descritto dall’imperatore con la Sindone conservata nel Duomo di Torino: in primo luogo Costantino riferisce che l’immagine di Cristo si è impressa sul telo in modo misterioso quindi senza l’uso di pigmenti o colorazioni varie; in secondo luogo indica la presenza sul tessuto di tracce di sangue, causate dall’agonia di Gesù nel Getsemani54 quando prese a sudare sangue dalla fronte (Lc 22,44).

Sia quest’ultima descrizione che quella fatta da Symeon Magister55, sempre nel X secolo, contenuta nella Narratio de Imagine Edessena, fanno pensare che la stessa si riferisse più alla Sindone che ad un dipinto.

La cronaca racconta delle due differenti descrizioni che i figli dell’imperatore Romano I Lacapeno (920-944) e il giovane co-imperatore Costantino VII fanno del Mandylion, quando la reliquia viene presentata alla famiglia imperiale: i due figli Stefano e Cristoforo dicevano di non vedere nient’altro che un volto, e Costantino, il genero di Romano, diceva invece di vedere sia gli occhi che le orecchie del Santo Volto: "Pochi giorni prima, (della deposizione di Romano ad opera dei suoi due figli) mentre tutti esaminavano l’impronta senza contaminazione del santo asciugatoio del Figlio di Dio, i figli dell’imperatore dicevano di non vedere nient’altro che un volto. Ma il genero Costantino Porfirogenito diceva di vedere occhi e orecchie. Il venerabile Sergio disse loro: "Avete visto bene in ambedue i casi". Essi risposero: "E che significa la differenza tra l’uno a l’altro?" Egli rispose: "Non sono io, ma il profeta Davide a dire: gli occhi del Signore si volgono verso i giusti e le sue orecchie verso la loro preghiera. Ma il volto del Signore si volge verso i malvagi per sterminare dalla terra il loro ricordo (Sal 33,16). A queste parole essi furono pieni di collera e complottarono contro di lui"56.

Ciò che ci interessa della descrizione fatta differentemente dai tre è l’evanescenza dell’immagine impressa sul Mandylion tale da far dare interpretazioni diverse a chiunque la guardasse.

Questi due documenti hanno fatto dire allo storico Ian Wilson che il Mandylion e la Sindone di Torino sono la stessa cosa: si ipotizza cioè la perfetta identificazione tra i due oggetti presi in esame nelle fonti medioevali, dimostrandone, come abbiamo fatto, le correlazioni57.

L’immagine edessena dunque, quella cioè che fa vedere soltanto il volto di Cristo, non è altro che la Sindone piegata in otto parti: un ottavo di Sindone esposto alla vista dei fedeli è la parte del solo Volto; la restante parte del rettangolo veniva coperta da una griglia di losanghe, così descritta da più fonti.

Medioevali sono anche la Storia Universale di Agapios, anch’essa del X secolo, e la Cronaca di Michele il Siro, del secolo XII58.

Le due autorevoli fonti parlano sia della lettera di Gesù che della relativa promessa di incolumità della città, oltre che della presenza di un’immagine.

Anche se opere tardive, sono però ritenute "sicure", perché null’altro che rielaborazioni dei documenti più antichi, e cioè di quelli sopra descritti: la Dottrina di Addai e la posizione di Eusebio di Cesarea.

Dalle ulteriori fonti medioevali prodotte, laddove non fossero ancora sufficienti quelle antiche, è verosimile affermare che ad Edessa ci conservava una immagine non fatta da mano d’uomo, cioè achiropita, già nei primi secoli dopo la morte di Cristo; la sua scoperta definitiva, però, come abbiamo visto, verrà fatta soltanto nel corso del VI secolo.

L’immagine arriva a Costantinopoli nel 944, dopo una battaglia combattuta dall’esercito bizantino contro il sultano di Edessa. Da quel momento il 15 agosto59, giorno nel quale si festeggia la Dormizione della Madre di Dio in Oriente e dell’Assunta in Occidente, diviene momento di ricordo di tale avvenimento60.

