A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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COSA POSSIAMO LEGGERE OGGI? Suggerimenti per una santa lettura...

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2012 09:25
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05/03/2010 11:36
 
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Interessante l'argomento tratto dal Blog Vitae Fratrum che desidero condividervi, il collegamento di link è nel titolo:

12 libri

Ho letto recentemente un libro di Peter Dyckhoff sui modi di pregare di san Domenico. Arrivati all'ottavo modo, l'autore racconta che Johannes Bours, Karl Rahner e Johann Baptist Metz si incontravano frequentemente quando insegnavano a Muenster. Un giorno "si diedero reciprocamente il compito, per il loro successivo incontro, di citare dodici libri spirituali che fossero significativi per loro stessi e che, nel contempo, potessero essere considerati tra i più importanti della letteratura spirituale del cristianesimo."


Le 3 liste proposte contenevano pochissime differenze. I 3 teologi tentennavano nella scelta tra Taulero ed Eckhart, Teresa di Lisieux ed Ildergarda di Bingen e sulla Filotea di Francesco di Sales. Alla fine si decisero ed ecco i 12 libri, riportati in ordine cronologico secondo la data di pubblicazione:

1) Ignazio di Antiochia, Lettere.
2) Agostino, Confessioni.
3) Detti dei Padri del deserto.
4) Benedetto da Norcia, Regola dei monaci.
5) Meister Eckhart, Prediche.
6) L'imitazione di Cristo.
7) Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali.
8) Teresa d'Avila, Il castello interiore.
9) Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo; Notte oscura.
10) Blaise Pascal, Pensieri.
11) Filocalia, ammaestramenti dei Padri della Chiesa orientale sulla preghiera.
12) Teresa di Lisieux, Storia di un'anima.
Di questa lista io ho letto solo 3 libri: Agostino, l'Imitazione di Cristo e Teresa di Lisieux, tutti e 3 durante i miei 9 mesi a Nairobi, e forse non è un caso: è stato un periodo veramente di grazia. A Taizè provai a leggere Il castello interiore, ma con pochissimo successo: smisi quasi subito. Come spiegava Bours a Dyckhoff, ognuno di questi libri va letto a suo tempo.

In compenso ci sono altri libri, che forse non sono a livello dei "12", ma che comunque hanno aiutato molto il mio progresso spirituale. Penso, in particolare, ai Fioretti di san Francesco, che mi regalò la mia ottuagenaria catechista e in cui sta nascosto il segreto della
perfetta letizia. Ma penso anche ai diari di Thomas Merton, La montagna dalle 7 balze e Il segno di Giona. Il primo me lo regalò un mio caro amico su consiglio di suo padre, saggio e cattolico. Il secondo venne da sè, trovato per caso tra gli scaffali della Petite Morada, a Taizè. Entrambi sono state delle letture difficili, a tratti fastidiose (perchè Merton era un personaggio fastidioso), ma poi, a posteriori - quando ti succedono le stesse cose che sono successe a lui - pensi che è proprio come dice Merton, e che è normale e che è così che deve essere e che puoi andare avanti senza paura.

E chissà se i 4 lettori di questo blog sono d'accordo con la lista di 12 proposta dai 3 professori di Muenster e se ce ne sono altri che, un giorno o l'altro, bisogna assolutamente aver letto... Ogni commento è benvenuto!


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Le mie proposte:

Io personalmente sono una divoratrice degli scritti di Ratzinger...^__^ cominciai a leggerlo 11 anni fa e da allora non mi sono più fermata, credo che la lista la conosciate (spero!) ma qualcuno ve lo segnalo, le date indicano le ristampe, di fatto questi testi sono molto più "vecchi":

- Joseph Ratzinger "Il Dio della fede e il Dio dei filosofi", Marcianum 2007
- Joseph Ratzinger, "Il sale della terra: Cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo" – Un colloquio con Peter Seewald, Edizioni San Paolo 2005
- Democrazia nella Chiesa. Possibilità e limiti
un libro rieditato dallo stesso, oggi Pontefice, da uno studio congiunto che Ratzinger tenne all'Università di Ratisbona nel 1970, molto interessante per comprendere il concetto della Gerarchia nella Chiesa Cattolica e perchè la Chiesa non potrà mai essere democratica come si intende nelle politiche del mondo...

- Joseph Ratzinger, "Guardare Cristo". Esercizi di Fede, Speranza e Carità, Edizioni Jaca Book 2005
un testo nato nel 1986 dalla sua amicizia con don Giussani ;-)

- Guardare al crocifisso. Fondazione teologica di una cristologia spirituale
Lo ritengo UN CAPOLAVORO della spiritualità di Ratzinger nell'applicazione quotidiana della propria fede... un ottima riflessione soprattutto in Quaresima...


Interessante è anche di Angela Pellicciari: Risorgimento anticattolico, nel quale spiega il diffondersi dell'errato laicismo e le difficoltà della Chiesa nell'affrontarlo, ma anche la sua eroicità...di fronte alle tante menzogne costruite contro la Chiesa stessa...

Sempre di Ratzinger vi segnalo il "Perchè siamo ancora nella Chiesa Cattolica" una raccolta delle conferenze tenute sul tema in diverse occasioni dall'allora Ratzinger....Un testo avvincente che spiega le ragioni comprensibili di chi vorrebbe abbandonare la Chiesa di fronte ai suoi scandali o alle dottrine sull'etica e sulla morale oggi per molti inaccettabili, e l'invito invece a restare dentro la Chiesa sottolineando l'amicizia del Cristo con i "Suoi"...

Naturalmente divoro ogni tanto la rilettura sia delle Lettere di santa Caterina da Siena, quanto il suo Dialogo che potrebbe essere inserito nella lista dei 12 ^__^

Se poi volete un capolavoro MARIANO, vi suggerisco: "Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa" di Luigi Gambero Ed.paoline
E' davvero un capolavoro che ripercorre tutta la dottrina mariana con molti testi integrali, nella successione storica degli eventi dogmatici fino ai giorni nostri...

Un altro capolavoro proprio per la sua brevità (è un tascabile) ma nel quale troverete l'essenziale è: "Pietro ama e unisce" di don N. Bux e Adriano Arguti, dell'edizione domenicana ESD che spiega magnificamente la responsabilità del Pontefice nella Chiesa Universale...
Davvero indispensabile per saper dare delle ottime risposte ^__^

Due libri simpatici e veritieri, provocatori, sono:
- Antidoti di Rino Cammilleri e
- Cattivi Maestri di A.Gnocchi e M.Palmaro

Al momento sto meditando sulla raccolta delle omelie di Sant'Agostino per la Quaresima...una al giorno ^__^




E senza dimenticare che abbiamo ben due riferimenti ad una ricca boblioteca Cattolica:

una è questa con la raccolta di testi anche integrali: 



l'altra nella segnalazione dell'uscita di libri: La Biblioteca del Forum







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Interessante anche da Gabbianella1 da Famiglia Cattolica la sottoscrizione a testi impegnativi da leggere per la salute della nostra stessa ragione...


OTTIME SCELTE....ne ho alcuni da quella lista...davvero interessanti...

consiglio anch'io qualcosa che potrete scegliere qui, libreria cattolica:

fedecultura.com/default.aspx

tra la'ltro sono abbastanza economici rispetto ad altri...il che non guasta...

di questi ho preso letto e rimedito:




questo lo uso ogni giorno, utile per chi non conosce il latino perchè c'è l'italiano a fianco e c'è anche la Messa con il Canone in latino-italiano e c'è una breve guida per ogni preghiera con l'autore e l'Anno...



questo molto utile per comprendere gli errori di false interpretazioni dopo il Concilio..



e poi altri che troverete all'interno consiglio di cliccare su COLLANA SPIRITUALE....



Libri consigliati

E. CUNEO – D. DI SORCO – R. MAMELI, Introibo ad altare Dei, Fede & Cultura, Verona 2008, € 25

di Dante Pastorelli

La promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, che ha de jure ma non de facto liberalizzato l’uso del Rito Romano Antico, ha prodotto un considerevole aumento in Italia, come in tutto il mondo, del numero delle celebrazioni secondo il venerando messale di S. Pio V, e, giorno per giorno, si constata sempre più chiaramente la tendenza ad un ulteriore sviluppo di tali celebrazioni, nonostante l’ostinata resistenza di vescovi e preti ribelli all’autorità pontificia. S’è resa, così, necessaria, e per la nuova temperie in sé e per l’iniziativa richiesta di fedeli e di molti sacerdoti soprattutto delle nuove leve, una solerte edizione non solo di libri liturgici, Messali da altare e Messalini quotidiani e festivi, Breviari, spesso ristampe di “classici” insuperati, ma anche di altri sussidi che aiutino il popolo di Dio a partecipare alla S. Messa con devozione e in cosciente unione con l’alter Christus e di testi più impegnativi destinati alla formazione del clero che col rito tradizionale vorranno offrir il Santo Sacrificio.

Un compito difficile, questo, che si è in buona parte assunto la benemerita casa editrice Fede & Cultura di Verona che ha già al suo attivo diverse pubblicazioni di prestigio, nelle sue collane di saggistica e di spiritualità [...].
Ecco ora questo libro che porta come sottotitolo Il servizio all’altare nella Liturgia Romana tradizionale, e che si avvale di una lusinghiera prefazione del card. D. Castrillon Hoyos, il Porporato che tanto si è prodigato e si prodiga nel suo ruolo di Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” a seguir i problemi di non facile soluzione suscitati dal “Motu Proprio”, e d’una postfazione di don Konrad zu Lowenstein della Fraternità Sacerdotale S. Pietro.

Gli autori son giovani accomunati, oltre che da vincoli di amicizia e dall’amore per la liturgia tradizionale, dall’attitudine agli studi teologici e dall’esperienza, a livello anche professionistico, di musica e canto. [...]
...dico subito che si tratta di uno strumento di cui effettivamente si sentiva il bisogno, dato che il lungo esilio del Rito Romano Antico aveva steso la coltre dell’oblìo sulla liturgia tradizionale anche negli aspetti pratici più semplici, come il servir una messa letta, ruolo che, salvo lodevoli eccezioni di congregazioni religiose “tradizionaliste”, e associazioni e confraternite laicali, gruppi ben organizzati, solo i più anziani di solida memoria e dalle conoscenze rinfrescate son ancor oggi in grado di svolger con una certe cura nel rispetto delle rubriche.

Il fine che gli autori si son proposti, dunque, è proprio quello compilar un equilibrato “vademecum del ‘chierichetto tradizionale’” e di offrire “al cattolico di buona cultura che si accosti alla Liturgia un valido e sintetico lavoro introduttivo”.

[...] Eppure, si deve dar atto, e ben volentieri, che l’esito di tal compendio va molto al di là dello scopo da loro indicato in un eccesso di modestia riduzionista.

Il testo è corposo (oltre 270 pagine), denso, arricchito da un notevole e ben selezionato apparato di note e bibliografia, e colloca l’aspetto più minutamente prescrittivo del servizio all’altare, previsto per le varie cerimonie, in un rigoroso e documentato quadro storico-teologico-liturgico, sapientemente delineato ed articolato, che affronta e discute con vigile critica anche le questioni poste dal Magistero tradizionale e da quello più recente, in particolare di Pio XII, del Vaticano II letto alla luce dell’ermeneutica della continuità difesa dal Pontefice felicemente regnante.

Solo a scorrer i titoli dei capitoli si comprende come il discorso si ampli oltre i propositi iniziali ed apra interessanti ed invitanti finestre sulla vita esteriore ed interiore della Chiesa: dall’architettura e dalla struttura dei sacri edifici alla musica sacra ed al canto, dal conversi ad orientem ai libri liturgici in vigore nel 1962, dalla lingua “sacra” al ministero sacerdotale, agli ordini maggiori e minori, dalle caratteristiche rituali dei vari tipi di Messa al raffronto tra l’apparato rubricale del Vetus e del Novus Ordo ecc. Ciascun capitolo, insomma, serve a fornir ai ministranti quelle basi storiche, teologiche e liturgiche indispensabili per comprender appieno la profondità, anche nella loro mistica simbologia, dei gesti, delle preghiere, degli arredi, dei paramenti, sì che essi possano assicurar un servizio, sia alla messa letta che a quella cantata, competente e religiosamente rivissuto.

Il libro, pertanto, risulta non un semplice vademecum del “chierichetto” e neppure un repertorio introduttivo, per quanto consistente, sibbene un vero e proprio organico manuale liturgico di agevole lettura pur in un dettato sempre avvertito nella sua specificità, che però, per la sua levatura e complessità, più che ai chierichetti, per quanto di buona cultura, m’appare idoneo a maturi responsabili del servizio all’altare nelle chiese dove già si celebra il Rito di S. Pio V, a formatori già sufficientemente attrezzati o almeno non digiuni di dottrina e liturgia, i quali, come me, molto vi potranno apprendere, senz’altro molto più di quanto occorra per esser in grado d’istruir “chierichetti”. Inoltre, ritengo che destinatari appropriati siano pure i sacerdoti che si accostan per la prima volta al Rito Romano Antico ed i giovani seminaristi diocesani che, per volontà del Papa, dovrebbero (ed uso il condizionale di proposito) imparar a celebrar secondo quel rito, oltre ovviamente i fedeli che più a fondo voglion penetrar l’altezza teologica e le significazioni spirituali per una fruizione più consapevole della S. Messa nella sua genuina essenza di Lode alla SS.ma Trinità, di Sacrificio satisfattorio e propiziatorio, rinnovamento sacramentale della Passione e Morte del Redentore.

Un vivo ringraziamento, pertanto, all’editore ed ai giovani studiosi per questo dono che certamente verrà apprezzato nel suo giusto valore da chi della Chiesa si sente figlio devoto ed in essa è impegnato. Ed al ringraziamento unisco un fervido augurio di una meritata vasta diffusione.

Cfr. Una Voce dicentes, bollettino quadrimestrale della sezione fiorentina di “Una Voce” 1 (2009) 53-54.

 



[Modificato da Caterina63 07/08/2011 18:29]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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L’Aids non si ferma con il condom


di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 5 marzo 2010 (ZENIT.org).- “Il Papa ha ragione! L’Aids non si ferma con il condom”: è questo il titolo del saggio scritto da Cesare Davide Cavoni e Renzo Puccetti e pubblicato dall’editrice "Fede & Cultura".

Il libro ricostruisce in maniera precisa l'ennesimo caso di disinformazione che nel marzo del 2009, nel corso del suo primo viaggio in Africa, ha coinvolto il Pontefice Benedetto XVI. Al centro delle polemiche allora c'erano il condom e l'Aids.

Nella prima parte del volume viene ricostruita la cronaca di come e perché le parole del Papa sono state prima inascoltate e poi travisate; mentre nella seconda parte vengono riportati gli studi scientifici che attraverso i dati pubblicati nella letteratura medica internazionale mostrano che il profilattico non solo non è la soluzione dei mali del continente africano, ma addirittura che la distribuzione a pioggia di preservativi porta a condotte che aggravano ancora di più il problema.

Nella prefazione Francesco Agnoli sottolinea che il vero problema in Africa è culturale e cioè “la concezione dell’uomo e della donna” e che questa non si può risolvere con “una maggiore o minore disponibilità di caucciù”.

Si chiede Agnoli: possono bastare camionate di preservativi, con il loro indice, per quanto basso di fallibilità, a cambiare il modo di pensare di un continente? Serviranno a ridare alla donna e al rapporto coniugale la loro dignità e grandezza? Presentare il preservativo come la ricetta contro l’Aids non significa forse proporre una falsa sicurezza, che finisce alla lunga per determinare un aumento dei contagi?

Nel volume Cesare Cavoni scrive: “la Chiesa è da molto impegnata a far fronte all’emergenza generata dal sorgere del virus ma, nello stesso tempo, ha l’ardire di affermare che uno dei metodi da molti considerato ineludibile per impedire il contagio, è in realtà un mezzo non solo fallace ma addirittura peggiorativo della situazione”.

Mentre il dott. Renzo Puccetti spiega: “se davvero si è convinti che mediante la diffusione dei preservativi si possa efficacemente contrastare l’epidemia nel continente africano, allora paesi e istituzioni internazionali avrebbero il dovere di provvedere ad una massiccia intensificazione della quantità di condom donati all’Africa”.

Dagli studi di due ricercatori, James Shelton e Beverly Johnston, apparsi sulla rivista British Medical Journal nel 2001 risulta infatti che nel 1999, 724 milioni di preservativi, di cui oltre 500 milioni derivanti dalle donazioni estere, sono stati messi a disposizione dei paesi sub-africani, dove vivono i due terzi dei 33,2 milioni di persone colpite nel mondo dall’HIV.

È stato calcolato che tale cifra corrisponde ad una provvista annuale di 4,6 preservativi per ogni uomo che vive nella regione di età compresa tra i 15 e i 59 anni. Ipotizzando per ciascuno di essi un rapporto sessuale a settimana, è abbastanza facile comprendere come il numero di preservativi messi a disposizione sia del tutto insufficiente ad assicurare quel livello di protezione che il Papa avrebbe minacciato con le sue parole.

L’insufficienza della copertura della popolazione mediante preservativi è confermata dal rapporto tecnico finale di un gruppo di esperti che sotto l’egida dell’organizzazione inter-governativa Southern African Development Community si è riunita a Maseru, in Lesotho, dal 10 al 12 maggio 2006. Secondo tale rapporto il condom maschile è assicurato solamente al 19% della popolazione sub-sahariana.

L’inefficacia del profilattico è dimostrata da un rapporto pubblicato dalle autorità sanitarie del Distretto di Columbia in cui si scopre che nella capitale degli Stati Uniti, dove l’accesso ai preservativi è indiscutibilmente oltremodo ampio e senza interruzioni, la percentuale di adolescenti e adulti sieropositivi per l’HIV è pari al 3%, un livello nettamente superiore a quell’1% che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera la soglia oltre la quale si può parlare di epidemia.

La prevalenza individuata a Washington, seppure anche frutto di un miglioramento della rete diagnostica e delle possibilità terapeutiche, è paragonabile a quella dell’Uganda e di certe zone del Kenia, dove il numero di preservativi disponibili non è certo equivalente

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17/07/2010 18:07
 
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VOLETE DAVVERO LIBRI CATTOLICI, MOLTO CATTOLICI E NON TROPPO VOLUMINOSI?

CLICCATE QUI
LIBRI-CATTOLICI.it di Don Enzo Boninsegna (IMPERDIBILI!!)
E....un grazie a don Enzo Boninsegna




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16/05/2011 11:14
 
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Se invece per questa estate vorrete dedicarvi ad una più sana lettura, VI PROPONIAMO IL ROMANZO HABEMUS PAPAM....un titolo che probabilmente il Moretti ha invece "copiato" giacchè parliamo di un romanzo del 1978.....

