È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Che ci crediate o no, i "morti parlano"...NO ALL'EUTANASIA! senza se e senza ma!

Ultimo Aggiornamento: 04/02/2018 21:51
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
22/11/2012 18:20
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

La dichiarano morta e lei si risveglia dal coma: «Volevate uccidermi?»

novembre 19, 2012 Benedetta Frigerio da Tempi.it

                    http://cdn.tempi.it/wp-content/uploads/2012/11/carina-melchior-dentro.jpg

Carina, danese di 20 anni, racconta la sua storia in un video che sta facendo discutere il paese per cambiare le direttive sul fine vita. Ora parla, cammina ed è tornata a cavalcare il suo cavallo


Quando la sua attività cerebrale sembrava quasi scomparsa, i dottori, convinti che le probabilità di sopravvivenza fossero pochissime, e che se anche si fosse ripresa sarebbe vissuta in stato vegetativo, hanno comunicato ai genitori che le avrebbero tolto ossigeno, alimentazione e idratazione. A riportare la vicenda è stato a fine ottobre il Daily Mail.

DAL LETTO AL GALOPPO. La storia di Carina Melchior, danese di 20 anni, coinvolta in un incidente stradale, che l’anno scorso l’aveva mandata in coma, ha riaperto il dibattito sui trattamenti di fine vita del suo paese. Il cervello di Carina, infatti, dava ancora segnali di vita seppur minimi, quando i medici hanno avvisato i suoi genitori che a breve avrebbero tolto alla ragazza i supporti vitali per procedere alla donazione di organi. La famiglia aveva salutato Carina ed era tornata a casa in attesa di procedere secondo il giudizio dei medici, quando l’ospedale ha telefonato ai genitori avvisandoli che la ragazza si era svegliata. Ma quasi a ribellarsi Carina ha aperto gli occhi appena i medici le hanno tolto i supporti vitali. Ora la ragazza parla, cammina ed è tornata a cavalcare il suo cavallo Mathilde di cui aveva subito chiesto poco dopo aver ripreso coscienza.

“VOLEVATE UCCIDERMI?”. Carina al risveglio ha poi inchiodato i medici, domandando loro più volte se volevano ucciderla. Mentre suo padre Kim li ha denunciati, convinto della troppa disinvoltura con cui gli hanno comunicato false certezze, convincendolo che non ci fosse più alcuna speranza. Un medico danese, intervistato dal Daily Mail, ha invece scusato i medici parlando di un caso di “cattiva informazione”, nel senso che i dottori avrebbero solo sbagliato nel comunicare la morte cerebrale prima che il tempo richiesto dal protocollo per la donazione degli organi fosse effettivamente giunto al termine, il che non significa che non avrebbero aspettato fino all’effettivo scadere dei tempi. Ma la famiglia di Carina e la ragazza stessa vogliono comunque fare chiarezza, dato che i supporti vitali le erano stati tolti prima del tempo richiesto per dichiararne la morte cerebrale.

LINEE GUIDA. Intanto il governo danese sta già scrivendo delle linee guida molto più rigide di quelle precedenti, che non permettano ai medici di rimuovere i sostegni vitali finché la morte cerebrale non sia accertata. E per sensibilizzare l’opinione pubblica Carina e la sua famiglia hanno girato un video, intitolato La ragazza che non voleva morire, in cui si racconta tutta la vicenda dall’incidente fino alla ribellione e alla successiva riabilitazione.


 | Tempi.it




Tre anni, gravemente malata.
La sua famiglia è il reparto pediatria di Livorno


maggio 2, 2012 Benedetta Frigerio da Tempi.it


All’ospedale di Livorno da quasi tre anni vive una bimba, nata da due nomadi rumeni incapaci di accudirla, affetta da cerebropatia genetica. I medici e le infermiere non hanno mai smesso di occuparsi di lei.

Ospedale reparto pediatriaC’è una bimba che vive da quasi tre anni nell’ospedale di Livorno, seguita da infermieri e medici che se ne prendono cura come fosse una figlia. Anche se non parla e sorride appena, anche se si alimenta con una sonda naso-gastrica, anche se è affetta da una grave cerebropatia genetica. La Repubblica ha parlato del suo caso la settimana scorsa per denunciare la legge sullo Ius Soli (diritto di cittadinanza acquisito in caso di nascita sul territorio di uno stato): se fosse cittadina italiana, il processo di adozione sarebbe stato più veloce.

