A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

La vocazione alla castità

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2009 21:44
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 4.551
Sesso: Maschile
02/12/2009 21:40
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Rispondi
Consiglia (1 suggerimento finora)Elimina    Messaggio 1 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978Pergamena  (Messaggio originale)Inviato: 16/03/2003 17.58
 
Amici....quando si parla di CASTITA'....la prima cosa che viene in mente è....castrazione......e questo....grazie purtroppo....ad una campagna DISINFORMATIVA......di alcuni Gruppi Protestanti........specialmente Pentecostali.....
Ma per tagliare corto...vediamo cosa ci dice la BIBBIA a questo proposito che la Chiesa riconosce sin dalle origini quale VIRTU' EVANGELICA ALTAMENTE CONSIGLIATA........
Buona meditazione......

Nell'AT è presente la consacrazione di persone per un servizio particolare mediante l'imposizione delle mani o l'unzione. L’imposizione delle mani indica che Dio separa, mette da parte una persona che si è scelta, ne prende possesso, le conferisce autorità e capacità di esercitare una funzione. Tutte le forme di consacrazione presenti nell'AT, però, sono compatibili con il matrimonio: non erano concepite forme di vita alternative ad esso. Per gli Ebrei, infatti, la vita della donna, insieme a quella dell'uomo, trova il suo orientamento e la sua realizzazione nella procreazione in base alla benedizione di Gen 1, 28 «Siate fecondi e moltiplicatevi», la benedizione di Dio consiste nella fecondità della donna e in una numerosa prole (Cfr. Sal 127). Le situazioni di vita celibataria erano eccezionali, isolate e limitate nel tempo, e per motivi contingenti. Singolare è il caso del profeta Geremia cui Dio ordina di non prendere moglie come annuncio dell’imminente castigo (Ger 16, 2).

Molto sviluppato e ricorrente è inoltre il simbolismo che rappresenta l'alleanza del popolo d'Israele con Dio: tali sono la figura della «virgo Sion» e l'immagine della sposa, chiamata ad una fedeltà di amore con il Signore suo Sposo. E' la preparazione al nuovo modo di concepire la vita che avverrà con il N.T. cioè il Cristo Gesù.

La verginità di Israele non sta più a designare quei connotati negativi espressi precedentemente in nota, quanto la sua illibatezza, avulsa da qualsiasi prostituzione religiosa, fedele all'amore di Dio, pronta come sposa adorna in prossimità della nuova alleanza; già nel profeta Isaia il matrimonio tra un giovane e una vergine simboleggia le nozze tra il Signore e Israele (Is 62, 5).

Alle soglie del NT ci è presentata la figura di Giovanni Battista che con la sua vita di asceta e celibitaria, prepara la venuta del Messia e si chiama amico dello Sposo (Gv 3, 29).

Gesù vive la sua vita terrena come dono totale, nella dedicazione completa alla volontà del Padre e alla salvezza dell'umanità e indica la scelta della verginità per il Regno (Mt 19, 12, dimensione cristologica). Non si tratta di un precetto (1Cor 7, 25), ma di una chiamata personale di Dio, di un carisma (1Cor 7, 7), poiché questo stato di vita consente di dedicarsi maggiormente al Signore (1Cor 7, 32-35). L'accento non è messo sullo stato fisico, biologico, ma sulla dedizione totale della persona a Cristo e sul servizio per il Regno.

Maria è la prima che intuisce il valore della verginità per il Regno e realizza nella sua vita la congiunzione della verginità e della maternità: i racconti dell’infanzia in Matteo e in Luca presentano il concepimento verginale di Maria, unico in tutta la storia biblica: se vi è, infatti, una certa analogia con alcune donne sterili che hanno concepito per uno speciale intervento di Dio che ha superato una situazione di sterilità, in nessun luogo si parla comunque di concepimento verginale.

Sia per Matteo sia per Luca la verginità di Maria non ha un semplice significato biologico: è la verginità per il Regno, assoluta novità del Vangelo che Maria per prima ha compreso.

Vi è ancora la prospettiva ecclesiologica, fatta risaltare da San Paolo nel capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi, che indica come tutta l'esistenza cristiana si realizza in un amore autentico e fedele per Cristo: si comprende come sia il matrimonio cristiano sia la verginità consacrata rea­lizzino nella Chiesa l'amore sponsale nella modalità loro propria, diventando così il simbolo dell'alleanza sponsale tra Cristo e la Chiesa sua sposa, e richiamando ogni cri­stiano a vivere l'integrità della fede, che Sant'Agostino qua­lifica come «virginitas cordis». La verginità di Maria, la vergine per eccellenza figura della Chiesa vergine e sposa, è in prospettiva della sua missione di concepire il Santo, il Figlio di Dio: questo è possibile per l’integrità della sua fede in Dio.

La consacrazione verginale contiene anche una dimensione escatologica (1Cor 7, 26. 29. 31): è testimonianza della non appartenenza dei cristiani a questo mondo, segno della tensione della Chiesa verso la meta finale, anticipazione dello stato di risurrezione (Lc 20, 34ss e par. ). Nella Gerusalemme celeste tutti gli eletti sono chiamati vergini (Ap 14, 4), in quanto non si sono contaminati con gli idoli: appartengono alla città celeste, la sposa dell'Agnello.

Il vivere nella verginità è la proposta che Cristo stesso fa a chi desidera seguirlo, a chi vuol divenire suo discepolo (Lc 14, 26-27): «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria stessa vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo». Gesù non intende abolire il quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre», ma enuncia le esigenze supreme radicali della sua sequela: il lasciar tutto, compresa la vita coniugale e poi portare la propria croce, ciò significa non solo separazione e rinuncia, ma anche preferenza esclusiva; verginità e croce sono intimamente unite, la croce è quella di ogni giorno, non è intesa, come negli altri due vangeli sinottici, nel senso di strumento di supplizio e di morte, ma è in riferimento ad una vita di mortificazione, di kènosis (spogliamento) perché possa manifestarsi la gloria del Signore. Diviene così oblazione cultuale, cioè offerta sacrificale innalzata a Dio, offerta santa (1Cor 7, 34) che rende partecipi alla esaltazione del sacrificio dell'Agnello di Dio (Ebr 9, 7-12) e alla unione divina, quindi la verginità assume non solo il carattere di kènosis, ma anche di koinonìa (comunione) con la Gerusalemme celeste.

Si può, quindi, affermare che il significato religioso della verginità è una prerogativa della rivelazione cristiana: fedeltà in un amore esclusivo per Dio...

continua.....



Prima  Precedente  2-16 di 21  Successiva  Ultima  Elimina risposte 
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 2 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 18.05

L'aspetto negativo della condizione verginale nell’AT trova la sua particolare sottolineatura nell'atteggiamento della figlia di Iefte, che prima di essere offerta in olocausto, a causa del voto sconsiderato del padre, chiede di vagare per i monti a piangere la verginità (Gdc 11, 30-40).

Accanto a questi tratti negativi se ne accompagnano altri che caratterizzano la verginità come fattore peculiare per avvi­cinarsi al sacro, quali: la continenza temporanea prima di partecipare ad un pasto sacro (1Sam 21, 5), in una battaglia (2Sam 11, 8-13), o in preparazione dell’alleanza con Dio (Es 19, l4 ss). La continenza temporanea non è vista qui come un astenersi dall'impurità e dalla contaminazione, quanto come un atto cultuale, una santificazione in preparazione ad un allontanarsi dal profano per essere degni di accostarsi al sacro e di potervi partecipare. Inoltre in alcuni strati sociali, che costituiranno quei «puri» detti anche «Esseni» si inizia a percepire che, in preparazione alla venuta del Messia e all'estensione del regno, non necessitava più la quantità numerica del popolo eletto ma la sua santità. Nonostante Giuseppe Flavio scriva di aver conosciuto «Esseni» sposati, «Esseni» celibi sussistevano accanto a quelli coniugati; tra l'altro troviamo alcune figure emblematiche al riguardo di vedove che scelgono di non sposarsi come: Giuditta che nonostante la sua nota avvenenza rinuncia alle seconde nozze per essere madre del suo popolo (Gdt 8, 4; 16, 22), prefigurazione questa di una maternità di la a venire con la Chiesa e la Vergine che "concepirà un Figlio", il Figlio di Dio, Gesù il Signore.

Continua......


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 3 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 21.16
Ora.......possiamo aggiungere il termine CELIBATO.......al titolo: - la vocazione al CELIBATO....alla  CASTITA'.....-
sin dall'Apostolo Paolo, infatti.....è consigliabile un CASTO matrimonio.....ad un celibato...contaminato......"casto", dunque...può essere anche un matrimonio...e Gesù, quando parla di "celibato"...usa il termine EUNUCO.....(Mt.19,10-12):
" Vi sono infatti eunuchi che nacquero così.......e vi sono eunichi resi tali dagli uomini....e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda!"
Mi pare che Gesù NON usi mezzi termini ed è stato chiarissimo......Gesù NON dice "chi mi vuol seguire sia casto e mi segua....".....nè parla di "celibato" nel senso che diamo come contrario del matrimonio....qui Gesù parla di EUNUCO.....
e se prendiamo il vocabolario si legge che l'eunuco è termine greco: eunòuchos, nome composto....di "eunè = letto" e di un derivato dal verbo "èchein = avere", cioè "in custodia"........
1) l'uso di questa "custodia" è riferita al Talamo, un eunuco era un guardiano evirato degli harem, del quale ci si poteva fidare per la custodia delle numerosi mogli;
2) l'uso di questo termine nella sua interezza serve ad indicare un uomo privo delle facoltà virili, per difetto organico genetico o per evirazione......
infatti Gesù dice....e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli........ECCO LA SCELTA.......ora....dal momento che la vocazione al sacerdozio o alla verginità per le donne....NON è un mestiere opzionale........Gesù ci ricorda che è sempre LUI a chiamare......" NON voi avete scelto me ma io ho scelto voi....".......e quando vi sono difficoltà (Gv.6) Gesù non trova scappatoie ma dice ai discepoli titubanti per la questione dell'Eucarestia "VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?"......
Io penso che si sbagli ad affrontare l'argomento quale imposizione della Chiesa.......il celibato è molto di più di una decisione ecclesiale.......
Continua......