Habemus Papam di FedeeCulturaCLICCA ANCHE QUI PER L'ACQUISTO




Nota breve
Romanzo thriller: un Papa coraggioso, una congiura interna alla Chiesa. La risposta cattolica all’omonimo film di Nanni Moretti che sminuisce la figura del nostro Papa.

L'Autore

Walter Martìn è lo pseudonimo di don Giuseppe Pace (1911-2000). Sacerdote salesiano, don Pace fu un fiero oppositore della deriva che investì la Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. Si rifiutò di accettare la rivoluzione liturgica e dottrinale imposta a partire da quegli anni e per questo venne emarginato e ridotto a celebrare la Santa Messa tradizionale in clandestinità.

Recensione

Un papa che non vuole assumere la carica… ma poi acceta e compie cose straordinarie... Un romanzo fatto di abile narrazione, di suspense, di sana teologia e di tanta buona dottrina cattolica. Per raccontare che cosa? L’eterna guerra che il Nemico muove contro la Chiesa, fino a portarla sulla soglia degli inferi senza riuscire a vincerla. Nulla di nuovo, perché questo è il motore della storia da duemila anni a questa parte. Ma c’è modo e modo di raccontarlo, e l’Autore di queste pagine è uno che sa farlo conquistando anche il lettore distratto. E, soprattutto, c’è modo e modo di esserne consapevoli, e l’Autore di queste pagine è uno che mostra di aver colto fin nelle sue pieghe più intime la crisi nella quale si dibatte la Chiesa. Habemus Papam è, insieme, una storia di grande coinvolgimento e un compendio inossidabile della fede cattolica che, in certi punti, pare quasi uno Iota unum messo in prosa.

http://www.habemuspapam.org/


se Moretti avesse usato questo libro per il suo di Habemus Papam, senza dubbio avrebbe reso un SERVIZIO agli amanti del cinema e dei romanzi D.O.C.


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[SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740721]


Il Papa: Vorrei fare una proposta: perché non scoprire alcuni libri della Bibbia, che normalmente non sono conosciuti? O di cui forse abbiamo ascoltato qualche brano durante la Liturgia, ma che non abbiamo mai letto per intero?


Pope Benedict XVI, flanked by his personal aide Rev. Georg Gaenswein, right, and Archbishop James Harvey, Prefect of the Papal Household, delivers his message during a general audience in the main square of Castelgandolfo, his summer residence in the hills overlooking Rome, Wednesday, Aug. 3, 2011.

L’UDIENZA GENERALE, 03.08.2011

Alle ore 10.30 di oggi, nella Piazza della Libertà antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’Udienza Generale del mercoledì.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa - nell’ambito del ciclo di catechesi sulla preghiera - ha invitato i fedeli a leggere, in questi mesi estivi, un libro della Bibbia. Quindi ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di pellegrini presenti.
L’Udienza si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Pope Benedict XVI waves after leading the weekly audience in Liberta's Square in front of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome, August 3, 2011.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle!

Sono molto lieto di vedervi qui in piazza in Castel Gandolfo e di riprendere le udienze interrotte nel mese di luglio.
Io vorrei continuare con il tema che abbiamo iniziato, cioè una "scuola di preghiera", e anche oggi, in un modo un po’ diverso, senza allontanarmi dal tema, accennare ad alcuni aspetti di carattere spirituale e concreto, che mi sembrano utili non solo per chi vive - in una parte del mondo - il periodo delle ferie estive, come noi, ma anche per tutti coloro che sono impegnati nel lavoro quotidiano.

Quando abbiamo un momento di pausa nelle nostre attività, in modo speciale durante le vacanze, spesso prendiamo in mano un libro, che desideriamo leggere. E’ proprio questo il primo aspetto, su cui oggi vorrei soffermarmi. Ognuno di noi ha bisogno di tempi e spazi di raccoglimento, di meditazione, di calma… Grazie a Dio che è così! Infatti, questa esigenza ci dice che non siamo fatti solo per lavorare, ma anche per pensare, riflettere, oppure semplicemente per seguire con la mente e con il cuore un racconto, una storia in cui immedesimarci, in un certo senso "perderci" per poi ritrovarci arricchiti.

Naturalmente molti di questi libri di lettura, che prendiamo in mano nelle vacanze, sono per lo più di evasione, e questo è normale. Tuttavia, varie persone, particolarmente se possono avere spazi di pausa e di relax più prolungati, si dedicano a leggere qualcosa di più impegnativo. Vorrei allora fare una proposta: perché non scoprire alcuni libri della Bibbia, che normalmente non sono conosciuti? O di cui forse abbiamo ascoltato qualche brano durante la Liturgia, ma che non abbiamo mai letto per intero? In effetti, molti cristiani non leggono mai la Bibbia, e hanno di essa una conoscenza molto limitata e superficiale.

La Bibbia – come dice il nome – è una raccolta di libri, una piccola "biblioteca", nata nel corso di un millennio. Alcuni di questi "libretti" che la compongono rimangono quasi sconosciuti alla maggior parte delle persone, anche buoni cristiani.

Alcuni sono molto brevi, come il Libro di Tobia, un racconto che contiene un senso molto alto della famiglia e del matrimonio; o il Libro di Ester, in cui la Regina ebrea, con la fede e la preghiera, salva il suo popolo dallo sterminio; o, ancora più breve, il Libro di Rut, una straniera che conosce Dio e sperimenta la sua provvidenza. Questi piccoli libri si possono leggere per intero in un’ora.

Più impegnativi, e autentici capolavori, sono il Libro di Giobbe, che affronta il grande problema del dolore innocente; il Qoèlet, che colpisce per la sconcertante modernità con cui mette in discussione il senso della vita e del mondo; il Cantico dei Cantici, stupendo poema simbolico dell’amore umano. Come vedete, questi sono tutti libri dell’Antico Testamento.

E il Nuovo? Certo, il Nuovo Testamento è più conosciuto, e i generi letterari sono meno diversificati. Però, la bellezza di leggere un Vangelo tutto di seguito è da scoprire, come pure raccomando gli Atti degli Apostoli, o una delle Lettere.

In conclusione, cari amici, oggi vorrei suggerire di tenere a portata di mano, durante il periodo estivo o nei momenti di pausa, la santa Bibbia, per gustarla in modo nuovo, leggendo di seguito alcuni suoi Libri, quelli meno conosciuti e anche quelli più noti, come i Vangeli, ma in una lettura continuata.

Così facendo i momenti di distensione possono diventare, oltre che arricchimento culturale, anche nutrimento dello spirito, capace di alimentare la conoscenza di Dio e il dialogo con Lui, la preghiera. E questa sembra essere una bella occupazione per le ferie: prendere un libro della Bibbia, così avere un po' di distensione e, nello stesso tempo, entrare nel grande spazio della Parola di Dio e approfondire il nostro contatto con l'Eterno, proprio come scopo del tempo libero che il Signore ci dà.

Pope Benedict XVI, flanked by his personal aide Rev. Georg Gaenswein, right, and Archbishop James Harvey, Prefect of the Papal Household, delivers his message during his general audience in the main square of Castelgandolfo, his summer residence in the hills overlooking Rome, Wednesday, Aug. 3, 2011.


SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

Chers pèlerins francophones, je suis heureux de vous accueillir ce matin! Je salue particulièrement la paroisse Saint-Joseph de l’Île de La Réunion et le groupe de Baillargues. En cette période de congés pour beaucoup d’entre vous, je vous invite à prendre le temps d’ouvrir votre Bible, et de lire à la suite l’un ou l’autre des livres qui la composent ! Vous pourrez ainsi nourrir votre esprit et votre culture et surtout développer votre connaissance de Dieu et votre relation avec lui dans la prière. Bon pèlerinage et bon séjour à tous!

I greet all the English-speaking visitors present today, including the groups from the United States of America and from the islands of the Caribbean and Mauritius. My special greeting goes to the young people from Australia and the Japanese pilgrims from Nagasaki. During these summer days, many of us find time to enjoy reading a good book. Today I would like to suggest reading through one of the many books of the Bible, as a way of appreciating the beauty of God’s word and thus growing in knowledge and love of him. May the Lord bless you and your families with wisdom, joy and peace!

Ganz herzlich heiße ich alle deutschsprachigen Gäste hier in Castel Gandolfo willkommen, besonders die große Zahl der Jugendlichen, die uns an ihrer Freude und Begeisterung teilhaben lassen. Die Urlaubszeit, die viele von uns jetzt genießen, ist wichtig, um neue Kraft zu schöpfen. Damit wir uns umfassend erholen, brauchen wir auch tiefere Kraftquellen, die wir im Gebet, beim Besuch einer Kirche, beim Lesen der Bibel oder eines religiösen Buches finden. So denke ich, daß vielleicht gerade die Ferien ein Anlaß sein könnten, einmal ein Buch der Bibel zu lesen und so dem Wort Gottes näherzukommen. Solche geistlichen Akzente bereichern den Urlaub und schaffen tiefe Erholung. Der Herr schenke euch allen das Licht seiner Gnade!

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Venezuela, Chile, Perú y otros países latinoamericanos. Invito a todos, en este tiempo para muchos de descanso, a escoger como lectura uno de los libros de la Biblia, descubriendo así, poco a poco, la inmensa riqueza de este tesoro que es la Palabra de Dios. Gracias por vuestra presencia y oración. Que el Señor vaya siempre con vosotros.

Queridos peregrinos de língua portuguesa sede bem-vindos! Saúdo de modo especial os portugueses vindos de Vidigueira e do Porto, bem como os brasileiros vindos de Fortaleza. Não deixeis de aproveitar os momentos de descanso para redescobrir na leitura da Bíblia um enriquecimento cultural e, sobretudo, um alimento para os vossos espíritos. Que Deus vos abençoe!

Pozdrawiam serdecznie przybyłych do Castel Gandolfo Polaków. Szczególnie witam Siostry Elżbietanki, które w Rzymie uczestniczą w seminarium odnowy duchowej. Życzę, by czas wakacji był dla wszystkich dobrą okazją do lektury Biblii, poznania głębi i piękna Jej ksiąg. Niech ich rozważanie będzie dla was ożywczym pokarmem duchowym, inspiracją do modlitwy i dialogu z Bogiem. Z serca wam błogosławię i życzę dobrych wakacji.
[Saluto cordialmente i Polacchi venuti a Castel Gandolfo. In modo particolare saluto le Suore di Santa Elisabetta che partecipano al seminario di rinnovamento spirituale che si svolge a Roma. Per tutti auspico che il tempo delle vacanze sia occasione per la lettura della Bibbia, per la conoscenza della profondità e bellezza dei suoi libri. La meditazione di essi sia per voi vivificante cibo spirituale, l’ispirazione della preghiera e del dialogo con Dio. Vi benedico di cuore e vi auguro buone vacanze.]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Suore Maestre di Santa Dorotea, alle Francescane Missionarie del Sacro Cuore e alle Orsoline di San Carlo a Sant’Ambrogio, che stanno celebrando in questi giorni i rispettivi Capitoli Generali. Saluto i fedeli di Cenate S. Leone, che ricordano il IV anniversario di fondazione della loro parrocchia e il numeroso gruppo di pellegrini di Ampollosa. Per tutti assicuro la mia preghiera, perché, sostenuti dalla Grazia divina ciascuno possa impegnarsi con rinnovato slancio apostolico nell'opera della nuova evangelizzazione.
Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari amici, la luce di Cristo illumini sempre la vostra vita e la renda feconda di bene.

Grazie per la vostra attenzione. Buona giornata.

Pope Benedict XVI waves as he arrives to lead the weekly audience in Liberta's Square in front of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome, August 3, 2011.




 [SM=g1740722]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/08/2011 12:54
 
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Il libro di A. Borghese.

Tramite il Blog di Raffaella che ringraziamo come sempre Alessandra Borghese ci spiega il senso del suo libro, Alfonso Piscitelli




L'ultimo libro di Alessandra Borghese è dedicata allo "stile", a quell'aura che avvolge l'istituzione più antica dell'Occidente e che ha il suo centro in Roma, sul colle Vaticano. Perché evidentemente la religione è anche questione di stile, come sanno da secoli artisti, musicisti, cultori del bello, che nella Chiesa Cattolica hanno trovato il più munifico dei mecenati. Il libro di Alessandra Borghese, nasce capitolo dopo capitolo, sulle colonne di Style Magazine, il mensile del Corriere della Sera ed ora viene pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana.

All'autrice abbiamo chiesto di tratteggiare lo stile peculiare di Benedetto XVI.

«È sempre difficile parlare dello stile di un Pontefice - ci risponde la principessa Borghese - potrebbe sembrare un argomento futile, accessorio. Chiaramente, la sostanza di un Pontificato è ben altra e nel caso di papa Ratzinger siamo di fronte a un pensiero teologico di eccezionale elevatezza. D'altro canto, Benedetto XVI ha un suo stile immediatamente riconoscibile: è uno stile gioioso e nello stesso tempo leggero, felpato. Benedetto XVI non lo senti arrivare ed è qui…».

È uno stile un po' "felino".

E infatti il Papa è amante dei gatti. Lo stile di Ratzinger è anche profondamente bavarese: è dalla cultura della Mitteleuropa cattolica che gli deriva l'amore per la musica, come strumento privilegiato per lodare Dio e cantare la sua magnificenza. Vi è poi nel suo carattere una attenzione a simboli, che non possono essere considerati dettagli: Ratzinger ha voluto rinnovare gli antichi splendori del cerimoniale, ha rimesso il crocifisso sull'altare centrale, ha recuperato paramenti che erano caduti in disuso e tutto questo non può essere considerato un vezzo estetico. Valorizzare la bellezza della liturgia è per Benedetto XVI il modo per testimoniare la vitalità della tradizione storica della spiritualità cattolica.

C'è stata un po' di ironia sulla sua ricercatezza estetica…

Ben venga l'ironia, e del resto Ratzinger è stato attaccato in modi peggiori. Già prima della sua elezione veniva chiamato il Panzerkardinal... A me personalmente piace e mi piace molto il suo impegno nel rinnovare la bellezza della liturgia. Benedetto XVI non vuole che si applauda durante le messe, a conclusione delle sue omelie. Vuole che in chiesa regnino la concentrazione e il silenzio.

Però ci sono tante messe con i canti che imitano i Pooh…

In una chiesa addirittura ho sentito echeggiare le note di Gianna Nannini, grande cantante, ma poco consona al contesto sacro. In casi come questo la responsabilità è del singolo prete…Purtroppo, non è solo qualche prete isolato. Questa tendenza liturgica un po' "casual" col passare degli anni si è diffusa e, con l'intenzione di avvicinare il cristianesimo ai giovani, ha finito col distruggere la bellezza del Trascendente.L'intenzione era appunto buona: rendere più accessibile la religione. Però questo risultato non lo si raggiunge certo abbassando la qualità o spettacolarizzando il rito.Colpisce poi l'irruzione dell'orrido moderno nell'architettura sacra.

Ha suscitato non poche perplessità tra i fedeli anche il mausoleo di Padre Pio costruito da Renzo Piano. Renzo Piano è un grande architetto italiano, rinomato in tutte il mondo.

Le cito però un aneddoto. Quando Piano stava progettando la chiesa andò in Vaticano a spiegare la sua idea dicendo: io voglio creare una chiesa per l'uomo che deve raccogliersi in sé, per l'uomo che deve trovare sé stesso. Qualcuno molto in alto in Vaticano gli rispose: veramente, architetto, noi cattolici andiamo in Chiesa per trovare Dio!In ambito ortodosso, prima di disegnare un'icona, il pittore - che non è una star dell'arte moderna, ma un devoto e a volte anche un mistico - si immerge in un lungo periodo di ascesi e meditazione…

Altro esempio che suscita perplessità: Richard Meier, grandissimo architetto, famoso per il nuovo rivestimento dell'Ara Pacis, ha realizzato una chiesa nella periferia di Roma. La chiesa non manca di fascino, ma è priva di tabernacolo; evidentemente la sua concezione religiosa, che non concepisce l'Incarnazione di Cristo, gli faceva apparire superflua la presenza di un tabernacolo in Chiesa…

Per fortuna ci sono le oasi di bellezza e di spiritualità: nel suo libro lei accennava ai monasteri benedettini, che oggi tornano a essere punto di riferimento per molti.Per anni, tanti uomini di cultura europei andavano lontano, ad esempio in India, per sperimentare momenti di meditazione: dimenticavano che vicino a noi ci sono i monasteri benedettini o cistercensi, che trasmettono in forma vivente la grande tradizionale spirituale dell'Europa cristiana.

Vi sono poi luoghi della fede come Lourdes che attraggono milioni di pellegrini, ma vengono considerati con una punta di snobismo da certi "cattolici adulti" come espressioni di una devozione popolare ingenua.

Lei sta parlando con una che è hospitalier a Lourdes e che ha fatto giuramento di servire i malati che si recano al santuario. Considero la devozione popolare come qualcosa di molto importante, perché consente alla fede di esprimersi pubblicamente. A Lourdes vanno peraltro molti mussulmani, induisti, buddhisti. Negli ultimi tempi è divenuta punto di incontro tra i cattolici e quegli anglicani che avvertono forte il richiamo della devozione mariana. La devozione mariana è anche un grande terreno comune tra cattolici ed ortodossi.Certo, e se c'è qualcuno che riuscirà a riavvicinare cattolicesimo e mondo ortodosso questo può essere Benedetto.

Perché?

Innanzitutto perché è molto amico dell'attuale patriarca di Mosca Kirill. Tra loro due c'è grande stima teologica. Ha una certa importanza anche l'origine nazionale: questo Papa non è polacco, ma è tedesco. Quindi vengono meno preclusioni che risalivano al periodo della dominazione sovietica e anche a periodi precedenti della storia slava. Ma il dato più importante è la comprensione profonda che Benedetto XVI ha della spiritualità dei fratelli ortodossi. Ci sono tutti i presupposti per un grande riavvicinamento.E se si riavvicinano i fratelli ortodossi la vedo brutta per le chiese senza tabernacolo e le messe in stile finto-pooh…

 Il Secolo d'Italia, 30 luglio 2011



Fraternamente CaterinaLD

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06/08/2011 22:46
 
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VIVA LA SPOSA!


