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19 Aprile: Anniversario di un Pontificato nel segno dei tempi! Grazie Benedetto!

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2017 22:21
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08/04/2010 20:21
 
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Amici,
l'anniversario della elezione al Soglio Pontificio dell'amato Joseph Ratzinger, oggi Benedetto XVI, è al suo quinto lustro ed è, come ben sappiamo, nel bel mezzo di una tempesta mediatica che vorremo leggere con voi guardando ai "segni dei tempi" con davanti il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto!
Infatti, anche se risulterà molto difficile, è importante leggere gli avvenimenti sempre in quella prospettiva ottimistica che ci è data dalle parole del Cristo: non prevarranno!

Sappiamo tutti di cosa si sta parlando, basti sfogliare i giornali, basta leggere dall'amica Raffaella nel suo Blog per comprendere il susseguirsi di notizie, sofferenze, e quant'altro di utile alla corretta informazione.

Basta sfogliare i seguenti thread che qui troverete a vostra disposizione per comprendere le risposte sia laiche quanto ecclesiali:

ATTENZIONE: LETTERA DI BENEDETTO XVI CONTRO GLI ABUSI SESSUALI NELLA CHIESA

Visita straordinaria dei Vescovi Irlandesi e Tedesco dal Pontefice per condannare gli abusi sessuali

Dolce Vicario di Cristo in terra, abbiamo bisogno di Lei! Lettere aperte al Santo Padre

Ottimo intervento di M.Introvigne e Padre Lombardi alla trasmissione di Uno-Mattina

Marcello Pera scrive Lettera aperta contro gli attacchi al Papa ed alla Chiesa per le colpe di pochi sugli abusi sessuali



E' fuori dubbio che l'attacco al Pontefice è stato magistralmente elaborato per colpire soprattutto questo Pontificato che fin dall'inizio aveva il sapore della RESTAURAZIONE nella Chiesa....
Ratzinger era quel Cardinale che in quel Venerdì Santo di cinque anni fa, fra l'inizio dell'agonia del Pontefice regnante, il ricordo della Passione e morte di Gesù, aveva preparato una durissima riflessione della "sporcizia" che regnava nella Chiesa, per offrirla come supplica al Cristo durante quella Via Crucis....

E il Cristo lo prese in parola!
E ancora, nella Messa Pro Eligendo sempre il mite ma anche energico Ratzinger, esprime a tutta la Chiesa il momento difficile che si sta attraversando e lo fa con ulteriori denuncie sulle "mode dei tempi" infiltratesi nella Chiesa e dove leggiamo:

Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come “un cembalo che tintinna” (1 Cor 13, 1).



A questo punto il Cristo chiama questo suo Fedele ed umile servitore a pascere nella Vigna il suo gregge...
E Benedetto XVI comincia il suo lavoro in un primo momento in modo molto timido, quasi felpato, come un temere di "spaventare" quella parte di gregge un pò troppo sonnacchioso, ignaro di quanto sta avvenendo nella Chiesa ma anche nel mondo...
Nel Dicembre 2005 possiamo dire che inizia la vera pulizia annunciata in quel Venerdì Santo, e il Papa comincia proprio dalle false interpretazioni alle linee guida del Concilio Vaticano II...

Il giornale Avvenire.it nel 2005 riportava in un articolo questa affermazione:

Il cardinale Joseph Ratzinger, in un incontro di qualche anno fa, ha parlato di «un isolamento oscuro del Vaticano II» e ha detto: «Alcune descrizioni suscitano l'impressione che dopo il Vaticano II tutto sia diventato diverso e che tutto ciò che è venuto prima non potesse essere più considerato o potesse esserlo soltanto alla luce del Vaticano II. Il Vaticano II non viene trattato come una parte della complessiva tradizione vivente della Chiesa, ma come un inizio totalmente nuovo. Sebbene non abbia emanato alcun dogma e abbia voluto considerarsi più modestamente al rango di Concilio pastorale, alcuni lo rappresentano come se fosse per così dire il superdogma, che rende tutto il resto irrilevante», mentre «possiamo rendere davvero degno di fede il Vaticano II se lo rappresentiamo molto chiaramente così com'è: un pezzo della tradizione unica e totale della Chiesa e della sua fede».

Appare evidente che nelle intenzioni del Pontefice ci sia proprio la fermezza di ripulire la Chiesa dalle tante illusioni perseguite a seguito di false interpretazioni date al Concilio, tuttavia invece di ottenere un aiuto concreto e compatto nella Chiesa, ecco che inizia il suo vero Calvario...

Benedetto XVI, amante e studioso della Liturgia, comincia a mettere in pratica, in modo soft, le correzioni alla Liturgia cominciando proprio dalla Messa Pontificia non soltando nominando mons. Guido Marini quale Cerimoniere Pontificio, ma anche agendo con la testimonianza: riporta la comunione in ginocchio e alla bocca; riporta il Crocefisso sull'altare; riporta la Musica Sacra nelle Liturgie varie...
Si sperava in una comunione autentica dei Vescovi in questo, ma ancora oggi non vediamo nelle nostre Parrocchie alcuna iniziativa episcopale atta ad applicare le richieste del Santo Padre...

Scopriremo così che il Papa è lasciato "solo" in molte occasioni!

Nel luglio 2007 Benedetto XVI inizia una vera riforma compiendo un atto di giustizia: il ritorno della Messa antica detta san Pio V o VOM, spiegando le motivazioni sia con il Motu Proprio e sia con la Lettera indirizzata ai Vescovi Summorum Pontificum, e così dopo aver iniziato il suo Calvario, ora Benedetto XVI viene caricato della Croce....

La prima sfilza di attacchi duri, inconcepibili e mediatici giungono non dai laici ma da alcuni Vescovi!!
Non sono pochi per la verità... molti criticano la decisione del Pontefice, altri, pubblicamente, promettono che ignoreranno le richieste del Papa...quelli più duri accusano il Pontefice di voler cancellare il Concilio, insomma un attacco in piena regola partito dai Vescovi...
Altro che comunione! Il popolo di Dio, il piccolo gregge è senza parole, SCANDALIZZATO, impotente di fronte a queste reazioni, ma non si perde d'animo  e con l'aiuto di vescovi obbedienti e sacerdoti si danno da fare raccogliendo firme e formando gruppi "stabili" per dimostrare non soltanto al Papa di aver gradito la sua iniziativa, ma anche per dimostrare ai Vescovi che esiste questo "piccolo gregge" pronto a mettere in pratica questa iniziativa attraverso anche la rete con Rinascimento Sacro la Riforma benedettiana, Cordinamento Toscano, ecc......
Cliccate qui per saperne di più:
Dossier sul MP Summorum Pontificum

I piccoli greggi in realtà sono tanti e danno vita al MP organizzando anche continue Messe dette "nella forma Straordinaria", il Papa stesso li aiuta con delle nomine specifiche come don Nicola Bux, o come padre Vincenzo Nuara O.P. a capo dei giovani e tradizione .... e così come tanti altri sostegni dal sito Totus Tuus con don Alfredo Morselli, al sostegno del cardinale Caffarra a Bologna, come al Blog di Messa in latino...
così come il sito-blog di Maranathà, interamente dedicato al servizio dei testi Liturgici anche in latino!
Non vorrei dimenticarmi di altri, me scuso di cuore, ma sono davvero molti, segno evidente che se da alcuni piani della Gerarchia giunsero immediate proteste al Pontefice, il "piccolo gregge" immediatamente rispose positivamente...

Ma la Riforma di Benedetto XVI va ben oltre, con un atto a sorpresa e di grande coraggio, toglie la Scomunica ai 4 Vescovi nominati da mons. Marcel Lefebvre.... e qui ancora una volta i Vescovi, invece di dimostrare unità, cominciano ad attaccare nuovamente il Pontefice...
Il Papa è costretto a scivere una LETTERA AI VESCOVI....nella quale deve tristemente constatare quanto segue:

A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.


TRATTATO CON ODIO E SENZA TIMORE E RISERBO.... parole durissime che avrebbero dovuto farci piangere dal dolore inflitto nel costato del Dolce Vicario di Cristo in terra!

Facciamo notare che il Papa usa queste espressioni rivolgendosi ai Vescovi e non giammai quando riceve gli attacchi dagli atei o dai laicisti che lo attaccano con i Media....e questo dovrebbe farci riflettere, perchè è proprio dall'interno della Chiesa che manca quella unità capace di fare davvero uno scudo di difesa non tanto alla persona Ratzinger quanto al suo ruolo di Sommo Pontefice!
Per questo non mi interessa che oggi si pubblicizzi una carrellata di difesa da parte dei vescovi al Pontefice contro gli attacchi di accusa sui casi di pedofilia nella Chiesa...certo, ben vengano, essi sono solo una minima parte del dovere di un vescovo il quale ha la diretta responsabilità di ciò che accade nella sua Diocesi e non il Papa...tuttavia sarebbe assai più corretto che i Vescovi dimostrassero invece questa solidarietà a partire DAL MAGISTERO DEL PONTEFICE, difenderlo nella sua applicazione, nell'obbedienza alle sue direttive, dimostrazioni assai scarse e palesemente, invece, contrarie come abbiamo sopra dimostrato!

Se i Media si permettono di attaccare il Sommo Pontefice in questo modo è perchè hanno avuto ampia dimostrazione che ciò si poteva fare tranquillamente "senza timore e riserbo"....perchè tali attacchi il Papa li aveva già ricevuti dai Vescovi che si servivano degli stessi Media per contrastare le direttive del suo Magistero...

Sarebbe dunque giunto il momento di cominciare ad eliminare fra di noi l'ipocrisia!
Inutile prendersela con i Media quando poi questi vengono usati per contrastare il Magistero Pontificio, la dottrina della Chiesa sul Celibato, sull'aborto, sul divorzio e quant'altro...

Il Pontificato di Benedetto XVI procede a pieno ritmo NEL SEGNO DEI TEMPI....cosa intendiamo dire?
Disse Benedetto XVI all'Angelus del 29.3.2009:
Ormai non è più l’ora delle parole e dei discorsi; è giunta l’ora decisiva, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo, e malgrado la sua anima sia turbata, Egli si rende disponibile a compiere fino in fondo la volontà del Padre
e così E' GIUNTA ANCHE LA NOSTRA ORA a meno che non vogliamo lasciare da SOLO il Divin Maestro....

E' giunta l'ora di rendersi DISPONIBILI  a compiere la volontà del Padre, basta con le parole e i discorsi, ci avverte il Santo Padre, in questa Quaresima, siamo pronti per superare il Getzemani e dare la vita per l'altro?
Siamo pronti per offrirci come olocausto unitamente al Sacrificio di Cristo?

Dio non ha bisogno di avvocati difensori, il Papa stesso non ha bisogno di avvocati difensori, ma Dio ha bisogno di TESTIMONI DELL'AZIONE...il Papa ha bisogno di un esercito che dopo la contemplazione PASSI ALL'AZIONE....ossia METTA IN PRATICA L'INSEGNAMENTO DELLA MADRE CHIESA...

                                         


Il 17 maggio 2009 il Papa ai Vescovi del Perù in Visita ad Limina disse:

La visita ad limina Apostolorum è un'occasione significativa per rafforzare i vincoli di comunione con il Romano Pontefice e fra di voi, sapendo che tra le vostre preoccupazioni pastorali deve essere sempre presente l'unità di tutta la Chiesa, affinché le vostre comunità, come pietre vive, contribuiscano all'edificazione di tutto il Popolo di Dio (cfr. 1 Pt 2, 4-5). Di fatto, "i vescovi, come legittimi successori degli apostoli e membri del collegio episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese" (Christus Dominus, n. 6). L'esperienza tuttavia ci dice che questa unità non viene mai definitivamente raggiunta e si deve costruire e perfezionare incessantemente, senza arrendersi dinanzi alle difficoltà obiettive e soggettive, con il proposito di mostrare il vero volto della Chiesa cattolica, una e unica.

Infine uno sguardo all'Anno Sacerdotale per comprendere come i "Segni dei Tempi" ci ammonisce di non perdere questa opportunità!

Forse pochi si rendono conto della grande Grazia che il Signore ha dato alla Sua Chiesa con l'indizione di questo Anno, forse altri se ne renderanno conto più avanti, ma intanto i frutti li vediamo ed uno di questi è proprio l'esplosione dello scandalo dei preti che si sono macchiati della pedofilia...
Un frutto?
Si, un frutto, perchè doveva emergere ed uscire allo scoperto questo scandalo....non a caso Gesù dice:
«E' necessario che gli scandali avvengano .», dice mentre fulmina gli scandalizzatori.

Gli scandali all'interno della Chiesa sono nati con la Chiesa, come grano e gramigna, come servi giusti e servi infingardi, come senapi rigogliosi e fichi sterili.... I Vangeli non nascondono l'uomo all'uomo, anzi, preannunciano un cammino tortuoso e difficile, per nulla agevolato dall'appartenere alla Chiesa.

La Chiesa non ha mai conosciuto isole di tranquillità nel suo navigare sulle correnti della storia anzi, spesso i venti contrari sono stati più numerosi di quelli favorevoli... Tuttavia, questa Chiesa continua ostinata sul mandato di Cristo!
Il problema è che ogni epoca pone in risalto le sue debolezze...
 
Un tempo, la più grande tentazione per i prelati era il potere, poi vennero i soldi e, col rinascimento, anche la lussuria fece capolino.... Comunque, in ogni epoca si saranno consumati, magari a percentuali variabili, i grandi peccati capitali, ora uno, ora l'altro, nulla di nuovo sotto il sole.... Ha ragione Camilleri nel voler vedere nel peccato di turno, la tentazione di turno.
La tentazione coglie l'essere umano là dove le sue difese sono più deboli, le sue mura presentano qualche crepa, la preghiera vigile cede al sonno il suo sguardo verso il fine.

La cosa bella e diremo paradossale, però, è che la Chiesa tutta è colpita dalla malattia di uno dei suoi membri, ma non come in certi siti-parodia dove ciò viene pubblicizzato presentando una corrotta società di satana etc., ma in un contagio di solidarietà, come quello della missionaria che si becca l'AIDS per aver curato un malato, o come quella del medico religioso che si attacca il virus Ebola per aver dato conforto al morente che ne è affetto.

Così anche il peccato di un laico, di un prete, di un vescovo o  che riguarda tutta la Chiesa, viene caricato sulle spalle a cominciare dal Dolce Vicario di Cristo in terra e fino nella comunità dei credenti esattamente come una malattia del corpo in virtù di quell'essere membra di un unico Corpo....lo dice san Paolo ricordate?: se una delle membre soffre, soffre tutto il Corpo, così se un membro gioisce, tutto il Corpo gioisce!
 Ed è in tal caso l'intero corpo mistico che deve guarire la sua parte malata con la preghiera, la penitenza, la medicina dei sacramenti.

Nessuno vive solo per se stesso così come nessuno muore solo per se stesso. Cristo non l'ha fatto e il suo sangue l'ha dato anche per quei superiori, o sacerdoti che sembrano aver dimenticato il suo monito per chi scandalizzerà i piccoli.

La Chiesa che ama è la Chiesa del paradosso, il paradosso di ostinarsi ad amare anche chi non vuole amare, o chi ama in modo sbagliato, o chi, avendo incarichi nella Chiesa, scandalizza i piccoli, perchè la Chiesa è Madre, principalmente una mamma che a suo tempo userà anche la giustizia....
 
La giustizia è sacrosanta ma anche l'amore di Cristo lo è, anzi viene prima l'amore del Cristo poi la sua giustizia..... Ma attenzione al concetto di "prima o dopo" l'Amore di cui parliamo infatti, quello sacro, e' anche somma GIUSTIZIA, la prima giustizia che Dio compie attraverso il Figlio è quello sulla Croce, è quello dalla Croce: a tutti sembra una sconfitta, in realtà quella crocifissione che applica un atto di giustizia nei confronti dell'uomo da salvare, è  e diventa la vittoria.

Dio salva (=atto d'amore), sacrificando il Figlio (=atto di giustizia per far trionfare il Bene), è Cristo infatti la nostra GIUSTIFICAZIONE: Amore divino e Giustizia divina vanno di pari passo, l'uno è nell'altro proprio perchè Dio è Amore.

Chi da, dunque di scandalo, commette un attentato verso questo Amore e da scandalo al prossimo, commette un atto ingiusto per il quale se l'Amore di Dio opera per mettervi riparo, è anche vero che la Sua giustizia condannerà a suo tempo l'empietà!

A questo serve anche l' Anno Sacerdotale....

Ci stringiamo così, a conclusione di queste riflessioni, al nostro affetto di figli verso questo Padre Amatissimo, Sommo Pontefice Benedetto XVI, che inizierà a breve un nuovo Anno di Pontificato e che vogliamo festeggiare così in questo Anno dedicato ai Sacerdoti con l'auspicio più affettuoso che il Signore stesso lo colmi di Grazie e Consolazione.

Grazie Santo Padre, stretti ai suoi piedi, ci benedica!

                                        

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO: BENEDICTO

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto
Dominus conservet eum et vivificet eum et
beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius



Preghiamo per il Papa Benedetto.
Il Signore Lo conservi, Gli doni vita e salute,
Lo renda felice sulla terra
e Lo preservi da ogni male. Amen.



"Non dimenticate mai il Papa!
Non dimenticate di pregare per il Papa
!"
(Benedetto XVI, Angelus Domini, 14 ottobre 2007)


[Modificato da Caterina63 08/04/2010 20:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/04/2010 00:03
 
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La Passione della Chiesa


2 aprile 2010 /

La Passione della Chiesa, che è in corso, è stata profetizzata per filo e per segno. Qualunque cosa si pensi delle moderne apparizioni della Madonna, i documenti parlano chiaro.
I due volti simbolo dell’attuale Passione della Chiesa sono il Papa e un povero e umile cristiano del Pakistan, Arshed Masih, 38 anni, che lavorava come autista a Rawalpindi.

Davanti a tre poliziotti e alcuni capi religiosi musulmani è stato cosparso di benzina e bruciato vivo perché si rifiutava di rinnegare Cristo e di convertirsi all’Islam.

E quando la moglie Martha, distrutta dal dolore, è andata al commissariato a denunciare l’assassinio del marito, è stata torturata e stuprata dai poliziotti davanti agli occhi atterriti dei figlioletti di 7, 10 e 12 anni.

L’episodio è di questi giorni, ma documenta il continuo, immane martirio di cristiani che nel Novecento è stato perpetrato sotto tutti i regimi, le ideologie e le latitudini.

Uno sociologo di Oxford ha calcolato in 45 milioni i cristiani che hanno perso la vita, in modo diretto o indiretto, a causa della propria fede.

Questo oceano di sangue cristiano era stato profetizzato esplicitamente a Fatima, dalla Madonna. E’ scritto nero su bianco.

Tale martirio resta tuttora sconosciuto ai più. Anzi, ad esso viene aggiunto il martirio morale della Chiesa trascinata sul banco degli accusati e bollata col marchio di infamia.

Sempre a Fatima la Madonna ha profetizzato la persecuzione del Papa e in una visione di Giacinta (una dei tre pastorelli, beatificata nel 2000), sembra di scorgere un suo linciaggio morale che pare coincidere con ciò che Benedetto XVI si trova a vivere in queste settimane.

Tale visione è descritta nella “terza memoria” di suor Lucia, datata 31 agosto 1941:

“Un giorno Giacinta si sedette sulle lastre del pozzo dei miei genitori… Dopo qualche tempo mi chiama.

- Non hai visto il Santo Padre?

- No !

- Non so com’è stato! Io ho visto il Santo Padre in una casa molto grande, inginocchiato davanti a un tavolo, con la faccia tra le mani, in pianto. Fuori dalla casa c’era molta gente, alcuni tiravano sassi, altri imprecavano e dicevano molte parolacce. Povero Santo Padre! Dobbiamo pregare molto per Lui!”.


Sembra la descrizione del linciaggio morale a cui è sottoposto oggi il Papa. E’ in corso infatti una delegittimazione morale della Chiesa di cui non si ricorda uguale, addirittura col tentativo esplicito di trascinare personalmente il Pontefice in giudizio come capo di un’accolita di malfattori.

Va aggiunto che alle persecuzioni contro la Chiesa seguono sempre disgrazie per il mondo. Infatti la visione di Giacinta prosegue così:

“Non vedi tante strade, tanti sentieri e campi pieni di persone che piangono di fame e non hanno niente da mangiare? E il Santo Padre in una chiesa, davanti al Cuore Immacolato di Maria, in preghiera? E tanta gente in preghiera con Lui?”.

Tutto questo martirio materiale e morale della Chiesa del XX secolo sembra rappresentare una svolta drammatica della sua storia millenaria.

Come è stato rivelato – quando stava iniziando – a un papa, quel Leone XIII, autore della “Rerum novarum” (la prima enciclica sociale) che traghettò la Chiesa nel Novecento.

Una mattina infatti, il 13 ottobre 1884 (lo stesso giorno dell’apparizione finale di Fatima: 13 ottobre 1917), dopo la celebrazione della Messa, mentre papa Leone XIII era in preghiera, fu visto alzare la testa come se avesse una visione.

Sembrò terrorizzato: gli fu dato di sentire un dialogo, presso il tabernacolo. Una voce orribile, appartenente a Satana, lanciava la sfida a Dio, dicendosi capace di distruggere la Chiesa se solo avesse potuto metterla alla prova (Satana disprezza sempre gli uomini che continuamente accusa. Mentre Dio dà sempre fiducia ai suoi figli).

Sembra sia stata permessa tale prova per circa un secolo.

Quindi papa Leone XIII – quella mattina del 1884 – vide in visione la Basilica di San Pietro assalita dai demoni e scossa fin dalle fondamenta.

La rivelazione al papa coincide con quella alla mistica Anna Katharina Emmerich, che scrisse:

“Se non sbaglio sentii che Lucifero sarà liberato e gli verranno tolte le catene, cinquanta o sessant’anni prima degli anni 2000 dopo Cristo, per un certo tempo. Sentii che altri avvenimenti sarebbero accaduti in tempi determinati, ma che ho dimenticato”.

Fu dopo quella visione che Leone XIII scrisse la preghiera, per la protezione della Chiesa, a San Michele Arcangelo che si è recitata alla fine della Messa fino al Concilio. Dopo il quale fu abolita e dopo il quale, già nei primi anni Sessanta, Paolo VI annuncerà drammaticamente: “Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio”.


Di recente il famoso esorcista, padre Gabriele Amorth, ha spiegato che quel fumo di Satana in Vaticano va inteso anche in senso letterale: uomini sotto il potere di Satana che sarebbero presenti nella Chiesa e nel Vaticano stesso.

Che questo attacco demoniaco comprenda anche la caduta di alcuni preti in perversioni come la pedofilia (crimini contro i figli di Dio più innocenti e inermi: i bambini), è stato predetto dalla Madonna – a quanto pare – a La Salette nel 1846 (dove la Vergine preannunciò pure le sofferenze del papa e attentati ai suoi danni).

L’apparizione è riconosciuta dalla Chiesa, ma su questo testo non c’è un giudizio ufficiale: “La Chiesa subirà una crisi spaventosa” avrebbe detto la Madonna, “si vedrà l’abominio nei luoghi santi; nei conventi i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio diventerà come il re dei cuori (…) i sacerdoti con la loro cattiva vita sono diventati delle cloache di impurità”.

Dopo 150 anni, nella celebre Via Crucis del 25 marzo 2005, il cardinal Ratzinger constaterà: “quanta sporcizia nella Chiesa”. Con le pesanti parole di quella Via crucis probabilmente Ratzinger e Giovanni Paolo II intesero implicitamente rivelare (per obbedire alla Madonna), i contenuti ancora non pubblicati del “terzo segreto di Fatima”, dello stesso tenore della Salette.

Tutta questa serie di apparizioni della Madonna, che convergono nei contenuti, aveva lo scopo di avvertire che quella attuale è un’epoca eccezionale della storia della Chiesa e che è in corso uno speciale soccorso del Cielo.

Quello che è accaduto e che sta accadendo prova che gli avvertimenti profetici erano autentici e dimostra pure che la Madonna ha la missione speciale di salvare la Chiesa in questa terribile, lunga prova.

Purché la si ascolti. Perché il misfatto peggiore che il ceto ecclesiastico ha compiuto e può compiere è proprio quello di “disprezzare le profezie” e “spegnere lo Spirito”.

Fu perpetrato con le persecuzioni a preti santi, come padre Pio. E fu ripetuto in parte con Fatima, rifiutandosi per decenni di fare la Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria (per esorcizzare il comunismo), come chiesto dalla Madonna stessa.

Infatti, apparendo a suor Lucia, Gesù nel 1930 previde la persecuzione dei papi proprio a causa di quella sordità.

(...)

Il ceto clericale, che oggi è al centro della tempesta, dovrebbe considerare con umiltà l’immensità dei frutti e dei segni di queste apparizioni.

E, consapevole dei propri enormi limiti, affidare la Chiesa alla protezione di Maria, l’Immacolata, la sola “senza macchia”.

In caso contrario…



Antonio Socci

Da “Libero”, 2 aprile 2010
Fraternamente CaterinaLD

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Invitiamo TUTTI a cominciare oggi una Novena per il Santo Padre in occasione dell'Ostensione avvenuta oggi della Sindone in coincidenza con i 9 giorni che corrono all'Anniversario della elezione di Benedetto XVI....qui trovate tutto:

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO: BENEDICTO


*******************************


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Su strade diverse da quelle del mondo

La libertà del Papa


di Lucetta Scaraffia


A differenza di quanto si legge su molti giornali che, nell'imminenza del quinto anniversario di pontificato di Benedetto XVI, lo raffigurano come debole e attaccato da ogni parte, oppure come un anziano teologo che non sa comprendere il mondo di oggi, a differenza di chi ne chiede, con scritte sui muri o sui manifesti, delle impensabili dimissioni, sono convinta che per Papa Ratzinger questa ricorrenza coincida con un momento di forza. Perché le denunce e le polemiche danno ragione alla severità da lui sempre manifestata nei confronti dei preti colpevoli di abusi sessuali su minori, al suo atteggiamento intransigente nei confronti dei mali che affliggono la Chiesa e che egli stesso ha denunciato, prima di diventare successore di Pietro, con chiare e pubbliche parole.

Questo momento di crisi, infatti, segna l'indubbia sconfitta di chi ha sempre sostenuto che il silenzio serviva a proteggere l'istituzione, di chi pensava che accettare il male fosse inevitabile in una realtà di deboli esseri umani, di chi ha preferito far finta di non vedere e non sapere. La tempesta farà pulizia nei ranghi della Chiesa, spezzerà connivenze e aiuterà il Papa a costruire quella comunità di "angeli" che si augurava qualche giorno fa, sapendo certo che si tratta di una speranza umanamente impossibile da realizzare, ma ben consapevole che bisogna proporsi un modello alto a cui aspirare per potere andare avanti e migliorare. La bufera permetterà soprattutto a Benedetto XVI di proseguire libero da un pesante fardello di colpe e silenzi per quella strada che ha indicato fin dal primo giorno del suo pontificato:  una strada difficile e in salita verso un miglioramento continuo, del clero e dei fedeli.

Nel suo apostolato il Papa chiede sempre di più e sembra spostare sempre più in alto l'asticella, senza accontentarsi di contare la folla dei fedeli che lo applaudono in piazza San Pietro o di constatare la ripresa delle sue parole da parte degli organi di informazione. Anzi, sembra che di ciò non si curi - e forse è anche per questo che i media si irritano - mentre è chiaro che gli importa soprattutto di guidare la Chiesa in avanti, verso una purificazione spirituale continua. È esclusivamente su tale piano che si muovono le sue parole e le sue spiegazioni dei testi sacri, è solo a questo livello che diventa eloquente il suo sguardo dolce, profondo e sempre attento.

In sostanza, a Benedetto XVI interessa solo fare bene il Papa, cioè la guida spirituale dei cattolici. Ed è questo che disturba tanto il mondo e i potenti padroni dell'informazione e della politica:  il fatto che così evidentemente li consideri irrilevanti davanti all'esigenza di meditare e spiegare le parole di Gesù. "Non ci risponde, non parla di noi" continuano a protestare, e intanto non sanno ascoltare quello che dice, non sanno capire che nelle sue parole c'è sempre una risposta a quello che accade, ma spostata su un piano più alto. In una società dove vince sempre la volgarizzazione, la spiegazione più facile e quindi anche più grossolana, il Papa si propone come una frattura, una diversità per molti insostenibile.

