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Che ci crediate o no, i "morti parlano"...NO ALL'EUTANASIA! senza se e senza ma!

Ultimo Aggiornamento: 04/02/2018 21:51
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05/11/2017 09:26
 
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  • LE SUE VIE


Dallo "stato vegetativo" al ballo dopo un lento miracolo






Victoria, che oggi balla in tv, spiega i suoi 7 anni in carrozzina e i 3 in stato vegetativo. "I dialoghi di 4 anni solo con Dio, la preghiera e l'amore della mia famiglia", sono riusciti a superare tutti i pronostici scientifici.


Sembra impossibile che un miracolo possa avvenire lentamente. Normalmente, chi crede in Dio di fronte ad una malattia irreversibile è abituato a pensare che la risposta del Signore alle suppliche consistano o nel rendere la persona capace di accettare la sua condizione, producendo frutti spirituali e conversioni, oppure di guarirla improvvisamente, restituendole da un momento con l’altro la salute. Invece, l’incredibile vicenda di Victoria Arlen testimonia al mondo che cosa vuol dire non smettere di sperare e lottare per anni, fino ad ottenere la completa salute quando tutto l'universo, sopratutto scientifico, lo riteneva impossibile.


Le immagini di Victoria, oggi 22enne americana, quando si ammalò all’età di 12 anni, sono quelle tipiche di una persona in “stato vegetativo” a cui cambia completamente il volto a causa dell'inattività muscolare. Infatti, ha spiegato, “un giorno iniziai a perdere il controllo del mio corpo, ero intrappolata nel mio corpo, incapace di parlare, di muovermi”. I genitori non capiscono come una bambina, fino ad allora iperattiva, che amava danzare, nuotare e giocare tutto il giorno con i suoi tre fratelli, potesse essere collassata da un giorno con l’altro. Non capivamo ma la realtà era quella di una delle diagnosi più impietose: "Stato vegetativo permanente" con impossibilità di recupero, causato da due malattie autoimmuni: mielite trasversale e encefalomielite acuta disseminata. "In solo un attimo - ricorda Victoria - fu buio pesto". 


Ma ci furono due fattori a fare luce nell’oscurità. Due fiammelle che la tennero in vita aiutandola a non arrendersi. Una fu “l’amore della mia famiglia: anche se non potevano sentirmi io li sentivo, loro combattevano per me e io per loro”. Così, sebbene i medici dicessero, anche davanti a Victoria che capiva tutto, che non c’era da sperare bene, i suoi fratelli, suo padre e sua madre non si arresero mai, incoraggiandola e parlandole: “Tu sei una credente, Lui può tutto", le dicevano, tenendo "accesa la fiamma della mia fede…di questo hanno bisogno tutti, tutti”, spiega oggi la giovane nelle numerose testimonianze che circolano anche sul web.


La seconda luce era la fede cristiana in cui Victoria era cresciuta per cui, ha spiegato sua madre Jaqueline a lifesitenews, “non aveva nessuno altro se non Dio che poteva ascoltarla”. Di fatto la bambina cominciò a parlare ogni giorno con il Signore e invece che lamentarsi diceva: “Sono vittoriosa”, chiedendo un segno per la sua famiglia del fatto che era cosciente. Ad un certo punto, però, “pensavo che mi dovevo preparare a morire” ma poi accadde qualcosa, come una specie di “epifania”: “Feci una promessa a Dio”, ha spiegato Victoria in uno dei video in cui ha raccontato il suo travaglio per rinascere: “se mi dai una seconda possibilità di vita, ti prometto che non sprecherò nemmeno un secondo della mia vita... avrei usato la mia voce e la mia vita per Dio”. Proprio in quel momento la madre le parlò ma, spiega Jaqueline, "le parole che uscirono dalla mia bocca non erano mie, fu come se fosse Dio a parlare: “Ora cominceremo un viaggio in cui avrai un impatto sul mondo”, le disse. 


La piccola non capì ma di lì a poco, dopo tre anni di “prigione”, le cose sarebbero cambiate e infatti cominciò a muoversi. Su di lei, circa due anni dopo la tragedia, aveva cominciato anche a pregare un sacerdote carismatico con grandi doni, di nome John Bashobora. Le preghiere continue anche della famiglia e il lavoro fisico della giovane furono così intensi da riuscire a portare la ragazza a muovere tutta la parte superiore del corpo: “Passavo ore ad allenarmi” e anche se temeva l’acqua che un tempo aveva amato, vista l’impossibilità di usare le gambe, “i miei fratelli mi buttarono in piscina”. Fu un trauma che la costrinse ad agire ulteriormente, fino a farle scoprire “che lì mi muovevo libera anche dalla mia carrozzina”. Le ore passate in acqua divennero così tante che la giovane diventerà una campionessa paraolimpionica capace di vincere numerose medaglie e ori. Per questo, sarà anche una star della rete sportiva Espn.