"Sottomettersi" al marito e fare figli, secondo il precetto di san Paolo. Le istruzioni di Costanza Miriano, piene di spirito e buonsenso

Di Camillo Langone


Sottomettersi al marito e fare figli, secondo il precetto di san Paolo.
Le istruzioni di Costanza Miriano, piene di spirito e buonsenso, sfidano le sciarpe bianche (le femministe)

E’bellissima e bravissima ed è una moglie sottomessa e ha scritto un libro per convincere altre mogli a sottomettersi,per la gioia di mogli e mariti e figli e l’armonia del mondo intero. “Sposati e sii sottomessa” (Vallecchi) non è un volgare
pamphlet provocatorio ma un quaderno di istruzioni serio nel contenuto quanto spiritoso nella forma, opera di una donna che io chiamo Miss Umbria da quanto è splendida e da quanto è nata a Perugia, madre di quattro figli quattro e incredibilmente giornalista del Tg3, la mosca bianca, l’unica papista dell’intera redazione di Bianca Berlinguer. Costanza, che nome meraviglioso, è il cacio sui maccheroni in questi tempi di guerra dei sessi, ripicche e sciarpe bianche. E’ un dono che Dio ci manda per ricondurci sulla retta via e sebbene pensi che gli italiani non siano capaci nemmeno di scartarlo, un regalo del genere, la intervisto perché dovere e ammirazione me lo impongono.


“Distribuire consigli, attività massimamente gratificante”, scrivi. Mi sembra di capire che il libro sia scaturito dalla tua attività di consigliera sentimentale, o sbaglio?


Dare consigli piace a tutte le donne (per verificarlo basta entrare con un pancione,
o un neonato, in una stanza popolata da femmine: tutte sentiranno il dovere di regalare una perla di saggezza all’incauta). Le donne, per abitudine, per pigrizia (è più facile tenere un ruolo fisso) fanno le educatrici a tempo pieno. Una vocazione che può essere devastante se esercitata su esseri umani che hanno superato l’adolescenza. Mio marito, le rare volte in cui non esce dalla stanza mentre gli parlo, sostiene conversazioni con me, ormai ha imparato, utilizzando una zona molto superficiale del cervello. Ogni tanto dice “Ah” oppure “Sì, mia cara, hai ragione“. A volte ci prende anche, lo dice persino a proposito. Detto questo, qualche volta può anche capitare di prenderci, a dare i consigli. E’ un fatto statistico. E questo libro è nato dalle lettere accorate che scrivevo davvero a una mia carissima amica, per convincerla a sposarsi. Alla fine ce l’ho fatta, conquistando l’ambito trofeo di testimone della sposa.

“La mia risposta a qualsiasi problema è una a scelta tra le seguenti: ha ragione lui;
sposalo; fate un figlio; obbediscigli; fate un altro figlio; trasferisciti nella sua città; perdonalo; cerca di capirlo; e infine fate un figlio”.
Non vorrei fare una domanda per non spezzare l’incanto di queste frasi sublimi ma
devo: a parte l’amica che si è sposata, le altre ti danno retta?


Ovviamente no. Devo avere pochissimo carisma, non convinco quasi mai nessuno.
Eppure credo che le donne avrebbero tutto da guadagnare nel recuperare il loro
ruolo, la loro vocazione all’accoglienza (quello che Wojtyla chiamava il genio femminile). Noi donne siamo fatte per questo, per accogliere la vita innanzitutto; lo dice la nostra conformazione fisica, siamo fatte per fare spazio tra le viscere, e quella mentale: solo noi possiamo fare sei o sette cose insieme. Chi di noi non si è mai mossa a pietà per quel poveraccio che si ritrova accanto, il quale, lucidissimo nell’analizzare la strategia politica statunitense in medio oriente, si intreccia se deve prepararsi un tè e insieme rispondere a una domanda elaborata e complessa come “Che ore sono?”. “Non vedi che sto facendo una cosa?” risponderà sinceramente indignato per l’indelicatezza della consorte, la quale nel frattempo allatta, parla al telefono, assaggia il minestrone e ascolta l’elenco delle province della Lombardia. Non è che gli uomini siano meno bravi, è che sanno fare cose diverse.


Ma insomma, perché sposarsi nel 2011? Sembra che tutti la considerino una praticadesueta.Mi chiederei piuttosto come sia pensabile non sposarsi, se si vuole costruire qualcosa che superi la nostra incostanza, la nostra emotività. Io chiaramente penso al matrimonio cristiano, dove gli sposi sono tre, lui, lei e Dio. Solo così è pensabile provare a reggere per tutta la vita, perché uno ha un aiuto super, la grazia (noi peccatori senza quella siamo fritti, magari i buoni possono anche sposarsi in municipio). L’idea comune dell’amore è tutto uno scintillio dibatticuore, un svolazzo di emozioni rosa, un fru fru di occhiate e messaggini. Ma l’amore ha poco a che fare con questo e molto di più con una scelta volontaria e una decisione intelligente. E definitiva.E perché fare figli? Per una donna sono davvero la medicina di tutti i mali?Sul tema tenderei ad avere un’idea ancora più obsoleta delle precedenti. Uno i figli non è che li programma più di tanto. E’ vero, la maternità e la paternità devonoessere responsabili, è intelligente e prudente fare i conti con le proprie forze, mala coppia deve anche essere aperta alla vita. Non è che tutto si può programmare,tanto quella del controllo è un’illusione. Non controlliamo niente, veramente. Equindi i figli non sono un diritto, e non sono neanche una medicina per la donna,per carità, che egoismo. I figli sono un dono. Quando arrivano, la famiglia si attrezza e fa fronte alla nuova realtà. Magari se ne arriva qualcuno in più si rinuncia a qualcosa di materiale, e si impara anche a tenere un po’ l’ordine, in base al sano principio educativo “Noi siamo più grossi di voi e questa è casa nostra”

.A me, che pure sono a favore del quoziente familiare, i bambini fanno senso come fanno senso gli animali, a cui somigliano moltissimo.Io sono un caso patologico mentre gli altri uomini non vedono l’ora di riceveresimili regali?Certo, nei primi mesi, quando il bambino è tutto poppate e pannolini, e allarga qualche sorriso bavoso per lo più a caso, credo che attaccarsi a lui sia più immediato per le mamme. Non per niente si parla di istinto materno, che ha anche una base ormonale, checché ne dicano alcune femministe. E’ quella forza potentissima che ti permette di saltare ore di sonno e pasti e ancora trovare la forza di sorridere ad altri due o tre figli che ti vogliono raccontare un episodio di “Star Wars” o coinvolgere nella scelta del dress code per la Barbie. Quella forza animale che ti permette di stare sveglia tutta la notte dopo una zuccata più forte delle altre, perché la pediatra ti dice di svegliarlo ogni tanto per vedere se reagisce, e tu venderesti la casa in cambio di tre ore di sonno, ma non appoggerai la testa neanche morta. Ecco, questo tipo di amore viscerale secondo me è più materno.

Bene, quindi non sono un malato, sono
semplicemente un uomo.I padri amano diversamente, ed è meraviglioso che sia così. I padri sono la guida,mantengono la lucidità, sono autorevoli. Non si angosciano se non è necessario.Montano i giochi e spiegano la storia dell’antica Roma. Danno sicurezza al figlio,con la loro forza e l’essere punti fermi. Mettono le regole. Un giorno, quando sarà il momento di stare in panchina e lasciare andare i ragazzi nel mondo, sarà il padre a dare il coraggio di partire per l’avventura. Io i miei figli li vorrei tutti sotto la mia gonna, e sono certa che sarò una suocera insopportabile. I figli hanno bisogno di entrambi i tipi di amore, per la loro crescita equilibrata. L’amore di un uomo e l’amore di una donna. Diversi e insostituibili e mai in nessun modo intercambiabili.Ti rileggo il passaggio cruciale: “Dovrai imparare a essere sottomessa, come dice san Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la basedella vostra famiglia. Tu sarai le fondamenta. Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. E’ chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri”.

Non temi che qualche sciarpa bianca (le femministe) ti aspetti sotto casa per strangolarti?
Al contrario! Non credo che ci sia un complimento migliore da fare a una donna.Cosa c’è di più difficile da fare che sostenere, aiutare, sorreggere? Quando tu hai bisogno di aiuto lo chiedi a chi è più debole o a chi è più forte di te? Io a chi è più forte. E infatti il racconto della creazione mi mette ogni volta un gran senso di orgoglio. La donna è un aiuto, simile all’uomo, dice la Genesi. Non una schiava, ma un aiuto. Chi aiuta è più robusto, più grande. E se una si offende è perché è accecata dall’ideologia. Il tuo titolo è ricavato dalla Bibbia. Chi come noi considera Antico e Nuovo Testamento non vecchi libri bensì la viva voce di Dio che ci parla oggi, viene detto esaltato, e combattuto oppure compatito. Io ne soffro, e tu?Dico la verità, non mi interessa proprio niente dell’incomprensione. Anzi, non ciavevo mai pensato. Per fortuna noi cristiani europei non veniamo davvero perseguitaticome in gran parte del mondo islamico, e in Asia. Lì sì che si soffre. A me invecedispiace per i non cristiani: non ho mai conosciuto una persona profondamente feliceche non fosse cristiana. La vera sfida per noi cattolici è spiegare che, come dice Chesterton, “non c’è niente di più eccitante dell’ortodossia”. Superare la contrapposizione peccato/divertimento versus virtù/noia. La vulgata del mondo vuole invece che i limiti morali che la fede impone tarpino le ali, impediscano di vivere felici e autodeterminati. Io mi vedo intorno un sacco di persone che vivono completamente autodeterminate e completamente, o almeno moderatamente, infelici. Il peccato etimologicamente viene da una radice che significa “sbagliare mira”. E’ un colpo sbagliato, è fare cilecca.

Questa etimologia mi mancava.
Aiuta a capire che non si tratta di limiti morali, ma riguarda ciò che davvero fail nostro vero bene. Con la testa capiamo che quello che la fede ci invita a fare inqualche modo ci conviene, ci custodisce davvero felici. Non c’è nessuna fregaturadietro. Noi cattolici sappiamo di avere bisogno di Dio perché ammettiamo che l’uomoè una creatura misteriosa, un impasto inscindibile di peccato e carne e sublime.Ogni volta che tendo a sentirmi molto buona mi ricordo di quello che dice il mio padre spirituale: le persone si dividono tra quelle cattive e quelle che riescono a nascondersi bene. Per questo, perché sa che siamo così, la chiesa non permette niente ma perdona tutto, mentre il mondo permette tutto ma non ti perdona niente(neanche questa è mia).Davvero fra lavoro fuori casa e lavoro a casa puoi dormire quattro ore per notte? A me non ne bastano otto. Le donne hanno un fisicosuperiore o di superiore hanno la forza di volontà?

Usciamo per favore dalla logica del superiore e dell’inferiore. A parte che io nonfaccio testo, sono una maratoneta, ma non mi stanco mai di dire che siamo solo diversi. E’ vero, forse noi abbiamo una maggiore resistenza al dolore, anche perché abbiamo il compito di partorire (non è il massimo far passare un pollo arrosto da unanarice, come si dice) ma in tante altre cose siamo incapaci. Io sono in grado di perdermi pressoché ovunque, e se devo programmare un decoder mi butto dalla finestra.Mio marito se deve andare a parlare con la maestra sviluppa un improvviso e sinceroattacco di mal di testa. Lui si entusiasma come un ragazzino di fronte a un documentario sullo sfondamento della Slesia nel ’39, io che pure a scuola ci sarei anche andata, non riesco ancora a ricordarmi chi ha vinto la Seconda guerra mondiale, anzi non me lo dire che mi rovini la sorpresa, prima o poi la studiero con qualche figlio.Sbaglio o ti sei definita maratoneta? Spiega a un accidioso qual sono come sia possibile avere quattro figli e un lavoro all’altrocapo della citta e andare a messa tutti i giorni e correre.La messa e un’esigenza esistenziale, basta avere una mappa delle chiese dellacitta, gli orari e una disciplina da generale Patton. Se una cosa ti piace il modo difarla lo trovi. La passione per la maratona (correre per 42 chilometri e 195 metri senza alcun motivo apparente) non si puo spiegare con le parole.

Proviamoci lo stesso.
Credo che sia al limite della patologia. Un limite superato ampiamente quando andavo a correre in piena notte perche lavoravo al Tg dell’alba, o con i piedi fasciati,insanguinati dai troppi “lunghi” (in gergo, le corse piu lunghe di due ore), o anche con i pancioni fino all’ultimo giorno di gravidanza (non seguite il mio esempio, adesso che sono una saggia signora di quarant’anni non lo rifarei mai). Di certo nei giorni in cui corro ho molte piu energie per tutto il resto. In piu credo che per una sposa curare anche un po’ l’aspetto fisico sia un dovere. Certo da quando ho quattro figli non faccio piu gare ne gli allenamenti di un tempo. Però ogni giorno provo a incastrare qualche chilometro. Ma la cosa che faccio piu spesso, poiche il senso di colpa e la cifra esistenziale della madre lavoratrice e non mi sognerei mai di lasciare i bambini con la tata per il mio piacere, e correre a tarda sera in casa sul tapis roulant. Ah, dimenticavo, ho un dignitoso personale di 3 ore e 15, che conterei di migliorare quando i figli saranno cresciuti. Taglia tutto quello che vuoi, di questa intervista, ma non il mio tempo!
Non mi permetterei mai.

Passando ad altro, come valuti il fatto che un uomo (ad esempio Berlusconi) venga giudicato da un collegio di sole donne? Secondo me sono episodi che fanno crollare numero e motilita degli spermatozoi a intere generazioni di maschi.
Come giornalista del servizio pubblico io non dovrei prendere pubblicamente posizione politica, anche se molti non rispettano la consegna. E poi non vorrei scendere nell’agone politico, voglio parlare a tutte.Capisco il problema e riformulo la domanda. A pagina 39 leggo le seguenti melodiose parole: “Quando lo devi criticare fallo con rispetto,e senza umiliarlo, se proprio sei sicura che la critica sia indispensabile. Se puoiaspettare domattina e meglio”. E’ un consiglio che ritieni valido solo nell’ambito privato o anche in quello pubblico?Purtroppo nel dibattito pubblico non e questo lo stile prevalente, eppure porterebbeun gran bene. Ti immagini se una, nel mezzo di un talk show urlato, dicesse, come dovrebbe dire a suo marito: “Guarda, non lo so, forse hai ragione tu. Al momentonon mi sembra. Pero, poiche ti stimo sinceramente, provo a rifletterci”? Che succederebbe? Qualcuno sverrebbe per lo sgomento, forse. Gli ascolti crollerebbero, forse. Ma il tasso di civilta si alzerebbe nettamente.

Di “Sposati e sii sottomessa” condivido ogni virgola. Rimango perplesso solo di fronte all’incrollabile ottimismo, l’idea che cattolicesimoe buonumore siano quasi sinonimi.Forse le mamme non sanno che Satana e il principe di questo mondo? Che Satana sia il principe lo vediamo tutti. Non si puo negare, e anzi la Madonna a Medjugorje ha detto che in questi anni e slegato dalle catene, come aveva previsto per esempio Anna Caterina Emmerick. Ma “ianua inferi non praevalebunt”! Non ti fidi di Gesu che l’ha detto a Pietro? Io, si, mi fido, senno non avrei fatto quattro figli. Se l’obiettivo e la vita eterna si puo stare serenamente abbandonati. Se l’Onnipotente decide di farsi uomo e di morire per noi, per amore nostro, di che ti preoccupi?

A me questa notizia mette un irresistibile buonumore.
E’ come vedere una commedia americana con Cary Grant. Anche quando le cose sembrano mettersi male lo sai, ne sei certa, che in qualche modo finiranno bene.

© Copyright Il Foglio


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28/01/2012 00:16
 
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[SM=g1740717] Cari Amici, dopo avervi offerto i primi due racconti:
www.gloria.tv/?media=247422 desideriamo farvi conoscere una storia speciale anche per noi, come la Beata Vergine Maria diventò Patrona e Regina dell'Ordine Domenicano e come da san Domenico il fatto è stato tramandato a noi oggi.

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

Vi ricordiamo che il 28 gennaio è la Festa di san Tommaso d'Aquino, un grande Santo domenicano e Dottore della Chiesa...
cantore dell'Eucaristia, teologo insuperabile...
Diciamo un Rosario ricordando anche la sua potente intercessione, specialmente per i giovani.
www.gloria.tv/?media=249760



[SM=g1740738]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]


[SM=g1740733]Rosarium n.1 Anno 2012 Movimento Domenicano del Rosario

In questo Numero:
Meditazioni sulla preghiera del santo Rosario pag.3
L’Anno della Fede per essere “pasta nuova”
in Cristo nostra Pasqua pag.8
La Pasqua ebraica come premessa
della Pasqua cristiana pag.12
Catechismo per tutti: il Tabernacolo pag.18
Rubriche: Testimonianze pag. 24;
Pagina della riconoscenza pag. 30;
Nuovi iscritti pag. 31
Usare bene internet pag.22

Ultima pagina di copertina: i nostri Pellegrinaggi, ultime iscrizioni entro 31 marzo
lo puoi scaricare in pdf qui:
www.gloria.tv/?media=262770




Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

Ti aspettiamo!!

Vi ricordiamo Rosarium, l'inserto per i Bambini:
www.gloria.tv/?media=262760




[SM=g1740738]
[Modificato da Caterina63 29/02/2012 18:02]
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24/05/2012 09:43
 
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Amici.... è uscito con l'Edizione segni uno dei primi mieii libretti in collaborazione con mio cugino Carlo  se l'argomento vi interessa e vorrete fare opere di bene, aiutateci a distribuire questa buona stampa  il tascabile è davvero... piccolo, ma grande per il contenuto assolutamente MAGISTERIALE, l'argomento è trattato infatti solo CON MATERIALE ECCLESIALE... nulla entrerà nelle nostre tasche  il ricavato servirà per supportare altra buona stampa in campo magisteriale e se di avanzo in opere di bene.... e per non attribuirmi alcun merito il nome scelto per la firma è quello che molti di voi conoscono LDCaterina63, in onore della mia Maestra e Patrona, Dottore della Chiesa.

per andare direttamente alla pagina del tascabile cliccate qui  Il ritorno di Cristo




IN TUTTE LE LIBRERIE IL TASCABILE "IL RITORNO DI CRISTO", DI LDCATERINA63 E CARLO DI PIETRO

 

 

 

 

 

L'escatologia degli "ultimi tempi" o del "ritorno di Cristo" ha, da sempre, affascinato la discussione nella Chiesa che, in ogni secolo, ha  tentato di interpretare e dare voce alle profezie contenute nella Sacre Scritture, così come anche alle profezie di Santi e Mistici seppure, queste, non hanno mai vincolato la Chiesa, né obbligato i fedeli, a ritenerle come dottrine. D'altra parte, la promessa stessa di Gesù Cristo, del Suo imminente ritorno, ha sempre sollecitato i Cristiani e le sue comunità, a quell'essere "vigili e attenti per farsi trovare pronti". Nel corso dei secoli c'è sempre stato chi, tuttavia, ha fatto di questa escatologia una sorta di profezia apocalittica dove, per apocalisse, non si intende più la vera gioia di Gesù che ritorna glorioso e vincitore, Giudice e Consolatore dei giusti come è davvero riportato nella autentica Apocalisse di san Giovanni, ma piuttosto una specie di fine del mondo con date alternate che sempre hanno fallito nelle loro profezie. 

