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In che modo l'Islam sfida la Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2010 15:01
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03/01/2010 14:50
 
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Da: Soprannome MSN7978Pergamena  (Messaggio originale)Inviato: 06/06/2002 10.24

In che senso l'islam sfida la Chiesa

In un libro del 1889 una pagina attualissima. Il grande pensatore russo Vladimir Solov'ev mette in guardia dal pericolo rappresentato da due eresie dei primi secoli, che negavano la carnalità del Mistero e la libertà dell'uomo. Dalla cui sintesi è nata la religione musulmana

Le pagine che proponiamo sono tratte dal libro di Vladimir Solov'ev La Russia e la Chiesa universale, scritto nel 1889 e pubblicato in Italia cent'anni dopo da "La Casa di Matriona", l'editrice del Centro Russia Cristiana diretto da padre Romano Scalfi.
Si tratta di un contributo offerto a chiunque desideri rendersi conto della gravità della sfida che attende i cristiani dopo l'11 settembre e che gli attentati di New York e Washington hanno solo reso più drammaticamente urgente: ritrovare le ragioni della fede nell'uomo Gesù di Nazareth, da duemila anni compagnia di Dio all'uomo. I neretti sono nostri.


1. Solov'ev parte dalla consapevolezza che il dogma centrale del cristianesimo è l'unione del divino e dell'umano, sostenendo la conseguente necessità di una rigenerazione della vita sociale e politica.
Il vero dogma centrale del cristianesimo è l'unione intima e completa del divino e dell'umano senza confusione e senza divisione. La conseguenza necessaria di questa verità (per limitarci alla sfera pratica dell'esistenza umana) è la rigenerazione della vita sociale e politica attraverso lo spirito del Vangelo, è cioè lo Stato e la società cristiana.
2. Quindi individua in due grandi eresie dei primi secoli cristiani i principali fattori della crisi che colpì la Chiesa d'Oriente: a) il monoteismo, che affermando che Gesù non avrebbe avuto una volontà umana, ma solo quella divina, negava la libertà umana; b) l'iconoclastia, che, negando il culto delle immagini, sopprimeva l'immagine vivente dell'incarnazione divina e la sua manifestazione storica. Dio e l'uomo sono così separati irriducibilmente.
Invece di quest'unione sintetica e organica del divino e dell'umano, si ebbero successivamente la confusione dei due elementi, poi la divisione e da ultimo l'assorbimento e la soppressione dell'uno o dell'altro. Dapprima si confusero il divino e l'umano nella maestà sacralizzata dell'imperatore. Come nell'idea confusa degli ariani il Cristo era un essere ibrido, più di un uomo e meno di un Dio, così il cesaropapismo - questo arianesimo politico - confondeva senza unirle la potenza temporale e la potenza spirituale e faceva dell'autocrate qualcosa di più di un capo di Stato, senza poterne fare il vero capo della Chiesa.
Si separò poi la società religiosa dalla società profana, confinando la prima nei monasteri e abbandonando il forum alle leggi e alle passioni pagane. Il dualismo nestoriano, condannato in Teologia, divenne la base stessa della vita bizantina. Per un altro verso, si ridusse l'ideale religioso alla contemplazione pura, cioè all'assorbimento dello spirito umano nella divinità, ideale evidentemente monofisita. Quanto alla vita morale, le si tolse la sua forza attiva imponendole come ideale supremo la sottomissione cieca al potere, l'obbedienza passiva, il quietismo, cioè la negazione della volontà e dell'energia umane: eresia monotelita. Infine, nel quadro di un ascetismo esasperato, si tentò di sopprimere la natura corporea, di spezzare l'immagine vivente dell'incarnazione divina: applicazione inconscia ma logica dell'eresia iconoclasta.
3. L'essenza religiosa dell'islam si fonda sulle due eresie citate (monotelismo e iconoclastia), vedendo nell'uomo una forma finita senza alcuna libertà e in Dio una realtà infinita senza alcuna forma.
Questa contraddizione profonda tra l'ortodossia professata e l'eresia praticata era per l'impero bizantino un principio di morte. Ed è questa la vera causa del suo crollo. Era giusto che finisse, ed era giusto anche che finisse a opera dell'islam. L'islam è il bizantinismo coerente e sincero, liberato da ogni contraddizione interiore. È una reazione piena e completa dello spirito orientale contro il cristianesimo, è un sistema nel quale il dogma è intimamente legato alle leggi della vita, nel quale la credenza individuale è in perfetto accordo con lo stato sociale e politico.
Già sappiamo che il movimento anticristiano, che si era manifestato nelle eresie imperiali, era culminato nel VII e nell'VIII secolo in due dottrine, l'una delle quali (quella dei monoteliti) negava indirettamente la libertà umana, mentre l'altra (quella degli iconoclasti) rifiutava implicitamente la fenomenalità divina. L'affermazione diretta ed esplicita di questi due errori costituì l'essenza religiosa dell'islam, che vede nell'uomo una forma finita senza alcuna libertà e in Dio una libertà infinita senza alcuna forma. Una volta che Dio e l'uomo siano stati così fissati ai due poli opposti dell'esistenza, non vi è più alcun nesso fra loro, e ogni realizzazione discendente del divino al pari di ogni spiritualizzazione ascendente dell'umano resta del tutto esclusa.
