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Il Magistero Pontificio ecclesiale sulla questione politca e sull'omosessualità

Ultimo Aggiornamento: 23/05/2017 10:26
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04/02/2013 22:32
 
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Che tra i sacerdoti ci siano alcuni omosessuali non è una novità e non è questo il problema posto da don Dariusz Oko nell’intervista che pubblichiamo in Primo Piano. Nessuno vuole criminalizzare una tendenza sessuale né ergersi a giudice di coloro che – per debolezza o altro – peccano gravemente. Siamo i primi noi a dover chiedere perdono per i nostri peccati. Ma la Chiesa ha sempre distinto tra peccato – da condannare – e peccatore, da salvare.

Quello che invece è un grave problema per la Chiesa è il tentativo in atto di trasformare il peccato in dottrina, ed è quello che intende espressamente don Oko quando parla di omoeresia e di lobby gay. Che ci siano oggi diversi sacerdoti tranquilli nel conciliare la vocazione con il comportamento omosessuale è purtroppo emerso con chiarezza sia da indagini giornalistiche – vedi due anni fa il servizio di Panorama sulle notti brave dei preti gay a Roma – sia da recenti casi di cronaca. Ma certa tranquillità non può non mettere in discussione ciò che si insegna nei seminari, e alcuni piani pastorali per omosessuali approvati anche nelle diocesi italiane sono la prova che il pensiero omosessualista, che mette sullo stesso piano tendenze etero e omosessuali, si sta diffondendo anche nelle gerarchie.

L’aspetto però più inquietante della denuncia di don Oko è quello riguardante una vera e propria lobby gay, capace di condizionare pesantemente la vita della Chiesa, garantendo carriere ecclesiali e impunità ai preti omosessuali. Ecco come don Oko descrive nell’articolo originale pubblicato in Polonia quella che definisce anche una omomafia:

“Bisogna comprendere e cercare di rispettare nel miglior modo possibile i nostri fratelli omosessuali, come ogni persona umana. Essi molte volte provano con tutte le forze a resistere alle loro tentazioni, ed alcuni ci riescono anche, e vivono in modo onesto e perfino santo (…) Comunque sanno molto bene di rischiare lo smascheramento e il discredito, e perciò si supportano a vicenda. Formano dei gruppi informali, delle combriccole, e perfino una specie di mafia, cercando di dominare soprattutto i luoghi dove albergano potere e denaro. Una volta raggiunta una carica decisionale, cercano di appoggiare e di promuovere prima di tutto le persone dalla natura simile alla loro oppure almeno quelle di cui sono certi che non si opporranno mai per il loro debole carattere. In tal modo può avvenire che la Chiesa si trovi ad avere in posizioni direttive persone profondamente corrotte, persone molto lontane dal livello spirituale degno di una carica importante, persone false e particolarmente esposte ai ricatti degli avversari del cristianesimo (…) Altre volte, quando un vicario tenta di difendere i giovani dalle molestie sessuali di un parroco è proprio lui, e non il parroco, ad essere richiamato all'ordine, vessato ed infine trasferito. Per aver svolto con coraggio il proprio dovere costui si ritrova a vivere esperienze dolorose. Succede che, con un'azione organizzata, egli venga ricattato, umiliato e diffamato sia nell'ambiente parrocchiale che sacerdotale. Inoltre, quando un prete o un frate subiscono loro stessi delle molestie sessuali da altri colleghi e superiori e cercano di chiedere aiuto e difesa ai livelli più alti, può accadere che incontrino un omosessuale ancora più importante”.