 

Senza dubbio che il ritorno del Cristo deve metterci nel cuore un atteggiamento di sacro timor di Dio, ma non dobbiamo fare di questa apocalisse l'ennesimo film di fantascienza hollywoodiana o della becera superstizione.

 

Questo libretto non ha alcuna pretesa se non di rendere un servizio a quanti, con cuore puro e fede sincera, oggi si domandano se davvero i "segni dei tempi" raccontati nelle Scritture sono i nostri tempi, e fin dove possiamo spingerci nell'uso delle profezie e come comportarci.

 

Il testo non esaurisce l'argomento, ma offre molti spunti di riflessione a riguardo soprattutto del nostro essere cristiani, interrogarci se davvero, alla domanda del Signore "ma il Figlio dell'uomo quando verrà sulla terra, troverà ancora la fede nell'uomo?" possiamo rispondere affermativamente. E ricordarci sempre che se anche il tempo che viviamo non è forse questo "ultimo" tempo, per noi che lo viviamo, deve esserlo per preparaci al nostro personale passaggio da questo mondo all'altro, e confidare nella bontà del Signore senza dover rincorrere immagini false del Cristo.

 

Il piccolo ed economico testo offre una visione equilibrata della fine del mondo, dell'arrivo dell'anticristo e dei "segni dei tempi"; nulla di profetico o di catastrofico, ma solo una corretta esegesi della Scrittura, circa l'argomento "FINE DEL MONDO".

 

Il ritorno di Cristo
Carlo Di Pietro - LDCaterina63

 

Brossura tascabile
EAN 9788861385290
ISBN 978-88-6138-529-0

 

Euro 5
Edizioni Segno, Tavagnacco (UD)

 

Maggiori info:

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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IMPOSTURE ANTICRISTICHE

L'Anticristo secondo Benson

All’inizio del Novecento Robert Benson, nel suo romanzo Il padrone del mondo, aveva previsto il venir meno della fede cristiana non a causa di una cruenta persecuzione ma attraverso una crisi interna della Chiesa segnata dall’Umanitarismo. Secondo questa nuova ideologia la carità sarebbe stata sostituita dalla filantropia e la fede sarebbe stata spodestata dalla cultura.

di CLAUDIO SINISCALCHICl
(da "Libero" del 20/03/2007)

Robert Benson - Il padrone del mondo
Robert Hugh Benson, con Il padrone del mondo, ci porta in una realtà nella quale l’uomo ha raggiunto gli estremi confini del progresso materiale e intellettuale, dove tutto è meccanizzato e programmato per un unico grande progetto: il trionfo dell’Umanitarismo.

Cosa poteva pensare uno scrittore cattolico inglese, all'alba del XX secolo, del futuro che sarebbe toccato alla Chiesa di Roma? Il nuovo secolo era iniziato come il vecchio era finito. L'Europa rimaneva il centro del mondo e specchiava la propria supremazia nel progresso, nelle arti, nel divertimento, nel primato economico. La modernità, inarrestabile, garantiva lussi, ricchezze, viaggi, scoperte, e una pace duratura. Per rintracciare l'ultima vera guerra sul suolo europeo bisognava tornare indietro al 1870. Altri scontri non se ne vedevano all'orizzonte. La Belle Epoque, insomma, poteva prosperare tranquilla. In questo clima quanti rischi poteva correre la Chiesa?

Eppure non tutti i cattolici erano sereni. Robert Hugh Benson, figlio dell'arcivescovo di Canterbury, convertitosi al cattolicesimo, pubblicò nel 1907 un romanzo di fantascienza destinato ad avere grandissimo successo; Lord of the World (Il padrone del mondo, edito in Italia per la prima volta nel 1921, è stato ripubblicato da Jaca Book nel 1987, oggi alla sedicesima ristampa).


La decadenza dell'Occidente

Benson vedeva serie minacce addensarsi sul futuro della Chiesa. Nel suo romanzo così descrive il XX secolo. Il Partito del Lavoro, salito al potere nel 1927, aveva dato inizio ad un regime comunista, predicando un materialismo e un socialismo spinti alle estreme conseguenze. Fine ultimo della nuova ideologia era la felicità data dalla soddisfazione dei sensi. Per la Chiesa questo clima aveva schiuso una nuova stagione di persecuzioni. Indebolito al suo interno dalla diffusione del modernismo, il cattolicesimo vedeva diminuire paurosamente la sua influenza. E la psicologia aveva contribuito non poco nella lotta al cristianesimo. L'esoterismo camminava alacremente e favoriva la diffusione di un nuovo culto: l'umanitarismo. Cadute chiese e cattedrali si era imposta la religione del cuore. Non era più Dio il centro di riferimento dell'esistenza, ma l'umanità.

Benson struttura il suo romanzo in tre blocchi. Il primo gli serve per descrivere la decadenza del cristianesimo, relegato ormai ai margini e agonizzante. Nel secondo blocco prende forma l'accentuarsi dello scontro tra cristianesimo e modernità, Benson si serve di alcuni personaggi per sviluppare l'intreccio narrativo. L'influente deputato inglese Oliviero Brand, e sua moglie Mabel. I due, una mite coppia colta e tranquilla, avevano contratto matrimonio a scadenza. Oliviero vede nel cristianesimo una religione barbara e sciocca, pur se era stata la religione della vecchia madre (alla quale in fin di vita viene somministrata, come da regola, l'eutanasia). Oliviero è impegnato in primissimo piano, come politico, a fronteggiare il pericolo distruttivo che incombe su tutta l'umanità: lo scontro dell'Occidente con l'Oriente. A questo punto entra in scena un personaggio affascinante, misterioso e onnipotente: Giuliano Felsemburgh, 33 anni, capelli bianchi. Abilissimo nell'arte della diplomazia, Felsemburgh salva l'umanità, scivolata nel baratro della guerra iniminente. Non ci saranno più lotte, violenze. Non scorrerà più sangue. Felsenburg, per acclamazione, viene eletto Presidente d'Europa. È il nuovo messia, agli occhi del mondo, come lo era stato venti secolo prirna Gesù di Nazareth. Il Salvatore del mondo parla di una «grande fratellanza universale» che necessita dell'istituzione di un nuovo culto: Io «spirito del mondo». Per il futuro non ci sarà più bisogno di rivolgersi a un Dio che resta nascosto, ma all'uomo, poiché egli ha finalmente appreso la propria divinità. Il soprannaturale è dunque morto, ammesso che sia mai esistito. Anche in politica la distinzione tra destra sinistra e centro non ha più senso. L'umanità deve soltanto affidarsi al suo profeta.


La battaglia e la caduta finale

Benson, nel terzo e conclusivo blocco, contrappone a Giuliano Felsemburgh un acuto sacerdote, Percy Franklin, anche egli di 33 anni e bianco di capelli. Padre Franklin diffida dell'uomo in grado di parlare perfettamente quindici lingue. Ai suoi occhi è il chiaro segno del Maligno, e capisce che il suo avvento segnerà per la Chiesa ulteriori lutti, ostruzioni e il rischio della caduta finale.

La vecchia fede cattolica chiedeva di abbracciare il dolore; la nuova, imposta per legge da Felsemburgh, chiede invece di allontanarlo, di eliminarlo. Ma è una illusione. La pace universale garantita e il dolore espunto non sono per i cattolici. Contro di loro cominciano persecuzioni terribili, sino alla distruzione della città di Roma, rasa al suolo da un bombardamento. Franklin, di un cattolicesimo stremato, diverrà pastore. E da papa dovrà scontrarsi con l'antipapa. È l'Armaghedòn. Le legioni di quanto rimasto della Chiesa contro quelle del diavolo. Nella battagìia finale.


Lo scontro con i totalitarismi

Il vento del pericolo modernista d'inizio Novecento soffia sulle pagine di Benson. Egli lancia all'albeggiare del suo secolo uno sguardo profetico. Per la fede cattolica e per l'umanità. Cristo è in procinto di essere cacciato dall'Europa; in sua sostituzione sono già pronti molti falsi profeti. La nuova religione della modernità è la religione del benessere. Un anestetico capace di rassicurare e non di guarire. Dio ormai è ridotto ad un contenuto della coscienza umana.

Vede molto lontano Benson. Mette a fuoco, uno dopo l'altro, tutti i tasselli delle fasi della secolarizzazione. Prima politica; poi, esaurito lo scontro con il totalitarismo come ideologia dei male, individualista, con l'affermazione del Dio-uomo e con la dolce rivoluzione di consumismo e relativismo. Benson in Il padrone del mondo costruisce un'anti-utopia cattolica di grande efficacia narrativa, ricorrendo all'impianto apocalittico. Ma la sua non è da intendersi come una visione pessimistico-apocalittica. In realtà L'Apocalisse di Giovanni è un libro affascinante, la cui interpretazione da secoli è questione controversa. Non vi viene annunciata, come molti erroneamente ritengono, la fine del mondo. Bensì viene tratteggiato un affresco teologico teso ad indicare il fine della storia (non la fine della storia), cioè il senso trascendente della vicenda umana. Benson intendeva parlare agli uomini del suo tempo, e metterli in guardia da un pericolo grave: l'imposizione di una cultura anti-cristiana. Lo scrittore cattolico ha una lucidissima intuizione nel denunciare come l'Occidente, nel corso del Novecento, farà registrare una profonda trasformazione culturale, tese a rimpiazzare l'antropologia e la cosmologia cristiana con l'umanitarismo. Un pericolo per nulla svanito. Anzi, oggi più forte che mai.

 

L'AUTORE

Robert Hugh Benson
Robert Hugh Benson

Robert Hugh Benson (1871-1914) è una figura straordinaria. Cattolico convertito dall'anglicanesimo, era il quarto figlio dell'arcivescovo anglicano di Canterbury. Animato da un sincero zelo per Dio cercò nella comunione anglicana una vita religiosa che potesse appagare il suo desiderio di compiere la volontà di Dio. Entrò nella Comunità della Risurrezione e fu ordinato sacerdote anglicano nel 1901. Ma continuando nei suoi studi era insoddisfatto della posizione dottrinale della comunione anglicana e maturò la decisione di abbracciare la fede cattolica. Fu ordinato sacerdote cattolico nel 1904.

Nel 1907 scrisse lo straordinario romanzo Lord of the World (Il Padrone del Mondo). È un libro incredibilmente attuale perchè descrive il mondo di oggi, con le sue realtà e le sue inquietanti ipotesi. Leggere oggi Il Padrone del Mondo fa venire i brividi: comunicazioni istantanee in tutto il mondo, autostrade a quattro corsie, trasporti aerei e sotterranei, luce solare artificiale, eutanasia legalizzata e assistita, un Parlamento europeo, attentati a catena con kamikaze, il crollo del colosso russo, la minaccia (sventata) di una guerra mondiale con scontri tra America, Russia e Cina, un papa di nome Giovanni dopo cinque secoli, la crisi delle religioni, sotto l'avanzare di una nuova religione universale stile New Age, preti che lasciano il ministero, laici consacrati che agiscono nel mondo senza divise o distintivi. Tutto questo è descritto nel romanzo.

Il romanzo si rivela estremamente profetico per i tempi attuali. Che cosa infatti si chiede ai cattolici se non la riduzione del cristianesimo ad una semplice morale separata da ogni metafisica e da ogni teologia, capace di raggiungere l’universalità e fondare una società giusta? La fede, insomma, rischia di dividere, mentre l’amore, associato a una scienza valida per tutti, unisce. Tale ideologia, ricordata come tesi massonica essenziale anche in questo libro e che fu già luogo comune dei professori di filosofia morale del tardo Ottocento, ritorna oggi come straordinariamente attuale. E ancora una volta viene riaffermata la celebre distinzione tra cattolici tradizionalisti e progressisti.

 

IL TESTO INTEGRALE

Robert Hugh Benson:
"lL PADRONE DEL MONDO"
(traduzione di Corrado Raspini, ed. 1921)

[Download 1,2 Mb]

Questo romanzo profetico, che un protestante inglese convertitosi al cattolicesimo scrisse per glorificare la Chiesa e la civiltà di Roma, non è, come potrebbe parere al lettore superficiale, un romanzo politico. È, invece, un romanzo religioso; un libro di apologetica, tra i tanti, che Roberto Ugo Benson compose in difesa e per esaltazione del cattolicesimo romano.
I richiami a una situazione politica mondiale, il quadro degli avvenimenti sociali non hanno nessun riferimento a una particolare teoria politica professata dal Benson, il quale fu e rimane nella sua letteratura un apologeta e un mistico.
Il misterioso protagonista di questo romanzo, il capo dei popoli finalmente pacificati e definitivamente traviati, dominatore delle potenze umane, l'uomo dal trasparente nome di Giuliano Felsenburgh incarna lo spirito del mondo ed è perciò l'Anticristo. Al di sopra di ogni teoria politica e di ogni dottrina sociale, egli trionfa nel secolo, perché sarà lo sconfitto per tutta l'eternità. Il partito ha il nome generico di «umanitarismo». E a guardar bene, non si tratta neppure di un partito. Felsenburgh, lo spirito del mondo, domina, e signoreggia tutto ciò che è di questo mondo. Egli potrebbe dire: «Il mio regno è di questo mondo». Ecco, perché a lui s’inchina tutto ciò che al mondo appartiene.
Soltanto i seguaci di Colui che affermò il contrario, dicendo che il suo regno non era di questo mondo, non si piegano alla sua potenza. E sono pochi, anzi pochissimi: un pugno di uomini stretti attorno all'ultimo Papa. Essi sembrano gli sconfitti, i superstiti di una società morente, mentre lo spirito del mondo finalmente trova sotto la direzione dell'Anticristo, la sua pace e la sua salute.
Se non che, proprio nel momento del suo apparente trionfo, il mondo passa. La pienezza del mondo coincide con la sua morte. Con una espressione volgare, si potrebbe dire che il mondo crepa di salute. Il faustiano attimo fuggente segna la fine della creazione. Unico, mentre il mondo passa, il superstite Vicario di Cristo, con la Chiesa militante ridotta a pochi membri, ma perfetta e immortale, entra nella gloria e nella vita che non declina.



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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l’altra meta’ di messori: rosanna

 

L’apologetica “incarnata” di “Donna Rosanna”

 

Rosanna Brichetti Messori

 

 

 

Appena messo piede nella casa di Desenzano del Garda…normale che l’argomento fosse… Vittorio Messori e che, sull’argomento, Rosanna fosse preparatissima. Tuttavia, lei non lo “approfondì” solo per fornirmi del materiale o per descrivermi i tratti salienti della “committenza”. Nel piccolo soggiorno, tappezzato dalle copertine delle edizioni italiane ed estere dei libri dello scrittore cattolico, parlarono l’uno dell’altra. E capii che, in fondo, la prima “descrizione” di Vittorio aveva il significato di una sua introduzione ad una vita di cui Rosanna è la protagonista principale.

 

 

 

di Sebastiano Mallia su papalepapale.com

 

Rare volte, ti capita di leggere un libro – per di più, un saggio – e avere la chiara sensazione di sentire parlare l’autore, come se si fosse davvero materializzato davanti a te.

Rare volte, insomma, un libro – un saggio – è pure un vero e proprio incontro con chi lo ha scritto: con ciò che pensa, con ciò in cui crede. Anche con quello stesso “qualcuno” che hai avuto però l’occasione di conoscere ed apprezzare di persona: con quello che hai intuito del suo modo di essere.

E’ quanto accaduto a me leggendo Fede. Un incontro non una teoria, l’ultima fatica letteraria di Rosanna Brichetti Messori, uscita nel maggio scorso per i tipi della Sugarco edizioni. Un’appassionata e caleidoscopica traccia di una singolare “apologetica fatta di carne” che esprime appieno la personalità della sua autrice e non solo quello in cui crede.

Uno scritto per il quale titolo non fu mai tanto azzeccato: non certo perché dà subito l’idea di ciò che ti aspetta, ma perché è proprio un incontro anche quello che stai per fare.

Per me, una strana – e piacevole – “rimpatriata”.

 

NEL SOGGIORNO CON DONNA ROSANNA: CALORE, SIMPATIA MA POCHE “CHIACCHIERE”

Rosanna. (Per gentile concessione del sito www.vittoriomessori.it)

La prima volta che andai a trovare Vittorio Messori, ormai undici anni fa, Rosanna fu uno dei primi “argomenti” di cui mi parlò, appena sbarcato a Verona, quasi volesse “prepararmi”. I due concetti principali per descriverla furono la sua “solarità” e la sua “preparazione” (Rosanna Brichetti è laureata in giurisprudenza e teologia).

Appena messo piede nella casa di Desenzano del Garda, la sua spontaneità la rese subito protagonista della nostra prima chiacchierata.

Ero salito dalla Sicilia su fino al Garda, per impostare il sito web da dedicargli [sito ufficiale www.vittoriomessori.it noto anche come “Et-Et”]: normale, dunque, che l’argomento fosse… Vittorio Messori e che, sull’argomento, Rosanna fosse preparatissima.

Tuttavia, lei non lo “approfondì” solo per fornirmi del materiale o per descrivermi i tratti salienti della “committenza”. Nel piccolo soggiorno, tappezzato dalle copertine delle edizioni italiane ed estere dei libri dello scrittore cattolico, parlarono l’uno dell’altra. E capii che, in fondo, la prima “descrizione” di Vittorio aveva il significato di una sua introduzione ad una vita di cui Rosanna è la protagonista principale.

Ne nacque un affascinante siparietto, con lei a lasciare trapelare qualcosa del privato, del carattere del suo Méssori (come lo chiama con complicità) e lui, con un sorriso benevolo, ma anche malinconicamente rassegnato, a cercare di porre un torinese “freno”, a suon di battute e sospiri, ad un profluvio (ma non indiscreto) di informazioni sul suo conto.

Una scena deliziosa, ripetutasi talvolta nei nostri incontri, questa dell’antiretorico Messori e della sua estroversa consorte, pronta ad accoglierti e ad introdurti nel loro mondo.