La sua forza si rivela in questa capacità di seguire altri tempi, di muoversi su strade diverse da quelle del mondo. Per farlo bisogna essere veramente forti, bisogna saper vedere con molta chiarezza quello che accade, bisogna soprattutto saper reggere la solitudine. Benedetto XVI ne ha la capacità intellettuale e la forza spirituale e psicologica. Solo così può farci luce, può tracciare il cammino a una Chiesa purificata e libera, come sta facendo e farà. Si legge che oggi ci sono fedeli i quali, delusi dopo gli scandali degli abusi sessuali, lasciano la Chiesa. Questo, al contrario, è proprio il momento di entrare, di scommettere sul fatto evidente che Gesù non abbandona la sua sposa e che i mali non prevarranno. Grazie anche al nostro Papa Benedetto.


(©L'Osservatore Romano - 17 aprile 2010)


Il regalo del Papa al mondo

Nel giorno del compleanno di Benedetto XVI e ormai vicini all'anniversario della sua elezione, presentiamo uno dei migliori regali che il Papa ha offerto in questi anni al mondo: la sua predicazione. Brani di discorsi e di omelie di questi cinque anni.

15 aprile 2010




1. INIZIO DEL PONTIFICATO: VOCAZIONE

Opus Dei -
Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano.

Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita.


2.
GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' IN GERMANIA: EUCARISTIA

Opus Dei -
Non lasciatevi dissuadere dal partecipare all'Eucaristia domenicale ed aiutate anche gli altri a scoprirla. Certo, perché da essa si sprigioni la gioia di cui abbiamo bisogno, dobbiamo imparare a comprenderla sempre di più nelle sue profondità, dobbiamo imparare ad amarla. Impegniamoci in questo senso - ne vale la pena! Scopriamo l'intima ricchezza della liturgia della Chiesa e la sua vera grandezza: non siamo noi a far festa per noi, ma è invece lo stesso Dio vivente a preparare per noi una festa. Con l'amore per l'Eucaristia riscoprirete anche il sacramento della Riconciliazione, nel quale la bontà misericordiosa di Dio consente sempre un nuovo inizio alla nostra vita. 

Chi ha scoperto Cristo deve portare altri verso di Lui. Una grande gioia non si può tenere per sé. Bisogna trasmetterla. In vaste parti del mondo esiste oggi una strana dimenticanza di Dio. Sembra che tutto vada ugualmente anche senza di Lui. Ma al tempo stesso esiste anche un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione di tutto e di tutti. Vien fatto di esclamare: Non è possibile che questa sia la vita! Davvero no.


3.
GIORNATA DELLE FAMIGLIE A VALENCIA:  LA FAMIGLIA

Cristo ha rivelato quale è sempre la fonte suprema della vita per tutti e, pertanto, anche per la famiglia: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici." (Gv 15,12-13). L'amore di Dio stesso si è riversato su di noi nel battesimo. Per questo le famiglie sono chiamate a vivere quella qualità di amore, poichè il Signore è colui si fa garante che ciò sia possibile per noi attraverso l'amore umano, sensibile, affettuoso e misericordioso come quello di Cristo.

Insieme alla trasmissione della fede e dell'amore del Signore, uno dei compiti più grandi della famiglia è quello di formare persone libere e responsabili. Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della quale per qualche tempo sono garanti. Se questi vedono che i loro genitori -e in generale gli adulti che li circondano- vivono la vita con gioia ed entusiasmo, anche nonostante le difficoltà, crescerà più facilmente in essi quella gioia profonda di vivere che li aiuterà a superare con buon esito i possibili ostacoli e le contrarietà che comporta la vita umana.

Opus Dei -
4. DISCORSO ALL'UNIVERSITA' LA SAPIENZA: RAGIONE E FEDE

Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell’università: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande. Se però la ragione – sollecita della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma.

Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro.


5.
SACRAMENTUM CARITATIS

La bellezza della liturgia (...) è espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra. Il memoriale del sacrificio redentore porta in se stesso i tratti di quella bellezza di Gesù di cui Pietro, Giacomo e Giovanni ci hanno dato testimonianza, quando il Maestro, in cammino verso Gerusalemme, volle trasfigurarsi davanti a loro (cfr Mc 9,2). La bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell'azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione. Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba avere perché l'azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria.

6.
ENCICLICA: DEUS CARITAS EST

Abbiamo creduto all'amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. (...) In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell'odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto. Per questo nella mia prima Enciclica desidero parlare dell'amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri.

Opus Dei -
La storia d'amore tra Dio e l'uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall'esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all'esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso. Allora cresce l'abbandono in Dio e Dio diventa la nostra gioia.


7.
ENCICLICA: SPES SALVI

Elemento distintivo dei cristiani [è] il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una « buona notizia » – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo « informativo », ma « performativo ». Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova.


8.
ENCICLICA: CARITAS IN VERITATE

Opus Dei -
Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante. La condivisione dei beni e delle risorse, da cui proviene l'autentico sviluppo, non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cfr Rm 12, 21) e apre alla reciprocità delle coscienze e delle libertà.


9.
VERONA: CULTRA ED EDUCAZIONE

Un'educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l'amore in tutta la sua bellezza:  quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà.

Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri "no" a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. In verità, questi "no" sono piuttosto dei "sì" all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio.


Opus Dei -
10. STATI UNITI: CONVERSIONE

San Paolo, come abbiamo sentito nella seconda lettura, parla di una specie di preghiera che sale dalle profondità dei nostri cuori con sospiri troppo profondi per essere espressi in parole, con “gemiti” (Rm 8,26) suggeriti dallo Spirito. È questa una preghiera che anela, nel mezzo del castigo, al compiersi delle promesse di Dio. È una preghiera d’inesauribile speranza, ma anche di paziente perseveranza e, non di rado, accompagnata dalla sofferenza per la verità. Mediante questa preghiera partecipiamo al mistero della stessa debolezza e sofferenza di Cristo, mentre confidiamo fermamente nella vittoria della sua Croce. Che la Chiesa in America, con questa preghiera, abbracci sempre di più la via della conversione e della fedeltà alle esigenze del Vangelo! E che tutti i cattolici sperimentino la consolazione della speranza e i doni di gioia e forza elargiti dallo Spirito.


11.
AFRICA: IL DOLORE

In presenza di sofferenze atroci, noi ci sentiamo sprovveduti e non troviamo le parole giuste. Davanti ad un fratello o una sorella immerso nel mistero della Croce, il silenzio rispettoso e compassionevole, la nostra presenza sostenuta dalla preghiera, un gesto di tenerezza e di conforto, uno sguardo, un sorriso, possono fare più che tanti discorsi. Questa esperienza è stata vissuta da un piccolo gruppo di uomini e donne tra i quali la Vergine Maria e l’Apostolo Giovanni, che hanno seguito Gesù al culmine della sua sofferenza nella sua passione e morte sulla Croce. Tra costoro, ci ricorda il Vangelo, c’era un africano, Simone di Cirene.

Non si può forse dire che ogni Africano è in qualche modo membro della famiglia di Simone di Cirene? Ogni Africano e ogni sofferente aiutano Cristo a portare la sua Croce e salgono con Lui al Golgota per risuscitare un giorno con Lui. Vedendo l’infamia di cui è oggetto Gesù, contemplando il suo volto sulla Croce, e riconoscendo l’atrocità del suo dolore, possiamo intravvedere, con la fede, il volto luminoso del Risorto che ci dice che la sofferenza e la malattia non avranno l’ultima parola nelle nostre vite umane.
Opus Dei -


12. FRANCIA:  CHIAMATA AL SACERDOZIO

Permettetemi di lanciare un appello pieno di fiducia nella fede e nella generosità dei giovani, che si pongono la domanda sulla vocazione religiosa o sacerdotale: Non abbiate paura! Non abbiate paura di donare la vostra vita a Cristo! Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa. Niente rimpiazzerà mai una Messa per la salvezza del mondo! Cari giovani o meno giovani che mi ascoltate, non lasciate senza risposta la chiamata di Cristo.


13.
LOURDES: LA MADONNA

Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbandonati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus Caritas est, n. 36). Lasciarsi assorbire dalle attività rischia di far perdere alla preghiera la sua specificità cristiana e la sua vera efficacia. La preghiera del Rosario, così cara a Bernadette e ai pellegrini di Lourdes, concentra in sé la profondità del messaggio evangelico. Ci introduce alla contemplazione del volto di Cristo. In questa preghiera degli umili noi possiamo attingere grazie abbondanti.
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14. ANNO SACERDOTALE

Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di “amici di Cristo”, da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati?
Opus Dei -


15. ANNO PAOLINO

In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza; non può essere servitore della verità e così servitore della fede. Non c’è amore senza sofferenza – senza la sofferenza della rinuncia a se stessi, della trasformazione e purificazione dell’io per la vera libertà. Là dove non c’è niente che valga che per esso si soffra, anche la stessa vita perde il suo valore. L’Eucaristia – il centro del nostro essere cristiani – si fonda nel sacrificio di Gesù per noi, è nata dalla sofferenza dell’amore, che nella Croce ha trovato il suo culmine. Di questo amore che si dona noi viviamo. Esso ci dà il coraggio e la forza di soffrire con Cristo e per Lui in questo mondo, sapendo che proprio così la nostra vita diventa grande e matura e vera.


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16. AUSTRALIA: CONVERSIONE

L’amore di Dio può effondere la sua forza solo quando gli permettiamo di cambiarci dal di dentro. Noi dobbiamo permettergli di penetrare nella dura crosta della nostra indifferenza, della nostra stanchezza spirituale, del nostro cieco conformismo allo spirito di questo nostro tempo. Solo allora possiamo permettergli di accendere la nostra immaginazione e plasmare i nostri desideri più profondi. Ecco perché la preghiera è così importante: la preghiera quotidiana, quella privata nella quiete dei nostri cuori e davanti al Santissimo Sacramento e la preghiera liturgica nel cuore della Chiesa.


 un grazie al sito: Opusdei

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Ricevuto da Sarastro volentieri condivido:




 Sorriso


Questi invece sono i miei Auguri per questi 5 anni di Pontificato, un Grazie e l'auspicio di altri anni ancora TUTTI IN SALITA come sta avvenendo....contrariamente a ciò che ne dicano e ne pensano i Media....


Grazie Santo Padre!
Te Deum Laudamus!
Viva il Papa!




 

Mercoledì, 18 Aprile 2012

Sette anni fa l’elezione di Benedetto XVI

 

In conclave Ratzinger votò per Biffi

 

Il futuro Papa per quattro volte diede il suo suffragio all’Arcivescovo emerito di Bologna che avrebbe voluto prendere a schiaffi il suo unico elettore

conclave

«Eligo in Summum Pontificem cardinalem Biffi». È quello che chiunque, se avesse potuto accedere alla Cappella Sistina, avrebbe potuto leggere sulla scheda del cardinale Ratzinger nelle quattro votazioni del conclave del 2005. Ambrosiano, più giovane di Benedetto XVI di un solo anno, Giacomo Biffi diventa sacerdote nel 1950. Nel 1975 Paolo VI lo nomina vescovo ausiliare di Milano. Diviene così il principale collaboratore del cardinale Giovanni Colombo, successore di Montini sulla cattedra dei santi Ambrogio e Carlo.

È il beato Giovanni Paolo II, nel 1984, ad affidargli il timone dell’Arcidiocesi bolognese che Biffi guida fino al 2003 quando, al compimento dei 75 anni, lascia l’incarico per raggiunti limiti d’età. È sempre Wojtyla a elevarlo alla porpora nel concistoro del 1985. Nel conclave del 2005 che deve eleggere il successore del Papa polacco Biffi arriva nella veste di Arcivescovo emerito di Bologna. La sua ironia pungente e sagace è nota alla maggior parte dei confratelli. Ama ripetere spesso: «Non sono mai sceso più a Sud di Roma».

È lui a coniare la "teologia del tortellino". «Mangiare i tortellini - sostiene Biffi - con la prospettiva e la certezza del paradiso, rende migliori anche i tortellini».

Ma ritorniamo al conclave del 2005. In tutte le quattro votazioni Ratzinger vota per il porporato ambrosiano. E ogni volta, prima di imbucare la scheda nell’urna, così come previsto dal cerimoniale, ripete a voce alta davanti ai tre cardinali scrutatori estratti a sorte la formula latina: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto».

C’è un episodio molto divertente che avviene durante il conclave e che ha come protagonisti proprio Biffi e Ratzinger, seppur in modo indiretto. È il 19 aprile 2005, secondo e ultimo giorno di votazioni. Dopo il terzo scrutinio del conclave, il secondo di quella mattina, i cardinali elettori tornano in pullman nella Casa Santa Marta dove risiedono in quei giorni. Li attende il pranzo e un breve riposo nelle loro stanze prima di far ritorno nella Cappella Sistina per la votazione che sarà definitiva e alla quale seguirà l’annuncio al mondo dell’avvenuta elezione del nuovo Papa.

Ed è proprio durante quel pasto frugale che Biffi, molto innervosito, si sfoga con un confratello: «A ogni votazione ricevo sempre un solo voto. Se scopro chi è quel cretino che si ostina a votarmi giuro che lo prendo a schiaffi».

«Cosa Eminenza?», gli domanda perplesso il confratello. «Sì, ha capito bene, Eminenza», replica Biffi. «Giuro che lo prendo a schiaffi».

Al che il porporato lo guarda perplesso e gli spiega: «Eminenza, ormai è chiaro chi stiamo eleggendo come nuovo Papa ed è anche abbastanza evidente che questo candidato abbia scelto di votare per lei. Quindi se vorrà ancora mantenere il suo proposito sarà costretto a prendere a schiaffi il Papa». Biffi rimase senza parole. Ratzinger aveva deciso di votare per lui.

Nel 2007 sarà proprio il cardinale bavarese divenuto Benedetto XVI a chiedere all’Arcivescovo emerito di Bologna di predicare a lui e all’intera Curia romana gli esercizi spirituali per la quaresima. Al termine, nel ringraziarlo per le meditazioni che aveva offerto a tutti i presenti, Benedetto XVI chiosò su un simpatico particolare. «Vorrei dirle grazie - affermò il Papa - per il suo realismo, per il suo umorismo e per la sua concretezza; fino alla teologia un po’ audace di una sua domestica: non oserei sottoporre queste parole "il Signore forse ha i suoi difetti" al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma in ogni caso - concluse il Papa - abbiamo imparato e i suoi pensieri, Signor Cardinale, ci accompagneranno non solo nelle prossime settimane».

Così Biffi ricorda quel momento: «Al termine degli esercizi, dopo la meditazione conclusiva, Benedetto XVI con incantevole semplicità, parlando a braccio, mi rivolse i ringraziamenti d’uso; ma lo fece - precisa Biffi - con un calore, con un’amabilità di linguaggio, con una generosità negli apprezzamenti, che mi hanno, oltre che commosso, lasciato addirittura stupefatto».

Ritorniamo al conclave del 2005. Per chi votò Biffi? La risposta emerge con grande evidenza dall’intervento che l’Arcivescovo emerito di Bologna rivolse a tutti i cardinali la mattina del 15 aprile, durante la quotidiana seduta delle congregazioni generali che i porporati tengono ogni giorno nel periodo della Sede Vacante.

«Vorrei segnalare al nuovo Papa (che mi sta ascoltando) - è il passaggio più importante dell’intervento di Biffi - la vicenda incredibile della Dominus Iesus: un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli - a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste - non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni - proseguì Biffi - non è mai stata posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma. L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna. Eppure questo documento - sottolineò ancora Biffi - che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia. Mi è stato raccontato - proseguì Biffi - di un buon cattolico che ha proposto al suo parroco di fare una presentazione della Dominus Iesus alla comunità parrocchiale. Il parroco (un sacerdote peraltro eccellente e ben intenzionato) gli ha risposto: Lascia perdere. Quello è un documento che divide. "Un documento che divide". Bella scoperta! Gesù stesso ha detto: Io sono venuto a portare la divisione. Ma troppe parole di Gesù oggi - concluse Biffi - risultano censurate dalla cristianità; almeno dalla cristianità nella sua pars loquacior».

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[Modificato da Caterina63 18/04/2012 16:07]
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Benedetto XVI, la bioetica e le critiche


di Renzo Puccetti*

ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Oggi è il giorno in cui ho trovato il tempo per leggere la lettera aperta rivolta al Santo Padre da parte del teologo Hans Küng,[1] secondo cui l’attuale pontificato si caratterizzerebbe «per non avere saputo cogliere una serie di opportunità». Nel testo il teologo svizzero ne elenca undici. Chi scrive non ha competenze specifiche per verificare la fondatezza di ciascuno di essi, è possibile che alcuni elementi si possano trarre leggendo l’omelia che il Papa ha pronunciato nella Messa celebrata oggi a Malta,[2] ma due punti sollevati da Küng hanno però forti implicazioni bioetiche; immagino che prenderli in esame, seppure in maniera non certo esaustiva, possa interessare i lettori di questa rubrica.

Nel primo di questi si sostiene la opportunità di aiutare le popolazioni dell’Africa sollevandole dal peso della sovrappopolazione e dal flagello dell’AIDS assecondando la contraccezione e l’uso del preservativo.

Su questo punto l’argomentazione sembra svilupparsi partendo da una prospettiva proporzionalistica; il bene o il male di un’azione deriverebbe da una ponderazione delle conseguenze. Tale prospettiva non certo nuova e di cui si riconoscono peraltro numerose varianti, non perché è sostenuta da Küng esime dai problemi e garantisce dal commettere azioni immorali. Chi stabilisce i criteri di utilità? Come sono valutate le conseguenze? Chi le verifica? Sono tutte prevedibili? È stato osservato che il proporzionalismo, facendo l’uomo responsabile di tutto, finisce per farlo diventare responsabile di niente. Come potrebbe rispondere infatti il proporzionalista e quindi in definitiva lo stesso Hans Küng, a quei medici che dalla sbarra del tribunale di Norimberga si fossero giustificati adducendo la loro buona intenzione quando sottoponevano i prigionieri agli esperimenti di congelamento e di decompressione? Non agivano forse nell’interesse dei piloti della Luftwaffe ed in definitiva dell’intero popolo tedesco che aveva un interesse a vincere la guerra?[3]  Una tale prospettiva, al fine, finisce per ridurre l’azione malvagia ad un semplice errore di calcolo. Attenzione non si dice qui che contraccezione ed esperimenti sugli ebrei siano la stessa cosa, una tale lettura del concetto da me espresso sarebbe talmente rozza da non meritare alcun commento, ma si vuole fare riflettere sui limiti della teoria proporzionalista.[4] Ma diamo per scontato che tale impostazione sia accettabile e seguiamo il teologo dissidente.

Vi sono robuste evidenze che la diffusione della contraccezione porti ad una riduzione del tasso di fertilità nei paesi in via di sviluppo.[5] Molto meno evidente che la riduzione della popolazione porti a benefici in termini economici. Se quindi lo sviluppo economico viene preso come unico indicatore del benessere di una popolazione, allora la pretesa di dettare l’agenda da parte di Küng comincia ad avere dei guai. A tale proposito riporto quanto affermato da Luca Molinas, dottorando presso la facoltà di Scienze Economiche “La Sapienza”: «In sostanza il mondo accademico è totalmente diviso ed in disaccordo sulla relazione tra crescita della popolazione e sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo».[6] Lo stesso autore conclude affermando: «Lo studio comparativo sulle politiche demografiche in Cina ed in India dimostra che l’approccio neomaltusiano esce sostanzialmente sconfitto nel dibattito». Ma la contraccezione non ha soltanto effetti in termini di popolazione. Se il teologo considerasse ad esempio gli studi in proposito del nobel per l’economia Gorge Akerlof se ne potrebbe facilmente rendere conto. Una delle conseguenze indirette individuate da Akerlof è quella, ad esempio, dell’incremento dei bambini costretti a crescere con un solo genitore. Ora il guaio è che Küng sembra rinvenire nella contraccezione proprietà quasi taumaturgiche. Quando egli accusa infatti di “rigorismo impietoso” il Magistero, egli cita tutta una serie di questioni come la contraccezione, l’inseminazione artificiale, l’aborto, la diagnosi pre-natale, l’eutanasia, quali esempi di “estremismo fanatico”.[7] Lo “zelo antimodernista” della Chiesa finirebbe addirittura per incoraggiare l’aborto attraverso la proibizione della contraccezione. Il professor Küng non ce ne voglia, ma il suo concetto di modernità ci ricorda quello di Cristiane, la protagonista del film “Good Bye Lenin!” , che, risvegliatasi dopo un coma protratto stenta ad adattarsi ai cambiamenti che hanno fatto seguito al crollo del comunismo. Allo stesso modo il prof. Küng sembra riproporre riflessioni etiche che potevano avere una qualche verosimiglianza qualche decennio fa.

Presentarsi con una tale teoria al premio Ig Nobel assicurerebbe ottime probabilità di vittoria; è piuttosto difficile infatti pensare che una persona ubbidisca al Papa per quanto riguarda la contraccezione, ma contravvenga al suo insegnamento sull’aborto. Si dà il caso peraltro che il sottoscritto abbia da poco pubblicato uno studio che fa piazza pulita dell’idea che la diffusione della contraccezione in una popolazione riduca il ricorso all’aborto.[8] Contra factum non valet argumentum. Il teologo casca male anche quando accusa il Papa sulla questione del preservativo e l’AIDS. Verrebbe da ripetere la risposta di Apelle di Coo al ciabattino a noi tramandata: “Sutor, ne ultra crepidam!”. Se egli infatti è così ansioso di riconciliare la religione con la scienza moderna, siamo certi che trarrebbe vantaggio dallo studio della letteratura scientifica prima di aprire bocca su argomenti da cui la sua statura intellettuale guadagna quando sta zitto. Abbiamo pubblicato da poco un piccolo libro proprio su questo argomento che in modo facile, facile potrà aiutarlo a comprendere che la sua posizione è sbagliata e che quando il Papa  afferma che la distribuzione di preservativi aumenta il problema, egli ha ragione.[9] L’ennesima conferma deriva da uno studio svolto in Kenya da poco pubblicato che mostra come la conoscenza tra i giovani che il condom protegge dall’AIDS si associa ad una maggiore promiscuità sessuale.[10]

Quando il teologo parla di «una pianificazione famigliare ragionevole, così come una contraccezione ragionevole»,[11] lontano dall’offrire qualche risposta, sembra piuttosto più simile ad uno che brancola nel buio, ma vuole indicare la strada ai passanti.

La seconda questione sollevata da Küng nella sua lettera aperta sarebbe la mancata riconciliazione con la scienza moderna attraverso il riconoscimento «senza ambiguità» della teoria dell’evoluzione e «aderendo, seppure con le debite differenziazioni, alle nuove prospettive della ricerca, ad esempio sulle cellule staminali».

Ora, che quella che lui stesso riconosce come teoria, cioè terreno soggetto ad una continua rivalutazione scientifica, debba essere materia che impegna quello stesso Magistero di cui egli disconosce la infallibilità in materia di fede e di morale,[12] è espressione di un contorsionismo logico davvero ammirevole. Quando poi il professore cita quale esempio la questione della ricerca sulle cellule staminali è quanto meno impreciso. Egli infatti omette di ricordare che la Chiesa è favorevoli a tutte le forme di ricerca mediante cellule staminali che non implichino la distruzione di embrioni, considerati degni di rispetto al pari delle persone. Se ad un tale tipo di ricerca il teologo è favorevole, allora egli non potrà che prendere atto che la sua prospettiva accetta la sacrificabilità di alcuni esseri umani per il tornaconto di altri. Questo, depurato dagli aspetti circostanziali, è quanto accomuna infatti aborto e sperimentazione su cellule staminali embrionali: sopprimere lecitamente e legalmente esseri umani piccoli, piccoli, assolutamente indifesi, privi di qualsiasi colpa se non quella di esistere, esseri umani con caratteristiche che tutti noi abbiamo condiviso, perché qualcun altro ha deciso che ciò è utile. Basta toglierli l’umano di cui sono portatori, non più esseri umani viventi, ma ovuli fecondati, zigoti, blastocisti, embrioni, feti. Che arma potente il linguaggio! Se governi le parole puoi cambiare il mondo senza che questi se ne accorga. In tale esercizio si erano cimentati con eccellenti risultati anche nel campo di Dachau dove l’uomo era abolito e si sperimentava su versuchspersonen (soggetti permanenti da esperimento).[13]

La filantropia del prof. Hans Küng, se non preoccupasse per la presa mediatica, mi sembrerebbe più patetica che pericolosa.

[1] Hans Küng. Benedetto XVI ha fallito i cattolici perdono la fiducia. La Repubblica, 15 Aprile 2010. (http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/15/news/hans_kung-3359034/)

[2] Benedetto XVI. Omelia del 18 Aprile 2010. (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20100418_floriana_it.html)

[3] cfr. Gli esperimenti "medici" nei campi di concentramento nazisti. (http://www.olokaustos.org/argomenti/esperimenti/medexp01.htm)

[4] Le teorie teleologiche sono chiaramente respinte dal Magistero (vd. N. 79 Veritatis Splendor).

[5] John Bongaarts and Elof Johansson. Future Trends in Contraceptive Prevalence and Method Mix in the Developing World. Studies in Family Planning. 2002; 33(1): 24-36.

[6] w3.uniroma1.it/secis/Molinas.ppt#3

[7] Hans Küng. A global ethic for global politics and economics. P. 135.

[8] Puccetti R, Di Pietro ML, Costigliola V, Frigerio L. Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione? Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics 2009: 21(3): 164-78.

[9] Cesare Cavoni, Renzo Puccetti. Il Papa ha ragione! L’AIDS non si ferma con il condom. Fede & Cultura Ed. 2010.

[10] Chiao C, Mishra V. Trends in primary and secondary abstinence among Kenyan youth. AIDS Care. 2009; 21(7): 881-92.

[11] Hans Küng. Il viaggio del Papa in Africa? Un’occasione sprecata. Euronews 2010.

[12] Hans Küng. Infallibile? Una domanda. Queriniana Edizioni, 1970.

[13] Luciano Sterpellone. Le cavie dei lager: gli esperimenti medici delle SS. Mursia Editore, 2005. p.11.

* Il dottor Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e segretario del Comitato “Scienza & Vita” di Pisa-Livorno.

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Laudes Regiae. Studio sulle acclamazioni liturgiche e sul culto del sovrano nel Medioevo
di Roberto Beretta - 03/03/2007

Fonte: Avvenire

Per la prima volta in Italia la ricerca del medievista tedesco Kantorowicz sul «Christus vincit»: oggi acclamazione vaticana, ma nata per l’imperatore
Diventare re per una litania
Le «Laudes regiae», sorte in ambito carolingio per affermare la derivazione divina del potere civile, nel XII secolo e con la lotta per le investiture diventano invece segno liturgico della teocrazia

Oggi le sue note fanno da refrain ai buchi di palinsesto della Radio Vaticana: «Christus vincit, Christus regnat, Christus Christus imperat!». Ma una volta questo ritornello era parte fondamentale delle «litanie cesaree», riservate all'incoronazione rituale di re e imperatori: senza di esse non si fece sovrano, dal Sacro Romano Impero in poi. Erano le Laudes Regiae...

«Una delle preghiere più virili, infiammate e potenti della Chiesa cattolica», le Laudes (la cui più antica versione risale al 785 circa, piena epoca carolingia) sono dunque invocazioni che - partendo dal Cristo vincitore e re - servivano ad acclamare in Lui i suoi vicari terreni, imperatori e sovrani dapprima, vescovi e papi poi.
E infatti nel testo vengono spessi menzionati i nomi dei re in carica, per i quali si invoca sì assistenza dal cielo, ma di cui nello stesso tempo si colloca in excelsis la fonte dell'autorità.

Laudes Regiae.

Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat. [...]

Exaudi, Christe. Exaudi, Christe.

Benedicto Summo Pontifici,
in unum populos doctrina congreganti, caritate:
Pastori gratia, gregi obsequentia.

Salvator mundi. Tu illum adiuva.
Sancte Petre. Tu illum adiuva.
Sancte Paule. Tu illum adiuva. […]

Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat.

Rex regum. Rex noster.
Spes nostra. Gloria nostra. [...]

Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat.

Ipsi soli imperium, laus et iubilatio,
per infinita saecula saeculorum. Amen.

Tempora bona habeant!
Tempora bona habeant redempti sanguine Christi!

Feliciter! Feliciter! Feliciter!

Pax Christi veniat! Regnum Christi veniat!
Deo gratias. Amen.