Don Oko cita anche casi concreti negli Stati Uniti, in Polonia e in Irlanda, ma è certo che il caso clamoroso in cui la lobby gay ha mostrato tutta la sua forza è nell’aver allontanato da sé le attenzioni a proposito dello scandalo pedofilia che ha sconvolto diversi episcopati. In realtà le ricerche fatte, soprattutto negli Usa, partendo dalle denunce per pedofilia, hanno messo in evidenza che in oltre l’80% dei casi non si tratta di vera pedofilia (abusi su bambini in età prepuberale) ma di efebofobia (abusi su adolescenti) che è una degenerazione dell’omosessualità. E’ questo dunque il vero problema che sta alla base degli abusi sui minori, ma è un argomento che sembra tabù nella Chiesa, grazie anche alla copertura dei principali mezzi di comunicazione che hanno tutto l’interesse a sfruttare gli scandali per mettere in discussione l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità, compreso il celibato dei preti.

Pur senza cedere al complottismo e senza esagerare le dimensioni del fenomeno (è chiaro che la stragrande maggioranza dei sacerdoti vive in modo coerente la propria vocazione) è però venuto il momento di guardare in faccia la realtà e di affrontare il problema per quello che è, perché quando un insegnamento contrario al Magistero (soprattutto nel campo delle tendenze sessuali) mette radici nei seminari, vuol dire mettere a rischio intere generazioni di (futuri) sacerdoti.




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Disse Santa Ildegarda di Bingen, Dottore della Chiesa, riguardo all’omosessualità:


“ll serpente antico gioisce per tutte le punizioni con cui l’uomo è castigato nell’anima e nel corpo. Lei, che ha perso la gloria celeste, non vuole che nessun uomo possa raggiungerla. In realtà, non appena si rese conto che l’uomo aveva accolto i suoi consigli, iniziò a progettare la guerra contro Dio, dicendo: <<Attraverso l’uomo porterò avanti i miei propositi>>”
“Nel suo odio, il serpente ha ispirato gli uomini a odiarsi fra loro e, con lo stesso cattivo sentimento, li ha indotti a uccidersi gli uni gli altri.”
“E il serpente disse: <<Manderò il mio soffio affinché la successione dei figli degli uomini si spenga, e allora gli uomini bruceranno di passione per gli altri uomini, commettendo atti vergognosi>> ”.

“E il serpente, provandoci godimento, gridò: <<Questa è la suprema offesa contro Colui che ha dato all’uomo il corpo. Che la sua forma scompaia perché ha evitato il rapporto naturale con le donne>>.”

“È quindi il diavolo che li convince a diventare infedeli e seduttori, che li induce a odiare e a uccidere, diventando banditi e ladri, perché il peccato di omosessualità porta alle più vergognose violenze e a tutti i vizi. Quando tutti questi peccati si saranno manifestati, allora la vigenza della legge di Dio sarà spezzata e la Chiesa sarà perseguitata come una vedova”

Citazioni tratte dal “Liber Divinorum Operum” di Santa Ildegarda di Bingen rinvenute nel n° 55 (anno 18, dicembre 2012) della rivista “Tradizione-Famiglia-Proprietà”.
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E un altro articolo sempre da lanuovaBussola
di Massimo Introvigne, del 22,12,2012

Benedetto XVI ha impartito alcuni dei suoi più memorabili insegnamenti con i discorsi annuali alla Curia romana per gli auguri natalizi, che ha trasformato in un vero e proprio nuovo genere letterario. In questo discorsi, ogni anno, ricorda i momenti più importanti del suo Magistero nei dodici mesi passati e segnala le sfide principali per la Chiesa per il tempo a venire.


Per il 2012 il Papa segnala come «momenti salienti» del suo Magistero il viaggio in Messico e a Cuba, la Festa delle Famiglie a Milano, l'esortazione apostolica post-sinodale «Ecclesia in Oriente» consegnata durante il viaggio in Libano, e il Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Non certo come mera nota di colore, ma perché è un grande segno di speranza, il Pontefice ricorda il grande successo di popolo dei suoi viaggi, che sempre regolarmente smentisce lo scetticissimo dei media. «Ricordo che, dopo l’arrivo in Messico, ai bordi della lunga strada da percorrere, c’erano interminabili schiere di persone che salutavano, sventolando fazzoletti e bandiere. Ricordo che durante il tragitto verso Guanajuato, pittoresca capitale dello Stato omonimo, c’erano giovani devotamente inginocchiati ai margini della strada per ricevere la benedizione del Successore di Pietro; ricordo come la grande liturgia nelle vicinanze della statua di Cristo Re sia diventata un atto che ha reso presente la regalita? di Cristo». E le stesse scene di entusiasmo si sono ripetute a Cuba e in Libano.