 

UNA VITA INTERA SEGNATA DA MESSORI. CONTROVERSA, MA SEMPRE IN OBBEDIENZA ALLA CHIESA

Vittorio e Rosanna, a ritirare un importante premio in Spagna

Rosanna Brichetti è lei stessa, insomma, una sorta di libro aperto, dal quale traspare la serenità di una fede salda ma, al contempo, sorridente. A dispetto di vicissitudini non proprio semplici.

Perchè, sposatisi solo nel 1996, Vittorio Messori e Rosanna Brichetti si conoscono da una vita intera, accomunati non solo da un sentimento coltivato, crogiolato negli anni, ma soprattutto dalla forte passione per Cristo, per la fede cattolica, alla quale sono approdati in modi radicalmente diversi. Una passione che li accomuna da subito in un legame che investe anche l’intelletto e lo spirito.

Nell’intervista che Stefano Lorenzetto riuscì a realizzare nel 2007 – quanto di più personale sia stato pubblicato su di loro come coppia – è riportato un racconto del processo, durato circa vent’anni, di dichiarazione della nullità del primo matrimonio di Messori.

Nella loro storia, per tornare a stare assieme, hanno dovuto tener conto di un vincolo che entrambi rispettavano profondamente. Ne andava della loro stessa fede.

E, in questa loro vicenda, c’è molto di quello in cui essi credono – la Chiesa, il suo potere di legare e di sciogliere su questa terra – e dell’intensità e la convinzione con la quale credono.

 

LA FEDE: UN PERCORSO INCARNATO

Insomma, quando parla di fede “non come una teoria”, Rosanna Brichetti sa bene a cosa si riferisce.

E, così, il paradigma-chiave di questa sua ultima fatica (la prima è Credere per vivere del 2007 sempre per Sugarco edizioni) è il percorso dei discepoli di Emmaus: dalla delusione, dalla constatazione di quello che può apparire – a viste solo umane – l’attuale “fallimento” della fede in una società prevalentemente secolarizzata ed agnostica.

Si tratta, per l’autrice, di fare assieme un percorso non prima di aver incontrato, ancora una volta, il Risorto che si cela e che solo il risveglio del cuore ci aiuta a riconoscere. E così la fede viene spiegata passo passo anche in molti degli aspetti problematici nel nostro tempo, come nella pagine semplici e convincenti che affrontano il tema della molteplicità delle religioni e il significato che ha tutto questo, in una prospettiva cattolica.

Il tutto con una preparazione teologica e filosofica non comune, come nelle pagine dedicate dall’astrologia, e con una conoscenza profonda della storia, soprattutto quella della Chiesa e delle sue dinamiche.

 

CONTROBATTE AL PREPARATISSIMO CONSORTE, MA SI ARRENDE PER AMORE

Una preparazione che, ovviamente, non sorprende chi conosce l’autrice.

Capitò, anni fa, a Mantova, di ritrovarci a pranzo con loro assieme a mia moglie.

Prima d’incontrarci, Vittorio aveva fatto un acquisto dei suoi: una pergamena che riportava un’antica mappa di non so quale contado che aveva a che vedere – per quel che ricordo – con gli Sforza e con i territori del Mantovano. In attesa dei tortelli di zucca appena ordinati, Messori srotolò la pergamena e la stese sul tavolo, iniziando a parlarmi di quello che riportava e degli accordi e cessioni che erano serviti per tracciare, sul territorio, quegli antichi confini.

Rosanna – che aveva ascoltato tutto, nonostante si stesse intrattenendo con mia moglie – si avvicinò e, un po’ perplessa per quanto il marito mi stava raccontando, volle precisare qualcosa. Assistetti alla scena piuttosto imbarazzato: certo, dalla mia ignoranza totale sugli Sforza e i loro “contadi” (o come diavolo si chiamassero), ma anche dal filo di tensione che si formò nell’aria. Vittorio “controprecisò” e Rosanna “si arrese”: ma restò la certezza che, a quel tavolo, almeno due persone sapessero troppo bene di cosa stessero discutendo, alludendo a quella mappa…

 

NEL SUO LIBRO, LA FEDE SI NUTRE DI VITA VISSUTA

La casa dei Messori a Desenzano del Garda (per gentile concessione di www.vittoriomessori.it)

E’, in fondo, la conferma di quanto troviamo nel capitolo sull’amore di coppia di questo Fede. Un incontro non una teoria: in effetti, nasce da un confronto in cui qualcosa di noi è destinato a morire, come per il chicco di grano, la grande libertà che dà a ciascuno l’essere “una carne sola” con l’altro.

E, siccome Rosanna non si sofferma sulle teorie se non può confermarle con vicende di vita vissuta, ecco che le pagine dedicate alla vita di coppia sono precedute da tre esempi di donne molto vicine ad entrambi. Particolarmente toccanti sono le pagine dedicate dall’autrice alla cognata Laura, moglie di Mauro, il fratello minore di Vittorio, morta per un tumore nel 2007; così come ad altre donne il comune denominatore è l’essersi dedicate al matrimonio ed alla famiglia. L’essersi lasciate coinvolgere nelle esistenze dei loro uomini, averle fatte proprie, come in realtà è accaduto proprio per i coniugi Messori.

 

DUE ITINERARI DIVERSI MA UN UNICO MODO DI VIVERE LA FEDE

Vittorio Messori col cardinale Ratzinger a Bressanone, ai tempi di "Rapporto sulla fede". Che all'autore costò persino minacce di morte ad opera di "democratici, pacifisti e non violenti" sedicenti spiritati dal Concilio, che andavano anche sotto il nome di "cattocomunisti". L'autore dovette riparare, per un certo periodo, in una località sconosciuta, per questioni di sicurezza, appunto.

Rosanna e Vittorio, nel quotidiano dei loro impegni, vanno molto spesso l’una ai momenti pubblici dell’altro e viceversa, trovando il modo anche di sostituirsi.

Ma vanno molto anche da soli, cercando di rispettare gli eventi ai quali sono invitati.

Rosanna, collaboratrice del Timone sin dalla sua fondazione, con una rubrica – per continuità e costanza – non meno stabile rispetto ai Vivai del marito, viene spesso invitata da chi l’apprezza per i suoi libri ed i suoi interventi.

Vanno da soli, come si intuisce da questo bellissimo libro, per inseguire i loro rispettivi percorsi. Quello di Vittorio, lo sappiamo, è fatto principalmente di sedentarietà – fra libri da leggere o da scrivere – ma non è meno passionale, al punto di spingerlo a lunghi viaggi per controllare un nome o una data.

Quello di Rosanna è, soprattutto, un itinerario di volti da incontrare. Capitava spesso, infatti, in alcune discussioni, che lei se ne uscisse con l’accenno a quel sacerdote o quell’altra persona impegnata, a conferma di quanto Vittorio diceva su alcuni aspetti della vita della Chiesa e della fede.

Molto del cattolicesimo di Messori riposa nella consapevolezza del valore e del significato dell’Incarnazione: che non sia solo una teoria, un po’ più “calda” delle altre, lo troviamo confermato da quanto porta, ad entrambi, il modo di vivere la fede e la “missione”, l’apologetica della moglie che – affettuosamente, certo, ma anche con l’uso di un tono che vuole conferirle una riconosciuta nobiltà – Vittorio spesso chiama “Donna Rosanna”.

 

UN SANTUARIO DA CUSTODIRE CON INTELLIGENZA

Messori fra i suoi attrezzi di lavoro: i libri.

Credo che, in fondo, se Vittorio, con gli anni, si è aperto per parlare un po’ di sé – al punto di dare alle stampe quel Perchè credo in cui è riportata la vicenda della sua conversione – è per il discreto ed amorevole lavoro di diffusione del Messori-uomo, fatto da Rosanna.

Capiamoci, però: non siamo certo di fronte ad uno spiattellamento ingenuo o, peggio, interessato di una moglie devotissima.

Tanto per rimanere al fatto scatenante della conversione, dopo anni di lavoro sul sito (“Et Et”) e di fiducia dello scrittore, guadagnata un po’ indegnamente, mi azzardai tempo fa, alla prima festa del Timone, a chiedere a Rosanna almeno uno spunto in proposito. Non ne uscì nulla, se non una gentile conferma di quel poco che avevo intuito dalla lettura dei suoi libri.

Fedeltà, certo, oltre che discrezione: il santuario di ciascuno ha sempre una sola chiave, da usare con parsimonia.

 

APOLOGETICA DI CARNE E… DI COPPIA

Molti altri spunti, di vita vissuta, di persone incontrate, di esperienze forti, si trovano in questo Fede. Un incontro non una teoria. Inclusi quelli presi dalla vita di una coppia molto particolare, che ha messo al centro di un itinerario di vita prima che intellettuale, la passione di confermare e convincere secondo ragione il prossimo nella fede cattolica e romana.

Un itinerario con il quale Donna Rosanna – non solo con le belle pagine di questo libro – ha disegnato i confini di una “apologetica fatta di carne”, non meno efficace rispetto a quella del suo famoso marito.




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CULTURA

Satana in Vaticano.

12/06/2012

Il Papa, svegliato da un incubo, scende da solo nel buio della basilica Qualcuno lo sta aspettando. Ecco l’ultimo short thriller d’oltretevere

E’ notte inoltrata quando Benedetto XVI si sveglia di soprassalto. Un incubo è venuto a turbargli il sonno. C’era Emmanuel Milingo, il vescovo esorcista scomunicato nel 2009 per aver ordinato dei vescovi senza mandato pontificio. Lo guardava pacioso ripetendogli il proprio cavallo di battaglia: “Paolo VI disse che il fumo di Satana è entrato nella chiesa, ma nessuno ha mai detto che sia uscito”.

Scivola fuori dal grande letto ottocentesco, la testata di legno intarsiato, che già fu del suo predecessore. Accende quella lampada a braccio moderna e parecchio squallida che, chissà perché, non ha mai voluto gli venisse cambiata e guarda per qualche istante innanzi a sé, nel vuoto. Ma non trova pace. Pensa: “E se avesse ragione Milingo?”.

Sa bene, Joseph Ratzinger, che il diavolo è infingardo. Usa delle paure dell’uomo per guadagnare terreno, alimentare il dubbio fino a far traballare spirito e psiche. “Non devo farmi suggestionare”, pensa. E un po’ di sollievo lo pervade quando gli occhi si posano su quel libro che la sera prima aveva letto tutto d’un fiato: “Hostage to the Devil”, i racconti di cinque possessioni diaboliche messe in pagina negli anni Settanta dal gesuita Martin Malachi. E intuisce che, davvero, deve essersi lasciato suggestionare. “Il diavolo esiste – pensa – ma perché dovrebbe esserci lui dietro tutta questa vicenda del corvo?”. E poi “se è vero che il corvo per il suo gracchiare cras-cras (domani-domani) è foriero di morte, è anche vero che nel primo libro dei Re è lui a prendersi amorevolmente cura del profeta Elia”. Pensieri vorticosi, in una notte tra giorni di Vatileaks. E ancora: “Lo sapevo che non dovevo leggerlo questo benedetto Malachi. Devo dirlo al cardinale Joachim Meisner, la prossima volta che viene a trovarmi: ‘Basta suggerirmi letture spaventevoli’”.

Si rimette a letto. Cerca di riprendere sonno ma non vi riesce. Deve accendere un’altra volta la luce. Qualcosa lo spinge ad aprire quel libro. Lo sa bene: quando sente l’impulso di aprire un libro c’è sempre lo zampino di Dio. Per questo motivo, una volta salito al soglio di Pietro, ha chiesto a Ingrid Stampa, la sua fedele collaboratrice domestica di quando da cardinale prefetto dell’ex Sant’Uffizio abitava in piazza della Città Leonina, di organizzare il trasloco di tutti i suoi volumi. Dovevano essere portati tutti, nessuno escluso, nel suo nuovo appartamento. Aveva e ha un rapporto viscerale coi libri. Come fossero suoi figli. Parla con loro. Li ascolta. Si lascia indicare i sentieri da percorrere. E sa che in alcuni momenti particolari è Dio a usare di questi libri per comunicare con lui. Egli non deve fare altro che aprire a caso il volume che lo spirito gli suggerisce. E, quindi, leggere. E lasciarsi condurre. Così fece il 19 aprile del 2005, di sera, poche ore dopo l’elezione. Aprì la Bibbia cercando conforto. Lesse Isaia 43 e pianse di gioia: “Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare”.
Apre una pagina a caso. Il cardinale Meisner ha sottolineato a matita uno scambio di battute.

“Nel nome di Cristo vattene!” intima l’esorcista a uno dei suoi posseduti.
“Non me vado, prete! Non lo sai? Io sono ovunque. Anche nella tua chiesa, anche in Vaticano, anche dentro la basilica di San Pietro! Non ci credi? Vieni a vedere. Vieni a prendermi se hai coraggio!”.

Legge e rilegge. E capisce che deve agire. Deve andare a vedere. Deve scendere ora, nel buio della notte, nella grande basilica. Qualcosa, o qualcuno, lo sta aspettando. Del resto sono giorni che ci pensa: questa vicenda del corvo deve pur finire. Tanto vale chiudere i conti alla svelta. Sia Satana o chi per esso a manovrare il tutto, è il momento di fare luce.

Ma non ha fretta. La notte è lunga. Le quattro memores domini che gli sbrigano le faccende di casa e i suoi due segretari particolari, il tedesco don Georg e il maltese don Alfred, dormiranno ancora per diverse ore negli appartamenti ricavati nelle soffitte sopra la sua testa. C’è ancora un po’ di tempo, dunque, per guadagnare energie, e per lasciare che la mente torni per qualche istante agli anni che furono.

A quando, giovane seminarista a Frisinga, era ospite dell’Herzogliches Georgianum, il grande seminario interdiocesano dove confluivano tutti i candidati al sacerdozio della Baviera. S’iscrisse a un corso pomeridiano di teologia spirituale. Ricorda vagamente di aver assistito a una o due lezioni condotte da un esorcista italiano. Ma non ricorda nulla del loro contenuto. E rimpiange di non aver mai approfondito l’argomento.

Ha sempre creduto all’esistenza di Satana, ma si è anche sempre dichiarato ignorante in merito agli esorcismi. Allo studio della teologia spirituale ha preferito Agostino, la ricerca della verità che coincide con la ricerca di Dio. La ragione che s’intreccia con la fede. Il naturale che s’interseca col soprannaturale. Per far posto ad Agostino ha abbandonato i grandi mistici, quelli del rapporto totale e folle con Dio a prescindere da ogni logica. Un rapporto fatto anche di tante battaglie combattute a digiuno e preghiera contro l’antagonista, il grande nemico, Satana. Colui che egli non ha mai combattuto vis-à-vis.

Ha letto, nei libri di padre Gabriele Amorth, l’anziano esorcista della diocesi di Roma, che il suo predecessore era solito fare esorcismi. E si è domandato più volte se anche lui non dovesse dare il proprio contributo alla causa. Ma ha sempre pensato che ognuno ha la sua storia e le sue sensibilità. Ha letto che Satana, sotto esorcismo, ha parlato più volte di lui: “Il pontificato di Benedetto XVI è tutto un potente esorcismo”, ha gridato durante una violenta possessione a padre Amorth. Ma non si è mai soffermato troppo su queste parole.

Anzi, quando gli hanno spiegato che nel suo ultimo libro Amorth racconta che nel 2009, in piazza San Pietro, una sua benedizione fatta da lontano a due posseduti ha provocato un pandemonio – i due indemoniati sono volati tre, quattro metri indietro, urlando e sbavando di rabbia – ha minimizzato e in tutta risposta ha chiesto al portavoce vaticano padre Federico Lombardi di dichiarare: “Al Papa non risulta”.

Indossa non senza fatica l’abito talare bianco che ha chiesto gli venisse leggermente accorciato sulle caviglie dopo che, salendo i gradini dell’altare durante una visita all’Aquila, inciampò davanti a tutti, e le scarpe rosse che la sartoria Gammarelli gli ha confezionato su misura con cura e dedizione. Cammina a piccoli passi sulle maioliche quattrocentesche del suo appartamento. Percorre il piccolo corridoio che porta in sala da pranzo. E’ qui che ogni mattina l’ex maggiordomo Paolo Gabriele gli faceva trovare i quotidiani perché potesse vederne le prime pagine. Tutti tranne l’Osservatore Romano. Il quotidiano del Vaticano esce il pomeriggio e si dice Benedetto XVI ami sfogliarlo velocemente la sera, prima di ritirarsi.

Oltre lo studio personale, quello con la finestra più guardata del mondo – da qui, da questa finestra ogni domenica a mezzogiorno in punto il Papa si affaccia per recitare con i fedeli riuniti in piazza San Pietro la preghiera dell’Angelus – c’è l’ampio corridoio che, fuori dall’appartamento, porta al suo ascensore privato.

Esce e una guardia svizzera, incredula, si mette sull’attenti. Benedetto XVI passa oltre senza dire nulla, concentrato soltanto su quelle parole lette nel libro di Malachi: “Vieni a prendermi se hai coraggio!”.

Ricorda i giorni del conclave. Il giudizio universale di Michelangelo vegliare sui cardinali intenti nelle votazioni. Quante volte ha guardato in basso a destra, verso la raffigurazione dell’inferno. Gli angeli picchiano coi pugni i reprobi, mentre i demoni li trascinano verso l’abisso in ogni modo. E ancora, isolato a sinistra, quel gruppo con un dannato seduto che si copre il volto, mentre i diavoli lo trascinano in basso. Emblema della disperazione, un serpente mostruoso lo morde, simbolo del rimorso, e un perfido demone gli stringe le gambe, col corpo colorato di blu e rosso. Satana è rappresentato in diverse forme d’animale. Pensava a quelle figure quando chiese al popolo riunito in piazza appena dopo l’elezione di pregare “perché io, per paura, non fugga davanti ai lupi”. “Satana è tanti animali, anche nella raffigurazione di Michelangelo – pensa –. Ma mai corvo. Perché, dunque, dovrebbe esserci lui dietro tutta questa storia? Perché dovrebbe esserci la sua mano dietro questo gran bailamme?”. Difficile rispondere, seppure il Papa lo sa bene: Satana è ovunque, anche in Vaticano. Del resto, fu lo stesso Michelangelo a insegnarlo ai posteri: nella figura di Minosse egli ritrae il maestro di cerimonie del Papa, Biagio da Cesena, che, da “persona scrupolosa” – sono parole del Vasari –, dopo aver osservato l’opera in corso di completamento, rimane sconvolto dal turbinio di corpi nudi e contorti che “sì disonestamente mostran le loro vergogne” e li definisce adatti “da stufe (bagni termali) e d’osterie” piuttosto che per la cappella pontificia. Michelangelo, che non pratica volentieri il ritratto, fa allora un’eccezione effigiandolo nel giudizio infernale, per di più con orecchie da asino e con una serpe che, invece di aiutarlo nel giudizio dei dannati, lo punisce mordendogli l’organo sessuale. Biagio, umiliato, se ne lamenta col Papa che replica indifferente di non avere alcuna autorità sull’inferno, disinteressandosi alla questione. Ma il suo disinteresse è una conferma implicita: che piaccia o no il male, anche quello con la “M” maiuscola, abita queste stanze. “E che Biagio se ne faccia una ragione”, dice.

