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La vocazione alla castità

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2009 21:44
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02/12/2009 21:42
 
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 21.53
Risponde Famiglia Cristiana.......

Ecco un proposta geniale e stupefacente intorno al problema, sempre dibattuto con passione, del celibato dei preti. Cantando "fuori del coro", i nostri due sposi non si schierano contro l’obbligo del celibato, ma neppure si impegnano più di tanto a dimostrarne la necessità per chi intende ricevere l’ordine sacro. Lo invocano, invece, con forza dalla sponda opposta: non è il ministero del prete a esigere la rinuncia al matrimonio, ma è la condizione sacramentale degli sposi a esigere la rinuncia al sacerdozio. Prima di dire che i preti non devono sposarsi, bisogna affermare che chi si sposa non può fare il prete. Solo a un lettore superficiale potrà sembrare che sia la stessa cosa.

Il ragionamento è limpido: il sacramento del matrimonio e i carismi dello Spirito che animano la vita degli sposi li coinvolgono in una vocazione totalizzante. La consacrazione a Dio della propria esistenza assume nel matrimonio la sua forma concreta nella completa dedizione di sé al proprio sposo, alla propria sposa, alla propria famiglia. Se gli sposi vogliono vivere all’altezza di questa vocazione e di questa grazia, non possono far determinare la propria esistenza da un’altra vocazione ugualmente totalizzante.

Che il sacramento del matrimonio e la grazia che ne deriva coinvolgano l’uomo e la donna in una dimensione di totalità, nessuno potrebbe dubitare. Fra l’altro, la stessa esperienza della vita comune, al di là della visione di fede, ci dimostra quanto sia distruttiva dell’amore l’incapacità di scegliere fra la dedizione alla famiglia e l’inseguimento di altri ideali che impegnano l’animo nel profondo. Non sono rari i casi in cui non c’è salvezza se non in un taglio radicale: o l’amore sponsale occupa il primo posto nel cuore o è destinato a infrangersi.

L’esclusività dell’amore qui non è frutto di insensate gelosie o di deviazioni possessive, bensì del coinvolgimento delle persone nello strato più profondo del loro essere, per cui lo stesso rapporto con Dio ne resta indelebilmente segnato. Quella degli sposi non è un’amicizia: di amici ne posso avere quanti ne voglio. Non c’è adulterio nella pluralità delle amicizie. C’è adulterio – che è ferita e colpa profonda – contro l’amore sponsale.

E non si commette adulterio solo amando un’altra persona, ma anche amando la propria carriera, la ricerca del successo, il denaro, il proprio sport preferito o qualsiasi altra cosa in misura tale da mettere in secondo piano la persona che si ama. (Gesù dice (Lc 14, 26-27): «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria stessa vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo». )

Sarebbe allora un inaccettabile rivale dell’esclusività dell’amore coniugale anche il ministero pastorale, per la totalità di dedizione che anch’esso esige? Sì e no. Certamente lo sarebbe, qualora non fosse fondato sul previo e libero consenso a una dedizione che, comunque, dovrebbe essere condivisa. In senso assoluto è più difficile dirlo, perché si tratta pur sempre di dedizione all’altro e a Dio, non di una ricerca di sé, del proprio successo e del proprio piacere.

 (Senza nulla togliere alla volontà ed alla dedizione di molti Pastori Protestanti che invece rincorrono ad una propaganda per il matrimonio....ne deriva che un pastore sposato, non potrà trascurare di certo la moglie, tanto meno i figli e le loro necessità; e diventerebbe un problema educativo se tali pastori dovessero avere soltanto un figlio, potendo invece avere la possibilità di averne, o si scoprisse l'uso di anticoncezionali come purtroppo è accaduto!)

