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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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NOVENA (o Triduo) A SANTA CATERINA DA SIENA Festa del 29 aprile

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2017 09:19
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21/04/2010 00:46
 
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La Festa di Santa Caterina da Siena, 29 Aprile, coincide con quella di san Pio V (Pontefice domenicano) la cui festa è il 30 Aprile, e con san Luigi Grignon de Montfort (il 28 aprile) scrittore del Trattato della vera devozione a Maria e terziario domenicano..... questi aprono i Vespri del Mese di maggio dedicato a Maria....prendiamo allora il Rosario....

                     

NOVENA (O TRIDUO)


Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

Per il Sommo Pontefice e per le necessità della Santa Chiesa:

un Pater Noster,  Ave Maria, Gloria Patri.....

Preghiera a Santa Caterina da Siena Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa

O sposa del Cristo, fiore della patria nostra. angelo della Chiesa sii benedetta.

Tu amasti le anime redente dal Divino tuo Sposo: come Lui spargesti lacrime
sulla Patria diletta; per la Chiesa e per il Papa consumasti la fiamma di tua vita.
Quando la peste mieteva vittime ed infuriava la discordia, tu passavi Angelo buono
di Carità e di pace. Contro il disordine morale, che ovunque regnava, chiamasti
virilmente a raccolta la buona volontà di tutti i fedeli.

Morente tu invocasti sopra le anime, sopra l'Italia e l'Europa, sopra la Chiesa
il Sangue prezioso dell'Agnello.

O Caterina Santa, dolce sorella patrona Nostra, vinci l'errore, custodisci la fede,
infiamma, raduna le anime intorno al Pastore. La Patria nostra, benedetta da Dio,
eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità
nella prosperità, nella pace.

Per te la Chiesa si estenda quanto il Salvatore ha desiderato, per te il Pontefice
sia amato e cercato come il Padre il consigliere di tutti.

E le anime nostre siano per te illuminate, fedeli al dovere verso L'Italia, l'Europa
e verso la Chiesa, tese sempre verso il cielo, ne Regno di Dio dove il Padre, il Verbo
il Divino amore irradiano sopra ogni spirito eterna luce, perfetta letizia.

Così sia.

Un Pater Noster, Ave Maria, Gloria Patri.....



E' possibile recitare la Preghiera composta sotto il Pontificato di Pio XII, per nove giorni consecutivi (novena), da sola o, meglio, dopo un rosario.

Preghiera a Santa Caterina da Siena Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa


O Caterina santa, giglio di verginità e rosa di carità, eroina di cristiano zelo che fosti eletta al pari di Francesco singolare Patrona d'Italia, a te noi fiduciosi ricorriamo, invocando la tua potente protezione sopra di noi e sopra tutta la Chiesa di Cristo, tuo Diletto, nel cui cuore bevesti alla inesauribile fonte di ogni grazia e di ogni pace.

Da quel Cuore divino tu derivasti l'acqua viva di virtù e concordia nelle famiglie, di onestà nella gioventù, di pace fra i popoli, insegnando con l'esempio a congiungere l'amore di Cristo con l'amore di Patria.

O celeste Patrona d'Italia, difendi, soccorri e conforta la tua patria e il mondo.
Sotto la tua protezione siano posti i figli e le figlie d'Italia, i nostri travagli e le nostre speranze, la nostra fede e il nostro amore; quell'amore e quella fede che ti fecero immagine di Cristo crocifisso nello zelo intrepido per la Santa Chiesa.

O Caterina Santa, dolce sorella patrona Nostra, vinci l'errore, custodisci la fede,
infiamma, raduna le anime intorno al Pastore. La Patria nostra, benedetta da Dio,
eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità
nella prosperità, nella pace.


O eroica e santa messaggera di unione e di pace che restituisti al seggio apostolico romano il Successore di Pietro, proteggilo e consolalo nella sua paterna e universale sollecitudine, per la salvezza e per la pace dei popoli; e ravviva, conserva ed accresci in noi e in tutti i fedeli cristiani l'affetto e la sommissione per lui e per l'ovile di Cristo.
Così sia.

Un Pater Noster, Ave Maria, Gloria Patri....

- Ora pro nobis, santa Catharina.
- Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus

Da, quaesumus, omnipotens Deus; ut qui beatae Catharinae Virginis tuae natalitia colimus; et annua solemnitate laetemur, et tantae virtutis proficiamus exemplo.
Per Christum Dominum nostrum.
Amen






[Modificato da Caterina63 20/04/2017 09:19]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Santuario delle Stimmate di Santa Caterina      


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Santuario delle Stimmate
di Santa Caterina in Pisa

La chiesetta di Santa Cristina -Chiesa Parrocchiale e Prioria- è situata a Pisa in Lungo Arno Gambacorti, sulla riva di sinistra ove un tempo sorgeva un porto, poco distante dalla chiesetta di Santa Maria della Spina –capolavoro gotico che conservava la Sacra Reliquia di una delle spine della corona di Gesù Cristo-, dalla chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Pisa e dalla parrocchiale di San Martino.

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L’origine della chiesa di Santa Cristina -secondo una tradizione, stimata da recenti studi storiografici non molto plausibile- sarebbe stata fondata nell’840 e successivamente consacrata in 24 agosto 842. In effetti non rimane alcuna testimonianza che smentisca -o in qualche modo avvalori- tale ipotesi.

 


Di certo sappiamo che le origini della chiesa sono anteriori all’anno Mille. L’edificio sappiamo già esistente prima dell’anno 1006; difatti da un documento di quest’anno ed in un altro -di poco posteriore- risulterebbe che la chiesetta era dedicata a Santa Cristina.


All’origine la titolazione della chiesa non era né dedicato solo alla Santa. Era difatti dedicata anche a San Bartolomeo, ciò si evince –ed è testimoniato- da un documento del 9 Luglio 1027 in cui risulterebbe la doppia titolazione. Orbene da alcuni documenti risulterebbe che la chiesa fosse dedicata a Santa Cristina, mentre in altri documenti sembrerebbe che il luogo sacro in origine fosse stato dedicato a San Bartolomeo, da tal’altri addirittura dedicata ad entrambi. Secondo il Tronci –ed abbracciamo la sua supposizione- la sua primitiva dedicazione è quella di San Bartolomeo. La chiesa dipendeva direttamente dal capitolo del Duomo ed ebbe cura di anime fin dall’origine. È a partire dall’anno 1815 il parroco della chiesa di Santa Cristina assunse anche il titolo di “priore”.


In questa chiesa Santa Caterina da Siena ricevette le Sacre Stigmate il 1° Aprile 1375[1] mentre pregava inginocchiata davanti ad un crocifisso [2]. L’evento viene ricordato presso l’altare destro; oltre alla lapide si nota il resto di una antica colonna che indica il luogo esatto dove avvenne il miracolo. Un dipinto di Domenico da Passignano, alla destra dell’altare maggiore, testimonia il momento in cui la Santa senese ebbe in dono da Nostro Signore le Sacre Stigmate.


«O sposa del Cristo, fiore della patria nostra, angelo della Chiesa sii benedetta.
Tu amasti le anime redente dal Divino tuo Sposo: come Lui spargesti lacrime sulla Patria diletta; per la Chiesa e per il Papa consumasti la fiamma di tua vita. Quando la Peste mieteva vittime ed infuriava la discordia, tu passavi Angelo buono di Carità e di pace. Contro il disordine morale, che ovunque regnava, chiamasti virilmente a raccolta la buona volontà di tutti i fedeli.
Morente tu invocasti sopra le anime, sopra l’Italia, sopra la Chiesa il Sangue prezioso del I ‘Agnello.
O Caterina Santa, dolce sorella Patrona nostra, vinci l’errore, custodiscila fede, infiamma, raduna le anime intorno al Pastore. La Patria nostra, benedetta da Dio, eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità, nella prosperità, nella pace.
Per te la Chiesa si estenda quanto il Salvatore ha desiderato, per te il Pontefice sia amato e cercalo come il Padre il consigliere di tutti.
E le anime nostre siano per te illuminate, fedeli al dovere verso l’Italia e verso la Chiesa, tese sempre verso il cielo, nel Regno di Dio dove il Padre, il Verbo, il Divino amore irradiano sopra ogni Spirito eterna luce, perfetta letizia. Così sia».[3]
 


Nel 1563 quel medesimo crocifisso[4] da cui ricevette le stimmate venne portato a Siena dove è conservato attualmente nella cappella della casa di Santa Caterina. La parte della chiesa antica tuttora esiste, è il bellissimo abside (esterno). Per questo motivo la chiesa è stata proclamata “Santuario Cateriniano". Il 24 Settembre 1989 il santuario è stato meta di preghiera, durante una sua visita a Pisa di S.S. Papa Giovanni Paolo II. All’interno della chiesa –a ricordo del pellegrinaggio del Santo Padre- è stata recentemente posta una lapide per ricordare la sua visita.

Prof. Alessio Varisco - Storico dell'Arte
Direttore Antropologia Arte Sacra 




SANTA CATERINA NEI DOCUMENTI PAPALI
(A cura di: Padre Alfredo Scarciglia - Quaderno n.105)