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Il pranzo del Papa con i cardinali nel quinto anniversario dell’elezione. Il saluto del cardinale Sodano

Pope Benedict XVI shakes hand with French Cardinal Roger Etchegaray during a lunch offered to the cardinals to mark his fifth anniversary of pontificate at the Vatican April 19, 2010.

In this photo released by the Vatican newspaper L'Osservatore Romano, Pope Benedict XVI, center, wearing white with back to camera, delivers a blessing prior to a luncheon with Cardinals to mark the fifth anniversary of his election, in the Ducale Hall, at the Vatican, Monday, April 19, 2010. Monday's anniversary is clouded by a clerical sex abuse scandal that has been rocking the Catholic Church for months, causing it its gravest crisis of recent times.

Pope Benedict XVI sits with Italian cardinals Angelo Sodano (L), Tarcisio Bertone (2nd R) and Giovanni Battista Re during a lunch offered to the cardinals to mark his fifth anniversary of pontificate at the Vatican April 19, 2010.





Un’occasione per ringraziare Benedetto XVI, con affetto fraterno, nel quinto anniversario del suo Pontificato: con tale spirito, si è tenuto nella Sala Ducale del Palazzo apostolico un pranzo offerto al Papa dal cardinale decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano. Il Papa ha ringraziato il Collegio cardinalizio per la sua vicinanza e il sostegno che egli sente nell'esercizio del suo Ministero. Al momento conviviale hanno partecipato i 60 cardinali residenti nell’Urbe e spiritualmente anche i 121 porporati sparsi nel resto del mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti.

Nel suo indirizzo d’omaggio, il cardinale Sodano ha innanzitutto ringraziato Benedetto XVI per il suo servizio alla Chiesa e al mondo. Ed è tornato con la memoria al 19 aprile di 5 anni fa:

“Animato da un grande amore a Cristo ed alla sua Chiesa, Ella manifestò il suo “Sì” al Buon Pastore ed iniziò così con grande generosità la Sua missione. Oggi noi desideriamo ringraziarLa per tutto ciò che ha fatto in questo quinquennio, al servizio della Chiesa e del mondo intero”.
Il Collegio cardinalizio, ha affermato il cardinale Sodano, “è una grande famiglia, sempre unita al Successore di Pietro ed impegnata a vivere in un vicendevole spirito di comunione fraterna”. Certo, ha osservato il porporato, non si possono dimenticare “le sfide che il mondo moderno pone ad ogni discepolo di Cristo”. Ma, ha osservato, “ci sostiene la luce della speranza cristiana, con la certezza che la grazia del Signore continua ad operare in mezzo a noi”. Quella speranza nella Provvidenza, ha poi ricordato, che ha sempre guidato il cardinale Tomáš Špidlík, scomparso venerdì scorso. Il cardinale Sodano ha infine rinnovato la gratitudine al Papa per il suo messaggio di speranza, ed ha concluso il suo discorso con il beneaugurante “Ad multos Annos”.



La Chiesa si stringe attorno a Benedetto XVI per festeggiare i 5 anni di Pontificato


Tra le tante iniziative per celebrare questo anniversario, anche una Giornata di preghiera per il Papa promossa dalla Conferenza episcopale italiana. La presidenza della Cei ha invitato tutti i cattolici a stringersi oggi intorno a Benedetto XVI, “centro di unità e segno visibile di comunione”. Su questi primi 5 anni di Pontificato di Benedetto XVI, contraddistinti dalla testimonianza mite e ferma della “Carità nella Verità”, Fabio Colagrande ha intervistato l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Mons. Ravasi muove la sua riflessione dalla definizione di “Papa-teologo” che viene usualmente attribuita a Benedetto XVI:

R. – Di solito, è una cosa che notiamo tutti, è questa definizione di “Papa-teologo” che alla fine diventa, però, una sorta di etichetta che viene imposta per dire che non è quindi un Papa che può conoscere la complessità delle situazioni pastorali, ma le vede nell’interno di un disegno solo generale. Questo termine, riprendiamolo in mano nel senso vero del termine e scaviamo perciò nelle sue dichiarazioni, per scoprire quanto il rigore del pensiero comporti, in verità, una vera nuova interpretazione, anche, del reale, della storia, delle situazioni ecclesiali. Il Papa ci ha ricordato che è necessario sempre ritornare alle fondazioni. E su questo, credo che sia un grande appello-invito che viene rivolto ai pastori e viene rivolto ai credenti; appello che si riconnette ad un lontanissimo, remoto appello che abbiamo nel Nuovo Testamento stesso quando Pietro scriveva, nella sua Prima Lettera, che i cristiani devono essere capaci di rendere ragione della speranza che è in loro. E questo lo facciano con dolcezza, con attenzione, anche contro le provocazioni che ricevono; ma rendere ragione della speranza vuol dire riconoscere la funzione pastorale, sociale, culturale della fede.


D. – Questo è proprio quello che fa Benedetto XVI come Successore di Pietro…


R. – E’ quello che io vorrei che venisse ancora riscoperto, proprio ritornando qualche volta di più, meditando, approfondendo proprio la “Spe salvi”, la “Deus caritas est” e la “Caritas in veritate”, perché lì si vede, nell’interno di tutti questi testi, che da un lato c’è una riflessione teologica – indubbiamente. Questa riflessione teologica ha dimensioni molteplici: pensiamo, per esempio, che la “Spe salvi” ha la dimensione escatologica che è una dimensione fondamentale della teologia stessa, andare oltre la frontiera del tempo e dello spazio, della storia e del cosmo. Ma dall’altra parte, soprattutto nella terza Enciclica, “Caritas in veritate”, scoprire come alla fine la riflessione teologica sia la lampada che illumina i passi nel cammino concreto della pastorale. Abbiamo bisogno perciò di rifondare in maniera seria, autentica, ricca l’impegno quotidiano che il credente ha nel mondo e nella storia.


Sui 5 anni di Pontificato di Benedetto XVI, Sergio Centofanti ha chiesto un commento a Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv, organismo che riunisce numerose associazioni del volontariato cristiano:

R. – Sono sicuramente cinque anni ricchi, caratterizzati da Encicliche che per noi che lavoriamo nel sociale, in particolare nel sociale con un’attenzione ai fenomeni della mondializzazione, sono insegnamenti molti importanti. Quindi, forse quando si dice che questo Papa è un Papa teologo, accademico, si dimentica che è un Papa molto attento ad arricchire, nella continuità il Magistero della Chiesa, la Dottrina sociale cattolica. E il messaggio fondamentale che viene da Benedetto XVI credo sia proprio il farsi carico di chi è più sfortunato, di chi è nella miseria, nella povertà, e questo farsi carico degli altri, che è il fondamento del nostro agire da cristiani, è la carità.

Ascoltiamo infine il prof. Francesco D’Agostino, presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – La grandezza del Pontificato di Benedetto XVI non dipende tanto dal fatto che lui abbia utilizzato il Seggio di Pietro per diffondere la “propria” teologia, ma perché lui ci ha insegnato a fare teologia e a riflettere sul cristianesimo facendo convergere la nostra attenzione sul principio del Verbo, il folgorante inizio del Vangelo di San Giovanni: “In principio era il Verbo” o, per usare l’espressione greca, “In principio era il Logos”. Il Papa, da quando è salito al Pontificato, ha insistito su questo tema come il messaggio centrale del suo insegnamento pastorale. Dio non si rivela a noi come assoluto mistero, come volontà imperscrutabile, esoterica, degna di essere adorata ma incomprensibile: non è così. Attraverso Gesù Cristo – questo ci ha insegnato il Papa – Dio si è rivelato come uomo accanto agli uomini, e tutto quello che concerne il mistero di Dio attraverso Gesù Cristo, anche se non può essere ridotto a formule razionali calibrate sull’intelligenza umana, non fa violenza a questa stessa intelligenza umana ma le apre un nuovo orizzonte. Sicuramente, l’infinità dell’amore di Dio è un mistero, ma altrettanto sicuramente attraverso Gesù Cristo la ragione umana riesce a comprendere che può esserci su questa terra, nell’esperienza storica, nell’Incarnazione di Gesù di Nazareth un amore che diventa carne, cioè che assume la nostra veste umana. Io credo che questo insegnamento sia formidabile perché è costitutivo della fede cristiana, ma nello stesso tempo lancia un messaggio a tutti gli uomini che è l’unico messaggio che possa garantire quella fraternità di tutti i popoli che dall’epoca della Rivoluzione francese, è diventato uno dei principi costitutivi del genere umano, insieme alla libertà ed insieme all’eguaglianza. Non possiamo separare la fraternità dalla libertà e dall’eguaglianza, ma se vogliamo dare un fondamento autentico alla fraternità, abbiamo una sola strada da percorrere: i fratelli sono quelli che si amano come tali perché si riconoscono figli di un Padre comune. Credo che il Papa continui, giorno per giorno, a mandarci questo insegnamento che non è il suo insegnamento privato di teologo ma il grande insegnamento pastorale e, oserei dire, che è la ragione fondamentale per cui esiste il Papato.


Oggi 5° anniversario dell'elezione di Benedetto XVI. La nota di padre Lombardi


La Chiesa vive oggi il 5° anniversario dell’elezione al soglio papale di Benedetto XVI. Erano le 18.43 del 19 aprile 2005 quando venne annunciato al mondo il nome del 264° successore di Pietro. Su questi cinque anni di Pontificato, ascoltiamo la nota del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

Il tempo è passato rapido e le vicende sono state intense nei cinque anni ormai compiuti di questo Pontificato. Per leggerli correttamente è d’obbligo tornare col pensiero alla Cappella Sistina, la mattina dopo l’elezione, quando il nuovo Papa raccoglieva l’eredità spirituale del suo grande predecessore e indicava le priorità che avrebbero orientato il suo servizio “nella vigna del Signore”. Il rapporto dell’uomo con Dio, rivelatoci da Gesù Cristo, incontrato in particolare nell’Eucarestia, nel culto della Chiesa. L’impegno “senza risparmio di energie” per ricostituire “la piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”. Il desiderio di rispondere alla “richiesta di aiuto da parte dell’odierna umanità che, turbata da incertezze e timori, si interroga sul suo futuro”. Il dialogo “aperto e sincero” con i seguaci delle altre religioni o con coloro che semplicemente cercano risposta alle domande fondamentali dell’esistenza, “per la ricerca del vero bene dell’uomo e della società”. Non c’è dubbio che queste siano state le priorità reali del pontificato. Perseguite con coerenza e coraggio in un contesto spesso non privo di tensioni e di ostacoli. Ma Benedetto XVI diceva che non avrebbe cercato di far brillare la luce propria, ma quella di Cristo. Auschwitz, Istanbul, New York, Sydney, Parigi, l’Africa, Gerusalemme. Sinagoghe e moschee, encicliche sulla carità, sulla speranza, sull’etica nello sviluppo, nell’economia e nel rispetto dell’ambiente. Un bilancio ricco e pieno, di servizio di Dio e dell’umanità. Un cammino da continuare con una rotta sicura.


In Italia si celebra oggi la Giornata di preghiera per il Papa


“Rendere grazie al Signore per il magistero illuminato e la cristallina testimonianza del Papa”: così la Conferenza episcopale italiana invita i fedeli a pregare per Benedetto XVI nella giornata di oggi, 19 aprile, quinto anniversario della sua elezione al Soglio pontificio. Nelle grandi città come nei piccoli paesi, migliaia di persone si riuniranno in cattedrali e santuari. Accogliendo l’invito dei vescovi italiani, in tutte le diocesi si moltiplicano celebrazioni eucaristiche, liturgie della Parola, veglie, adorazione di Gesù Eucaristia e recite del rosario: un enorme popolo in preghiera intorno al Papa, centro di unità e segno visibile di comunione. Tra loro ci saranno anche gli abitanti di Lorenzago, in Cadore, dove il Pontefice ha soggiornato nel 2007; una mamma di Onna che nel terremoto ha perso due dei quattro figli e che non dimentica l’abbraccio del Papa tra le tende del piccolo borgo raso al suolo; un gruppo di detenuti della casa di reclusione di Brucoli, in Sicilia, che frequentano il corso di teologia e che hanno scritto una lettera d’auguri a Benedetto XVI chiamandolo “il dolce Cristo in Terra”, usando un’espressione di Santa Caterina da Siena.

Secondo le indicazioni della Cei, nelle preghiere di domani si ricorderanno anche le vittime di abusi sessuali e quanti si sono macchiati di tali odiosi crimini. Confidando nella Parola del Signore, si chiederanno per la Chiesa anche nuove vocazioni: sacerdoti che con dedizione e rinnovata passione educativa si spendano nelle situazioni più difficili. Tra le iniziative proposte, a Napoli l’arcivescovo, cardinale Crescenzio Sepe, guiderà la recita del Rosario nella Basilica di Santa Restituta; a Pesaro l’invito a pregare dell’arcivescovo Piero Coccia è stato raccolto da Comunione e Liberazione che ha organizzato un momento comunitario. Un invito a stringersi intorno al Papa viene anche dall’arcivescovo di San Benedetto del Tronto, mons. Gervasio Gestori, e dal vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, che guiderà una veglia. Da Frosinone, dove il vescovo Ambrogio Spreafico officierà una Messa, arriva l’augurio che Benedetto XVI “con la forza del suo magistero continui a illuminare la Chiesa e il mondo”, mentre l’arcivescovo di Rossano, in Calabria, mons. Santo Marcianò, nella sua lettera esprime tutto l’amore della diocesi “per questa Chiesa, per la quale il Pontefice sta donando realmente la vita”. Vicinanza al Pontefice, espressa anche con la recita di un rosario, dall’arcivescovo di Siena, Antonio Buoncristiani.

Dalla Sicilia, l’arcivescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, invita i fedeli a pregare per il Papa; da Trapani il vescovo Francesco Micciché scrive che nell’appello di Benedetto XVI a pregare per le vittime di abusi sessuali, si coglie “tutta la sua forza, la bontà e la grandezza del servizio petrino esercitato con fermezza e determinazione paterna. Che il Santo Padre possa continuare il suo prezioso e necessario servizio alla Chiesa”. Anche lo storico cattolico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, in un’intervista al quotidiano Avvenire, ha ripercorso questi primi cinque anni del Pontefice, evidenziandone la mitezza, la scelta forte di proporre il cuore dell’esperienza spirituale cristiana, la fiducia nella Parola di Dio, nella comunicazione del Vangelo, nella liturgia, il candore di credere soprattutto che la Parola del Signore rigeneri i cuori. I viaggi nel mondo, il dialogo ecumenico e con l’ebraismo: per il professor Riccardi Benedetto XVI è un Papa che “porta in sé le ferite del Novecento: la guerra, inutile strage, e la secolarizzazione occidentale che cerca la libertà o il futuro senza Dio”.

(A cura di Roberta Barbi)




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BELLISSIMA RIFLESSIONE dell'Amico Ebreo di Benedetto XVI sul suo Pontificato.....


La forza della ragione nel confronto con le altre religioni

Nei suoi primi anni ha rivelato tratti da ricercatore, umiltà, generosità e amore. Ha affrontato i temi fondamentali e lasciato cadere le inezie


L a battuta migliore della mia vita l' ho fatta una volta in palestra, a qualcuno che contestava le mie opinioni sulla squadra di baseball dei New York Yankees in confronto ai New York Mets: «Non cercare di prevalere su di me. Sono un professore, quindi ho sempre ragione!».
Sfortunatamente, invece di prenderla sul ridere, il tizio mi tirò contro un asciugamano.
Quando a uno studioso e intellettuale di successo è conferito lo status di infallibilità, ecco che cominciano i problemi.
Uno studioso non ha bisogno che gli si dica che è infallibile. Già lo sa, ed è pagato per essere tale.
 La professione di ricercatore richiede integrità, razionalità e onestà intellettuale.

Nei suoi primi cinque anni di papato, Ratzinger ha rivelato tutti questi tratti, insieme ad abbondante umiltà, generosità e amore.
Tuttavia, il mondo ha bisogno di tempo per abituarsi a questo Papa-studioso, che affronta in modo diretto e senza esitazione i temi fondamentali e lascia cadere le inezie, quando possibile.
I musulmani hanno compreso di che pasta fosse fatto questo Papa a Regensburg, quando, con un intervento molto profondo, Benedetto XVI ha messo in dubbio il contributo dell' islam alla civilizzazione.
Gli anglicani hanno capito di che pasta fosse fatto questo Papa quando egli, in uno slancio di onestà, ha invitato il clero anglicano a entrare a far parte della Chiesa.
Gli ebrei hanno capito di che pasta fosse fatto questo Papa quando Benedetto XVI ha fatto ritorno a una liturgia che questionava il credo ebraico.

In tutti e tre i casi, la frattura è stata ricomposta e hanno prevalso le posizioni più moderate: con l' islam è stata fatta pace e con anglicani ed ebrei si è arrivati a una conciliazione.

Ma il Papa-studioso non aveva fatto altro che esprimere la verità così com' è sentita al cuore del cattolicesimo: l' islam non può competere con il cristianesimo in quanto a levatura morale, gli anglicani saranno sempre i benvenuti e gli ebrei starebbero molto meglio all' interno della Chiesa. Papa Benedetto parla come uno studioso e pronuncia verità cristiane così come le enunciava l' infallibile vescovo di Roma. Uno studioso non potrebbe fare a meno di agire in questo modo.
 
La questione che al momento turba la pace è il modo in cui, in passato, il cardinale Ratzinger liquidò il caso di un prete colpevole di aver abusato sessualmente di alcuni bambini. La carità cristiana suggeriva di perdonare quel prete, un' anima penitente dilaniata e in fin di vita. Il cardinale Ratzinger gli risparmiò le umiliazioni che una giusta punizione avrebbe comportato. Il prete morì in seno alla Chiesa e Benedetto XVI mostrò il vero significato di pentimento e amore cristiano.

Lo scorso gennaio, quando ho incontrato il Papa a Roma, gli ho domandato cosa intendesse fare quando, tra circa sei mesi, avrà completato il secondo volume del suo Gesù di Nazareth. Con un sorriso, mi ha risposto: «Nient' altro. Questo è il mio ultimo libro. Ho altre faccende da sbrigare».
Uno studioso che smette di scrivere libri non mantiene a lungo tale titolo. Benedetto XVI non ha dovuto aggiungere: «Dopo tutto, sono il Papa».
Ma l' accademico in me ha sussurrato: «A quale prezzo».

Ciò che il mondo ha imparato in questi cinque anni riguardo al Papa-studioso è il prezzo che l' accademia paga per sostenere la verità e mantenere la propria integrità. L' infallibilità ha i suoi costi.
 La gente preferisce politici capaci di mediare piuttosto che personaggi critici e inclini alle controversie. Questo è ciò che ci insegnano i papi-studiosi in generale.

Ma ciò che io ho appreso da questo Papa-studioso in particolare è qualcosa di più. La genuina integrità di quest' uomo e la sua capacità di esporre la verità all' umanità intera muovono interessi molto forti. E per questo anche i musulmani, gli anglicani e gli ebrei devono prepararsi a un dibattito di alto profilo sulla ragione e la razionalità condivisa e trovare un punto d' incontro sui conflitti che cercano di stabilire chi è dalla parte giusta e chi da quella sbagliata e che cosa ci prescrivono le Sacre Scritture e la tradizione.
(Traduzione di Esther Leibel) 

19 aprile 2005 22 dicembre 2005 12 settembre 2006

Neusner Jacob

Pagina 25
(18 aprile 2010) - Corriere della Sera





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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/04/2010 20:48
 
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Un volume curato dal suo segretario particolare

Benedetto XVI «urbi et orbi»


Benedetto XVI urbi et orbi. Con il Papa a Roma e per le vie del mondo è il titolo del volume a cura del segretario particolare del Papa edito in occasione del quinto anniversario di pontificato in tedesco da Herder e in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana. Pubblichiamo quasi per intero la presentazione del curatore.

di Georg Gänswein

"Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura" (Mc 16, 15). Fedele a questo comando del Signore, il Successore di San Pietro si mette in cammino per portare le "parole di vita eterna" (Gv 6, 68) fino agli estremi confini della terra. Ogni viaggio, ogni incontro del Papa ha uno scopo ben preciso:  "confermare nella fede" (cfr. Lc 22, 32) i fratelli e le sorelle. Allo stesso tempo, però, ogni visita ha anche un carattere proprio, possiede una sua specifica dinamica e un'inconfondibile coloritura.

Uomini e donne di ogni paese e continente, di ogni provenienza, colore della pelle e formazione, cercano la vicinanza, anche e soprattutto la vicinanza fisica del Successore di Pietro. Lo posso confermare quale testimone degli incontri e dei viaggi finora svoltisi. Giorno dopo giorno, innumerevoli persone si mettono in viaggio per raggiungere la Città Eterna, per incontrare il Santo Padre, per vederlo, per ascoltarlo, così da poter pregare insieme al Papa e con lui celebrare i misteri della fede. Desiderano seguire le sue orme, ma anche farsi mettere da lui sulla giusta traccia.

Ma è anche vero il contrario:  il Successore di Pietro va nel mondo verso tutte le persone di buona volontà. Percepisce quale sia la via incontro ad esse. Il suo messaggio è tanto semplice quanto profondo:  la fede non è un problema da risolvere, è un dono che va scoperto nuovamente. La fede dona gioia e pienezza. La fede ha un volto umano:  Gesù Cristo. In Lui il Dio nascosto è divenuto visibile, tangibile. Dio, nella sua grandezza incommensurabile, si offre a noi nel suo Figlio. Al Santo Padre preme annunciare il Dio fatto carne Urbi et orbi, a piccoli e grandi, a chi ha potere e a chi non ne ha, dentro e fuori la Chiesa, che lo si gradisca o meno. E anche se tutte le telecamere sono puntate sul Papa, non si tratta tanto di lui. Il Santo Padre non mette al centro se stesso, non annuncia se stesso, ma Gesù Cristo, Redentore del mondo.

Chi vive in pace con Dio, chi si lascia riconciliare con Lui, trova anche la pace con se stesso e con il prossimo e la creazione che lo circonda. La fede aiuta a vivere, la fede regala gioia, la fede è un dono:  questa è la convinzione più profonda del Santo Padre. Per Papa Benedetto XVI è un sacro dovere lasciare tracce che conducano a questo dono. Con parole e immagini questo libro ne dà testimonianza.



(©L'Osservatore Romano - 21 aprile 2010)
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16/05/2010 14:01
 
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 16.05.2010

Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Cæli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Sono presenti oggi numerosi membri di associazioni e movimenti ecclesiali, giunti da ogni parte d’Italia per esprimere affetto e sostegno al Santo Padre.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:


PRIMA DEL REGINA CÆLI

Cari fratelli e sorelle,

oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra l’Ascensione di Gesù al Cielo, che avvenne il quarantesimo giorno dopo la Pasqua. In questa domenica ricorre, inoltre, la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema: "Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola". Nella liturgia si narra l’episodio dell’ultimo distacco del Signore Gesù dai suoi discepoli (cfr Lc 24,50-51; At 1,2.9); ma non si tratta di un abbandono, perché Egli rimane per sempre con loro - con noi - in una forma nuova. San Bernardo di Chiaravalle spiega che l’ascensione al cielo di Gesù si compie in tre gradi: "il primo è la gloria della risurrezione, il secondo il potere di giudicare e il terzo sedersi alla destra del Padre" (Sermo de Ascensione Domini, 60, 2: Sancti Bernardi Opera, t. VI, 1, 291, 20-21). Tale evento è preceduto dalla benedizione dei discepoli, che li prepara a ricevere il dono dello Spirito Santo, affinché la salvezza sia proclamata ovunque. Gesù stesso dice loro: "Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" (cfr Lc 24,47-49).

Il Signore attira lo sguardo degli Apostoli - il nostro sguardo - verso il Cielo per indicare come percorrere la strada del bene durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è vicino a ciascuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a cui è negato il diritto alla vita. Possiamo ascoltare, vedere e toccare il Signore Gesù nella Chiesa, specialmente mediante la Parola e i sacramenti. A tale proposito, esorto i ragazzi e i giovani che in questo tempo pasquale ricevono il sacramento della Cresima, a restare fedeli alla Parola di Dio e alla dottrina appresa, come pure ad accostarsi assiduamente alla Confessione e all’Eucaristia, consapevoli di essere stati scelti e costituiti per testimoniare la Verità. Rinnovo poi il mio particolare invito ai fratelli nel Sacerdozio, affinché "nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica" (Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale) e sappiano utilizzare con saggezza anche i mezzi di comunicazione, per far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo (cfr Messaggio XLVI G.M. Com. Soc., 24 gennaio 2010).

Cari fratelli e sorelle, il Signore, aprendoci la via del Cielo, ci fa pregustare già su questa terra la vita divina. Un autore russo del Novecento, nel suo testamento spirituale, scriveva: "Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, … intrattenetevi … col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete" (N. Valentini - L. Žák [a cura], Pavel A. Florenskij. Non dimenticatemi. Le lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Milano 2000, p. 418). Ringrazio la Vergine Maria, che nei giorni scorsi ho potuto venerare nel Santuario di Fatima, per la sua materna protezione durante l’intenso pellegrinaggio compiuto in Portogallo. A Colei che veglia sui testimoni del suo diletto Figlio rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera.

DOPO IL REGINA CÆLI

A banner reading 'The people of Rome with the Holy Father ' is displayed by faithful on St Peter's square as Pope Benedict XVI (not pictured) addresses the Regina Caeli prayer from the window of his appartment on May 16, 2010 at The Vatican. More than 150,000 pilgrims turned out at the Vatican on Sunday, police said, in a rally of support for Pope Benedict XVI as he battles a paedophile priest scandal.

Pope Benedict XVI waves to the crowd gathered below in Saint Peter's square during his weekly Angelus blessing at the Vatican May 16, 2010.

Pope Benedict XVI addresses the Regina Caeli prayer from the window of his appartment to faithful at St Peter's square on May 16, 2010 at The Vatican. More than 150,000 pilgrims turned out at the Vatican on Sunday, police said, in a rally of support for Pope Benedict XVI as he battles a paedophile priest scandal.

Pope Benedict XVI addresses the Regina Caeli prayer from the window of his appartment to faithful at St Peter's square on May 16, 2010 at The Vatican. More than 150,000 pilgrims turned out at the Vatican on Sunday, police said, in a rally of support for Pope Benedict XVI as he battles a paedophile priest scandal.

Pope Benedict XVI (Top R) addresses the Regina Caeli prayer from the window of his appartment to faithful at St Peter's square on May 16, 2010 at The Vatican. More than 150,000 pilgrims turned out at the Vatican on Sunday, police said, in a rally of support for Pope Benedict XVI as he battles a paedophile priest scandal.




Grazie per questa vostra presenza e fiducia, grazie! Quest’oggi il mio primo saluto va ai fedeli laici venuti da tutta Italia, e al Cardinale Angelo Bagnasco che li accompagna come Presidente della Conferenza Episcopale. Vi ringrazio di cuore, cari fratelli e sorelle, per la vostra calorosa e nutrita presenza! Raccogliendo l’invito della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali, avete aderito con entusiasmo a questa bella e spontanea manifestazione di fede e di solidarietà, a cui partecipa pure un consistente gruppo di parlamentari e amministratori locali.

A tutti desidero esprimere la mia viva riconoscenza. Saluto anche le migliaia di immigrati, collegati con noi da Piazza San Giovanni, con il Cardinale Vicario Agostino Vallini, in occasione della "Festa dei Popoli". Cari amici, voi oggi mostrate il grande affetto e la profonda vicinanza della Chiesa e del popolo italiano al Papa e ai vostri sacerdoti, che quotidianamente si prendono cura di voi, perché, nell’impegno di rinnovamento spirituale e morale possiamo sempre meglio servire la Chiesa, il Popolo di Dio e quanti si rivolgono a noi con fiducia.

Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa.

Viviamo nel mondo - dice il Signore - ma non siamo del mondo (cfr Gv 17, 14), anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell’amore, nel servizio. E’ quello che la Chiesa, i suoi ministri, unitamente ai fedeli, hanno fatto e continuano a fare con fervido impegno per il bene spirituale e materiale delle persone in ogni parte del mondo. E’ quello che specialmente voi cercate di fare abitualmente nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti: servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo.

Proseguiamo insieme con fiducia questo cammino, e le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza. E’ bello vedere oggi questa moltitudine in Piazza San Pietro come è stato emozionante per me vedere a Fatima l’immensa moltitudine, che, alla scuola di Maria, ha pregato per la conversione dei cuori. Rinnovo oggi questo appello, confortato dalla vostra presenza così numerosa! Grazie!