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 4 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 21.33
Per riallacciarci al discorso evangelico.....Gesù prima di spiegare i tre "stadi" dell'eunuco.......dice chiaramente ai discepoli che rispondono al suo argomento: "Se tale è la condizione.....NON CONVIENE SPOSARSI..." Gesù dunque NON dice che hanno capito male......NON dice che loro DEVONO SPOSARSI.....ma dice chiaramente: " NON TUTTI COMPRENDONO QUESTO DISCORSO, MA SOLTANTO A COLORO AI QUALI E' DATO...."
Bè.....interpretare diversamente questo testo....è veramente ANTIEVANGELICO
.......
Ora vi lascio con una lettera inserita in Famiglia Cristiana molto interessante perchè chi scrive.....è un uomo SPOSATO.......
Buona meditazione........

da Famiglia cristiana dell'1/09/02

di D.A.
SINGOLARE PROPOSTA DI DUE CONIUGI, CHE CANTANO 
"FUORI DEL CORO"
MATRIMONIO E CELIBATO DEI PRETI
Prima di dire che i preti non devono sposarsi, bisogna affermare che chi si sposa non può fare il prete. Anche il matrimonio – secondo i due coniugi – è incompatibile col sacerdozio.


Caro padre, c’è una questione che spesso ritorna sulle pagine di Famiglia Cristiana, ma che non è stata trattata esaurientemente. Ci riferiamo al celibato dei preti e al suo rapporto con gli sposi e la comunità. Infatti, quando si ipotizza la possibilità che il prete possa sposarsi, si invia anche un messaggio agli sposi. Per cui non possiamo non chiederci come e se il matrimonio cristiano si concili con il ministero sacerdotale. Non tanto per questioni pratiche, quanto piuttosto per il significato proprio di ciascuna vocazione che si è chiamati a incarnare.

Spesso, infatti, il discorso si esaurisce rapidamente dicendo che matrimonio e sacerdozio non sono affatto incompatibili, ma solo tenuti separati dalla tradizione della Chiesa. Che, da un certo periodo in poi, ha optato per questa scelta per ragioni di opportunità. Noi, invece, siamo convinti che matrimonio e sacerdozio incompatibili lo siano veramente. E lo diciamo alla luce di quegli studi che, negli ultimi trentacinque anni, hanno fatto molta luce sul significato e sulla spiritualità del matrimonio.

Non si sfugge, forse, a questa prospettiva storica quando sul celibato dei preti si continua ad attribuire la posizione della Chiesa cattolica a pura tradizione e opportunità? O al fatto che i tempi non sono ancora maturi per un passo così innovativo? Ora, non sarebbe invece il caso di riconoscere nuove motivazioni a una scelta, che è di valore? Il matrimonio cristiano è uno stato di vita che intende testimoniare, al massimo delle possibilità umane e con l’aiuto della Grazia, la fedeltà e l’amore totale e indiviso tra i coniugi. Che è poi segno dell’amore fedele e totale di Dio per l’uomo. E di Gesù per la Chiesa.

Se questo è il cuore della vocazione al matrimonio cristiano, non pensa padre che, almeno per la dimensione della "totalità", esso sia incompatibile con il sacerdozio? In esso l’uomo mette a disposizione i talenti, l’intelligenza, il tempo e il proprio corpo per testimoniare l’amore universale di Dio per l’umanità attraverso la predicazione e l’amministrazione dei Sacramenti. In particolare dell’Eucaristia e della Riconciliazione, dove è più evidente la consacrazione dell’uomo-sacerdote a un Dio che, tramite lui, raggiunge l’umanità.

Come può una persona consacrarsi contemporaneamente al coniuge e alla comunità? E come può rispondere alle esigenze di due vocazioni che chiedono entrambe totalità? Quando un sacerdote ha trascorso del tempo in confessionale non esce uguale a come ci è entrato: questa è sicuramente una parte di sé che non potrà essere "coniugalizzata". È per questo che crediamo che il celibato sia una condizione indispensabile per il ministero sacerdotale. E irrinunciabile per la dignità stessa del sacerdozio. E anche del matrimonio.

Comprendiamo la difficoltà – e talvolta il dramma – di sacerdoti che desiderano profondamente rimanere tali, ma che sentono anche forte il bisogno di incrociare la propria esistenza con quella di una donna. A loro vorremmo dire: non confondete il bisogno di relazione con la vocazione matrimoniale. La quale, per essere seguita seriamente, chiede il prezzo dell’abbandono dell’esercizio sacerdotale.

Spesso i nostri sacerdoti sono costretti a fare i burocrati dietro a carte e conti per la gestione della parrocchia. Sono più impiegati e manager che pastori: indaffaratissimi ma profondamente soli. Spesso in attrito con i confratelli, abituati fin dal seminario a bastare a sé stessi, col rischio di ritrovarsi con rapporti aridi anche dove dovrebbe esserci vera fraternità. In condizioni simili, anche la più forte vocazione vacilla sotto il peso di un’esistenza umanamente poco appagante. E la prima "tentazione" a svegliarsi è il bisogno di condividere la propria vita con un’altra persona.

Tutto ciò è comprensibile, ma la soluzione non può essere quella di consentire il matrimonio al sacerdote, quanto piuttosto creare delle relazioni significative che vincano la solitudine. Fin dagli anni del seminario.

Se poi, invece, si rende necessaria la scelta di imboccare la via del matrimonio, si ricorra alla dispensa. Ma non si preferisca mai l’ambiguità e la non chiarezza. Prima di tutto, per il rispetto dovuto al partner, a sé stessi e alla comunità. E poi, ma è nella precedenza, anche a Dio Padre, che accetta il nostro limite, ma che sempre ci chiede di amare nella verità.

Una coppia di sposi

Risposta di F.C. continua.......

OFFLINE
Post: 4.551
Sesso: Maschile
02/12/2009 21:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 5 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 21.53
Risponde Famiglia Cristiana.......

Ecco un proposta geniale e stupefacente intorno al problema, sempre dibattuto con passione, del celibato dei preti. Cantando "fuori del coro", i nostri due sposi non si schierano contro l’obbligo del celibato, ma neppure si impegnano più di tanto a dimostrarne la necessità per chi intende ricevere l’ordine sacro. Lo invocano, invece, con forza dalla sponda opposta: non è il ministero del prete a esigere la rinuncia al matrimonio, ma è la condizione sacramentale degli sposi a esigere la rinuncia al sacerdozio. Prima di dire che i preti non devono sposarsi, bisogna affermare che chi si sposa non può fare il prete. Solo a un lettore superficiale potrà sembrare che sia la stessa cosa.

Il ragionamento è limpido: il sacramento del matrimonio e i carismi dello Spirito che animano la vita degli sposi li coinvolgono in una vocazione totalizzante. La consacrazione a Dio della propria esistenza assume nel matrimonio la sua forma concreta nella completa dedizione di sé al proprio sposo, alla propria sposa, alla propria famiglia. Se gli sposi vogliono vivere all’altezza di questa vocazione e di questa grazia, non possono far determinare la propria esistenza da un’altra vocazione ugualmente totalizzante.

Che il sacramento del matrimonio e la grazia che ne deriva coinvolgano l’uomo e la donna in una dimensione di totalità, nessuno potrebbe dubitare. Fra l’altro, la stessa esperienza della vita comune, al di là della visione di fede, ci dimostra quanto sia distruttiva dell’amore l’incapacità di scegliere fra la dedizione alla famiglia e l’inseguimento di altri ideali che impegnano l’animo nel profondo. Non sono rari i casi in cui non c’è salvezza se non in un taglio radicale: o l’amore sponsale occupa il primo posto nel cuore o è destinato a infrangersi.

L’esclusività dell’amore qui non è frutto di insensate gelosie o di deviazioni possessive, bensì del coinvolgimento delle persone nello strato più profondo del loro essere, per cui lo stesso rapporto con Dio ne resta indelebilmente segnato. Quella degli sposi non è un’amicizia: di amici ne posso avere quanti ne voglio. Non c’è adulterio nella pluralità delle amicizie. C’è adulterio – che è ferita e colpa profonda – contro l’amore sponsale.

E non si commette adulterio solo amando un’altra persona, ma anche amando la propria carriera, la ricerca del successo, il denaro, il proprio sport preferito o qualsiasi altra cosa in misura tale da mettere in secondo piano la persona che si ama. (Gesù dice (Lc 14, 26-27): «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria stessa vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo». )

Sarebbe allora un inaccettabile rivale dell’esclusività dell’amore coniugale anche il ministero pastorale, per la totalità di dedizione che anch’esso esige? Sì e no. Certamente lo sarebbe, qualora non fosse fondato sul previo e libero consenso a una dedizione che, comunque, dovrebbe essere condivisa. In senso assoluto è più difficile dirlo, perché si tratta pur sempre di dedizione all’altro e a Dio, non di una ricerca di sé, del proprio successo e del proprio piacere.

 (Senza nulla togliere alla volontà ed alla dedizione di molti Pastori Protestanti che invece rincorrono ad una propaganda per il matrimonio....ne deriva che un pastore sposato, non potrà trascurare di certo la moglie, tanto meno i figli e le loro necessità; e diventerebbe un problema educativo se tali pastori dovessero avere soltanto un figlio, potendo invece avere la possibilità di averne, o si scoprisse l'uso di anticoncezionali come purtroppo è accaduto!)

È vero che fare il prete chiede una dedizione assoluta: la Chiesa infatti, nella sua tradizione occidentale, ne ha ricavato l’idea di una così alta opportunità del celibato per i suoi preti da averlo reso obbligatorio sin dai primi secoli quando era all'inizio solo un consiglio che via via che le comunità si espandevano, diventava sempre più un esigenza. C’è però una differenza da considerare: è che la Chiesa può imporre una simile disciplina ai suoi ministri, perché il ministero dell’ordine sacro ha la sua sola ragion d’essere nel servizio da rendere alla comunità. Il sacramento dell’ordine non è dato al cristiano per il bene di chi lo riceve: essere preti nella Chiesa è solo un servizio da rendere alla comunità. E le norme che lo regolano non sono misurate sulle esigenze della persona (giacché nessuno è obbligato a farsi prete né alcuno ha il diritto di diventarlo), ma su quelle del servizio da rendere. Da qui deriva che la Chiesa possa porre le sue condizioni, come è avvenuto per il celibato, per il divieto della militanza politica, per l’imposizione di un faticoso e lungo curriculum formativo.