BOLLA DELLA CANONIZZAZIONE DI SANTA CATERINA DA SIENA, PUBBLICATA DA PIO II
- San Pietro, 29 giugno 1461 -

     (...) Avea pure nel secolo scorso, a memoria de' nostri padri, fiorito nella stessa città (Siena) e nel sesso muliebre la vergine Caterina non inferiore di meriti nè meno a Dio accetta: di cui le preghiere non dubitiamo che già furono, ora sono e saranno nell'avvenire di molto giovamento all'umana famiglia. Imperocchè, siccome i peccati e le bestemmie dei malvagi provocano sopra di noi il furore divino, così, viceversa, le opere e le supplicazioni dei santi ce ne scansano.
Ma Caterina, quantunque avesse quaggiù vissuta vita d'angelo, e pria dell'anno '80 del secolo volata al cielo, fosse per molti prodigi e gloriosi miracoli divenuta illustre, pure, non avendo i romani pontefici che me precederono ciò decretato, non venne sino ai dì nostri accolta tra le sante vergini di Cristo dalla Chiesa militante. Avean desiderato impartire quest'onore Urbano VI, e dopo lui Innocenzo VII, e da ultimo Gregorio XII; i quali tutti ebbero peculiar notizia di questa vergine e del santo viver di lei.
Ma angustiati dallo scisma che infierì alla loro stagione, e molto agitati dalle turbolenze e dalle molestie di guerra, per divino avviso, come dicemmo, si passarono di ciò, affinchè infierendo la procella della divisione, ciò che l'un partito teneva per santo, non fosse dall'altro tenuto nel conto più vile.
   Fu adunque tal cosa differita ai nostri giorni, e a noi venne riservata la canonizzazione di questa santissima vergine, come di nostra conterranea e concittadina, affinchè la santità d'una vergine sanese venisse a luce per decreto d'un sanese regnante sul Seggio romano.
Nel quale negozio non vogliamo punto negare che ci abbia eccitato un affetto santo e pio, imperocchè qual è mai che non procuri volentieri, ove ciò possa farsi per diritto ed onestamente, che sien divulgati gli elogi della sua città, le lodi della patria, le virtù della sua stirpe? Ciascuno desidera ardentemente di palesare i fatti eccellenti e gli uomini che per virtù chiari fiorirono in tutti i sessi ed in ciascuna parte del mondo; più volentieri però e con maggior diletto, quei che vissero nella sua patria e stirpe.
E quantunque avessimo noi con molto gaudio in quale che sia popolo ravvisato le sublimi doti, l'eccellente ingegno, la mente divina, il santissimo volere della beata Caterina, maggior contento però è il nostro nello scorgere tali cose nella città di Siena, donde sortimmo i natali. Imperocchè nutriamo fidanza d'esse viemaggiormente e più peculiarmente partecipi dei meriti di lei, che se questa vergine o nell'Africa fosse nata, oppure nella Scizia o nell'India; non potendo per guisa veruna accadere che non ci derivi alcun privilegio dall'attenenza coi santi.
   Nè perciò dobbiam dire più o men del vero, nè a cagion del parentado o della patria carità deve essere alcuno annoverato tra i santi meriti, senza il solito esame, senza le consuete solennità. Laonde quantunque udimmo con piacere essere di Siena la beata Caterina di cui domandavasi la canonizzazione, nulla però trascurammo nella santificazion di lei di quelle cose che in solennità sì grande richieggonsi.
   V'erano perciò molte preci non solo del popolo sanese, ma sì ancora di altri: chè il carissimo figlio di Cristo Federigo Augusto Imperador de' Romani, e il diletto figliuolo Pasquale doge di Venezia, nobile personaggio, ci supplicarono che non fosse più lungamente quaggiù priva del debito onore questa vergine, a cui la divozione di molti popoli era vivamente indirizzata, e di cui molti prodigi si divulgavano.
Nello andare a Mantova, essendoci nel maggio per qualche tempo fermati a Siena, e là essendoci nel pubblico concistoro, esposti i grandi meriti e i meravigliosi portenti di lei, e rivolte ardenti suppliche affinchè le decretassimo gli onori dei santi, non consentimmo sì presto, ma secondo l'antica consuetudine destinammo con l'oracolo della viva voce tre dei nostri fratelli cardinali della santa Romana Chiesa, un vescovo, un prete, un diacono, a diligentemente esaminare, dopo fatti i soliti processi, la vita, i costumi e i miracoli della stessa Caterina, operati in vita e dopo morte, e quanto resta per la canonizzazione di lei, e a farcene in secreto concistoro, com'è usanza, fedele relazione. I commissari discussero tal cosa per un anno e più, nel qual tempo noi da Mantova tornammo a Roma.
Trovati gli antichi processi, che si composero in Venezia ed altrove, e di nuovo esaminati i testimoni, e ponderata con somma diligenza ogni cosa, pria separatamente ne fecero ne fecero relazione tra i cardinali soltanto, sinceramente ragguagliati di tutto che ebber ritrovato. Procurammo poi che fossero di nuovo recitate da un avvocato del pubblico concistoro quelle cose che pria ci avean significate. Da ultimo, adunati nella nostra corte tutti quei vescovi che eran con loro, e assistendoci i cardinali, i detti commissari nuovamente per mezzo del venerabile nostro fratello Guglielme di Porto, di nazione francese (il primo tra essi) ci esposero ciò che avean rinvenuto, e che parea convenevolmente provato. Dalla loro relazione, che fu oltre ogni dire ampia ed ornata, queste cose sommariamente attingemmo, che sono vere, provate, conosciute e manifeste.
   La Vergine Caterina, nata in Siena da parenti di mezzana condizione, pria che potesse per l'età conoscere Iddio si volle a lui consacrare.
A sei anni desiderò fuggire a un eremo per servire il Signore, ed uscita dalla città si nascose in una caverna ch'era luogo solitario: quantunque dimoratavi poco tempo, così comandandole lo Spirito divino, fosse poi tornata a casa. Avendo imparato l'angelico saluto, quante volte montò la scala della casa paterna, tante a ciascun gradino piegato il ginocchio, riverì la beatissima Vergine Madre di Dio. E correndo l'anno settimo dell'età sua, consacrò la sua verginità a Cristo, cui con mirabile visione contemplò sedente nella sua maestà: e scorse gli arcani della corte celeste, i quali non può dir lingua mortale. Rinunziò ad ogni mondana delizia. Tutta si diè all'orazione, ed afflisse il suo corpicciuolo colle vigilie, coi digiuni, colle battiture. Persuase le fanciulle della sua condizione ad operare a questo modo.
Giunta alla pubertà, stracciati i capelli, ricusò matrimonio di mortale. Spregiò le ingiurie e le maledizioni degli uomini. Tolse per forza piuttosto che non impetrò l'abito del beato Domenico, che portano le Donne della Penitenza. Esercitò l'ufficio di serva nella casa paterna, nessuna cosa più desiderando, che di apparire vile e abietta davanti agli uomini.
Ai poverelli di Cristo colla venia del padre abbondevolmente soccorse. Con somma diligenza servì gl'infermi. Le tentazioni diaboliche e le continue zuffe degli spiriti maligni vinse con lo scudo della pazienza e col cimiero della fede. Ai prigioni ed agli oppressi arrecò sollievo come potè.
Non uscì da lei parola che santa e religiosa non fosse. Ogni sermone di lei si versò intorno ai costumi, alla religione, alla pietà, al dispregio del mondo, all'amore di Dio e del prossimo, ed alla patria celeste. Nessuno le si appressò,che non ne partisse più dotto e migliore. La sua dottrina fu infusa, non già acquistata. Apparve maestra prima d'esser discepola: imperocchè rispose con molta prudenza ai professori delle sacre lettere, e sino agli stessi vescovi di chiese illustri; e loro a tal guisa soddisfece da rinviare come agnelli mansueti quelli che avea ricevuto come lupi e leoni feroci: dei quali alcuni, meravigliando la sapienza divina nella verginella, distribuite tra i poverelli le sostanze che possedeano, tolta la croce del Signore, vissero dappoi vita evangelica.
   Somma fu l'astinenza e mirabile lqusterità della vita di Caterina: imperocchè avendo affatto abbandonato l'uso del vino e della carne, nè più adoperando cibi di farina, a tale stremo venne da non mangiare più nè legumi nè pane, tranne solo quel pane celestiale, che il vero cristiano mangia nel sacramento dell'altare. Fu trovata, contenta solo della comunione eucaristica, aver prolungato il digiuno dal giorno delle Ceneri insino all'Ascensione del Signore.
Per anni otto incirca si sostentò di uno scarso succo di erbe, e della sacra comunione. Andava alla mensa come a un supplizio. Alla comunione dell'altare quasi giornalmente con somma ilarità si appressava, come fosse invitata alle nozze celesti. Recavasi sotto le vesti il cilizio per mortificare la carne. non si servì di piume o di guanciali: si avea fatto un letto di tavole, e giacendovi dormiva pochissimo, che raramente tra giorno e notte il sonno di lei durava due ore: il rimanente del tempo impiegava nel vegliare, nell'orare, nel predicare, e nello attendere alle opere di misericordia.
Con lunghe corde macerò le sue carni: era afflitta da un dolor di capo quasi continuo: ardeva per le febbri e veniva eziandio travagliata da altre malattie.    Combattea quasi assiduamente coi demoni ed era da loro assai molestata; diceva coll'Apostolo: "Quando sono inferma allora divento più forte"; imperocchè non venia meno tra tante tribolazioni, nè punto trascurava le opere caritatevoli. Assisteva ai miseri che soffrivano senza ragione. Riprendeva i peccatori e li esortava con benignissime parole a penitenza. A tutti insegnava allegramente i precetti di salvezza. A ciascuno con volto ilare addimostrava qualcosa si dovesse seguitare, quale fuggire: con somma maestria pacificava i dissidenti. Molti odii spense, e cessò inimicizie mortali. Non bubitò per la pace de' Fiorentini, che in guerra con la Chiesa erano condannati a un interdetto acclesiastico, di oltrepassare l'Appennino e le Alpi, e sino in Avignone recarsi a Gregorio XI, pontefice massimo nostro predecessore, a cui palesò di avere divinamente conosciuto il voto, benchè noto a lui solo e a Dio, ch'egli avea occultamente fatto di recarsi a Roma.
Fu dotata ancora dello spirito di profezia, e molti avvenimenti predisse, e rivelò cose occultissime. Era sovente rapita dallo Spirito, e sospesa in aria si pasceva di celesti contemplazioni; talmente fuori di sè, che, tocca o percossa, di nulla si accorgeva, e ciò spesso le accadeva nel cibarsi della divinissima eucarestia.
   Molto dai popoli era stimato il nome di Caterina reputata come santa, e d'ogni parte i malati e i travagliati dagli spiriti maligni le erano condotti, e molti riacquistavano la salute. Ai languori ed alle febbri imperava nella virtù di Cristo, e costringeva i demoni a fuggirsi dagli ossessi. Laonde fu carissima ai romani pontefici Gregorio XI, di cui poco fa facemmo menzione, e ad Urbano VI: per guisa che venne adoperata nelle loro legazioni, e da essi arricchita di molti e grandi favori spirituali. Ed avendo a tal modo menata la vita, all'anno 33 incirca dell'età sua morì a Roma. Dell'assunzione e del glorioso ingresso di quest'anima in cielo stupende e mirabili rivelazioni si trovano presso quelle persone ch'ebbero in istima la vergine, e massimamente presso il confessore di lei Raimondo da Capua, maestro in sacra teologia, che fu poi nominato padre generale dell'ordine dei Predicatori.
Il quale, dimorando a Genova la notte in cui la vergine morì, la vide al mattino nel dormitorio presso l'immagine della Madre di Dio rifulgente di meraviglioso splendore, e che gli indirizzava parole di consolazione. Il corpo di lei, per tanto tempo custodito, fu da ultimo sepolto in Roma nella chiesa dei Frati Predicatori della Minerva con gran divozione e riverenza del popolo: e al contatto del medesimo molti infermi riceverono da Dio la sanità per guisa che ad alcuni apportò salute l'aver tocche quelle cose che alla loro volta toccarono le sacre membra di Caterina.
   La quale, ricevuta in cielo, porse benigno orecchio ai voti di coloro che supplicavano, ed impetrò che venissero esauditi da Cristo suo salvatore, sposo e signore: imperocchè molti da varie malattie furono guariti, i quali all'udire il nome gloriosissimo della beata Caterina, la richiesero supplichevoli di patrocinio. Laonde il nome di Caterina fu avuto in venerazione a Venezia, dove non era stata mai, ed in altri luoghi, e moltissimi voti le vengono indirizzati.
   Queste ed altre moltissime cose avendo il venerabile nostro fratello vescovo di Porto esposte nell'adunanza dei cardinali e dei prelati ed affermato che furono chiaramente provate, richiesti singolarmente così i cardinali, come i prelati (di cui moltissimi furon presenti) di manifestare il loro avviso; parve a comune suffragio doversi dichiarar Caterina degna del Cielo: nè v'ebbe alcuno, che non avesse sommamente approvato di celebrarsene la canonizzazione.

Or dopo avere tutti lungamente ascoltati, comandammo che fosse nella basilica del Beato Pietro, principe degli Apostoli, decentemente apparecchiato e decorato un pulpito, sul quale oggi alla presenza del clero e del popolo, dopo tenuto sermone della vita e dei miracoli di questa vergine, celebrata la messa solenne e fatte le consuete cerimonie secondo il rito, reputammo dover procedere alla canonizzazione di Caterina in forza di queste parole: «Ad onore dell'onnipotente ed eterno Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, ad esaltazione della fede cattolica ed aumento della cristiana Religione; coll'autorità di nostro Signore Gesù Cristo e de' Beati Apostoli Pietro e Paolo, e colla nostra, secondo l'avviso dei nostri fratelli, dichiariamo che Caterina da Siena, vergine d'illustre e d'indelebile memoria, di cui il corpo riposa in Roma nella Chiesa dei Predicatori che dicesi della Minerva, è stata (poichè ha ciò meritato la virtù di lei, cooperando la grazia divina) da molto tempo ricevuta nella Gerusalemme celeste nei cori delle beate vergini, e donata della corona di eterna gloria; e giudichiamo e definiamo doversi essa venerare come santa in privato ed in pubblico, e comandiamo che sia annoverata fra le sante vergini che venera la Chiesa romana: stabilendo che se ne celebri la festività per ciascun anno nella prima domenica del mese di maggio, e che a lei si renda gli onori che convengono alle altre beate vergini. Oltre a ciò, a quanti si recheranno nella stessa festività a visitare il sepolcro di lei, rilasciamo misericordiamente in perpetuo 7 anni ed altrettante quarantene delle penitenze loro ingiunte, come si costuma nella Chiesa».
    A nessuno adunque degli uomini sia lecito mettere in pezzi questa disposizione per ciò che riguarda la dichiarazione, la costituzione, il mandato, lo statuto e la rilassazione, o contraddirvi con temerario ardimento. Se qualcuno presume di violare comechessia queste pagine, sappia pure che incorrerà nell'indignazione dell'Onnipotente e de' beati apostoli Pietro e Paolo.
   Dato in Roma, a S. Pietro, l'anno 1461 dell'incarnazione del Signore, ai 29 di giugno, anno terzo del nostro pontificato.






[Modificato da Caterina63 13/04/2015 12:26]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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05/04/2011 13:15
 
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Giunti a metà percorso della Santa Quaresima, vi offriamo alcuni spunti di meditazione per i Misteri del Santo Rosario attraverso le parole stesse di santa Caterina da Siena, nostra amata Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa e della quale, quest'anno, ricorre il 550 anniversario della sua Canonizzazione.


Inoltre dal 20 aprile, se volete, inizia la Novena per chiedere la sua potente intercessione e per concludersi il 29 aprile, giorno della sua Memoria Liturgica

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
infor@sulrosario.org

Il Canto di sottofondo è il seguente:

Lamentations 5,1-11 "Oratio Jeremiae"

1. Recordare, Domine, quid acciderit nobis: intuere,
et respice opprobrium nostrum.
2. Hereditas nostra versa est ad alienos:
domus nostrae ad extranaeos.
3. Pupilli facti sumus absque patre,
matres nostrae quasi viduae.
4. Aquam nostram pecunia bibimus:
ligna nostra pretio comparavimus.
5. Cervicibus nostris minabamur,
lassis non dabatur requies.
6. Aegypto dedimus manum,
et Assyriis, ut saturaremur pane.
7. Patres nostri peccaverunt, et non sunt:
et nos iniquitates eorum portavimus.
8. Servi dominati sunt nostri:
non fuit qui redimeret de manu eorum.
9.In animabus nostris afferebamus panem nobis,
a facie gladii in deserto.
10.Pellis nostra, quasi clibanus exusta est
a facie tempestatum famis.
11.Mulieres in Sion humiliaverunt,
et virgines in civitatibus Juda.

- Jesuralem, Jerusalem, convertere ad Dominum Deum tuum.

(in Italiano)

1] Ricordati, Signore, di quanto ci è accaduto,
guarda e considera il nostro obbrobrio.
[2] La nostra eredità è passata a stranieri,
le nostre case a estranei.
[3] Orfani siam diventati, senza padre;
le nostre madri come vedove.
[4] L'acqua nostra beviamo per denaro,
la nostra legna si acquista a pagamento.
[5] Con un giogo sul collo siamo perseguitati
siamo sfiniti, non c'è per noi riposo.
[6] All'Egitto abbiamo teso la mano,
all'Assiria per saziarci di pane.
[7] I nostri padri peccarono e non sono più,
noi portiamo la pena delle loro iniquità.
[8] Schiavi comandano su di noi,
non c'è chi ci liberi dalle loro mani.
[9] A rischio della nostra vita ci procuriamo il pane
davanti alla spada nel deserto.
[10] La nostra pelle si è fatta bruciante come un forno
a causa degli ardori della fame.
[11] Han disonorato le donne in Sion,
le vergini nelle città di Giuda.

- Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo!



AVVISO:

DAL GIORNO 7 APRILE AL GIORNO 15 APRILE, SARANNO SOSPESI GLI ALTRI LAVORI DI INSERIMENTO, RIPRENDEREMO, a Dio piacendo, DAL GIORNO 16 APRILE....

Ricordiamo di pregare il Rosario e di meditare in questo Tempo, la Passione di Nostro Signore!


it.gloria.tv/?media=143153



[SM=g1740717]


[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
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29 Aprile
S. Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, Patrona d’Italia

Ufficio delle Letture

V.
Signore, apri le mie labbra
R. e la mia bocca proclami la tua lode

Gloria al Padre e al Figlio *
  e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre, *
  nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

INNO

       Gerusalemme nuova,
immagine di pace,
costruita per sempre
nell'amore del Padre.

Tu discendi dal cielo
come vergine sposa,
per congiungerti a Cristo
nelle nozze eterne.

Dentro le tue mura,
risplendenti di luce,
si raduna festante
il corteo delle vergini:

pietre vive e preziose,
scolpite dallo Spirito
con sapienza d'amore
per la città dei santi.

Sia onore al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo,
al Dio trino ed unico
nei secoli sia gloria. Amen.


1 ant. Tu splendi, vergine, di santità e sapienza,
accanto al tuo Sposo,
l'immacolato Verbo di Dio, alleluia.

SALMO 118 A

I cieli narrano la gloria di Dio, *
    e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio *
    e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Non è linguaggio e non sono parole, *
    di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce *
    e ai confini del mondo la loro parola.

Là pose una tenda per il sole †
    che esce come sposo dalla stanza nuziale, *
    esulta come prode che percorre la via.

Egli sorge da un estremo del cielo †
    e la sua corsa raggiunge l'altro estremo: *
    nulla si sottrae al suo calore.

1 ant. Tu splendi, vergine, di santità e sapienza,
accanto al tuo Sposo,
l'immacolato Verbo di Dio, alleluia.

2 ant. A tutta gloria del mondo
ho preferito il mio Signore Gesù Cristo, alleluia.

SALMO 44
I (2-10)

Effonde il mio cuore liete parole, †
    io canto al re il mio poema. *
    La mia lingua è stilo di scriba veloce.

Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, †
    sulle tue labbra è diffusa la grazia, *
    ti ha benedetto Dio per sempre.

Cingi, prode, la spada al tuo fianco, †
    nello splendore della tua maestà
        ti arrida la sorte, *
    avanza per la verità, la mitezza e la giustizia.

La tua destra ti mostri prodigi: †
    le tue frecce acute
        colpiscono al cuore i tuoi nemici; *
    sotto di te cadono i popoli.

Il tuo trono, Dio, dura per sempre; *
    è scettro giusto lo scettro del tuo regno.