I punti salienti del Magistero del 2012 annunciano anche le sfide del 2013. Il Papa le ha riassunte in tre punti: fare fronte alle ideologie che minacciano la famiglia e la stessa persona umana, nella linea tracciata dai suoi interventi a Milano; impostare correttamente il dialogo interreligioso, specie con l'islam, riprendendo l'esortazione «Ecclesia in Oriente»; trarre il massimo profitto dall'Anno della fede per la nuova evangelizzazione, dando un seguito concreto al Sinodo.

L'aspetto più grave della situazione attuale, ha detto il Papa, è una crisi della famiglia che «la minaccia fino nelle basi». È una sfida radicale che minaccia l'essenza della persona umana: «nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso – della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto». La famiglia è in crisi perché la persona è in crisi. «Il rifiuto del legame umano, che si diffonde sempre piu? a causa di un’errata comprensione della liberta? e dell’autorealizzazione, come anche a motivo della fuga davanti alla paziente sopportazione della sofferenza, significa che l’uomo rimane chiuso in se stesso e, in ultima analisi, conserva il proprio “io” per se stesso, non lo supera veramente».

Ma questa crisi, ha detto con coraggio il Pontefice, deriva anche dall'attacco metodico di forze che propongono una vera «rivoluzione antropologica» in nome della più pericolosa ideologia apparsa negli ultimi anni, quella del gender.

«Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim - ha detto il Papa -, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante ["Mariage homosexuel, homoparentalité et adoption. Ce que l'on oublie souvent de dire"], ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge ad una dimensione ancora piu? profonda. Se finora avevamo visto come causa della crisi della famiglia un fraintendimento dell’essenza della liberta? umana, ora diventa chiaro che qui e? in gioco la visione dell’essere stesso, di cio? che in realta? significa l’essere uomini». Sulla scia di Bernheim il Papa ricorda «l’affermazione, diventata famosa, di Simone de Beauvoir [teorica francese del femminismo, 1908-1986]: "Donna non si nasce, lo si diventa” (“On ne nai?t pas femme, on le devient”). In queste parole e? dato il fondamento di cio? che oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualita?. Il sesso, secondo tale filosofia, non e? piu? un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensi? un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la societa? a decidervi».

Si tratta di una delle più gravi sfide cui la Chiesa si è trovata di fronte nella sua storia. E non solo la Chiesa: l'ideologia del gender minaccia tutta la società e sovverte la stessa persona umana. «La profonda erroneita? di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente e? evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeita?, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli e? data come fatto precostituito, ma che e? lui stesso a crearsela».

Si tratta in ultimo, afferma Benedetto XVI, di una rivolta contro Dio. «Non e? piu? valido cio? che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creo?” (Gen 1,27). No, adesso vale che non e? stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora e? stata la societa? a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realta? della creazione, come natura della persona umana non esistono piu?. L’uomo contesta la propria natura. Egli e? ormai solo spirito e volonta?». Con questa scelta faustiana l'uomo in concreto, propriamente, muore. «Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per se? autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale».

La crisi della famiglia è solo un aspetto di una crisi globale. «Dove la liberta? del fare diventa liberta? di farsi da se?, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con cio?, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio». Ma «dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignita? dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo».

