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Che cosa vuol dire "commemorare i defunti"?

Ultimo Aggiornamento: 27/10/2009 19:01
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27/10/2009 18:59
 
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Da: Soprannome MSN7978Pergamena  (Messaggio originale)Inviato: 23/10/2003 10.47
Amici...ci stiamo avvicinando al mese di Novembre...e desidero approfondire con voi questo tema per certi versi scottante.....in quanto è materia di discussione dottrinale.....
NOI NON vogliamo affrontare discussioni sterili, ma infondere nel miglior modo possibile, quel senso DELLA PIETA' che è prevista invece verso i Defunti......dalla Bibbia stessa......
Senza fare appunto discussioni sui diversi "CREDO O NON CREDO", sappiamo accogliere con PROFONDA UMILTA' la Grazia che il Signore ci ha dato attraverso questo grande Mistero di COMUNIONE NELLA PREGHIERA......
Signore,
la morte è un mistero
che sgomenta
e non può essere buono
per il fatto che non capiamo.
Per non lasciarci travolgere
bisogna andare di là con chi va,
invece di fissare il vuoto
che è rimasto di qua
e che cerca di inghiottirci.
In fondo, è pietà per noi,
più che per i nostri,
che sono nella pace eterna.
Ancoriamo il cuore alla preghiera.
Non cerchiamo di capire, amiamo...
I morti vogliono questo da noi.
(Don Primo Mazzolari)
Il suffragio amorevole per quanti riposano in Cristo
di Cesare Giraudo 

“… solo questo chiediamo: che vi ricordiate di noi all’altare di Dio”

I defunti hanno un ruolo importante nella preghiera eucaristica. Nel momento del Sanctus essi guidano la nostra lode, in quello dell’intercessione siamo noi a pregare per loro. E quando il sacerdote pronuncia i loro nomi non riduce l’ampiezza della Messa, che resta di tutti, e per tutti domanda la trasformazione nel corpo mistico di Cristo.
Continuando l’esame della preghiera eucaristica, incontriamo l’intercessione per i defunti. Con essa domandiamo per i nostri morti, come abbiamo fatto per le varie componenti della Chiesa n
el mondo, la stessa cosa già chiesta per noi che ci apprestiamo a fare la Comunione, cioè la trasformazione “in un solo corpo”. Questa supplica, che il sacerdote eleva in ogni Messa, richiama l’attenzione di tutti, compresi coloro che varcano la porta della chiesa solo per la morte di un congiunto o di un amico, dal momento che tocca corde dolorosamente sensibili.
Perché dunque preghiamo per i nostri defunti proprio nella preghiera eucaristica? La ragione è semplice: se per fede sappiamo che essi vivono in Dio, però non ci è dato conoscere a quale grado di purificazione siano giunti. Ne consegue che dobbiamo pregare per tutti i nostri morti, principalmente in quella preghiera che è culmen et fons della liturgia stessa.


I defunti hanno un ruolo importante durante la preghiera eucaristica. Al momento del Sanctus — come abbiamo visto in precedenza (cf articolo pubblicato nel numero di maggio) — sono stati i nostri morti, con la loro voce possente, a prenderci per mano, dando consistenza alla nostra debole lode. Ora, nel momento dell’intercessione, siamo noi che ci disponiamo a prenderli per mano. Essi infatti non sono più in grado di rivolgere personalmente a Dio la domanda che implica l’effettiva partecipazione al corpo sacramentale. Per questo noi veniamo incontro alla loro debolezza e, sostituendoci amorevolmente alla loro bocca non più in grado di comunicare, domandiamo per essi, attraverso la nostra comunione di suffragio, quella trasformazione escatologica che ardentemente attendono.

Cominciamo con il proporre il testo di due preghiere eucaristiche a noi familiari.

1. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche romane

Nel canone romano così prega la Chiesa: “Ricordati, o Signore, dei tuoi fedeli N. e N. che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace. Dona loro, Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo, la beatitudine, la luce e la pace”.
Pur nella sua sobrietà, l’intercessione romana non manca di fascino. La designazione dei defunti come coloro che dormono il sonno della pace non è un’invenzione geniale del canone romano, ma testimonia un modo di sentire ben radicato nella tradizione. Parlando della morte di Lazzaro, Gesù stesso l’ha presentata con il linguaggio della dormizione e del sonno ristoratore (cf Gv 11,11-13). D’altronde pure noi ci serviamo della parola “cimitero”, che alla lettera significa “luogo dove si dorme”. Per coloro che già si sono addormentati, che possiamo domandare di meglio, se non la beatitudine, la luce e la pace? Si tratta di una richiesta essenziale, ma densa di significato.
Ben più estesa, rispetto all’intercessione del canone romano, è la
variante propria che figura nella terza preghiera eucaristica. In questa formula — che ovviamente comporta tutti gli adattamenti necessari al maschile e al femminile, al singolare e al plurale — così leggiamo: “
Ricordati del nostro fratello N. che oggi hai chiamato a te da questa vita; e come per il Battesimo l’hai unito alla morte di Cristo, tuo Figlio, così rendilo partecipe della sua risurrezione, quando farà sorgere i morti dalla terra e trasformerà il nostro corpo mortale ad immagine del suo corpo glorioso. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode...”.
Di grande efficacia sono le espressioni quando farà sorgere i morti dalla terra e quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto. Qui la Chiesa in preghiera confessa e annuncia che la morte sarà vinta dalla risurrezione, che le nostre lacrime saranno asciugate dalla contemplazione del volto di Dio, che il momentaneo distacco si risolverà nella gioia del ritrovarci insieme per sempre.

2. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche orientali

Per comprendere meglio le ricchezze teologiche contenute nell’intercessione per i defunti, non possiamo fare a meno di volgerci alle preghiere eucaristiche orientali. Queste dispongono di formulazioni ampie, distese, tendenzialmente esaustive e cariche di umanità.
La preghiera eucaristica di san Basilio così si esprime: “E poiché, o Sovrano, vi è un comandamento dell’unigenito tuo Figlio, che noi comunichiamo alla memoria dei tuoi santi, degnati ancora di ricordarti, Signore, anche di coloro che ti furono graditi fin da quando erano nel mondo: dei santi padri, dei patriarchi, degli apostoli, dei profeti, dei predicatori, degli evangelisti, dei martiri, dei confessori, e di ogni spirito giusto che nella fede di Cristo è giunto a perfezione. In particolare ricordati della santissima, gloriosissima, immacolata, stracolma di benedizioni, nostra Signora, madre di Dio e sempre vergine Maria; del tuo santo glorioso profeta, precursore, battista e martire Giovanni; di santo Stefano, protodiacono e protomartire; del santo e beato padre nostro Marco, apostolo ed evangelista; e del santo padre nostro e taumaturgo Basilio; di san N., di cui oggi celebriamo la memoria; e di tutto il coro dei tuoi santi, per le preghiere e le intercessioni dei quali abbi pietà di noi pure, e salvaci a causa del tuo Nome santo che è stato invocato su di noi. Allo stesso modo ricordati, Signore, di tutti coloro che, appartenuti all’ordine sacerdotale, già si sono addormentati, e di coloro che erano nello stato di laici: degnati di far riposare le anime di tutti nel seno dei nostri santi padri Abramo, Isacco e Giacobbe; distoglili da questo mondo, legali gli uni agli altri in un luogo verdeggiante, presso acqua di riposo, nel paradiso di delizie, da dove è fuggito il dolore e la tristezza e il gemito, nello splendore dei tuoi santi. Quelli, Signore, di cui hai accolto là le anime, fa’ riposare e rendili degni del regno dei cieli”.