Così infatti canta l’Inno liturgico, composto in occasione dell’accoglienza trionfale fatta alla Reliquia al suo arrivo nella capitale orientale: "Le parole del Cantico si sono adempiute in maniera intelligibile nella festa presente. Incarnato per noi, il nostro Dio dapprima ci ha fatto sentire la voce nei santi vangeli. Ora Egli mostra il suo volto, che ha disegnato asciugandolo, accreditando in questi due modi la meraviglia della sua ineffabile Incarnazione"61.

Si può leggere in questa fonte liturgica la costante e progressiva presenza di Dio nella storia dell’uomo: come la rivelazione antica parte dalla esperienza che Abramo fa nel deserto quando sente la voce di Dio che lo interpella e questa trova il suo massimo compimento in Cristo, il figlio di Dio e Dio stesso, il Logos, il quale si incarna, nella rivelazione nuova, per incontrare l’uomo e dirgli definitivamente la verità tutta intera, così il vangelo, la buona novella, trova la sua ulteriore presenza di Cristo tra gli uomini non solo nella Parola annunciata, ma anche nell’immagine impressa sul telo. È l’ostinato desiderio di Dio a voler dimorare in mezzo agli uomini62.

Il passo veterotestamentario che L’Inno liturgico riporta è la pericope di Ct 2,14: "O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro".

Il rapporto voce-volto è ben messo in evidenza in questo brano il quale sintetizza ciò che la liturgia cattolica celebra durante il mistero della Santa Messa, la proclamazione della Parola prima e la Presenza di Cristo nella Eucaristia dopo.

La fonte più importante che attesta la presenza della Sindone a Costantinopoli è l’Omelia di Gregorio Referendario, funzionario della corte imperiale nel X secolo.

L’Omelia, tenuta dall’arcidiacono in occasione dell’arrivo della Reliquia in Santa Sofia il 16 agosto, presenta, rispetto alle altre fonti, almeno due elementi di novità: afferma, innanzitutto che l’immagine di Edessa non è stata prodotta nel corso del ministero pubblico di Gesù per soddisfare il desiderio di guarigione di Abgar, ma durante l’agonia del Getsemani, come già l’omelia di Costantino VII Porfirogenito aveva timidamente detto; essa si è formata quindi non con l’acqua con cui Cristo si sarebbe inumidito la faccia, ma col sudore di sangue. In secondo luogo, che l’immagine impressa sul telo non riporta solamente il volto, ma il corpo e le macchie di sangue e acqua63.

Questa la descrizione fatta da Gregorio a proposito della misteriosa immagine: "Il fulgore (dell’immagine) è stato impresso dai soli sudori dell’agonia del volto dell’Autore della Vita, che sono stati colati come grumi di sangue, e dal Dito di Dio. Sono essi (i sudori) gli ornamenti che hanno colorato la vera impronta di Cristo. E, dopo che essi sono colati, è stata abbellita dalle gocce del proprio costato"64.

Un’opera liturgica importante che testimonia ulteriormente la presenza della Sindone in Costantinopoli è quella di Cristoforo di Militene (1000-1050): "Su una Sindone, perché vivente, hai impresso le tue sembianze; perché morto, vestisti, ultima, la Sindone".

Il sinassario del monaco Simeone Metafrastata (+1000) completa le fonti eucologiche: qui è narrata la vicenda del Mandylion di Edessa.

Si ottiene così una lunga sequenza storica nella quale le testimonianze relative a un’immagine non fatta da mano d’uomo, sono tra loro legate in maniera quasi sorprendente a quelle che parlano dei panni sepolcrali di Cristo, conservati a Costantinopoli tra le reliquie della Passione65.