Ma la Chiesa non potrebbe, in alcun modo, porre condizioni analoghe per la celebrazione del matrimonio: sposarsi è un diritto naturale della persona umana, che non può essere sottoposto ad altre condizioni che non siano quelle intrinseche al matrimonio stesso, come lo sono la condizione monogamica o l’accettazione della indissolubilità.

Il diritto canonico non potrebbe quindi vietare a chi intende sposarsi di esercitare alcune professioni che, pure, sembrano contraddire la possibilità di un’armoniosa vita familiare. C’è quindi una reale asimmetria fra le due prospettive, nonostante l’analogia fra il carattere di dedizione totale proprio del ministero ordinato e quello che accompagna il sacramento del matrimonio.

Con questo non voglio dire che gli sposi non debbano prendere sul serio, con la massima determinatezza, il problema di alcune incompatibilità fra un certo tipo di aspirazioni, di professioni, di carriere, di interessi e il loro amore sacramentalmente consacrato. Ma sono problemi che trovano la loro soluzione non nella creazione di statuti giuridico-sacramentali, bensì nella ricerca sincera della fedeltà alla propria vocazione.

D.A.


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 6 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 22.37
Ora.....prima di inserire il prossimo articolo.....ritorno con voi a meditare sulle parole di Gesù sul consiglio del celibato.....
Attenzione che quando Gesù dice e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda.........NON sta dicendo che questi si castreranno in senso biblico....o si renderanno ROVINATI.....fisicamente....^___^........rendersi eunuchi da "sè"..vuol dire VOLONTARIAMENTE......cioè, con un atto di volontà......di offerta.....di sacrificio......insomma.....è appunto una VOCAZIONE......ecco che nella risposta precedente leggevamo che essendo il Matrimonio già UNA vocazione.....essa NON può "sposarsi" o unificarsi con il sacerdozio che è, appunto un altra vocazione.....
Ma l'uomo è fallace.....siamo sempre TUTTI peccatori.....e con il rischio di cadere anche rovinosamente......è il caso che tanto ha penalizzato la Chiesa....la pedofilia....leggiamo questo articolo.......
da cultura cattolici.it

La prima parte dell'anno in corso è stata piena di avvenimenti belli, dolorosi, drammatici, pieni di speranza, pieni di scandalo… tra questi lo scandalo della pedofilia dei preti americani ha occupato molte pagine di molti quotidiani, per molto tempo.
Questi fatti drammatici, anche se probabilmente sovrastimati numericamente, sono stati il pretesto per riavviare il poco originale dibattito su ciò che la Chiesa è e su ciò che dovrebbe fare… tanti consigli preziosi - ritenuti tali da chi li dà - ma poco reali e soprattutto limitati, non tenendo conto di tutte le componenti della realtà
Primo fra tutti, il consiglio più importante che è la spiegazione degli atti di pedofilia dei preti riguarda il celibato dei preti: il prete è pedofilo perché non è sposato, e quindi è un represso sessuale e via dicendo; la soluzione, quindi, logicamente sta nel matrimonio dei sacerdoti.
Inoltre sono più pedofili gli uomini delle donne, motivo per cui anche le donne dovrebbero fare i preti, per garantire più sicurezza alle famiglie dei bambini…
E via via dicendo; sono saltati fuori tanti di quei luoghi comuni in questi ultimi mesi… insomma questa Chiesa ne ha combinati di danni, e soprattutto continua imperterrita a non seguire i consigli di nessuno!!!
Ci permettiamo adesso di fare un po' di ordine in tutte le cose dette.
Indipendentemente dal considerare il pedofilo "malato", quindi non così colpevole, oppure un "soggetto" sano ma coscientemente perverso, tutto il male che viene fatto ai più piccoli è peccato e grida al cospetto di Dio. Una società che usa i piccoli (vedi pornografia, pedofilia, prostituzione, ma anche sfruttamento del lavoro minorile etc…) è una società che non ha niente da dare all'uomo e non può costruire niente se non distruzione, male…
Chi commette peccato dà scandalo, forse se chi a commetterlo è un sacerdote lo scandalo è più evidente; ma questo non mette in discussione tutti i preti della Chiesa, come la pedofilia che si svolge all'interno della famiglia (la maggior parte degli abusi sessuali sui bambini avviene in famiglia; difficile da concepire e da accettare, ma risponde alla realtà) non mette in discussione la figura di tutti i genitori
La Chiesa è consapevole del peccato dell'uomo, e permette la remissione dei peccati riconoscendo nella croce di Cristo il mezzo della redenzione; il peccato fa male e Cristo stesso lo ha preso su di sé - soffrendo fino alla morte - perché l'uomo possa essere salvato dalla piccolezza in cui spesso cade.

Di seguito riportiamo stralci di un articolo americano che spiega perché alcuni "miti" sulla pedofilia dei preti possono essere facilmente smontati.

Alcuni miti sulla pedofilia dei preti

1. I preti cattolici sono più inclini alla pedofilia rispetto agli altri gruppi di uomini
Questa affermazione è chiaramente falsa; non c'è alcuna evidenza che i preti sono più inclini ad abusare dei bambini rispetto agli altri uomini.
L'uso e l'abuso dei bambini come obiettivo per la gratificazione sessuale degli adulti è un fenomeno epidemico in tutte le classi, professioni, religioni, comunità etniche, nell'intero globo, come la pornografia infantile, gli incesti, la prostituzione dei bambini fanno chiaramente capire.
La pedofilia (l'abuso sessuale dei bambini preadolescenti, minori di 13 anni; pedofilo è un soggetto di almeno 16 anni e di almeno 5 anni più vecchio del bambino) tra i preti è, invece, molto più rara, affliggendo solo lo 0.3% della popolazione clericale.
Philip Jenkis, un professore non cattolico americano, ha pubblicato questi dati nel libro "Pedofili e preti", dove mostra una delle casistiche più aggiornate e complete ad oggi, in cui 1 prete su 2252 è un pedofilo, considerando l'ultimo periodo di tempo di trent'anni. Nel recente scandalo di Boston, solo 4 dell'ottantina di preti accusati dai media di pedofilia sono stati realmente scoperti pedofili, ma nessun giornale ha chiesto scusa agli altri accusati ingiustamente e schiaffati sulle pagine dei giornali.
La pedofilia è un particolare tipo di disordine compulsivo sessuale nel quale un adulto (uomo o donna) abusa degli adolescenti prepuberi; la maggioranza delle deviazioni sessuali dei preti coinvolti in questo scandalo in realtà è meglio definito dalla efebofilia (attrazione omosessuale verso ragazzi adolescenti). Mentre il numero degli abusatori sessuali tra i preti è molto più alto di quelli colpevoli di pedofilia, questo ammonta ancora a meno del 2% , cifra paragonabile alla percentuale degli uomini sposati.
Sull'onda della corrente crisi nella Chiesa, altre denominazioni religiose e istituzioni non religiose hanno ammesso di avere problemi simili sia con la pedofilia che con l'efebofilia tra i loro gruppi di sacerdoti.
Non c'è evidenza che i prelati cattolici siano più predisposti alla pedofilia rispetto ai ministri protestanti, i capi ebrei, insegnanti o altre istituzioni dove gli adulti rivestono un ruolo di autorità e potere sopra i bambini.

2. Lo stato di celibato dei preti porta alla pedofilia
Il celibato non comporta alcun tipo di deviazione sessuale inclusa la pedofilia. Infatti gli uomini sposati sono tanto quanto i preti a rischio di deviazioni sessuali. Nella popolazione generale la maggioranza degli abusatori sono uomini eterosessuali che abusano di ragazze adolescenti. Secondo diverse statistiche, specialmente quelle del Nord Europa il più bersagliato da queste realtà, indica chiaramente nell'uomo sposato l'esigenza della depravazione, la ricerca di una prostituta, l'esigenza di fare almeno una esperienza omosessuale! Il profilo del molestatore di bambini non include mai un adulto che diventa attratto eroticamente da un bambino come risultato di una astinenza, anzi semmai è proprio il contrario.

3. Il matrimonio dei preti potrebbe sconfiggere la pedofilia e le altre forme di deviazioni sessuali
Qualcuno sta domandando il matrimonio per i preti come riparazione allo scandalo, quasi che il matrimonio potrebbe impedire agli uomini di far male ai bambini. Poiché né il celibato né l'essere prete predispongono un uomo a sviluppare la pedofilia, un prete sposato non risolverebbe il problema. Anzi, a lungo andare lo potrebbe invece danneggiare e peggiorare! Gli uomini sani eterosessuali non hanno mai conosciuto lo sviluppo di attrazioni erotiche nei confronti dei bambini come risultato dell'astinenza.

4. Il celibato dei preti è una invenzione medievale
Errato. Nella Chiesa Cattolica Occidentale il celibato divenne universale nel IV secolo, da prima era rimasto un consiglio puramente a discrezione dell'uomo che decideva di farsi prete, ma con il crescere della Chiesa, le comunità, le varie forme di eresia e di corruzione, portarono la Chiesa a rendere sempre più decisiva questa iniziativa, iniziando con l'adozione da parte di S. Agostino della disciplina monastica per tutti i suoi preti. In aggiunta alle molte ragioni pratiche - era supposto scoraggiasse il nepotismo - lo stile di vita del celibe permette al prete di essere più indipendente e disponibile. La Chiesa non ha cambiato le proprie direttive riguardo al celibato perché lungo il corso dei secoli essa ha verificato e realizzato il valore pratico e spirituale di tale pratica (Papa Paolo VI - Sul celibato dei preti - Lettera enciclica, 1967). In verità anche nella Chiesa Cattolica di Oriente, dove è concesso il matrimonio ai preti, l'Arcivescovo è scelto solo fra i preti non sposati.
Cristo ha mostrato il vero significato e valore del celibato. I preti cattolici, da S. Pietro ad oggi lo hanno imitato nel dono totale di sé a Dio e agli altri nel celibato. Sebbene Cristo ha elevato il matrimonio al livello di sacramento che rivela l'amore e la vita della Trinità, Egli è anche un testimone vivente della vita nel mondo che verrà. Il celibato consacrato è per noi una testimonianza vivente di questa vita in cui la gioia e l'unione del matrimonio tra l'uomo e la donna sono sorpassati nella perfetta comunione di amore con Dio. Il celibato propriamente compreso e vissuto rende libera una persona per amare e servire gli altri come ha fatto Cristo, e non restare rilegata alle esigenze dei figli e di una moglie i quali avrebbero tutto il diritto di avere per sè il marito, il padre. Negli ultimi 40 anni il celibato è stata una ancor più forte testimonianza dell'amore sacrificato dell'uomo e della donna che offrono se stessi nel servizio della comunità.