Subito balza agli occhi una differenza
tra le liturgie del passato e quelle attuali. Mentre le preghiere eucaristiche oggi in uso, partendo dalla comunità radunata, domandano per essa una sempre ulteriore crescita in comunione con la Vergine Maria, gli apostoli e tutti i santi, invece le antiche liturgie orientali consideravano i santi come i capifila dei defunti, e anche per essi — senza neppure escludere la Tuttasanta - non avevano timore di chiedere una sempre ulteriore trasformazione escatologica. Allora la linea di demarcazione tra le due categorie non era così netta come lascia intendere la teologia cui siamo abituati. Se obiettassimo agli antichi estensori che la loro richiesta a noi pare superflua, dato che i santi canonizzati già godono in pienezza la visione beatifica, essi ci risponderebbero che nel corpo mistico, proprio perché è escatologico, esiste, anche per i santi, la possibilità di una sempre ulteriore crescita in santità, che in ogni caso spetta a Dio quantificare.
Dopo la presentazione congiunta di coloro che ti furono graditi fin da quando erano nel mondo, la preghiera di san Basilio passa in rassegna anzitutto
la schiera dei santi aureolati, cioè di coloro che, dopo una vita esemplare a vasto raggio, ci sono stati proposti a modello: i padri, i patriarchi, gli apostoli, i profeti, i predicatori, gli evangelisti, i martiri e i confessori. Di questa schiera eletta si fanno alcuni nomi. Annunciata da ben sette titoli onorifici, viene in prima posizione Maria: la santissima, gloriosissima, immacolata, stracolma di benedizioni, nostra Signora, madre di Dio e sempre vergine. Segue, in seconda posizione, Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna (cf Mt 11,11). Quindi sono elencati altri santi, che spesso i formulari orientali hanno tendenza a cumulare in liste interminabili.
Conclusa la memoria dei defunti con aureola in capo, si passa a fare memoria dei santi non aureolati, cioè di coloro che siamo soliti designare semplicemente con il termine defunti
. Anche se non potranno mai essere proposti solennemente a modello di vita, perlopiù a causa di un’esistenza nascosta, molti di essi ci hanno lasciato quell’esempio di vita evangelica che fa di loro i “santi delle nostre famiglie”.
Per essi domandiamo a Dio
di distoglierli da questo mondo, non già per staccarli da coloro ai quali un lutto lontano o recente li ha fisicamente strappati, bensì per legarli gli uni agli altri, vale a dire ai loro padri, alle loro madri, a tutti i parenti e amici, a tutti i membri delle piccole e grandi famiglie umane che già li hanno preceduti nella comune dimora. Le nostre difficoltà non consistono forse e principalmente nella solitudine e nelle divisioni? Non è forse il rifiuto di questo “legarci gli uni agli altri” a tormentare la vita individuale e collettiva con incomprensioni, rancori, tensioni di ogni genere, e perfino con guerre aperte? Per i defunti desideriamo un riposo pieno: per questo domandiamo che possano goderlo insieme.
Forse qualcuno potrebbe pensare che l’idea del soggiorno in un luogo verdeggiante, presso acqua di riposo, nel paradiso di delizie
dice poco a noi che, grazie a tecnologie sofisticate, ad ogni volgere di luna ci arrabattiamo per contenere i disagi degli sbalzi stagionali. Ma si tratta di un’immagine che abbiamo interesse a riscoprire, giacché squisitamente umana. Non a caso la felicità primordiale è raffigurata dal libro della Genesi nel “paradiso di delizie”, irrigato dai suoi quattro fiumi, là dove Adamo — per dirla con una traduzione letterale — “viene fatto riposare” (cf Gn 2,15).
La tematica del riposo è particolarmente accentuata nella preghiera eucaristica della Chiesa di Gerusalemme, nota come l’anafora di san
Giacomo. Così essa si esprime: “Di tutti costoro ricordati, Signore, Dio degli spiriti e di ogni carne, di quelli che abbiamo ricordato e degli ortodossi che non abbiamo ricordato: tu stesso falli riposare là nella regione dei viventi, nel tuo regno, nella delizia del paradiso, nel seno di Abramo e di Isacco e di Giacobbe, nostri santi padri, donde è fuggito il dolore, la tristezza e il gemito, dove veglia la luce del tuo volto e brilla in ogni tempo”. 