A questa difesa dell'uomo di fronte a minacce radicali e inaudite la Chiesa convoca tutte le religioni e anche i non credenti che credono nel diritto naturale. È questa la seconda sfida per il 2013: capire bene la nozione di dialogo. Il Papa fa riferimento al suo viaggio in Libano e ribadisce che «il dialogo delle religioni e? una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto e? un dovere per i cristiani come pure per le altre comunita? religiose». Il dialogo, oggi, deve partire non tanto dalla teologia, ma dall'antropologia e dal diritto naturale.

Questo vale anche nel caso, così obiettivamente difficile, dell'islam. Benedetto XVI ricorda le due regole del dialogo di cui parlano diversi documenti di dicasteri vaticani: «1. Il dialogo non ha di mira la conversione, bensi? la comprensione. In questo si distingue dall’evangelizzazione, dalla missione. 2. Conformemente a cio?, in questo dialogo ambedue le parti restano consapevolmente nella loro identita?, che, nel dialogo, non mettono in questione ne? per se? ne? per gli altri». «Queste regole - commenta il Papa - sono giuste. Penso, tuttavia, che in questa forma siano formulate troppo superficialmente. Si?, il dialogo non ha di mira la conversione, ma una migliore comprensione reciproca: cio? e? corretto. La ricerca di conoscenza e di comprensione, pero?, vuole sempre essere anche un avvicinamento alla verita?.».

A costo di correggere qualche documento dei dicasteri preposti al dialogo, il Pontefice osserva che «sarebbe troppo poco se il cristiano con la sua decisione per la propria identita? interrompesse, per cosi? dire, in base alla sua volonta?, la via verso la verita?. Allora il suo essere cristiano diventerebbe qualcosa di arbitrario, una scelta semplicemente fattuale. Allora egli, evidentemente, non metterebbe in conto che nella religione si ha a che fare con la verita?». Dialogo sì, dunque: ma senza mai rinunciare all'annuncio, senza mai il più piccolo cedimento al relativismo, che alla fine favorisce le ideologie anti-religiose e danneggia tutte le religioni.

Per resistere a queste ideologie e proporre un dialogo che non sia relativista, è necessario anzitutto che i cristiani siamo cristiani. Ecco allora la terza sfida del 2013: trarre davvero profitto dall'Anno della fede, conoscere la verità della fede cattolica, essere «docili» al Magistero, acquisire e sviluppare il senso della Chiesa. L'ideologia ci ha lanciato una sfida radicale. C'è bisogno di cattolici che lo siano veramente, e che quindi siano capaci di dialogare con gli altri in modo non relativista, per rispondere in modo adeguato.

- PARLARE DI CRISTO RE SUL FINANCIAL TIMES






SI LEGGA ANCHE: «Nella Chiesa è in atto un golpe omosessualista»

Dopo la recente intervista a Don Dariusz Oko e quella pubblicata da La Bussola Quotidiana a Gerard van den Aardweg, La Nuova Bussola Quotidiana continua la sua indagine sul tema della lobby gay all'interno della Chiesa con questa conversazione con don Ariel S. Levi di Gualdo, sacerdote romano che nel 2011 ha pubblicato per l'editore Bonanno il libro E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disubbidienza: analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Il secondo capitolo di questo lavoro è interamente dedicato alla presenza omosessualista all'interno della Chiesa, e non sarà inutile ricordare che proprio alla vigilia di Natale, parlando alla Curia Romana, il Papa si è a lungo soffermato sulla grave minaccia per la Chiesa rappresentata dall'ideologia del gender.