È vero che fare il prete chiede una dedizione assoluta: la Chiesa infatti, nella sua tradizione occidentale, ne ha ricavato l’idea di una così alta opportunità del celibato per i suoi preti da averlo reso obbligatorio sin dai primi secoli quando era all'inizio solo un consiglio che via via che le comunità si espandevano, diventava sempre più un esigenza. C’è però una differenza da considerare: è che la Chiesa può imporre una simile disciplina ai suoi ministri, perché il ministero dell’ordine sacro ha la sua sola ragion d’essere nel servizio da rendere alla comunità. Il sacramento dell’ordine non è dato al cristiano per il bene di chi lo riceve: essere preti nella Chiesa è solo un servizio da rendere alla comunità. E le norme che lo regolano non sono misurate sulle esigenze della persona (giacché nessuno è obbligato a farsi prete né alcuno ha il diritto di diventarlo), ma su quelle del servizio da rendere. Da qui deriva che la Chiesa possa porre le sue condizioni, come è avvenuto per il celibato, per il divieto della militanza politica, per l’imposizione di un faticoso e lungo curriculum formativo.

Ma la Chiesa non potrebbe, in alcun modo, porre condizioni analoghe per la celebrazione del matrimonio: sposarsi è un diritto naturale della persona umana, che non può essere sottoposto ad altre condizioni che non siano quelle intrinseche al matrimonio stesso, come lo sono la condizione monogamica o l’accettazione della indissolubilità.

Il diritto canonico non potrebbe quindi vietare a chi intende sposarsi di esercitare alcune professioni che, pure, sembrano contraddire la possibilità di un’armoniosa vita familiare. C’è quindi una reale asimmetria fra le due prospettive, nonostante l’analogia fra il carattere di dedizione totale proprio del ministero ordinato e quello che accompagna il sacramento del matrimonio.

Con questo non voglio dire che gli sposi non debbano prendere sul serio, con la massima determinatezza, il problema di alcune incompatibilità fra un certo tipo di aspirazioni, di professioni, di carriere, di interessi e il loro amore sacramentalmente consacrato. Ma sono problemi che trovano la loro soluzione non nella creazione di statuti giuridico-sacramentali, bensì nella ricerca sincera della fedeltà alla propria vocazione.

D.A.


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 22.37
Ora.....prima di inserire il prossimo articolo.....ritorno con voi a meditare sulle parole di Gesù sul consiglio del celibato.....
Attenzione che quando Gesù dice e vi sono eunuchi che si resero tali da sè per il regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda.........NON sta dicendo che questi si castreranno in senso biblico....o si renderanno ROVINATI.....fisicamente....^___^........rendersi eunuchi da "sè"..vuol dire VOLONTARIAMENTE......cioè, con un atto di volontà......di offerta.....di sacrificio......insomma.....è appunto una VOCAZIONE......ecco che nella risposta precedente leggevamo che essendo il Matrimonio già UNA vocazione.....essa NON può "sposarsi" o unificarsi con il sacerdozio che è, appunto un altra vocazione.....
Ma l'uomo è fallace.....siamo sempre TUTTI peccatori.....e con il rischio di cadere anche rovinosamente......è il caso che tanto ha penalizzato la Chiesa....la pedofilia....leggiamo questo articolo.......
da cultura cattolici.it