4. La religione viene ridotta in questo modo a un rapporto puramente esteriore, rituale, tra il creatore onnipotente e la creatura priva di libertà, che perciò non deve al creatore se non un atto di devozione cieca (senza ragioni): questo, infatti, è il significato della parola "islam", cioè "sottomissione".
E la religione si riduce a un rapporto puramente esteriore tra il creatore onnipotente e la creatura che è privata di qualsiasi libertà e non deve altro al suo signore se non un semplice atto di devozione cieca (è questo il senso del termine arabo islam). Questo atto di devozione, espresso in una breve formula di preghiera che si deve ripetere immutabilmente ogni giorno a ore fisse, è tutta l'essenza religiosa dello spirito orientale che ha detto la sua ultima parola per bocca di Maometto.
5. In questo contesto non vi è alcuna necessità di cambiare l'uomo e la società, poiché tutto è abbassato al livello puramente naturale della vita; l'ideale è così ridotto a una misura che permetta in qualche modo una realizzazione immediata.
A questa semplicità dell'idea religiosa corrisponde una concezione non meno semplice del problema sociale e politico: l'uomo e l'umanità non sono chiamati a realizzare alcun progresso essenziale (basti vedere come vive ogni società islamica); non si dà rigenerazione morale per l'individuo e a maggior ragione per la società; tutto è abbassato al livello dell'esistenza puramente naturale; l'ideale è ridotto a una misura che gli garantisce una realizzazione immediata. La società musulmana non poteva avere altro scopo se non l'espansione della sua forza materiale e il godimento dei beni della terra. Tutto il compito dello Stato musulmano, compito che gli sarebbe ben difficile non adempiere con successo, consiste nel diffondere l'islam con le armi e nel governare i fedeli con un potere assoluto e secondo le regole di una giustizia elementare fissate nel Corano.(...)
6. La Chiesa d'Oriente non seppe opporsi all'anticristianesimo "aperto e onesto" dell'islam. Solov'ev identifica questa debolezza col termine bizantinismo (un anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa), per cui in Egitto e in Asia bastarono cinque anni per ridurre ad archeologia la Chiesa orientale.
Ma il bizantinismo, che è stato ostile per principio al progresso cristiano, che ha voluto ridurre tutta la religione a un fatto compiuto, a una formula dogmatica e a una cerimonia liturgica - questo anticristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa - ha dovuto soccombere nella sua impotenza morale di fronte all'anticristianesimo aperto e onesto dell'islam. È curioso constatare come la nuova religione, con il suo dogma fatalista, sia apparsa proprio nel momento in cui l'imperatore Eraclio inventava l'eresia monotelita, quella cioè dietro la quale si celava la negazione della libertà e dell'energia umana. Con questo artificio si voleva consolidare la religione ufficiale, e ricondurre all'unità l'Egitto e l'Asia. Ma l'Egitto e l'Asia preferirono l'affermazione araba all'espediente bizantino. Se non si tenesse in conto il lungo lavorio anticristiano del Basso Impero, non vi sarebbe nulla di più sorprendente della facilità e della rapidità che caratterizzarono la conquista musulmana. Cinque anni furono sufficienti per ridurre a una esistenza archeologica tre grandi patriarcati della Chiesa orientale. Il fatto è che non vi erano conversioni da compiere, ma solo un vecchio velo da strappare.
La storia ha giudicato e condannato il Basso Impero. Esso non solo non ha saputo compiere la propria missione - fondare lo Stato cristiano -, ma si è attivamente adoperato per far fallire l'opera storica di Gesù Cristo. Non essendo riuscito a falsare il dogma ortodosso, lo ha ridotto a una lettera morta; ha voluto minare alla base l'edificio della pace cristiana attaccando il governo centrale della Chiesa universale; e nella vita pubblica ha sostituito la legge del Vangelo con le tradizioni dello Stato pagano.
7. L'errore della Chiesa d'Oriente fu di pensare che bastasse conservare astrattamente i dogmi e i riti, relegando il cristianesimo nel tempio, senza preoccuparsi della vita sociale e politica per continuare a esistere.
I bizantini hanno creduto che, per essere veramente cristiani, fosse sufficiente conservare i dogmi e i riti sacri dell'ortodossia senza preoccuparsi di cristianizzare la vita sociale e politica; hanno creduto che fosse cosa lecita e degna di lode confinare il cristianesimo nel tempio e abbandonare l'agone pubblico ai princìpi pagani. Non poterono certo lagnarsi del loro destino. Hanno avuto quello che volevano: hanno conservato il dogma e il rito e solo la potenza sociale e politica è caduta in mano ai musulmani, eredi legittimi del paganesimo.
Siamo così d'accordo con Solov'ev che non vogliamo essere bizantinisti, coscienti come siamo che il rischio corso dalla Chiesa d'Oriente dei secoli antichi sia attuale anche per noi, cristiani d'Occidente, chiamati dalla "pretesa cristiana" a vivere una sfida analoga a quella degli inizi.