Don Ariel, lei definisce la presenza gay all'interno della Chiesa una “Via crucis”. Perché?
Giusto precisare "all’interno della Chiesa”, perché non ho mai fatto battaglie contro i gay in quanto tali. Ho trattato sempre col massimo rispetto ogni persona con tendenze omosessuali che mi ha avvicinato. Alcuni mi hanno chiesto sostegno spirituale, altri si sono presentati al mio confessionale dal quale non sono mai usciti senza assoluzione. Compito mio è amministrare la grazia e il perdono di Dio. Molti i motivi e i condizionamenti socio-psicologici per cui i giovani del XXI secolo possono essere indotti a uno stile di vita che non amo definire «malvagio» o «disordinato». Preferisco la più paterna espressione di “stile di vita non cristiano”, memore che Gesù avverte: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio» (Mt. 21, 32). Per questo scrivo: «I gay sono compatibili col Paradiso, forse più ancora d’altri generi di peccatori tollerati spesso con grande diplomazia anche dalla migliore morale cattolica. Non lo sono però col sacerdozio, all’interno di un mondo al maschile composto di uomini ai quali è chiesto un equilibrio sessuale raggiungibile, ma non facile da raggiungere e mantenere» (E Satana si fece Trino, p. 221). Quando fui consacrato sacerdote il vescovo mi esortò: «Sii sempre te stesso». In che misura si può dire a un prete gay: «Sii sempre te stesso»? O si può forse impostare il ministero sacerdotale sulla finzione, la doppia vita? Pertanto, anziché camminare col Signore come i discepoli lungo la Via di Emmaus (Lc. 24, 13-35), i gay preti si troveranno in transito su una Via Crucis perenne e fine a se stessa che non li guiderà alla pietra rovesciata del sepolcro vuoto del Cristo, con grave danno a se stessi e alla Chiesa. Il tutto non perché sono persone con tendenze omosessuali alle quali perdono, grazia e salvezza non sono preclusi ma perché non possono essere liberamente e felicemente se stessi. Ecco allora che il gay prete, a differenza di quello laico, rischia di vedersi seriamente precludere il perdono, la grazia e la salvezza della propria anima.

Perché ha deciso di denunciare in modo pubblico questo fenomeno? Quali obiettivi si è posto? Non sarebbe stato meglio un pietoso silenzio?
Perché il mio divino “datore di lavoro”, il Verbo Incarnato, per meglio annunciare la verità assunse la nostra natura umana. Quindi la verità divina, in Gesù e tramite Gesù, prende forma in un corpo, ha un volto, una gestualità davanti alle folle. La frase: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv. 1, 14) equivale a dire che la Verità divenne visibile, palpabile. Questa concretezza chiusa nei Vangeli ci indica lo stile di comportamento e di azione, per esempio: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Lc. 9, 38-47). Per questo nella prima parte del libro chiarisco cos’è la carità e quanto essa sia inconcepibile senza la verità e la giustizia. Pertanto, non esercitare all’occorrenza la carità con fermezza, che vuol dire anche ripristinare la dottrina e l’autorità della Chiesa, porta a una corruzione dell’idea di carità, mutandola in una parodia dopo averla svuotata del suo senso vero. Quando la cristologica carità si muta in “carità” clericale, ecco nascere mille pietosi silenzi, mirati di fondo a sostituire il vero divino col verosimile umano.

L’obiettivo che come uomo e prete mi pongo è di essere vivo servitore partecipe della verità del Verbo Incarnato. Le parole dure e dirette rivolte da Gesù contro i malcostumi del potere corrotto del decadente clero giudaico dell’epoca lo hanno portato al fallimento della croce, ma poco dopo alla gloria della risurrezione, perché Gesù, il Verbo, «era Dio» (Gv. 1,1). Oggi verso i malcostumi del potere corrotto del decadente clero cattolico Gesù userebbe le stesse parole: «Razza di vipere (Lc. 3,7) sepolcri imbiancati» (Mt. 23, 27). Se entrasse in quella succursale di Sodoma e Gomorra alla quale alcuni hanno ridotto il Vaticano, al punto da far dire al Sommo Pontefice: «Pregate perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi» (Omelia del 24.04.2005), chissà quante frustrate elargirebbe ai moderni mercanti del tempio (Mc. 11, 15-19). Urlando, sulle parole del Profeta Geremia, non solo: «Avete fatto della mia casa una spelonca di ladri» (7,11). Forse direbbe: «Una spelonca di ladri e un lupanare di gay inebriati dai fumi aromatici degli incensi, tra pizzi e merletti dei paramenti barocchi». E di nuovo conoscerebbe il sinedrio e la croce. E chissà quanti vescovi, preti e teologi lo accuserebbero di superbia, togliendogli credito e affermando che non ha titolo per parlare: «Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria?» (Mt. 13, 55).