Ami la giustizia e l'empietà detesti: †
    Dio, il tuo Dio ti ha consacrato *
    con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.

Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia, *
    dai palazzi d'avorio ti allietano le cetre.
Figlie di re stanno tra le tue predilette; *
    alla tua destra la regina in ori di Ofir.

2 ant. A tutta gloria del mondo
ho preferito il mio Signore Gesù Cristo, alleluia.

3 ant. Al re è piaciuta la tua bellezza:
il tuo Signore è Dio, alleluia.

II (11-18)

Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio, *
    dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
al re piacerà la tua bellezza. *
    Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.

Da Tiro vengono portando doni, *
    i più ricchi del popolo cercano il tuo volto.

La figlia del re è tutta splendore, *
    gemme e tessuto d'oro è il suo vestito.

È presentata al re in preziosi ricami; *
    con lei le vergini compagne a te sono condotte;
guidate in gioia ed esultanza *
    entrano insieme nel palazzo regale.

Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; *
    li farai capi di tutta la terra.

Farò ricordare il tuo nome
        per tutte le generazioni, *
    e i popoli ti loderanno
        in eterno, per sempre.

3 ant. Al re è piaciuta la tua bellezza:
il tuo Signore è Dio, alleluia.

VERSETTO

V.
Mi condurrai per il sentiero della vita, alleluia,
R. accanto a te mi colmerai di gioia, alleluia.

PRIMA LETTURA

Dal libro della Sapienza 7,7-16.22-30

I giusti trovano gioia nella conoscenza dei Signore
Pregai e mi fu elargita la prudenza;
implorai e venne in me lo spirito della sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto;
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l'oro al suo confronto è un po' di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento.
L'amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore che ne promana.
Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida,
ma ignoravo che di tutti essa è madre.
Senza frode imparai e senza invidia io dono,
non nascondo le sue ricchezze.
Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini;
quanti se lo procurano si attirano l'amicizia di Dio,
sono a lui raccomandati per i doni
del suo insegnamento.
Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza
e di pensare in modo degno dei doni ricevuti,
perché egli è guida della sapienza
e i saggi ricevono da lui orientamento.
In suo potere siamo noi e le nostre parole,
ogni intelligenza e ogni nostra abilità.
In essa c'è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
libero, benefico, amico dell'uomo,
stabile, sicuro, senz'affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
È un'emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra.
È un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell'attività di Dio
e un'immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e
attraverso le età, entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza la malvagità non può prevalere.

RESPONSORIO                     Sap 7,7-8; Gc 1,5

R. Pregai, e mi fu elargita la prudenza; implorai, e venne in me lo spirito di sapienza; * io l'ho preferita agli onori e al potere, alleluia.
V. Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio, che dona a tutti generosamente, e gli sarà data:
R. io l'ho preferita agli onori e al potere, alleluia.

SECONDA LETTURA

Dal «Dialogo della Divina Provvidenza» di santa Caterina da Siena, vergine
(Cap. 167, Ringraziamento alla Trinità; libero adattamento; cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, II, pp. 586-588) 
             http://digilander.libero.it/ciopecip/cucina/AnimatedFire_small.gif


Ho guastato e veduto

    O Deità eterna, o eterna Trinità, che, per l'unione con la divina natura, hai fatto tanto valere il sangue del tuo Unigenito Figlio! Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.
    Io ho gustato e veduto con la luce dell'intelletto nella tua luce il tuo abisso, o Trinità eterna, e la bellezza della tua creatura. Per questo, vedendo me in te, ho visto che sono tua immagine per quella intelligenza che mi vien donata della tua potenza, o Padre eterno, e della tua sapienza, che viene appropriata al tuo Unigenito Figlio. Lo Spirito Santo poi, che procede da te e dal tuo Figlio, mi ha dato la volontà con cui posso amarti.
    Tu infatti, Trinità eterna, sei creatore ed io creatura; ed ho conosciuto - perché tu me ne hai data l'intelligenza, quando mi hai ricreata con il sangue del tuo Figlio - che tu sei innamorato della bellezza della tua creatura.
    O abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare profondo! E che più potevi dare a me che te medesimo? Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma. Sei tu che consumi col tuo calore ogni amor proprio dell'anima. Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, e illumini le menti con la tua luce, con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.
    Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile. Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza. Anzi, tu sei la stessa sapienza. Tu cibo degli angeli, che con fuoco d'amore ti sei dato agli uomini.
    Tu vestimento che ricopre ogni mia nudità. Tu cibo che pasci gli affamati con la tua dolcezza. Tu sei dolce senza alcuna amarezza. O Trinità eterna!

RESPONSORIO                    

R. Aprimi il tuo cuore, sorella, erede con me dello stesso regno; amica mia, partecipe dei miei segreti pensieri; * ricca dei doni del mio Spirito, pura da ogni macchia per l'effusione del mio sangue, alleluia.
V. Esci dalla quiete della contemplazione, e sii instancabile testimone della mia verità;
R. ricca dei doni del mio Spirito, pura da ogni macchia per l'effusione del mio sangue, alleluia.

Te Deum

Noi ti lodiamo, Dio, *
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell'universo.

I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, *
lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell'uomo.

Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell'assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.

ORAZIONE

    O Dio, che in santa Caterina da Siena, ardente del tuo Spirito di amore, hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso e il servizio della Chiesa, per sua intercessione concedi a noi tuoi fedeli, partecipi del mistero di Cristo, di esultare nella rilevazione della sua gloria. Per il nostro Signore.


 

[Modificato da Caterina63 19/04/2016 08:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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28/04/2011 12:04
 
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[SM=g1740722] Siamo giunti alla Festa per santa Caterina da Siena....
Vi invitiamo ad approfondire la Devozione mariana di Santa Caterina....

it.gloria.tv/?media=94424





[SM=g1740717]

[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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ATTENZIONE ATTENZIONE...27/29 OTTOBRE ..


" Caterina e la sua eredità" Convegno Internazionale in occasione del 550° Anniversario della Canonizzazione di Santa Caterina da Siena


Nullum ab ea verbum non religiosum, non sanctum excidit.
...Nemo ad eam accessit, qui non doctior meliorque abierit.
Doctrina eius infusa, non acquisita fuit.
Prius magistra visa est quam discipula.

Pio II, Bolla di canonizzazione

Il 29 giugno 1461 papa Pio II Piccolomini
elevava all'onore degli altari Caterina da Siena (+ 1380).
Con quell'atto il pontefice dava un solenne riconoscimento
al servizio reso dalla Santa alla Sede Apostolica,
ma veniva incontro anche alle attese
dei suoi concittadini senesi e dei Domenicani,
che la veneravano quasi come seconda fondatrice dell'Ordine.
Mistica e profetessa, dorma di contemplazione,
ma anche di forte impegno politico e sociale,
scrittrice straordinaria,
la grande Caterina non era stata dimenticata
e la sua memoria restava ben viva e operante
anche nella nuova Italia del Rinascimento e delle Corti.
La sua immagine sarebbe diventata simbolo potente,
capace di coagulare attese di rinnovamento e progetti di riforma,
ma anche punto di riferimento costante
degli ideali
di perfezione cristiana e della stessa autocoscienza femminile nella complessa fase di passaggio
dall'età medievale a quella moderna.
Il 550° anniversario della canonizzazione è apparso
occasione opportuna per approfondire un aspetto
sinora poco esplorato in una prospettiva storiografica,
quello della eredità storica e spirituale della Virgo digna coelo.

Il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, presieduto dal Rev.mo Padre Bernard Ardura, O.Prem. con il prezioso ausilio di : Memorie Domenicane, La Provincia Romana S.Caterina da Siena, il Centro Internazionale di Studi Cateriniani e l’Arcidiocesi di Siena Colle di Val d’Elsa Montalcino ha organizzato un importante

Convegno Internazionale in occasione del 550° Anniversario della Canonizzazione della santa che “tanto ha avuto a cuore la Persona e la missione del Romano Pontefice”.
Il Convegno avrà luogo a Roma e a Siena dal 27 al 29 ottobre 2011.
Chi desidera partecipare potrà rivolgersi ai seguenti indirizzi :
Numero telefonico della Segreteria organizzativa ( Firenze, Biblioteca Domenicana) : 055-2870384
E mail : memorie.domenicane@gmail.com
Numero telefonico del Pontificio Consiglio di Scienze Storiche : 06-69874014
E mail : addetto@historia.va





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[SM=g1740738]





http://www.scuolamariabambinatn.it/Resource/spadaroccia.jpg


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[Modificato da Caterina63 19/04/2016 09:01]
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21/04/2012 21:06
 
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[SM=g1740738]scarica, ascolta, medita il Dialogo della Divina Provvidenza, non te ne pentirai!!!

un grazie al sito della Parrocchia sanMichele

 

Capitolo 10.mp3 (40.60 MB)
 
Capitolo 9.mp3 (40.74 MB)
 
Capitolo 8.mp3 (40.65 MB)
 
Capitolo 7.mp3 (38.94 MB)
 
Capitolo 6.mp3 (40.35 MB)
 
Capitolo 5.mp3 (37.73 MB)
 
Capitolo 4.mp3 (42.33 MB)
 
Capitolo 3.mp3 (39.75 MB)
 
Capitolo 2.mp3 (41.52 MB)
 
Capitolo 1.mp3 (41.44 MB)
 

 

il resto lo trovate qui: al sito della Parrocchia sanMichele

 

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24/04/2012 12:26
 
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Santa Caterina da Siena passione fuoco e amore

Dal film Io Caterina vi offriamo un pezzo davvero indimenticabile e di grande attualità: se sarete ciò che dovrete essere metterete fuoco in tutta l'Italia!
Amore, Sangue Divino, Croce, Maria Santissima, il libro nel quale è scritta la nostra regola. Ascoltiamo la nostra amata Patrona d'Italia.

www.gloria.tv/?media=282358



così dice Benedetto XVI all'Udienza generale del 24.11.2010:
Caterina soffrì tanto, come molti Santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei al punto che, nel 1374, sei anni prima della morte, il capitolo generale dei Domenicani la convocò a Firenze per interrogarla. Le misero accanto un frate dotto ed umile, Raimondo da Capua, futuro Maestro Generale dell’Ordine. Divenuto suo confessore e anche suo “figlio spirituale”, scrisse una prima biografia completa della Santa. Fu canonizzata nel 1461.

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org


[SM=g1740717]

[SM=g1740738]


[SM=g1740717] BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 24 novembre 2010

....Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime:
conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della
Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo
come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni
costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi
attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe
di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù
e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio.
Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio,
in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò
le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina
Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte:
“Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti
conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti,
ma volesti anche morire! (...) O misericordia! Il cuore mi si affoga
nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo
che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie.

www.gloria.tv/?media=283799


[SM=g1740717]

[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 29/04/2012 21:51]
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29/04/2012 10:55
 
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Con Santa Caterina da Siena nella via della fede. L'attualità del messaggio della prima donna proclamata dottore della Chiesa (O.R.)



L'attualità del messaggio della prima donna proclamata dottore della Chiesa


Con santa Caterina da Siena nella via della fede


di Ludovico Cartotti Oddasso


Senza la fede nessuno può essere gradito a Dio. Così afferma san Paolo nella Lettera agli Ebrei (11, 6). E santa Caterina da Siena, la cui vita è stata un inno continuo alla fede, era certamente molto gradita a Gesù, suo divino Sposo. Con gioia sosteneva che la fede dà letizia ai fortunati che la possiedono. «O fede dolce, che ci dai la vita! Se voi starete in questa santa fede giammai nel vostro cuore non caderà tristizia, che non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature, che vengono meno, mentre il cuore nostro non si può mai riposare se non in cosa stabile e ferma; convienci dunque che noi riposiamo il cuore e l'anima in Cristo crocifisso: allora troveremo l'anima nostra piena di letizia», scrive Caterina in una delle sue numerose lettere (Lettera 31).

Nata nel 1347 a Siena da una famiglia numerosa e di umili origini, penultima di venticinque figli, Caterina visse per soli trentatré anni e non è facile comprendere come ella abbia potuto svolgere risolutive azioni di portata storica di riconciliazione e di pace presso sovrani, capi di stato, politici, cardinali e papi, se si tiene conto sia della sua condizione di donna -- in quei tempi limitata alle mansioni prevalentemente domestiche e quindi per nulla considerata nella società civile -- sia della sua totale mancanza di istruzione scolastica. Ciò non è infatti razionalmente spiegabile e lo si può solo attribuire a fattori di natura non terrena e quindi all'intervento della divina provvidenza. Essa può infatti manifestarsi protagonista della storia e spesso sceglie persone apparentemente disadatte e ne eleva «talmente le facoltà native, da renderle capaci di azioni assolutamente superiori alla loro portata, non tanto per confondere la sapienza dei sapienti, quanto per mettere in luce la sua opera», come scrisse Papa Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Amantissima providentia per il vi centenario del transito di santa Caterina da Siena, del 29 aprile 1980.

La granitica fede di Caterina si è manifestata nella sua storica azione che pose fine al triste periodo della cattività avignonese, protrattosi per circa settant'anni, nel quale il papato si è venuto a trovare in una pericolosa situazione di asservimento nei confronti dei sovrani francesi. «Dico da parte di Cristo crocifisso che veniate il più tosto che potete, come uomo virile e senza alcun timore. Facendo così adempirete la volontà di Dio»: così scrive l'umile Caterina al Pontefice Gregorio xi (Lettera 229), esortandolo a lasciare il dorato esilio di Avignone per ritornare a Roma. Tutto infatti congiurava a trattenere il Pontefice in Francia: dalle condizioni tristi dell'Italia a quelle tranquille e floride di Avignone, agli interessi dei cardinali, fortemente radicati in Francia e, non ultima, la sua nazionalità francese. Egli tuttavia, incoraggiato non solo dalla convincente dialettica e dal soprannaturale fascino di Caterina, ma anche e soprattutto sorretto dalla di lei incrollabile fede, riesce a ritrovare l'imperioso desiderio di ritornare alla cattedra di Pietro.
Non può non sorprendere questa fede così grande e così genuina di Caterina. A cosa era dovuta? Di certo Caterina, fin dai primissimi anni di vita, aveva messo il Signore al primo posto e di ciò si accorgevano quanti la avvicinavano, i quali, affascinati dalla dolcezza del suo conversare. Certo il primo mezzo che ella praticava per mettere Dio al primo posto era la preghiera fatta col cuore e con quella affabilità che spontaneamente riservava ai suoi interlocutori, che riusciva così a catturare. Con la sua preghiera e con il collocare sempre Dio al primo posto, con la semplicità e la purezza dei bambini, Caterina è riuscita a catturare l'amicizia di Dio.