5. Il sacerdozio alle donne potrebbe risolvere il problema
Non c'è alcuna connessione logica tra i comportamenti deviati di una minoranza di preti e l'introduzione delle donne nei loro ruoli. Si è fra l'altro scoperto che tutta la campagna pubblicitaria messa in atto in America contro la Chiesa per i casi di pedofolia, è nata sia da una comunità di suore uscite dalla Chiesa Cattolica ed entrate in una comunità Protestante, e da un gruppo di Protestanti stessi, due di questi, avvocati di due famiglie i cui figli erano coinvolti.
Mentre è vero che molte statistiche mostrano come siano gli uomini, rispetto alle donne più inclini molestare i bambini, il problema è che anche alcune donne molestano i bambini. Nel 1994 la "National Opinion Research Center" ha mostrato come la seconda forma di molestia sessuale sui minori più comune interessa le donne nei confronti degli adolescenti. Le statistiche riguardo le donne pedofile sono molto più difficili da ottenere perché tale crimine è più nascosto. Inoltre le loro vittime più frequenti (i ragazzi) sono più reticenti a riportare l'abuso sessuale, specialmente quando l' abusatore è donna.
Ci sono molte ragioni perché la Chiesa non ordina le donne (come Giovanni Paolo II ha spiegato più volte). Ma questo va oltre la questione. Il dibattito sull'ordinazione delle donne non è assolutamente correlato con il problema della pedofilia e altre forme di deviazioni sessuali.

6. Gli insegnamenti della Chiesa sulla moralità sessuale sono il vero problema, non la pedofilia
Gli insegnamenti della Chiesa riguardo la morale sessuale sono basati sulla dignità della persona e la bontà della sessualità umana. Questo insegnamento condanna gli abusi sessuali sui minori in tutte le loro forme allo stesso modo di come condanna altri crimini sessuali, quali la violenza carnale, l'incesto, la pornografia minorile, la prostituzione minorile. In altre parole, se questi insegnamenti fossero seguiti, probabilmente non ci sarebbero problemi legati alla pedofilia, ma attenzione, non verrebbero commessi nemmeno dalle famiglie le cui madri assistono senza intervenire.
La Chiesa riconosce che l'attività sessuale senza amore fa male alla dignità dell'uomo e alla lunga la distrugge; da quando il celibato è stato concepito, centinaia di anni di esperienza hanno provato che uomini e donne possono astenersi dall'attività sessuale pur vivendo una vita piena, sana, ricca di significato.

7. La richiesta del celibato limita il numero di uomini come candidati per il sacerdozio, dando come risultato un alto numero di preti squilibrati
Prima di tutto non c'è un "alto numero di preti squilibrati sessualmente"; la maggioranza dei preti sono normali, sani, fedeli, fra l'altro in forte ripresa proprio in questi ultimi dieci anni. Secondariamente coloro che non si sentono chiamati al celibato, non sono chiamati ipso facto a diventare preti cattolici.
In realtà molti uomini non sono chiamati al celibato; alcuni lo sono e tra questi alcuni sono chiamati da Dio al sacerdozio.
La vocazione al sacerdozio, come al matrimonio, richiede il mutuo e libero consenso di entrambe le parti. Il desiderio di un candidato per il sacerdozio non costituisce la vocazione in se stessa. I direttori spirituali dovrebbero essere molto attenti a discernere le caratteristiche vere della vocazione al celibato nei candidati......

******


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 7 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 23.42
(Vocazione e vita- simposio)
La Chiesa, allora..... impone l'obbligo del celibato ai preti? Domanda sbagliata. In realtà è esattamente il contrario: la Chiesa chiama agli ordini sacri solo chi ha la vocazione al celibato.
Allora la vocazione al celibato è più importante della vocazione sacerdotale? No, è la vocazione alla totale consacrazione a Dio - insita nel celibato - che precede e avvalora la vocazione al sacerdozio, altrimenti saremo solo dei funzionari investiti di un pubblico ministero. No grazie! Il sacerdote non è un funzionario. O siamo amici di Dio rinunciando ad avere una moglie, dei figli, dei piaceri e degli interessi terreni, o non siamo niente, altre alternative non ce ne sono.......Un giorno parlavo con un amico pastore della Chiesa anglicana, sposato, e veramente una gran brava persona, finendo su questo discorso del celibato cattolico ed effettivamente la sua richiesta di spiegazioni era volta a capire che differenza ci fosse fra lui pastore sposato che si dedicava quotidianamente alla sua comunità, e me prete cattolico che faccio lo stesso ma con, diceva lui, l'umiliazione della solitudine. L'umiliazione della solitudine, questa frase mi riempì il cuore di Pace immensa e profonda, ma come spiegarlo al mio amico senza rischiare un incidente diplomatico, come fargli capire che si stava sbagliando?? Mentre pregavo in cuore lo Spirito a darmi la risposta giusta, gli suona il cellulare, risponde e lo vedo agitato: < Scusami, ci sentiamo domani, devo scappare, si è presentato in anticipo il notaio, sai, stiamo comprando casa, capirai con 4 figli quella dove stiamo non basta più, e serve la mia firma! >
Per un attimo ho pensato di chiedergli: < Ma dove corri?! E se avanti avevi a te un moribondo, un battesimo da dare, un povero da coccolare, che fai gli dici che non hai tempo perchè devi comprare casa? > Ma non l'ho fatto, era troppo preso da quel problema che non avrebbe dato peso al pensiero che volevo trasmettergli!
Diceva Carlo Carretto: < NON è vero che mancano vocazioni, è vero invece che mancano vocazioni al celibato! >
Qui non stiamo a discutere sulle brave persone che ci sono fra i Pastori Riformati, o fra i Preti Cattolici, ma di ben altro. Un bravo e santo cristiano lo è anche un padre di famiglia, una casalinga, una impiegata, chiunque può diventare santo, e chiunque può evangelizzare, il punto non è questo, qui si parla di vocazione al sacerdozio, così come esiste la vocazione matrimoniale, o la vocazione ad un progetto!
Purtroppo gli esseri umani hanno un'abilità straordinaria nel fabbricarsi le catene. Cristo ci libera e noi - incapaci di usare la libertà - ci costruiamo nuove catene nascondendole - è questa la cosa più triste - sotto il manto di valori reali ma tutt'altro che vissuti. Questa è la migliore pedagogia verso l'ateismo e l'immoralità. C'è ancora tanto lavoro da fare se vogliamo che le comunità ecclesiali si fondino sulla forza dell'amore e della responsabilità e non su obblighi imposti dall'alto e dall'esterno. Anche questa è una ragione che mi spinge a credere che la nostra storia cristiana sia ancora tutta da costruire. Tuttavia la vocazione al celibato resta veramente una fonte di ricchezza inesauribile, non è un caso che lo stesso Vangelo suggerisce a chi resta vedovo/a di non risposarsi, o che suggerisca "un celibato apposta per il Regno dei cieli" (Mt.19,10), una famiglia, per quanto la possiamo amare è pur sempre una sorta di catena per l'uomo che è chiamato al servizio di Dio; se invece è chiamato a vivere la vocazione del Matrimonio, allora la loro collaborazione sarà preziosa e potrà diventare tanto perfetta da diventare santi, e perciò chiaro che non si può essere un marito-prete; nè tanto meno un prete-marito semplicemente perchè egli ha la Chiesa quale Sposa e Dio quale Soggetto della sua vocazione.
E' questione di capire bene che cosa sia e quale differenza intercorra fra le due vocazioni: matrimonio e sacerdozio, sono appunto due vocazioni, ecco che si diventerà operai della vigna soltanto a metà, perchè l'altra metà di un prete sposato sarà sempre dovuta alla moglie e ai figli che ne avrebbero tutto il diritto. Un prete, invece, NON ha diritti, ma è un servo di Cristo, a volte gli viene negata anche la dignità, non importa, egli è in Grazia del Sacramento dell'Ordine "un altro Cristo" e come tale, pronto, come il Maestro, a salire sulla Croce.
Quando si parla di vocazione al celibato in molti sorge spontanea una domanda: ma come è possibile? Come è possibile cosa? Andiamo, non facciamo gli ingenui, va bene amare Dio e il prossimo, però siamo anche uomini, abbiamo le nostre esigenze... E qui vorrei essere particolarmente incisivo, stile militare. Chi parla così non ha le idee chiare su molte cose. Se uno ha messo dei compartimenti stagni fra la sua vita di fede, la sua affettività e la sua sessualità è una sorta di dissociato, non ha capito cose che sono fondamentali. È proprio questo il punto, uno dei punti fondamentali. L'amore di Dio abbraccia tutta la nostra vita, tutta la nostra persona, affettività e sessualità incluse. Forse quelli che hanno sentito dire qualcosa di Freud proporranno subito la storiella della "sublimazione". No, non si tratta di sublimare. Cosa significa sublimare? Per esempio... siccome non ha trovato una moglie ha dedicato tutta la sua vita alla musica... No, si tratta di integrare. L'amico di Dio si dona totalmente a Dio perché Dio viva e operi pienamente in lui. Francesco di Assisi ha dato tutto di sé a Dio, anche la sua affettività. Il suo non era un amore disincarnato, astratto e puramente spirituale o castrante che è cosa ben diversa, ma umano, concreto e soprannaturale al tempo stesso. È lo Spirito che ci aiuta a realizzare tutto questo, senza di Lui a ben poco servirebbe la nostra disciplina....Perché Don Bosco non è rimasto nella sacrestia ma ha infastidito tanti benpensanti - anche ecclesiastici - della sua epoca? Gli amici di Dio - si sa - sono fatti cosí! L'amore non si può mettere in scatola, nè rilegare alle esigenze di una famiglia, prima o poi infrange tutte le regole (quelle umane). Se guardiamo con attenzione, nella vita dei santi ci sono sempre pizzichi di follia, però la loro follia è piú sana della nostra "normalità", per non dire della nostra aurea mediocrità!
La vocazione, come chiamata all'amore, implica un dialogo personale che è difficile portare in pubblico; anzi, oltre un certo limite è impossibile perché - come dice la Scrittura - bisogna "tenere nascosto il segreto del re" (Tb 12,7). Ovviamente in un'epoca che ama i livellamenti, le desacralizzazioni, le demitizzazioni, le dietrologie, etc... questa prospettiva non piace. Chissà perché c'è una gran voglia di normalità, di uniformità o... di qualunquismo, o di proselitismo?
È invece no! Il discorso sulla vocazione rifugge dalle banalizzazioni, anche perché la posta in gioco è davvero alta.
Se la maggior parte dei giovani cerca "l'altra metà" in un ragazzo o in una ragazza, il giovane (o anche il meno giovane) che si sente chiamato trova la sua ragione di vita in... Abbiamo il coraggio di dirlo? Il coraggio di usare una parola grossa, davvero grossa? Ce l'abbiamo! La ragione di vita non sta in una creatura finita e limitata ma in Dio stesso. L'altra "metà", anzi il "Tutto" dell'uomo di Dio è Dio stesso. Proprio cosí. E se non fosse cosí ci sarebbe da chiedersi su cosa può reggersi una vita senza questo singolare, straordinario, unico, incredibile quanto si vuole, ma autentico rapporto di amore. La filantropia è una gran bella cosa ma non si può vivere di sola filantropia. La vocazione sacerdotale ha una dimensione verticale che sfocia nell'orizzontale (se è autentica). È una donazione totale quindi che innesca un rapporto incomparabilmente piú grande di quello che può scaturire tra un uomo e una donna. E' di questo che sono invidiosi molti pastori di un protestantesimo falso nella sua dimensione di chiusura e di concreta lotta alla divisione. Ma la vocazione è un rapporto che si fonda radicalmente sull'amore e sulla bontà e gratuità di Dio. Solo nella misura in cui la persona si fonda radicalmente in Lui è capace di incarnarlo nella sua vita. Il nostro Partner, colui che completa il nostro essere è Dio stesso. Bella presunzione non è vero? Si, se questo discorso avesse come fondamento le proprie qualità umane. Il fatto è che questo discorso si fonda sull'amore di Dio stesso che chiama l'uomo a questa dimensione mediante la Consacrazione Sacerdotale. Noi siamo testimoni dell'amore di Dio, non del nostro amore. Che sia capace di amare come vorrebbe il Vangelo è tutto da dimostrare e sarà da dimostrare fino all'ultimo, ma che creda nell'amore di Dio per me, per noi è tutt'altra cosa. La nostra forza non si fonda su di noi ma su di Lui...la nostra forza non cercherà appagamenti rientrando la sera a casa e trovando una moglie pronta a soddisfare le nostre quotidiane fatiche perchè ciò che il prete si attende è l'appagamento promesso nel Regno dei cieli in questa qualità-vocazione creata dal Cristo: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi! Amen!