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20/06/2010 14:50
 
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[SM=g1740722] L'ultima intervista dell'allora Cardinale Ratzinger prima della sua elezione al successore di San Pietro

Molto interessanti le domande rivolte e molto importanti le risposte che Ratzinger diede e che costituiscono molto materiale usato poi in questi 5 anni di Pontificato.... [SM=g1740721]

it.gloria.tv/?media=83436




[SM=g1740717]


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31/01/2011 23:44
 
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Appena sposati… dal cardinal Joseph Ratzinger

Marta ed Anthony Valle sono stati sposati dal nuovo Papa il 24 giugno del 2004




                                                                         sposati da Ratzinger


In questa foto sono in Piazza san Pietro proprio all'elezione al Soglio Petrino del card. Ratzinger


CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 22 aprile 2005 (ZENIT.org).

Quando Marta ed Anthony Valle sono stati sposati dal cardinal Joseph Ratzinger il 24 giugno scorso non avrebbero mai immaginato che a benedire il loro matrimonio sarebbe stato un futuro Papa.
Entrambi frequentano l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma: Marta, tedesca, studia Bioetica, mentre, Anthony, statunitense, studia Teologia dogmatica. Non sono uniti solo dal sacramento del matrimonio, hanno in comune tante altre cose, come l'amore per la Teologia e per Roma e l'ammirazione per l'“umile” uomo che li ha sposati.
In questa intervista concessa a ZENIT, in cui Marta parla quasi senza voce, a causa della laringite messa a dura prova dalle grida di gioia per l'annuncio del nome del nuovo Vescovo di Roma, i due raccontano le loro esperienze personali legate all’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Come mai siete stati sposati dal cardinale Ratzinger?

Anthony: Siamo stati solo fortunati, provvidenzialmente fortunati. Glielo abbiamo chiesto dopo una delle sue Messe pubbliche e lui ha detto: “Va bene, vediamo quello che si può fare. Datemi qualche altra informazione”.
Da bravi studenti abbiamo fatto i nostri compiti ed abbiamo consegnato al Cardinale una lettera che avevamo preparato la sera prima contenente tutte le informazioni necessarie. Nell’arco di una settimana Marta ha ricevuto la risposta: sì!
Ci ha sposati nella Basilica di San Pietro il 24 giugno 2004. E’ davvero un uomo molto disponibile. Nonostante fosse il numero due della Chiesa, quel giovedì mattina ci ha dedicato un’ora e mezza del suo tempo per farci ricevere il sacramento del matrimonio. Ed è proprio in questo che consiste il carisma del sacerdote: amministrare i sacramenti, che costituiscono lo strumento di salvezza donatoci da Cristo.

Cosa avete provato quando avete sentito il suo nome?

Anthony: Siamo stati così entusiasti ed emozionati che le lacrime hanno cominciato a scorrerci lungo le guance.

Marta: Abbiamo gridato così tanto! (Marta non ha quasi più voce!).

Anthony: E’ straordinario il fatto che sia stato eletto dopo appena quattro votazioni e in meno di 24 ore. Questo dimostra che c’è stata una grande unità tra i Cardinali. Sapevano che era l’uomo giusto. Siamo molto felici di avere un uomo così santo ed umile come nuovo Papa.
Dopo Papa Giovanni Paolo II, che è stato così valido, Papa Benedetto XVI continuerà a guidare la Chiesa, a conservare la sua tradizione e a condurla nel nuovo millennio con la Nuova Evangelizzazione. Sì, è anziano, ma Dio gli concederà le grazie necessarie.
Se vi ricordate, la prima cosa che ha detto dopo essere apparso al balcone è stata: “Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere”.
E’ molto umile. Non riesco a sottolinearlo in modo sufficiente. Spesso, però, è considerato un impositore duro e rigido. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità. Questi stereotipi sono assurdi e ridicoli. E’ un uomo estremamente gentile e modesto, forse perfino un po’ timido.
Come sappiamo, il suo incarico precedente di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede faceva di lui il custode degli insegnamenti bimillenari della Chiesa cattolica. Chiunque ha occupato o occupa questo incarico darà di sé un’immagine negativa, perché molti insegnamenti della Chiesa cattolica non si adattano alla mentalità dell’umanesimo secolare moderno e a molti degli altri affascinanti e falsi “-ismi” della nostra epoca.

Alcuni dicono che ha il volto troppo duro…

Anthony: Se avrete l’occasione di incontrarlo, come abbiamo fatto noi in varie occasioni, vi accorgerete immediatamente di quanto sia dolce, gentile e pastorale. E’ stato il Cardinale più accessibile nella Chiesa. Ad esempio, negli ultimi vent’anni ha celebrato la Messa in una piccola cappella aperta al pubblico ogni giovedì mattina.
Oltre a questo, celebra la Messa in un modo estremamente bello e riverente, entrando davvero nel suo mistero di redenzione. Dopo aver celebrato, si toglie i paramenti nella sacrestia in un’atmosfera di grande raccoglimento, continuando a meditare sull’enorme mistero che ha appena avuto luogo.
Esce poi dalla sacrestia per salutare la gente che è venuta a trovarlo. E’ lì che si vede com’è realmente, chi è in realtà. Saluta ogni persona, guardandola negli occhi, stringendole la mano, chiedendo il suo nome, da dove viene, a quale diocesi appartiene, firmando autografi, posando per una fotografia… Concede davvero tutta la sua attenzione e parla a tu per tu con la persona.
E’ così che dovrebbe essere un sacerdote, è così che dovrebbe essere un Papa: una guida, un pastore delle anime, ed è proprio questo che è Benedetto XVI. E’ questo che il mondo ha bisogno di conoscere e conoscerà.

Quali consigli vi ha lasciato durante l’omelia del vostro matrimonio?

Anthony: Marta può rispondere meglio di me, perché l’omelia è stata pronunciata quasi interamente in tedesco.

Marta: Ci siamo sposati nel giorno di San Giovanni Battista, per cui solo la seconda lettura è stata scelta specificatamente per il nostro matrimonio. Abbiamo scelto il quinto capitolo della lettera di San Paolo agli Efesini, che parla di come dovrebbero essere il marito e la moglie. Il cardinal Ratzinger ha detto che abbiamo bisogno di modellarci sulla base dell’esempio d’amore di Cristo, un amore che si manifesta in modo molto concreto in atti di servizio e sacrificio.

Anthony: Il Cardinale ha sottolineato come sia il marito che la moglie debbano essere sottomessi l’uno all’altro. Oggi, tuttavia, tutti si concentrano sul versetto in cui si legge che la moglie dovrebbe essere sottomessa al marito. Si dimentica, però, che in seguito San Paolo sottolinea – ed è stato uno dei punti-chiave del discorso del Cardinale – che il marito dovrebbe amare la moglie come Cristo ama la Chiesa, vale a dire fino al punto di sacrificare la propria vita per lei.
E’ questo che vuol dire per il marito essere il capo della famiglia: imitare Gesù Cristo come Capo della Chiesa. Anche se è il Signore, il primo, manifesta il suo dominio essendo l’ultimo, mettendosi all’ultimo posto, diventando il servo di tutti, lavando i piedi dei discepoli.





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01/02/2011 10:09
 
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queste non sono proprio giganti ma.....
è la FEDE DEL NOSTRO PAPA CHE E' GIGANTE!!!!

LO SPIRITO SANTO SI FERMA NELLA CASA DEL PAPA....
domenica 30.1.2011 all'Angelus alcune foto un pò ingrandite e....ripulite...















Lo Spirito Santo protegge con la sua Ala l'amato Dolce Vicario di Cristo in terra....








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03/04/2011 22:17
 
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AUGURI BABBO MIO DOLCE

è GIUNTO UN'ALTRO ANNIVERSARIO [SM=g9433]


Oremus pro Pontifice nostro Benedicto

Dominus conservet eum et vivificet eum et

beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum

eius








[SM=g9434] [SM=g8461] [SM=g9434] [SM=g8461] [SM=g9434] [SM=g8461] [SM=g9434] [SM=g8461] [SM=g9434]



[Modificato da Caterina63 16/04/2013 20:17]
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16/04/2011 12:53
 
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Benedetto XVI agli occhi del suo segretario personale
(traduzione da Google del testo che troverete qui )

Confessioni di mons.
Georg Gänswein, il segretario personale del cardinale Ratzinger e Papa Benedetto XVI.

             mons. Georg segretario di Benedetto XVI


Wlodzimierz Redzioch: - Per sei anni ha vissuto nel Palazzo Apostolico con  Chi sono i membri e come è organizzato il lavoro in tutto l'appartamento papale 'famiglia papale.'?

Rev. Mons.. Georg Gänswein: - Ci sono sette persone nell'appartamento papale: '. Memores Domini' il Santo Padre, due segretari e quattro donne dalla associazione di vita consacrata L'organizzazione del lavoro è molto semplice, poiché tutti sanno cosa fare e ognuno fa il suo posto di lavoro.
Ecco perché tutto è in ordine.

- Come funziona il lavoro di Benedetto XVI?

- Il Santo Padre è un uomo infaticabile, molto concentrati sul lavoro ed è disciplinato.
Ma il Papa risponde a questa domanda nella sua intervista rilasciata a Peter Seewald.
Permettetemi di citare le parole del Papa, 'Non ci sono tante cose da fare che si può lavorare per tutto il tempo. Ed è un errore. Non è con l'attivismo seguente che si può preservare la «consideratio», la prospettiva, intuito, sguardo profondo, il tempo interiore di essere  con Dio, per esaminare le questioni con Lui e attraverso di Lui, le cose più esigenti e trattare con loro, ci vuole la Preghiera. Questo è il motivo perchè i giorni del Papa sono riempiti con la meditazione, la lettura della Bibbia, il Rosario, riflettendo su Dio. Non si può lavorare su semplici atti. Ho anche letto, per quanto posso, ma la ricordo sempre come la sfida di San Bernardo che ci invita a non perdere il tempo solo in attivismo '(si possono leggere queste parole in un'intervista del Papa).

Per quanto riguarda il lavoro del Santo Padre c'è il mito che Benedetto XVI vive e lavora in isolamento nel Palazzo Apostolico, che ha perso il contatto con la realtà del mondo contemporaneo ...

- Questi sono solo dicerie che non hanno nulla a che fare con la realtà. E 'sufficiente guardare il programma quotidiano del Papa - Quante riunioni, quanti compiti!
Inoltre, i comunicati ufficiali in 'L'Osservatore Romano' non dire di molti posti di lavoro del Santo Padre - queste attività vengono svolte con molta discrezione.

Non è il mito solo legate alla vita del papa. Un'altra mostra di Benedetto XVI come 'il cardinale panzer,' una guardia fredda e implacabile della dottrina cattolica, la cui timidezza è considerato come l'arroganza e l'orgoglio.
Come si può confutare l'opinione che danno al Santo Padre?

- Ha ragione parlando di falsi miti che sono anche sleali. Essi derivano da pregiudizi e non diventano vere solo perché qualcuno li tiene a ripetere. Tuttavia, coloro che guardano alle attività del Santo Padre, senza pregiudizi, può venire a un proprio giudizio e vero.
Dopo sei anni del suo pontificato, questo falso mito è stato smentito da Benedetto XVI, grazie al suo calore e la semplicità spontanea e naturale, è riuscito a vincere i cuori della gente senza sforzo.

Recentemente in Italia è stato pubblicato un libro scritto da due esperti del Vaticano che hanno analizzato gli attacchi contro Benedetto XVI. I giornalisti affermano che non solo il Santo Padre nemici interni, ma anche due gruppi di nemici esterni lo hanno contestato. Il primo gruppo comprende coloro che non sono d'accordo con l'interpretazione del Papa del Concilio Vaticano II perché vedono il Concilio come una rottura con la tradizione, l'altro gruppo comprende tutti coloro che criticano il Papa per la sua fedeltà a 'Humanae vitae' e concorso il Magistero della Chiesa in riferimento alla morale e la bioetica.
Siete d'accordo con tale analisi degli attacchi contro Benedetto XVI?

- Non ho partecipato a queste divagazioni giornalistico e intellettuale riguardante presunti amici e nemici del papa. Quello che conta è la trasparenza del messaggio papale, nonché il linguaggio unico e convincente del Magistero.
Tutte le altre cose sono speculazioni.

Parlando di attacchi contro il Papa non può omettere lo scandalo connessi con gli abusi sessuali del minore hanno commesso alcuni sacerdoti.
Come è Benedetto XVI vivendo questa tragedia?

- E 'stato un momento molto doloroso e difficile. Il Santo Padre ha parlato apertamente a Seewald. Vi rimando al libro, ma vorrei citare almeno alcune frasi del papa. Tra le altre cose, dice che per lui la questione non sembra del tutto inaspettata. Lavorando nella Congregazione per la Dottrina della Fede ha affrontato alcuni casi americani, sapeva anche come la situazione si andava sviluppando in Irlanda. Senza dubbio tale scala del problema è stata ancora una scossa straordinaria. [...] Vedendo come un sacerdozio sporcato, e di conseguenza tutta la Chiesa è stata danneggiata in qualcosa che era una cosa più profonda per lei - si dovrebbe veramente fare con esso un profondo esame di coscienza, il Papa lo aveva ribadito allora da cardinale, e lo ribadisce anche oggi, dobbiamo sperare che tutti lo ascoltino.
Ma era anche importante non perdere di vista la nostra chiara del bene che è nella Chiesa, e di non usare queste cose terribili facendo offuscare il bene che c'è nella Chiesa.

Chesterton ha sostenuto che la democrazia possa essere introdotto nella Chiesa, a condizione che tutte le precedenti generazioni di credenti sarebbero stati ammessi al voto. Sto pensando a questa riflessione di Chesterton, quando oggi i sostenitori di 'democratizzazione' della Chiesa accusano Benedetto XVI che si è trasformato da un teologo progressista a un papa-tradizionalista.
Benedetto XVI è un tradizionalista?

- E 'ancora un altro luogo comune ben indossato. E 'sufficiente conoscere gli scritti del Professore e il Cardinale Ratzinger e ora il Vescovo di Roma per trattare questa banale come un pregiudizio comune. La realtà è completamente diversa. Se qualcuno ha gli occhi, li usi per vedere!
Se qualcuno ha ragione, non ci si dimentichi che un Papa è pur sempre colui che custodisce il Deposito della fede e della Tradizione, forse sarebbe più opportuno capire che il termine tradizionalista, è un pò ambiguo e fa passare il Papa per uno fermo al passato, ma non è così, il Papa sta cercando solo di riportare alla luce quella Tradizione di autenticità della fede che purtroppo altri hanno cercato di cancellare, ma questo non significa essere tradizionalista! Con poco che conosco di Chesterton non mi sembra che lui intendesse democraticizzare la Chiesa, egli stesso difende il magistero di san Tommaso d'Aquino, sarebbe incoerente pretendere di sostenere lui e poi cadere negli errori delle pretese dei modernisti.
La democrazia appartiene agli Stati, nella Chiesa sarebbe impossibile un concetto del genere perchè c'è l'Eucarestia nella quale la Chiesa si fa ed è comunione; la Chiesa avanza per la comunione nei singoli ruoli, la democratizzazione con noi non c'entra nulla
.

Molti ambienti vedono la Chiesa cattolica come un nemico politico e ideologico.
Ecco perché non tutte le persone riescono a capire che la Chiesa non difende gli interessi politici e ideologici, ma vuole solo portare le persone di tutte le epoche a Dio, e mostrare loro la via della salvezza... La pensa anche lei così?

- E' vero. La Chiesa non dovrebbe lasciare il suo modo sotto la pressione di poteri esterni o interni. Ciò che alcuni ambienti vorrebbero attribuire alla Chiesa non è né una norma né un criterio di attività della Chiesa. Non è nulla di nuovo che la Chiesa non è stata ben compresa. Le ideologie semplicemente scompaiono come sono emerse, ma rimane la Chiesa.
Ma la Chiesa deve però essere fedele al suo Signore e al suo messaggio della Buona Novella, che dovrebbe essere proclamato 'se è conveniente o non conveniente.' Per questo però è necessario che quando un Papa viene eletto, lo si ascolti e lo si aiuti e sostenga in questo ministero.

 Nel mondo contemporaneo ci sono forze che fanno del loro meglio per rendere le persone più felici, ma così perdono la loro fede in Dio, in particolare nel Dio Salvatore, Gesù Cristo.
Perché la gente non si rende conto che senza la fede la loro vita diventano insensata e molti poi aspettano con rassegnazione o inventandosi qualche nuova fede, non comprendono che solo la vera fede può davvero far cambiare e allora, come si fa per attendere l'incontro con il Padre?

- Non ho dubbi che ci sono forze che si oppongono alla Chiesa e al suo Fondatore. Ma credo che, nonostante tutto, molta gente sta oggi comprendendo il messaggio del Successore di San Pietro molto bene. E il messaggio è semplice e allo stesso tempo profondo: la fede non è un problema che dovrebbe essere risolto, ma è un dono che deve essere scoperta ogni giorno. La fede dà gioia e pienezza. Questa fede è l'uomo quando la sua immagine è riflessa da quella di Gesù Cristo. In lui Dio nascosto divenne visibile e percepibile.
Nella sua straordinaria grandezza di Dio si offre a noi nel suo Figlio. Non è possibile una fede diversa, chi persegue strade diverse, se lo fa con sincerità ed onestà, alla fine non può non incontrarsi con il Risorto, diversamente c'è l'illusione, la delusione dalla quale giunge lo sconforto, e proprio su questi aspetti Benedetto XVI punta le sue Catechesi e gli Angelus.

Quali sono le sfide più importanti della Chiesa cattolica si trova ad affrontare all'inizio del nuovo millennio?

- E 'la questione dei rapporti tra fede e ragione, tra religione e il rifiuto della violenza. In altre parole, è la conferma della nostra fede: l'amore di Dio per l'uomo, la massima espressione che è la morte. Cristo sulla croce e la risurrezione.
Questo amore è il fondamento immutabile su cui si basa la fiducia cristiana e impegno per la carità, l'amore e il rifiuto della violenza. In questo contesto ogni religione seria, ma anche chi si dice ateo e cerca tuttavia la ragione della verità, non può che ritrovarsi alla fine davanti alla Chiesa e con tutta onestà scegliere se rifiutare il Cristo, Dio fatto uomo, o proseguire per conto proprio.

La gente sperava che il pontificato di Benedetto XVI, portasse a una rinascita della Chiesa cattolica in Germania. Ha avuto luogo?
Qual è la sua opinione sulla situazione della Chiesa in Germania, dopo questi sei anni di pontificato di Benedetto XVI?

- Negli ultimi anni la fede e la Chiesa hanno dovuto affrontare - per varie ragioni - molte sfide. Il Papa è stato informato molto bene perché ha mantenuto contatti con molte persone in Germania.
Dobbiamo sperare che la visita del Santo Padre, che si terrà nel settembre 2011 sarà utile e far rivivere la loro vita spirituale, così come dare loro nuova energia e speranza per la ri-evangelizzazione.

Subito dopo la sua elezione al papato di Benedetto XVI si è affacciato nella Loggia delle Beatitudini e disse la famosa frase sulla sua Predecessore, 'Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice, umile
operaio nella vigna del Signore. 'Quali erano i rapporti tra Giovanni Paolo II e il cardinale Joseph Ratzinger?

- Mi ricordo le parole pronunciate da Benedetto XVI durante la messa di conclusione del conclave il 20 aprile 2005, il giorno successivo dopo essere stato eletto, 'Nella mia anima ci sono due sentimenti contrastanti in queste ore. Da un lato, un senso di inadeguatezza e di umano turbamento per la responsabilità che ieri mi è affidata, quale Successore dell'apostolo Pietro in questa Sede di Roma, per quanto riguarda la Chiesa universale. D'altra parte, sento viva in me una profonda gratitudine a Dio, che - come la liturgia ci fa cantare - non abbandona il suo gregge, ma lo conduce attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che Egli stesso ha eletto vicari del suo Figlio e ha costituito pastori. Carissimi, questa intima riconoscenza per un dono della divina misericordia prevale nel mio cuore nonostante tutto. Io considero questo fatto una grazia speciale ottenutami dal mio venerato Predecessore, Giovanni Paolo II.
Mi sembra di sentire la sua mano forte che stringe la mia, mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare le sue parole, rivolte particolarmente a me in questo momento: 'Non abbiate paura!'

Qualcuno ha affermato che Giovanni Paolo II ha aperto il cuore della gente, e oggi Benedetto XVI li riempie. Sei d'accordo con questa affermazione?

- Giovanni Paolo II è stato sicuramente una grande personalità e influente, anche all'appello al popolo attraverso il linguaggio dei gesti.
Benedetto XVI è un papa della parola, la sua forza è parola, egli è prima di tutto un teologo che 'parla' di Dio. Quel che posso dire è che sulla scia di san Tommaso d'Aquino Benedetto XVI è colui che parla con Dio e parla di Dio. Ogni Pontefice ha il proprio carisma, il Signore plasma i Suoi Servi, plasma coloro che si lasciano plasmare da Lui e così poi si serve di loro per avanzare nella storia degli uomini di ogni tempo fino al Suo ritorno.

I polacchi amano il successore di Giovanni Paolo II - si possono vedere i pellegrini polacchi, con bandiere polacche ad ogni udienza, durante ogni visita apostolica. osservatori imparziali, credo che Benedetto XVI può essere amato di più in Polonia che nella sua patria.
Quali sentimenti ha Benedetto XVI per la Chiesa polacca?

- Direi che è l'amore reciproco - I polacchi amano il Papa e che ama i credenti polacchi.
Io sono un testimone oculare in ogni occasione in cui il Santo Padre incontra la religiosità polacca. Senza dubbio che la provenienza di un Pontefice rende quei cittadini orgogliosi di avere un Papa che ben conosce la loro cultura, la lingua, le preoccupazioni, la propria storia, ma poi è importante che si rammenti l'universalità del Pontefice che non appartiene più a quella data nazione che gli ha dato la nascita fisica, ma che è di tutta la Chiesa e che si unisce all'elenco dei successori di Pietro provenienti da ogni parte del mondo. Quando Benedetto XVI è andato in Polonia è stato un tributo di affetto filiale, il Papa a sua volta è davvero un Padre per ogni Nazione, la Chiesa aveva da sempre abbattuto ogni frontiera prima che ciò accadesse in questo secolo, per questo essa è Cattolica, cioè universale e Benedetto XVI è davvero preoccupato affinchè tutti i cattolici sparsi nel mondo, non si sentano mai orfani e non si rinchiudano nelle loro nazionalità, ma  che trovino nella Chiesa quella ecclesialità che è la Famiglia dei credenti in Cristo, il Popolo Santo che ha nel Vicario di Cristo la massima espressione della paternità di Dio.

"Niedziela" 16/2011

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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18/04/2011 20:09
 
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[SM=g1740738] Un omaggio al nostro Santo Padre Benedetto XVI nella ricorrenza della Sua elezione al Soglio Petrino 19 aprile 2005

Grazie Santità!!
e un grazie alla Divina Provvidenza!

Il video contiene due canti: Tu es Petrus e l'Oremus pro Pontifice

it.gloria.tv/?media=147196

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto
Dominus conservet eum et vivificet eum et
beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius


Preghiamo per il Papa Benedetto.
Il Signore Lo conservi, Gli doni vita e salute,
Lo renda felice sulla terra
e Lo preservi da ogni male. Amen.



[SM=g1740717]


Benedetto XVI. Mosaico dei momenti commoventi e divertenti

www.youtube.com/watch?v=2LLZX2MEvdY




[SM=g1740738]


[SM=g1740757]

[Modificato da Caterina63 22/04/2011 13:46]
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[SM=g1740733]Dopo aver ricordato e festeggiato l'augusto genetliaco:

passiamo ora a ringraziare ancora la Divina Provvidenza per l'elezione al Soglio Petrino dell'amato Benedetto XVI

 

 

Nove anni fa l'allora cardinale Ratzinger si dimenticò di citare il ministero petrino e dovette correggersi (Izzo)

PAPA: ALLA RADIO SI DIMENTICO' DI CITARE PAPATO E DOVETTE CORREGGERSI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 17 apr.

"Ah! Avevo dimenticato il ministero petrino, questo e' grave per uno che sta al servizio del Papa! Ovviamente, al sacramento dell'Ordine va aggiunto il ministero di Pietro, e poi tutto il resto".
Sono parole pronunciate nove anni fa dal cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, durante un'intervista a Radio Rai, per il programma "Oggi duemila".
Le riporta padre Vito Magno, storico collaboratore Radio Uno, nel libro "Anche loro" nel quale (per le edizioni del Messaggero di Sant'Antonio) ha raccolto alcune delle interviste da lui realizzate con personaggi celebri: da Massimo Cacciari che si interroga sulla alterita' del cristiano rispetto al mondo, a Ornella Vanoni, che considera la preghiera piu' efficace degli psicofarmaci, da Alda Merini che disse "io stessa sono Dio, in fondo, perche' sono parte di lui" a Raul Bova che racconta di aver avuto "in certi momenti la certezza tangibile dell'esistenza di Dio".
Per il prete giornalista, l'intervista con il celebre capo dell'ex Sant'Uffizio era ovviamente la piu' delicata della serie, e dunque fece un salto sulla sedia quando tra le cose essenziali della fede cristiana che nel futuro sarebbero rimaste immutate, il cardinale Ratzinger dimentico' di elencare proprio il Papato.
"Resteranno certamente - era stata la sua prima risposta - i grandi elementi datici dal Signore, cioe' le strutture sacramentali, i sette sacramenti, e quanto alla struttura della Chiesa il sacramento dell'Ordine con i suoi tre gradi, diaconato, presbiterato ed episcopato. Questa - disse il futuro Papa ai microfoni di Radio Rai - la struttura fondamentale che e' molto semplice e che permette diverse applicazioni.
Naturalmente l'applicazione del sacramento dell'Ordine comporta la necessaria e intima collaborazione con i laici perche' l'Ordine non esiste per se', ma come servizio nella costruzione della Chiesa nella quale tutti siamo responsabili, ciascuno a suo modo. Rimarra' anche sempre la vita consacrata come un segno di radicalita' della sequela di Cristo".

Su Papato e Santa Sede nemmeno un cenno, e allora padre Magno gli chiese di integrare la risposta ottenendo l'ammissione della dimenticanza. Ma nemmeno questo bastava a riequilibrare l'intervista e dunque ecco un'altra domanda su possibili future evoluzioni anche a Roma. Al che l'intervistato replico': "negli ultimi cento anni molti cambiamenti si sono avuti, tanti anche negli ultimi venti anni.
Il Santo Padre avra' sempre bisogno di collaboratori, ma la storia insegna come le forme di collaborazione possono cambiare".

L'intervista divenne poi piu' personale, quando al cardinale Ratzinger fu chiesto cosa piu' lo gratificava e cosa piu' dispiaceva del difficile mestiere di custode dell'ortodossia cattolica. "La grande consolazione - fu la risposta - e' che uscendo dal palazzo dove lavoro, dall'appartamento dove abito verso piazza San Pietro o anche in altre parti come in patria, incontro persone che si mostrano grate per il lavoro che svolgiamo; persone che sembra di conoscere, anche se mai incontrate prima. Mi consola realmente riscontrare gratitudine per il servizio che compiamo per la Chiesa, per la sua unita' e la pace.
Il dispiacere è invece provocato dal costatare anche molta diffidenza e opposizione. Certamente, essendo uomini, compiamo anche errori, perche' tutto cio' che e' umano e' imperfetto. Ma bisognerebbe evitare i pregiudizi che possono portare fino all'odio. Questo fa male".
 
 **********************
 

Lunedì, 16 Aprile 2012

Vaticano, 16 aprile 2005. Sono da poco passate le 13 e nell’aula del sinodo è appena terminata la congregazione generale che i cardinali tengono ogni giorno durante il periodo della Sede Vacante. Mancano solo 48 ore all’inizio del conclave che eleggerà il successore di Giovanni Paolo II. Quel giorno è anche il 78esimo compleanno di Joseph Ratzinger.

Terminata la congregazione generale, il cardinale bavarese lascia l’edificio per raggiungere il palazzo dell’ex Sant’Uffizio dove ha sede la Congregazione per la Dottrina della Fede da lui guidata dal 1981. Lo aspetta una colazione con i suoi più stretti collaboratori che lo attendono per festeggiarlo. Ma sul suo breve cammino Ratzinger incontra un confratello e amico di lunga data. Ed è lui a rivolgergli una domanda importante: «Eminenza, ma lei mica ci farà qualche scherzo?».