“Ma non persi mai la speranza di tornare a camminare”. Anche se, a quel punto, sembrava un po’ troppo. Cosa pretendere di più dopo un evento simile e un recupero impensabile? Sopratutto quando i medici sono certi che sia impossibile, dopo 10 anni di paralisi, tornare a camminare? Ma né Victoria né la sua famiglia riuscivano a rassegnarsi. Perciò, dopo successive suppliche e continue ore di allenamenti, un giorno il fisioterapista si accorse di un leggero movimento di una gamba e la spronò a continuare. L'anno successivo Victoria muoverà i primi passi. Fino a che, nel 2016, non si alzò definitivamente in piedi. Quello che è ancora più incredibile, però, è che la giovane non si accontentò nemmeno di camminare, volendo allenarsi fino a riuscire a ballare come una professionista.


Oggi Victoria è una delle star dello show americano Ballando con le Stelle e spiega di voler usare per sempre “la mia voce per cambiare il mondo, per diffondere l’amore, la speranza e la luce di cui questo mondo ha bisogno”. Perciò, anche se non augura a nessuno quanto le è accaduto (“non avrei mai scelto questa vita") confessa che "non la cambierei” sapendo che “se ho riavuto tutto è per una ragione…per dare speranza”. Come? “Quanto accaduto - ha sottolineato la giovane - vale la pena” e serve a dimostrare la verità di uno dei suoi passi preferiti del Vangelo, quando san Paolo spiega che Cristo “ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi”.


Perciò non è tanto ballando, come se a vincere fosse solo chi si alza dalla carrozzina, ma “portando il mondo a Gesù”, ha spiegato la madre, che “Victoria porta speranza”. Questo è quello a cui mira, a portarli a Gesù…a scoprire la luce di Dio”. Che in questa storia pare mostrare che attaccandosi all’unica fiammella nel buio, l’amore di Dio, fosse anche il solo barlume di luce per anni, si può arrivare dove la scienza e le forze uomane non oserebbero mai sperare. E dire, come fa Victoria sempre citando san Paolo, che “posso tutto in Cristo che mi dà la forza”.





  • CONVEGNO SUL FINE VITA

Papa ed eutanasia, un intervento problematico

Papa Francesco con mons. Vincenzo Paglia

Ha preso l’avvio ieri e si concluderà oggi il Meeting Regionale Europeo della World Medical Association organizzato in Vaticano unitamente alla Pontificia Accademia per la Vita sui temi cosiddetti di “fine vita”. La World Medical Association non è un ente o un’associazione in qualche modo legata alla Santa Sede, ma è una laicissima associazione di medici. Alcuni suoi membri, come Benedetta Frigerio ha già avuto modo di illustrare da queste colonne qualche giorno fa (clicca qui), sono infatti a favore di eutanasia e aborto.

Ieri Papa Francesco ha inviato i suoi saluti ai partecipanti di questo convegno(clicca qui). Basta dare un'occhiata alle prime reazioni della grande stampa per comprendere che il messaggio del Santo Padre presenta accanto a passaggi sicuramente condivisibili, altri ambigui ed altri ancora formulati in modo erroneo. Esaminiamo quelli più problematici.

Il Papa parte da un fatto: la medicina ha fatto passi da gigante e questo può avere effetti positivi e negativi. In merito agli aspetti positivi il Pontefice afferma: «La medicina ha infatti sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica, che ha permesso di sconfiggere molte malattie, di migliorare la salute e prolungare il tempo della vita. Essa ha dunque svolto un ruolo molto positivo». Subito dopo Francesco elenca invece i rischi di tale progresso scientifico-tecnico: «D’altra parte, oggi è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare. Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona». A seguire il Papa cita, per commentare tali effetti nocivi, alcuni documenti del Magistero che trattano dell’accanimento terapeutico. Ora occorre chiedersi se le situazioni descritte dal Papa configurano accanimento terapeutico. Vediamole una ad una.