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 8 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 17/03/2003 11.28
Ora leggiamo delle meditazioni dalle parole di Cantalamessa.......veramente un santo sacerdote e frate francescano......
Qui vi metto il collegamento in formato html:
Versione HTML.........
e qui in versione pdf...
[PDF]1 P. Raniero Cantalamessa "ECCO LA VERGINE CONCEPIRÀ" ...
Formato file: PDF/Adobe Acrobat .....
se riuscirò a ricopiare il testo, ve lo inserirò.....
Fraternamente C.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 9 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 17/03/2003 12.07
«Li chiamò. Ed essi lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono» 
(Mc 1,20)
"Ognuno ci consideri come ministri di Dio. Ora ciò che si richiede agli amministratori è di essere trovati fedeli. Quanto a me poco importa di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, neppure io mi giudico, perchè anche se non ho consapevolezza di nulla, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare di nulla prima del tempo, fino a quando venga il Signore. Egli metterà in luce le intenzioni del cuore; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio".
(1Cor.4, 1-5)

< Dunque insieme con la gratitudine per tutto quanto hai fatto per il bene di questa Chiesa, ti chiedo di continuare a diffondere la gioia di essere prete, a proporre con coraggio e chiarezza, a ogni giovane che ti sembra adatto, di condividere l'amore per la Chiesa e di interrogarsi sulla vocazione presbiterale, ti chiedo di non stancarti di pregare e di far pregare soprattutto i giovani per le vocazioni.

Condivido con te la gioia di aver dedicato la mia vita al Signore, la riconoscenza per il bene che ho ricevuto dalla Chiesa ambrosiana e la fiducia che il Signore, se saremo docili allo Spirito, ci aiuterà sempre perché non manchino operai nella sua messe.

Invoco l'intercessione di san Carlo e dei nostri santi Vescovi, e prego la Vergine Maria nel desiderio che la benedizione di Dio scenda con ogni consolazione nel tuo cuore, sulle nostre comunità, sul nostro Seminario >.

(Carlo Maria card. Martini, Lettera ai Sacerdoti)