A cosa si riferiva quel cardinale? «Nelle congregazioni generali - spiega il porporato - erano state sondate numerose candidature: i papabili erano tanti e tutti di altissimo profilo. Ma alla fine una solida maggioranza era nata spontaneamente attorno alla figura del cardinale Ratzinger. Lui, schivo e con il suo tratto delicato, faceva di tutto per non essere al centro dell’attenzione».

Ma cosa rispose il cardinale bavarese al confratello? «Ratzinger si fece scuro in volto e mi sembrò molto turbato e poi disse: Eminenza, non pensate a me. Vi prego, non pensate a me».

Il confratello tenne nel suo cuore questa risposta e non la comunicò agli altri cardinali che avevano già scelto di votare per Ratzinger. Due giorni dopo, nella Basilica di san Pietro, fu proprio il cardinale bavarese, in qualità di decano del Sacro Collegio, a presiedere la Messa "pro eligendo Romano Pontifice". È in quella occasione che Ratzinger tenne la famosa omelia sul relativismo. «Quanti venti di dottrina - affermò il porporato - abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo a un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno - sostenne Ratzinger - nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo - concluse Ratzinger - una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».

Per gli osservatori vaticani questo passaggio dell’omelia sarebbe stato determinante per la non elezione di Ratzinger alla cattedra di Pietro. Ma così non fu. L’indomani, il 19 aprile 2005, alla quarta votazione, il 78enne porporato bavarese fu eletto Papa. «Quando il cardinale Angelo Sodano, in qualità di vice decano del Sacro Collegio, si avvicinò a Ratzinger, subito dopo il quarto scrutinio e ovviamente prima che bruciassimo le schede, per chiedergli con la formula latina prevista se avesse accettato l’elezione ebbi molta paura», confida il porporato che appena tre giorni prima aveva chiesto al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede se avesse accettato il suffragio dei porporati elettori. «Temevo - prosegue il cardinale - che avrebbe rifiutato. E invece rimasi sorpreso: non perché accettò, ma per la serenità con la quale si espresse, annunciandoci e subito dopo spiegandoci la scelta del nome Benedetto. Appena lo vidi uscire vestito di bianco dalla stanza della lacrime, che si trova sul lato sinistro guardando l’altare della Cappella Sistina, rimasi stupito: sembrava fosse stato Papa da sempre. Prima che ognuno di noi si avvicinasse a lui per baciargli la mano e così fargli atto di obbedienza, volle rivolgerci alcune parole e affidarsi alle nostre preghiere».

Successivamente, fu lo stesso Benedetto XVI a raccontare quei momenti: «Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me la mia testa ha incominciato a girare. Ero convinto - prosegue il Papa - di aver svolto l’opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillità. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone più giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt’altro slancio e tutt’altra forza. Allora sono rimasto molto toccato da una breve lettera scrittami da un confratello del collegio cardinalizio. Mi ha ricordato che in occasione della Messa per Giovanni Paolo II avevo incentrato l’omelia, partendo dal Vangelo, sulla parola che il Signore disse a Pietro presso il lago di Genesaret: seguimi! Avevo spiegato - ricorda ancora Benedetto XVI - come Karol Wojtyla aveva sempre ricevuto di nuovo questa chiamata dal Signore, e come sempre di nuovo aveva dovuto rinunciare a molto e dire semplicemente: sì, ti seguo, anche se mi conduci dove non avrei voluto. Il confratello mi ha scritto: Se il Signore ora dovesse dire a te "seguimi", allora ricorda ciò che hai predicato. Non rifiutarti! Sii obbediente come hai descritto il grande Papa, tornato alla casa del Padre. Questo mi ha colpito nel profondo. Le vie del Signore non sono comode, ma noi non siamo creati per la comodità, bensì per le cose grandi, per il bene. Così - conclude il Papa - alla fine non ho potuto fare altro che dire sì».


[SM=g1740733]
 

Il Papa all’udienza generale: la Chiesa confida in Dio e non teme le persecuzioni. "Grazie per gli auguri, pregate per me"

Vedi anche:

Omaggio a Papa Benedetto XVI dono grande alla Chiesa e al mondo: il video di Caterina

Papa Benedetto non è solo (Vian)

Al Conclave del 2005 Joseph Ratzinger votò per il cardinale Biffi (Izzo)

I Lefebvriani verso l'accordo con il Vaticano (Vecchi)

In conclave Ratzinger votò per Biffi che...avrebbe voluto prendere a schiaffi il suo unico elettore (Grana)

Il cardinale Koch presenta il suo libro sul pensiero teologico di Benedetto XVI

Benedetto XVI, il sovrano che non fugge, l'insegnante che non annoia (Contreras)

La nuova risposta della Fraternità San Pio X presto all’esame del Papa (R.V.)

Oltre 40mila persone accolgono il Papa in Piazza San Pietro. Benedetto XVI: la preghiera dei fedeli è aiuto a perseverare nel mio Ministero (Izzo)

Il Papa: La Chiesa non deve temere le persecuzioni che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre nella presenza, nell'aiuto e nella forza di Dio

Il primo prodigio. L'unità dei cristiani di fronte alle persecuzioni nella catechesi del Papa (Sir)

Il Papa: "Di fronte alle persecuzioni subite a causa di Gesù, la comunità non solo non si spaventa e non si divide, ma è profondamente unita nella preghiera, come una sola persona, per invocare il Signore. Questo, direi, è il primo prodigio che si realizza quando i credenti sono messi alla prova a causa della loro fede: l’unità si consolida, invece di essere compromessa, perché è sostenuta da una preghiera incrollabile. La Chiesa non deve temere le persecuzioni che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre, come Gesù al Getsemani, nella presenza, nell’aiuto e nella forza di Dio, invocato nella preghiera" (Catechesi)

Lefebvriani, il Vaticano annuncia: è arrivata la risposta. Padre Lombardi: tra qualche settimana possibile accordo. Forse pubblicato solo testo definitivo (Izzo)

Padre Lombardi: da Lefebvriani risposta incoraggiante (Asca)
 
[SM=g1740771]
 

VII del Vostro pontificato: ad Multos Annos, Santità!

19 aprile 2005 - 19 aprile 2012

VII anno di Pontificato




"Annuntio vobis gaudium magnum:
habemus Papam!
Eminentissimum ac reverendissimum dominum,
dominum Josephum,
Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Ratzinger,
qui sibi nomen imposuit Benedicti XVI!"

 
[SM=g1740757]
 
[Modificato da Caterina63 19/04/2012 16:10]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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18/04/2012 12:42
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Un grande abbraccio al Santo Padre Benedetto XVI.
E una grande Lode alla Divina Provvidenza per averlo donato alla Chiesa e al mondo intero!
www.gloria.tv/?media=280411

Viva il Papa


[SM=g1740734]

[SM=g1740757]

Intervista a monsignor Georg Gaenswein sul rapporto del Papa con gli operatori dell'informazione


Succedeva quando Joseph Ratzinger era semplicemente il cardinale e ora, sette anni di pontificato, questo atteggiamento non è cessato.
Chi lo conosce e conosce i suoi scritti e la sua teologia, si chiede se il ritratto fornito dai media non sia una «caricatura».

Monsignor Georg Gaenswein chiede anche ai media di «correggere le distorsioni, per quanto possibile».



Alla giornalista Angela Ambrogetti il segretario ha affermato: «Il Papa non sembra neanche essere troppo preoccupato dell’ immagine che alcuni media danno di lui, come di una persona fredda e conservatrice. “L’immagine che già da cardinale e poi, con un piccolo intervallo, anche come papa Benedetto è stata offerta è in buona parte una distorsione- spiega don Georg- Buona parte della stampa, non solo di lingua tedesca ma nel mondo, soprattutto di lingua inglese, sia in Gran Bretagna che in America del Nord, parzialmente anche in paesi di lingua francese e alla fine anche in Italia, ha creato quasi una caricatura sia della persona che delle sue idee».

[SM=g1740738]

Pubblicato su Gente numero 17 - 24.04.2012

Non ci saranno festeggiamenti solenni in Vaticano per il compleanno del Papa. Piuttosto una festa in famiglia. Lo racconta il segretario privato di Benedetto XVI che il 16 aprile festeggia 85 anni e tre giorni dopo, il 19 aprile, inizia il suo ottavo anno come Papa. “ Il 16 aprile è lunedì un giorno di lavoro, ma avrà un carattere molto bavarese. Il Palazzo Apostolico probabilmente per un po’ di tempo sarà molto bavarese. Il Santo Padre ha detto: “Per favore, per il mio 85° compleanno non voglio una grande celebrazione!” Una festa semplice e poi il 20 aprile un regalo speciale. “Ci sarà la Gewandhaus Orchestra di Lipsia ad offrire un concerto di compleanno per il Santo Padre, che è stato annunciato già tre anni fa. Questo ovviamente sarà aperto non solo per la curia, ma anche un po’ per tutti”.

Tra i regali per il suo compleanno sicuramente uno che sarà molto apprezzato è il libro che ha curato proprio il suo segretario per l’editore tedesco Media Maria. 200 pagine nella quali venti vips tedeschi raccontano Benedetto XVI a modo loro. Uomini politici e sportivi come Franz Beckenbauer e la sciatrice Maria Riesch Höfl, e poi il cardinale di Monaco di Baviera Reinhard Marx, l’ Abate benedettino Notker Wolf, il ministro della Turingia, protestante, Peter Gauweiler, il ministro Wolfgang Schäuble e tanti altri. Una occasione per don Georg di raccontare un po’ della sua vita con il Papa e di rivelare qualche piccolo segreto. Il segretario del Papa appare raramente in pubblico se non vicino al Papa, anzi, come ama ricordare “il mio posto è sempre qualche passo indietro al Santo Padre”. “Non è stato un lavoro su commissione- spiega don Georg- Il libro non è stato fatto perché dall’alto si è detto 'ci serve musica positiva dalla Germania verso Roma'. L’occasione del compleanno del Papa mi ha convinto di scrivere un contributo è anche di essere curatore. I contributi sono molto diversi e formano un mosaico di prospettive diverse. L’unica richiesta era di riuscire a scrivere con un po’ di simpatia.”

Gänswein fa il punto dopo sette anni di pontificato e parla di un “Papa della parola”, la sua sincerità, la sua semplicità e il suo coraggio sono stati spesso frantesi, dice don Georg, perché “chiama gli errori con il loro nome.” Monsignor Gänswein è un collaboratore del Papa da quando Ratzinger era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. Di quel tempo ha dei ricordi particolari: “Il Santo Padre ha una grande dolcezza. Nella Congregazione avevo molti contatti con lui nel lavoro quotidiano: E oggi, quando vedo come Papa Benedetto XVI tratta le persone nelle varie circostanze, non solo nelle udienze, o nelle occasioni pubbliche, ma anche in privato, è chiaro che ha un unico atteggiamento ed è la delicatezza, e la dolcezza. Non mi ha mai detto: così non va, ha sbagliato. Anche se magari è così. Piuttosto fa una proposta: si potrebbe fare così o così. In realtà è una critica severa nella sostanza ma “suavissime in modo”. Questo lo posso sottoscrivere, e vi invito a fare questa esperienza” dice sorridendo don Georg. Certo la sua vita ora è molto diversa rispetto a quando era cardinale. “ Desiderava che Giovanni Paolo II lo liberasse dall’incarico da Prefetto, ma non è stato così.”

E il suo sogno qual era? “Pensava: sta arrivando il giorno in cui poter realizzare il grande desidero di scrivere l’opera della vita, un libro sul Signore Gesù Cristo. Come prete, vescovo, cardinale, prefetto, curatore d’anime, credente in Cristo. Ma quando è stato eletto Papa ha detto che ormai era probabile che questo sogno non si realizzasse più. Durante i primi mesi è stato come uno tsunami.” Poi come è stato possibile trovare il tempo di scrivere tre libri ? “ I ritmi sono diventati più stabili e gli impegni più concreti. I ritmi delle giornate sono diventati più chiari. Il martedì è il giorno prima dell’udienza generale. Fin dai tempi di Paolo VI non ci sono udienze, il Papa prepara la catechesi per l’udienza generale. Tutti gli altri giorni sono occupati. Poi naturalmente ci sono le ferie, la pausa dopo Pasqua, il periodo da metà luglio fino ad agosto quando arriva l’appuntamento con lo Schuelerkreis a Castel Gandolfo. Momenti più o meno brevi in cui il Santo Padre si prende del tempo per scrivere.” Ma qual è il segreto per trovare il tempo ? “Come trova il tempo, quanto tempo gli serve, come ce la fa con le forze, è un segreto che naturalmente non posso svelare. Una cosa è chiara. Per molte persone scrivere è un peso, una grande sfida. Papa Benedetto invece quando scrive, ritrova la libertà e le forze. E’ un’esperienza che negli ultimi sette anni ho potuto fare, con grande gratitudine e grande sorpresa.”

Il Papa non sembra neanche essere troppo preoccupato dell’ immagine che alcuni media danno di lui, come di una persona fredda e conservatrice. “L’immagine che già da cardinale e poi, con un piccolo intervallo, anche come papa Benedetto è stata offerta è in buona parte una distorsione- spiega don Georg- Buona parte della stampa, non solo di lingua tedesca ma nel mondo, soprattutto di lingua inglese, sia in Gran Bretagna che in America del Nord, parzialmente anche in paesi di lingua francese e alla fine anche in Italia, ha creato quasi una caricatura sia della persona che delle sue idee. Chi conosce la persona di Benedetto XVI, chi conosce le idee del papa, e legge, vede e sente quello che viene pubblicato, si chiede se non si tratta di un altro film. E’ un dato di fatto che potrei confermare con casi concreti. Perciò chiedo ai media di correggere le distorsioni, per quanto è possibile.” Eppure c’è chi sostiene che dopo Giovanni Paolo II, papa carismatico amato dalle folle, Benedetto XVI abbia quasi fatto un passo indietro. Anche se nei viaggi si vede l’entusiasmo che crea il Papa tra i giovani e i fedeli, come in Spagna, in Africa e recentemente in America Latina.
“Il pontificato di Giovanni Paolo II non è pensabile senza la teologia di Joseph Ratzinger.”

E monsignor Gänswein aggiunge: “ Per tutto quello che riguardava la teologia, Giovanni Paolo II si affidava completamente al cardinale Ratzinger. E ora ne è diventato il successore. Ma certo non è stato organizzato in anticipo. Il pontificato di Benedetto XVI ha una continuità interiore con quello di Giovanni Paolo II e porta avanti ciò che è stato iniziato dal Papa polacco.” Il segretario del Papa nega che a Benedetto XVI non vengano trasmesse le notizie negative. Ratzinger legge le notizie buone e quelle cattive tutti i giorni in una rassegna stampa. “Il capo della Chiesa ha imparato ad affrontare le critiche, le sa inquadrare, e accettare le critiche.” E aggiunge: “Ma bisogna distinguere tra ciò che viene pubblicato, che si legge, e ciò che arriva tramite altri canali. Non si cerca la salvezza nell’opinione pubblica o nella stampa. E’ un elemento importante, da prendere seriamente, ma non orienta la navigazione della nave vaticana.”

Pubblicato su Gente numero 17 - 24.04.2012





[Modificato da Caterina63 18/04/2012 15:08]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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16/04/2013 20:47
 
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19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

13.04.2013 14:16

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

perseguitato ed ostacolato parte il ministero di Joseph Ratzinger affidato dalla Provvidenza a Benedetto XVI.

(parte prima)

 

Riportiamo, per dovere di cronaca, alcuni appunti dal sapore amaro tratti da un Diario uscito dopo quel Conclave e quindi ben prima dell'elezione del nuovo Pontefice 2013.

"E' il 17 aprile 2005, dentro le mura del Vaticano. Nel pomeriggio ho preso possesso della camera alla Casa Santa Marta. Posati i bagagli ho provato ad aprire le persiane, perché la stanza era buia. Non ci sono riuscito. Hanno spiegato che le persiane erano state sigillate. Clausura del Conclave..."

Con queste parole con cui comincia il diario di un anonimo Prelato della Curia, riportato da Repubblica nei giorni successivi a quel Conclave, possiamo ricostruire una strana situazione che avendosi dovuto verificare otto anni orsono, la ritroviamo oggi nell'ultimo Conclave dopo Benedetto XVI.

 

Ma non si viola così un segreto?

Se hanno acconsentito, sia pure in forma anonima, a rendere possibile tale ricerca di alcuni fatti avvenuti è perché hanno creduto all’intenzione non scandalistica ma rigorosamente storica di questo lavoro. Potrebbe sembrare una giustificazione alla violazione di un giuramento fatto o per accreditare il detto che il fine giustifica i mezzi, in questo caso vista la situazione nella Chiesa e l'evento storico di un Papa costretto (anche se non sappiamo ancora da chi o da cosa) a dimettersi, riteniamo un dovere anche il monito del Signore a non temere mai di dire la verità.

L’imposizione del segreto, poi, è stata decisa dai Papi innanzitutto per tutelare la libertà del Conclave: una fuga di notizie prima o durante il conclave, con i «seggi» nella Sistina ancora aperti, potrebbe condizionare le successive votazioni. Altra cosa, meno grave, crediamo, è una violazione del segreto post factum. Non c’è qui alcuna possibilità di condizionare o influenzare un fatto che è già avvenuto e può essere ormai consegnato alla storia nei suoi contorni più obiettivi.

L'idea di riportare qui queste ed altre note dei fatti ha due ragioni:

la prima è data dall'affetto che ci lega a Benedetto XVI, uno dei Pontefici più perseguitati di questi ultimi tempi, forse dovremmo risalire a Pio VII, al beato Pio IX e al venerabile Pio XII per capire quanto accanimento questo Papa ha dovuto sopportare. Forse possiamo accostarlo anche all'immagine di Paolo VI, perseguitato nel suo Magistero petrino, quando uscì l'Humanae Vitae.

Resta illuminante a riguardo il magnifico articolo riportato da Riscossa Cristiana e firmato dal teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato", che consigliamo vivamente.

La seconda ragione è che essendo ormai note di dominio pubblico affidate spesso a citazioni di profezie dei Santi, diventa lungimirante usare queste informazioni per fare un pò di ordine alle idee sia per non lasciarci travolgere dagli eventi e rischiare di cedere al disfattismo ed allo scoraggiamento, sia per ascoltare e mettere davvero in pratica le parole del Signore: " È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!" (Mt.18,7), in questo caso riteniamo più utile comprendere i fatti e cessare così di alimentare ulteriori scandali.

 

Dunque, ritornando alle pagine di quel Diario, si intuisce l'importanza dell'isolamento del Corpo elettore, affinché "lasciamo spazio allo Spirito Santo", così come diceva proprio l'allora cardinale Ratzinger nel commento al Trittico alla Sistina di Giovanni Paolo II: " Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978.

Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità. Il Papa parla ai Cardinali del futuro Conclave "dopo la mia morte" e dice che a loro parli la visione di Michelangelo. La parola Con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni. Si ricordano così le parole di Gesù, il "guai" che ha rivolto ai dottori della legge: "avete tolto la chiave della scienza" (Lc 11, 52). Non togliere la chiave, ma usarla per aprire affinché si possa entrare per la porta: a questo esorta Michelangelo".

Nel 2005 quelle Chiavi furono messe nelle mani che la Provvidenza aveva forgiate, preparate per tanti anni, le mani di Joseph Ratzinger. Che non tutto il Collegio cardinalizio fosse d'accordo è comprensibile. La componente umana ha sempre giocato il suo ruolo umano da quando, Duemila anni orsono, il Signore Iddio scelse l'umile Ancella per realizzare il Suo Progetto di Salvezza e da Lei attese una risposta, amava sentire quel "Fiat" voluntas tua prima di cominciare l'opera.

Come ci insegnano i Padri della Chiesa, infatti, l'Incarnazione prodigiosa avvenne nel momento del fatidico "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto" e l'Angelo compiuta la sua missione, partì da Lei (cfr Lc.1,28-38).

Così, all'incirca, avviene in ogni Conclave: ogni volta è una "incarnazione", è un prodigio nonostante ci siano i calcoli umani, nonostante tutto... e non è un caso la promessa che il Signore Gesù fece solamente e singolarmente a Pietro: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt.16,18-19).

Chiunque venga eletto, alla fine dei giochi, riceve una dignità unica (e la Grazia di Stato) perché è la Parola del Signore che conta alla fine, è la Sua fedeltà che impegna il Suo stesso progetto. Gli scandali dunque ci saranno sempre, sta a noi non essere lo scandalo!

Joseph Ratzinger viene eletto al quarto scrutinio. Ma quello che a molti di noi dall'esterno può essere sembrato una naturale continuità col suo Predecessore, fu in realtà un percorso pieno di ostacoli e di insidie utili oggi per comprendere la sofferenza e la dura persecuzione vissute da Benedetto XVI.

Tornando al Diario si legge come al terzo scrutinio fossero in verità una minoranza i cardinali poco propensi a dare il proprio voto all'ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, indirizzati piuttosto a compattarsi per eleggere da allora il primo pontefice del Sudamerica Jorge Mario Bergoglio.

Non è un mistero che il suo nome venne alla luce da subito, da quando si chiusero le porte del Conclave e che continuò a riecheggiare per molti mesi dopo.

Bergoglio così raggiunse ben 40 voti che, seppur pochi per varare l'Habemus Papam, di fatto bloccò l'elezione immediata di Ratzinger.

Sia ben chiaro che questi fatti non devono farci leggere Bergoglio quale nemico di Ratzinger, ciò che interessa a noi è comprendere l'ipotesi piuttosto veritiera di una crisi interna alla Curia romana che non solo non è finita con l'elezione "tardiva" di Bergoglio (al quale spettano ora le medesime croci e i medesimi tradimenti), ma che sta probabilmente alla radice delle ragioni più vere delle dimissioni di Benedetto XVI.

Arrivati a lunedì 18 aprile, ricostruisce il Diario, il nodo comincia a sciogliersi.

Ma il primo antagonista della vicenda non è Bergoglio, bensì il cardinale Martini.

Infatti in quello scrutinio alle ore 18 del 18 aprile la situazione è la seguente:

Joseph Ratzinger, 47 voti;

Bergoglio, 10 voti;

Martini, 9 voti;

2 voti li prende anche Tettamanzi e 6 perfino Ruini, voti o... vuoti a perdere, grazie a Dio!

Qualcuno ipotizza un testa a testa fra Martini e Ratzinger nel secondo scrutinio, ma non abbiamo prove, quindi lasciamo andare.

Resta palese tenere in grande considerazione che in verità, al cardinale Martini, non interessava affatto diventare Papa, primo per il decorso della malattia che lo aveva già colpito, secondo perché era tipico di Martini preferire il ruolo di "ante-papa" (e non anti-papa) come lui stesso ebbe a dire nel suo libro Conversazioni notturne a Gerusalemme. Cosa volesse in realtà Martini, o chi preferisse al posto di Ratzinger come Papa resta un mistero, come un mistero resta quella sua affermazione a voler essere "ante-papa", e spesso anche scandalo per certe affermazioni poco dottrinali.

Ciò che è importante è l'annotazione del Diario in questione che sottolinea all'improvviso la svolta nel Conclave. Ci piace immaginare in questa "svolta" il vero soffio dello Spirito Santo che in qualche modo e con azioni a noi incomprensibili, ebbe così a spostare l'attenzione degli Elettori sul vero Candidato.

E poi, parliamoci chiaro: ma chi voleva fra gli eventuali papabili, diventare l'ombra di Giovanni Paolo II ed essere continuamente paragonato a lui? Perché è anche questo che ha dovuto subire Ratzinger e di cui poco si parla; serviva un capro-espiatorio.

Lo abbiamo visto con l'elezione oggi di Bergoglio: alla Messa di intronizzazione di Ratzinger, benché la piazza fosse gremita fino a Via della Conciliazione e l'entusiasmo era palpabile, la piazza e i fedeli si era riempita anche di immagini del suo Predecessore mentre, alla Messa di intronizzazione di Bergoglio nessun fedele portava l'immagine del Predecessore, per altro vivente.

Mancanza di tatto, di buona educazione, sensibilità e quant'altro, ci viene spontanea una osservazione: ma da dove uscivano questi fedeli che avevano dimenticato così in fretta Benedetto XVI? Dalle catacombe? Dove sono stati in tutti questi otto anni quelli che con un sospiro di "sollievo" intervistati dicevano: "finalmente"!

Scusate, ma "finalmente" di cosa?

O come le assurde affermazioni fatte dal cardinale Ruini di cui, in qualità di cattolici, ci vergogniamo profondamente e ne prendiamo volutamente le dovute distanze!

Così il vero antagonista di Ratzinger, nel Conclave 2005 si rivela essere di fatto Bergoglio. Tutto sommato anche lui un gesuita come lo era Martini ma tra i due, si dice anche, che in verità non corresse buon sangue. Vi è da dire che più che con Martini lo stesso Giovanni Paolo II ebbe sostegno proprio da Bergoglio che non dall'arcivescovo di Milano.

Bergoglio appoggiò e sostenne il Magistero del Papa in Argentina, se ne faceva promotore soprattutto con l'uscita del Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica del quale ebbe a dire nel 2002:

«Per questo presentiamo il messaggio del Catechismo così com'è. Colui che lo segue si salva e salva gli altri. Siamo consapevoli della sofferenza del nostro popolo, siamo consapevoli del fatto che molti bambini non possono terminare il primo ciclo d'istruzione per mancanza delle necessarie proteine. Siamo consapevoli che negli ospedali manca l'essenziale per la salute della gente. Presentare il messaggio di Gesù Cristo significa tracciare il cammino che Egli ha tracciato. Per esser degni della Sua dignità. E diciamo: ogni persona del nostro popolo ha diritto a vedere rispettata questa dignità e non a vederla calpestata. Calpestare la dignità di una donna, di un uomo, di un bambino, di un anziano è un peccato grave che grida al Cielo».

 

Un cardinale Martini avrebbe tagliato la parte iniziale in riferimento al Catechismo e avrebbe sostenuto solo l'ultima parte della frase.

Perciò, nonostante sia una forzatura quella di relegare Bergoglio a candidato "progressista", il vero antagonista di Ratzinger fu lui, forse perché molti degli Elettori vedendolo anche a 69 anni (confronto ai 78 anni di Ratzinger) e più simile ad un portamento alla Giovanni Paolo II, come oggi sta dimostrando, vedevano in Bergoglio il candidato più adatto.

Se così fosse però, ci viene confermata non solo la crisi in atto nella Curia, ma soprattutto la volontà grave (o l'aggravante) a non volere un Papa "dottrinale e teologo" che annoierebbe la piazza, ma un Papa sprint, un Papa "da vedere", un Papa che si occupi esclusivamente delle folle attraverso baci, carezze e gesti significativi. Ratzinger, per loro, non avrebbe garantito questo successo e sapevano che si sarebbe occupato di ciò per cui la Provvidenza lo aveva forgiato: Custode della Dottrina della fede, fine teologo, un Prefetto, un amante della Liturgia, un monaco nel mondo, un mistico fra la gente, Cooperatore Veritatis. Troppo "cattolico"!

Non che Bergoglio non lo sia, ma non è un teologo! Non è una diceria, egli non conseguì mai il dottorato. Non è un liturgista, a lui piace la Messa detta in cinque minuti ed è insofferente nei confronti del tempo che una liturgia appropriata (pontificia) richiederebbe. Bergoglio è pastorale, la stessa croce pettorale che ama portare riproduce infatti non il Crocefisso o il Risorto, ma il Buon Pastore. Non è mica una colpa questa, anzi, ma è un dato di fatto su cosa e chi volevano davvero i cardinali in Conclave.

Dice bene Padre Cavalcoli O.P. nel titolo sopra riportato:

" Certo, abbiamo avuto Papi francescani, ma hanno fatto i Papi e hanno smesso di fare i frati. Questo sia detto con tutto rispetto dei frati - io sono un frate domenicano - ma non bisogna confondere i ruoli nella Chiesa. I frati domenicani che sono diventati Papi hanno fatto i Papi.

Questo nuovo Papa poi è Gesuita, ed anche questa sua qualità certo ci fa sperare insieme col carissimo nome di Francesco, anzi vorremmo sperare in una sintesi tra l’energia e la dottrina del Gesuita da una parte e la mitezza ed umiltà francescane dall’altra. In ogni caso il grande problema pastorale di oggi è una ritrovata collaborazione tra Papa ed episcopato. In ciò indubbiamente è utile l’applicazione delle direttive conciliari, tuttavia adeguatamente corrette nei loro difetti e non peggiorate come vorrebbero i modernisti, pensando così di far avanzare la Chiesa e invece la fanno retrocedere.