Il Papa da una parte afferma che vivere più a lungo è un bene, ma vivere più a lungo in condizioni di salute critica non lo è. Occorre a questo proposito ricordare che curare un paziente permettendogli di vivere più a lungo, sebbene con una qualità di vita non elevata perché affetto da gravi disabilità, patologie croniche severe, etc., non configura accanimento terapeutico. L’accanimento terapeutico infatti, come ricorda correttamente il Pontefice, è una sproporzione tra trattamenti e risultati sperati. Se grazie alla tecnologia oggi disponibile posso mantenere in vita per lungo tempo una persona affetta da sindrome della veglia aresponsiva (il cd paziente in stato vegetativo) ciò non configura accanimento terapeutico, ma in realtà è un obbligo morale in capo al medico e al paziente. La proporzione, in questi casi, deve guardare all’effetto positivo “vita”, non al “benessere”. In caso contrario scadremmo nell’etica della qualità della vita e non prestare le dovute cure configurerebbe un caso di eutanasia omissiva. Come ebbe a scrivere la bioeticista Claudia Navarini, per i sostenitori dell’eutanasia «non sarebbero eventuali trattamenti gravosi e inutili a costituire una forma di accanimento, ma sarebbe un accanimento il fatto stesso di mantenere in vita un morente o un malato grave» (C. Navarini, Eutanasia, in T. Scandroglio, Questioni di vita o di morte, Ares). I casi Welby, Eluana e Charlie sono paradigmatici in questo senso.

Altra frase problematica del Santo Padre già prima citata: «Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi». Ricordiamo che tali interventi per il Papa sono effetti negativi dell’ipertecnologia della medicina e configurano accanimento terapeutico. Ma l’accanimento terapeutico si realizza proprio quando il trattamento è inefficace. Quando invece, come scrive il Papa, fosse efficace, anche se non risolutivo, l’intervento è moralmente accettabile. Molti di noi portano gli occhiali: correggono un difetto della vista, ma non risolvono il difetto della vista. Eppure questa protesi non può venire derubricata ad accanimento terapeutico. Se i medici dovessero astenersi da tutti gli interventi non risolutivi, addio ad esempio alla cura della patologie croniche. Il medico, come ricorda lo stesso Pontefice, è chiamato non solo a guarire, ma anche a curare, cioè a migliorare o stabilizzare le condizioni di un paziente che per ipotesi mai guarirà.

Ulteriore periodo molto scivoloso: alcuni interventi «possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute». In merito al sostentamento delle funzioni biologiche possiamo riferirci alla nutrizione, idratazione e ventilazione assistita (ma non solo a loro dato che l’espressione “funzioni biologiche” può essere riferita ad un infinità di attività dell’organismo: la funzione metabolica epatica, la funzione endocrina, etc.). Se questi presidi vitali riescono a soddisfare il loro fine proprio - cioè adiuvare l’assimilazione di cibo, di liquidi e la respirazione – se non c’è sproporzione tra sollievo arrecato e dolore inferto e tra beneficio prodotto e danni procurati, allora significa che questi mezzi di sostentamento vitale non scadono nell’accanimento terapeutico, bensì equivalgono «a promuovere la salute» e «giovano al bene integrale della persona». Non somministrarli configurerebbe una scelta eutanasica. Anche laddove l’intervento avesse carattere sostitutivo – pensiamo ad esempio alla circolazione extracorporea durante un’operazione chirurgica – ciò non significa che di per se stesso l’intervento rappresenta una forma di accanimento terapeutico.

In breve al passaggio già menzionato, «gli interventi sul corpo […] possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute», occorreva aggiungere un “sempre”: «gli interventi sul corpo […] possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale sempre a promuovere la salute», perché in particolari circostanze tali interventi seppur adiuvanti o sostitutivi di funzioni biologiche possono configurare accanimento terapeutico.

Altro passaggio critico. Chi deve decidere se c’è o meno accanimento terapeutico? Il Papa afferma che l’ultima parola spetta al paziente, seppur in dialogo con i medici: «È anzitutto lui che ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa la rinuncia qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante». Francesco cita a questo proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità» (n. 2278). Però leggiamo per intero il periodo citato parzialmente dal Papa: «Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente».