Quanto importante è l'amicizia con Dio. E non è neppure un privilegio riservato a pochi eletti. Anche oggi il Santo Padre Benedetto XVI, nel motu proprio Porta fidei dell'11 ottobre 2011 -- con il quale viene indetto l'Anno della fede -- ci ricorda che la porta della fede che introduce alla vita di comunione con Dio è sempre aperta per noi, se lo desideriamo con il cuore. La straordinaria amicizia con Dio aveva portato Caterina a trascorrere diversi anni di vita contemplativa nel nascondimento, in un continuo colloquio con il suo Sposo, perché Gesù parlava spesso con lei, ricambiandole la sua amicizia divina. Ella meditava le Sacre Scritture ascoltate nelle chiese o discusse con i teologi che frequentavano la sua casa: il suo intelletto sostenuto da ferrea volontà e la dottrina miracolosamente infusa la portarono a insegnare l'essenza stessa del cristianesimo, con quella semplicità, chiarezza ed efficacia che caratterizzano le sue opere e che le hanno meritato, prima tra le donne, il titolo di dottore della Chiesa.

Dopo essere uscita, come richiestole dallo Sposo divino, dalla sua «cella interiore», Caterina iniziò l'azione apostolica e la sua mente riusciva a trovare la risposta adatta a problemi anche di grande portata, stupendo i contemporanei che la conoscevano quale umile popolana, priva di istruzione scolastica. La fama della indiscutibile santità di Caterina, della sua eccezionale intelligenza, intuito, conoscenza profonda dei problemi degli individui e della collettività, della sua forza di persuasione, infine dello spirito divino che la guida, si diffonde così nei vari Paesi d'Europa, di cui è stata dichiarata compatrona. E anche i detentori del potere chiedono e sollecitano il suo consiglio. Papa Urbano vi, che aveva conosciuto Caterina ad Avignone al tempo in cui era arcivescovo, la chiama a Roma, sotto attacco dei ribelli scismatici seguaci del sanguinario Robert de Genève, divenuto antipapa con il nome di Clemente VII, affinché rincuorasse i timorosi cardinali. Per nulla intimorita dalla situazione di grave pericolo che incombeva sulla Chiesa e neppure dall'eccezionale uditorio, Caterina, sorretta dalla sua granitica fede, riesce a infondere la luce della fede ai cardinali in quel triste e oscuro momento della storia, esortandoli ad avere una forte costanza, affermando che, particolarmente nei momenti di sofferenza della Chiesa, opera sempre la divina provvidenza.

Il discorso di Caterina fu così convincente che il Pontefice, ammirato della forza della sua fede, esclamò rivolto ai cardinali: «Vedete, o fratelli, quanto davanti al Signore ci troviamo degni di essere ripresi dei nostri timori. Questa donnicciola ci confonde. La chiamo donnicciola non per disprezzo, ma per indicare il sesso a cui appartiene, che di per sé è debole, e per il nostro incoraggiamento. Per natura, lei dovrebbe temere anche quando noi ci sentissimo ben sicuri, invece siamo noi che temiamo e lei no; anzi ci dà coraggio con le sue persuasioni».

L'importanza della fede nella vita di Caterina è ben scolpita nella lode che la stessa santa scrive al termine della sua principale opera, Dialogo della Divina Provvidenza: «Nel lume della fede acquisto la sapienza, nella sapienza del Verbo del tuo Figliuolo; nel lume della fede so' forte, costante e perseverante; nel lume della fede spero: esso non mi lasci venire meno nel cammino. Questo lume m'insegna la via e sanza questo lume andrei in tenebre: perciò ti chiesi, Padre Eterno, che tu m'allumasti del lume della santa fede».



(L'Osservatore Romano 29 aprile 2012)


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[SM=g1740758] Io, Catharina. La devota di Maria (Parte 5)

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da Donna a donna

per condurre

all’unico Uomo che salva.

La mariologia in Caterina da Siena

 

 

Nel tempo di Santa Caterina da Siena, la mariologia non era ancora uno studio effettivo nella Chiesa. Dai Padri, dai santi, dai Dottori la Chiesa apprendeva un magistero tipicamente “mariano” che costituiva una sorta di catechismo su Maria, la Madre di Dio. C’è sempre stata la convinzione che i Domenicani, con san Tommaso D’aquino, fossero contrari per esempio all’Immacolata Concezione. In verità, lo stesso Aquinate non si era mai impegnato in questo studio, ma proprio gli estratti di Santa Caterina da Siena su Maria Santissima ci dimostrano come i Domenicani credevano  nell’Immacolata. Se il dogma era ben lontano dall’essere proclamato, tutta la Chiesa in sostanza lo viveva. Santa Caterina ci svela poi i suoi “segreti” per un itinerario mariano che ha come scopo la conformazione alla Volontà di Dio.  

 

di Dorotea Lancellotti

Di santa Caterina da Siena qualcosa abbiamo già spiegato. Abbiamo parlato del Dialogo, di Avignone, del suo amore per la Chiesa e per il Papa –  “Dolce Vicario di Cristo in terra, il Babbo mio dolce”, nelle parole della santa – della dottrina del Sangue, del Crocefisso, ma non abbiamo parlato ancora della sua mariologia, che merita un articolo a parte.

Per approfondire l’argomento, ci faremo aiutare, oltre che dal suo principale biografo, il beato Raimondo da Capua O.P., anche da un libro del 1996 di padre Carlo Riccardi, vincenziano, deceduto nel 2006 e grande discepolo della nostra santa. Con questo articolo desideriamo ringraziarlo per la lunga bibliografia dedicata alla nostra patrona, che troverete nelle edizioni Cantagalli, e ricordarlo nei suffragi.

CATERINA HA COMPRESO DA SUBITO L’IMPORTANZA DI MARIA PER LA CHIESA

Per Caterina, come ama Maria non ama nessun’altra creatura.

“Nessuno ha mai amato o ameràtanto Dio e il prossimo come Maria”: da questa affermazione teologica si diparte la vera devozione mariana e l’autentica mariologia. Maria è un mare di fuoco, d’amore, di pace: santa Caterina prende alla lettera il modello che la Chiesa le propone nella Madre di Cristo e meravigliosamente riflette e rivive in lei quel mare di fuoco, d’amore, di pace. La santa senese è, se vogliamo, colei che maggiormente aveva compreso la funzione materna di Maria nella Chiesa e nei confronti di tutta l’umanità già sul finire del 1300.

Studiando attentamente la vita della Patrona d’Italia e rovistando fra i suoi scritti, c’è tanto di quel materiale mariano che può aiutarci a comprendere l’errore di una mariologia modernista che pretenderebbe un abbassamento di livello nei confronti di Maria stessa, anziché portare l’uomo ad elevarsi alle sue altezze…

Caterina ci insegna invece questo “elevarsi”, ossia sollevare l’anima verso il modello per eccellenza che è Gesù stesso, seguendo la Madre, immagine della sua azione materna nella Chiesa e attraverso la Chiesa.

Caterina non ha scritto alcun trattato, nemmeno interno al Dialogo, che parli espressamente o solamente di Maria Santissima o del suo ruolo, ma Ella è sempre presente in tutti i suoi Scritti: è dentro ogni suo concetto, nelle Lettere, dentro tutte le sue orazioni.

MARIA OFFRE L’OBLAZIONE PIÙ GRANDE AL PADRE: IL FIGLIO

La “Via Crucis” della Madre insieme al Figlio

Scrive santa Caterina nel commentare la Passione di Gesù sulla Croce: “Oh Amore dolcissimo! Questo fu quel coltello che trapassò il Cuore e l’anima della divina Madre. Il Figliuolo era percosso nel Corpo e la Madre similmente, perché quella carne era di Lei. Ragionevole cosa era che, come cosa sua, Ella si dolesse, perché Egli, l’Amato Figliuolo aveva tratto da Lei quella carne immacolata“.

Queste parole di santa Caterina, oltre alla bellezza formale, sono importantissime per screditare chi discute ancora contro il dogma dell’Immacolata. La santa, infatti, cresciuta e formata alla scuola dell’Aquinate e domenicana fino le midolla, esprime già quello che era teologicamente assunto da tutta la Chiesa riguardo ad una concezione ampia sull’Immacolata stessa.

Il dolore di Maria

Sì. Anche Maria fu straziata nel suo stesso corpo dalle ferite del Figlio. Santa Caterina vuole fermare la nostra attenzione su quelle ferite – la dottrina del sangue – quasi che queste, prima di giungere al Figlio, avessero trapassato Lei anche fisicamente. É l’oblazione della Vergine, che prodigiosamente è anche Madre: è la Sua offerta consapevole al Padre di quell’unico Figlio che prodigiosamente Le era stato dato e che ora le veniva tolto. Maria è l’Addolorata. Si parla spesso, in un dibattito sempre aperto, di Maria “Corredentrice”: i Santi ne sono certi, non hanno dubbi su questo, mentre fra i teologi la disputa è accesa.

LA SUA DEVOZIONE A MARIA INIZIA FIN DA BAMBINA

Quanto amore nelle parole di Caterina per Maria…

Santa Caterina chiamava la Beata Vergine Maria: “dolcissimo Amore mio!”. Ritroviamo questa espressione in molte orazioni e in molti passi, nei quali ella intende rivolgersi a Lei. Quando cominciò, Caterina, a comprendere il ruolo di Maria, e quando cominciò a rivolgersi a Lei nella preghiera?

Come in ogni famiglia coerentemente cattolica, la santa senese ricevette in casa la prima educazione religiosa ella. Vale la pena di leggere un passo del suo biografo, il beato Raimondo, che descrive i primi passi “verso Maria” della piccola Caterina: “A cinque anni, imparata in famiglia la Salutazione angelica (l’Angelus), la ripeteva più volte al giorno senza che nessuno glielo chiedesse, e ispirata dal cielo, come lei stessa più volte mi ha detto in confessione, cominciò a salutare la Vergine Maria salendo e scendendo le scale, e inginocchiandosi a ogni scalino…” Questa “Salutazione” la ritroviamo in tutte le Lettere di Caterina che comincia con queste parole: “Al nome di Cristo Crocefisso e di Maria dolce…” Sarà opportuno per noi tutti, sopratutto per i genitori, rivalutare l’educazione religiosa e di preghiera in famiglia!

QUELLA SPLENDIDA PREGHIERA AL “TEMPIO DELLA TRINITÀ” E LA DIFESA DELLA VITA

Maria e Caterina. Un solo amore: la Trinità.

La più alta espressione devozionale e teologica che santa Caterina riesce ad esprimere su Maria Santissima è nella Orazione XI, che non è solo una delle più belle preghiere che una donna abbia mai scritto alla “Benedetta fra tutte le donne”, ma è anche un concentrato di purissima mariologia nella quale è racchiuso il tesoro della Tradizione stessa della Chiesa.

Scritta per la Festa dell’Annunciazione nel marzo 1379, ecco cosa dice: “Tu, o Maria, sei diventata un libro, nel quale, oggi, viene scritta la nostra regola. In te è oggi scritta la sapienza del Padre. In te si manifesta oggi la dignità, la fortezza e libertà dell’uomo…

Si rivolge alla Tuttasanta chiamandola “Tempio della Trinità, portatrice di fuoco, porgitrice di misericordia, germinatrice del frutto, ricomperatrice  de l’umanità, donatrice di Pace, carro di fuoco… libro nel quale troviamo la nostra regola“. Per trattare teologicamente ogni termine usato dalla santa senese, occorrerebbero centinaia di volumi, ma a noi basta sapere che questi termini sono patrimonio stesso della nostra Tradizione viva e che sempre hanno nutrito e dottrinalmente sostenuto molti santi in tutto il percorso storico della Chiesa fino ai giorni nostri. Basti citare uno per tutti, un’altro Terziario domenicano (perdonate la partigianeria): san Luigi M. Grignon de Montfort, con i suoi Trattato della vera Devozione a Maria e il Segreto ammirabile del santo Rosario, dove troviamo simili termini. Si trovano, però, anche in san Bernardo o in sant’Alfonso M. de’ Liguori e in tanti altri nomi.

Sì alla vita.

Analizzando ancora questa preghiera, possiamo confermare la sua attualità riguardo alla difesa della vita umana, tema così scottante in questo tempo in cui l’aborto è considerato un diritto. Scrive santa Caterina: “Se io considero il grande tuo consiglio, Trinità eterna, vedo, che nella tua luce vedesti la dignità e la nobiltà dell’umana generazione. Per cui, come l’amore ti costrinse a trarre l’uomo da te, così quel medesimo amore ti costrinse a ricomprarlo, essendo egli perduto. Ben dimostrasti che tu amasti l’uomo prima che egli fosse, quando tu lo volesti trarre da te, solo per amore; ma maggiore amore gli mostrasti, dando te medesimo, rinchiudendoti oggi nel vile saccuccio  della sua umanità. E che più gli potevi dare, che dare te medesimo?” Per la nostra santa Patrona, nel momento in cui Maria diveniva Madre del Verbo, diventava Essa stessa “paciera”, ossia, riconciliatrice dell’umanità con Dio Padre, Avvocata, come dicevano i Padri della Chiesa: per cui ogni vita concepita e per tanto già riscattata dal sangue del Figlio sulla Croce è da ritenersi “un figlio che Maria vuole portare a Gesù”. Ogni concepito è già un riscattato e quindi da amare incondizionatamente, un “figliol prodigo” di cui Ella si fa Avvocata, riconciliatrice verso il Figlio e, come suggerisce la Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, Lumen Gentium: una moltitudine di fratelli, cioè di fedeli, e alla cui nascita e formazione Maria coopera con amore di Madre

LA CREAZIONE SOSPIRA IN ATTESA DEL SÌ DI MARIA

All’annuncio dell’angelo, tutti attendono il sì di Maria.

L’umiltà di Maria è, nel pensiero cateriniano, in questa stupenda Orazione XI, la massima espressione dell’amore della Santissima Trinità per l’Uomo. Maria ne è l’interprete perfetta, è l’umiltà stessa incarnata. Santa Caterina scrive: “Aspettava alla porta della tua volontà, che tu gli aprissi, perché voleva venire in te; e giammai non vi sarebbe entrato se tu non Gli avessi aperto dicendo: Ecco l’ancella del Signore, sia fatto in me secondo la tua parola. Picchiava, o Maria, alla tua porta la Deità Eterna, ma se tu non avessi aperto l’uscio della tua volontà, Dio non si sarebbe incarnato in te.”