In particolare bisogna che i vescovi, senza affatto abbandonare la bella figura del pastore evangelico delineata dal Concilio, riprendano in mano il loro ufficio di maestri e custodi della fede evitando di lasciare solo il Papa in questo gravissimo compito che spetta a tutto il Magistero della Chiesa".

 

Senza dubbio che questi discorsi sui Conclavi e sui Protagonisti possono risultare sgradevoli o spiacevoli, ma noi li offriamo solo come cronaca atta a smascherare proprio certo gioco mediatico progressista, tutto a favore di una lotta intestina alla Chiesa che se da una parte è reale, dall'altra però non vuole considerare l'azione dello Spirito Santo che continua e agisce nonostante le intenzioni umane.

Nei fatti, quel 19 aprile 2005, alle ore 16 e 30, Ratzinger riceve 84 voti contro i 26 di Bergoglio, lo spoglio delle 17,30 si ferma dopo aver superato quota settantasette. I Prelati Elettori si guardano, Ratzinger si asciuga il volto con un fazzoletto, parte l'applauso (qualcuno dirà: non troppo caloroso), Habemus Papam: Joseph Ratzinger.

(continua nella seconda parte fra qualche giorno)

****



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19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

16.04.2013 19:37

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

perseguitato ed ostacolato, il ministero di Benedetto XVI procede per 8 anni sulle profetiche Stazioni di una gloriosa Via Crucis.

(parte seconda) qui la parte prima

 

Fra le tante citazioni che si potrebbero riportare, di Ratzinger prima di essere eletto come le famose Meditazioni alla Via Crucis del Venerdì Santo 2005, o come l'Omelia alla Messa Pro eligendo Pontifice, ci piace riportare invece il suo appello ai fedeli nell'Omelia per la Messa di intronizzazione del 24.4.2005 quando disse:

" Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri..."

Con tutto l'amore che vogliamo alla razza dei canidi e l'immagine affettuosa, cara alla tradizione, di un Francesco (il Santo e poverello d'Assisi) alle prese con un lupo, non possiamo non riscontrare un'altra immagine drammatica, quella biblica che ben delinea il Calvario di questo glorioso Pontificato:

"I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni". (Ezech. 22,26-27)

In questo breve e drammatico passo c'è tutto il sunto di questi otto anni di Pontificato benedettiano, momenti difficili e bui per la Chiesa nei quali era proprio la parola e i gesti liturgici di Benedetto XVI a portare speranza, luce, fiducia. L'umile lavoratore nella vigna del Signore è da subito circondato da lupi affamati. Del resto, come ben sappiamo, l'orso di San Corbiniano riportato nel suo stemma ci conduce passo passo all'interno di questa battaglia che, effettivamente, egli combatteva già da molti anni in qualità di Prefetto per la custodia della sana Dottrina. Detta brevemente, la storia dell'orso, ci racconta di come san Corbiniano, durante il suo pellegrinaggio verso la Tomba dell'Apostolo Pietro, venne assalito da un orso che uccise il suo cavallo. A quel punto san Corbiniano , che forse si sarà ricordato pure del Salmo: "Il cavallo non giova per la vittoria, con tutta la sua forza non potrà salvare" (32,17), si mette a parlare con l'orso, lo rimprovera per il suo gesto e così lo addomestica facendosi portare sulle sue spalle fino a Roma.

Benedetto XVI è senza armi umane e senza supporti, si affida a questo racconto per spiegare come egli veda il suo Pontificato: come l'orso che si fa carico dei problemi che hanno oscurato la cristianità del nostro tempo.

Ci si ostina a dire che Benedetto XVI eliminò la tiara dal suo stemma pontificio. Nulla di ciò è più falso. Che Egli abbia deciso di adottare la mitria è tipico del suo carattere mite e mansueto, pronto ad accettare anche una imposizione che lo coglie, invece, a sorpresa, a fatto compiuto. Lo stemma pontificio del Papa infatti venne confezionato a sorpresa e portato al Papa come dono del cardinale Montezemolo. Che piaccia o meno, non era nel carattere di Ratzinger respingere un dono. Prova ne è che sul famoso tronetto rosso usato nelle Messe, venne riportato lo stemma di Benedetto XVI con tanto di tiara e non solo lì, ma anche su alcune stole non ha esitato ad alternare il suo stemma con la tiara a quello con la mitria, per non parlare dell'uso delle stole dei predecessori con tanto di stemma e tiara; ma anche in diversi piviali e perfino si tentò di riportarla sul tappeto domenicale dell'Angelus, ma la comparsa di quello stemma di una domenica di ottobre del 2010, bastò a scatenare gli sproloqui progressisti e così, da buon mansueto, Benedetto sia, fece sparire anche quel tappeto.

Questi piccoli episodi la dicono lunga su cosa Ratzinger dovette sopportare e subire.

Così come le falsi voci sulle firme prestigiose sulle sue scarpe rosse, mantelli, mozzette varie, non sono altro che quel continuo tam-tam diffamatorio atto a voler presentare un Pontefice schivo alla povertà, spendaccione, amante del lusso. In verità lo stile di Benedetto XVI non è stato altro che decoroso e dignitoso al ruolo che ricopriva, sobrio dal punto di vista delle spese visto che per otto anni ha usato paramenti e stole dei suoi Predecessori, sobrio dal punto di vista degli oggetti visto che ha tirato fuori dal museo i vari troni dei suoi Predecessori. Lo stesso pastorale (ferula) non fu altro che un dono del Circolo di San Pietro, una usanza antica quella di donare al nuovo Pontefice la ferula e dopo che ebbe portato sia quella di Paolo VI sia quella di Pio IX. Dunque, dove stanno tutte queste "spese"?

Ma torniamo alle cose più serie.

 

Il 17 aprile del 2008 è la prima volta nella storia della Chiesa che un Pontefice incontra uomini e donne vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici.

Ben consapevole di tal piaga oramai purulenta, dopo che sotto il Pontificato precedente i Vescovi e cardinali l'avevano avuta vinta di far passare tutto sotto silenzio, Benedetto XVI decide di far emergere tutto il pus velenoso che si era addensato nella piaga e convoca, non a caso, un Anno Sacerdotale (2009/2010) durante il quale le tenebre si accaniscono contro la Chiesa e cercano di ottenere il suo più completo disfacimento, ma invano!

E come non ricordare il tentativo di rovesciare questo Trono Petrino quando in quel 12 settembre del 2006, all'università di Ratisbona, di proposito si vollero usare le parole del suo Discorso storpiandole, manipolandole in modo da dare origine al "caso", ma anche qui invano!

 

E come non dimenticare il vile tentativo di far passare la sua breve esperienza militare (obbligatoria e dalla quale si defilò disertando) con indosso una divisa della aviazione, scambiata volutamente e diabolicamente quale divisa delle SS?

Ricorderemo tutti le parole di Benedetto XVI sull'aereo che lo portava a Fatima (11-14 maggio 2010) quando rispiegò il valore del Terzo Segreto di Fatima:

" Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. Così rispondiamo, siamo realisti nell’attenderci che sempre il male attacca, attacca dall’interno e dall’esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che, alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia...."

E come non menzionare le sue tre Encicliche diabolicamente mai fatte circolare nelle varie Diocesi e parrocchie, mai usate come strumento di evangelizzazione.

Con la Deus Caritas est Benedetto XVI mette a nudo il pericolo socialista e marxista così come il pericolo della Teologia della Liberazione;

con la Caritas in veritate mette a nudo le contraddizioni delle principali teorie economiche che dominando nel mercato politico vedono l'uomo solo come oggetto di consumo e ricavo, lo sfruttamento dell'uomo e di conseguenza il suo vero indebolimento e la conseguente crisi economica, sociale e culturale;

e infine con l'enciclica Spe Salvi nella quale, e potremmo dire davvero impietosamente, denuncia il come siamo giunti a toccare il fondo di un processo evolutivo drammatico per l'uomo, specie in Occidente, a causa di un progressivo allontanamento dalla vera unione tra fede e ragione che a fatica era stata portata già con San Benedetto per la formazione di una Europa "ragionevolmente" cristiana. Benedetto XVI non risparmia di denunciare in questa enciclica il degrado generato dal fideismo e dal liberalismo protestante, che ha negato il ruolo della ragione, poi denuncia il degrado perpetrato a causa di un prepotente laicismo illuminista che ha eliminato la fede, infine sono sopraggiunte le ideologie del XX Secolo che si sono imposte come nuove "religioni" secolari ed anticristiane, per raggiungere a quel nichilismo oggi imperante che è, appunto, quel relativismo che ha colpito l'Uomo in ogni suo ruolo, da quello familiare a quello politico, e inevitabilmente anche all'uomo religioso, al sacerdote, al vescovo...

 

Vale qui la pena di riportare un altro passo dell'articolo già citato nella prima parte, a firma del teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato" quando dice:

" Se dunque nei primi anni del postconcilio avevamo per lo più soltanto teologi rahneriani colpevolmente tollerati dai loro vescovi, adesso abbiamo vescovi rahneriani, che sono gli antichi seminaristi di un tempo formati da insegnanti rahneriani. Una situazione incancrenita e pericolosissima. Rahner è diventato un “classico” quasi fosse un Padre della Chiesa o un nuovo S.Tommaso d’Aquino. (..)

Il potere di questi prelati, essendo immediatamente e spazialmente vicino, conta più di quello del Papa, è più temibile di questo. Disobbedire al Papa in molti ambienti non porta a nessuna conseguenza, anzi si ottiene successo e si passa per moderni ed avanzati, ma disobbedire ai prelati modernisti si paga caro e può compromettere o bloccare la stessa carriera o attività ecclesiastica o sacerdotale, per quanto si possa essere teologi o docenti stimati e di lunga esperienza.

In tal modo il Papato con i pochi collaboratori fedeli che gli restano tra i vescovi e tutti i buoni cattolici, è una specie di stato maggiore di un esercito dove però l’esercito si è costituito capi per conto suo, i quali non seguono affatto le direttive dello stato maggiore, ma vanno per conto proprio con una loro politica ecclesiastica, una loro teologia ed una loro pastorale che non riflette la vera concezione cattolica, ma quella concezione ereticale di cui sopra.

E i Papato ha le mani legate, non può far quasi nulla dal punto di vista del governo, del controllo della dottrina e delle nomine ecclesiastiche. Queste ultime sono per lo più imposte od ottenute con raggiri dai modernisti, sicchè il Papa deve, come si suol dire, “far buon viso a cattivo gioco”, si trova ad avere a che fare con “collaboratori” finti o di facciata che non sono affatto copertamente o scopertamente veri collaboratori, ma che gli remano contro se non in modo plateale e sfacciato, certo comunque in modo reale e come un tarlo che corrode ogni giorno il sistema del Papato.

Il Papa è così sottoposto ad uno stillicidio quotidiano, ad una vita logorante difficilmente sopportabile[5], se non fosse che abbiamo avuto in questi decenni Papi santi che hanno saputo offrire la loro vita per la Chiesa in unione con la croce di Cristo. Con tutto ciò è chiaro che il Papa ha i suoi buoni collaboratori, presenti grazie a Dio in tutti i settori della Chiesa in tutto il mondo, ma in scarsissimo numero, e tutto quello che possono fare, oltre a soffrire insieme col Vicario di Cristo, è la proclamazione della sana dottrina, peraltro sistematicamente ed immediatamente criticata, fraintesa, derisa e contestata dai potenti mezzi propagandistici dei modernisti. E’ possibile dunque sapere, in linea di principio, che cosa pensa il Magistero, ma è assai difficile metterlo in pratica a causa degli ostacoli, delle minacce, delle seduzioni e delle persecuzioni provenienti dal potere modernista.

Questa situazione di debolezza e di impotenza sorge col papato di Paolo VI e si protrae sino ai nostri giorni. Essa certamente è all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI[6]. Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle[7], che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato..."

 

Perdonate la lunga citazione, ma indispensabile per comprendere questi 8 anni di calvario di Benedetto XVI, perché parliamo appunto di Calvario, descritto da una firma assai più prestigiosa della nostra.

Va anche annotato che il cardinale Joseph Ratzinger era stato nominato Prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede da Giovanni Paolo II il 25 novembre del 1981 e che da allora, neppure in questi 8 anni da Pontefice, egli ha mai lasciato davvero questo incarico.

Lo dicono le nomine da lui fatte in cerca di un sostituto a lui stesso diventato Pontefice, nomine insufficienti, inadeguate, inconcludenti.

Con mons. Levada (forse l'unico idoneo al ruolo) gli unici Documenti firmati risalgono a bozze che erano già state preparate da Ratzinger prima di diventare Papa. In ultimo, la nomina di mons. Muller la dice lunga sull'inadeguatezza a chi affidare questo delicato ma decisivo ruolo (anzi ci auguriamo di sbagliare riguardo alla scelta), in sostanza appare evidente che a differenza di questi due ultimi Pontificati, attualmente non abbiamo un "Defensor fidei" di elevato spessore o paragonabile all'allora Ratzinger.

Certo, qui è la responsabilità stessa del Papa che fa le nomine, ma probabilmente anche la forte carenza di Prelati adatti e soprattutto "cattolici nella Dottrina", come ha spiegato Padre Cavalcoli nell'articolo sopra, la dice lunga della grave situazione interna in cui vive la Chiesa e delle scelte difficili che spettano poi al Papa.

Ricapitolando questa seconda puntata, traspare tutto il Calvario con le Stazioni vissute da Benedetto XVI, ma tante altre se ne potrebbero citare e saranno ricordate nella terza parte dell'articolo che intendiamo preparare dopo questo.

Abbiamo voluto ricordare questi eventi perché se è vero che Benedetto XVI non è più Vescovo di Roma, Sommo Pontefice dal 28 febbraio 2013 per sua scelta, è altrettanto vero che sarà "Papa e Vicario di Cristo" fino all'ultimo dei suoi giorni perché, come si deduce dallo stesso Diritto Canonico, il ruolo di "ex Papa o ex Vicario di Cristo" non esiste, così come non esiste quello di "ex-sacerdote", il che significa, almeno per noi, che Benedetto XVI pur non essendo più alla guida della Chiesa egli è nella Chiesa, come detto da lui stesso nell'ultimo Angelus:

"Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze..." (Angelus 24.2.2013).

 

(continua nella terza parte fra qualche giorno)

 

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[SM=g1740758] 19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

19.04.2013 00:06

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

perseguitato, odiato ed ostacolato per aver "adornato la Sposa di Cristo" nella Liturgia.

(parte terza ed ultima) leggi qui la seconda parte

Qualcuno, leggendo la seconda parte  avrà forse pensato che abbiamo esagerato nella descrizione di questo Pontificato. Con questo ultimo articolo della serie vi dimostreremo che non siamo gli unici a pensarla così e che è auspicabile per molti cattolici (anche tra preti e vescovi e cardinali) fare un sincero esame di coscienza.

 

 "Santità, la menzogna e la violenza diabolica si avventano, ogni giorno, sulla Sua Sacra Persona.

Lei vive di fronte a tutta la Chiesa una singolarissima partecipazione alla Passione del Signore Gesù Cristo.

Di fronte alla Chiesa e al mondo Lei sta percorrendo “la via dolorosa”. Ci senta accanto a Lei, con un affetto infinito e con la volontà di confortare, per quanto possiamo, questo suo dolore. Nel suo dolore, Santità, vibra già tutta la potenza di Dio che, in questo dolore e per questo dolore, vince oggi il male del mondo.

(..) com’è possibile che un miliardo di cristiani assistano in silenzio ed impotenti al tentativo di distruggere il Papa, senza rendersi conto che dopo questo non ci sarà più salvezza per nessuno.

Santità, è necessario che tutti noi lavoriamo, sotto di Lei, ad una grande riforma dell’intelligenza e del cuore della Chiesa, fondata sull’adesione incondizionata al Suo Magistero ".

Con queste parole il 27 marzo 2010, mons. Luigi Negri allora Vescovo di San Marino, pubblicava una Lettera aperta per far fronte ai duri attacchi di cui fu oggetto nell'Anno Sacerdotale il Sommo Pontefice, a causa degli scandali della pedofilia nel Clero, e non solo per questi come abbiamo visto nell'articolo precedente.

I primi, con mons. Crepaldi come vedremo, praticamente le uniche voci forti che abbiano avuto il coraggio di schierarsi apertamente contro la dura ed ingiusta persecuzione che il Papa dovette subire.

Già, come è stato possibile il silenzio di un miliardo di persone che si dicono cattoliche? Sì, alla fine abbiamo assistito alle onde oceaniche di gruppi e movimenti organizzati che si sono riversati in San Pietro per dare solidarietà al Papa ma, ci perdoni oggi Papa Bergoglio, è assai più facile scendere in piazza e manifestare nella gioia fra gesti, applausi e abbracci, senza nulla ancora da difendere, anziché scendere in piazza per sostenere un Pontefice ingiustamente calunniato e perseguitato. E' vero pure che con i se e i ma non si fa la storia e siamo sicuri che se un domani Papa Francesco dovesse aver bisogno della solidarietà cattolica, la riceverebbe con lo stesso calore, resta palese che questa solidarietà proprio dal mondo cattolico, nei confronti di un Papa ingiustamente percosso, fu davvero, al principio, assai latente. E' evidente che gran parte di questa responsabilità ricade sui Media e su certa stampa che, presentandosi da cattolica ma di fatto sono lupi voraci, si sono avventati sul gregge disorientandolo e ingannandolo.

Ecco l'importanza di questa Lettera e quella di mons. Crepaldi di Trieste, per difendere il Pontefice Benedetto XVI.

E non fu certo solo colpa dello scandalo della pedofilia! e no!

L'ostilità a Papa Benedetto c'è sempre stata, fin da quando occupava la croce del Difensore della fede, Prefetto, che con disprezzo chiamavano "il panzer-cardinal" oscurando volutamente la mitezza di questo gigante della Fede, la bontà, la tenerezza.

 

Il 21 marzo sempre del 2010 così scriveva mons. Crepaldi Arcivescovo di Trieste:

"Il tentativo della stampa di coinvolgere Benedetto XVI nella questione pedofilia è solo il più recente tra i segni di avversione che tanti nutrono per il Papa."

 

Il più recente, quali furono dunque gli attacchi precedenti? Ne citiamo alcuni:

intanto la sua nomina a Pontefice, mentre la gente ne fu davvero entusiasta, il malumore non mancò di farsi sentire tra i Vescovi e qualche freddo commento fra i Cardinali (leggasi la prima parte).

Tutti sapevano chi era Ratzinger, ma molti ne avevano una immagine distorta. Con pazienza e preparando il terreno attraverso catechesi e discorsi, Benedetto XVI cominciò ad avviare una grande Riforma nella Chiesa a partire dalla Liturgia, e questa fu giudicata come un attacco alla propria e personale creatività da parte di molti. Qualcuno scriveva "la ricreazione è finita!"

In verità Ratzinger non ha imposto nulla e forse questa "troppa grazia" è stata mal digerita dai gruppi detti tradizionalisti, e dall'altra parte progressista, resa invalida la Riforma.

Benedetto XVI comincia a riformare la Messa del Pontefice fino ad allora ridotta davvero all'osso con gli altari spogliati completamente di tutto. Una Sposa denudata, ridotta a stracci, per altro costosissimi, di casule ridicole indegne pure per il mago Otelma: colorate, rasate, e non giudichiamo l'arte, ma il sacramentalmente ridicole come le casule imposte a Benedetto XVI in visita apostolica in Austria.

Finalmente dal primo ottobre 2007 le cose cambiano, arriva mons. Guido Marini nominato Maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e gli effetti si vedono. Perché spendere soldi? Ecco riaprire la Sacrestia dei Papi e rispolverare pianete, mitrie, stole e casule degne di un Pontefice, poi il dono di alcuni fedeli con seri piviali con tanto di stemma faranno il resto. Non ci voleva tanto, ma solo la buona volontà.

"Pizzi e merletti" si va dicendo con ironia, odiosi orpelli che ritornano in uso, si accusa al Pontefice, dimenticando che stiamo parlando di un Sposa non di un oggetto, tale è la Liturgia che si celebra nella Chiesa: è la Sposa che parla, che si rivolge allo Sposo; è la Sposa che solleva il Calice della salvezza e con lo Sposo offrono al Padre il Suo Sacrificio perfetto; è la Sposa che invocando lo Spirito Santo manda sulle membra i suoi sette santi doni.

Certo che "pizzi e merletti" non servono, chi e che cosa potrebbe mai essere all'altezza di esprimere visibilmente quello che accade in una vera Liturgia Cattolica? Questi "orpelli" sono solo un segno che esprime, solamente sfiorandola, la Bellezza che viviamo e di cui tanto parliamo, la vera Bellezza che salva.

Annotiamo anche una nota di "colore".

Il famoso camauro che Papa Benedetto XVI osò indossare in una udienza durante un inverno gelido. L'ignoranza di certi vaticanisti è tollerabile quando, senza conoscerne l'usanza, si scagliarono con maleducazione inaudita contro il Papa ridicolizzandolo, ma che certa ignoranza provenga dalla stampa cattolica è davvero inaccettabile. Il camauro non è solo un semplice copricapo invernale (bianco se è dopo Pasqua) che a differenza dello zucchetto protegge meglio il capo e le orecchie dal freddo, ma è anche un ricordo della "corona di spine".

Fa pensare come certa stampa si sia così presto dimenticata del beato Giovanni XXIII, così racconta l'episodio il grande sarto dei Papi, Gammarelli:

"Un giorno, durante il pontificato di Giovanni XXIII, mio padre fu chiamato in Vaticano dal Papa, che disse: 'Gammarelli, vorrei un camauro'. Mio padre cadde dalle nuvole, ma evidentemente non si dice di no ad un desiderio del Papa e disse: 'senz'altro, Santità , provvederemo immediatamente'. Mio Padre aveva una vaga idea di ciò che era un camauro e soprattutto non sapeva dove cominciare per confezionarlo e se a Roma c'erano artigiani in grado di soddisfare la curiosa richiesta. Dopo avere consultato enciclopedie di vario tipo, mio padre si accorse che il camauro era molto ben documentato dal punto di vista figurativo, ma rimaneva il problema di come farlo e chi lo potesse fare. Il problema fu presto risolto, avendo nel negozio il velluto del colore adatto ed una manodopera specializzata. Il tutto per la completa soddisfazione del Papa buono e l'orgoglio di avere esaudito un desiderio del Papa. In seguito e' stato di nuovo confezionato per Sua Santità  Benedetto XVI in velluto rosso, ma anche in damasco bianco, da indossare nel periodo pasquale".

Dove stava lo scandalo in tutto ciò tanto da ridicolizzare Benedetto XVI?

 

Ma sorvolando su questi cambiamenti nel luglio 2007, Benedetto XVI aveva osato firmare un Motu Proprio "inaccettabile": aveva osato liberalizzare la Messa nella forma oramai detta "antica", il famoso Summorum Pontificum.

Ci perdoni nuovamente Papa Bergoglio per i paragoni non già alla sua Persona quanto all'uso di certe sue scelte. Infatti i gesti compiuti da Papa Francesco appena eletto e la dismissione di mozzette ed altro, non hanno fatto altro che generare applausi e larghi consensi come se, coloro che hanno applaudito, avessero vissuto anni di profonda castrazione, manco fossero stati obbligati e costretti ad indossare loro mozzette e affini.

Basta usare la moviola e recuperare le reazioni che molti nella Chiesa hanno avuto davanti a quel Motu Proprio, quasi fossero stati obbligati ad andare alla Messa "antica".

Ci fu persino l'ammutinamento dei Vescovi francesi che scrissero una lettera al Papa per chiedergli di non firmare quella liberalizzazione, pena sarebbe stata una divisione nella Chiesa. Ecco il ricatto! Se tu firmi io ti remo contro ma resto appunto nella stessa barca.

Perché questo è stato il dramma delle persecuzioni vissute da Benedetto XVI: questa gente non se ne è andata via, è rimasta nella Chiesa remando contro.

Ve la immaginate la scena? Pietro che regge il timone, tutti che ai suoi ordini remano in una direzione, poi ad un tratto i rematori (Vescovi) cominciano a remare divisi chi da una parte chi dall'altra. Ecco cosa è accaduto in questi otto anni: disobbedienza al Pontefice su molti fronti, vi ricordiamo di leggere l'articolo illuminante di Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato".

Tutto il 2007 si alternò tra appelli e contrappelli, al Papa ed anche contro il Papa e lui, "come agnello condotto al macello" portava la sua croce e andava mite su per il Calvario certo che l'esempio che stava dando avrebbe portato frutti a suo tempo.

 

Arriva il 2008 e il Papa compie un'altra "ingiustizia" celebra la Messa "di spalle" alla Sistina per i Battesimi, quale orrore scriverà la stampa mediatica: il Papa da le spalle ai fedeli!

Quanta superbia! Nessuno aveva pensato che, piuttosto, prima stava dando le spalle a Dio, e che proprio la sua posizione invitava anche i fedeli a volgersi tutti insieme, sacerdote compreso, verso il Signore?

Ma chi è il Protagonista nella Messa: il prete o Gesù Cristo presente realmente, vivo e vero nelle apparenze del pane e del vino, nel mistero della Transustanziazione? (leggasi anche questo articolo).

“Si è ritenuto – spiegò così la nota uscita sull'Osservatore Romano – di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l’assemblea”.

Subito i giornali scrivevano con perversione: ecco il "nuovo" che avanza... e che da le spalle ai fedeli!

Si comprende bene l'applauso ricevuto da Papa Bergoglio quando celebrando la sua prima Messa con i Cardinali ha invece dato "le spalle alla Croce" orientando su di se lo sguardo dell'assemblea: il "nuovo" che avanza.... e che da le spalle alla Croce. Queste scelte incomprensibili dividono, non l'atteggiamento di chi volge il proprio sguardo alla Croce.

Anche qui Benedetto XVI non impone nulla e sul sito Vaticano fa spiegare i motivi di questa scelta sperando che, essendo lui il Papa, esistano ancora christefidelis-laici, sacerdoti e vescovi pronti ad imitarlo e a seguirlo, ma invano. E il nuovo "Vescovo di Roma" sembra dare ragione ai chi duramente perseguitò questo Pontefice.

Allora prova riportando il Crocefisso sull'Altare da dove era stato ingiustamente tolto, ma anche qui, trova pochi imitatori e molti contestatori e persecutori.

A giugno del 2008, per il Corpus Domini in Laterano, prima della Processione Eucaristica, osa dare la Comunione a dei bambini in ginocchio e alla bocca, scoppia lo scandalo!

Caspita! Ricevere Gesù in ginocchio e alla bocca è diventato lo scandalo, un male!

Non possiamo ignorare il monito di Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is. 5,20).

 

Arriviamo così nel gennaio 2009, Benedetto XVI  animato da profonda giustizia e ben disposto verso una istituzione che sforna molti sacerdoti ottimamente preparati decide di togliere la scomunica alla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), apriti cielo! La miccia viene innescata non dal gesto del Papa ma da quelli che avendo saputo per tempo l'aria che tirava, non volevano e si fa uscire ad arte una intervista di un Vescovo della FSSPX il quale aveva rilasciato delle dichiarazioni personali, pochi giorni prima la decisione del Papa, non confacenti al politicamente corretto, insomma una questione di politica che con la Chiesa non c'entra nulla.

Si diramano comunicati e smentite, alla fine il Pontefice è costretto a scrivere una Lettera a tutti i Vescovi dove usa queste parole davvero allarmanti:

"A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo..."

 

Odio e intolleranza verso questo Papa!

Nella Lettera sopra citata, scrive mons. Crepaldi:

"Bisogna chiedersi come mai questo Pontefice, nonostante la sua mitezza evangelica e l’onestà, la chiarezza delle sue parole unitamente alla profondità del suo pensiero e dei suoi insegnamenti, susciti da alcune parti sentimenti di astio e forme di anticlericalismo che si pensavano superate. E questo, è bene dirlo, suscita ancora maggiore stupore e addirittura dolore, quando a non seguire il Papa e a denunciarne presunti errori sono uomini di Chiesa, siano essi teologi, sacerdoti o laici..."