OFFLINE
Post: 4.551
Sesso: Maschile
02/12/2009 21:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 10 di 21 nella discussione 
Da: gioisoInviato: 17/03/2003 13.15
Buon periodo di Quaresima a tutti.
Volevo ringraziare questo forum, visto da quesi aspetti il tema del celibato acquista veramente una sua collocazione predefinita e molto limpida che traspare proprio dai Vangeli.
Mi ha colpito molto la sottile differenza che dice che : E come può rispondere alle esigenze di due vocazioni che chiedono entrambe totalità? :
due vocazioni, io veramente non ci avevo mai pensato in questi termini. Certo due vocazioni, e se finiamo con il volerle tutte e due finiremo con il fare bene a metà, o solo comunque da una parte, la testimonianza della telefonata dal cellulare e la casa da comprare  è eloquente!
Mi sono anche soffermato su questa frase: Lo invocano, invece, con forza dalla sponda opposta: non è il ministero del prete a esigere la rinuncia al matrimonio, ma è la condizione sacramentale degli sposi a esigere la rinuncia al sacerdozio. Prima di dire che i preti non devono sposarsi, bisogna affermare che chi si sposa non può fare il prete. Solo a un lettore superficiale potrà sembrare che sia la stessa cosa. :ed è vero, solo se affrontiamo il tema in modo superficiale non ci accorgeremo della differenza.
Ma scusatemi, prendiamo il mio parroco che è continuamente in trasferta, lo conosco, collaboro con lui e quindi posso dare una testimonianza. Spesse volte la sera è a cena da qualche anziano, o di anziana che è rimasta sola, si intrattiene con loro. La Domenica spesse volte specialmente quando ci sono feste speciali, alcuni di noi parrocchiani organizziamo con lui il pranzo, ma poi lui ne approfitta per parlare con qualcuno che ne sente il fabbisogno e che magari durante la settimana non c'è riuscito. E poi ci tratteniamo anche con una partita, insomma, ce lo vedete voi un pastore sposato che si tira dietro tutta la famiglia? E se i figli lo reclamano per giocare perchè è giusto che di Domenica lui stia con essi, cosa deve fare? E se la moglie volesse fare con lui una passeggiata per cavoli loro?
No, no, io penso che chi attacca la Chiesa per il celibato non ha proprio capito il ruolo del prete!
Attacca la Chiesa solo perchè è la Chiesa di Roma che va attaccata, di questi temi pensano di risolverli dicendo che
< Gesù li ha chiamati a questo ministero > ma in verità non ne hanno capito molto o forse si, ma non riescono e non possono ammettere che la Chiesa ha ragione.
E per finire scusandomi se sono stato lungo, mi ha colpito la riflessione del Carretto: < NON è vero che mancano vocazioni, è vero invece che mancano vocazioni al celibato! >:, bellissima espressione! Mi incuriosirebbe sapere la reazione di un pastore protestante se un figlio dicesse a lui < desidero farmi prete!> scommettiamo che comincerebbe un lavaggio del cervello? Quello che non riesco a capire è perchè si vuole mantenere la propaganda del matrimonio ai preti, mentre non si compie uno sforzo per capire le parole di Gesù: Mt.19,10-12)
:Se tale è la condizione.....NON CONVIENE SPOSARSI..." Gesù dunque NON dice che hanno capito male......NON dice che loro DEVONO SPOSARSI.....ma dice chiaramente: " NON TUTTI COMPRENDONO QUESTO DISCORSO, MA SOLTANTO A COLORO AI QUALI E' DATO...
" Vi sono infatti eunuchi che nacquero così.......e vi sono eunichi resi tali dagli uomini....e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda!":
Che lo Spirito Santo apra le menti sia lodato Gesù nostro Signore.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 11 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNStefanoS79Inviato: 17/03/2003 14.28
C'è un errore:.
I preti cattolici, da S. Pietro ad oggi lo hanno imitato nel dono totale di sé a Dio e agli altri nel celibato
Pietro era sposato, e si portava appresso sua moglie nella predicazione della Parola di Dio, Paolo lo spiega:
"Non abbiamo il diritto di condurre con noi una moglie, sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa(Pietro)?" (1Cor 9,5)
C'è poi un altro errore:
E come può rispondere alle esigenze di due vocazioni che chiedono entrambe totalità? :
due vocazioni, io veramente non ci avevo mai pensato in questi termini. Certo due vocazioni, e se finiamo con il volerle tutte e due finiremo con il fare bene a metà, o solo comunque da una parte, la testimonianza della telefonata dal cellulare e la casa da comprare  è eloquente!
Mi sono anche soffermato su questa frase: Lo invocano, invece, con forza dalla sponda opposta: non è il ministero del prete a esigere la rinuncia al matrimonio, ma è la condizione sacramentale degli sposi a esigere la rinuncia al sacerdozio. Prima di dire che i preti non devono sposarsi, bisogna affermare che chi si sposa non può fare il prete. Solo a un lettore superficiale potrà sembrare che sia la stessa cosa. :ed è vero, solo se affrontiamo il tema in modo superficiale non ci accorgeremo della differenza.
Ancora una volta le Scritture ci dicono che non è inconciliabile avere una famiglia ed avere un ruolo di episcopo, presbitero o diacono, anzi era un elemento richiesto nella prima comunità cristiana:
Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare
(1Tim 3,2)
che governi bene la propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi (perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?), (1Tim 3,4-5)
Non c'è quindi la minima contraddizione tra i due ruoli.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 12 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 17/03/2003 23.07
Caro Stefano.......di errori ne facciamo sempre tutti....ma  peggiori sono quelli.......che si fanno quando si tenta di "scusare" tutto.....
La situazione iniziale della Chiesa.....è ovvio che è diversa dalle esigenze che man mano son venute a rendersi necessarie......quando Gesù chiamò a sè i primi discepoli....erano anche fra loro uomini sposati....ma in tutti i Vangeli e Lettere....mai si parla della moglie di Pietro.....nè tanto meno che è andato a Roma con lui....o che sia morta martire con il marito......nè è mai presente nelle descrizioni di gruppo dei Dodici.....nè è nominata nel gruppetto delle donne che erano al seguito di Gesù.......infine Gesù era scapolo....
Paolo CONSIGLIA E SUGGERISCE IL CELIBATO.....quando parla di sposati.......parla anche che "NON sposarsi è meglio".......ma questo brano NON viene mai citato..chissà perchè....." E io vorrei vedervi senza preoccupazioni; chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore; lo sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come piacere alla moglie e si trova diviso. Così come la donna NON sposata e la vergine si preoccupano delle cose del Signore, per essere sante nel corpo e nello spirito; la sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come piacere al marito. QUESTO DICO A VOSTRO VANTAGGIO, NON per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e conduce al Signore SENZA DISTRAZIONI. (1Cor.8,29-35)
Che dici Stefano è abbastanza chiaro il "cosiglio evangelico"?
Poi non comprendo....io ho citato un brano detto da Gesù...e tu mi rispondi con altri brani......Mt.19,10-12)
:Se tale è la condizione.....NON CONVIENE SPOSARSI..." Gesù dunque NON dice che hanno capito male......NON dice che loro DEVONO SPOSARSI.....ma dice chiaramente: " NON TUTTI COMPRENDONO QUESTO DISCORSO, MA SOLTANTO A COLORO AI QUALI E' DATO...
" Vi sono infatti eunuchi che nacquero così.......e vi sono eunichi resi tali dagli uomini....e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda!":
........
il "vescovo irreprensibile".....ovvio Stefano....stiamo parlando degli inizi della Chiesa..ed una selezione immediata sarebbe stato catastrofico......e soprattutto NON compresa....inoltre erano gli adulti che servivano per la nuova Chiesa....e la maggior parte erano sposati....perchè il NON sposarsi era una disgrazia.....attenzione quindi anche alla situazione dell'epoca.....infatti, come è segnalato sopra....ancora oggi la Chiesa Ortodossa nello scegliere un vescovo..lo scelgie fra i NON sposati....lo sapevi??
Le contraddizioni, caro Stefano...sono cominciate ad arrivare man mano che la Chiesa cresceva....un conto era un gruppo, una città....un conto cominciare ad occupare grandi spazi.....e la distinzione dei ruoli diventava sempre più marcata.....di vescovi e presbiteri, ad esempio....NON si parla affatto nei Vangeli, eppure gli Apostoli apportano delle novità.....è solo l'inizio...e la Chiesa NON si è fermata alle Lettere Apostoliche....ma è andata avanti......e continuerà ancora a scoprire nuove cose dalla Rivelazione....perchè ce lo ha detto gesù: "NON tutto è stato detto...ma lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa..."...ora era rivolto soltanto agli Apostoli.....o Gesù intendeva anche dopo la loro morte?
In Gc.5,14.........si parla anche di un altra novità.....l'unzione dei malati.....con Olio sacro......ma nei Vangeli questo non è stato fatto.....Gesù non l'avrebbe insegnato.....in teoria......ma in pratica gli Apostoli lo insegnano......erano forse più del Maestro?? il segno della croce....idem......infatti i protestanti non lo accettano...gli Ortodossi SI.......e dicono che Gesù non l'ha insegnato....e te credo....che si segnava da solo?......la croce è un simbolo che si è sviluppato DOPO.....e si ha riscontro nel primissimo secolo......ma a discepoli morti.....è allora dunque un simbolo satanico??.....
Ho divagato è vero....ma per farti comprendere che la Bibbia NON la possiamo prendere alla lettera in qualità di un potere.....come se avesse fermato il TEMPO.......essa è elasticità mentale.....aggiornamento.....e viene data attraverso lo Spirito Santo specialmente...appunto....alla Chiesa che ha il mandato di LEGARE E SCIOGLIERE.......il che non vuol dire "aggiungere delle novità"....e la lettera di Paolo che ti ho portato testimonia che il celibato è altamente SUGGERITO E CONSIGLIATO.........se prendi Pietro a testimonianza, ma Giovanni e Paolo erano CELIBI.....ed è Paolo a dire che il celibe serve meglio.....perchè NON prendi anche questo testo paolino?
Fraternamente C.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 13 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 11.44
Quando molti fratelli non cattolici devono attaccare la Chiesa cattolica tra i tanti argomenti di divergenza amano menzionare il celibato forzoso dei preti, dicendo che non è biblico. Dalle loro parole e dai loro discorsi sembrerebbe quasi quasi che la Chiesa cattolica mandi in giro i preti a reclutarne di nuovi obbligandoli a non sposarsi. Molti fratelli protestanti dimenticano un uomo decide liberamente di farsi prete e quindi rinunciare al matrimonio non è una forzatura, ma è un atto di libera scelta.
Ai candidati al sacerdozio invece la Chiesa richiede espressamente oggi, per il rito latino, il celibato, ma questo lo ha spiegato benissimo Caterina.
Esso non è parte strutturale del sacramento. Molti protestanti  ne parlano come se il celibato fosse una “verità di fede”, (cattolica) al pari della Trinità o di altri dogmi, ma essa è invece una semplice norma giuridica che può essere modificata in ogni momento; quello che ti sto dicendo ti potrà essere confermato da qualunque giurista di diritto canonico. Quando il celibato venne introdotto nel rito latino, esso venne introdotto, lo dicono espressamente i documenti dell’epoca, per semplice opportunità, in una situazione assai disastrosa per la chiesa occidentale, dove dilagava la simonia e il concubinato.
Il Concilio Vaticano II nella Presbyterorum Ordinis riafferma l’opportunità (nota, opportunità e non necessità) di conservare l’obbligo del celibato
Preferisco lasciare la parola ai padri del Concilio Vaticano II che nella Presbyterorum Ordinis hanno affrontato anche questo aspetto della missione sacerdotale. La parte del documento che cito è al numero 16 del suddetto documento.
 “La perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore (Cfr. Mt 19, 12), nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni volentieri abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. È infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, e fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo (Lumen Gentium, n 42). Certamente essa non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente dalla prassi della chiesa primitiva (1 Tm 3, 2-5; Tit 1, 6) e dalla tradizione delle chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia di osservare il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: ma questo sacrosanto sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano allo stato matrimoniale, a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato.”
Dal punto di vista storico, visto che ci chiedono anche questo, ti posso dire che, nel tempo apostolico sia presbiteri che vescovi potevano essere scelti tra le persone sposate. La continenza non era affatto la norma per nessuno, anche se già Paolo la considera come utile nella prima lettera ai corinzi, anche se avvertì che era meglio sposarsi che bruciare di passione.
 Persone che seguissero invece Cristo nella professione spontanea dei consigli evangelici di povertà castità e obbedienza iniziarono ad esserci solo nel IV secolo, uno dei primi è Antonio d’Egitto. Prima di tale data solo alcune donne, pur condividendo in tutto la vita degli altri fedeli, facevano di fronte al vescovo voto di restare vergini a vita. Tale stato si perse nei secoli ed è stato nuovamente realizzato dal Vaticano II che ha istituito l’Ordine delle Vergini e vedove alla diretta dipendenza dell’Ordinario diocesano.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 14 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 12.30
Molti protestanti dicono che: Leggendo nell’A.T. troviamo nel Levitico (2,13) che il sommo sacerdote era sposato, come anche i profeti (Is 8,3).
Pietro era anch’egli sposato (Mt 8,14); i ministri della Chiesa primitiva erano sposati (1Tm 3,2-5). Durante i primi mille anni del cristianesimo i preti e i vescovi potevano sposarsi. Infatti Tertulliano ricevette il sacerdozio quando ancora già era sposato. Dedica due suoi scritti alla moglie (anni 200 circa). Il Concilio di Nicea (325) respinse la richiesta di interdire il matrimonio dei preti, e il papa che regnava in quel tempo, Silvestro I (314), ordinò che ogni prete avesse la propria moglie.
Fu Papa Gregorio VII (1073-1085) che decretò che i sacerdoti non dovessero sposarsi. Paolo VI (24/06/1967) ha riconfermato tale imposizione, ma la reazione che ne è seguita è talmente imponente da far prevedere qualche addolcimento di tali posizioni. E’ stata molto forte la reazione dell’episcopato olandese che in un documento afferma doversi trovare una via d’uscita alla situazione attuale, tanto per il benessere personale di numerosi preti che per l’avvenire del sacerdozio nella Chiesa. Fin qui le note dei protestanti.
L’argomento del celibato ecclesiastico è molto importante e ci sforzeremo di essere chiari e precisi.
Con decreto della S. Congregazione dei Sacramenti (27 dicembre 1930) ogni candidato al sacerdozio è tenuto con giuramento ad attestare per iscritto che si astringe agli obblighi del celibato ecclesiastico con piena consapevolezza.
Le ottime ragioni degli sforzi dei Papi perché il celibato si affermasse non sono quelle male intraviste dal Montesquien, quando affermava che “altrimenti la loro potenza non sarebbe mai salita così in alto e non sarebbe mai stata duratura, se ogni prete avesse avuto a cuore una famiglia” (Riflessioni e pensieri inediti, Torino 1943), ma quelle addotte dall’Apostoli Paolo.
Il sacerdote è costituito per gli uomini in ciò che si riferisce a Dio, al fine di offrire doni e sacrifici, e solo il celibato permette il prefetto e totale compimento di tali doveri. Dovendo proseguire l’opera del Redentore il ministro sacro ha bisogno di libertà da preoccupazioni d’indole familiare…
L’individuo nel sacerdote deve scomparire di fronte ai bisogni materiali e spirituali di tutta la famiglia umana, altrimenti rischia di diventare un professionista qualsiasi.
Il ministero sacerdotale, e in particolare la direzione delle coscienze, esige illimitata fiducia verso chi l’esercita e questa difficilmente l’ottiene il sacerdote che vive in compagnia di una donna che partecipa delle sue confidenze.
Le obiezioni contro il celibato non provengono tanto dalla nobiltà del suo programma, quanto dalla supposta impossibilità del suo esercizio.
La castità, si dice, è impossibile e la pretesa di dominare l’istinto. È pura ipocrisia. Questo errore la Chiesa l’ha condannato nel Concilio di Trento (sess. XXIV, can 9). La custodia della castità è affare della Grazia e la Chiesa non ha mai preteso che la natura possa trionfare dei suoi istinti abbandonata alle sole sue forze. Se, per casi particolari, abitudini inveterate e tare ereditarie assegnano alla virtù compiti quasi sovrumani, si tratta di esseri anormali, per i quali il sacerdozio non è indicato. La tesi poi che vuol presentare la castità come nociva alle esigenze dell’igiene e causa di nevrastenia è stata nettamente esclusa da fisiologi eminenti, che hanno dimostrato la perfetta compatibilità dell’astinenza di soddisfazioni sessuali con le leggi fisiologiche e morali. Dove si da il caso di nevrosi questo effetto è prodotto solamente in tipi dall’istinto genesiaco anormale.
La libellistica comune ama insistere sul fatto: la vita privata del prete non è e non è stata mai casta e in disordini nascosti egli cerca ciò che gli è pubblicamente interdetto. Ma gli scandali presenti e passati non costituiscono il passato né il presente della Chiesa. La prospettiva di insieme è molto più luminosa e al di là delle zone d’ombra essa può mostrare la sua realtà formata da santi ed eroi.
Oltre al celibato ecclesiastico esiste nella Chiesa, ed è sempre esistito, il celibato scelto dai laici liberamente e direttamente “per il regno dei cieli” (Mt 19,12), cioè per il motivo superiore dell’amore verso Dio e dell’apostolato.
Questa pubblica professione di vita perfetta e generosamente votata agli interessi di Dio, diventò così frequente nella varie Chiese, che coloro che la praticavano cominciarono a comparire in mezzo alla società come una classe a parte.
La storia, poi, ha dimostrato con un’evidenza di giorno in giorno maggiore l’aiuto molteplice e efficace, che i laici celibi possono recare alla Chiesa e alle anime mediante l’esempio vivente e il contatto immediato di una vita perfettamente consacrata alla santificazione, attuandola nei casi in cui la vita religiosa canonica è impossibile o poco adatta, esercitando l’apostolato in molteplici maniere e compiendo funzioni che il luogo, il tempo, le circostanze proibiscono o rendono impraticabili ai sacerdoti e ai religiosi.
Oggi la Chiesa ha superato tutte le difficoltà e si è mossa a riconoscere (oltre ai singoli) gli Istituti secolari dei laici.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 15 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 12.32
Finora sono state menzionate solo le vicende storiche del celibato seguendo quasi esclusivamente quanto riferisce in merito la Enciclopedia Cattolica. Ora voglio scendere a maggiori e più profonde considerazioni sottolineando che Gesù invita al celibato chi desidera consacrarsi esclusivamente al regno dei cieli. E perciò morire celibi non è una disgrazia bensì un trionfo ed un onore, come dice S. Giovanni nell’Apocalisse: “Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l’Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello” (14,4).
Diciamo pure che ci sono santi sposati e non sposati. Diciamo ancora che è vero che nel N.T. non c’è un ordine tassativo che imponga il celibato, per cui i primi vescovi e sacerdoti furono scelti anche tra gli sposati (ebrei e non) per la garanzia della fede e della probità, ma è anche vero che il desiderio di Gesù, ribadito da S. Paolo, è fin troppo chiaro. Infatti molti hanno aderito spontaneamente al desiderio del Divin Maestro: la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ha accolto il desiderio di Cristo e di tante anime ed ha codificato il celibato. Quando noi parliamo di Chiesa, non si può prescindere da Gesù e dallo Spirito Santo: “…Io sarò con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28,20); “…la Chiesa è colonna e sostegno della verità” (1 Tm 3,14-15); “…chi ascolta voi ascolta me…” (Lc 10,16); Gesù prega per gli Apostoli e “per quello che per la loro parola crederanno in me”; “…Padre, consacrali nella verità…” (Gv17,17); “…lo Spirito Santo vi guiderà alla verità tutta intera…” (Gv 16,12-15); vedi anche 14,16; 15,26); “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi…” (Gv 20,21).
Io, (parla fra Tommaso) personalmente, stimo una gran cosa che Gesù non ha voluto dare un’ordine tassativo: Egli voleva convincerci che “non tutti possono capire” ma solo quelli ai quali è dato di capire in quanto lo fanno esclusivamente per il regno dei cieli, ossia a maggior gloria di Dio e per il bene delle anime.
Basterà riflettere sulla natura del sacerdozio per convincersi della convenienza della codificazione del celibato da parte della Chiesa Occidentale.
La contestazione oggi muove molto spesso piuttosto dalla passione e dallo spirito del mondo. Certamente non dalla fede, né dalla grazia di Dio e neppure da ragioni di carattere spirituale…
Pur sapendo che la malvagità e  il peccato del sacerdote non toccano l’efficacia salvifica del suo ministero, tuttavia, tutti sappiamo quanto persone restano scandalizzate per la cattiveria di alcuni sacerdoti… E sappiamo pure che i nemici della Chiesa speculano proprio su queste carenze e debolezze sacerdotali…, le quali, principalmente, si notano in sacerdoti che lottano per essere autorizzati alle nozze…regolarmente…