Una miniatura che rappresenta il trasferimento del Mandylion da Edessa a Costantinopoli è quella che va sotto il nome di codice Skylitezè, il cronografo bizantino Giovanni, all’epoca dell’imperatore Alessio I Comneno (1081-1118); nel disegno è raffigurato l’imperatore Romano I Lacapeno (920-944) che riceve la Reliquia dalle mani di un sacerdote e con una scritta in calce alla miniatura stessa: To hagion Mandylion, il Santo Mandylion66.

Nel monastero di Santa Caterina sul Sinai, fondato dall’imperatore bizantino Giustiniano, si trova una icona che riproduce molto similmente le raffigurazioni della miniatura del codice Skylitezè; l’unica importante variante è che il personaggio ricevente il dipinto dall’apostolo Taddeo è il re Abgar. Il re di Edessa ha sulle ginocchia un velo, guarnito di frange, sul quale è chiaramente visibile il capo del Salvatore.

È evidente il parallelismo che questa icona vuol fare tra il re Abgar e l’imperatore bizantino Costantino Porfirogenito da una parte e tra la protezione concessa alla città di Edessa ora passata all’Impero.

Sarà il cronista crociato Robert de Clary, cavaliere di Piccardia, nella sua opera La Conquête de Constantinople del 1204, a parlare di una Sindone, esposta ogni venerdì nella chiesa di Santa Maria di Blacherne in Costantinopoli67, e a riferire che sul telo in oggetto fosse chiaramente visibile la figura del Cristo; il cavaliere francese, nella stessa opera, la Storia di quelli che conquistarono Costantinopoli, ha enumerato le reliquie che la chiesa conservava in quell’anno e le bellezze delle costruzioni della capitale dell’impero.

Così dunque l’importante descrizione, riportata nel capitolo XVII della fonte, della figura vista, crediamo personalmente, dal Clary prima che la Nuova Roma cadesse nella mani dei latini: "E fra queste altre chiese, ce n’è un’altra che si chiama Signora Santa Maria delle Blacherne, dove si trova la sindone in cui Nostro Signore fu accolto, che ogni venerdì si esponeva in tutta la sua altezza, tanto che vi si poteva ben vedere la figura di Nostro Signore. Né alcuno seppe, né Greco, né Francese, che ne avvenne di questa sindone quando la città fu conquistata".

Se il cronista ha volutamente espresso la descrizione dell’impronta sindonica con il termine figura e non con quella solita di volto è perché evidentemente egli vedeva l’intera raffigurazione del corpo del Signore; ma il cavaliere d’oltralpe ci lascia anche un altro indizio importante da evidenziare: nessuno seppe cosa accadde alla Reliquia dopo il sacco del 12 aprile del 1204.

Una data però sembra certa: nel 1247 la Sindone era ancora in Costantinopoli; in quell’anno Baldovino II ne inviò al cugino, Luigi IX di Francia, una parte di tessuto "partem sudarii"68.

Si sa inoltre dai discorsi di Nicola Mesarites che la chiesetta di Santa Maria del Faro, il luogo della conservazione delle reliquie prima che passassero nella chiesa di Santa Maria delle Blacherne, conteneva ben dieci resti dei racconti della vita di Gesù: il decalogo fu più volte imposto alle orecchie di quanti organizzavano rivolte e profanazioni, una per tutte quella di Giovanni Comneno il quale voleva ribaltare il seggio imperiale.

La fonte descrive la stoffa come molto pregiata, ancora profumata e, particolare interessante ai fini della comparazione con il Lenzuolo di Torino, il corpo di Cristo è nudo; ciò che per Clary era tratto a figura intera, qui diventa nudo.

Molte altre testimonianze potremmo ancora citare, ma si potrebbe rischiare di appesantire la lettura; ci basta affermare che in Oriente il culto di una immagine non fatta da mano d’uomo, di difficile descrizione e rappresentante un uomo in tutta la sua figura, per di più nudo, non era una cosa estranea69.