 

La campagna diffamatoria è stata lanciata fin da quando Benedetto XVI è stato chiamato sul Soglio Petrino. Questo Papa, seppur circondato da molti fedeli sinceri, ha ricevuto la stessa sorte del Maestro e Signore. Basta ricordare la scena al Pretorio: la folla, la menzogna (Barabba) e la Verità (Gesù e il Suo Vicario in terra), "Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!» (Mt.27,21); la folla voleva che venisse liberata la menzogna e crocefissa la Verità, la voce di chi gridava a favore della Verità veniva soppressa dalle urla del male, ma anche da gente che durante gli anni di vita pubblica Gesù aveva in un certo modo beneficiato. Così è la vita del Vicario di Cristo in terra, aspettarsi la gloria e gli osanna sarebbe sbagliato, questi osanna durarono solo un giorno, all'ingresso a Gerusalemme, dopo tre giorni la stessa folla che lo aveva salutato ora lo insultava e lo calunniava, voleva vederlo crocefisso. Del resto vale il detto del Maestro: "se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv.12.24)

 

Arriviamo al 2010 e la Sapienza, tra le più antiche Università di Roma fondata niente meno che per volontà di papa Bonifacio VIII, il 20 aprile 1303 con la bolla pontificia "In suprema praeminentia dignitatis", lo "Studium Urbis", prima invita Benedetto XVI per una Lectio in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico, poi a causa di alcuni gruppi oppositori rigetta l'invito. Inaudito! La campagna mediatica si scatena. Per Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, le contestazioni alla visita di papa Benedetto XVI rischiano di rendere La Sapienza ''più povera'' e vogliono costruire un nuovo ''muro di Berlino'' tra cultura laica e religione. Scatta la solidarietà, gli scandali, dice il Signore, sono necessari (Mt.18,7) e gli studenti cattolici - favorevoli alla visita del Santo Padre - rispondono alla contestazione dei collettivi con una veglia di preghiera. Qui l'allocuzione che il Papa avrebbe tenuto a La Sapienza.

 

Ed altri attacchi ancora, dall'interno della Chiesa contro il Magistero di Benedetto XVI tanto da dare l'impressione, come spiegherà mons. Crepaldi, di avere un "magistero parallelo".

Queste le sue parole che vale la pena di meditare:

 

"Non era forse mai accaduto che la Chiesa fosse attaccata in questo modo. Alle persecuzioni nei confronti di tanti cristiani, crocefissi in senso letterale in varie parti del mondo, ai molteplici tentativi per sradicare il cristianesimo nelle società un tempo cristiane con una violenza devastatrice sul piano legislativo, educativo e del costume che non può trovare spiegazioni nel normale buon senso si aggiunge ormai da tempo un accanimento contro questo Papa, la cui grandezza provvidenziale è davanti agli occhi di tutti.

A questi attacchi fanno tristemente eco quanti non ascoltano il Papa, anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici. Quanti non accusano apertamente il Pontefice, ma mettono la sordina ai suoi insegnamenti, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna. Il fenomeno è molto grave in quanto anche molto diffuso.

Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sul Vaticano II che moltissimi cattolici apertamente contrastano, promuovendo forme di controformazione e di sistematico magistero parallelo guidati da molti “antipapi”; ha dato degli insegnamenti sui “valori non negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo.

Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006, la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte.

La situazione è grave, perché questa divaricazione tra i fedeli che ascoltano il Papa e quelli che non lo ascoltano si diffonde ovunque, fino ai settimanali diocesani e agli Istituti di scienze religiose e anima due pastorali molto diverse tra loro, che non si comprendono ormai quasi più, come se fossero espressione di due Chiese diverse e procurando incertezza e smarrimento in molti fedeli.

In questi momenti molto difficili, il nostro Osservatorio si sente di esprimere la nostra filiale vicinanza a Benedetto XVI. Preghiamo per lui e restiamo fedelmente al suo seguito".

Mons, Crepaldi usa per ben due volte il termine "grave", parla senza mezzi termini di accanimento contro questo Papa, non è un caso che sia stato l'unico Vescovo in Italia ad aver subito, a sua volta, un accanimento di grave intolleranza nella sua diocesi.

 

Queste le parole di mons. Crepaldi a seguito della rinuncia di Benedetto XVI:

"Si è trattato di un pontificato luminoso. Tanto più luminoso quanto più difficile. Il 19 aprile 2005 sulla cattedra di Pietro si era seduto un autentico Padre della Chiesa. Lo abbiamo seguito con trepidazione in questi anni. Gli siamo stati vicini in filiale solidarietà nelle sue tante amarezze. Abbiamo gioito intellettualmente e spiritualmente dei suoi alti insegnamenti...."

 

Sì, lo crediamo anche noi! Il 19 aprile del 2005 è stato eletto a guida della Chiesa, Vicario di Cristo in terra, un grande Dottore della Chiesa.

Otto anni di dura persecuzione, calunnie, diffamazioni, ricatti, imposizioni. Non sta a noi svelare il mistero della sua rinuncia, perché il Papa, questo grande Papa non si è dimesso per l'età, né per la salute, ma nella sua grande mitezza ed umiltà ha continuato fino all'ultimo ad assumersi le proprie responsabilità, anche quelle delle dimissioni per le quali non ha esitato di parlare di gravità. Il termine "grave" ricorre molte volte, fino all'ultimo.

Ha parlato solo in bene, non si è mai lamentato, tranne quando, tirato davvero per il collo, non poté fare a meno di rimettere i Vescovi ai loro posti, lo abbiamo ricordato sopra, con quella Lettera ai Vescovi. Fino all'ultimo ha detto sempre bene di tutti, ci ha davvero insegnato cosa significa amare e perdonare.

Ha ringraziato tutti lasciando alla storia tutto il bene che ha voluto e che vuole ancora con queste parole della sua ultima Udienza:

"Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il sempre è anche un per sempre - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro".

(Benedetto XVI, Ultima udienza del 27 febbraio 2013)

 

Ci vengono a mente le parole del beato Giovanni XXIII nel suo "il giornale dell'anima" dove appuntava: "Signore ti ringrazio perché mai mi sono fermato a raccogliere i sassi che mi lanciavano dietro".

Noi purtroppo per dovere di cronaca e di storia abbiamo dovuto e voluto farlo, lo riteniamo un dovere di figli verso un Padre ingiustamente perseguitato, ma senza dimenticare il suo atteggiamento di misericordia verso tutti.

Benedetto XVI nella sua intervista "Luce del mondo", disse:

 “Il fatto di trovarmi all'improvviso di fronte a questo compito immenso è stato per me un vero choc. La responsabilità, infatti, è enorme. Veramente avevo sperato di trovare pace e tranquillità. Il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce. Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po' di pace e di tranquillità. Sapevo che di lì a poco, dalla Loggia centrale, avrei dovuto pronunciare qualche parola, e ho iniziato a pensare: «Cosa potrei dire?». Per il resto, fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire questo: «Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi!». In quel momento ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo”. (Luce del Mondo, 2010).

 

Nel riconoscersi in questa vera piccolezza, possiamo dire che è stato ed è davvero un grande Pontefice della Croce.

 

 

Concludiamo questo ciclo di riflessioni su questo Pontificato, ritornandoci su con altri argomenti, elevando a Dio per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, le più ardenti suppliche affinché ci sia concesso di ricevere benefici e grazie da questo Pontefice umiliato e spezzato, ghigliottinato, cacciato e schiacciato da eventi gravi interni ed esterni alla Chiesa, eventi che avrebbero ucciso chiunque, ma non il più grande Defensor Fidei del nostro  tempo e di questi ultimi secoli moderni; l'hanno "cacciato via" e l'hanno odiato, ma egli vivrà per sempre nella gloria dei Santi.

Grazie Benedetto XVI, la sua eredità in Cristo, con Cristo sarà per sempre, riversandosi sulla Chiesa e sugli uomini di buona volontà per l'onore stesso di Cristo.

E per non concludere con un tono di amarezza, ma bensì di fierezza per cotanto Pontefice, vi rimandiamo al significativo articolo postato dal Blog di Raffaella a riguardo degli Auguri che Benedetto XVI ha ricevuto per il suo ottantaseiesimo augusto genetliaco, cliccare qui per pensare benevolmente.

 

*****



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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21/04/2013 00:05
 
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[SM=g1740758] Da un giornalista (anonimo) a Benedetto XVI

 
Alle ore 20.00 di oggi, 28 febbraio 2013, in coincidenza con la fine del pontificato di Benedetto XVI ho ricevuto questo messaggio anonimo firmato semplicemente: "un giornalista". Lo pubblico qui di seguito:

Caro Benedetto XVI,

hai iniziato il pontificato come "umile operaio" nella vigna del Signore e lo finisci come "semplice pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio sulla terra", dandoci una (ultima?) grandissima lezione.

Ti abbiamo chiamato pastore tedesco, panzerkardinal, papa teologo, timido, isolato, abbiamo detto: "non è come il predecessore". Ti abbiamo accusato, abbiamo commentato ogni tua scelta come se avessimo saputo cosa fosse meglio fare. Ci siamo sbagliati molte volte.

In molti ci siamo anche sforzati di raccontarti nel modo che meritavi ma non era facile con quel clima di concorrenza e di crisi del sistema. Siamo stati spesso superbi, superficiali, increduli. Non ti abbiamo letto fino in fondo, abbiamo fatto titoli avventati. Abbiamo cercato nei tuoi capolavori di catechesi qualcosa ad effetto, qualcosa da "stirare" sui giornali. Ti abbiamo dato del "freddo", del "debole", del "malaticcio". Abbiamo toppato un sacco di volte. Qualche altra ci abbiamo anche preso.

E tu come ci ha ripagato? Come solo un padre sa fare con dei figli adolescenti (questo siamo, soprattutto noi giornalisti) che sa tacere, perdonare, scusare, passare oltre, paziente.

Ora non è più nostro compito occuparci di te. Ora se ne occuperà la Storia. Si inizierà a far luce sull'enorme Papa che sei stato. Si ricomincerà a leggerti senza la foga del take d'agenzia, senza la pressione di trovare qualche notizia. Inizieremo a realizzare che eravamo di fronte a uno dei più grandi Papi degli ultimi secoli.

E la cosa sarà pubblica, si diffonderà, sarà inarrestabile, travolgente. Attraverserà la Chiesa, il mondo, l'umanità intera. Molti riscopriranno il senso del Concilio Vaticano II, l'amore per il catechismo, la fedeltà al Vangelo, al Romano Pontefice. Il rapporto con Gesù, la Verità, il dialogo con Dio, la devozione alla Madonna. Tutte quelle cose che credevamo ormai perse per strada e che invece sono, ora e per il futuro, la vera vita della Chiesa. Torneremo ad avere una grande voglia di confessarci. Torneremo ad avere voglia di innamorarci di Dio, tutti, più che mai. Torneremo a convertirci.

E se a quel punto qualcuno, magari con fare esperto, ancora dirà: "Benedetto XVI non riuscì a fare la riforma della Chiesa", avrà bucato la più grande notizia della storia. Perché quella riforma è in atto già da un pezzo, si tratterà solo di saperne scorgere i frutti nel futuro. Saremo cronisti abbastanza svegli?

Grazie Benedetto XVI che invece di stare appresso a noi - sempre un po' succubi dell'ultima attualità - hai rivolto i tuoi sforzi prima di tutto verso il bene dell'umanità e della Chiesa.

un giornalista



Fraternamente CaterinaLD

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Nove anni fa l'elezione di Benedetto XVI, "semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore"



Alle 17.50 del 19 aprile 2005, la fumata bianca dalla Cappella Sistina annunciava l’elezione di Benedetto XVI, 265.mo Pontefice della Chiesa. Il breve saluto col quale il nuovo Papa si presentò alla folla e al mondo diede subito la cifra dell’uomo e del pastore, un uomo umile che si apprestava al massimo ministero fidando nella “gioia di Cristo Risorto”. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Ventitré anni, cioè una vita intera, a reggere il luogo dove si “ausculta” con discrezione e attenzione il cuore della Chiesa, la regolarità oppure l’alterazione dei suoi battiti – la Congregazione per la Dottrina della Fede – rimanendo in totale sintonia d’anima, e in amicizia, con Giovanni Paolo II. Poi, alle 18.50 di un martedì pomeriggio di aprile, mentre la Chiesa ha ancora in gola il groppo per la morte del Papa che si vuole “Santo subito”, tocca proprio all’“insigne maestro di teologia” – come lo definì Paolo VI facendolo cardinale – succedere all’amico ormai affacciato a una finestra più alta e grande. Ma anche quella della Loggia centrale di San Pietro, verso la quale il nuovo Papa avanza e da dove arriva il brusio frontale di 100 mila persone, è una finestra lata e soprattutto enorme come l’emozione che l’uomo mite, abituato a cattedre e carte più che a prosceni e microfoni, cerca di contenere dentro di sé:

“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me…”.

Ovvio senso del limite, ma ancor più senso della perdita. Entrambi traspaiono all’unisono nelle parole d’esordio di Benedetto XVI. Ma se immaginarsi successore di un Pietro col carisma di Giovanni Paolo II è impresa che appare smisurata da ogni lato, forse più smisurato in quel momento di ferite aperte è certamente il dolore privato inferto al cuore da quel “dopo”. “Dopo il grande Papa” è anche il “dopo” i tanti anni vissuti non all’ombra ma nella luce di uno straordinario amico:

“…hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti…”.

Schietti i due aggettivi che valgono titoli istantanei e future biografie. E più che sufficienti per presentarsi a un uomo che la vigna del Signore ha sempre servito con dedizione, dissodando però zone e zolle fuori del raggio dei riflettori, terreni che quasi mai fanno notizia e che non richiedono di affinare doti di presenza mediatica. Il nuovo Pietro ne è consapevole, come pure del fatto che, là dove possono risultare “insufficienti” le doti, arriva Dio con i suoi doni a migliorare la natura con la grazia:

“…e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie”.

Fiducia nel sostegno divino, in quello della Vergine, richiesta di preghiere: forse quanto di più “normale” da esprimere in una circostanza simile. Ma la chiave del Pontificato che inizia sta tra queste due sponde e sarebbe banale spiegarla solo come riferimento al tempo liturgico. Ed è un messaggio che possiede un’eco di antica comunità cristiana, di quando chi professava la fede, e rischiava la vita, si faceva forza con la forza di una certezza, quella che in tanti cristiani tiepidi di oggi – e oggi si direbbe “di pasticceria” – sembra un panno scolorito, un carburante esausto, un entusiasmo solo per bambini. La parola chiave di Benedetto XVI è gioia della Risurrezione, perché il suo Pontificato - è bene ricordarlo - inizia così: “Nella gioia del Signore Risorto”.




Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/04/19/nove_anni_fa_lelezione_di_benedetto_xvi,_semplice_e_umile/it1-791955 
del sito Radio Vaticana 











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BENEDETTO DA DIECI ANNI




Don Aldo Buonaiuto 
 
 

benedetto XVI

Benedetto XVI ha appena compiuto 88 anni e celebra oggi il suo decennale dall’elezione al Soglio Petrino vivendo da papa emerito all’interno delle mura vaticane. Nel congedarsi dal mondo aveva annunciato di voler trascorrere una vita molto ritirata nel silenzio e nella solitudine. Di fatto la sua presenza all’interno di quelle mura si fa sentire ed ogni suo passo riverbera fortemente, riaccendendo addirittura in alcuni il desiderio di vederlo tornare a governare la Chiesa, contrapponendolo a Papa Francesco. Fantasie che spesso diventano leggende nel tentativo di voler trascinare Ratzinger nel solito vortice delle polemiche ecclesiastiche.

 
Ma il grande Papa teologo sarà principalmente ricordato per due grandi passaggi del suo pontificato; il primo fu proprio all’inizio quando diede battaglia pubblica alla “dittatura del relativismo”, termine che irritò fortemente tutto il sistema del sincretismo religioso proteso alla globalizzazione e cioè alla distruzione del cattolicesimo. Quella presa di posizione così forte contro i poteri forti divenne l’inizio di un ministero da abbattere in tutti i sensi. E così è accaduto con un attacco senza precedenti che proprio l’ex prefetto della Congregazione della fede ha dovuto affrontare.

 

Fu proprio durante l’omelia della Missa pro eligendo Romano Pontifice, il mattino del 18 aprile 2005 per il rito d’apertura dei lavori del Conclave, che pronunciò un discorso divenuto celebre come il suo “programma di pontificato”. In esso denunciò appunto il pericolo della “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie. La storia dimostra con grande chiarezza – affermò – che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa fonte della nostra razionalità”. Il mondo e la cultura contemporanea non si pongono più come obiettivo “la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto”. “E’ necessario – specificò Ratzinger – riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere”.

La spiritualità di Benedetto XVI è stata influenzata dall’originario movimento liturgico tedesco, favorito in gran parte dai Benedettini verso i quali egli ha sempre avuto una grande devozione. La vera lotta per la liturgia è stata fatta nel tentativo di superare la contrapposizione ideologica fra antico e nuovo, che ha dominato e ostacolato la ricezione e l’applicazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un grande tema teologico caro a Ratzinger concerne la convinzione che “l’Eucaristia è più di un convito fraterno”. Primariamente è il sacrificio della Chiesa in cui il Signore prega con il suo popolo e si dona a lui. Pertanto, non è mai inutile parteciparvi, anche chi non può ricevere la comunione, come i divorziati e i cattolici risposati.

Papa Ratzinger è il più grande teologo vivente e con la sua trilogia su Gesù ha cercato di riscoprire la fede cominciando dalle radici, dai fondamentali; spiegando che nella prospettiva cristiana prima viene la fede e poi la morale, anche se la prassi pastorale a volte sembra suggerire il contrario. Il fondamento del cristianesimo è l’annuncio della resurrezione di Cristo.

Ha inoltre manifestato particolare impegno e determinazione nel dialogo interreligioso. Più volte ha ripreso la dichiarazione “Nostra Aetate”, precisando “l’atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non cristiane”, riaffermando il rapporto speciale che i cristiani hanno con gli ebrei, la stima verso i musulmani e i membri delle altre religioni, confermando, infine, “lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa”.

Promotore del rapporto tra fede e ragione, il quale può funzionare solo a doppio senso, ha sostenuto che le “distorsioni della religione – come il settarismo e il fondamentalismo – emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione”. D’altra parte “senza il correttivo fornito dalla religione anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana”.

Nel messaggio per la Giornata della pace del 2012, ha scritto che “la pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio”. Ribadendo inoltre i principi della difesa della vita e della famiglia fondata sul matrimonio, affermò: “Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

Uno degli snodi fondamentali del pontificato di Benedetto XVI è stato anche il dialogo ecumenico, in particolare con il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa tutta. Oltre a numerose visite apostoliche in Italia Sua Santità ha compiuto viaggi in 21 paesi di tutti i continenti: è stato tre volte in Germania e in Spagna. Sono seguite Polonia, Turchia, Austria, Francia, Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Cui si aggiungono le tappe intercontinentali Brasile, Stati Uniti, Messico, Cuba, Australia, Africa, Libano e Terra Santa.

Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 il Papa mite ha sconvolto il mondo rinunciando “al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro”. Ritirandosi nel silenzio con un grande gesto rivoluzionario, di umiltà e coraggio, ha aperto la strada alla novità di Papa Francesco. Uno schiaffo a chi, superficialmente, lo aveva dipinto come un conservatore. E’ stato l’8º pontefice della storia della Chiesa a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi Clemente, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII, di cui si hanno fonti storiche certe. Pochi giorni fa il suo segretario particolare monsignor, George Gaenswein, in un’intervista a Retequattro, ha detto che Ratzinger è molto lucido, conta su una forte memoria ed è ancora dedito ai suoi amati studi. Di fatto tanti lo cercano e molti ecclesiastici vanno a chiedergli consiglio. Il papa emerito non si ritrae ma con la propria gentile accoglienza si concede. La sua profonda intelligenza e grande umiltà continuano a sorprenderci.






19 aprile 2015









10.mo elezione Benedetto XVI. Ouellet: crescono frutti del suo Pontificato

Benedetto XVI

19/04/2015

“Un umile lavoratore nella Vigna del Signore”. Il 19 aprile di 10 anni fa il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto Pontefice. Per una riflessione sui frutti del Pontificato di Benedetto XVI in questo 10.mo anniversario,Alessandro Gisotti ha intervistato uno dei più stretti collaboratori del Papa emerito, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi:

R. – Io vedo soprattutto dei frutti a lunga scadenza e, come primo frutto, mi sembra che il Pontificato di Benedetto XVI sia stato una chance per l’Europa. Il Papa, col suo nome e col suo pensiero, ha ricordato le radici cristiane dell’Europa e la stima dovuta al suo patrimonio spirituale e culturale. I suoi viaggi e discorsi – per esempio a Parigi, Londra e Berlino – rimarranno dei punti fermi per il futuro dell’Europa. Un altro frutto importante è il contributo specifico di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, sui rapporti tra la fede e la ragione, nelle sue grandi encicliche. Inoltre, il Papa Benedetto ha – direi – avvicinato l’esegesi e la teologia nella teoria e nella pratica, con l’Esortazione apostolica “Verbum Domini” e soprattutto col suo libro su Gesù di Nazaret. Un terzo frutto è il tesoro delle sue omelie mistagogiche, che ci ha lasciato in eredità, una scuola di predicazione. Molte di queste omelie saranno lette nei secoli.

D. – Papa Benedetto ha affrontato con fermezza questioni dolorose come la pedofilia nella Chiesa e la trasparenza nella gestione dei beni. Si può dire che su questi fronti Francesco raccolga i frutti di un grande lavoro iniziato con coraggio dal suo predecessore?

R. – Certamente. Io vedo una grande continuità tra i due Pontefici. La più bella continuità tra i due Papi è la loro differenza di stile e di carisma. C’è grande continuità sulla riforma della Chiesa, sulla lotta alla pedofilia, sulla trasparenza finanziaria, anche sulle questioni della famiglia, che sono state molto care a Benedetto, e si va avanti con grande continuità nella riflessione sulla nuova evangelizzazione e anche sull’interpretazione del Concilio.

D. – Da due anni, dopo la rinuncia al ministero petrino, Papa Benedetto si è ritirato in preghiera lontano dal mondo. Il suo contributo alla Chiesa, però, continua in modo diverso…

R. – Benedetto XVI si è ritirato nel silenzio con un grande gesto di umiltà e coraggio, un gesto rivoluzionario, che ha aperto anche la strada alla novità di Papa Francesco. Credo che l’autorità morale di Papa Benedetto ne risulti ancora più grande e sono convinto che la sua preghiera sia un potente aiuto per il suo successore.

D. – Lei è stato uno dei più stretti collaboratori di Benedetto XVI, personalmente qual è il dono più grande che ha ricevuto dall’essere vicino ad un uomo e un pastore così grande come Joseph Ratzinger?

R. – Conservo molti ricordi personali degli incontri di lavoro con lui, soprattutto sulle nomine dei vescovi, e ho ammirato la sua prudenza, la sua saggezza. Ma forse ciò che più mi ha colpito, nei momenti difficili e critici che lui ha dovuto vivere, è stata la sua umiltà e la sua pazienza: con i collaboratori, con i traditori, con tutte le difficoltà, anche le critiche dei media. Credo abbia saputo prendere la sua croce e seguire nostro Signore. Benedetto rimane per me un maestro di vita - non solo un dottore della Chiesa, ma un maestro di vita - un uomo buono, colto, che ha guadagnato l’affetto profondo e durevole di tanti fedeli. 




 
















Un libro e una biblioteca per il 10.mo
elezione Benedetto XVI

Benedetto XVI con mons. Gaenswein - ANSA

21/04/2015

Amici, collaboratori e allievi di Benedetto XVI si sono riuniti per ricordare in un libro i dieci anni dall’elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger. Il volume, “Benedetto XVI. Servo di Dio e degli uomini”, è stato pubblicato dalla Lev in collaborazione con la casa editrice tedesca Schnell & Steiner ed è stato presentato ieri in Vaticano, presso il Campo Santo Teutonico. Per l’occasione è stata anche annunciata l’istituzione di una biblioteca dedicata agli scritti del Papa emerito. Il servizio di Michele Raviart:

Il 19 aprile 2005 Joseph Ratzinger venne eletto Papa. Da quel momento un Pontificato durato otto anni e terminato qualche settimana dopo la storica rinuncia dell’11 febbraio 2013. Il volume “Benedetto XVI. Servo di Dio e degli uomini” ne ripercorre le tappe principali, affidandosi ai contributi di chi ha l’ha conosciuto da vicino e ha lavorato con lui, e alle foto che ne ritraggono i momenti più significativi, dal funerale di San Giovanni Paolo II allo storico primo incontro con Francesco. Proprio la continuità tra questi pontefici è stata sottolineata dal cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e autore di un testo sul rapporto tra Benedetto XVI e il sacerdozio:

“Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, ciascuno di questi Papa esprime con la propria personalità, con il proprio carisma il Primato di Pietro, che è importante e assolutamente fondamentale per l’unità della Chiesa nella fede rivelata e nella comunione delle chiese locali. Tutti e tre sono un grande regalo per la Chiesa di oggi”.

L’introduzione del volume è affidata a mons. Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia e collaboratore di Ratzinger dal 1996. “Le persone volevano, sì, vedere Benedetto XVI, ma lo volevano soprattutto ascoltare”, scrive Gaenswein, “perché capace di trasmettere attraverso parole semplici e comprensibili, profonde verità e cognizioni sulla fede acquisite durante la sua lunga attività di sacerdote e studioso”. Mons. Gaenswein, che rimane ancora segretario particolare del Papa emerito, lo racconta così:

“Papa Benedetto sta bene; la mente è splendida, con le gambe ci sono un po’ di problemi…. Una mia impressione: quando all’inizio del Pontificato ha detto di essere 'un semplice lavoratore', io vorrei dire che è stato un seminatore, che ha seminato molto e lentamente si vedrà cosa ha seminato, crescerà e porterà molti frutti”.

Il cardinale Kurt Koch, presidente del pontificio consiglio per l’Unità dei Cristiani, spiega invece quali sono state, secondo lui, le linee guida teologiche del Pontificato di Ratzinger

“Questo Pontificato è soprattutto un Pontificato evangelico, perché tutte le omelie e le prediche sono incentrate sulla Sacra Scrittura. Il secondo punto, il riferimento sempre presente con il Concilio Vaticano II. Il Santo Padre è stato consultore del Concilio, ha poi lavorato molto per la trasmissione dei messaggi del Concilio Vaticano II e come Santo Padre ha fatto molto per una buona ermeneutica di questo Concilio”.

Durante la presentazione del libro è stata annunciata anche la creazione della “Biblioteca romana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”. Aprirà a settembre nel Collegio Teutonico in Vaticano e metterà a disposizione degli studiosi interessati tutte le opere di e su Benedetto XVI, in tutte le lingue in cui sono state pubblicate. La biblioteca sarà realizzata dalla Fondazione Ratzinger e ha come obiettivo quello di conservare e diffondere la teologia del Papa emerito.



[Modificato da Caterina63 21/04/2015 17:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CONCLAVE 2005 – 1 – COSI’ ELEGGEMMO PAPA RATZINGER #conclave #Bergoglio #Martini #Benedetto XVI #chiesa


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Dal diario segreto di uno dei partecipanti al Conclave.

I CLASSICI DI LIMES 1/09

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Emerge per la prima volta la vera storia che portò Benedetto XVI alla guida della Chiesa. Al terzo scrutinio, l’argentino Bergoglio sembrava in grado di bloccarlo. Ma poi…
 

«Domenica 17 aprile. Nel pomeriggio ho preso possesso della camera alla Casa Santa Marta. Posati i bagagli ho provato ad aprire le persiane, perché la stanza era buia. Non ci sono riuscito. Un mio confratello, per lo stesso problema, si è rivolto alle suore governanti. Pensava si trattasse di un inconveniente tecnico. Le religiose gli hanno spiegato che le persiane erano state sigillate. Clausura del conclave… Un’esperienza nuova, per quasi tutti noi: su 115 cardinali solo due hanno già partecipato all’elezione di un papa»…

 

Inizia così il diario di un autorevole porporato che nel suo quaderno ha appuntato non solo impressioni e notaz19-aprile-2005-1ioni di colore ma anche l’esito delle quattro votazioni che hanno portato all’elezione di Benedetto XVI. Un documento di cui, ovviamente, non possiamo svelare l’autore: ne siamo venuti in possesso grazie al rapporto di fiducia che ci lega da anni alla nostra fonte.