La prima parte dell'anno in corso è stata piena di avvenimenti belli, dolorosi, drammatici, pieni di speranza, pieni di scandalo… tra questi lo scandalo della pedofilia dei preti americani ha occupato molte pagine di molti quotidiani, per molto tempo.
Questi fatti drammatici, anche se probabilmente sovrastimati numericamente, sono stati il pretesto per riavviare il poco originale dibattito su ciò che la Chiesa è e su ciò che dovrebbe fare… tanti consigli preziosi - ritenuti tali da chi li dà - ma poco reali e soprattutto limitati, non tenendo conto di tutte le componenti della realtà
Primo fra tutti, il consiglio più importante che è la spiegazione degli atti di pedofilia dei preti riguarda il celibato dei preti: il prete è pedofilo perché non è sposato, e quindi è un represso sessuale e via dicendo; la soluzione, quindi, logicamente sta nel matrimonio dei sacerdoti.
Inoltre sono più pedofili gli uomini delle donne, motivo per cui anche le donne dovrebbero fare i preti, per garantire più sicurezza alle famiglie dei bambini…
E via via dicendo; sono saltati fuori tanti di quei luoghi comuni in questi ultimi mesi… insomma questa Chiesa ne ha combinati di danni, e soprattutto continua imperterrita a non seguire i consigli di nessuno!!!
Ci permettiamo adesso di fare un po' di ordine in tutte le cose dette.
Indipendentemente dal considerare il pedofilo "malato", quindi non così colpevole, oppure un "soggetto" sano ma coscientemente perverso, tutto il male che viene fatto ai più piccoli è peccato e grida al cospetto di Dio. Una società che usa i piccoli (vedi pornografia, pedofilia, prostituzione, ma anche sfruttamento del lavoro minorile etc…) è una società che non ha niente da dare all'uomo e non può costruire niente se non distruzione, male…
Chi commette peccato dà scandalo, forse se chi a commetterlo è un sacerdote lo scandalo è più evidente; ma questo non mette in discussione tutti i preti della Chiesa, come la pedofilia che si svolge all'interno della famiglia (la maggior parte degli abusi sessuali sui bambini avviene in famiglia; difficile da concepire e da accettare, ma risponde alla realtà) non mette in discussione la figura di tutti i genitori
La Chiesa è consapevole del peccato dell'uomo, e permette la remissione dei peccati riconoscendo nella croce di Cristo il mezzo della redenzione; il peccato fa male e Cristo stesso lo ha preso su di sé - soffrendo fino alla morte - perché l'uomo possa essere salvato dalla piccolezza in cui spesso cade.

Di seguito riportiamo stralci di un articolo americano che spiega perché alcuni "miti" sulla pedofilia dei preti possono essere facilmente smontati.

Alcuni miti sulla pedofilia dei preti

1. I preti cattolici sono più inclini alla pedofilia rispetto agli altri gruppi di uomini
Questa affermazione è chiaramente falsa; non c'è alcuna evidenza che i preti sono più inclini ad abusare dei bambini rispetto agli altri uomini.
L'uso e l'abuso dei bambini come obiettivo per la gratificazione sessuale degli adulti è un fenomeno epidemico in tutte le classi, professioni, religioni, comunità etniche, nell'intero globo, come la pornografia infantile, gli incesti, la prostituzione dei bambini fanno chiaramente capire.
La pedofilia (l'abuso sessuale dei bambini preadolescenti, minori di 13 anni; pedofilo è un soggetto di almeno 16 anni e di almeno 5 anni più vecchio del bambino) tra i preti è, invece, molto più rara, affliggendo solo lo 0.3% della popolazione clericale.
Philip Jenkis, un professore non cattolico americano, ha pubblicato questi dati nel libro "Pedofili e preti", dove mostra una delle casistiche più aggiornate e complete ad oggi, in cui 1 prete su 2252 è un pedofilo, considerando l'ultimo periodo di tempo di trent'anni. Nel recente scandalo di Boston, solo 4 dell'ottantina di preti accusati dai media di pedofilia sono stati realmente scoperti pedofili, ma nessun giornale ha chiesto scusa agli altri accusati ingiustamente e schiaffati sulle pagine dei giornali.
La pedofilia è un particolare tipo di disordine compulsivo sessuale nel quale un adulto (uomo o donna) abusa degli adolescenti prepuberi; la maggioranza delle deviazioni sessuali dei preti coinvolti in questo scandalo in realtà è meglio definito dalla efebofilia (attrazione omosessuale verso ragazzi adolescenti). Mentre il numero degli abusatori sessuali tra i preti è molto più alto di quelli colpevoli di pedofilia, questo ammonta ancora a meno del 2% , cifra paragonabile alla percentuale degli uomini sposati.
Sull'onda della corrente crisi nella Chiesa, altre denominazioni religiose e istituzioni non religiose hanno ammesso di avere problemi simili sia con la pedofilia che con l'efebofilia tra i loro gruppi di sacerdoti.
Non c'è evidenza che i prelati cattolici siano più predisposti alla pedofilia rispetto ai ministri protestanti, i capi ebrei, insegnanti o altre istituzioni dove gli adulti rivestono un ruolo di autorità e potere sopra i bambini.