Dopo quasi 150 anni, nel 1353, la Sindone appare a Lirey in Francia; il possessore è Geoffroy de Charny, cavaliere crociato e omonimo del templare arso vivo cinquanta anni prima.

È l’ultimo anello della catena che chiude la storia orientale e apre quella occidentale, oggetto di esposizione del capitolo successivo.

                       

Note del I Capitolo

1 Sappiamo che le prove della risurrezione di Gesù Cristo sono tutte da accreditarsi alle diverse apparizioni del Risorto ai più stretti suoi seguaci e agli Apostoli stessi. Quella del Telo più che una prova della avvenuta resurrezione era compresa, dalla primitiva comunità di Gerusalemme, come un ricordo personale di ciò che era appartenuto al Maestro.

 

2 Da questo momento la Sindone risulta in possesso di Geoffroy di Charny, un cavaliere crociato, il quale la consegna ai canonici di Lirey, piccola cittadina della Francia.

3 Ricordiamo soltanto i vari incendi e gli spostamenti che il Telo ha fatto da Gerusalemme a Chambéry per giungere poi finalmente a Torino; i contrasti tra le curie locali; il trasporto segreto della Sindone nel Santuario di Montevergine (Avellino) per sfuggire ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

4 È infatti dallo sviluppo della prima fotografia scattata al telo sindonico nel maggio del 1898 dall’avvocato Secondo Pia che la Scienza ha potuto dare inizio alla ricerca: i numerosi particolari emersi dal negativo fotografico non sono visibili ad occhio nudo.

5 Marlene Eordegian, una studiosa armena della Hebrew University di Gerusalemme, sta conducendo una ricerca su manoscritti inediti i quali attesterebbero la presenza della Sindone, sia in campo liturgico che storico-letterario, nella chiesa orientale dei primi secoli. Cfr la relazione tenuta al convegno di Asti il 2 maggio 1998, organizzato dall’ENEC (Europe-Near East Centre) e dal Centro Culturale P. Frassati, dal tema: "La Sindone. Tra Oriente ed Occidente".

6 Sono così definiti gli studiosi della Sindone che pur appartenendo a differenti scienze, se ne contano almeno trenta, ne formano una nuova: la sindonologia.

7 La Conferenza Episcopale Italiana, ha affidato all’ENEC (Europe-Near East Centre), un progetto di ricerca relativo al rinvenimento di eventuali manoscritti inediti riguardanti la Sindone di Torino in età antica. Le piste che si stanno battendo riguardano le fonti greche, armene, siriache ed arabe. Il Fondo costituito ha dato così la possibilità di avviare alcune delle ricerche summenzionate con risultati, ci auguriamo, interessanti ai fini di un maggior contributo relativo alla presenza e al culto della Sacra Sindone in Oriente già nei primi secoli dell’era cristiana.

8 Termine greco che traduce il lemma fazzolettone o asciugamano. La tradizione fa del Mandylion la stoffa sulla quale si sarebbe impresso il volto di Cristo in modo misterioso e che fa riferimento ai racconti del re Abgar e delle vicende della sua città, per questo chiamato il Mandylion di Edessa; nel paragrafo successivo si tratterà della complessa questione circa l’identificazione del Mandylion con la Sindone di Torino.

9 Per la distinzione dei teli funerari e delle caratteristiche peculiari degli stessi, il V e il VI capitolo affronteranno diffusamente l’argomento. Del Sudario conservato dal IX secolo ad Oviedo, nella Cattedrale, dobbiamo subito dire che le macchie di sangue presenti sul telo spagnolo sono dello stesso gruppo sanguigno riscontrato sia sulla Sindone di Torino che nel più importante miracolo eucaristico del mondo: il miracolo di Lanciano (cfr ns. nota 96).