C’è da rimanere senza fiato! C’è una bellissima immagine che ci proviene dalla patristica in cui questa attesa del “Fiat” di Maria descrive una umanità anch’essa in attesa, Cielo e Terra avvolti in un silenzio ansioso e fiducioso, tutti con lo sguardo rivolto verso l’umile Ancella: come risponderà? Dalla Sua risposta dipendeva la nostra sorte! Pronunciato quel meraviglioso “Fiat”, Cielo e Terra si rallegrarono tirando un sospiro di sollievo: l’attesa era finita, l’umanità avrebbe ricevuto il suo riscatto, il Cielo e la Terra si sarebbero ritrovate dopo la triste separazione dal peccato di Adamo…

La richiesta con l’annuncio, che l’Arcangelo Gabriele le porta, avvolge Maria stessa nell’umiltà di Dio: “In te ancora, o Maria, si dimostra oggi la fortezza e la libertà dell’uomo; perché dopo la deliberazione di tanto e sì grande consiglio, è stato mandato a te l’angelo ad annunciarti il mistero del Consiglio Divino, e cercare la tua volontà; e non discese nel ventre tuo il Figliuolo di Dio, prima che tu consentissi con la volontà tua“. Ciò che fa appassionare Caterina a tutto l’evento non è l’idea di un “peso” che Maria deve portare: al contrario, la Sua beatitudine le deriva da quel “Sì” incondizionato pronunciato con il libero arbitrio…

Ecco che per santa Caterina questo è motivo di gioia: questa volontà affidata al Progetto di Dio è la nostra autentica libertà, non è un peso, al contrario è il vero motivo per cui essere pienamente felici, pienamente realizzati. Qui le catene vengono spezzate perché la volontà dell’uomo può ora alimentarsi di quel “Fiat” facendolo proprio. Qui comincia il nostro cammino di autentica conversione: ma non siamo soli, l’umile Ancella si è messa al nostro servizio perché Dio “l’ha colmata di ogni grazia” che Lei riversa continuamente su di noi!

UN MONITO SEMPRE ATTUALE PER NOI

Caterina rimproverava se stessa. E noi.

Santa Caterina chiude la preghiera con queste parole: “Vergognati anima mia, vedendo che Dio oggi si è imparentato con te in Maria: oggi ti è dimostrato, che benché tu sia stata fatta senza te, non sarai salvata senza te”.

Caterina – forte dell’insegnamento agostiniano nel quale vi è la meravigliosa ammonizione: “e il nostro cuore è inquieto, fino a quando non riposa in Te” – dirige a sé quel “vergognati”, esprimendo uno di quei suoi rimproveri alla propria anima “troppo lenta” nel corrispondere alla grazia divina! Questo può apparirci forse esagerato, conoscendo la santità della “Fortissima Donna d’Italia”, ma sicuramente è un monito anche per noi oggi, una sollecitazione a “non perdere tempo, orsù non più dormite“, come spesse volte ella scrive nelle sue Lettere infuocate d’azione.

Difficile esaurire in poco spazio le meditazioni che questa preghiera ci offre. Ci sarebbe da collegarla alle tante preghiere della Chiesa, quelle recitate fin dai primi secoli, come il Sub tuum praesidium o come le invocazioni di san Bernardo… Ci auguriamo che vogliate continuare voi stessi su questo percorso.

CHE DIFFERENZA CON CERTA MARIOLOGIA MODERNA!

Le Tavole della Legge. Le vediamo concretamente in Maria.

“O Maria, dolcissimo amor mio, in te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita, Tu sei la tavola, che ci porgi quella dottrina”. Incredibile il parallelismo che possiamo riscontrare con quelle Tavole della Legge che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai! Qui santa Caterina dimostra davvero quanto la Scienza Infusa abbia lavorato in lei, quanto la Divina Sapienza le abbia suggerito, come l’abbia ispirata…

A differenza di certa mariologia modernista, tutta intrisa di immagini materialiste, Caterina ripercorre in queste due righe tutto il percorso delle Scritture: ora è Maria la Tavola sulla quale è scritta la Legge dell’Amore, quel Comandamento che Gesù lasciò quale fondamento di tutti gli altri. Gesù –  specificando che non era venuto per abolire la Legge, ma per portarla a compimento – la raccolse nel Comandamento dell’Amore testimoniato sulla Croce: ora in Maria noi possiamo “leggere” questo Amore, perché questo prende vita. Ha preso vita nell’Incarnazione: Maria è come un “libro scritto da Dio”. I santi dicono di Maria che è il capolavoro di Dio, il progetto riuscito di Dio, nel quale noi possiamo comprendere Gesù Cristo. Tutto in Maria, infatti, è in funzione di Gesù: chi segue Maria, arriva a Gesù; chi legge Maria, comprende Gesù e la Sua missione redentrice.

Di quale “dottrina” parla dunque Caterina e che possiamo trovare in questo “libro”? La dottrina della Croce, sulla quale è stato inchiodato questo Amore: la Croce è la prima parola che troviamo scritta in questo libro che è Maria Santissima! Santa Caterina spiega che l’Amore senza la Croce non sarebbe vero amore, non sarebbe nulla, non sarebbe Dio. Perciò la dottrina dell’Amore è la Croce stessa e lo conferma Gesù quando dice: “per questo sono venuto!”; è venuto per abbracciare la Croce, per salirci sopra e lasciarsi inchiodare perché, continua santa Caterina, “l’Amore potesse essere riversato su tutta l’umanità”. In quale modo poteva essere riversato? Attraverso il sangue, attraverso quel costato spalancato, spiega santa Caterina, l’Amore, dissolto col sangue divino, è stato copiosamente riversato su ogni uomo!

“Perché si trova il fuoco nel sangue? Perché il sangue fu sparto con ardentissimo fuoco d’amore. O glorioso e prezioso Sangue, tu se’ fatto a noi bagno, e unguento posto sopra le ferite nostre. Veramente, figliuola mia, egli è bagno; ché nel bagno tu trovi il caldo e l’acqua, e il luogo dove egli sta”. (Lettera 73)

Qui ritorna alla mente quell’amore passionale di Caterina per l’Eucaristia.

AMARE TUTTI COME MARIA

Caterina: con l’amore nel cuore…

Ecco perché Caterina amava tutti incondizionatamente: amava ogni essere da Dio creato uomo, donna, bambino, adulto, religioso o laico, italiano o estero, sano o malato, signore o plebeo, peccatore o santo. Questa sua realtà non è dovuta soltanto alla pratica del Vangelo o ad una dimostrazione attivista e pacifista del problema dell’uomo. La santa senese considera e contempla l’essere in tutto e nel quale è incessantemente riversato l’amore di Dio creatore e scopo ultimo del cammino dell’anima! Perciò tutti gli esseri hanno la medesima dignità e per tutti Caterina ha riverenza. Ciò che in essi si trova di positivo, dipende e deriva da Dio. Perciò, sotto questo aspetto, tutti hanno la loro fondamentale dignità! Così come deve essere denunciato ogni errore ed ogni forma di peccato. Che inganna l’uomo, lo rende schiavo ed infelice, e conduce la sua anima alla dannazione eterna: una fine irragionevole per santa Caterina che non si dà pace per poter indirizzare le anime verso il loro raggiungimento ultimo. Tutto questo, spiega Caterina, lo troviamo in Maria, in quel “Fiat” ma, soprattutto mettendoci alla Sua sequela, è Lei stessa a parlarci del Figlio, Lei stessa a non permettere che la nostra anima si perda in questo cammino!

Non far più resistenza allo Spirito Santo che ti chiama, e non spregiare l’amore che di te ha Maria” (Lettera 15). Queste parole Caterina le scrive ad un giudeo di nome Consiglio, a dimostrazione di come il suo interesse verso tutti non guarda la condizione o la provenienza, ma lo stato dell’anima. C’è un grande interesse anche per quelle anime che ancora non fanno parte della Chiesa: Maria ha una maternità che va ben oltre, ha un compito che non riguarda solo “noi” battezzati. Senza dubbio da noi comincia affinché ci facciamo portatori di questa Legge dell’Amore di Dio: è in fondo la cosiddetta “nuova evangelizzazione”, rilanciata dal papa merito Benedetto XVI con l’indizione di un Anno della fede. Noi siamo i “nuovi” evangelizzatori e dobbiamo portare agli uomini questo “libro” nel quale è scritta la nostra dottrina: confidate, ripete santa Caterina, perché Maria dolce sarà per voi sempre, Ella ci rappresenta, ci ammaestra e ci dona al dolce Gesù, Figliuolo Suo.

Il Figlio e la Madre: sempre insieme.

A tal proposito vi consigliamo di leggere la Lettera 342 nella quale Caterina spiega come Maria si identificò con la volontà del Signore e di come fosse Ella stessa desiderosa di cooperare al compimento di questa volontà sollecitando anche noi, oggi, a percorrere questa strada. Maria ai piedi della Croce è madre della nostra Salvezza, che è Gesù Cristo. Di conseguenza il Figlio e la Madre sono inseparabili. Nella Orazione XI sopra analizzata rammentiamo le parole della Santa quando dice, a proposito della redenzione dell’uomo: “…Cristo lo ricomprò con la sua passione, e Tu col dolore del corpo e della mente“. Maria nella Chiesa, per tanto, compie un ruolo decisivo e fondamentale: offre una cooperazione, per quanto possibile a una creatura umana (corpo, anima e mente, forza di volontà, desiderio), all’opera della Redenzione e tale cooperazione Le riesce in quanto “piena di grazia”. Di questa pienezza tutti beneficiamo, o, meglio, ne beneficia chi a Lei ricorre, e chi verso di Lei è portato, collaborando, a sua volta, a tale Progetto divino…

IL SEGRETO DI CATERINA

In fiduciosa preghiera.

Come è possibile per noi, oggi, percorrere queste vie appena tracciate e corrispondere correttamente all’insegnamento di Caterina, seguendo la Madre di Dio?

Il segreto di Caterina è l’obbedienza. Per lei l’obbedienza è il cuore di ogni virtù che “ogni creatura che ha in sé ragione, non può disconoscere“. Oggi l’obbedienza è vissuta come un peso a causa di una falsa cultura che impone il “voglio tutto”, il diritto di avere, dimenticando che abbiamo di occuparci innanzi tutto dei doveri…. Obbedire, spiega nel Dialogo, significa esercitare i doveri, mentre paragona i diritti a dei doni e, parafrasando il Vangelo rammenta: cercate prima le cose di lassù e la giustizia di Dio, il resto è in più… La giustizia di Dio è il dovere!

Caterina paragona tale virtù ad una chiave da tenere sempre attaccata alla cintura con una funicella…

Dove si trova questa obbedienza? sembra chiedere Caterina.  Si trova nel Divin Verbo, le risponde la Provvidenza, che per compierla ed offrirtela corse all’obbrobriosa morte di Croce.

E chi ce la può togliere? chiede con sacro timore la Santa: la superbia, risponde la Provvidenza, l’amor proprio, e via via tutti i vizi. La disobbedienza infatti fa perdere l’innocenza giacché, per disobbedire, la creatura deve compiere una scelta, e dall’innocenza cade nell’immondizia, dall’immondizia cade nella miseria…

Come posso nutrirla? domanda Caterina: con l’umiltà!, risponde la Provvidenza. L’umiltà è la balia e nutrice dell’obbedienza e tale nutrimento conduce alla vera Carità. La veste che questa nutrice usa per coprirla è il “morire a se stessi” perché Io – dice la Divina Provvidenza – possa regnare, è farsi da parte perché Io possa diventare desiderio di ogni creatura.

Il tutto trovi nell’Unigenito Mio Figliuolo, in Cristo Dolce, Gesù Amore, chi si avvilì più di Lui? Chi fu paziente più di Lui? Chi più Agnello di Lui?

Infine per santa Caterina l’obbedienza è “paciera che unisce i disordinati”. L’arma per esercitare l’obbedienza, nutrirla, mantenerla, fortificarla è l’orazione, la preghiera soprattutto, quella rivolta alla Vergine Maria.

NON DEVOZIONISMO: VERA AMORE PER MARIA

Una delle tante devozioni con i quali i fedeli cattolici hanno voluto, in tutti i tempi, essere vicini a Maria.

A Te ricorro, Maria, e a Te offro la petizione mia…” Santa Caterina aveva una predilezione particolare per l’Ufficio della Santa Vergine Maria, ogni giorno, e per il Sabato, giorno dedicato alla Vergine Maria, nel quale non perdeva mai la Messa.

Nella Lettera 258 consiglia amorevolmente – santa Caterina non obbliga mai nessuno e non impone (da qui il valore del suo essere fuoco e passione per le anime da convertire) – di dedicarsi a questo: “pregovi che, se voi non lo dite, diciate ogni dì l’officio della Vergine, acciò che Ella sia il vostro refrigerio, e avvocata dinanzi a Dio per voi“. Caterina non obbliga, ma giustamente fa osservare che “se tanto mi dai, tanto ti do…”. Se vuoi una Avvocata che ti difenda davanti a Dio nel giorno della tua morte, non puoi pretendere di averla se in vita l’hai rinnegata o peggio, oltraggiata con la cattiva condotta. Lo stesso Gesù è severo riguardo all’infedeltà: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi” (Lc.9,26) .

Nella Lettera 272 sottolinea che aveva vegliato tutta la notte perchè non vedeva l’ora che giungesse il mattino del sabato dedicato a Maria per andare alla Messa, in questo giorno si esercitava il digiuno e nella Lettera 258 raccomanda: “è sabato, è conveniente digiunare a riverenzia di Maria“…

Santa Caterina non era una “devozionista”. Anzi, la devozione a Maria è qualcosa che va ben oltre alla devozione popolare stessa: per lei è parte integrante del Comandamento dell’Amore e verso il prossimo, l’applicazione del Comandamento stesso. Maria, per Caterina, è il nostro prossimo da coltivare: se Gesù è quel Mendicante al quale è “conveniente” aprire la nostra porta del cuore – spiega santa Caterina – Maria è la Madre mai dissociata dalla sequela del Figlio. Entrambi sono il nostro primo prossimo da amare e sui quali riversare il comandamento dell’Amore per soddisfare pienamente tutti gli altri Comandamenti. Chi non coltiva l’Amore verso Maria, per pigrizia, per negligenza, per rifiuto, non potrà mai aprire la sua porta al Cristo Mendicante e, conclude la santa: le sue opere imputridiscono!

Fatima: Maria catechizza i pastorelli e, attraverso di loro, tutta l’umanità

Facendo un breve cenno all’appello della Madonna a Fatima che dovremmo conoscere, possiamo concludere queste brevi riflessioni con un invito alla recita del santo Rosario: a Fatima Maria ci ha parlato direttamente e ci ha chiesto, personalmente, di ricorrere a Lei attraverso il Rosario quotidiano.

Nella Lettera 333 e 329, scrive santa Caterina: “Col pianto ci leviamo dal sonno della negligenzia, riconoscendo le grazie e benefizii che vecchi e nuovi avete ricevuti da Dio e da quella dolce Madre Maria, per lo cui mezzo confesso che nuovamente avete ricevuto questa grazia(..)

Voglio che tutto virile ti spacci, e rispondi a Maria, che ti chiama con grandissimo amore(..)