2. Lo stato di celibato dei preti porta alla pedofilia
Il celibato non comporta alcun tipo di deviazione sessuale inclusa la pedofilia. Infatti gli uomini sposati sono tanto quanto i preti a rischio di deviazioni sessuali. Nella popolazione generale la maggioranza degli abusatori sono uomini eterosessuali che abusano di ragazze adolescenti. Secondo diverse statistiche, specialmente quelle del Nord Europa il più bersagliato da queste realtà, indica chiaramente nell'uomo sposato l'esigenza della depravazione, la ricerca di una prostituta, l'esigenza di fare almeno una esperienza omosessuale! Il profilo del molestatore di bambini non include mai un adulto che diventa attratto eroticamente da un bambino come risultato di una astinenza, anzi semmai è proprio il contrario.

3. Il matrimonio dei preti potrebbe sconfiggere la pedofilia e le altre forme di deviazioni sessuali
Qualcuno sta domandando il matrimonio per i preti come riparazione allo scandalo, quasi che il matrimonio potrebbe impedire agli uomini di far male ai bambini. Poiché né il celibato né l'essere prete predispongono un uomo a sviluppare la pedofilia, un prete sposato non risolverebbe il problema. Anzi, a lungo andare lo potrebbe invece danneggiare e peggiorare! Gli uomini sani eterosessuali non hanno mai conosciuto lo sviluppo di attrazioni erotiche nei confronti dei bambini come risultato dell'astinenza.

4. Il celibato dei preti è una invenzione medievale
Errato. Nella Chiesa Cattolica Occidentale il celibato divenne universale nel IV secolo, da prima era rimasto un consiglio puramente a discrezione dell'uomo che decideva di farsi prete, ma con il crescere della Chiesa, le comunità, le varie forme di eresia e di corruzione, portarono la Chiesa a rendere sempre più decisiva questa iniziativa, iniziando con l'adozione da parte di S. Agostino della disciplina monastica per tutti i suoi preti. In aggiunta alle molte ragioni pratiche - era supposto scoraggiasse il nepotismo - lo stile di vita del celibe permette al prete di essere più indipendente e disponibile. La Chiesa non ha cambiato le proprie direttive riguardo al celibato perché lungo il corso dei secoli essa ha verificato e realizzato il valore pratico e spirituale di tale pratica (Papa Paolo VI - Sul celibato dei preti - Lettera enciclica, 1967). In verità anche nella Chiesa Cattolica di Oriente, dove è concesso il matrimonio ai preti, l'Arcivescovo è scelto solo fra i preti non sposati.
Cristo ha mostrato il vero significato e valore del celibato. I preti cattolici, da S. Pietro ad oggi lo hanno imitato nel dono totale di sé a Dio e agli altri nel celibato. Sebbene Cristo ha elevato il matrimonio al livello di sacramento che rivela l'amore e la vita della Trinità, Egli è anche un testimone vivente della vita nel mondo che verrà. Il celibato consacrato è per noi una testimonianza vivente di questa vita in cui la gioia e l'unione del matrimonio tra l'uomo e la donna sono sorpassati nella perfetta comunione di amore con Dio. Il celibato propriamente compreso e vissuto rende libera una persona per amare e servire gli altri come ha fatto Cristo, e non restare rilegata alle esigenze dei figli e di una moglie i quali avrebbero tutto il diritto di avere per sè il marito, il padre. Negli ultimi 40 anni il celibato è stata una ancor più forte testimonianza dell'amore sacrificato dell'uomo e della donna che offrono se stessi nel servizio della comunità.