Il Catechismo ci dice questo: per capire se i trattamenti terapeutici configurano accanimento terapeutico occorre da una parte la competenza del medico, che ci potrà dire se, secondo letteratura e sua esperienza personale, quel tipo di cura è efficace o meno, e dall’altra il paziente, perché è solo lui, a patto che sia vigile e cosciente, che ci può comunicare ad esempio se tale cura gli reca troppo dolore, se si sente meglio, etc. Detto ciò però il criterio indicato dal Catechismo non scade nel soggettivismo assolutista, infatti il Catechismo specifica che le volontà del paziente devono essere rispettate solo se ragionevoli, cioè conforme a morale, e solo se dunque tutelano gli oggettivi interessi del paziente, ossia la sua dignità.

Detto in soldoni: se una paziente dichiarasse che non vuole più nutrirsi con le peg perché a suo insindacabile giudizio la nutrizione assistita configura accanimento terapeutico, questa volontà sarebbe irragionevole e quindi non da rispettare. L’ultima parola spetta alla valutazione del bene oggettivo della persona, bene oggettivo spesso non riconosciuto dalla persona stessa. Di contro, rispettare sempre e comunque il giudizio del paziente su cosa è o non è accanimento terapeutico aprirebbe la porta all’eutanasia. Quella stessa porta che il Santo Padre, nel messaggio inviato ai partecipanti del convegno che si sta svolgendo in Vaticano, vorrebbe che rimanesse sempre chiusa.

Infine una nota di carattere generale. Il messaggio del Papa è incentrato per buona parte sull’accanimento terapeutico perché «oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo». Parrebbe quindi che il vero pericolo oggi nelle corsie di ospedale sia l’accanimento terapeutico e non l’eutanasia. Ma così non è. Le norme esistenti in molti Paesi, le pratiche cliniche diffuse, le linee guida di alcune società mediche, i fatti di cronaca come quelli che hanno interessato il piccolo Charlie e dj Fabo, le cliniche per la “dolce morte” sparse qua è là nel mondo, ci portano a dire che la vera emergenza è l’eutanasia, non certo l’accanimento terapeutico.





Cari Vescovi: attenzione allo spettro dell’accanimento terapeutico!

Ci risiamo! Lo spettro dell’accanimento terapeutico torna prepotentemente ad ingannare i Pastori della santa Chiesa, specialmente torna a far confondere le buone intenzioni del santo Padre Francesco. Non siamo “tuttologi” ma non ci vuole neppure una laurea in medicina o alla Pico de Paperis per capire che, periodicamente, la giustificazione del concetto di “accanimento”, viene usato per aprire porte pericolose e, soprattutto, senza mai arrivare a specificare cosa loro stessi vogliono intendere con tale termine.

Ne ha parlato la Nuova Bussola, vedi qui, un articolo che condividiamo integralmente perché ha colto magnificamente i punti centrali – purtroppo anche i più critici – delle parole del Discorso ufficiale del santo Padre, leggi qui, attraverso i quali seppur viene spiegato – a grandi linee – in cosa consisterebbe “l’accanimento terapeutico”, dall’altra parte si offrono però degli spunti – involontari – verso l’eutanasia giustificata, specialmente se i Media interpretano in questo modo le sue parole e il Papa non smentisce e non chiarisce…

Il Denzinger afferma che: “Un decreto dottrinale che può sembrare ad alcuni dubbio, deve essere sempre compreso nel senso secondo cui l’asserto è vero..“, offrendo a noi tutti una specie di cartina tornasole per poter interpretare correttamente le parole, ufficiali, del Pontefice. Tuttavia è anche salutare e un bene rimarcare alcuni punti come ha offerto la Nuova Bussola, attraverso i quali capire ciò che è vero da ciò che è falso.

La storia di Victoria, tanto per fare un esempio concreto, vedi qui: Dallo “stato vegetativo” al ballo dopo un lento miracolo … ce la dice lunga di cosa sarebbe stato di lei se, confondendo gli aiuti ricevuti si fosse solo pensato ad un accanimento terapeutico… vedi anche qui, Victoria sarebbe morta sentendo tutto, ascoltando tutto, come dimostrano tanti altri episodi di persone che, uscendo dal coma, hanno poi detto che sentivano tutto e vedevano… Persone che escono dal coma dopo 4 anni, anche 10 anni, non sono affatto una rarità, una vittoria contro i sostenitori di un accanimento terapeutico che li avrebbe portati a morte certa.