Per li meriti di questa dolcissima Madre Maria, noi gusteremo e vedremo Cristo faccia a faccia, perocché tu sempre ti dimostri fedele nell’orazione e nelli Sacramenti, ed alla sua sequela non ti stanchi di obbedire a li Comandamenti…

LE ALTRE PARTI SU CATERINA DA SIENA:

prima parte

seconda parte

terza parte

quarta parte



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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22/04/2014 09:47
 
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LETTERA ENCICLICA 
FAUSTO ASPPETENTE DIE

DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XV


I PATRIARCHI, PRIMATI, 
ARCIVESCOVI, VESCOVI 
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI 
CHE HANNO PACE E COMUNIONE 
CON LA SEDE APOSTOLICA
IN OCCASIONE DEL VII CENTENARIO DELLA MORTE
DI SAN DOMENICO DI GUZMÀN

 

Mentre si avvicina il lieto giorno nel quale, settecento anni fa, Domenico, grande astro di santità, passò dalle miserie terrene alle sedi dei beati, a Noi, che da tempo siamo fra i suoi più ferventi devoti, soprattutto da quando cominciammo a reggere la Chiesa di Bologna, che custodisce con religiosissima pietà le sue ceneri, a Noi — diciamo — giunge la grande gioia di poter esortare da questa Cattedra Apostolica il popolo cristiano a celebrare la memoria di un Santo così illustre. Così facendo, non solo intendiamo soddisfare la Nostra devozione, ma riteniamo anche di adempiere ad un grande dovere di gratitudine verso quel Santo legislatore e l’illustre Ordine da lui fondato.

Infatti, come egli fu del tutto uomo di Dio e veramente Dominicus [cioè: uomo del Signore], così fu tutto della santa Chiesa, la quale ha in lui un invincibile campione della Fede. L’Ordine dei Predicatori da lui istituito fu sempre valido baluardo in difesa della Chiesa Romana. Pertanto, non solo può dirsi che Domenico « fu ai suoi giorni ristoratore del tempio » [1], ma che provvide alla difesa di esso anche per il futuro, avverandosi le parole profetiche che Onorio III scrisse nel confermare l’Ordine nascente: «… i frati del tuo Ordine saranno gli atleti della Fede e veri luminari del mondo ».

Certamente, come tutti sanno, per propagare il regno di Dio, Gesù Cristo non si è servito di nessun altro mezzo all’infuori della predicazione del Vangelo, cioè della viva voce dei suoi araldi che avevano il compito di diffondere ovunque la celeste dottrina. Egli disse: « Insegnate a tutte le genti » [2]. «Predicate il Vangelo ad ogni creatura » [3]. Perciò, mediante la predicazione degli Apostoli e soprattutto di San Paolo, alla quale seguì successivamente l’insegnamento dei Padri e dei Dottori, fu possibile illuminare le menti degli uomini con la luce della verità e infiammare gli animi all’amore di tutte le virtù. Utilizzando in pieno tale sistema per la santificazione delle anime, Domenico propose a se stesso e ai suoi discepoli « di partecipare agli altri il frutto delle proprie meditazioni »; perciò, oltre alla povertà, alla purezza dei costumi e all’obbedienza religiosa, impose agli appartenenti al suo Ordine il santo e solenne dovere di attendere allo studio indefesso della dottrina e alla predicazione della verità.

In realtà, tre sono i caratteri della predicazione domenicana: una grande solidità di dottrina, una fedeltà assoluta alla Sede Apostolica ed una singolare devozione verso la Vergine Madre.

Infatti, quantunque Domenico si sentisse chiamato alla predicazione fin dai suoi teneri anni, tuttavia egli non si accinse a questa missione se non dopo avere arricchito nell’Università di Palencia il suo intelletto nelle scienze filosofiche e teologiche, e, sotto la guida dei santi Padri, dopo avere largamente bevuto alle fonti della Sacra Scrittura e specialmente di Paolo. Ben presto si vide quanto fosse profonda la sua dottrina quando egli iniziò le sue dispute contro gli eretici: quantunque questi facessero ricorso a tutti i mezzi e alle più ardite sottigliezze dottrinali per combattere i dogmi della Fede, tuttavia era meraviglioso vedere come egli li confutasse e li respingesse. Ciò si verificò soprattutto a Tolosa, nella città considerata allora il centro e la capitale dell’eresia, dove erano convenuti i più dotti avversari. È concorde la testimonianza degli storici che egli, insieme con i suoi principali compagni, potenti in opere ed in parole, tenne fronte all’insolenza dell’eresia; e non solo impedì che essa si propagasse, ma con la sua eloquente carità addolcì così gli animi che ricondusse migliaia di eretici al seno della Madre Chiesa. Iddio stesso gli venne visibilmente in aiuto mentre combatteva per la Fede; come quando, avendo raccolto la sfida lanciatagli dagli eretici di gettare ciascuno nel fuoco il proprio libro, solo il suo non fu toccato dalle fiamme, restandone inceneriti tutti gli altri. Così, per opera di Domenico, l’Europa fu liberata dal pericolo dell’eresia Albigese.

Egli volle pure che i suoi figli fossero dotati ampiamente di solida dottrina.

Infatti, appena ottenuta dalla Sede Apostolica l’approvazione del suo Ordine e la conferma del nobile titolo di Predicatori, egli fondò i suoi conventi il più vicino possibile alle più celebri Università, affinché più facilmente i suoi alunni potessero dedicarsi ad ogni genere di studi, e un maggior numero di studiosi si aggiungesse a questa nuova famiglia. In tal modo l’Istituto Domenicano ebbe fin da principio la caratteristica di Ordine dotto, e fu costantemente sua cura precipua di risanare i guasti profondi causati dai vari errori e di diffondere la luce della Fede cristiana, dato che nessuna cosa riesce di maggiore ostacolo alla eterna salvezza quanto l’ignoranza della verità e il pervertimento delle opinioni. Non deve pertanto stupire se tutti restarono colpiti e conquistati da questa nuova forma di apostolato, la quale, mentre si basava saldamente sul Vangelo e sulle dottrine dei Padri, tuttavia si faceva apprezzare per la vastità delle cognizioni in ogni disciplina.

Sembrò addirittura che la stessa sapienza di Dio si manifestasse attraverso la parola dei frati domenicani, quando il nuovo Ordine ebbe predicatori ed assertori della Fede Giacinto di Polonia, Pietro Martire, Vincenzo Ferreri, e uomini prestigiosi per ingegno e dottrina come Alberto Magno, Raimondo da Pennafort e Tommaso d’Aquino, quel gran figlio di Domenico, per mezzo del quale specialmente si può dire che « Dio illuminò la sua Chiesa ».

Perciò quest’Ordine fu sempre tenuto in grandissimo conto per il suo insegnamento della verità, e conseguì un altissimo onore quando la Chiesa fece sua la dottrina di Tommaso, salutando questo Dottore con i più insigni elogi dei Pontefici, e lo assegnò alle scuole cattoliche come maestro e patrono.

Insieme a sì fervido zelo nel custodire e difendere la Fede, Domenico nutriva un profondo ossequio verso la Sede Apostolica. È noto infatti che essendosi egli inginocchiato dinanzi a Innocenzo III per consacrare tutte le sue energie alla difesa del Romano Pontificato, nella susseguente notte quel Nostro Antecessore vide in sogno Domenico sostenere vigorosamente coi suoi omeri la Basilica del Laterano vacillante. È altresì conformato dalla storia che mentre Domenico attendeva alla formazione dei suoi primi religiosi, pensò di raccogliere intorno a sé dei laici pii e devoti per creare una santa milizia che lavorasse alla difesa dei diritti della Chiesa e contemporaneamente resistesse validamente all’eresia. Da qui ebbe origine il Terz’Ordine Domenicano, il quale, diffondendo la pratica della perfezione cristiana in mezzo ai secolari, veniva a dare alla madre Chiesa un appoggio e un valido aiuto.

Tramandato dal Fondatore, l’attaccamento a questa Cattedra passò in eredità ai discepoli. Perciò, ogni volta in cui per il dilagare degli errori le menti umane erano smarrite o la Chiesa fu travagliata da rivolgimenti popolari o da prepotenze di prìncipi, questa Sede Apostolica trovò nei Domenicani dei validi patrocinatori della verità e della giustizia che l’aiutarono a conservare il prestigio della sua autorità. E chi non sa quanto sia stato ammirevole a questo riguardo la condotta di quella discepola di Domenico, Caterina da Siena, la quale, animata dalla carità di Gesù Cristo, superando incredibili difficoltà, ottenne quello che nessuno aveva potuto conseguire: persuadere cioè il Sommo Pontefice a far ritorno, dopo 70 anni, alla sua sede di Roma; e, lavorando successivamente, mentre la Chiesa d’Occidente era lacerata da un funesto scisma, a mantenere nella fede un gran numero di cristiani, obbedienti al legittimo Pontefice?

Infine, pur tacendo di altri fatti gloriosi, non si può ignorare che dalla famiglia Domenicana sono usciti quattro Pontefici Romani di grande fama, l’ultimo dei quali, San Pio V, rese immortali servizi alla cristianità e alla società civile quando, dopo insistenti esortazioni, unì in alleanza le forze militari dei prìncipi cattolici alle proprie, e sconfisse per sempre, presso le isole Curzolari, le forze dei Turchi con l’auspicio e l’aiuto della Vergine Madre di Dio, che, a seguito di quell’avvenimento, ordinò fosse invocata quale « Aiuto dei Cristiani ».

Questo episodio mette in splendida luce il terzo elemento che, come dicemmo, caratterizza la predicazione dei Domenicani: la particolarissima devozione verso la grande Madre di Dio. In proposito si narra che il Pontefice apprese per divina visione la vittoria di Lepanto nello stesso momento in cui avveniva, e mentre in tutto il mondo cattolico le pie confraternite invocavano Maria con la preghiera del santissimo Rosario, che il Fondatore dei Predicatori aveva istituita e che in seguito aveva diffuso in tutto il mondo attraverso i suoi discepoli. Infatti, amando la beatissima Vergine con affetto filiale e confidando al massimo grado nel suo patrocinio, Domenico si accinse a sostenere la causa della Fede. Pertanto, nella lotta contro gli eretici Albigesi, i quali, tra le altre verità della Fede, negavano la divina maternità e la verginità di Maria con tantissime ingiurie, egli, nel difendere strenuamente questi dogmi, invocava spessissimo il soccorso della stessa Vergine Madre con queste parole: « Considerami degno che io ti possa lodare, o santissima Vergine; dammi la forza contro i tuoi nemici ».

Con quanta benevolenza la Regina dei cieli corrispondesse alla pietà del suo servo, lo si può facilmente comprendere dal fatto che Ella si servì di lui per insegnare alla Chiesa, sposa di suo Figlio, il suo santo Rosario; cioè quella preghiera che essendo contemporaneamente vocale e mentale — per l’intreccio della meditazione sui principali misteri della religione accompagnata dalla recitazione di quindici Pater e di altrettante decine di Ave Maria — è adattissima ad eccitare e a mantenere nel popolo la carità ed ogni virtù. Quindi giustamente Domenico prescrisse ai suoi discepoli, quando predicavano la parola di Dio, di inculcare spesso e con impegno negli animi degli uditori questa forma di preghiera, della quale conosceva pienamente l’utilità. Sapeva infatti che Maria, per una parte, aveva tanto potere presso il suo Figlio divino che questi concede grazie all’umanità se non attraverso la mediazione e la decisione di Lei, e dall’altra che Ella è per natura così benigna e clemente che, essendo solita a soccorrere spontaneamente gl’infelici, non può assolutamente rifiutare il suo aiuto a coloro che lo chiedono. Pertanto, Colei che la Chiesa saluta abitualmente quale « madre di grazia e madre di misericordia », si è sempre rivelata tale, soprattutto quando si è pregato tramite il Rosario. Conseguentemente, i Pontefici Romani non tralasciarono alcuna occasione per esaltare con somme lodi il Rosario Mariano e per arricchirlo con i tesori dell’Indulgenza Apostolica.

Per la verità — come voi stessi comprendete, Venerabili Fratelli — l’Ordine Domenicano non è attualmente meno opportuno di quanto lo fosse ai tempi del suo Fondatore. Quanti sono, anche oggi, coloro che per mancanza del pane della vita, che è la celeste dottrina, periscono d’inedia; quanti, in mezzo a tanti errori, ingannati da una parvenza di vero, si allontanano dalla Fede! E come potrebbero i sacerdoti, col ministero della divina parola, provvedere come si conviene a tutti questi bisogni, se non fossero pieni di zelo per la salute delle anime e ben preparati nelle scienze divine? Senza dire che non pochi sono gli ingrati e gli immemori fra i figli della Chiesa, i quali per ignoranza o per cattiva volontà, avversando il Vicario di Gesù Cristo, devono essere ricondotti all’amplesso del Padre comune! A sanare pertanto codesti ed altri mali di ogni genere di questo secolo, abbiamo bisogno della materna protezione di Maria!

Perciò i Domenicani hanno dischiuso davanti a sé un campo d’azione quasi infinito, dove possono operare in modo assai utile per il bene comune. Conseguentemente Noi esortiamo quanti appartengono a tale Ordine a rinnovarsi in queste feste centenarie sul modello del loro santo Fondatore, e a diventare sempre più degni del loro grande Padre. Ovviamente, coloro che appartengono al primo Ordine daranno l’esempio, in proposito, agli altri, applicandosi con sempre maggior zelo alla predicazione della parola di Dio al fine di aumentare l’ossequio al successore di San Pietro, la devozione alla Vergine Madre e la conoscenza della verità. Ma anche dai Terziari Domenicani molto si aspetta la Chiesa se, conformandosi sempre più allo spirito del loro Patriarca, cercheranno d’istruire i figli del popolo nella dottrina cristiana. Noi desideriamo e Ci auguriamo che molti di loro si dedichino con assiduità a tale apostolato: si tratta infatti di cosa della massima importanza per la salvezza delle anime. Infine vogliamo che tutti i seguaci di Padre Domenico si prendano una cura speciale affinché il popolo cristiano renda abituale, ovunque, la pratica del Rosario Mariano, che Noi stessi, seguendo l’esempio dei Nostri Predecessori, e specialmente di Leone XIIIdi felice memoria, per l’occasiono raccomandiamo vivamente in questi tempi calamitosi. Se ciò avverrà, riterremo assai fruttuosa la celebrazione di questa ricorrenza centenaria.

Frattanto, in auspicio delle grazie divine e quale testimonianza della Nostra benevolenza, impartiamo, Venerabili Fratelli, con tanto affetto nel Signore, l’Apostolica Benedizione a voi, al vostro clero e al popolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 29 giugno 1921, festa dei Prìncipi degli Apostoli, nell’anno settimo del Nostro Pontificato.

 

BENEDICTUS PP. XV 

 


[11 Eccli, L, 1.

[2]Matth. XXVIII, 19.