5. Il sacerdozio alle donne potrebbe risolvere il problema
Non c'è alcuna connessione logica tra i comportamenti deviati di una minoranza di preti e l'introduzione delle donne nei loro ruoli. Si è fra l'altro scoperto che tutta la campagna pubblicitaria messa in atto in America contro la Chiesa per i casi di pedofolia, è nata sia da una comunità di suore uscite dalla Chiesa Cattolica ed entrate in una comunità Protestante, e da un gruppo di Protestanti stessi, due di questi, avvocati di due famiglie i cui figli erano coinvolti.
Mentre è vero che molte statistiche mostrano come siano gli uomini, rispetto alle donne più inclini molestare i bambini, il problema è che anche alcune donne molestano i bambini. Nel 1994 la "National Opinion Research Center" ha mostrato come la seconda forma di molestia sessuale sui minori più comune interessa le donne nei confronti degli adolescenti. Le statistiche riguardo le donne pedofile sono molto più difficili da ottenere perché tale crimine è più nascosto. Inoltre le loro vittime più frequenti (i ragazzi) sono più reticenti a riportare l'abuso sessuale, specialmente quando l' abusatore è donna.
Ci sono molte ragioni perché la Chiesa non ordina le donne (come Giovanni Paolo II ha spiegato più volte). Ma questo va oltre la questione. Il dibattito sull'ordinazione delle donne non è assolutamente correlato con il problema della pedofilia e altre forme di deviazioni sessuali.

6. Gli insegnamenti della Chiesa sulla moralità sessuale sono il vero problema, non la pedofilia
Gli insegnamenti della Chiesa riguardo la morale sessuale sono basati sulla dignità della persona e la bontà della sessualità umana. Questo insegnamento condanna gli abusi sessuali sui minori in tutte le loro forme allo stesso modo di come condanna altri crimini sessuali, quali la violenza carnale, l'incesto, la pornografia minorile, la prostituzione minorile. In altre parole, se questi insegnamenti fossero seguiti, probabilmente non ci sarebbero problemi legati alla pedofilia, ma attenzione, non verrebbero commessi nemmeno dalle famiglie le cui madri assistono senza intervenire.
La Chiesa riconosce che l'attività sessuale senza amore fa male alla dignità dell'uomo e alla lunga la distrugge; da quando il celibato è stato concepito, centinaia di anni di esperienza hanno provato che uomini e donne possono astenersi dall'attività sessuale pur vivendo una vita piena, sana, ricca di significato.

7. La richiesta del celibato limita il numero di uomini come candidati per il sacerdozio, dando come risultato un alto numero di preti squilibrati
Prima di tutto non c'è un "alto numero di preti squilibrati sessualmente"; la maggioranza dei preti sono normali, sani, fedeli, fra l'altro in forte ripresa proprio in questi ultimi dieci anni. Secondariamente coloro che non si sentono chiamati al celibato, non sono chiamati ipso facto a diventare preti cattolici.
In realtà molti uomini non sono chiamati al celibato; alcuni lo sono e tra questi alcuni sono chiamati da Dio al sacerdozio.
La vocazione al sacerdozio, come al matrimonio, richiede il mutuo e libero consenso di entrambe le parti. Il desiderio di un candidato per il sacerdozio non costituisce la vocazione in se stessa. I direttori spirituali dovrebbero essere molto attenti a discernere le caratteristiche vere della vocazione al celibato nei candidati......