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 16 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNStefanoS79Inviato: 18/03/2003 15.37
Non so se si era capito, ma sono uno di quei cattolici contrari al celibato dei presbiteri....i nostri fratelli ortodossi su questo sono più avanti di noi.
Con questo non voglio dire che ogni prete debba essere costretto a sposarsi, ma che deve essere una sua libera scelta: ci sono laici sposati e non...potrebbero esserci preti sposati e non.
Tuttavia è indiscutibile che una persona non sposata ha materialmente più tempo da dedicare ai fratelli credenti.

Precedente  17-21 di 21  Successiva  Ultima  Elimina risposte 
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 17 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 18/03/2003 15.52
Va bene Stefano......rispetto la tua opinione però....la tua scelta di credere a ciò che credi....non asserisce... che la Bibbia vieti il celibato...........ora parli degli Ortodossi....ma io ti ho scritto e puoi controllare....che i vescovi vengono scelti dal CLERO CELIBE.......se non li avessero avrebbero vescovi sposati? forse si, ma per oggi la regola è questa e un motivo ci sarà non trovi?
Poi dici:
Tuttavia è indiscutibile che una persona non sposata ha materialmente più tempo da dedicare ai fratelli credenti.
.......
infatti.....è una delle motivazioni che ha spinto la Chiesa a questa SCELTA CHE COMUNQUE SIA.....E' IMPLICITA E LEGGIBILE NELLA BIBBIA...quindi lecita......
Fraternamente C.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 18 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNlizzie9821EInviato: 18/03/2003 17.50
spero che la Chiesa non cambi mai idea sul celibato dei preti........
Lizzie