Una guardia svizzera servizievole e ben addestrata apre a Benedetto XVI la porta del suo ascensore privato. Il Papa sembra assente. Ma la guardia non fiata. Così gli ha insegnato a comportarsi il comandante colonnello Daniel Rudolf Anrig: “Quando arriva il Pontefice mettiti sull’attenti e non dire nulla. Parla solo se interpellato”.

“Vado in basilica”, dice Ratzinger assorto nei propri pensieri. E la guardia, senza proferire parola, schiaccia il bottone con incastonato lo stemma pontificio che conduce l’ascensore più sotto, in un ambiente attiguo alla cappella della Pietà. Non gli è mai capitata una cosa simile: il Papa che esce da solo di notte dai suoi appartamenti e si reca in basilica. E’ vero, anni prima aveva visto più volte Giovanni Paolo II entrare di notte nella cappella Paolina e sdraiarsi faccia a terra in mistica preghiera, a volte addirittura flagellarsi, ma scendere in basilica nel buio della notte no… Ma non osa chiedere nulla.

“Mi aspetti qui” dice Benedetto XVI. E, da solo, entra nello spazio sacro immerso nel buio e in un grande silenzio.
I passi sono felpati, ma il loro struscìo risuona nelle grandi navate. “Non c’è bisogno che annunci la mia presenza” pensa. “Chi mi aspetta sa che sono qui”.

Non sa esattamente dove andare. Ma sa che deve camminare in avanti, verso il grande altare eretto sopra la tomba di Pietro. E gli sovviene alla mente Innocenzo X che nel 1645 chiese a Bernini di far sì che la grande navata fosse un percorso didattico. Un programma ricco di valori e di contenuti che oltre a esaltare i volumi svolgesse una funzione formatrice: a favorire il cammino dell’uomo verso Dio vennero rappresentate ventotto virtù cristiane e umane, trentanove santi fondatori di ordini religiosi, cinquantasei medaglioni con i ritratti dei primi Papi canonizzati. E poi le vede, all’estremità di ogni pilastro: le colombe, con un ramoscello d’olivo nel becco, elemento dello stemma gentilizio della famiglia di Innocenzo X che campeggia nella controfacciata della basilica, appena sopra l’epigrafe che ricorda i lavori svolti durante il suo pontificato per il giubileo del 1650. La famiglia Pamphili, considerandosi discendente di Enea, figlio di Venere, adottò la colomba perché a lui consacrata. Da sempre considerata uccello mite, rappresenta l’animo puro e semplice, l’amore casto, pace coniugale, fecondità, gratitudine, clemenza, dolcezza.

“E quale potrebbe essere l’emblema dei Ratzinger?”, pensa il Papa rapito dalla maestà che lo circonda. Ma subito si riprende: “Non sono qui per le colombe, purtroppo, e nemmeno per gli emblemi. Piuttosto per i corvi”. E scopre d’aver superato, senza rendersene conto la crociera, i quattro giganteschi pilastri che sorreggono la cupola di Michelangelo e che al centro custodiscono il bronzeo baldacchino del Bernini, maestoso a segnare il luogo più sacro: il sepolcro di Pietro e l’altare papale.

Ratzinger cammina ma si rende conto di non essere lui a indirizzare il proprio incedere. Qualcuno lo sta portando dove lui non vuole. Chi? Dio? O il suo nemico?

“Chiunque sia, questa storia deve finire”. E alza la testa a guardare la grande tribuna.

Si gira a sinistra e capisce ogni cosa: “E’ per i corvi che sono sceso qui sotto. Perché questa storia abbia fine”. Innanzi a sé, celato nella prima nicchia in basso a sinistra, qualcuno lo sta osservando.

Il sangue, per un momento, gli si raggela nelle vene. Di fronte a questa nera figura si sente come un agnello condotto, innocente, al macello. Il suo boia è lì, a pochi passi, e contro di lui egli non può nulla.

Un respiro più profondo. L’ossigeno ritorna al cervello e gli permette di vedere meglio. San Benedetto da Norcia è quella figura. Sta innanzi a lui, maestoso e glaciale nella scultura di Antonio Montauti. Lo sta guardando, severo, come a volergli dire: “Ti stavo aspettando”. E’ in suo onore che Ratzinger scelse di chiamarsi Benedetto. Lo fece d’istinto, per l’amore a quella Regola che diede vita all’ordine benedettino e a un nuovo effluvio di civiltà in tutta Europa. Ma non avrebbe mai immaginato che quel santo, Benedetto, sarebbe sceso in una notte di Vatileaks ad aiutarlo, ad indicargli la soluzione d’ogni cosa.

I pensieri si dipanano. Ricorda che aveva letto, mesi prima, quel libro che il giovane esperto d’arte dell’Osservatore Romano, Sandro Barbagallo, aveva dedicato agli animali presenti nella basilica vaticana. E ricorda d’essersi soffermato, stupito, su quel corvo incastonato ai piedi di Benedetto con in bocca un tozzo di pane. Aveva sorriso a leggere del corvo. Ma poi se ne era dimenticato. Mentre ora davanti a quella nicchia, quel racconto gli torna in mente. E capisce ogni cosa.

Prima di fondare Montecassino, san Benedetto dirigeva dodici monasteri intorno a Subiaco. Fiorenzo, un invidioso prete sublacense, tentò di ucciderlo avvelenando alcuni pani. Benedetto capì le sue intenzioni e ordinò a un corvo di portare via il pane avvelenato. Fu il corvo a salvarlo. Quel corvo che ora, maldestramente, per molti colpevolmente, ha pensato di proteggerlo da quelli che egli ritiene siano i suoi nemici. E in un istante la soluzione di tutto gli diviene chiara: la grazia da concedere al maggiordomo infedele. Il perdono come risposta all’infedeltà del corvo, ma anche il perdono come esempio per gli altri, per i nemici di curia, insidiatisi entro le fessure della chiesa come il diavolo di Paolo VI che un giorno entrò ma che nessuno ha mai detto essere uscito.

 

Pubblicato sul Foglio sabato 9 giugno 2012

[SM=g1740771]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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20/07/2012 21:32
 
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venerdì 20 luglio 2012

Cristina Siccardi recensisce « La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II », di Maria Guarini

Condivido con gioia la recensione del mio libro, che ho visto pubblicata da Cristina Siccardi sull'ultimo numero di Corrispondenza Romana.

Nel 1985 uscì un libro-verità, Iota unum, che venne subito soffocato; ma che, come accade ai capolavori, è diventato una fonte essenziale per tutti coloro che studiano in maniera critica l’Assise, nella quale venne allontanata, nei modi e nell’insegnamento, la Tradizione. L’autore è il filosofo Romano Amerio (1905-1997), che ha lasciato, per ragionamenti e forma espressiva, un lavoro di raffinato ed approfondito scavo nella rivoluzione che fu protagonista nella Chiesa fra il 1962-1965.

A mantenere viva la sua memoria e le sue opere è stato ed è lo studioso Enrico Maria Radaelli, devoto discepolo del filosofo luganese, che nel 2009 ha dato nuovamente alle stampe Iota unum, grazie all’editore Lindau di Torino. Il 30 ottobre 2009 si tenne un convegno alla Biblioteca Angelica di Roma proprio su Romano Amerio, al quale parteciparono, oltre allo stesso Radaelli, Monsignor Antonio Livi, Francesco Colafemmina e Maria Guarini, « una donna di Fede e di scienza », come la definisce Monsignor Brunero Gherardini nella Introduzione al libro La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II (Diffusioni Editoriali Umbilicus Italiae, pp. 238, € 21.00), « l’apis argumentosa che cerca, studia, spiega e lancia ai quattro venti, con la costanza dei forti, i frutti della sua intelligenza, del suo studio, del suo impegno per la sana dottrina e la Santa Madre Chiesa ».

Maria Guarini, responsabile, fra l’altro, di un importante sito Internet, Chiesa e postconcilio, dal quale combatte con eleganza e puntualità, una coraggiosa battaglia a difesa della Fede e della Tradizione, ha raccolto i contributi di quel convegno nel volume sopracitato, ma ha anche ampliato alcune tematiche di grande interesse attuale che usciranno dal coro di applausi che fra poco ascolteremo quando, da ottobre, inizierà il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Maria Guarini parte dall’approccio multidisciplinare che Romano Amerio utilizzò nel redigere la sua opera per aprire nuove piste di analisi di ciò che significa difendere la Dottrina e trasmetterla correttamente.

L’autrice parla apertamente di riforme travestite da aggiornamenti e «“nuovi metodi” di iniziazione» che hanno rinnegato, con sfregio e spregio, la viva Tradizione, spacciandola, spesso, per «Tradizione vivente», ovvero evoluzione di ciò che per quasi due millenni si è tramandato. I principi si sono adeguati al moderno modo di sentire e le variazioni sono penetrate ovunque, nel culto, nella vita sacramentale, nella testimonianza, variando così l’etica comportamentale delle persone e relativizzando il loro pensiero. Si è voluta una Chiesa «dialogante» e non più «docente»; il linguaggio si è fatto fluido, ambiguo, perdendo il carattere di definitorietà; il timbro di monoteismo ha messo sullo stesso piano cristianesimo, ebraismo, islamismo e l’antropocentrismo ha tutto inghiottito…

L’attenta analisi del volume – dove sono elencate, con nomi e cognomi, alcune “sentinelle della Tradizione” e dove viene riproposta la supplica al Santo Padre di Mons. Gherardini e di alcuni studiosi ed intellettuali italiani affinché voglia promuovere un approfondito esame del Concilio Ecumenico Vaticano II – scava nelle variazioni di stampo antropocentrico che sono avvenute in un Concilio che Giovanni XXIII e Paolo VI collocarono in un ambito pastorale e non dogmatico-definitorio.

Un Concilio è della Chiesa, ma non è la Chiesa e laddove vengono denunciati e focalizzati problemi, come questo libro e molti altri studi, convegni, saggi, articoli stanno realizzando (grazie anche ad un dibattito vivacissimo che si è esteso e si estende su Internet) è perché c’è bisogno di fare chiarezza e verità per risolvere i problemi e restituire ai ministri di Dio e ai fedeli l’autentica Fede.
Cristina Siccardi
Fraternamente CaterinaLD

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22/07/2012 17:18
 
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SU GALIMBERTI, IL SIMPOSIO E IL MATRIMONIO NELL'ANTICA GRECIA

di Francesco Colafemmina
 
In questi tempi di confusione morale e di assordante silenzio da parte della Chiesa pur dinanzi ai reiterati tentativi di sovvertire l'ordine sociale da parte di forze sempre più spregiudicate, capita di dover leggere corbellerie autentiche scritte da eminenti filosofi. E' appena accaduto al professor Umberto Galimberti di cadere nella trappola dell'ideologismo contemporaneo applicato agli antichi Greci. Oggi ne parla dettagliatamente Antonio Socci su Libero, citando nel suo articolo un mio recente saggio che sarà prossimamente distribuito nelle librerie. Ringraziando infinitamente Socci per l'immeritata menzione del mio volumetto, ma soprattutto per il suo coraggio, mentre sempre più diffuso mi par esser il servile silenzio del clero, colgo l'occasione per rimarcare alcuni dei madornali errori commessi da Galimberti nel tentativo di piegare all'ideologia omosessualista un testo complesso come il Simposio di Platone.
 
Leggiamo anzitutto le affermazioni di Galimberti:
 
"La fiducia nella scienza è sempre da incoraggiare, alla sola condizione di non scambiare per "scientifico" un insieme di pregiudizi di cui, nel caso dell'omosessualità, è stata vittima anche la scienza, così come lo è stata la psicoanalisi, la religione e il diritto, colpevoli tutti di aver affrontato il problema dell'omosessualità esclusivamente sul piano sessuale, trascurando, come scrive Paolo Rigliano, la componente "intellettuale, emotiva, cognitiva e comportamentale" che lega due persone dello stesso sesso. E mentre nelle relazioni eterosessuali queste componenti vengono prese in considerazione e proprio per questo si parla di amore, nel caso delle relazioni omosessuali queste componenti vengono del tutto trascurate, per cui a proposito degli omosessuali, non si parla mai di amore, ma solo di sesso. In questo modo di procedere, con due pesi e due misure, già si annida il pregiudizio negativo nei confronti degli omosessuali. Un pregiudizio che già denunciava Platone nel Simposio (182 d) in questi termini: "Dove fu stabilito che è riprovevole compiacere agli amanti, ciò fu a causa della bassezza dei legislatori, del dispotismo dei governanti, della viltà dei governati". In questo modo Platone lega opportunamente la condanna dell'omosessualità a un problema di democrazia, a cui forse noi, a causa del perdurare dei pregiudizi, non siamo ancora giunti. Ma perché, fatte salve le riprovevoli eccezioni contro le quali Platone rivolge la sua condanna, l'omosessualità sia nella cultura greca sia in quella romana non costituivano un problema? Perché l'omosessualità, termine del tutto assente nella cultura greca e romana, non era intesa soprattutto e innanzitutto come "atto sessuale", ma come "amore tra persone" ben segnalato dal termine impiegato da Platone: "charízesthai erastaîs", che significa "compiacere gli amanti"."
 
Dal passo citato si evincono alcune lacune specie per quanto concerne la lingua greca. Ma andiamo per gradi.
 
Nel Simposio anzitutto non parla strettamente Platone, ma Pausania, noto omosessuale (gli antichi ci tramandano fosse l'attivo della coppia) compagno del tragediografo Agatone, nella di cui casa si svolge il Simposio. Persino i teorici dell'omossesualità istituzionalizzata presso i Greci antichi (Eva Cantarella, Michel Foucault, Kenneth Dover) concordano sul fatto che fosse considerata turpe l’omosessualità fra adulti. Dunque Pausania ed Agatone in quanto coppia di amanti erano quanto di più vergognoso potessero concepire gli ateniesi del IV secolo. In secondo luogo Pausania non parla di “amore” omosessuale ma di “pederastia” ossia un rapporto fra adulti e ragazzi adolescenti (181D: “non amano infatti i ragazzini se non quando questi cominciano ad avere intelletto: e questo momento si avvicina a quello in cui appare la prima barba”. Pausania d'altro canto esalta l’amore (carnale e spirituale) omosessuale nei riguardi dei ragazzini. Parla però esclusivamente di amore fra uomini. Le donne, secondo la tipica misoginia omosessuale, sono considerate esseri inferiori: “Eros che proviene dall’Afrodite urania non partecipa del genere femminile, ma solo di quello maschile” e ancora “donde si volgono solo al genere maschile coloro che sono pervasi da questo genere di attrazione, amando questo genere per natura più forte e più dotato di cervello” (181C).
 
Riguardo poi alle legislazioni in materia di pederastia, Pausania distingue quelle permissive, quelle repressive e quella ateniese. Di quella ateniese avverte per ben due volte che non è “facile da comprendere” (ou radion katanoesai) e che è variegata (poikilos). Per descriverla parte dal fatto che è considerato più bello dalla legge amare all’aperto più che di nascosto e soprattutto amare i più valorosi e gli aristocratici. Pausania può dire quel che vuole nel Simposio, sappiamo tuttavia da Eschine (Contro Timarco) che ad Atene era vietato: a. aprire e chiudere le scuole e le palestre quando era buio perché i ragazzi fossero sempre sorvegliati; b. dare col consenso familiare un giovane ad un amante omosessuale per ottenerne in cambio denaro o altri benefici; c. essere apertamente omosessuali praticanti fra adulti. Quando d'altra parte parla di virtù, di incitamento alla virtù attraverso la pederastia, Pausania ripropone un topos tipico di tutti i pederasti antichi e moderni: attraverso questa relazione non si è attratti solo dal corpo dal desiderio sessuale, dall’impuro accoppiamento volto a procreare – aggiungo io – come lo stesso Veronesi ha affermato recentemente (gli omosessuali vivono un "amore puro" perché non volto alla procreazione!!!), ma si è attratti anche dalla volontà di migliorare il giovane.

Alla resa dei conti però Pausania parla della sottomissione dei ragazzini agli adulti e ritiene che “non ci sia nulla di cui vergognarsi” se ci si concede in cambio di una crescita nella virtù e nella sapienza... Egli afferma infatti “è bello infatti che i ragazzini si concedano ai loro amanti” (184E). Detto questo veniamo alle cose più essenziali. Galimberti parla di tre questioni: Il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali è tipico delle tirannidi; Gli omosessuali non erano conosciuti con questo nome nell’antichità; Gli omosessuali erano considerati degli amanti alla stregua di eterosessuali.
 
Smontiamo dunque le teorie galimbertiane!

L’affermazione secondo la quale la repressione morale dell'omosessualità era appannaggio delle tirannidi è una mera deduzione di Pausania il quale parla di “Ionia” quale luogo in cui la pederastia è riprovata e la paragona ai paesi barbarici. Questo è un dato ovviamente vergognoso per gli antichi, in quanto gli Ioni erano gli abitanti della zona costiera della attuale Turchia uniti da vincoli di fratellanza ai Greci tanto da aver combattuto questi ultimi in difesa della loro autonomia durante le guerre persiane. Essi erano Greci tanto quanto quelli del continente e delle isole dell’Egeo. Decontestualizzare l’affermazione di Pausania è rischioso. Tanto più che Platone sia nelle Leggi sia nella Repubblica parla di uno stato ideale nel quale la pederastia volta alla pratica sessuale e non intesa come un legame meramente affettivo ("come quello di un padre e un figlio", ribadisce nella Repubblica) è severamente vietata e bandita.
 
In secondo luogo non è vero che gli omosessuali non erano riconosciuti con un nome specifico. C'era invece l'appellativo volgare di cinedi (sing. kunaidos). calla chiara etimologia: “colui che muove le vergogna”. Per un vasto repertorio omofobico si prega Galimberti di consultare tal Aristofane, poeta comico ateniese, tra i protagonisti del Simposio platonico. Ci troverà parole del genere: “katapygon”, “lakkoproktos”, o ancora “euryproktos” che evito di tradurre per carità cristiana.
 