3. Il nome dei defunti nella preghiera eucaristica: un nome da dire o da non dire?

Se è importante che ogni preghiera eucaristica contempli l’allargamento della domanda fondamentale alla Chiesa purgante, non meno importante è che la comunità radunata possa proclamare a Dio, per bocca del suo presidente o del presbitero concelebrante, il nome di un particolare defunto. È questa un’antica e ininterrotta tradizione, molto cara al cuore di tutti. Nella normativa liturgica essa non conosce esclusione di giorni, in quanto si adatta perfettamente anche alla domenica, giorno memoriale della risurrezione.
Dal punto di vista teologico è di grande rilievo poter pronunciare il nome del defunto. Si tratta infatti della proclamazione sacrale del nome. A noi cristiani moderno-occidentali, con l’inflazione delle parole cui siamo abituati, purtroppo il nome dice poco. Sovente esso si riduce a un fatto di anagrafe. Ma per l’uomo antico, oppure anche per l’uomo orientale, o meglio per l’antico-orientale che ognuno di noi porta inconsapevolmente in sé, il nome è tutta quanta la persona. (Nella Bibbia è scritto che Dio fin dal nostro concepimento ci chiama per nome, non di meno continuerà a chiamarci per nome DOPO, altrimenti vana sarebbe la Comunione dei Santi che intercedono presso l'Altare di Dio: cfr Ap.8,1-6!)
In rapporto all’intercessione per i defunti, chiunque è in grado di comprendere la differenza che corre tra due prassi celebrative possibili.
L’una è data da un’assemblea eucaristica che si contenta di pregare mentalmente per un defunto di cui, al limite, — come purtroppo accade — neppure il sacerdote celebrante conosce il nome. Si prega sicuramente con le migliori intenzioni. Tra l’altro tutti sanno che la preghiera che si sta facendo non è una preghiera qualunque, ma è la preghiera eucaristica. Da ciò consegue che, seppure implicita, l’intercessione produce immancabilmente ciò che si domanda. Tuttavia, a livello di segno, dobbiamo riconoscere che il modo di domandare è carente.
L’altra prassi celebrativa è rappresentata da un’assemblea che, per bocca del suo presidente o di un presbitero concelebrante, grida a Dio — ad esempio con il canone romano —: “Ricordati, Signore, dei tuoi fedeli Michele e Margherita..., che dormono il sonno della pace...”.
Qui non possiamo fermarci alla risonanza emotiva legata alla proclamazione dei nomi. Le leggi della liturgia vanno ben oltre il dato psicologico, per coinvolgere l’uomo, tutto l’uomo, nel discorso orante che fa vibrare gli orecchi e il cuore di Dio.
Naturalmente, attraverso un’adeguata catechesi, bisognerà far comprendere ai nostri fedeli moderno-occidentali che non si tratta di dare lustro al defunto, né tanto meno ai suoi familiari. In realtà, attraverso la proclamazione sacrale del nome del defunto, si chiede a Dio di trasformarlo escatologicamente nel corpo ecclesiale, in virtù della comunione al corpo sacramentale che i presenti si apprestano a fare in suo suffragio.
Alcuni pastori temono che dire i nomi dei defunti riduca in qualche modo l’ampiezza della Messa, che è di tutti. Ma sono timori teologicamente infondati. Nelle intercessioni della preghiera eucaristica c’è spazio per tutti: per i santi come per i peccatori; per coloro che la Chiesa addita a modello, così come per il singolo e per la totalità di quanti — sia in vita sia in morte — attendono di conformarsi escatologicamente all’immagine perfetta di Dio. Diciamo anzi che, più i nostri defunti sono in situazione di attesa, più essi formano l’oggetto privilegiato e proprio della nostra intercessione, intimamente correlata alla nostra presente comunione eucaristica.
Per educare i fedeli a comprendere in maniera giusta l’applicazione della Messa, sarebbe bene abituarli a considerare come normale la possibilità che, dopo la proclamazione del nome di un particolare defunto “in prima intenzione”, si aggiunga anche la proclamazione di altri nomi “in seconda intenzione”. Il pastore potrebbe aggiungere in seconda intenzione la proclamazione, ad esempio, del nome dei parrocchiani defunti nel corso del mese, oppure di una persona della cui morte si è avuta notizia, ovvero dei morti in seguito ad un incidente che ha coinvolto in qualche misura la sensibilità della comunità radunata, o ancora la commemorazione delle vittime di una calamità a livello nazionale o mondiale. Con questo accorgimento di pastorale celebrativa, e naturalmente con la necessaria catechesi periodicamente ripresa, si aiuterebbero i fedeli che hanno fatto l’offerta ad evitare ogni forma di atteggiamento possessivo nei confronti della “loro” Messa.
Quando la preoccupazione per i nostri defunti ci angoscia, giacché vorremmo conoscere con sicurezza la loro sorte, proprio allora dobbiamo interrogare la fede. Da una parte essa ci ricorda che, anche se l’inferno ossia la condizione di privazione perpetua della visione beatifica — esiste, non siamo autorizzati a collocarvi alcuno. D’altra parte solo per i defunti canonizzati essa dichiara l’avvenuto ingresso nella Chiesa trionfante. Per tutti gli altri defunti la fede, attraverso il magistero della liturgia, c’invita in pari tempo a vederli nella casa del Padre e a pregare per essi. Siccome possono aver bisogno dei nostri suffragi, a noi incombe l’amorevole debito di carità di pregare indistintamente per tutti i nostri morti, domandando per essi quella stessa trasformazione escatologica nel corpo mistico che, ai ritmi delle nostre Messe, non ci stanchiamo di domandare per ognuno di noi.