 

Pochissime indiscrezioni sono trapelate finora sull’andamento del conclave che lo scorso 19 aprile ha scelto il successore di Giovanni Paolo II. Pochissime e in alcuni casi contraddittorie, ad esempio sull’effettivo ruolo svolto dal cardinale Carlo Maria Martini. Il diario cui ci è stato possibile attingere – e successivi colloqui riservati con altri porporati – consentono di tentare una prima completa ricostruzione delle 24 ore di clausura che hanno dato alla Chiesa cattolica il 265°pontefice.
Ne emerge un quadro inedito, più mosso, della elezione del cardinale Joseph Ratzinger: al terzo scrutinio la minoranza riluttante a votare l’ex prefetto della fede aveva fatto blocco sul cardinale argentino Jorge Maria Bergoglio, raggiungendo l’obiettivo dei 40 voti: troppo pochi per eleggere il primo papa latinoamericano della storia, ma sufficienti a impedire, in termini astratti, puramente aritmetici, il raggiungimento del tetto minimo dei 77 voti necessari per eleggere il papa (115-40=75).
«L’esito del conclave, per alcune ore, dopo la terza votazione di martedì mattina, 19 aprile, sembrò ancora aperto».

 

Ma prima di addentrarci nei retroscena del conclave ancora qualche parola circa la natura e l’attendibilità delle informazioni su cui è basata questa ricostruzione. Quale grado di precisione, ci siamo chiesti, può avere un resoconto delle votazioni basato sulla buona memoria dei partecipanti? Bisogna sapere che ad ognuno dei 115 cardinali elettori, all’inizio di ogni votazione, veniva distribuita non solo la scheda elettorale ma anche un foglio contenente tutti i nomi dei porporati. Quanti lo desideravano avevano così la possibilità di annotare le preferenze. Al termine d’ogni scrutinio la scheda e il foglio dovevano essere riconsegnati e finivano entrambi nella vecchia stufa di ghisa della Cappella Sistina. Molti porporati, però, (tra questi l’autore del diario) per conservare un ricordo esatto di quanto avvenuto in conclave, appena rientrati nella Casa Santa Marta si appuntavano su un altro foglio, personale, l’esito della votazione. Inoltre un buon numero di porporati ha ricevuto l’incarico di cardinale scrutatore o cardinale revisore e quindi ha dovuto controllare l’esito delle votazioni e controfirmare i dati ufficiali finiti poi nella relazione finale stilata dal camerlengo. Operazioni che hanno permesso così di meglio memorizzare e verificare i numeri.

 

E l’obbligo del segreto? Le nostre fonti erano coscienti di violare almeno in parte un impegno assunto («obbligo grave», anche se per i cardinali non è menzionata, come pena, la scomunica). Se hanno acconsentito, sia pure in forma anonima, a rendere possibile tale ricerca è perché hanno creduto all’intenzione non scandalistica ma rigorosamente storica di questo lavoro. L’imposizione del segreto, poi, è stata decisa dai papi innanzitutto per tutelare la libertà del conclave: una fuga di notizie prima o durante il conclave, con i «seggi» nella Sistina ancora aperti, potrebbe condizionare le successive votazioni. Altra cosa, meno grave, crediamo, è una violazione del segreto post factum. Non c’è qui alcuna possibilità di condizionare o influenzare un fatto che è già avvenuto e può essere ormai consegnato alla storia nei suoi contorni più obiettivi.

 

«Lunedì 18 aprile, ore 16,33. La lenta processione dei cardinali dall’Aula delle Benedizioni inizia a muoversi verso la Cappella Sistina; attraversa la Sala Regia, al canto delle litanie dei santi. Pochi minuti ed eccoci al cospetto del Giudizio di Michelangelo. I 115 cardinali – il più affollato conclave della storia moderna! – si dispongono nei sei grandi tavoli sistemati ai lati della cappella. Intoniamo il Veni Creator Spiritus, l’emozione è palpabile ». Il cardinale decano, Joseph Ratzinger, pronuncia a nome di tutti la solenne formula del giuramento: «Noi tutti e singoli Cardinali elettori presenti in questa elezione del Sommo Pontefice promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo di osservare fedelmente e scrupolosamente tutte le prescrizioni contenute nella Costituzione apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, emanata il 22 febbraio 1996. Parimenti, promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente e strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché a difendere la libertà della Santa Sede. Soprattutto, promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del romano pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice; di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell’elezione del Romano Pontefice».

 

Dopo il giuramento solenne pronunciato dal decano Ratzinger, ogni porporato secondo l’ordine di precedenza stabilito (prima i cardinali vescovi, poi i cardinali presbiteri infine i cardinali diaconi) ripete la formula abbreviata poggiando la mano sul Vangelo: «Io prometto, mi obbligo e giuro. Così Dio mi aiuti e questi santi Evangeli che tocco con la mia mano». Il primo e l’ultimo a giurare sono due cardinali italiani: rispettivamente Angelo Sodano, vice decano del sacro collegio e Attilio Nicora.
Sono le 17 e 24 quando il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, intima con un soffio di voce l’extra omnes. Le telecamere del Centro televisivo vaticano vengono spente. Oltre ai cardinali elettori restano nella Sistina solo monsignor Marini e l’ecclesiastico incaricato di tenere l’ultima meditazione, il cardinale ultraottantenne Tomásˇ Sˇpidlik. Conclusa la meditazione anche loro escono dalla Sistina.

 

All’esterno, per circa due ore, non trapela più alcuna informazione. I numerosi giornalisti accreditati non sono in grado di sapere se i cardinali stanno procedendo ad una prima votazione o se hanno deciso di rinviarla al mattino seguente. Entrambe le opzioni sono state annunziate come possibili, sabato 16 aprile, in un briefing del direttore della sala stampa vaticana, Joaquin Navarro Valls. Ma molti pensano che il lungo cerimoniale farà slittare troppo in avanti l’orario della votazione, rendendola impossibile. «In realtà», annota nel suo diario il nostro cardinale, «non si è fatto così tardi. E nessun cardinale desidera allungare inutilmente i tempi del conclave. Come prescritto dal regolamento, tocca proprio al “papabile” numero uno, il cardinale decano Joseph Ratzinger, sottoporre la questione al Collegio degli elettori. La maggioranza dei presenti è favorevole a votare subito. Sono circa le 18».

 

Vengono distribuite le schede. Sono di forma rettangolare, fatte in modo da essere piegate in due; nella metà superiore recano la scritta Eligo in Summo Pontifice, in quella inferiore c’è lo spazio per scrivere il nome del prescelto. Si procede quindi all’estrazione a sorte, fra tutti i cardinali elettori, di tre scrutatori, di tre revisori e di tre incaricati a raccogliere i voti degli infermi, denominati infirmarii. «Questi ultimi, però, di fatto resteranno disoccupati. Tutti i 115 elettori sono stati infatti in grado di raggiungere la Sistina, anche il cardinale Baum, quello in più precarie condizioni di salute: in caso contrario gli Infirmarii si sarebbero recati nella Casa Santa Marta per raccogliere in un’apposita urna il voto dei confratelli malati».

 

Tutto è pronto, ora, per l’inizio della prima votazione. «Secondo lo stesso ordine di precedenza i cardinali si alzano uno ad uno dalla sedia e tenendo la scheda in modo ben visibile, con la mano alzata, si muovono verso l’altare». Prima di deporre la scheda nell’urna ogni cardinale pronuncia ancora, ad alta voce, un nuovo giuramento: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto». Dopo di che ogni cardinale depone la scheda nel piatto che copre l’urna e con lo stesso piatto la introduce nel recipiente. Le urne, in argento e bronzo dorati, sono state realizzate exnovoper questo conclave. Sono tre: nella prima sono inserite le schede al momento della votazione, la seconda è destinata a raccogliere il voto degli eventuali cardinali infermi, nella terza trovano posto le schede già esaminate.

 

Sono passate da pochi minuti le 19 quando l’ultimo cardinale, l’italiano Nicora, torna al suo posto dopo aver votato. Può iniziare il conteggio delle schede, per accertare che corrispondano esattamente al numero degli elettori. Il primo scrutatore agita più volte l’urna. Poi estrae una scheda alla volta e la mostra a tutti i presenti prima di deporla nella terza urna. È tutto in regola: 115 votanti, 115 schede. Ed ecco il momento più atteso, lo spoglio delle schede. Anche qui, si osserva alla lettera il «manuale» per il conclave emanato da Wojtyla. Il primo scrutatore prende la scheda, la apre, osserva il nome dell’eletto, e la passa al secondo scrutatore che, accertato a sua volta il nome dell’eletto, la passa al terzo, il quale la legge a voce alta e intelligibile, per consentire a tutti gli elettori di segnare il voto sull’apposito foglio che è stato loro fornito. Nel momento in cui proclama il nome lo scrutatore perfora ogni scheda con un ago nel punto esatto in cui si trova la parola Eligo e la inserisce con le altre in un filo: alla fine dello scrutinio i due capi del filo saranno stretti a formare un nodo.

 

Procedure arcaiche per garantire la più sicura conservazione delle schede e impedire manomissioni. «Procedure che potrebbero apparire eccessive, avendo a che fare con elettori almeno sulla carta timorati di Dio e degni di fiducia. La Chiesa non è per natura un’istituzione parlamentare ma quando decide di seguire la prassi democratica-elettorale lo fa con una scrupolosità, un culto della legalità, che non ammette privilegi o eccezioni».

 

Ma è arrivato il momento della verità. Il primo scrutinio è terminato. Nel suo diario la nostra fonte trascriverà solo i voti andati alle personalità più in vista, con maggiori chance, tralasciando i numerosi voti dispersi (una trentina):

 

I votazione, lunedí 18 aprile, ore 18 
Joseph Ratzinger, decano del Sacro collegio 47
Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, Argentina 10
Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano 9
Camillo Ruini, già vicario apostolico di Sua Santità per la diocesi di Roma 6
Angelo Sodano, già segretario di Stato vaticano 4
Oscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, Honduras 3
Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano 2

 

La prima votazione sembra confermare i più accreditati pronostici della vigilia. Il conclave si apre con un’unica candidatura «organizzata» e in grado di contare su un blocco di voti predefiniti, quella del cardinale Ratzinger. Le previsioni dei vaticanisti più informati oscillavano tra i trenta e i cinquanta voti già sicuri per l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ne ottiene infatti 47. Un’ottima base di partenza ma a Ratzinger mancano ancora 30 voti per raggiungere i due terzi necessari per l’elezione.

 

Molto inferiori alle stime ipotizzate sono invece le preferenze raccolte dal cardinale Martini. Diversi organi d’informazione hanno immaginato un testa a testa nel primo scrutinio fra le due eminenti personalità e qualcuno (nei giorni successivi) si è spinto a sostenere che Martini abbia addirittura sopravanzato Ratzinger nella prima votazione. «Lo scarto è stato invece molto ampio e netto. Bisogna ricordare che, mentre quella del porporato bavarese era una candidatura reale, il nome del cardinale italiano era stato indicato solo come eventuale “candidato di bandiera”. Capace di raccogliere e unire una parte del “dissenso” all’ipotesi Ratzinger. Ma il cardinale Martini non si è mai sentito un vero “papabile”, e non solo per i noti problemi di salute».

 

La vera sorpresa del primo scrutinio è il cardinale argentino Bergoglio. Anche lui gesuita, come Martini, sebbene fra i due confratelli non vi sia sempre stata una perfetta sintonia: negli anni Settanta, al tempo del generalato Arrupe e degli infuocati dibattiti sulla teologia della liberazione, Bergoglio si era dovuto dimettere da provinciale della Compagnia di Gesù perché non condivideva la linea «aperturista» dei vertici dell’ordine ignaziano. L’arcivescovo di Buenos Aires si è però guadagnato specialmente negli ultimi anni una diffusa fama d’uomo di Dio. «Uomo di preghiera, che rifugge la scena mediatica e conduce uno stile di vita sobrio ed evangelico». Sicuro sul piano dottrinale, aperto su quello sociale, insofferente sul piano pastorale verso la rigidezza mostrata da alcuni collaboratori di Wojtyla sui temi d’etica sessuale («vogliono mettere tutto il mondo in un preservativo», commentava con gli amici alla vigilia del conclave). Caratteristiche che, in mancanza di un vero candidato di «sinistra», alternativo alla linea Ratzinger, faranno di Bergoglio l’uomo di riferimento per l’intero gruppo dei cardinali più riluttanti a votare il decano del Sacro collegio. «Un gruppo il cui nocciolo pensante è costituito da Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca e da Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles, e al quale fanno capo un significativo drappello di cardinali statunitensi e latinoamericani, oltre che qualche porporato della curia romana».

 

Da notare, in questa prima votazione, la manciata di voti ottenuti da Ruini (6) e Sodano (4). Risultato numericamente modesto, ma «politicamente» non privo di rilevanza. I sostenitori del presidente della Cei e del segretario di Stato vaticano uscente, entrambi scelti da Wojtyla, non riversano da subito i voti su Ratzinger. Un appoggio che, in questo modo, peserà di più nelle successive votazioni, quando ogni singolo voto diventerà prezioso per raggiungere il quorum necessario per l’elezione (77 voti).

 

Ma torniamo alla cronaca minuto per minuto nella cappella Sistina. «Benché il risultato negativo sia già chiaro a tutti, scrutatori e revisori devono completare il loro lavoro. I primi facendo la somma precisa dei voti che ciascun candidato ha riportato. I secondi procedendo al controllo sia delle schede sia del conteggio degli scrutatori per accertare che questi abbiano seguito esattamente e fedelmente il loro compito». Non resta ora, dopo tanto certosino lavoro, che… distruggere l’intero materiale elettorale. Schede e fogli sono immessi nella stufa e bruciati con l’aiuto del segretario del Collegio (monsignor Nicola Monterisi, ex nunzio in Bosnia) e dei cerimonieri chiamati nel frattempo dall’ultimo cardinale diacono. In piazza San Pietro l’esercito dei media punta invano da oltre un’ora i propri obiettivi sul comignolo montato sul tetto della Sistina. Quando già qualcuno inizia ad allentare la guardia, ecco una prima folata di fumo s’innalza incerta sul cielo sopra San Pietro. Bianca o nera? L’incertezza dura secondi che sembrano un’eternità alle agenzie di stampa. Sono le 20 e 04 del 18 aprile. Il mancato suono delle campane conferma la mancata elezione.

 

Lassù, nella Sistina, numerosi cardinali si attardano attorno ai fuochisti per assistere alla bruciatura delle schede. Evento imperdibile. La maggior parte degli elettori (ben 113 su 115!) non ha mai partecipato ad un conclave. Effetto collaterale, anche questo, del lungo pontificato di Giovanni Paolo II. Sono solo due i cardinali non «wojtyliani» che partecipano al conclave. Uno è l’americano William Baum, 79 anni, già arcivescovo di Washington e penitenziere maggiore; ora in pensione, quasi cieco, costretto in una sedia a rotelle. L’altro è il tedesco Joseph Ratzinger, che di anni ne ha 78 ma si presenta come l’uomo del futuro. Furono entrambi creati cardinali da Paolo VI. Curioso che ad interpretare la continuità dottrinale col pontificato di Giovanni Paolo II sia proprio uno dei pochi cardinali «montiniani» superstiti.

 

Ma adesso si è fatto davvero tardi ed è ora di tornare a Santa Marta. Sei minibus, 15-20 posti ognuno, sono pronti a trasferire i cardinali elettori nella nuova residenza ufficiale del conclave. Fino al 1978, i porporati erano alloggiati in celle ricavate alla buona nel palazzo apostolico. Spesso in condizioni disagevoli, con i servizi igienici lontani dalla stanza. Il conclave 2005 sarà ricordato anche per questa novità. La nuova residenza è una palazzina che si trova di fronte alla stazione di rifornimento vaticana, tra gli uffici del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali e l’aula Paolo VI (ex aula Nervi) per le udienze generali.
Dal 1996 Santa Marta funziona come il più esclusivo hotel al mondo. Riservato solo ad una stretta cerchia di ecclesiastici residenti o di passaggio. Fu il cardinale venezuelano Rosario Castillo Lara nei primi anni Novanta, quando era titolare dei più importanti uffici economici della Santa Sede, a proporre al papa di ristrutturare il vecchio ospizio Santa Marta per trasformarlo in un albergo che potesse ospitare anche i partecipanti ai conclavi. Non ebbe coraggio, però, di menzionare la parola conclave: sembrava di cattivo gusto, col papa vivo e felicemente regnante. Lo tolse dall’imbarazzo il segretario polacco del papa, don Stanislao, e Wojtyla approvò subito il progetto.

 

Lunedì sera la cena è alle 20 e 30. «L’isolamento è davvero totale. Inaccessibili televisori, radio e giornali. Bloccati telefoni e cellulari. Ma parlare si può. Si conversa a tavola, scambiandosi le impressioni sulla prima votazione andata a vuoto. Altri colloqui, con la massima discrezione, avvengono dopo cena nelle camere. Piccoli gruppi, due-tre persone, non ci sono maxi riunioni. Come in tutti gli alberghi, ai mille divieti già esistenti si aggiunge quello del fumo. Il cardinale portoghese José Policarpo da Crux, fama di fumatore incallito, non resiste ed esce all’aperto per accendersi un buon sigaro».

 

In queste poche ore, con gran riservatezza, prendono forma le strategie dei diversi schieramenti per la mattina successiva. I sostenitori di Ratzinger si concentrano sul vasto blocco degli incerti: oltre una trentina le preferenze disperse. Gli amici del cardinale Ruini fanno sapere che il loro piccolo pacchetto di voti (6) si riverserà sul cardinale decano. Sul fronte opposto, di coloro che contrastano l’elezione di Ratzinger, prevale l’orientamento a fare blocco su Bergoglio. Anche i cardinali che hanno votato Martini si convincono a puntare sull’arcivescovo di Buenos Aires. Sarebbe il primo papa latinoamericano della storia, e sicuramente almeno una parte dei 20 cardinali provenienti dall’America latina lo sostiene. Una parte. È noto a tutti i partecipanti al conclave, infatti, che almeno due cardinali dello stesso continente sono schieratissimi con Ratzinger: il colombiano Alfonso López Trujillo, ministro vaticano per la famiglia, aspro avversario della teologia della liberazione, e il cileno Jorge Arturo Medina Estévez, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, già responsabile dell’edizione cilena della rivista Communio, creatura teologica di Ratzinger.  Per le sue virtù spirituali il mite Bergoglio gode di una stima trasversale ai continenti e agli schieramenti tradizionali. Tutti sono coscienti però che è pressoché impossibile che il gesuita argentino possa diventare il successore di Wojtyla. Non è certo nemmeno che accetterebbe l’elezione. «Lo guardo mentre va a deporre la sua scheda nell’urna, sull’altare della Sistina: ha lo sguardo fisso sull’immagine di Gesù che giudica le anime alla fine dei tempi. Il volto sofferente, come se implorasse: Dio non mi fare questo».

 

L’obiettivo realistico dello schieramento di minoranza che intende sostenere Bergoglio è creare una situazione di stallo, che porti al ritiro della candidatura Ratzinger. In termini concreti centrare tale obiettivo significa sfondare il muro delle 39 preferenze. Ovvero un terzo più uno dei voti. In modo da rendere matematicamente impossibile, al candidato più forte, di raggiungere i 77 voti. Poi si vedrà. I giochi si potrebbero riaprire.

 

Martedì 19 aprile la sveglia suona alle 6 e 30 nelle stanze dell’Hotel Conclave. Alle 7 e 30 celebrazione della messa nella Casa Santa Marta. L’appuntamento nella Cappella Sistina è alle 9, con la recita delle lodi. «La maggior parte dei cardinali ha utilizzato il servizio minibus per il trasferimento. Ma alcuni hanno preferito una panoramica e salutare passeggiata a piedi. Fra questi il cardinale tedesco Walter Kasper».
Le votazioni iniziano alle 9 e 30. Secondo lo stesso rituale della sera precedente. Queste le preferenze annotate dalla nostra fonte. Anche questa volta, tralascia i voti dispersi che però si riducono sensibilmente (sono 9):

 

II votazione, martedì 19 aprile, ore 9,30 
Ratzinger 65
Bergoglio 35
Martini 0
Ruini 0
Sodano 4
Tettamanzi 2

 

Come previsto Ratzinger sale ancora, ma resta a 12 punti dalla vetta. I voti guadagnati rispetto al primo scrutinio sono 18: in parte gli arrivano dai sostenitori di Ruini (6), in parte dagli indecisi (12). Non convergono ancora sul suo nome, invece, i sostenitori di Sodano (4). Distaccato di 30 punti ma in netta crescita è Bergoglio, che aggiunge altri 25 voti alla sua dote iniziale. Sul suo nome confluiscono come previsto i sostenitori di Martini (9), che infatti non ottiene alcuna preferenza, e anche un discreto numero di cardinali che la sera precedente avevano disperso il loro voto (16). Il gesuita argentino è ad un passo dalla soglia numerica dei 39 voti che, teoricamente, può consentire ad una minoranza organizzata di bloccare l’elezione di qualsiasi candidato.

 

Alle undici si procede alla seconda votazione del mattino prevista dal regolamento. E le speranze della minoranza sembrano sul punto di diventare realtà. Riportiamo di seguito l’esito dello scrutinio che la nostra fonte trascrive nel suo diario. Mancano all’appello solo due voti, ininfluenti, andati a cardinali ritenuti totalmente privi di chance. La fonte segna invece il nome di Darío Castrillón Hoyos, colombiano della curia romana, perché era uno dei nomi circolati come «papabili» alla vigilia del conclave. E annota la scomparsa dei due voti andati nei precedenti scrutini a un altro papabile di carta, il cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi. Ma l’attenzione di tutti è puntata sui due veri candidati in lizza.

 

III votazione, martedì 19 aprile, ore 11 
Ratzinger 72
Bergoglio 40
Castrillón 1
Tettamanzi 0

 

Ratzinger cresce ancora, da 65 a 72. Gli mancano appena 5 voti per diventare il 264°successore dell’apostolo Pietro.

 

Ma anche Bergoglio cresce, da 35 a 40. Supera di poco, ma la supera, la soglia che rende matematicamente impossibile l’elezione di Ratzinger. Se i sostenitori dell’arcivescovo di Buenos Aires decidessero compatti di resistere ad oltranza, alzando le barricate a quota 40, il cardinale tedesco potrebbe raggiungere al massimo 75 voti. E vedrebbe così sfumare l’elezione per appena due voti. I cardinali elettori sono consapevoli che questo è il momento cruciale del conclave. Il suo destino si deciderà nei colloqui informali delle prossime ore, prima della prossima votazione, la quarta, in programma nel pomeriggio. «Già nella Sistina, prima del trasferimento a Santa Marta per il pranzo, ci sono i primi commenti e i primi contatti. Grande preoccupazione fra i porporati che auspicano l’elezione del cardinale Ratzinger; s’infittiscono i contatti, il più attivo è il cardinale López Trujillo…». Trujillo è visto da molti avvicinare in particolare i cardinali latinoamericani; cerca di convincerli che non ci sono vere alternative a Ratzinger; insiste sul paradosso che a sostenere un candidato latinoamericano siano proprio i cardinali del primo mondo, tedeschi e americani.

 

Sull’altro fronte inizia a farsi strada un cautissimo ottimismo sulla possibilità di bloccare, a pochi metri dal traguardo, la corsa del cardinale bavarese. «Domani grandi novità», sussurra il cardinale Martini con un sorriso sibillino a un suo collega, durante la pausa del pranzo. Richiesto di un chiarimento Martini confida di prevedere un cambiamento di candidati la mattina del giorno seguente, nel caso in cui anche le due prossime votazioni del pomeriggio si concludessero con un nulla di fatto. L’arcivescovo emerito di Milano compie persino qualche sondaggio informale alla ricerca di nuovi possibili candidati del giorno dopo. Alcuni testimoni lo vedono accostare il cardinale portoghese José Saraiva Martins («uomo ponte fra l’Europa e l’America latina» l’hanno definito alcuni quotidiani alla vigilia del conclave): i due si conoscono dagli anni Settanta, quando erano entrambi rettori di università pontificie a Roma.

 

Umori, battute, contatti, che riferiamo per dare l’idea dell’atmosfera che si respira all’ora di pranzo di martedì 19 aprile nella sigillata residenza del conclave. Almeno nei gruppi più impegnati. Dell’uno e dell’altro fronte. «Nessun esito sembra ancora scontato». Ma la condizione perché i piani della minoranza riescano è che non si aprano crepe nel blocco che si è formato attorno alla candidatura Bergoglio.

 

Invece una crepa, e nemmeno tanto piccola, si sta per aprire. Quando i 115 elettori, alle ore 16, tornano nella Sistina, l’esito del conclave è già deciso.

 

Questo il risultato dell’ultima e decisiva votazione del conclave. È la trascrizione più analitica. Mancano all’appello solo due voti, andati a singole personalità che la nostra fonte ha ritenuto inutile segnare. Mentre invece ha annotato, perché più «curiose», le preferenze ottenute dai cardinali in pensione Bernard Law, già arcivescovo di Boston costretto alle dimissioni per lo scandalo del clero pedofilo, e Giacomo Biffi, battagliero arcivescovo emerito di Bologna. Curiosa anche l’altra preferenza dispersa, andata al giovane cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, personalità legata a Ratzinger da un antico sodalizio d’amicizia e affinità intellettuale. Ma ecco i numeri definitivi della elezione di Ratzinger.

 

IV votazione, martedì 19 aprile, ore 16,30 
Ratzinger 84
Bergoglio 26
Schönborn 1
Biffi 1
Law 1

 

Ratzinger aggiunge altri 12 voti ai 72 già ottenuti al terzo scrutinio. Bergoglio ne perde ben 14 e la matematica ci dice che sono andati tutti al cardinale tedesco. Non sappiamo chi siano questi porporati e con quali motivazioni, al quarto scrutinio, abbiano deciso di ritirare il loro voto al cardinale argentino per offrirlo al decano del Sacro collegio. Forse hanno semplicemente ritenuto che fosse inopportuno puntare ad uno stallo prolungato, col rischio di una grave spaccatura, in mancanza di un’alternativa reale e convincente a Ratzinger.

 

«Questo conclave ci dice che la Chiesa non è ancora pronta ad un papa latinoamericano», sarà il commento laconico del cardinale belga Danneels. Questi gli ultimi ricordi annotati sul diario: «Anche il cardinale Ratzinger, man mano che si svolge lo spoglio delle schede, annota i voti con cura, sul suo foglio. Poi quando alle 17 e 30 ha superato il quorum dei 77 voti, nella Sistina c’è un momento di silenzio, seguito da un lungo cordiale applauso».

 

I dati trascritti dalla nostra fonte, e confermati da altri partecipanti al conclave, ci dicono che non si è trattato di un’elezione plebiscitaria: 84 preferenze, un margine di appena 7 voti. I suoi immediati predecessori, Wojtyla e Luciani, secondo una
ricostruzione del senatore Giulio Andreotti (cfr. A ogni morte di papa, p. 176) avrebbero ottenuto rispettivamente 99 e 98 voti in conclavi ai quali parteciparono un minor numero di cardinali (111). Quello che ha eletto Ratzinger è stato in ogni caso uno dei conclavi più rapidi della storia contemporanea. Nel Novecento il record spetta a Pio XII, eletto nel 1939 con appena tre scrutini. A Benedetto XVI ne è stato sufficiente uno solo in più, quattro, come a Giovanni Paolo I. Cinque scrutini furono invece necessari per eleggere Paolo VI (1963); otto scrutini per Giovanni Paolo II (1978); undici per Giovanni XXIII (1958).

 

Quanto ai motivi che hanno spinto la maggioranza dei cardinali a scegliere Ratzinger, sono stati già dichiarati da numerosi partecipanti (cfr. 30Giorni, n. 5/2005). L’indiscussa autorevolezza morale ed intellettuale del personaggio; la continuità con il pontificato di Wojtyla, pur dentro una maggiore sobrietà di stile e di dottrina; la garanzia (fornita dall’età) di un pontificato meno lungo del precedente; il modo convincente con cui Ratzinger ha gestito nella veste di decano del Sacro collegio prima i funerali di Wojtyla poi le congregazioni generali che hanno preparato il conclave: quasi una prova (superata) da papa. Un merito che un’ampia maggioranza dei cardinali elettori gli ha riconosciuto. Anche se, nel diario della nostra fonte, resta annotata la perplessità di alcuni porporati di fronte al potenziale conflitto d’interessi in cui viene a trovarsi un decano che sia anche un papabile. «Per ovviare ad un simile inconveniente alcuni cardinali propongono che, in futuro, a ricoprire la carica di decano sia scelto un cardinale ultraottantenne e quindi escluso per limiti anagrafici dal conclave».

Lucio Brunelli, 31 agosto 2009






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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