10 Le diverse misurazioni fatte sulla Sindone sono attestate da fonti autorevoli quali la misurazione di Arculfo, pellegrino nel 670 in Gerusalemme, e dall’imperatore Giustiniano (527-565), al punto da ricavare una unità di misura valida in tutto Oriente, chiamata per questo mensura Christi.

11 È altrettanto evidente la situazione di disagio che la primitiva comunità cristiana viveva in quel tempo a Gerusalemme, in Palestina e nell’intera Ecumene: il cristianesimo, come è noto, è stato perseguitato in tutto l’Impero romano fino agli inizi del IV secolo d.C.

12 I cristiani già all’inizio del II secolo vennero apostrofati eretici dai giudei, in ebraico minim; cfr la Dodicesima Birkàt ha-mmìnìm della Tefillàh o Amidàh giudaica, in NICOLA BUX, La Liturgia degli Orientali, p 23, Bari 1996, (Quaderni di O’ Odigos, 1/1996).

13 Il fratello del Signore fu ucciso per invidia dal Gran Sacerdote Anania, suocero di Caifa; quest’ultimo era il vero Sommo Sacerdote facente funzioni al tempo del processo di Gesù.

14 L’apostolo Giacomo viene fatto precipitare dal pinnacolo del Tempio sul quale il diavolo aveva trasportato Gesù per tentarlo (Mt 4,5).

15 Località desertica a venti chilometri dalla capitale della Giudea, conosciuta anche come il luogo di ritiro del monachesimo ebraico: gli esseni.

16 Cfr EUSEBIO di CESAREA, Storia Ecclesiastica, III 5,3.

17 Cfr GIULIO RICCI, La Sindone Santa, p XXII ; XXXIV, Roma 1976.

18 Di Origene è la famosa frase che sancì definitivamente i vangeli apocrifi non canonici: Ecclesia quattuor habet evangelia, haeresis plurima.

19 Vangelo degli ebrei, in I Vangeli apocrifi, a cura di MARCELLO CRAVERI, p 275-277, Torino 1990.

20 Sulla Sindone come simbolo della trasmissione di un potere sacerdotale e non come Reliquia, cfr. Carlo Papini, Il Vangelo dei Giudeo-cristiani e la Sindone di Gesù, <Approfondimento Sindone>, p. 21-26, Anno I, vol. II (1997).

21 GIROLAMO, De Viris illustribus, 2 (PL 23, 641, n. 831); Apocrifi del Nuovo Testamento, I, a cura di LUIGI MORALDI, p. 376, Torino 1971.

22 Cfr Kitzur Shulchan Aruk, in BONNIE B. LAVOIE, <Sindon> 1981, q. 30; cfr ABRAHAM COHEN, Il Talmud, Bari 1999.

23 La moglie di Pilato Claudia Procula (o Procla) è per la chiesa greca, santa; è festeggiata il 27 ottobre nel calendario liturgico. Cfr VITTORIO MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato. Un’indagine sulla passione e morte di Gesù, p 87, Torino 1992.

24 Cfr Dichiarazione di Giuseppe di Arimatea, in I Vangeli apocrifi, p 401-409.

25 Per i testi dei vangeli apocrifi consultare I Vangeli apocrifi, a cura di M. CRAVERI.

26 Cfr L. MORALDI, Apocrifi del Nuovo Testamento, Torino 1971.

27 Le immagini achiropite nel mondo iconografico sono diverse; si tratta sostanzialmente di immagini impresse su teli, delle quali però non se ne conosce la natura e la causa.

28 Di diverso parere è lo studioso ANTONIO LOMBATTI, cfr Impossibile identificare la Sindone con il Mandylion: ulteriori conferme di 3 codici latini, <Approfondimento Sindone>, Anno II, vol. 2 (1998), p. 1-30; interessante è la risposta al prof. Lombatti da parte dello storico americano DANIEL SCAVONE, sostenitore dell’identificazione della Sindone di Torino con il Mandylion, cfr Comments on the article of A. Lombatti, <Approfondimento Sindone>, Anno III, vol. I (1999), p. 53-66.