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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/03/2003 23.42
(Vocazione e vita- simposio)
La Chiesa, allora..... impone l'obbligo del celibato ai preti? Domanda sbagliata. In realtà è esattamente il contrario: la Chiesa chiama agli ordini sacri solo chi ha la vocazione al celibato.
Allora la vocazione al celibato è più importante della vocazione sacerdotale? No, è la vocazione alla totale consacrazione a Dio - insita nel celibato - che precede e avvalora la vocazione al sacerdozio, altrimenti saremo solo dei funzionari investiti di un pubblico ministero. No grazie! Il sacerdote non è un funzionario. O siamo amici di Dio rinunciando ad avere una moglie, dei figli, dei piaceri e degli interessi terreni, o non siamo niente, altre alternative non ce ne sono.......Un giorno parlavo con un amico pastore della Chiesa anglicana, sposato, e veramente una gran brava persona, finendo su questo discorso del celibato cattolico ed effettivamente la sua richiesta di spiegazioni era volta a capire che differenza ci fosse fra lui pastore sposato che si dedicava quotidianamente alla sua comunità, e me prete cattolico che faccio lo stesso ma con, diceva lui, l'umiliazione della solitudine. L'umiliazione della solitudine, questa frase mi riempì il cuore di Pace immensa e profonda, ma come spiegarlo al mio amico senza rischiare un incidente diplomatico, come fargli capire che si stava sbagliando?? Mentre pregavo in cuore lo Spirito a darmi la risposta giusta, gli suona il cellulare, risponde e lo vedo agitato: < Scusami, ci sentiamo domani, devo scappare, si è presentato in anticipo il notaio, sai, stiamo comprando casa, capirai con 4 figli quella dove stiamo non basta più, e serve la mia firma! >
Per un attimo ho pensato di chiedergli: < Ma dove corri?! E se avanti avevi a te un moribondo, un battesimo da dare, un povero da coccolare, che fai gli dici che non hai tempo perchè devi comprare casa? > Ma non l'ho fatto, era troppo preso da quel problema che non avrebbe dato peso al pensiero che volevo trasmettergli!
Diceva Carlo Carretto: < NON è vero che mancano vocazioni, è vero invece che mancano vocazioni al celibato! >
Qui non stiamo a discutere sulle brave persone che ci sono fra i Pastori Riformati, o fra i Preti Cattolici, ma di ben altro. Un bravo e santo cristiano lo è anche un padre di famiglia, una casalinga, una impiegata, chiunque può diventare santo, e chiunque può evangelizzare, il punto non è questo, qui si parla di vocazione al sacerdozio, così come esiste la vocazione matrimoniale, o la vocazione ad un progetto!
Purtroppo gli esseri umani hanno un'abilità straordinaria nel fabbricarsi le catene. Cristo ci libera e noi - incapaci di usare la libertà - ci costruiamo nuove catene nascondendole - è questa la cosa più triste - sotto il manto di valori reali ma tutt'altro che vissuti. Questa è la migliore pedagogia verso l'ateismo e l'immoralità. C'è ancora tanto lavoro da fare se vogliamo che le comunità ecclesiali si fondino sulla forza dell'amore e della responsabilità e non su obblighi imposti dall'alto e dall'esterno. Anche questa è una ragione che mi spinge a credere che la nostra storia cristiana sia ancora tutta da costruire. Tuttavia la vocazione al celibato resta veramente una fonte di ricchezza inesauribile, non è un caso che lo stesso Vangelo suggerisce a chi resta vedovo/a di non risposarsi, o che suggerisca "un celibato apposta per il Regno dei cieli" (Mt.19,10), una famiglia, per quanto la possiamo amare è pur sempre una sorta di catena per l'uomo che è chiamato al servizio di Dio; se invece è chiamato a vivere la vocazione del Matrimonio, allora la loro collaborazione sarà preziosa e potrà diventare tanto perfetta da diventare santi, e perciò chiaro che non si può essere un marito-prete; nè tanto meno un prete-marito semplicemente perchè egli ha la Chiesa quale Sposa e Dio quale Soggetto della sua vocazione.
E' questione di capire bene che cosa sia e quale differenza intercorra fra le due vocazioni: matrimonio e sacerdozio, sono appunto due vocazioni, ecco che si diventerà operai della vigna soltanto a metà, perchè l'altra metà di un prete sposato sarà sempre dovuta alla moglie e ai figli che ne avrebbero tutto il diritto. Un prete, invece, NON ha diritti, ma è un servo di Cristo, a volte gli viene negata anche la dignità, non importa, egli è in Grazia del Sacramento dell'Ordine "un altro Cristo" e come tale, pronto, come il Maestro, a salire sulla Croce.