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 19 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 18.50
(parla frà Tommaso, dei frati minori rinnovati di Palermo) Ho spesso inteso dire, e da persone molto serie, che il sacerdote che reclama le nozze… è segno che ha già qualche donna…Ed è anche vero che chi reclama contro il celibato è semplicemente perché, non avendo coltivato la propria vocazione, logicamente e naturalmente, si è messo in grado di perderla in parte o del tutto. Ed una scusa troppo palese per chi dice che quando fu ordinato non si rendeva ben conto dell’impegno serio che prendeva; è, ripeto, semplicemente perché, a poco a poco, si è fatto trascinare o dall’eresia dell’azione o, più facilmente, dal contatto troppo frequente e poco controllato con donne…
E’ ben chiaro per tutti quelli di buona volontà che il celibato del sacerdote è per il regno dei cieli; è per amore di Gesù Cristo, a vantaggio dell’intera umanità. Il celibato, quando è vissuto con slancio apostolico e con fede “rende il cuore dell’uomo libero in modo singolare” (Decreto del Conc. Vat. II Perfectae Caritatis, 12). E tale libertà se è disponibilità per Dio è anche disponibilità per gli uomini (cf Decreto sul ministero e la vita dei Presbiteri, P.O. 16). Molti non comprendono che questo darsi agli altri scaturisce dal donarsi a Dio, e viceversa.
La vocazione alla paternità spirituale non è meno esigente ed esclusiva di quella alla paternità fisica. Esige fedeltà che è frutto di amore. Non si tratta di svalutare la sessualità, ma di oltrepassarla in una forma superiore di comunicazione della vita, nell’orizzonte della grazia.
I sacerdoti col loro celibato “danno testimonianza della futura risurrezione, (Decreto sulla formazione sacerdotale, O.T. 10, Vat. II). Essi diventano segno vivente di quel mondo futuro…nel quale i figli della Risurrezione non si uniscono in matrimonio… (Decr. Sul ministero e la vita dei Presbiteri, P.O., 16).
Sarà bene tener sottocchi i seguenti passi del N.T. ai quali si è già fatto e si continuerà a fare sull’argomento del celibato:
1) Mt 19,8-12: “…Rispose loro Gesù: per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato e ne sposa un’altra, commette adulterio”. Gli dissero i discepoli: se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi. Egli rispose loro: non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli. Chi può capire, capisca”. Ora il voler criticare a tutti i costi la Chiesa cattolica che impone il celibato ai preti, perché essendo madre (Chiesa) guida i figli per il bene, è incomprensibile! Molti protestanti criticano aspramente il celibato dei preti (ma anche molti cattolici), non mi spiego tanta avversità quando è risaputo che nella storia della Chiesa mai nessuno è stato obbligato a diventare prete (o suora) dalla Santa Madre Chiesa, ci sono state indubbiamente alcune vicende familiari (come accadeva soprattutto in passato) che hanno portato al sacerdozio o alla consacrazione alcuni preti e suore, ma sono stati i familiari a obbligare al sacerdozio o alla consacrazione i propri parenti, mai la Chiesa cattolica. Oggigiorno, mai, si sente dire o si legge di preti che con la forza spingono altri uomini al sacerdozio, chi sceglie di diventare sacerdote lo fa consapevole di quello che comporta diventarlo e consapevole che deve rinunciare al matrimonio, chi non si sente caratterialmente così forte e spiritualmente così elevato non sceglie il sacerdozio. Sceglierà magari il diaconato, oppure potrà dedicarsi alla carità in vari modi, ma sicuramente se non sente la vocazione interiore, se non ha la vocazione di rendersi eunuco per il regno dei cieli “se non gli è stato concesso di capirlo” è meglio che non scelga la via del sacerdozio."
OFFLINE
Post: 4.551
Sesso: Maschile
02/12/2009 21:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 20 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 18.53
Chi decide di diventare ministro di Dio, non lo diventa dall’oggi al domani, ma attraversa un periodo di prova, di studio, durante il quale ha tutto il tempo di valutare i risvolti di quella scelta, se durante questo periodo di prova, il seminarista non se la sente più di arrivare fino in fondo, può benissimo rinunciare, senza che nessuno lo castighi oppure lo denunci, o lo percuota.
Alla luce di tali considerazioni  dove sta la forzatura ?
Qualche pastore fantasioso, addita la Chiesa cattolica come satanica in base ad una profezia di Paolo (Tm 4,1-3)  “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, 2sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. 3Costoro vieteranno il matrimonio, imporranno di astenersi da alcuni cibi che Dio ha creato per essere mangiati con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti conoscono la verità. 4Infatti tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera…”;
Paolo avverte che ci sarà chi proibirà il matrimonio e vieterà alcuni cibi, volendo con ciò indicare che Paolo in realtà si riferisse alla Chiesa cattolica la quale in effetti proibisce il matrimonio.
Fratelli, vi prego non corriamo sui versetti, soffermiamoci, non parliamo per abitudine, riflettiamo su quello che diciamo.
La Chiesa cattolica non proibisce il matrimonio, anzi lo difende dagli attacchi della modernità, la Chiesa cattolica celebra ogni anno migliaia di matrimoni, quindi come si fa a dire che li proibisce, come si fa a riferire su di essa quella profezia ?
La Chiesa cattolica ritiene che il matrimonio sia uno dei sacramenti più importanti per il mondo, per la cristianità, per le famiglie, e lo difende dai divorzi facili, quando il papa si pronuncia contro il divorzio i giornali lo sbranano, molti politici lo deridono, e lo accusano di voler interferire con le leggi dello stato, questo dovrebbero dire i pastori ai loro fedeli, invece loro amano solo calunniare il papa, su di lui dicono solo e soltanto accuse infamanti.
Pace
Salvatore

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 21 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 18/03/2003 19.03
Ecco qui di seguito un articolo del Giornale di Sicilia in merito alle accuse lanciate dal papa contro il divorzio: 
Il Papa tuona contro il divorzio: polemica
Le parole di Giovanni Paolo II sono state durissime: le legislazioni - ha detto - devono riconoscere l'indissolubilità del matrimonio, il divorzio ha avuto «effetti devastanti» sulle società civili e giudici e avvocati sono pertanto chiamati a «declinare» la loro cooperazione «per una finalità contraria alla giustizia com'è il divorzio». Vivacissime le reazioni, pro e contro, sia dal mondo giudiziario che da quello politico.
Giornale di Sicilia del 28/01/2002
Papa Wojtyla è di nuovo insorto contro il divorzio ed è stata subito bufera nel mondo politico, giudiziario e religioso italiano. Le parole di Giovanni Paolo II sono state durissime: le legislazioni - ha detto - devono riconoscere l'indissolubilità del matrimonio, il divorzio ha avuto «effetti devastanti» sulle società civili e giudici e avvocati sono pertanto chiamati a «declinare» la loro cooperazione «per una finalità contraria alla giustizia com'è il divorzio».
È suonato quasi come un appello all'obiezione di coscienza di fronte ad una legge che è anche dello Stato Italiano il discorso fatto stamane dal Papa, in occasione della tradizionale udienza ai giudici della Rota Romana. Per la verità, Giovanni Paolo II non ha risparmiato rimproveri neanche a loro, esortandoli a «convalidare, se possibile, i matrimoni nulli», e non ad assecondare le richieste di nullità dei vincoli matrimoniali. Nel 2000, ultimo anno del quale si hanno i dati, la Rota ha deciso l'inesistenza di 57 matrimoni, salvandone 67.
Ma la parte più calda dell'intervento è stata quella dedicata alla società civile nel suo insieme e non ai tribunali ecclesiastici.
LE FRASI SALIENTI DEL PAPA - «Il valore del matrimonio - ha detto - non può essere ritenuto l'oggetto di una mera scelta privata: esso riguarda uno dei capisaldi dell'intera società».
L'assenza dell'indissolubilità matrimoniale, ha proseguito Giovanni Paolo II nella sua requisitoria, «ha conseguenze devastanti che si propagano nel campo sociale come una piaga».
Tra le iniziative da prendere, ha detto il Papa, «non possono mancare quelle rivolte al riconoscimento pubblico del matrimonio indissolubile negli ordinamenti giuridici civili. Gli operatori del diritto in campo civile devono evitare di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio». «Per i giudici - ha ammesso il pontefice - ciò può risultare difficile , poichè gli ordinamenti non riconoscono un'obiezione di coscienza per esimerli dal sentenziare. Ma anch'essi devono trovare mezzi efficaci per favorire le unioni matrimoniali, sopratutto mediante un'opera di conciliazione saggiamente condotta». Gli avvocati però, nella visione del Papa, in quanto liberi professionisti «devono sempre declinare l'uso della loro professione per una finalità contraria alla giustizia com'è il divorzio».
REAZIONI DELL'AMBIENTE GIUDIZIARIO - Sono stati proprio loro, gli avvocati matrimonialisti, i primi a contestare le parole di Giovanni Paolo II.«La legge dello Stato -ha detto Cesare Rimini - non interferisce nella legge della Chiesa; troverei quindi giusto che la Chiesa non interferisse nei compiti di giudici e avvocati». Quello del Papa è un intervento «inappropriato», ha dichiarato a suo volta l'avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace. Tra le voci a favore invece, quella di Fabio Massimo Gallo, consigliere del Csm e prima di approdare a Palazzo dei marescialli giudice civile, il quale non crede che Giovanni Paolo II abbia invaso competenze dello Stato italiano, invitando giudici e avvocati a salvare i matrimoni.
REAZIONI DEL MONDO POLITICO - Sul fronte dei politici, unanimi i giudizi negativi arrivati dal centro sinistra e dai radicali.
'Povero Papa..i fedeli non lo ascoltano e lui si rivolge ai giudicì,commentano sarcasticamente i radicali. Una 'interferenza rispetto alla laicità dello Stato«, ha detto l' ex ministro per la solidarietà sociale Livia Turco. »Sveltire le procedure di separazione anziché ostacolare i divorzi«: è quanto sostiene Franco Grillini, deputato Ds già presidente o dell'Arcigay, che ha giudicato l'intervento del Papa »l' ennesima intromissione non solo sulle procedure della giustizia, ma anche nella vita privata delle persone«. Anche un'esponente del centro destra, Alessandra Mussolini si è però unita al coro delle critiche. Quelle del pontefice sono affermazioni che si collocano »fuori dal contesto sociale e risultano, per il legislatore, inaccettabili«; un intervento »di retroguardia; che porta indietro nel tempo«. Riccardo Pedrizzi, responsabile nazionale di An per le politiche familiari, si è schierato invece a fianco del Papa. Per la presidente dell'Udeur, Irene Pivetti 'il Papa ha diritto ad intervenire su qualunque questione; è un diritto legittimo e costituzionalmente garantito». Introdotto con lodevoli intenzioni,il divorzio ha finito per diventare un istituto abusato, ha spiegato Francesca Martini,responsabile dei problemi della famiglia per la Lega.
«Quello del Papa è un »appello alle coscienze« e ogni altra interpretazione »è strumentale«, ha detto Giuseppe Fioroni del Ppi. Sulla stessa lunghezza d'onda Maria Burani Procaccini (FI) secondo cui »è giusto che la massima autorità morale del mondo cattolico dia un giudizio su una questione come quella del divorzio che non è solo un procedimento civile, ma ha implicazioni morali anche sul sereno sviluppo dei figli«.
MONDO RELIGIOSO - A sostenere il Papa sono intervenuti il vescovo di Como Alessandro Maggiolini (»ci richiama ai principi umani«), e l'Unione delle Comunità islamiche italiane. »Siamo completamente e dottrinalmente d'accordo con la presa di posizione di Papa Wojtyla contro il divorzio«, ha detto il segretario generale dell'Ucoi, Hamza Roberto Piccardo. »Il divorzio fa tremare il Trono di Dio« ha aggiunto con un' immagine ad effetto. Sul fronte opposto, tra i critici, il sacerdote Gianni Baget Bozzo: »difficilmente la cooperazione dell'avvocato civilista al processo di divorzio può essere considerata una cooperazione diretta al male che il divorzio determina«. Voce contraria anche quella del piccolo centro di studi teologici di Milano. Per Monsignor Vinicio Albanesi infine »il problema vero è che dietro tanti matrimoni religiosi non c'è la cutlura cattolica necessaria. Si sceglie il matrimonio in chiesa per forma e non per convinzione«.
Come mai chi proibisce (o proibirebbe il matrimonio) lo difende invece così strenuamente beccandosi le critiche di moltissimi benpensanti, "civili"?
Come facciano a lanciare accuse così superficiali contro la Chiesa cattolica forse non lo sanno nemmeno gli stessi pastori protestanti, tanto e talmente è radicata in loro l’avversità contro i cattolici che dicono qualsiasi cosa pur di recare danno alla Chiesa Cattolica.
Pace
Salvatore
Amministra Discussione: | Riapri | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:10. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com