Quali sono gli scopi di questa lobby? Quali meccanismi utilizza?
La distruzione interna della Chiesa, è evidente! Alcuni anni fa feci la formazione per il ministero di esorcista che poi il mio vescovo mi conferì, benché lo abbia esercitato due volte soltanto. Dinanzi a casi di presunte possessioni sono molto scettico, la quasi totalità sono casi di interesse psichiatrico da indirizzare presso specialisti clinici. Ho avuto però modo di trovarmi dinanzi a un caso autentico e credo di avere percepito – non capito, solo percepito – quanto il Mistero del Male sia intelligenza allo stato puro che nessuno di noi può combattere con le proprie forze. Ciò con buona pace di un esorcista che in televisione affermò: «No, io non ho paura del Demonio, è lui che deve avere paura di me!». Ora dico: il Demonio ha osato tentare persino Dio incarnato (Mt. 4, 1-11. Mc. 1,12-13. Lc. 4, 1-13), ce lo vedete ad avere paura di un mite esorcista novantenne? Per realizzare i propri scopi Satana usa raffinate arti sovrumane seminando confusione e creando strutture di inversione, attraverso le quali il bene diventa male, il male bene, la virtù vizio e il vizio virtù, la sana dottrina diventa eresia e l’eresia sana dottrina. Da questo si sono sviluppate le metastasi che hanno infettato il corpo ecclesiale, generando una mancanza di governo della Chiesa indebolita da un relativismo teologico gnostico, da un individualismo esasperato e dalla disubbidienza all’autorità del Sommo Pontefice e dei Vescovi. Questo meccanismo di inversione mira a sostituire Dio col proprio Io, basta udire certi preti teologi in giacca e cravatta che nella stagione del post concilio hanno creato il loro personale concilio egomenico e che dalle cattedre delle università pontificie insegnano il discutibile magistero di se stessi. Non a caso le loro parole più ricorrenti sono: «Come io sostengo … come io ho scritto … come io ho detto a quel cardinale che mi ha dato ragione … ».

Perché secondo lei la presenza di uomini con tendenze omosessuali è così massiccia all'interno del presbiterato? Il sacerdozio attira questi uomini, oppure la formazione nei seminari contribuisce alla nascita di queste tendenze? Da dove nasce questa apparente compatibilità tra la vita consacrata e una personalità omosessuale?
Nel mio libro parlo della omosessualizzazione della Chiesa che nasce da complessi problemi storici e sociali. Ho 49 anni e, se penso ai preti della mia fanciullezza, dinanzi a me ho solo immagini di maschi sopra ogni sospetto. Se talvolta c’erano problemi erano legati a faccende di donne, a volte sino all’abbandono del sacerdozio. Siamo cauti però col dire che all’epoca c’era un clero più sano. Era diversa la società, nessuno avrebbe ostentato certe gaiezze. Per trattare questo tema bisogna essere onesti: «Dopo avere a lungo sparato sul sesso come fosse il peccato dei peccati, oggi stiamo subendo il colpo di rinculo e per opere e omissioni, noi preti, potremmo apparire i meno indicati a parlare in modo credibile di morale sessuale e di bioetica, valutati da una parte i numerosi casi di ecclesiastici affetti da disordini sessuali originati dalla loro insita incompatibilità col sacerdozio e con l’episcopato; e dall’altra le violazioni della dignità umana che si registrano anche dentro la Chiesa» (E Satana si fece Trino, p. 178). Abbiamo creato pontifici consigli per la giustizia e la pace, per la famiglia, la sanità e la bioetica, ma pare che il lupo si sia rivestito sempre più di pelo senza perdere il vizio. O per dirla in concreto: quando denunciai al Vicariato di Roma, con prove e testimoni, un parroco che coi soldi della Chiesa manteneva un giro di marchettari (op.cit., p. 185), non solo fui allontanato da quella basilica, mi fu tolto anche il celebret della Diocesi di Roma, il cui vescovo lamentò nel 2010 ai cattolici d’Irlanda «una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona». Dinanzi alle denunce che presentai ai vari dicasteri della Santa Sede, inclusa la Segreteria di Stato – sempre supportato dal mio vescovo che giudicò inaudito tale sprezzo autocratico di ogni legge della Chiesa – non ho ricevuto nemmeno risposta. Questo intendo dire parlando di meccanismi di inversione: la giustizia diventa ingiustizia e l’ingiustizia diventa giustizia …