[3Marc. XVI, 15.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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28/04/2014 11:34
 
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Io, Catharina. La papista (parte 3)

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s. Caterina davanti al Papa

 

IO, CATHARINA

 

terza parte:

LA PAPISTA

È Dio che ha separato lo Stato dalla Chiesa: perchè lo Stato la serva. La prima e l’ultima donna che parla al concistoro: “Il papa non tema se anche tutto il mondo gli è contro”. Caterina ai tempi dello scisma: “Il volto della Chiesa insudiciato per le impurità e la superbia” del clero. Caterina impugna spada e rosario, e incita il papa alla crociata. “Rivolgete contro i nemici della fede quelle armi che fino ad oggi avete usato per assassinarvi l’un l’altro”. Guerra contro gli infedeli sì; contro gli eretici no: “perchè sono cristiani”…sempre che non siano catari. “Coloro che sono posti nel giardino della santa Chiesa come fiori odoriferi; e noi vediamo che essi appuzzano tutto quanto il mondo”. “Il papa lavi il ventre della Chiesa”: ossia sradichi la corruzione del clero… o lo farà Dio con la tribolazione. Il pastore preghi e soffra per il gregge peccatore; in caso lo “percuota”. L’ultima profezia di Caterina: sul futuro turbolento della Chiesa

 

 

 

 IN BREVE

Il maestro Raimondo e Caterina erano a Pisa nel 1375. Parlando un giorno della ribellione di Perugia al papa e vedendo il suo confessore afflitto, Caterina gli dice: <<Padre mio carissimo, cominciate a piangere troppo presto, poiché quello che vedete oggi è latte e miele in confronto a ciò che avverrà in seguito>>.  E lui rispose: <<Quali mali possono essere più gravi del disprezzo e della ribellione al capo pastorale (il papa) e civile del popolo cristiano?>>. Ecco la replica della santa: <<Padre mio, oggi fanno questo i secolari e i laici, ma fra non molto vedrete quanto peggio faranno gli ecclesiastici contro il Sommo Pontefice e contro l’unità della Chiesa di Dio>>. Qui la santa si riferisce alla riforma contro i costumi e i vizi nel clero. Fra’ Raimondo riporta come questa profezia si sia avverata sotto Urbano VI. Poi Caterina avvisò il padre dello scisma ed anche questo si avverò. Il padre chiese: <<Madre carissima, non potreste dirmi cosa avverrà nella Chiesa dopo queste tempeste?>>. Rispose santa Caterina: <<Terminate queste tribolazioni, Dio purificherà la sua santa Chiesa, suscitando un ardente zelo nel cuore dei suoi servi ed eletti. Ne seguirà infatti un rinnovo di santi pastori e una grande riforma in tutta la Chiesa, di cui il solo pensiero rende pieno di gioia e di gratitudine il mio cuore verso Gesù (…) come vi ho detto più volte, è Dio che si prende cura della Sposa; al pontefice spetta la Riforma, a Dio spetta di purificarla, così avverrà di volta in volta, così dobbiamo pensare noi>>.

Leggendo le sue parole che possiamo definire come una profezia, ci accorgiamo che da allora molte riforme son state fatte e molti santi furono suscitati dalla più grande Riforma che la nostra storia ricordi: quella del Concilio di Trento. L’elenco dei santi è lungo, ma tutto ci spinge ai giorni nostri a quel “così dobbiamo pensare noi…”: con l’esempio dei santi e la loro scuola, le loro riforme, le loro battaglie, le loro speranze, la loro preghiera, la loro “confidenza di Dio”, allora sì, per quante tribolazioni potremmo sperimentare, non sbaglieremo mai! Questa, e non altro, è la Comunione dei Santi che professiamo nel “Credo”.

 

 

 

di Tea Lancellotti

 

 

 

E’ DIO CHE HA SEPARATO LO STATO DALLA CHIESA. PERCHÈ LO STATO LA SERVA

Riallacciandoci alla prima parte nella quale abbiamo parlato di Caterina, fortissima donna d’Italia che riporta il papa da Avignone a Roma, e passando per la seconda parte nella quale abbiamo approfondito la Caterina scrittrice e l’insegnamento ai politici del suo tempo, analizziamo ora alcune parti della Caterina missionaria.

Partendo, innanzi tutto, dalla sua missione nella Chiesa, accanto ai pontefici, che la conduce a rimproverare la cattiva condotta di alti prelati e di sacerdoti, corrotti, che “insudiciano il giardino della santa Chiesa“.

Come abbiamo potuto vedere, il linguaggio di santa Caterina partiva dal cuore, era sincero, immediato e senza troppi complimenti. Oseremmo dire oggi che era un linguaggio che rifuggiva il politicamente corretto: andava diritto allo scopo, convertiva e non permetteva ad alcuno di fraintendere il messaggio cristiano delle sue missive.

Prima di inoltrarci nelle Lettere di Caterina al papa e al clero, è dunque fondamentale entrare nello spirito, nel carisma di questa grande santa e far nostre le sue istanze. La prima istanza che Caterina “impone” ai suoi discepoli e ai destinatari delle Lettere è la preghiera incessante per il papa e per la Chiesa: lei stessa dirà di aver offerto al Signore ben sette anni consecutivi di preghiera, patimento, digiuno per il Sommo Pontefice e per la Chiesa, per il clero in generale, gli ordini religiosi, i vescovi, per ottenere la pace nella Chiesa e perché all’interno di essa si realizzasse sempre la volontà di Dio. La seconda istanza che “impone” a chierici e laici è l’obbedienza al Sommo Pontefice, dolce Vicario di Cristo in terra legittimamente eletto. Non si tratta di una obbedienza cieca, ma piuttosto di far giungere al papa anche le doverose critiche, seguite però dalla filiale obbedienza. La terza istanza “imposta” ai laici è di lavorare per la Chiesa, anche vivendo nel mondo come politici, medici, maestri, ecc., e “tutto fare” per il bene della Chiesa e per spianare la strada “a Cristo che viene“, alla sua dottrina, alla volontà di Dio. Lavorare, dunque, per la salvezza delle anime, vivere per portare quante più persone possibili alla Chiesa di Cristo ed alla conversione a Lui.

Come abbiamo letto nella seconda parte, lo Stato, per Caterina, non è al di fuori del progetto di Dio e non è la Chiesa, ma Dio stesso ha separato i due poteri perché l’uno, lo Stato, potesse servire la Chiesa e la sua missione nel mondo.

In una chiara simbologia, Caterina spiega in modo semplice lo svilupparsi delle due autorità distinte, ma che devono collaborare insieme per la pace di Cristo. La dottrina della Chiesa, però, è al di sopra di ogni legge umana: lo Stato è “Cesare”, la cui autorità viene da Dio, la Chiesa è Cristo stesso che non è nemico di Cesare, a meno che quest’ultimo non si ponga contro la “dolce Sposa di Cristo“. La Chiesa, dal canto suo, con il papa, deve facilitare il compito di Cesare e mettergli a disposizione ogni strumento in suo possesso; l’unica autentica “democrazia” che la santa senese riconosce è la libertà di Cristo di poter agire nel mondo attraverso i suoi ministri per il bene delle anime: tutto il resto è “schiavitù”.

Questo “estremismo” di Caterina non può spaventarci né deve essere letto in chiave negativa: infatti, il compito del vero cattolico è quello di lavorare e vivere nel mondo per mettere in pratica le promesse battesimali con tutto quel che ne consegue.

“Siamo nel mondo” per conoscere il nostro Creatore: tutto il resto è contorno.

 

LA PRIMA E L’ULTIMA DONNA CHE PARLA AL CONCISTORO: “IL PAPA NON TEMA SE ANCHE TUTTO IL MONDO GLI È CONTRO”.

Ai piedi del “suo” papa Urbano VI Prignano

Il papa, Urbano VI, informato di questa richiesta, predispose immediatamente che fosse mandato a Caterina, per muoversi, il precetto della santa obbedienza. Così Caterina poté giungere a Roma accompagnata da un gruppetto di discepoli, uomini e donne. Senza troppi convenevoli, e nel mezzo del concistoro, il papa chiese alla santa di cominciare subito con un sermone. Ella ubbidì, parlando soprattutto della Divina Provvidenza, incoraggiando i Padri a non dubitare di così grande aiuto alla Chiesa, neppure in quelle ore difficili del grave scisma che si era appena aperto.

Occorreva attendere pazientemente di comprendere il volere di Dio, attenendosi scrupolosamente ognuno ai propri doveri in obbedienza al Papa legittimamente eletto, Urbano VI, e mantenendo una sana condotta morale. Appena terminato il discorso, papa Urbano disse: <<Or ecco fratelli miei, come siamo degni di correzione al cospetto di Dio, quando siamo così timorosi! Come vedete questa donna ci confonde! Non dico questo di lei per disprezzo, ma a motivo del sesso il quale è per sua natura più fragile. Costei dovrebbe essere nel dubbio quando fossimo molto sicuri, è invece così sicura di sé mettendo noi nel dubbio, e ci conforta con le sue ispirate persuasioni. Questo a sua gloria e a nostra confusione! Il Vicario di Cristo, o fratelli miei, non debba mai dubitare se anche tutto il mondo fosse contro di lui. Cristo Onnipotente è più forte del mondo, né dubiterò mai che Egli possa abbandonare la sua santa Chiesa!>>. Nel congedare la santa, il papa le concesse alcune grazie spirituali ed indulgenze per sé e per alcune sue richieste.

 

CATERINA AI TEMPI DELLO SCISMA: “IL VOLTO DELLA CHIESA INSUDICIATO PER LE IMPURITÀ E LA SUPERBIA” DEL CLERO

Caterina regge la barca di Pietro

Come applicherà questi “strumenti” santa Caterina? Con una serie di Lettere e con il Dialogo. Nella Lettera 16 (XVI) scrive al cardinale Di Ostia – lettera per altro citata da Paolo VI nella proclamazione della santa a Dottore della Chiesa il 4.10.1970 – e qui Caterina alterna, nella prima parte, brevi dialoghi fra lei e il Cristo Gesù che condivide con l’alto prelato a conferma dei suoi moniti per il bene delle anime e della Chiesa e che non risparmia, nella seconda parte, con suppliche ed insistente richiesta di “buona condotta”: <<Questo desidera l’anima mia di vedervi morire per santo e vero desiderio, cioè che per l’affetto e amore che voi sarete all’onore di Dio, salute dell’anime ed esaltazione di santa Chiesa, ho volontà di vedervi tanto crescere questa fame, che sotto questa fame rimaneste morto (..). Oimè, oimè, disaventurata l’anima mia! Aprite l’occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l’anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che ‘l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. Li pastori dormono nell’amor proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia, che dormono e non si sentono, perché veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della Grazia in loro e anco quella de’ sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n’è cagione la perversità dell’amore proprio. Oh quanto è pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S’egli è prelato ed egli ha amore proprio, egli non corregge il difetto de’ suoi sudditi; perocché colui che ama sé per sé, cade in timore servile, e però non riprende. Che se egli amasse sè per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe né farebbe vista di non vedere. Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo. Pregovi che facciate sì che non sia detta a voi quella dura parola con riprensione dalla prima verità, dicendo: «maladetto sia tu che tacesti». Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l’onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci sono dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimè! ch’io muoio, e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può. Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora pel tempo presente v’invito a spogliare l’anima vostra d’ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reale e vera, a onore di Dio e salute dell’anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore: ché tosto vedremo apparire i fiori. (…) Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ponetevi in croce con Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso: fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso. Perdonate, padre, alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù Amore>>.

 

CATERINA IMPUGNA SPADA E ROSARIO. E INCITA IL PAPA ALLA CROCIATA

Sulla scia di questo ardire e ardore cateriniano, possiamo ritornare un momento sulle Crociate. Dopo aver chiarito nelle puntate dedicate a san Francesco che anch’egli non era affatto contro questa difesa della fede, allo stesso modo in santa Caterina da Siena troviamo moniti ed incoraggiamenti a brandire la spada in difesa del Cristianesimo. Nessuna anima bella si stupisca. Tutto sta nel comprendere correttamente cosa insegnavano questi santi.

Caterina si confida, non agisce da sola o per suo capriccio, dice al padre spirituale:<<Non basta asserire la verità, laddove è necessario bisogna anche saperla difendere>>. La crociata di cui parliamo era stata bandita nel 1373 da papa Gregorio XI, il quale aveva comandato ai Francescani e ai Domenicani, in particolar modo, di farsene banditori. Così, Caterina si fa obbediente sia per ordine del papa, sia come domenicana, ma non in modo passivo: al contrario, pur non potendosi recare personalmente come avrebbe voluto, agisce per mezzo di lettere e predicazioni, sollecitando e smuovendo gli animi, creando persino “gruppi di preghiera” per il buon esito della crociata.

Pochi forse sanno che fu proprio santa Caterina da Siena a dare il via a questa crociata (anche se non partì mai), o forse lo sanno e per questo magari, oggi, avendo potuto trasformare san Francesco in un giullare pacifista e non essendoci riusciti con Caterina, semplicemente si vergognano di citarla.

Come andarono i fatti lo lasciamo dire al beato Raimondo da Capua: <<Ho sempre alla mente che una volta, mentre lei parlava animatamente della questione con il pontefice, io ero lì di persona ed ascoltavo, perché facevo da interprete fra il papa che parlava in latino, e la vergine che parlava in volgare toscano, disse il papa alla santa: “Sarebbe meglio che noi facessimo prima la pace fra i cristiani, e dopo ordinassimo il ‘santo passaggio’”. Ma Caterina ribatté: “Santo Padre, per pacificare i cristiani, non potreste trovare una via migliore che comandare il ‘santo passaggio’, subito. Tutta questa gente armata che non fomenta altro che guerre in mezzo ai fedeli, andrà volentieri a servire la causa di Dio con quel che sapendo fare è il loro mestiere. Pochi saranno quelli così tanto cattivi da ricusare di dar gloria a Dio col mestiere del quale tanto si compiacciono, e che non vorranno scontare di buon grado i propri peccati con un simile gesto. Così, Santo Padre, nello stesso tempo ed in una sola volta, avrete molti vantaggi. Metterete pace fra i cristiani che la desiderano, e perdendoli per la santa causa, salverete le loro anime infatti, se otterranno qualche vittoria, voi stesso ne guadagnerete di fronte anche agli altri principi della Cristianità; se morranno, erano già sull’orlo della dannazione, ma per aver combattuto per una giusta causa, il Signore sarà verso le loro anime, clemente. Da ciò dunque ne seguiranno tre beni: – la pace fra i cristiani; la penitenza di questi soldati che dovranno battersi con onore e convertirsi a Cristo ed alla sua causa; e la salvezza di molti saraceni, per quelli che si potranno convertire, e morendo perché avrebbero da pagare il loro debito con Cristo. Padre Santo, rimossa la favilla anche il fuoco si spegne, non indugiate”>>. Ma a quanto pare, continuando la lettura del beato fr. Raimondo, il papa indugiò.