Per ora buona meditazione, fraternamente Caterina



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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 23/10/2003 14.46
Si nasce per morire ... Si muore per incominciare a vivere.
Le parole "morte" e "morti" sembrano risvegliare a volte ataviche paure. Quanto disagio si avverte molte volte di fronte alla realtà della morte!
Ma la morte altro non è che un cambiamento di stato, è l'abbandono di un abito che ci era diventato troppo stretto: la nostra corporeità.
Quelli che noi chiamiamo morti sono in realtà molto più vivi e vegeti di noi e il legame d'amore che ci aveva uniti nel corso dell'esperienza terrena non si dissolve, ma rimane impresso per l'eternità.
La morte non è un mistero, ma è solo una realtà che forse non è mai stata ben insegnata, forse perchè istintivamente ci si ritrae, forse perchè l'iconografia ce l'ha sempre erroneamente mostrata come un teschio e una terribile falce.
La crisalide esce dal bozzolo e si trasforma in farfalla ... questa è la morte.
Ciò che viene chiamato "il culto dei morti", io lo chiamerei più semplicemente "comunione delle anime", questo perchè le anime dei nostri cari non ci abbandonano mai e in qualche modo cercano sempre di aiutarci e di farsi sentire da noi. Ma non sappiamo ascoltare!
Con fraterno affetto
iyvan   

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Da: Soprannome MSN°63CaterinaInviato: 27/10/2003 18.55

ANGELUS

Giovedì, 1° novembre 2001

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Celebriamo oggi la Solennità di Tutti i Santi. Nella luce di Dio, ricordiamo tutti coloro che hanno testimoniato Cristo durante la loro vita terrena, sforzandosi di metterne in pratica gli insegnamenti. Ci rallegriamo con questi nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto percorrendo la nostra stessa strada ed ora, nella gloria del Cielo, godono del premio meritato.

Essi sono coloro che, secondo l'espressione dell'Apocalisse, "sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (7, 14). Hanno saputo andare controcorrente, accogliendo il "discorso della montagna" come norma ispiratrice della loro vita: povertà di spirito e semplicità di vita; mansuetudine e non-violenza; pentimento dei peccati propri ed espiazione di quelli altrui; fame e sete della giustizia; misericordia e compassione; purezza di cuore; impegno per la pace; sacrificio per la giustizia (cfr Mt 5,3-10).

Ogni cristiano è chiamato alla santità, cioè a vivere le Beatitudini. Quali esempi per tutti, la Chiesa indica quei fratelli e sorelle che si sono distinti nelle virtù e sono stati strumenti della grazia divina. Oggi li celebriamo tutti insieme, perché col loro aiuto possiamo crescere nell'amore di Dio ed essere "sale della terra e luce del mondo" (cfr Mt 5,13-14).