Così giustamente sottolinea l’editoriale di La Bussola: “Il Papa da una parte afferma che vivere più a lungo è un bene, ma vivere più a lungo in condizioni di salute critica non lo è. Occorre a questo proposito ricordare che curare un paziente permettendogli di vivere più a lungo, sebbene con una qualità di vita non elevata perché affetto da gravi disabilità, patologie croniche severe, etc., non configura accanimento terapeutico. L’accanimento terapeutico infatti, come ricorda correttamente il Pontefice, è una sproporzione tra trattamenti e risultati sperati. Se grazie alla tecnologia oggi disponibile posso mantenere in vita per lungo tempo una persona affetta da sindrome della veglia aresponsiva (il cd paziente in stato vegetativo) ciò non configura accanimento terapeutico, ma in realtà è un obbligo morale in capo al medico e al paziente. La proporzione, in questi casi, deve guardare all’effetto positivo “vita”, non al “benessere”…

E allora, si chiede il Papa: Chi deve decidere se c’è o meno accanimento terapeutico? Francesco risponde usando, parzialmente, il Catechismo lasciando così quel dubbio e quella criticità nell’interpretazione delle sue parole.

«Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità» (CCC n. 2278), cita Papa Francesco, ma il Catechismo dice molto di più… quel di più che egli o lascia intendere dandolo per scontato – e qui vale l’insegnamento del Denzinger sopra riportato – oppure lo si ritiene scartato o inutile da coloro che, delle parole del Pontefice, devono trarre l’insegnamento e i punti fermi.

Detto in soldoni – spiega la Bussola -: se una paziente dichiarasse che non vuole più nutrirsi con le peg perché a suo insindacabile giudizio la nutrizione assistita configura accanimento terapeutico, questa volontà sarebbe irragionevole e quindi non da rispettare. L’ultima parola spetta alla valutazione del bene oggettivo della persona, bene oggettivo spesso non riconosciuto dalla persona stessa. Di contro, rispettare sempre e comunque il giudizio del paziente su cosa è o non è accanimento terapeutico aprirebbe la porta all’eutanasia. Quella stessa porta che il Santo Padre, nel messaggio inviato ai partecipanti del convegno che si sta svolgendo in Vaticano, vorrebbe che rimanesse sempre chiusa…

Quindi attenzione ai titoli dei Media e alle dispute sui Social…. Papa Francesco NON VUOLE APRIRE QUELLA PORTA. “Il messaggio del Papa – conclude La Bussola – è incentrato per buona parte sull’accanimento terapeutico perché «oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo». Parrebbe quindi che il vero pericolo oggi nelle corsie di ospedale sia l’accanimento terapeutico e non l’eutanasia. Ma così non è…”

_0019 NO eutanasia 2L’allarme che anche noi abbiamo colto dalle conclusioni – omesse – del Papa è proprio in questa diffusa errata concezione che si persista, cioè, su un “accanimento terapeutico”, mentre al Papa sfugge (sfugge?) la conoscenza, o la competenza, oppure è malamente informato, che esistono le “cliniche per la dolce morte” e che le leggi delle Nazioni e degli Stati hanno optato da anni per “uccidere” le persone non solo in stato terminale, non solo a prescindere da ciò che essi chiedono o non chiedono, non solo contro il parere stesso dei genitori, non solo anziani diventati inutili per la società… Ciò che il Papa omette di discutere o di correggere, o persino di condannare come dovrebbe fare con “sì, sì – no, no” (Mt.5,37) è proprio quell’ UCCIDERE che è diventato invece legge degli uomini, questa chiarezza manca al suo Discorso.

Del resto Papa Francesco, a riguardo della PENA DI MORTE è stato così categorico e così chiaro nel dire che essa è INACCETTABILE, senza sé e senza ma. Tuttavia si dimostra eccessivamente prudente laddove dovrebbe dire con assoluta determinatezza quel che dice lo stesso Catechismo a riguardo dell’eutanasia: “Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile…”(CCC.n.2277)

E’ per questa ragione dottrinale che riteniamo, l’uso della questione e del termine “accanimento terapeutico” la chiave che apre all’eutanasia legalizzata… una chiave che se Papa Francesco da una parte chiede, effettivamente, di non usare e di non aprire quella “porta”, dall’altra parte però… lascia alla libera comprensione o interpretazione… Per questo è fondamentale ricordare a tutti noi, come insegna il Donzinger, che laddove l’incomprensione dilaga, il pensiero di un Pontefice deve essere interpretato “…nel senso secondo cui l’asserto è vero..“, e il Catechismo è chiaro!

Laudetur Jesus Christus








[Modificato da Caterina63 17/11/2017 12:01]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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