La piccola è nata nel 2009 da due nomadi dell’Est che non sanno né riescono a prendersene cura. Ma da quando è nata la piccola, di cui non si conosce il nome, non è rimasta mai sola, nemmeno un momento. Ci sono infermiere che le dedicano del tempo ogni giorno. Come Simona, di cui la bimba riconosce la voce non appena entra in stanza.
Tutto il personale, poi, interagisce con lei, che non parla ma piange, si esprime con la mimica del volto e sa comunicare i suoi bisogni o la voglia di farsi prendere in braccio. Sono stati loro a organizzarle i suoi due primi compleanni. E mentre i medici si preoccupano di vestirla e di portarle dei giochi sonori, non c’è paziente della pediatria che con la propria famiglia non l’abbia conosciuta, passando dalla sua stanza con regali e disegni o semplicemente per farle compagnia. «La bambina riesce a interagire», ha spiegato il primario dell’ospedale.
Senza una parola e a prescindere dal dibattito sullo Ius Soli, sta dicendo a tutti qualcosa.
Come può una vita apparentemente “immobile” commuovere tanti? Come può generare tanto bene fino a unire un intero reparto? E perché non ammettere che, se non noi, al mondo ci sarà sempre qualcuno capace di accogliere una vita?
[SM=g1740738]


http://cdn.tempi.it/wp-content/uploads/2012/05/pediatria1.jpg



Simona, infatti, oltre che negli orari di lavoro sta con la piccola appena può. E in ospedale porta anche la figlia naturale. Due anni e mezzo fa non l’avrebbe mai fatto né detto. «Se me lo avessero chiesto? Avrei dato della matta a una madre che porta sua figlia davanti a tanta sofferenza». Ora invece la bambina è diventata amica dei figli di tutto il personale. Come mai? «Innazitutto non c’è solo dolore: vedere la forza di questa guerriera che lotta per vivere e che cerca il nostro affetto insegna a chi la assiste a rendersi conto di quanto ha. Delle piccole cose. Mia figlia, poi, la porto qui perché passi del tempo con quella che considera sua sorella e si accorga di quanto siamo fortunati. Ma sopratutto di quanto si possa essere felici con poco». Felici? In stato vegetativo? «La piccola è contenta della sola presenza nostra, delle minime attenzioni, delle nostre carezze. Questo insegna a me e a mia figlia a vivere: vale la pena lottare per la vita come fa lei. Ora non assecondo più i capricci. Anzi quando li fa le ricordo la sua “sorellina” e lei capisce».

La sofferenza degli innocenti fa ribellare. Molti per questo arrivano a dire che è meglio la morte. «Sono onesta, due anni e mezzo fa lo pensavo anche io. Mi dicevo: se una persona non parla, se è costretta a letto, se si nutre con il sondino è condannata a una sofferenza senza senso. Mi sbagliavo perché mancava qualcosa».
Non c’è evidenza scientifica, dicono alcuni. «Purtroppo le macchine non possono misurare cose come l’amore e la felicità: possono dire quello che vogliono, che una vita in questo caso non abbia un significato, ma ora non ci casco più. Sotto i miei occhi c’è altro». Ed è qualcosa di così evidente che tutto il reparto ora la pensa come Simona. «È così. Noi passiamo con lei ventiquattro ore su ventiquattro. Non c’è spiegazione scientifica che possa negare quello che vediamo: la bimba sente il contatto, sente se ci siamo, patisce se ha bisogno, gioisce del nostro affetto. Si accorge di come viene accarezzata, di come le si sussurra nell’orecchio. Sente che noi la amiamo». Un bel mistero questa piccola. «Un mistero che ci insegna tanto. Ci insegna che tutto quello che c’è, se c’è, è perché ci deve essere. Ci insegna l’amore che comunica».


Ad esempio, spiega Rossella, un’altra infermiera che si definisce “la zia”, «la bimba ci unisce nel curarla, facendoci capire che se anche non possiamo guarirla vale la pena comunque dare tutto per assisterla». Anche quando nulla può cambiare dal punto di vista clinico: «È una vita che chiede amore e che ne genera anche di più».
E si vede. «Appena uno di noi arriva in reparto chiede di lei ai colleghi del turno precedente: come è andata la notte? Come è stata oggi? E poi si passa in cameretta». Impressiona pensare che fermi in un letto si possa fare tanto: «Per questo le saremo tutti grati. Per sempre».


[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 22/11/2012 18:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:04. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com