29 Sindòn, telo, veste, mantello, panno, othòne, lenzuolo, tela, abito, drappo, tessuto, etc.

30 Cfr CIRILLO di GERUSALEMME, Le Catechesi: ventesima Catechesi o seconda catechesi mistagogica 7,13, in Collana di Testi Patristici a cura di ANTONIO QUACQUARELLI, Roma 1993.

31 CIRILLO di GERUSALEMME, Catechesi Mistagogica XIV,12.

32 Cfr ETERIA, Diario di viaggio, traduzione di C. ZOPPOLA, Roma 1979.

33 GEROLAMO, De viris illustribus, c 2 ; PL 23, p 612-613.

34 A confutare la tesi che la fonte siriaca in oggetto sia la "prova" dell’esistenza della Sindone oggi conservata a Torino già nel V secolo d.C. è lo studioso PIER ANGELO GRAMAGLIA; cfr dell’autore, La Sindone di Torino: alcuni problemi storici, <Rivista di Storia e Letteratura Religiosa>, 24 (1988) n. 3, p. 526-531; cfr anche I cimeli cristiani di Edessa, <Approfondimento Sindone>, Anno III, vol. I (1999), p. 1-51.

35 Cfr A.M. DUBARLE, O.P., Storia antica della Sindone di Torino, p 113-125, Roma 1989.

36 Ivi, 101.

37 Il divieto di vedere le reliquie è una prassi molto presente nella Chiesa cattolica e non solo. L’interdetto è stato in parte moderato soltanto negli ultimi anni, e cioè dopo il Concilio Vaticano II.

38 In questa fonte non compare il termine acheiropoiètos, ma la parola theoteuctos, opera di Dio, cfr DUBARLE, op cit, nota 1, p. 99.

39 Cfr DUBARLE, Storia antica, p. 99-111.

40 Per il prof. GRAMAGLIA la fonte bizantina è una rielaborazione e una manipolazione di Evagrio che integra nel 593 i racconti di Eusebio di Cesarea e quelli di Procopio. Cfr dell’autore, La Sindone di Torino, p. 538-539.

41 Strofa IX, traduzione Dupont-Sommer. A tal proposito è interessante confrontare il passo con Dn 2,34: "Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che era di ferro e di argilla, e li frantumò". Cfr DUBARLE, Storia antica della Sindone di Torino, nota 12, cap V, p 103, Roma 1986.

42 La trasposizione della protezione, dalla lettera all’immagine, è stata influenzata e contaminata dalla esperienza della vicenda legata all’immagine di Kamuliana, un paese della Cappadocia, che possedeva un’immagine non fatta da mano d’uomo, la prima ad essere definita in tal modo, utilizzata dall’esercito dell’imperatore contro la lotta ai persiani. Cfr DUBARLE, Storia antica, p 107.

43 Ibidem, p 109.

44 GINO ZANINOTTO, La Sindone di Torino e l’immagine di Edessa. Nuovi contributi, in <Sindon>, p 3, (3/1996).

45 Ivi, p 4.

46 PG 113,437 A.

47 Non bisogna dimenticare che nell’antichità esisteva il timore del sacro e che il Lenzuolo portava i segni della Passione di Cristo, motivo sufficiente per celare ai fedeli la cruenta morte del Signore oltre che la nudità del suo santo corpo.

48 Nome dato fino ai secoli scorsi al medico privato e a volte segreto del Sommo Pontefice; oggi questo appellativo è caduto in disuso.

49 L. MORALDI, Apocrifi del Nuovo Testamento, p. 1178-1179, Torino 1971.

50 Sarà Gregorio Referendario a fare esplicito riferimento all’epistola gerosolimitana: egli prende in esame sia gli elementi narrativi che il nome dell’autore della traslazione del Mandylion, da Edessa a Costantinopoli. Il capitolo successivo affronterà nel particolare la fonte in oggetto.

