Rispondere a Iron significa entrare in una vastità di pensiero dove non è facile orientarsi, ma è sempre molto interessante e costruttivo cercare di cimentarsi, ed io ci provo senza pretesa di trovare da tutti condivisione.
Perchè Dio avrebbe dovuto creare l'universo e gli angeli?
A mio modesto parere, credo che questa domanda sia una conseguenza della nostra condizione spazio-temporale, un concetto puramente umano al quale non riusciamo a sottrarci.
La nostra formazione mentale ci fa pensare all'atto creativo come un momento temporale, prima del quale nulla esisteva all'infuori di Dio.
Ma Dio è anche completezza assoluta, quindi ogni forma di esistenza deve essere necessariamente già presente in Dio, perchè diversamente Egli sarebbe INCOMPLETO, il che è in netta antitesi con il concetto stesso di Dio.
Quindi l'universo sensibile e sovrasensibile non può che essere presente in Dio in una condizione assolutamente atemporale, il che significa che non ha avuto principio, nè avrà una fine, se non intesa come cicli continui ed eterni.
Questo universo vive in Dio e noi lo percepiamo attraverso la nostra sensorialità che però ci permette di vedere solo un'infinitesimale parte della Realtà dandoci la "sensazione" del tempo e dello spazio.
I nostri concetti umani portano a pensare ad un Dio che, svegliatosi una bella mattina, decide di creare qualcosa di buono.
In questa affermazione è presente tutta la nostra limitatezza.
Ci sarebbe infatti da chiedersi come mai Dio non ci abbia pensato prima nel corso di un'intera eternità e questo significherebbe porre la divinità in una condizione di "divenire" e non di "essere" come Dio è.
L'unico modo per non incorrere in queste contraddizioni è pensare alla creazione come espressione atemporale di Dio, ovvero in una dimensione eterna di "essere" dove non esistono il tempo e lo spazio.
In questa "espressione" divina nulla potrebbe non esistere senza che in Dio stesso venga a mancare qualcosa.
Quindi, l'universo e gli angeli esistono in quanto esiste Dio, non per una Sua esigenza, ma perchè non potrebbero non esistere senza rendere incompleto Dio stesso e non potrebbero esistere se Dio non esistesse.
In questa espressione di Dio si manifesta la vita, alla quale è fatto il dono di assumere consapevolezza della sua esistenza. E' questa consapevolezza che, ampliandosi, ci riporta sempre più vicini all'Origine del tutto, è questa consapevolezza a spostarsi nella dimensione via via acquisita, e questo ci dà la sensazione dello spazio e del tempo. La nostra attuale consapevolezza, che individualmente può mutare, ci fa sperimentare una realtà elementare percepibile dai nostri sensi fisici, ma più avanti, assumendo la condizione puramente spirituale, essa sarà proiettata ad un modo totalmente diverso d'interpretare ed intendere la Realtà, una realtà che
Genesi interpreta, necessariamente per la comprensione umana, come una sequenza temporale, ma che forse altro non è che un fotogramma impresso nell'eterno presente.
Nell'espressione divina si manifesta anche il Cristo che ci fa tra l'altro comprendere come non esista la morte se non come cambiamento di stato e quindi di consapevolezza.
Ma ora mi fermo qui, dato che sono ben consapevole di come questi concetti siano di non facile digeribilità e potrebbero erroneamente essere anche eventualmente intesi come contrapposizione ad una dottrina che invece intendono semplicemente ampliare senza nulla togliere alle verità di base in essa contenute.
Voglio solo rispondere brevemente alla seconda domanda di Iron.
L'inferno è uno stato in cui lo spirito si riflette su se stesso come conseguenza dell'assenza di luce di cui egli stesso è l'artefice. In altre parole, lo spirito crogiola nella povertà e nella distorsione della consapevolezza che non ha saputo acquisire.
L'affermazione "Non ho chiesto io di nascere" deriva solo da una non ancora acquisita consapevolezza della grandiosità del destino che attende ogni spirito, assumendo la quale non si potrebbe fare a meno di desiderare con tutte le forze di esserne partecipi, e quindi di nascere.
Spero in tutto questo di non essere frainteso.
Fraternamente
iyvan