In questo contesto grande responsabilità ebbe il protestantesimo che invece di proteggere l'unico baluardo che era rimasto a contrastare l'espanzionismo islamico, basti pensare all'ultima tentata invasione e bloccata definitivamente con la Battaglia di Lepanto meno di cento anni prima, portò la Chiesa a vivere un nuovo collasso, disseminando quell'ovile che bene o male riuscì a mantenere fede  e fedele a quel messaggio evangelico originale che nel corso dei secoli non pochi avevano tentato di storpiare. Ma questo è un altro capitolo!



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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 06/06/2002 10.40

Una voce OTTIMISTA

Dialogo? I cristiani d'Europa soffrono di "meaculpismo"

Il dialogo? Una necessità dettata dalla storia, ma che va costruito senza mettere tra parentesi le rispettive identità. In un'Europa che ha perso la memoria delle radici crescono i complessi d'inferiorità, una sorta di "meaculpismo" che impedisce di capire i cambiamenti che la crescita dell'Islam può produrre nel tessuto sociale.

Parola di Samir Khalil Samir, egiziano, gesuita, docente all'Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio istituto orientale di Roma, autore di centinaia di saggi sui reciproci influssi tra cultura islamica e cristiana. Ma soprattutto, come tiene a sottolineare dal Libano, "arabo e cristiano: la dimostrazione vivente che è sbagliato identificare il mondo arabo con l'Islam, e che anzi proprio dalla nostra esperienza di minoranza in Medio Oriente può venire qualche utile insegnamento all'Europa che sta imparando a convivere con milioni di immigrati musulmani".

Perché parla di "meaculpismo" dell'Occidente nei confronti del mondo musulmano?

L'epoca coloniale ha lasciato in eredità una cattiva coscienza legata alla preoccupazione di avere inquinato le radici storiche e culturali delle nazioni che erano state dominate, impedendo o ritardando un presunto autosviluppo in campo economico e politico. Un complesso di colpevolezza ce trae origine dall'errata sovrapposizione tra civiltà occidentale e cristianesimo, come se la Chiesa fosse responsabile degli errori commessi dai governi europei nel Terzo Mondo. Ma al fondo di questo equivoco c'è la crisi di identità dell'Europa, dove tutto viene messo in discussione in nome di un relativismo che finisce per penalizzare il cristianesimo e favorisce le cosiddette "novità culturali": le spiritualità orientali, il New Age e anche la religione islamica vissuta come qualcosa di "esotico". L'Europa ha dimenticato le sue origini ed è come se si vergognasse del suo presente diventando incapace di costruire un futuro, occorre che i protestanti comprendano il vero significato dell'unità e che ritrovino le loro radici dentro la Chiesa Cattolica dalla quale si sono staccati, non è un caso, infatti, che l'esponente di maggior spicco M.Lutero, era prima di tutto un monaco. Su questo voler rinnegare le proprie radici è esattamente il contrario di quello che Giovanni Paolo II chiede con insistenza: essere fieri delle proprie radici, anche cattoliche e a partire da questo costruire una convivenza tra culture diverse.