La verità è che da fine anni Sessanta si sono rotti rigidi equilibri anche basati su processi di repressione sessuale, a partire dall’ambito formativo dei seminari. In un trentennio è stata intaccata la dottrina e messo in discussione il deposito della fede; tutto è diventato relativo o soggetto a eccentrici esperimenti, basti pensare alla liturgia o quella che taluni chiamano la teologia antropologica. Infine siamo giunti alla omosessualizzazione della Chiesa e all’omosessualismo al potere. Bisogna correre ai ripari e ripensare quanto prima i seminari che sortiscono l’effetto di rendere i futuri preti clericali nel cervello anziché cristiani nell’anima. Spesso nei seminari mancano educatori, posto che prima di educare bisogna avere ricevuto una sana e solida educazione. Per questo mi sono ritrovato più volte a raccogliere giovani a pezzi, talvolta in crisi di fede che, “rei” di essere eterosessuali, sono stati espulsi dal seminario da formatori più o meno gay che proteggevano seminaristi palesemente gay. Per non parlare di cosa accade in certi antichi ordini storici, dove per secoli si è guardato al “povero” clero secolare “plebeo” con aria di sufficienza. Ah, quali lezioni dà la vita quando rovescia la fierezza dai troni! Oggi a entrare nei noviziati di certe millenarie abbazie o in qualche ateneo monastico c’è da temere di prendere malattie veneree solo a respirarne l’aria, dato che per non chiudere bottega certi augusti ordini religiosi si sono ridotti a raccattare quelli che noi sbattiamo fuori dai seminari, inutile a dirsi: per motivi morali gravissimi. Questa apparente compatibilità tra la vita consacrata e una personalità omosessuale, nasce da questi squilibri che hanno generato un vero golpe dell’omosessualismo. O per dirla cruda: «Alcuni seminaristi che negli anni Settanta e Ottanta capeggiavano all’interno dei seminari la pia confraternita, oggi sono vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa si sono circondati di soggetti affini, piazzati sempre e di rigore in tutti i posti chiave delle diocesi, seminari inclusi, proteggendosi e riproducendosi tra di loro» (op.cit., p. 216) «estetizzando vuotamente la fede e omosessualizzando la Chiesa» (p. 195).