Ma veniamo alla carenze linguistiche di Galimberti. Dire che l'amore pederasta (di questo parla Pausania) non è sessuale, ma riproduce l'affettività propria dell'amore eterosessuale è un falso. Questa affermazione è del tutto erronea perché si basa su una traduzione erronea. Il passo citato da Galimberti è Simposio 182D. Qui c’è scritto “charízesthai erastaîs”, ma cosa vuol dire?
Pausania non parla degli “amanti” in senso orizzontale, ma parla degli adulti che istituzionalmente amano i ragazzini imberbi. E il verbo charizomai ha un esplicita connotazione sessuale: “concedersi”. La frase del Simposio è dunque la seguente: “Così laddove è stato sancito che è turpe concedersi agli erastes, ciò è da ascriversi alla malvagità delle disposizioni, alla prepotenza dei governanti, e alla viltà dei governati.” La turpitudine che per Galimberti sarebbe invece un bene da preservare è dunque la sottomissione dei giovani adolescenti ad un adulto omosessuale. Complimenti!

Ultima nota su Sant’Anselmo. Galimberti afferma che fosse un omosessuale. Si rifà -senza citarlo- al volume “Cristianesimo, tolleranza, omosessualità. La Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo” di John Boswell. Qui Boswell trae spunto da alcune epistole di Sant'Anselmo nelle quali sono contenute parole di grande affetto per un suo discepolo. Eppure nessuno prima d'allora s'era mai sognato di far corrispondere l'amore fra maestro e discepolo ad una liaison omosessuale. Piuttosto Galimberti vada a rileggersi la corrispondenza fra Marco Aurelio e Frontone per avere uno dei modelli oratori di Sant'Anselmo. Giova tuttavia ricordare che Boswell era un attivista gay nonché docente a Yale che tentò di mostrare un’immagine deviata del Cattolicesimo onde rendere accettabile la convivenza di morale cattolica e attitudini gay. Morì di AIDS nel 1994 il giorno della vigilia di Natale. Anche Michel Foucault, teorico del rapporto omosessuale tra eromenos e erastes nell’antica Grecia morì di AIDS nel 1984. Questo basta a dimostrare come il tentativo di rileggere l'antichità alla luce delle istanze di talune corporazioni o lobbies contemporanee sia viziato dall'ideologia e non da una corretta analisi testuale, da una visione globale della società antica. In altre parole gli ideologi omosessuali e i vari sostenitori degli allargamenti dei diritti sono liberi certo di esprimere le loro opinioni e di proporre modelli alternativi di organizzazione sociali, l'importante è che nel far ciò non pervertano il senso della storia e dei testi classici onde circoscrivere alla mera storia del Cristianesimo l'ordine sociale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, dal quale proveniamo e che tuttora è il cardine della nostra costituzione.
 
Il matrimonio, in sintesi, non è una creazione del Cristianesimo, così come l'etica sessuale degli antichi non è la stessa del marchese De Sade o di Aldo Busi. E questo - sia detto per inciso - non è un tentativo omofobico di revisionismo, ma una semplice presa d'atto della realtà storica osservata da un punto di vista meno corrotto dalle dinamiche contemporanee.
 


IMPORTANTE: per acquistare una copia del volume che sarà presto in distribuzione al costo di € 12,00 potete utilizzare Paypal cliccando sul pulsante in basso o contattare edizionisettecolori@gmail.com . Grazie!
 




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13/09/2012 21:43
 
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Due buone letture rientrati dalle ferie... Gnocchi e Palmaro non tradiscono. Divertenti e Ironici

Segnaliamo di nuovo, due bei libri, ben fatti ma simpatici e davvero divertenti, a cui qui avevamo già fatto cenno nel lontano 2009.
La finezza e l'arguta bravura degli autori addolcirà il ritorno dei nostri lettori alle quotidiane mansioni lavorative.
Roberto
A. GNOCCHI - M. PALMARO, Io speriamo che resto cattolico - Nuovo manuale di sopravvivenza contro il laicismo moderno, PIEMME 2007

Qui un commento di un lettore:
"Mi è piaciuto molto come avete sviscerato le tante difficoltà in cui incappa la famiglia che cerca di vivere una vita cattolica, educando i figli a barcamenarsi in questo mondo secolarizzato in cui ognuno pretende di sentirsi cattolico a modo proprio.
Piacevole l'ironia tipica di Guareschi. Belle le letterine di Giovannino e le risposte del Papà.
Sarei solo un po' più ottimista, pensando che in fondo possiamo solo riconoscere la nostra miseria di creature, mettere tutte le difficoltà davanti al Signore nelle nostre preghiere ed attendere che la Provvidenza faccia anche oggi miracoli di conversione, come tanti ne accadono anche se poco pubblicizzati....
Coraggio, comunque, perseveriamo nel testimoniare la Verità tutta intera!"

***
 

A. GNOCCHI - M. PALMARO, Catholic Pride, PIEMME 2005
libro spassosissimo, e con tanto di test finale per scoprirsi modernista, tradizionalista o tradizionalista arrabbiato

Presentazione Piemme:
Anche se oggi pare una colpa credere in Dio, cercare la verità ed essere eterosessuali, vale ancora la pena essere cattolici. E per svariati buoni motivi: i cattolici sanno rispondere alle domande “che contano” – sul senso della vita, sul perché del dolore e della morte; sanno amare di più l’uomo nel nome di Gesù, Dio-fatto-Uomo; hanno fede, ma sanno usare la ragione con più equilibrio di tanti razionalisti e liberi pensatori; sanno affrontare la vita quotidiana – dal lavoro, alla famiglia, alla politica – con passione e libertà.

*****************************************
[SM=g1740771] FORTI NELLA FEDE un libro utile.....

Pontifex.RomaSono onorato che don Marcello Stanzione mi abbia chiesto la presentazione del suo libro “ Forti nella fede” edito dalla Gribaudi di Milano e contenente 365 pensieri di autori vari per meglio vivere l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI. Tempo fa il Papa ci ha ricordato che la fede cristiana non è “credere a qualcosa ma credere in qualcuno”. Questa frase può a tutta prima sorprendere, ma, detta dal Papa, va ovviamente intesa nel giusto senso. Non è inusuale al Sommo Pontefice, molto sensibile al linguaggio moderno ed ottimo conoscitore del linguaggio protestante, far uso ogni tanto, per motivi ecumenici, di espressioni diffuse tra cristiani non cattolici, per sottolineare un’unità almeno verbale tra cattolicesimo e protestantesimo. Naturalmente sta a noi cattolici interpretare nel giusto senso queste frasi, accogliendo il buono, che è certamente inteso dal Papa e respingendo il cattivo che certo non è nelle sue intenzioni. ...

... Né possiamo essere sempre esigenti in questo caso: il Papa si fida del nostro buon senso cattolico e della nostra capacità critica. Sarebbe come se un amico ci offrisse una buona noce di cocco: è evidente che egli ci invita a mangiare la polpa e non anche la buccia.

Vediamo allora in questa metaforica noce di cocco qual è la polpa e qual è la buccia. Quanto a Gesù, è noto come nel Vangelo Egli ci invita tanto a credere in Lui, quanto a credere a ciò che Egli ci dice. Quindi la prima cosa evidente è che non dobbiamo contrapporre questi due inviti di Cristo, quasicchè l’uno escludesse l’altro, come a tutta prima potrebbero dare l’impressione le parole del Papa.

Dobbiamo allora chiederci che rapporto tra di loro hanno questi due inviti di Gesù e, posto che il più importante sia il credere in Lui, come lasciano intendere le parole di Benedetto XVI, come si ordina il credere alle parole di Cristo rispetto al credere nella sua Persona.

Noi impariamo a rapportarci con Cristo partendo da come ci comportiamo col prossimo. Infatti, è impossibile la vita sociale se non crediamo, seppur sempre sotto condizione e solo entro certi specifici ambiti, gli uni negli altri. Il credere in una persona corrisponde all’aver fiducia in lei.

Ma come le dimostro d’aver fiducia in lei? Credendo a quello che mi dice. E come sono giunto a credere in lei? Notando la credibilità delle cose che mi ha detto. In modo simile, anche se con le debite differenze, nasce e si dimostra la fede in Cristo. E’ vero che in fin dei conti è più importante credere in Lui più che in ciò che Egli ci dice. E questo perché lo scopo della fede è l’amore e l’unione mistica con Cristo come Capo della Chiesa e Sposo dell’anima.

Ma non potrei giungere a credere in Lui se non mi avesse dato prove o segni che io devo crederGli. E queste prove o segni sono la saggezza e la bellezza della sua dottrina, insieme, certo, con i suoi miracoli, il suo amore che ha per me, nonché la santità dei suoi discepoli e della sua Chiesa.

Inoltre Egli stesso, come farebbe qualunque amico o guida spirituale, ci ha detto logicamente con chiarezza che se crediamo in Lui e Gli vogliamo bene, dobbiamo ascoltare quello che ci dice e metterlo in pratica. Dunque non ci sono scappatoie per un vago “incontro esistenziale ed atematico” con Cristo, per un’“esperienza o intuizione preconcettuale di fede” come contatto immediato e personale con Cristo indipendentemente dalla verità dogmatica, come farfugliano certi ambienti protestanti, i quali del resto non rispecchiano neppure l’insegnamento di Lutero, al quale la Parola di Cristo nel Vangelo stava sommamente a cuore, anche se purtroppo non la interpretava nella fedeltà al Magistero della Chiesa.

L’incontro personale con Cristo, nell’intimo della coscienza nella vita presente e l’incontro fisico diretto con la sua Persona in paradiso è certo lo scopo ultimo di una fede sincera, viva, retta ed operosa. Ma la fede cristiana come tale, come già si è espresso il Concilio Vaticano I, è di per sé l’accogliere per vero quanto Cristo ci dice, ovviamente perché ce lo dice Lui, per cui in fin dei conti questo stesso credere alle sue parole rimanda al credere alla sua stessa Persona. Tuttavia, per esplicito dogmatico insegnamento della Chiesa la fede cristiana è credere alle parole della divina Rivelazione uscita dalla bocca del divin Salvatore.

Il credere in Cristo pertanto è qualcosa che propriamente sta prima e dopo l’atto di fede teologale nelle sue parole: sta prima perché io non crederei a ciò che Cristo mi dice se non mi fidassi di Lui ovvero se non credessi in Lui. Ma d’altra parte e sotto un altro punto di vista, la fede in Lui non si sveglierebbe in me se io non vedessi la credibilità di quanto mi dice, accompagnata dalla constatazione dell’amore che ha per me e dalla conoscenza dei frutti meravigliosi della sua opera, che è la Chiesa nei suoi duemila anni di storia. 

E’ chiaro allora, per non cadere in un circolo vizioso, che il credere in Cristo all’inizio non è lo stesso che il credere in Cristo dopo l’aver creduto nel suo messaggio. All’inizio, sulla base delle testimonianze evangeliche, sono attirato da un uomo straordinario (“nessuno mai ha parlato come quest’uomo”, dicono i soldati ai sacerdoti che li avevano mandati ad arrestarlo) e sommamente credibile per le prove e i segni che mi offre; ma una volta che ho creduto nelle sue parole, ecco di nuovo sorgere in me la volontà, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, di affidarmi totalmente ed incondizionatamente a Lui per dargli in mano il destino della mia vita nell’eternità. E questo è il credere al quale si riferisce il Papa; che però non esclude ma presuppone tutto l’iter precedente, come insegna da sempre la Chiesa cattolica ed emerge chiaramente dagli stessi racconti evangelici.

Viceversa il parlare di un “credere in Cristo” senza tener conto o per manipolare a nostro piacimento in base a dotte sciocchezze (anche se in possesso di un dottorato in esegesi biblica) i suoi insegnamenti senza tener conto dell’interpretazione della Chiesa, tagliando, sopprimendo, mutando, ampliando o dando certi contenuti per “aggiunte o interpolazioni della comunità primitiva” o di S.Giovanni o di S.Paolo, è una pericolosa illusione che ci presenta un “Cristo” puramente fantastico e soggettivo, che non salva nessuno, anzi, se l’operazione è cosciente e volontaria, manda all’inferno.

Dunque la fede cristiana è certo un “credere a qualcuno”, ma passando attraverso al credere ciò che questo Qualcuno ci ha insegnato e dimostrando a questo Qualcuno, come Egli giustamente ci chiede, che crediamo in Lui perché crediamo a ciò che ci insegna come divino Maestro e lo mettiamo in pratica come dottrina salutare del nostro Salvatore. Auguro a questo utilissimo libro di 365 pensieri quotidiani sulla fede di don Stanzione una buona diffusione tra i cattolici che prendono sul serio la loro fede cristiana.

Padre Giovanni Cavalcoli,OP




[SM=g1740722] [SM=g1740771]

[Modificato da Caterina63 06/10/2012 13:58]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740733] 26 luglio 2012:
È disponibile nelle librerie un fascicoletto, edito dalle Edizioni Studio Domenicano: ABC della Fede. Si tratta della raccolta di alcuni brevissimi interventi del Card. Giacomo Biffi.
Sono contenuti anche i testi delle riflessioni di 90 secondi proposte dal cardinale al TG1 delle 20, nel 1996, a cura di Giuseppe de Carli. Siamo riusciti a recuperare alcuni frammenti di quegli interventi.

www.gloria.tv/?media=315582





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Se Bernadette “non ci ha ingannati”, Messori non ci ha delusi

bernadette_bernadetta_lourdes_urna

SE BERNADETTE ”NON CI HA

INGANNATI”

MESSORI NON CI HA DELUSI

 

di Claudia Cirami

 

Riguardo a Lourdes, un’agiografia spesso melensa ha fagocitato i dettagli più realistici, a volte crudi, per ridarci un’immagine ovattata di Bernadette e della sua storia. Con la complicità, per altro, del vecchio e famoso film con Jennifer Jones. Vittorio Messori ci presenta, invece, una storia differente nella sua ultima fatica: Bernadette non ci ha ingannati. Un’indagine storica sulla verità di Lourdes. Messori torna a quei mesi straordinari, ma anche a ciò che li precedette e che li seguì, per rileggere insieme ai lettori l’irrompere del soprannaturale. Tutto quello che sembra scontato e risaputo acquista improvvisamente nuova luce per il racconto di particolari di solito ignorati. Messori scrive questo libro per dirci che Bernadette, non è stata vittima di un inganno, né è stata ideatrice o complice di quella che ad alcuni appare una bufala colossale, miele per creduloni, esaltati e sciocchi, ma che, invece, è la storia vera del tempo in cui l’Immacolata scelse una grotta come sua dimora.

Un tipico souvenir proveniente da Lourdes. Tra volatili e rose, la verità storica è un lontano ricordo.

Guardo uno di quei souvenir stucchevoli che i pellegrini di tutto il mondo, prima o poi, portano in dono ad amici e parenti che li attendono a casa. E’ una piccola composizione in resina, dipinta con poco garbo, con i colori che escono fuori dai contorni. La Madre di Dio sovrasta Bernadette e non solo perché la ragazzina è in ginocchio; vicino ai suoi piedi, c’è un volatile bianco con le ali rosa, a metà tra una colomba e una papera, a cui sembra essere affidato il compito di rappresentare lo Spirito Santo o, forse, con più probabilità, quello di bucolizzare la scena; infine, tra l’Immacolata e la ragazzina, una pianta di rose, racchiusa in una sfera di vetro, è cosparsa da una pioggia di brillantini ogni volta che la composizione viene capovolta. Questa è Lourdes nell’immaginario collettivo. Poco importa che la giovane Soubirous dicesse a più riprese che la Signora era alta, o meglio bassa, come lei; che non ci fossero colombine e paperelle in quella grotta di cochons, maiali, a Massabielle; che non fiorisse nessun roseto, segno richiesto dal parroco per prendere sul serio la bella Signora… Un’agiografia spesso melensa ha fagocitato i dettagli più realistici, a volte crudi, per ridarci un’immagine ovattata di Bernadette e della sua storia. Con la complicità del famoso film con Jennifer Jones, che ci ha presentato una ragazzina – poi donna – docile e dallo sguardo mistico, che faceva trasparire un’intensa vita interiore: Bernadette doveva essere così e l’Oscar all’attrice divenne garanzia di verità per i cattolici.

LOURDES È UN’ALTRA STORIA. COME RACCONTA MESSORI 

Vittorio Messori ci presenta, invece, una storia differente di Bernadette e di Lourdes. Gentilmente, ha concesso a noi di Papalepapale la lettura in anteprima della sua ultima fatica: Bernadette non ci ha ingannati. Un’indagine storica sulla verità di Lourdes, edito dalla Mondadori e in uscita in questi giorni. Quella che emerge è una storia vera, senza fronzoli agiografici, in cui, tuttavia, l’evento di Grazia, che si verificò nel 1858, lungi dall’essere ridotto, si erge in tutta la sua potenza, bellezza, consolazione. Nel suo libro, Messori torna a quei mesi straordinari, ma anche a ciò che li precedette e che li seguì, per rileggere insieme ai lettori l’irrompere del soprannaturale, la visita del Cielo in una grotta.  Donandoci suggestive pennellate della Bernadette reale, ragazza dal carattere mite ma determinato, protagonista involontaria di una vicenda più grande di lei, alla quale, però, seppe tener testa senza sbandamenti di alcun tipo, grazie al pragmatismo e al buonumore di cui era dotata. Dal libro, però, emerge anche un’altra Lourdes, dove tutto quello che sembra scontato e risaputo acquista improvvisamente nuova luce per il racconto di particolari di solito ignorati, che riguardano persino “Aquerò” (Quella là, nel dialetto di Bernadette), la Madre di Dio, che ritrova la vivacità negata da molti racconti agiografici; dove i “cattivi” – secondo la lettura manichea del film hollywoodiano e dell’agiografia più semplicistica – non sono veramente tali ma fanno solo il loro dovere di tenaci difensori della Verità cattolica (gli uni) e dell’autorità del tempo (gli altri); dove, infine, i personaggi minori fuoriescono dall’ombra per incastonarsi perfettamente nel piano provvidenziale riguardante quei mesi.

BERNADETTE E LE IPOTESI CONTRARIE: PUÒ ESSERSI SBAGLIATA O AVER INGANNATO?

Emile Zolà: uno dei tanti che si opposero alla verità dI Lourdes.