La presenza in Europa di milioni di immigrati provenienti da Paesi di cultura musulmana è una chance o può diventare un pericolo per la civiltà europea?
Molto dipenderà dalla possibilità di realizzare un'effettiva integrazione, in cui il rispetto delle loro specificità non metta in discussione i fondamenti su cui l'Europa ha costruito la sua storia. Vivendo in emigrazione, milioni di arabo-musulmani hanno imparato ad apprezzare la democrazia, il pluralismo, i diritti umani, la centralità della persona. E l'accoglienza ricevuta nelle strutture gestite dal volontariato ha contribuito a sfatare pregiudizi sul cristianesimo e la Chiesa, ancora molto radicati nei Paesi di origine - e questo è l'obiettivo più interessante - in Europa i musulmani possono apprezzare la positività tra religione e Stato, capire che la laicità non è l'anticamera dell'ateismo ma la possibilità di costruire una società che non discrimina sulla base dell'appartenenza religiosa, ma mette al centro la persona e i suoi diritti.

Il timore di una progressiva penetrazione islamica attraverso il canale dell'immigrazione è una teoria o una preoccupazione fondata?
Secondo alcuni esponenti islamici la tolleranza e la libertà di cui si gode in Europa rappresentano una chance per la diffusione dell'Islam, e in effetti qualcuno lavora per una "reislamizzazione" in chiave politico-radicale degli immigrati che vengono nei vostri Paesi per motivi fondamentalmente economici. Molto dipenderà dalle componenti che prevarranno nelle comunità in emigrazione.

Quale ruolo possono svolgere in queste dinamiche le moschee, che si vanno moltiplicando anche in Italia?
Chiariamo innanzitutto che la moschea non è una "chiesa musulmana". Oltre che luogo di preghiera è un centro di aggregazione dove si insegna l'arabo e il Corano e che assume una forte valenza sociale e spesso politica. C'è chi sostiene che le moschee permettano un maggiore controllo sociale delle comunità, che siano un antidoto alla ghettizzazione dei musulmani e un argine all'infiltrazione degli elementi più radicali, ma è difficile formulare un giudizio univoco: dipende dalle intenzioni di chi le gestisce, senza dimenticare che ogni comunità musulmana è capo a se stessa, non avendo un rappresentante unico a cui fare riferimento. Non è un caso che in molti Paesi certe moschee vengono presidiate dalla polizia per prevenire disordino all'uscita della preghiera.

Quali strade intravede per un dialogo costruttivo tra cristiani e musulmani nel contesto italiano?
Chiarito che il dialogo è una necessità dettata dalla vicinanza in cui cristiani e musulmani si trovano in seguito ai flussi migratori, credo che esso debba essere "esigente" e rispettare alcune condizioni senza le quali rischia di essere anonimo e improduttivo. Deve esserci da ambo le parti una forte carica di autenticità: presentare solo una parte della propria fede per paura di offendere, di deludere, o di dividere - come spesso fanno molti cristiani che vivono un complesso di inferiorità - è come dire una menzogna, e può confermare l'interlocutore musulmano nella sua convinzione che in fondo il cristiano è un credente che non ha ancora terminato il cammino per raggiungere la piena verità, che si troverebbe appunto nel Corano. Da parte cristiana è importante testimoniare che fede e modernità possono camminare assieme, che la democrazia non è nemica della religione, che il principio di cittadinanza porta in sé anche quello della tolleranza e della tutela delle minoranze, senza per questo sconfinare in un multiculturalismo anonimo e indifferenziato che può diventare la premessa per la moltiplicazione di ghetti anziché favorire una reale integrazione. E se tutto questo diventerà patrimonio dei musulmani che vivono in Italia, col tempo potrebbero portare un influsso benefico nei paesi di provenienza. Mi permetta di aggiungere che da parte dello Stato ci vorrebbe più coraggio nei rapporti diplomatici con certi Paesi dove i cristiani vivono in condizione di emarginazione sociale e patiscono discriminazioni, anche se gli affari che si concludono con quei Paesi fruttano fiumi di dollari alla vostra economia.


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 06/06/2002 11.22
Piccole curiosità......

IL CALENDARIO MUSULMANO

Il calendario musulmano e' lunare ed inizia con l'era dell' hegira, la migrazione dei primi nuclei di musulmani dalla Mecca a Medina  il 16 luglio 622 secondo il calendario cristiano. Ai vari mesi sono collegati tradizioni preislamiche (sebbene in massima parte superate dall'avvento dell'Islam) e riti strettamente connessi alla religione musulmana. Prendendo come anno di riferimento l'anno 2000 dell'era cristiana, secondo il calendario islamico esso corrisponde all'anno 1420. Nella maggior parte dei casi, i paesi islamici adottano, insieme a quello islamico, anche il calendario cristiano per facilitare i rapporti con i paesi non musulmani.