2. La comunione dei santi oltrepassa la soglia della morte. E' una comunione che ha il suo centro in Dio, il Dio dei viventi (cfr Mt 22,32). "Beati fin d'ora i morti che muoiono nel Signore" (Ap 14,13), leggiamo nel Libro dell'Apocalisse. Proprio la festa di Tutti i Santi illumina di significato la commemorazione di Tutti i fedeli defunti, che celebreremo domani. E' questa una giornata di preghiera e di profonda riflessione sul mistero della vita e della morte. "Dio non ha creato la morte" - afferma la Scrittura - ma "ha creato tutto per l'esistenza" (Sap 1,13-14). "La morte è entrata nel mondo per l'invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono" (Sap 2,24).

Il Vangelo rivela come Gesù Cristo avesse un potere assoluto sulla morte fisica, che Egli considerava quasi come un sonno (cfr Mt 9,24-25; Lc 7,14-15; Gv 11,11). Un'altra è la morte di cui Gesù suggerisce di aver timore: quella dell'anima, che a motivo del peccato perde la vita divina della grazia, escludendosi definitivamente dalla vita e dalla felicità.

3. Dio, invece, vuole che tutti gli uomini siano salvi (cfr 1 Tm 2,4). Per questo ha mandato sulla terra il suo Figlio (cfr Gv 3,16), perché ogni uomo abbia la vita "in abbondanza" (cfr Gv 10,10). Il Padre celeste non si rassegna a perdere nessuno dei suoi figli, ma li vuole tutti con sé, santi e immacolati nell'amore (cfr Ef 1,4).

Santi e immacolati come la Vergine Maria, modello eminente dell'umanità nuova. La sua felicità è piena, nella gloria di Dio. In Lei risplende la meta a cui tutti tendiamo. A Lei affidiamo i nostri fratelli defunti, in attesa di ritrovarci insieme, nella casa del Padre.

* * *

Questa sera, scenderò nelle Grotte vaticane per pregare accanto alle tombe dei miei Predecessori, che là sono sepolti. Spiritualmente mi recherò in pellegrinaggio in tutti i cimiteri del mondo, dove dormono coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e attendono il giorno della risurrezione.

In particolare, eleverò la mia orazione di suffragio per le tante vittime della violenza, soprattutto di questi ultimi tempi, come pure farò speciale memoria di quanti hanno sacrificato l'esistenza per rimanere fedeli a Cristo sino alla fine. La preghiera per loro si accompagna all'invocazione al Signore, perché voglia concedere conforto e sollievo a quanti sono nel dolore per la tragica dipartita dei loro cari. Su tutti scenda la benedizione di Dio!


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Consiglia Elimina    Messaggio 4 di 18 nella discussione 
Da: quovadisInviato: 28/10/2003 11.19

" I morti non sono assenti , sono solo invisibili . Essi guardano con i loro occhi colmi di luce i nostri pieni di lacrime."

                                                                   S.Agostino

Per tutti quelli che in questo momento stanno piangendo......

Un abbraccio Q.


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Consiglia Elimina    Messaggio 5 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 28/10/2003 11.45

NON PIANGETE SE MI AMATE

Non piangete, se mi amate! Se conosceste il dono di Dio che è nei cieli! Se poteste ascoltare il cantico degli Angeli e vedermi in mezzo a loro! Se poteste vedere con i vostri occhi gli orizzonti, i campi, senza fine e i nuovi sentieri che attraverso! Se poteste per un istante contemplare, con me e come me, la bellezza di fronte alla quale tutte le altre bellezze scomparirebbero!

Credetemi! Quando la morte verrà a spezzare le vostre catene, come ha spezzato quelle che incatenavano me, e quando un giorno che Dio però avrà fissato e conosce, la vostra anima salirà da questo cielo in cui l'ha preceduta la mia, quel giorno tornerete a vedere colui che vi amava e che sempre vi ama e incontrerete il suo cuore con ogni sua tenerezza.

Tornerete a vedermi! Ma trasfigurato e felice, non più aspettando la morte, ma avanzando con voi sui sentieri nuovi della luce e della vita, bevendo con ubriachezza ai piedi di Dio un nettare, del quale nessuno si sazierà mai, per l'eternità.

Perciò con somma verità vi chiedo di asciugare le vostre lacrime e non piangete, se mi amate!

(S.Agostino)

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