A Messori, però, non interessa, semplicemente, togliere una certa patina zuccherosa dalla storia.  Tornando su Lourdes dopo i capitoli dedicati in Ipotesi su Maria, scrive questo libro per dirci che Bernadette, quella ragazzetta ignorante, su cui da subito si sono concentrati gli strali dei benpensanti proprio per il suo essere “un nulla” di fronte al mondo, non è stata vittima di un inganno, né ideatrice o complice di quello che ad alcuni appare una bufala colossale, miele per creduloni, esaltati e sciocchi, e che, invece, è un evento realmente verificatosi. Così, con rigore e logica stringenti, Messori si accosta alle ipotesi avverse a Lourdes, una dopo l’altra, dalle più sensate e insidiose, che hanno suscitato dubbi pure nella mente di qualche cattolico, alle più ingenue e patetiche, che strapperebbero un sorriso di compatimento se non fosse per il retto servizio alla Verità, che merita di prendere in giusta considerazione anche queste. Non vi anticipo i risultati ma, credetemi, leggere il libro fino in fondo è tempo speso bene.

SE LOURDES È VERA, LA CATHOLICA HA L’ “IMPRIMATUR” DEL CIELO

Il Santo Padre. La Chiesa Cattolica, di cui è guida, riceve, oggi come ieri, conferma dalle apparizioni a Lourdes.

A Massabielle non è avvenuta un’apparizione come tante altre. Se Lourdes è vera, le conseguenze sono straordinarie, come già notò Guitton. Perché, se quell’evento misterioso è saldamente ancorato alla realtà, la Catholica riceve improvvisamente la ratifica dal Cielo in quello che è più essenziale per essa, come ci spiega Messori. Se Lourdes è vera, aggiungo io, la Dominus Jesus non si sbaglia quando afferma che: “I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica – radicata nella successione apostolica – tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica”  e ha, dunque, ragione il Concilio Vaticano II quando dice che: “l’unica Chiesa di Cristo… sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui” (Lumen Gentium, n.8). Non lo dico contro i fratelli separati, ma per amore di quella Verità che ci vuole uniti (cfr. Gv. 17, 20-23) ma che deve essere accettata senza sconti e senza compromessi.

DA LEGGERE FINO IN FONDO. CON “QUALCOSA DI BIANCO” ACCANTO…

Messori. Non è uno storico d’accademia ma ci regala indagini serissime che mai nessuno è riuscito a smontare.

Potrei dire molto altro su questo libro ma preferisco rinviarvi alla sua lettura. Naturalmente, un’opera non si legge solo per i contenuti. La scrittura di Messori è intrigante e avvincente, fedele come  sempre alla regola aurea dell’autore, che poi dovrebbe essere quella di ogni scrittore: “semplificare – personalizzare – drammatizzare”. Arrivando fino in fondo, il desiderio è che il libro non finisca. L’autore sembra venirci incontro, accennando ad un seguito che porterà a termine se è volontà di Dio. Lo aspetto fiduciosa, avendo deposto ogni pregiudizio: non è vero che su Lourdes è già stato detto tutto, come pensavo inizialmente. Su quello che è accaduto in una grotta malfamata, in cui il Cielo si è degnato di prendere dimora, c’è ancora tanto da dire e da scrivere.

Se ne ricordi, Messori: il suo accenno ad un secondo volume ha il sapore di una promessa e una promessa fatta ai lettori è molto di più di un debito. “Qualcosa di bianco” – la cui presenza materna si intravede nelle pagini più emozionanti del libro – l’accompagnerà anche in questa seconda fatica.


Fraternamente CaterinaLD

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ANCORA QUALCOSA DA DIRE…

Una lunga chiacchierata di PapalePapale con

Vittorio Messori

alla vigilia della pubblicazione del suo

“Bernadette non ci ha ingannati”

PARTE 1

Argomenti trattati in questa prima parte:

1. Registratori e “maniglie”

2. Quella Fatima così “complicata”. Che “attrae gli esoteristi”…

3. Le tre risate di Maria a Lourdes e la trimurti: Darwin-Renan-Marx

4. Lourdes ci dice non che Dio è cristiano, ma che è proprio cattolico

5. E la Mondadori prepara la tiratura più alta dell’anno

6. L’arcivescovo di Messori: Michele Pellegrino, il cardinale “rosso” di Torino. Che proibì Lourdes a preti e operai.

7. Quella devozione popolare così “repellente”. Quella Lourdes “fogna del mondo”

 

 

Io insisto molto su questo punto. La verità è che Lourdes al di fuori del cattolicesimo è incomprensibile. Chi indaga su Lourdes deve starci molto attento, perché, appunto, Lourdes mette in campo le verità fondamentali non (badi bene!) del cristianesimo, ma del CATTOLICESIMO!

 

intervista di

Antonio Margheriti Mastino

&

Claudia Cirami









SENZA AGGREDIRE LE TENEBRE…

UNA LAMPADA NELLA NOTTE

una lunga chiacchierata di PapalePapale con

 VITTORIO MESSORI

dopo la pubblicazione del suo “Bernadette non ci ha ingannati”

PARTE 2

Argomenti trattati in questa seconda parte:

1. Francesco non era animalista. Ma io sono gattolico militante

2. Io sono seguace della teologia del tortellino, spiritualista sarà lei!

3. L’acqua di Lourdes non ha guarito Bernadette

4. Io, Messori, non ho fatto carriera usando il nome di Gesù

5. Non avrei scelto Bernadette come amante. Ma Bernadette sgomenta

6. Senza avventarsi contro le tenebre, una lampada accesa nella notte

7. Ma Lourdes, La Salette, Lisieux, Ars, non hanno salvato la Francia. Ma forse la Francia ha salvato noi

 

Sentite, io mi sono sempre ispirato a quel motto bellissimo dei Padri della Chiesa che recitava: “Non avventarti contro le tenebre, provvedi piuttosto a mantenere accesa la tua piccola lampada”. Ma cosa volete che faccia! Qualcuno mi dice “ah ma tu dovresti metterti alla testa di qualche cosa”… ma figuriamoci! Io tengo acceso il mio lucignolo: mi dovrei avventare contro le tenebre? Cosa dovrei fare, andare a perdere tempo a discutere con un vice-parroco demagogo?

Intervista di

Antonio Margheriti Mastino

&

Claudia Cirami





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29/11/2012 18:25
 
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PER NATALE FACCIAMO QUESTO REGALO AI NOSTRI SACERDOTI  E A QUANTI VOGLIAMO BENE..... e Voi cari sacerdoti, regalatevi questo tesoro prezioso.... è vero che è per i fedeli, ma molto utile anche per i Sacerdoti completamente digiuni a riguardo....



MESSALE ROMANO QUOTIDIANO
ad uso dei fedeli
 

Messale Romano quotidiano, edizione 1962
Volume formato 10 x 16 di 1880 pagine, con il testo bilingue (latino e italiano)
della S. Messa per tutti i giorni dell'anno liturgico.
Oltre all'Ordinario della Messa, al ciclo del Tempo e al ciclo dei Santi, 
comprende alcuni cantici e inni e un appendice con Sacramenti,
sacramentali e orazioni. 

 

Per ordinarlo:
fare un versamento sul c/c postale 61417002
intestato a
Associazione Fraternità San Pio X


Il Messale verrà inviato
in seguito alla ricezione del versamento



Recapiti della Fraternità Sacerdotale San Pio X:

Albano (Roma)
Fraternità San Pio X, Via Trilussa, 45,
tel. 06.930.68.16 - fax: 06.930.58.48
Posta elettronica: albano@sanpiox.it

Montalenghe (Torino)
Priorato San Carlo Borromeo,
via Mazzini, 19, tel. 011.983.92.72 - fax: 011 - 983.94.86
Posta elettronica: montalenghe@sanpiox.it

Rimini
Priorato Madonna di Loreto, via Mavoncello, 25.
Tel: 0541.72.77.67 - fax: 0541.72.60.75
Posta elettronica: rimini@sanpiox.it

 


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12/12/2012 10:54
 
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[SM=g1740738] Dedicato a Monsignore Georg Gänswein Segretario di Benedetto XVI e nuovo Arcivescovo

Città del Vaticano, 7 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato:
- Il Monsignore Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo.
Secondo quanto riportato da Radio Vaticana il santo Padre non ha nominato un nuovo Segretario di conseguenza si presume, al momento, che mons. Gänswein continuerà il suo ufficio così preziosamente portato avanti in questi 7 anni.
Vogliamo unirci con gioia a questa nomina e rivolgere a mons. Gänswein i nostri più filiali e affettuosi auguri per i nuovi impegni assunti.
Grazie Santo Padre!
www.gloria.tv/?media=370515


PAPA: DON GEORG, GLI VOGLIONO BENE ANCHE I PESCI DELLO STAGNO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 11 dic.

"Ogni volta quando il Papa termina la sua preghiera con un canto mariano davanti alla Madonnina, i pesci si riuniscono alla sponda del laghetto e aspettano un gesto generoso del Santo Padre". E Benedetto XVI prende da un cestino "che una mano invisibile ha preparato" pezzetti di pane, con i quali sfama i pesci (due pesciolini rossi e due grandi carpe).

"Che gioia e che vivacita' quando arriva nell’acqua il gradito dono!”.
Sono parole di monsignor Georg Gaenswein, che e' stato festeggiato questo pomeriggio da numerosi curiali e amici in occasione della presentazione del libro "Il mistero di un piccolo stagno" in cui la pittrice russa Natalia Tzarkova, racconta una splendida favola per bambini attraverso i suoi disegni acquerellati e dai colori vivi.

Lo stagno, ovviamente, e' quello del Giardino della Madonnina, situato all’interno dei Giardini delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. E la storia e' quella di un pesciolino che attende il Papa, una vicenda tenerissima che ha commosso monsignor Gaenswein, segretario particolare del Papa e da poco anche prefetto della Casa Pontificia, fino a convincerlo a scriverne la prefazione, nella quale confida che il Giardino della Madonnina e' uno dei posti privilegiati per la preghiera di Benedetto XVI.
Il protagonista del libro presentato oggi pomeriggio da don Georg e' Bianco, un pesciolino rosso chiamato cosi' proprio in onore del Pontefice.
Una mattina si sveglia presto e coglie nell'acqua il riflesso della statua della Madonna, che il suo pesce papa' gli spiega chiamarsi "Signora delle Grazie". E poi si emoziona all'arrivo del Papa, che prima snocciola il rosario, e poi getta dei pezzetti di pane. Comincia cosi' l'attesa, ogni giorno, l'emozione di vedere di nuovo quella figura avvicinarsi.
Ma ogni tanto il Papa cambia il percorso della sua passeggiata, ogni tanto parte e poi torna. E poi a un certo punto, se ne va piu' a lungo del solito, resta a Roma per i lunghi mesi dell'inverno. Bianco ovviamente non lo sa, il suo mondo e' lo stagno. Non dorme, si consuma nell'attesa del ritorno della figura vestita di bianco. Ed ecco che arriva un gatto, l'animale che Benedetto XVI ama piu' di tutti. Questi non prova a mangiare i pesci, non infila le zampe nell'acqua per attaccarli. Beve un po' di acqua dello stagno, e fa a Bianco una importante rivelazione.

[SM=g1740717]

"E' un libro - commenta il sito cattolico Korazym.org - da leggere, ma anche e soprattutto da guardare (l'autrice e' considerata una delle massime eredi della scuola delle arti figurative russe). E magari da leggere ad alta voce ai piu' piccoli. Per raccontare loro la vita semplice del Papa, lontana dai clamori dei riflettori. Una vita fatta di preghiera e, perche' no, di un po' di tempo passato davanti a un piccolo stagno a dar da mangiare ai pesci rossi".
"Non e' un segreto - ha sottolineato da parte sua il neo arcivescovo Gaenswein - che il nostro Papa ama le creature e piu' sono piccole piu' le ama. Con questo pesciolino rosso ha avuto un contatto molto intenso e poi alla fine quale animale riesce a consolare il pesciolino rosso? E' un animale che in modo particolare sta a cuore al nostro Santo Padre". "Chi legge queste trenta pagine - ha aggiunto don Georg riferendosi al libro della pittrice russa che ha accettato di presentare - lo si puo' fare in venti minuti, legge una volta, una seconda una terza volta e poi comincia a capire che il messaggio non e' neanche cio' che si legge ma il messaggio e' tra le righe.

Davanti ad un pubblico di prelati, amici e giornalisti, don Georg ha raccontato questa sera anche qualcosa della sua esperienza di vice parroco in un piccolo paese della Foresta Nera, dove 28 anni fa era stato vice parroco: "un impegno importante - ha detto - che diventava anche un impegno di cuore, anzi una cosa che mi sta molto a cuore, era la vita pastorale per i bambini e la confessione che devo fare e' la seguente: non e' mai facile preparare una omelia, qualche volta si riesce meglio, qualche volta di meno, dipende da diverse cose. Ma preparare una omelia per i bambini e' massacrante perche' i piccoli non ti perdonano niente: le lacune logiche ti fanno cadere nella trappola, la superficialita' te le fanno capire subito e non ti perdonano se tu non sei sincero. Se sei sincero ti perdonano tutto, ma se non sei sincero hai perso una volta per tutte. E il bello di preparare e anche di tenere l’omelia per i bambini e' che non si predica soltanto per i bambini, ma anche per gli adulti e non mai visto gli adulti cosi' attenti come quando sono presenti alla messa per i bambini".




[SM=g1740717]


[SM=g1740757]
[Modificato da Caterina63 12/12/2012 10:58]
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13/12/2012 09:25
 
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Omosessualità e genitorialità: realtà compatibili?
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Venerdì 07 Dicembre 2012 11:56Caterina Saccà (*)

Dawn Stefanowicz, Fuori dal buio. La mia vita con un padre gay, Edizioni Ares, Milano 2012.

I fratelli, Thomas e Scott, un padre omosessuale «cresciuto in una famiglia disastrata in cui venivano violate le barriere sessuali e si verificavano rapporti incestuosi», una madre fragile e sottomessa, affetta da diabete: in Fuori dal buio. La mia vita con un padre gay (titolo originale del libro, Out from Under: The Impact of Homosexual Parenting) Dawn Stefanowicz ripercorre i travagliati anni dall’infanzia alla prima giovinezza, in un coraggioso viaggio a ritroso nei bui meandri della memoria, alla ricerca di particolari da raccontare e da raccontarsi senza censure, in una narrazione schietta – perfino cruda e scabrosa in taluni passaggi – che si propone, al tempo stesso, come una storia di vita da condividere fino in fondo «in modo che il lettore possa facilmente comprendere gli effetti dell’influenza che i genitori e la famiglia hanno sui bambini», ma anche come una rielaborazione catartica, di grande valore psicoanalitico, capace di far emergere parole di perdono e di speranza anche là dove più laceranti affiorano le conseguenze traumatiche dell’esperienza.
La piccola Cynthia Dawn – questo è il suo nome completo – cresce nella Toronto degli anni Sessanta in una condizione di grave disagio familiare e personale in gran parte volutamente ignorata dal mondo esterno degli adulti, a cominciare da quello dei suoi insegnanti.


Tradita affettivamente da un padre assente, alla continua ricerca di relazioni gay da intrattenere con partner domestici e occasionali, e non adeguatamente sostenuta da una madre bisognosa a sua volta di aiuto, entra presto in una spirale di confusione e vergogna alimentata dall’esposizione diretta e precoce a pratiche di natura esplicitamente sessuale.

Uno stato di annichilimento della personalità e della dignità umana che si rinforza drammaticamente negli anni magmatici e tempestosi dell’adolescenza e che pregiudica sensibilmente gli stessi esordi giovanili, con l’acuirsi del quadro depressivo generale, particolarmente segnato dalla deflessione del tono dell’umore e dall’esplosione di tutta una serie di fattori predittori di rischio suicidario.

Anni di psicoanalisi e la profonda fede in Dio hanno consentito a Dawn di rappacificarsi in età adulta con questo passato ingombrante e traumatico, pesantemente contrassegnato da umiliazioni, inganni e vessazioni, aiutandola finalmente a fare piena chiarezza dentro di sé. E tuttavia, solo con la morte del padre – sconfitto dall’AIDS come molti dei suoi partner sessuali – e successivamente della madre, questa donna, divenuta nel frattempo moglie e mamma di un maschietto e una femminuccia, ha trovato il coraggio di rendere pubblica la sua terribile esperienza, allo scopo di «mostrare a tutti quanto le strutture parentali e famigliari possano incidere negativamente sullo sviluppo dei bambini».

Più che un obiettivo, una vera e propria missione per l’ormai cinquantenne canadese, impegnata in giro per il mondo a testimoniare le ragioni del suo libro, in una battaglia a favore del benessere dei figli e dell’importanza della famiglia– istituzione naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna – e contro la legalizzazione delle adozioni e nozze gay.


Out from Under è un libro destinato a far parlare di sé, e non solo per la dolorosa storia personale di Dawn Stefanowicz. La possibilità di definire la genitorialità oltre i termini biologici – ed in questo quadro ragionare sui diritti delle persone omosessuali in materia di matrimonio e adozione – è un tema di stretta attualità che c’interroga nel profondo, sia sul piano morale che socioculturale, e che c’impegna ad un dibattito comunitario serio, foriero di leggi capaci innanzitutto di rispettare il diritto di ogni bambino di crescere e di essere educato nelle migliori condizioni possibili. E che in questa direzione la famiglia svolga un’insostituibile funzione non ce lo dice solo la Chiesa, ma anche recenti studi pubblicati sulla rivista Social Science Research, ultimi di un filone scientifico ricco di spunti di interesse.

Qualificare sbrigativamente come omofobe, o come fuorvianti e scorrette, le argomentazioni a sostegno della eterogenitorialità, oltre ad essere riduttivo, non apporta significativi elementi di crescita e di novità ad un dibattito pubblico destinato, in mancanza di un cambiamento di rotta, a scivolare nel pantano delle sterili schermaglie ideologiche. Tra l’altro, una recente inchiesta realizzata nel Regno Unito dall’agenzia ComRes per conto di Catholic Voices – pubblicata sul famoso quotidiano inglese Daily Telegraph e ripresa in un blog del quotidiano La Stampa – mostra come tra gli stessi gay e transgender siano in tanti a non considerare il matrimonio omosessuale una priorità.

Alla vigilia, dunque, di scelte destinate inevitabilmente a rinfocolare le polemiche – su tutte, le confermate aperture del governo francese in materia di diritto al matrimonio e all’adozione delle coppie omosessuali –, ben vengano anche testimonianze forti come quella di Dawn Stefanowicz, capaci di fornire concreti elementi di riflessione sul tema della identità e responsabilità genitoriale della famiglia ed in grado, almeno per una volta, di riportare tutti con i piedi per terra.

(*) Caterina Saccà neuropsichiatra infantile

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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