Quali rimedi propone per risolvere questo problema?
L’autorità apostolica. Parola che spaventa, quella di “autorità”, perché molti teologi egomenici del “più collegialità” e “più democrazia”, la confondono con l’autoritarismo e con l’arbitrio autocratico; proprio quell’autoritarismo esercitato con aggressività dalle frange ultra progressiste o da certe aggregazioni laicali settarie verso chi non la pensa come loro. «La Chiesa è legittima depositaria di un potere coercitivo che Dio le ha affidato e che all’occorrenza deve usare in modo deciso, per evitare ogni forma d’anarchia al suo interno. Per potere coercitivo non s’intende uno Stato di polizia inquisitoria ma solo affermare la difesa della verità contro l’errore e l’insolente ribellione degli uomini accecati dall’individualismo» (op.cit., p. 80). La Santa Sede ha prodotto vari documenti ed esortazioni a tal proposito, ma di giorno in giorno sono testimone della loro non applicazione, perché siamo di fronte a una vera epidemia, dinanzi alla quale non esiste altra soluzione che l’agire come indica il Vangelo: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna» (Mt. 5, 29-30). Noi seguitiamo invece a mettere nell’occhio il collirio alla camomilla, consolandoci con l’idea che la Chiesa «ha superato momenti anche peggiori». Cosa falsa, perché in epoche passate la Chiesa è stata attaccata dall’esterno da forze che potevano contare sull’appoggio di pochi o tanti traditori interni. Oggi invece è attaccata non solo dall’esterno, perché al suo interno produce il male che la divora, col rischio di mutarsi in una struttura di peccato che produce peccato. In quali epoche passate è accaduto qualcosa di simile? Neppure ai tempi di Giovanni XII, il ragazzo eletto Romano Pontefice nel 955 a 18 anni e morto in circostanze non proprio edificanti a 26.

Quali sono state le reazioni alla sua denuncia? Come hanno reagito i suoi confratelli?
All’apparenza totale indifferenza, affinché neppure un sospiro si spargesse tra le membra del Popolo di Dio. Sul piano privato diversi prelati mi hanno convocato, unanimi nell’affermare che avevo reso un bel servizio alla verità. Qualcuno è giunto a usare espressioni così lusinghiere da imbarazzarmi, forse a riprova che quando il Diavolo tenta di stuzzicarti nella vanità si veste sempre di Rosso Prada? Ottimo. In concreto però, questi solidali complimentatori, cosa hanno fatto per favorire la diffusione di un’opera da loro definita come «servizio alla Chiesa»? Niente. Sapendo che vivo sotto il tiro dei cecchini omosessualisti della potente mafia clerical gay, cosa hanno fatto per disarmarli, o per proteggermi? Niente. Essere ridotti a carne da macello per noi preti fa parte dei rischi del mestiere, è scritto nel carattere indelebile del sacerdozio che abbiamo ricevuto, perché siamo stati chiamati a divenire una sola cosa con l’Agnello Immolato, Cristo Salvatore. In fondo, conoscendo un po’ la vera essenza della teologia e la sua storia articolata, mi è noto che in venti secoli di vita e dopo numerosi concili celebrati, nell’intera storia della Chiesa esiste una sola decisione presa collegialmente all’unanimità, senza un dissenso, senza un voto contrario: «Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono» (Cf. Mt. 26, 54. Mc. 14, 50). In ogni caso io non sarò mai solo. Cristo è sempre con me, anzi: si affida alle mie mani per diventare corpo e sangue vivo, presenza visibile nella sua Chiesa e nutrimento per il Popolo di Dio. Posso non essere felice nella vita presente e in quella futura, posto che sono sacerdote di Cristo e che tale sarò in eterno?

Ringrazio il vostro quotidiano on line per il servizio informativo che state facendo su questo tema attraverso la rottura della cortina di silenzi e omertà che avvolgono questo dramma epidemico: Cristo ve ne renderà merito e poco a poco, la Chiesa, ne trarrà grandi benefici, dopo tante e lunghe sofferenze.

- Il nemico dentro di R. Cascioli
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Ariel Stefano Levi di Gualdo (19.08.1963) allievo del teologo gesuita Peter Gumpel è consacrato sacerdote a Roma dove attualmente vive. Svolge il ministero di confessore, predicatore e direttore spirituale. È autore di vari saggi pubblicati con la Casa Editrice Bonanno presso la quale dirige la collana teologica Fides Quaerens Intelletcum. Tra le sue principali opere: Erbe Amare, il secolo del sionismo (Bonanno, 2007), Nada te Turbe (A&B 2009), E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disobbedienza: analisi sulla Chiesa del terzo millennio (Bonanno, 2011). Altri suoi saggi sono in programma di pubblicazione per il corrente anno 2013 e per il 2014.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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