Quando si parla di vocazione al celibato in molti sorge spontanea una domanda: ma come è possibile? Come è possibile cosa? Andiamo, non facciamo gli ingenui, va bene amare Dio e il prossimo, però siamo anche uomini, abbiamo le nostre esigenze... E qui vorrei essere particolarmente incisivo, stile militare. Chi parla così non ha le idee chiare su molte cose. Se uno ha messo dei compartimenti stagni fra la sua vita di fede, la sua affettività e la sua sessualità è una sorta di dissociato, non ha capito cose che sono fondamentali. È proprio questo il punto, uno dei punti fondamentali. L'amore di Dio abbraccia tutta la nostra vita, tutta la nostra persona, affettività e sessualità incluse. Forse quelli che hanno sentito dire qualcosa di Freud proporranno subito la storiella della "sublimazione". No, non si tratta di sublimare. Cosa significa sublimare? Per esempio... siccome non ha trovato una moglie ha dedicato tutta la sua vita alla musica... No, si tratta di integrare. L'amico di Dio si dona totalmente a Dio perché Dio viva e operi pienamente in lui. Francesco di Assisi ha dato tutto di sé a Dio, anche la sua affettività. Il suo non era un amore disincarnato, astratto e puramente spirituale o castrante che è cosa ben diversa, ma umano, concreto e soprannaturale al tempo stesso. È lo Spirito che ci aiuta a realizzare tutto questo, senza di Lui a ben poco servirebbe la nostra disciplina....Perché Don Bosco non è rimasto nella sacrestia ma ha infastidito tanti benpensanti - anche ecclesiastici - della sua epoca? Gli amici di Dio - si sa - sono fatti cosí! L'amore non si può mettere in scatola, nè rilegare alle esigenze di una famiglia, prima o poi infrange tutte le regole (quelle umane). Se guardiamo con attenzione, nella vita dei santi ci sono sempre pizzichi di follia, però la loro follia è piú sana della nostra "normalità", per non dire della nostra aurea mediocrità!
La vocazione, come chiamata all'amore, implica un dialogo personale che è difficile portare in pubblico; anzi, oltre un certo limite è impossibile perché - come dice la Scrittura - bisogna "tenere nascosto il segreto del re" (Tb 12,7). Ovviamente in un'epoca che ama i livellamenti, le desacralizzazioni, le demitizzazioni, le dietrologie, etc... questa prospettiva non piace. Chissà perché c'è una gran voglia di normalità, di uniformità o... di qualunquismo, o di proselitismo?
È invece no! Il discorso sulla vocazione rifugge dalle banalizzazioni, anche perché la posta in gioco è davvero alta.
Se la maggior parte dei giovani cerca "l'altra metà" in un ragazzo o in una ragazza, il giovane (o anche il meno giovane) che si sente chiamato trova la sua ragione di vita in... Abbiamo il coraggio di dirlo? Il coraggio di usare una parola grossa, davvero grossa? Ce l'abbiamo! La ragione di vita non sta in una creatura finita e limitata ma in Dio stesso. L'altra "metà", anzi il "Tutto" dell'uomo di Dio è Dio stesso. Proprio cosí. E se non fosse cosí ci sarebbe da chiedersi su cosa può reggersi una vita senza questo singolare, straordinario, unico, incredibile quanto si vuole, ma autentico rapporto di amore. La filantropia è una gran bella cosa ma non si può vivere di sola filantropia. La vocazione sacerdotale ha una dimensione verticale che sfocia nell'orizzontale (se è autentica). È una donazione totale quindi che innesca un rapporto incomparabilmente piú grande di quello che può scaturire tra un uomo e una donna. E' di questo che sono invidiosi molti pastori di un protestantesimo falso nella sua dimensione di chiusura e di concreta lotta alla divisione. Ma la vocazione è un rapporto che si fonda radicalmente sull'amore e sulla bontà e gratuità di Dio. Solo nella misura in cui la persona si fonda radicalmente in Lui è capace di incarnarlo nella sua vita. Il nostro Partner, colui che completa il nostro essere è Dio stesso. Bella presunzione non è vero? Si, se questo discorso avesse come fondamento le proprie qualità umane. Il fatto è che questo discorso si fonda sull'amore di Dio stesso che chiama l'uomo a questa dimensione mediante la Consacrazione Sacerdotale. Noi siamo testimoni dell'amore di Dio, non del nostro amore. Che sia capace di amare come vorrebbe il Vangelo è tutto da dimostrare e sarà da dimostrare fino all'ultimo, ma che creda nell'amore di Dio per me, per noi è tutt'altra cosa. La nostra forza non si fonda su di noi ma su di Lui...la nostra forza non cercherà appagamenti rientrando la sera a casa e trovando una moglie pronta a soddisfare le nostre quotidiane fatiche perchè ciò che il prete si attende è l'appagamento promesso nel Regno dei cieli in questa qualità-vocazione creata dal Cristo: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi! Amen!