51 Cfr GINO ZANINOTTO, La sindone e l’immagine di Edessa, in <Sindon>, 1996.

52 Ivi, p. 3.

53 DUBARLE, Storia antica , p. 72-73.

54 Il termine Getsemani in ebraico significa frantoio per l’olio; è il luogo situato nella valle del Cedron, ai piedi del monte degli Ulivi. È interessante mettere in relazione i due eventi: dalle olive, opportunamente pressate, esce olio; dal capo di Cristo esce sangue.

55 Cfr DUBARLE, Storia antica, p. 75.

56 Ib, p. 76.

57 Cfr IAN WILSON, The Turin Shroud, London 1978.

58 Cfr DUBARLE, Storia antica, p. 115-116.

59 In questa data il reliquiario che conteneva il Telo di Cristo arriva a Costantinopoli. La Sindone fu deposta in primo luogo presso l’oratorio della chiesa delle Blacherne; venne quindi trasferita nella chiesetta del Faro nel complesso imperiale del Boucoleon. Il giorno seguente, la santa processione proseguì lungo la costa della città, vi rientrò dalla Porta d’Oro e si condusse verso la basilica di S. Sofia. La Reliquia ripartì per il palazzo imperiale e fu deposta sul trono dell’imperatore. Il santo percorso, taumaturgico e protettivo, si concluse nella chiesa del Faro.

60 Cfr Archimandrita GEORGES GHARIB, La festa del Santo Mandylion nella chiesa bizantina, <Atti del II Congresso Internazionale di Sindonologia>, 1978.

61 DUBARLE, Storia antica, p. 79.

62 Cfr LUIGI NEGRI, Un dono del Signore, <Collegamento pro-Sindone>, p. 19-24, 5/6 (1998).

63 Cfr A.M. DUBARLE O.P., Novità della storia antica della Sindone di Torino, in <Sindon>, p. 1-2, (4/1990).

64 Cfr GINO ZANINOTTO, Codices Vaticani Graeci, t. II, 1937, n. 511; fogli 143-150, in <Collegamento pro-Sindone>, p. 16-25, (3-4/1988); Cfr DUBARLE, Novità della storia.

65 Si fa risalire il rinvenimento delle reliquie di Terra Santa all’imperatrice Elena e a Costantino nel 326 d.C. Cfr NICOLA BUX - FRANCO CARDINI, L’anno prossimo a Gerusalemme. La storia. Le guerre e le religioni nella città più amata e più contesa, p. 36-40, Milano 1997.

66 Di differente parere è P. A. GRAMAGLIA, cfr Ancora la Sindone di Torino, <Rivista di Storia e Letteratura religiosa>, Anno XXVII, (1991) n. 1, p. 99-101.

67 Si sa infatti che in Oriente le reliquie, specialmente quelle achiropite, cioè non fatte da mani d’uomo, hanno svolto la funzione di palladio della città e delle sorti dell’impero soprattutto a difesa delle guerre contro le popolazioni persiane ed arabe successivamente. L’esposizione regolare della santa Reliquia a Costantinopoli in quei giorni, a cavallo tra le due prese delle truppe crociate, aveva l’unico scopo di proteggere la città dall’assedio dei veneziani e dei franchi.

68 G. RICCI, La Sindone Santa, p. XXXVI.

69 Non riporto volutamente, per motivi di spazio, le fonti iconografiche, le cause artistiche e liturgiche della nascita delle icone, degli epitafioi e delle imago pietatis nonché delle immagini achiropite impresse su creta, il famoso laterizio; la bibliografia, in calce al testo, rimanderà a queste importanti ed ulteriori fonti le quali avallerebbero, al dire di molti studiosi, sia l’antichità che l’autenticità della Sindone di Torino.

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