GESU', IL PROFETA DELL'ISLAM

Fatehpur Sikri e' la capitale Moghul ora in rovina costruita dall'imperatore Akbar alle porte di Agra, India, alla fine del 16esimo secolo. Nel suo cuore si trova il Cancello della Vittoria, o Buland Darwaza, uno dei massimi capolavori dell'architettura indiana ed il monumento piu' imponente della citta'. L'arco centrale mostra un pannello in caratteri cufici su cui si legge: "Gesu', figlio di Maria (su di Loro la pace) disse: Il mondo non e' che un ponte. Passaci pure, ma non costruire case su di esso. Chi spera in un giorno, meglio farebbe a sperare nell'eternita', poiche' il mondo non dura che un'ora. Spendete quell'ora in preghiera, poiche' il resto non ha importanza".

La citazione non e' che una delle tante centinaia di storie e detti di Gesu' che riempiono la letteratura araba ed islamica. Ma i musulmani sostengono che non vi è una sola sola fonte. Esso le hanno prese, nel cosro degli anni, dai quattro Vangeli canonici, altre dai Vangeli apocrifi apparsi nella prima epoca del cristianesimo e che la Chiesa non ha ritenuti direttamente ispirati, come il Vangelo di Tommaso, altre storie sono tratte dalla immensa tradizione orale ellenistico-cristiana fiorita in tutto il medio oriente - tradizioni dunque autentiche che l'Islam ha conservato e preservato e che, invece, la Cristianita' occidentale ha perso a causa delle divisioni interne fra loro. Il fatto è che l'Islam si è appropriato di Gesù Cristo spogliandolo del suo ruolo a causa delle divergenze che i cristiani vivevano fra loro, combattendosi per le tante forme di eresie che nascevano. "Grazie" al protestantesimo, il Cristo fu definitivamente lacerato e l'Islam, dal suo punto di vista, ne ha rivendicato l'autentica rivelazione rinterpretandola a proprio tornaconto, stravolgendo in questo modo l'autenticità della Rivelazione stessa.

Una tradizione del profeta Mohammed riferisce che, quando i musulmani entrarono in trionfo alla Mecca dopo le lunghe persecuzioni ed ebbero l'ordine di distruggere tutti gli idoli e le immagini che gli antichi arabi veneravano nella Ka'aba, il profeta stesso nascose tra le pieghe del suo mantello un'icona della Vergine col bambino per preservarla dalla distruzione degli zelanti musulmani.

Questa attitudine di rispetto verso il Cristianesimo fu mantenuta dai successori del profeta. Quando il primo califfo, Abu Bakr, arrivo' al confine con la Siria, diede ai suoi soldati istruzioni molto particolareggiate. "Nel deserto siriaco", disse, "troverete monaci che si sono confinati in celle; non li importunate, poiche' essi si sono autoconfinati per amore di Dio". Nell'anno 649, un vescovo Nestoriano scriveva: "Questi arabi non combattono la nostra religione cristiana; no!, piuttosto essi la difendono, riveriscono i nostri preti ed i nostri santi e fanno doni ai nostri monasteri ed alle chiese". E come dimenticare il famoso "editto della tolleranza" fatto affiggere dal Califfo Omar alle porte di Gerusalemme, in cui i musulmani si impegnavano a rispettare e proteggere i cristiani e tutti i loro simboli religiosi? Come dimenticare le parole di questo grande califfo dell'Islam che, invitato dal Patriarca di Gerusalemme a pregare all'interno della Chiesa del Santo Sepolcro, rifiuto' affermando che nessun musulmano in fututo avrebbe dovuto sentirsi in diritto di trasformare in moschea il luogo in cui aveva pregato Omar?

Tristemente, la recente demonizzazione dell'Islam da parte del Cristianesimo, ed anche viceversa, ed il conseguente risentimento avvertito dal mondo islamico verso tale attitudine, ha creato un'atmosfera in cui le tensioni sembrano prevalere sul rispetto reciproco. Anche se non e' piu' possibile, almeno a breve termine, ricreare quel rapporto di armonia spezzato, la prima volta, dalle mille incomprensioni nel tempo in cui le Crociate, se pur legittimate da una giusta causa, seminarono per colpa di taluni fondamentalisti cristiani, il seme della discordia che causò da ambo le parti reazioni violente e dai barbari assalti reciproci di predoni alla Terra Santa, e' possibile pero' sforzarsi di aprirsi maggiormente al dialogo. Ricordandoci l' "intensa devozione, riverenza, amore" dell'Islam per Cristo, ci porta ad andare oltre e ci rammenta i legami profondi che, moltissimo tempo fa, sono sussistiti tra queste due fedi.

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