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Consiglia Elimina    Messaggio 8 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 17/03/2003 11.28
Ora leggiamo delle meditazioni dalle parole di Cantalamessa.......veramente un santo sacerdote e frate francescano......
Qui vi metto il collegamento in formato html:
Versione HTML.........
e qui in versione pdf...
[PDF]1 P. Raniero Cantalamessa "ECCO LA VERGINE CONCEPIRÀ" ...
Formato file: PDF/Adobe Acrobat .....
se riuscirò a ricopiare il testo, ve lo inserirò.....
Fraternamente C.

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Consiglia Elimina    Messaggio 9 di 21 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 17/03/2003 12.07
«Li chiamò. Ed essi lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono» 
(Mc 1,20)
"Ognuno ci consideri come ministri di Dio. Ora ciò che si richiede agli amministratori è di essere trovati fedeli. Quanto a me poco importa di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, neppure io mi giudico, perchè anche se non ho consapevolezza di nulla, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare di nulla prima del tempo, fino a quando venga il Signore. Egli metterà in luce le intenzioni del cuore; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio".
(1Cor.4, 1-5)

< Dunque insieme con la gratitudine per tutto quanto hai fatto per il bene di questa Chiesa, ti chiedo di continuare a diffondere la gioia di essere prete, a proporre con coraggio e chiarezza, a ogni giovane che ti sembra adatto, di condividere l'amore per la Chiesa e di interrogarsi sulla vocazione presbiterale, ti chiedo di non stancarti di pregare e di far pregare soprattutto i giovani per le vocazioni.

Condivido con te la gioia di aver dedicato la mia vita al Signore, la riconoscenza per il bene che ho ricevuto dalla Chiesa ambrosiana e la fiducia che il Signore, se saremo docili allo Spirito, ci aiuterà sempre perché non manchino operai nella sua messe.

Invoco l'intercessione di san Carlo e dei nostri santi Vescovi, e prego la Vergine Maria nel desiderio che la benedizione di Dio scenda con ogni consolazione nel tuo cuore, sulle nostre comunità, sul nostro Seminario >.

(Carlo Maria card. Martini, Lettera ai Sacerdoti)

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