Attribuendo taluni delle false interpretazioni al volere di Caterina, leggendo questa santa Crociata come uno “scandalo”, così risponde fr. Raimondo: <<È vero che la vergine parlava spesso e volentieri del “santo passaggio” e che stimolava ed incoraggiava a farlo a quanti potesse, ma non è vero che ella sarebbe dovuta andarci creandosi un gruppo di seguaci; lei non asserì mai quando questo “santo passaggio” sarebbe avvenuto, solo attendeva le decisioni del Pontefice (…) è trascorso già molto tempo, e di bandi per crociate non se ne parla nemmeno. Eppoi fanno gli scandalizzati! (..) e per qual motivo Gesù congiunse lo scandalo coi miracoli, se non perché l’indole degli uomini malvagi è tale che, spinti dalla propria malizia, si scandalizzano della bontà di Dio e delle opere sue meravigliose? Così quelli, non intendendoci nulla nelle parole e nelle opere della vergine, trovano motivo di scandalo dove invece dovrebbero trovare motivo di edificazione>>.

 

RIVOLGETE CONTRO I NEMICI DELLA FEDE QUELLE ARMI CHE FINO AD OGGI AVETE USATO PER ASSASSINARVI L’UN L’ALTRO”

Insomma, avevano tentato di screditare la credibilità di Caterina, ma non vi riuscirono.

Leggiamo nella lettera Lettera 207 ai Signori di Firenze: <<Perocché noi non siamo Giudei né Saraceni, ma siamo Cristiani battezzati, e ricomperati del sangue di Cristo. Non dobbiamo dunque andare contra al capo nostro (il Papa) per neuna ingiuria ricevuta; né l’uno cristiano contra all’altro; ma dobbiamo fare questo contra agl’Infedeli. Perocché ci fanno ingiuria; però che possedono quello che non è loro; anco, è nostro.(..) Or non più dormite (per l’amore di Dio!) in tanta ignoranza e ostinazione. Levatevi su, e correte alle braccia del padre nostro (il Papa), che vi riceverà benignamente. Se ‘l farete, avrete pace e riposo spiritualmente e temporalmente, voi e tutta la Toscana: e tutta la guerra che, è di qua, anderà sopra gl’Infedeli, rizzandosi il gonfalone della santissima croce>>.

Papa Urbano II, al Concilio di Clermont Ferrant, aveva aperto l’era delle Crociate con l’esortazione: <<Rivolgete ora contro i nemici della santa Fede e pel salvaguardia del nome dei cristiani le armi, quelle armi che fino ad oggi avete adoperate per assassinarvi l’un l’altro>>. Santa Caterina gli farà eco con il suo incoraggiamento: <<La guerra si mandi contro gl’infedeli , ove ella debba andare>>.

Oggi con questo pacifismo abbiamo dimenticato la sana dottrina poiché è consant’Agostino che il contesto di una “giusta guerra” diviene “dottrina canonica” e con san Tommaso d’Aquino “scolastica per eccellenza”. A Caterina questo non era ignoto, così come non le erano ignote le tre condizioni per dichiarare una guerra giusta:

1. l’autorità del Principe che la dichiari in difesa del popolo;

2. la giusta causa;

3. la retta intenzione con la quale si deve intervenire per evitare un male e fare il bene.

Santa Caterina, parafrasando le parole di sant’Agostino, spiegherà il contesto delle sante Crociate: << (…) presso i servi di Dio le guerre stesse sono pacifiche, non essendo intraprese per cupidigia, per avidità, per crudeltà, bensì per amore della pace, allo scopo di difendere e di difendersi, per reprimere le invasioni, ammonire i cattivi e i recidivi delle violenze che scatenano per primi e per sollecitare i buoni a più sani principi (…). E’ vero che la guerra stessa è crudele e produce morti e sofferenze, ma più crudele è l’intenzione di chi la usa per combattere la santa Fede, portando guerra dove regnava la pace di Cristo, e dove si è costretti a muover guerra per riportarla>>.

E, citando san Tommaso d’Aquino, Caterina dirà: <<Quelli che fanno delle giuste guerre hanno la pace quale scopo; essi non sono contrari che alla pace cattiva, quella che affama i deboli, che conduce ai vizi, che impone la caduta del vessillo della santa Croce, che infrange i confini, che porta la pace mondana che non è affatto quella che il Signore volle e venne a portare sulla terra>>.

La Santa spiegherà così, in diverse lettere, perché questa Crociata è una guerra giusta:<<(…) essa non è contro i Turchi in quanto tali, non è contro la loro infedeltà, ma bensì è una difesa contro la loro guerra di conquista che minaccia l’intera comunità dei cristiani, la sorte dei pellegrini uccisi e minacciati, cristiani di Terra Santa ridotti alle condizioni di schiavitù e obbligati ad abiurare il Cristo Crocefisso. Noi dobbiamo portare la pace di Cristo con la carità ed ogni mansuetudine, ma se essa viene espugnata con la spada, seppur questa va deposta fra cristiani, essa va impugnata per difenderli, secondo il monito di Nostro Signore: chi di spada ferisce di spada perisce, solo ci si avveda che non sia il cristiano ad impugnarla per primo, ma solo per difesa>>.

 

GUERRA CONTRO GLI INFEDELI SÌ; CONTRO GLI ERETICI NO: “PERCHÈ SONO CRISTIANI”. SEMPRE CHE NON SIANO CATARI…

Stefano Maconi, uno dei segretari di Caterina

Caterina è, appunto, contraria alla guerra contro gli eretici (che sono cristiani). Se non si comprende questa differenza, difficile capire, anche, perché siamo contro il “pacifismo”.

Quella proclamata dal Concilio Lateranense III del 1179, da Alessandro III contro gli Albigesi-Catari viene invece “giustificata” purché, spiega la santa, non si estenda contro ogni cristiano eretico che è “pecorella da recuperare”. Caterina non reputa gli Albigesi dei cristiani: di conseguenza risponde per quale era la politica del suo tempo. Quando, però, si trattò di proporre guerre contro i cristiani, Caterina scrive la Lettera 11 al delegato pontificio:<<Pace, pace, pace, Padre carissimo. Ragguardate voi e gli altri, e fate vedere al Santo Padre più la perdizione delle anime, che quella delle città, perocché a Dio interessano più le anime che le città>>.

La politica di Pace di Caterina è sostanzialmente questa: “Andate e predicate a tutte le nazioni”: con questo monito, spiega la Santa, da portare con mitezza e carità il buon esempio, al costo della propria vita e non di quella altrui, tutto il mondo deve diventare cristiano, e tra battezzati non ci si deve muovere guerra con le armi perché nessuno, se professasse davvero la vera fede, avrebbe più necessità di invadere i confini o di minacciare le civiltà o di minacciare i pellegrini.

Tra cristiani, spiega Caterina, un’opera sola si attende: l’esercizio della carità nella pace cristiana. Solo così sarà possibile eliminare davvero le armi e l’Italia dovrà dare l’esempio. Da qui il famoso appello agli italiani: <<Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero>>.

Per Caterina, la pace vera deve partire da dentro la Chiesa e solo così potrà irradiarsi nel mondo; al contrario, la pace mondana se penetra nella Chiesa <<l’ammorba di vizi e di peccati>> e produce divisioni e guerre.

Può, oggi, questo messaggio essere attuale? E in che modo?

Nella Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II Amantissima Providentiae per il VI Centenario del Transito di Santa Caterina, troviamo la risposta: <<Il ruolo eccezionale svolto da Caterina da Siena, secondo i piani misteriosi della provvidenza divina, nella storia della salvezza, non si esaurì col suo felice transito alla patria celeste. Ella, infatti, ha continuato ad influire salutarmente nella Chiesa sia con i suoi luminosi esempi di virtù, sia con i suoi mirabili scritti. Perciò i sommi pontefici, miei predecessori, ne hanno concordemente esaltata la perenne attualità, proponendola continuamente all’ammirazione ed all’imitazione dei fedeli>>.

E così si esprimeva Paolo VI nel 1970 nell’omelia che la proclamava Dottore della Chiesa: <<Quale non fu perciò l’ossequio e l’amore appassionato che la Santa nutrì per il Romano Pontefice! Noi oggi personalmente, minimo servo dei servi di Dio, dobbiamo a Caterina immensa riconoscenza, non certo per l’onore che possa ridondare sulla nostra umile persona, ma per la mistica apologia ch’ella fa dell’ufficio apostolico del successore di Pietro. Chi non ricorda? Ella contempla in lui «il dolce Cristo in terra» (Lettera 196, ed. cit., III, 211), a cui si deve filiale affetto ed obbedienza, perché : «Chi sarà inobediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non partecipa del frutto del Sangue del Figliuolo di Dio» (Lettera 207, ed. cit., III, 270)>>.

 

COLORO CHE SONO POSTI NEL GIARDINO DELLA SANTA CHIESA COME FIORI ODORIFERI; E NOI VEDIAMO CHE ESSI APPUZZANO TUTTO QUANTO IL MONDO”

Il beato Raimondo da Capua, confessore, confidente, amico, curatore delle sue lettere e primo biografo di Caterina

Se vi ricordate, abbiamo parlato della natura di santa Caterina e di come lei ne parlasse: <<La mia natura è fuoco>>. In tal modo cresceva ed ardeva in lei il grande desiderio di Cristo: dare la vita. Caterina voleva dare in qualche modo la sua vita per la Chiesa, Sposa di Cristo, e, benché si ritenesse <<piccola ed un nulla>>, sapeva che la sua vita era diventata preziosa proprio perché riscattata dal Cristo sulla croce.

Questo e solo questo la rendeva cosciente che il prezzo che voleva pagare, con la sua vita, sarebbe piaciuto al Signore: su queste note scrive ai prelati della Chiesa, ammonendoli sulle loro perverse condotte; scrive al clero per reindirizzarlo verso Cristo e dice allo Sposo: <<O Signore! Ricevi il sacrificio della mia vita in questo corpo mistico della tua santa Chiesa, non ho altro da darti se non quello che tu stesso mi hai dato. Prendi dunque il mio cuore e premilo sopra la faccia di questa Sposa>>.

Una meravigliosa e passionale audacia che riscontriamo in ogni suo scritto. Il messaggio di Caterina è attualissimo, specialmente in questo tempo in cui si ostentano il dialogo e l’ecumenismo: lei, la fortissima Donna d’Italia, ci indica ancora una volta come sviluppare questo dialogo, lei che ne ha scritto uno, di cui parleremo nella prossima puntata, e come deve svolgersi un vero ecumenismo e non una ecu-mania a tutti i costi.

E’ vero che santa Caterina spinge continuamente e sollecita ardentemente l’obbedienza al Vicario di Cristo in terra, ma non manca di sollecitare il papa stesso a compiere con dovizia il suo ministero non solo per i cattolici, ma per tutta la cristianità. Leggendo quella che per noi oggi rappresenta una provvidenziale guida per il sano ecumenismo, facciamo attenzione a quello che scrive nella Lettera 1291 a papa Urbano VI:<<Santissimo Padre, Dio v’ha posto come pastore sopra le pecorelle sue di tutta la religione cristiana; havi posto come celleraio a ministrare ‘l sangue di Cristo crocifisso, di cui vicario sete: e havi posto in tempo, nel quale abbonda più la iniquità ne sudditi, che già abbondasse, già è grandissimo tempo, e sì nel corpo della santa Chiesa, e sì nell’universale corpo della religione cristiana. E però è a voi grandissima necessità d’essere fondato in carità perfetta, con la margarita della giustizia, per lo modo che detto è: acciocchè non curiate il mondo, nè li miseri abituati nel male, nè veruna loro infamia; ma, come vero cavaliero, e giusto pastore, virilmente correggere, divellendo il vizio e piantando la virtù, disponendosi a ponere la vita, se bisogna. O dolcissimo padre, il mondo già non può più: tanto abbondano li vizii, e singolarmente in coloro che sono posti nel giardino della santa Chiesa come fiori odoriferi, accíocché gittino odore di virtù; e noi vediamo che essi abbondano in miserabili e scellerati vizii, in tanto che con essi appuzzano tutto quanto il mondo>>.

 

IL PAPA LAVI IL VENTRE DELLA CHIESA”. OSSIA SRADICHI LA CORRUZIONE DEL CLERO. O LO FARÀ DIO CON LA TRIBOLAZIONE

Una recente e interessante biografia su Urbano VI Prignano (scritta da un suo attuale discendente), il papa amico, protettore ed estimatore di Caterina, che ne fu anche consigliera.

Nella Lettera 364, sempre ad Urbano VI, c’è un passo tremendamente attuale.

Santa Caterina spiega al papa come sia necessario fare pace con tutti i cristiani che sono fuoriusciti dalla Chiesa o anche con quelli che si comportano male dentro la Chiesa. Con queste parole s’incoraggia il papa a non avere timore di <<levare li difetti>> perché se non lo farà lui che, in qualità di Vicario di Cristo ne ha il potere, lo farà Dio attraverso le tribolazioni: <<Voi non potete di primo colpo levare li difetti delle creature, li quali si commettono comunemente nella religione cristiana e massimamente nell’ordine clericato, sopra delli quali dovete avere più occhio; ma ben potete e dovete fare per debito (se no, li avereste sopra la coscienzia vostra), almeno di farne la vostra possibilità, lavare il ventre della santa Chiesa, cioè procurare a quelli che vi sono presso e intorno voi, spazzarlo dal fracidume, e ponervi quelli che attendono all’onore di Dio e vostro, e bene della santa Chiesa; che non si lassino contaminare né per lusinghe né per denari. Se reformate questo ventre della sposa vostra, tutto l’altro corpo agevolmente si riformerà; e così sarà onore di Dio, e onore ed utilità a voi; con la buona e santa fama e odore delle virtù si spegnerà l’eresia. Ciascuno correrà alla S. V. vedendo che voi siate estirpatore de’ vizi, e mostriate in effetto quello che desiderate. (…) Sapete che ve ne diverrà, se non ci si pone remedio in farne quello che ne potete fare? Dio vuole in tutto riformare la sposa sua, non vuole che stia più lebbrosa: se none ‘l farà la Santità vostra giusta il vostro potere (che non sete posto da lui per altro, e datavi per questo tanta dignità), il farà per sé medesimo col mezzo delle molte tribolazioni>>.

Le Lettere che Caterina scrive ai due papi, Gregorio XI e Urbano VI, sono naturalmente di spessore diverso, anche se i problemi che Caterina vede nella Chiesa non sono cambiati da un papa all’altro: la pace con i fiorentini non è ancora conclusa, la Chiesa, denuncia la santa, <<reca nel grembo non poche membra putride anche nel clero e fra i prelati>>, l’ora della Crociata non è ancora suonata, ma Caterina vede “lontano”: conoscendo il cardinale di Bari, Bartolomeo Prignano, in Avignone le è dato in un’estasi di vederlo già pontefice. E’ quell’Urbano VI dal quale lei spera una riforma della Chiesa, ma il papa, pur contento di ricevere i consigli della santa, frena gli animi evitando quella riforma da lei tanto sollecitata. Quando lo scisma, però, sarà compiuto, comprenderà la grandezza di questa donna. Caterina, dal canto suo, si stringerà al pontefice legittimo con tutta la sua famiglia, nonostante pianga per il ritardo del papa nella tanto auspicata pulizia nella Chiesa.

Il papa per la verità non dice mai “no” alla santa vergine, ma davvero non sa da dove cominciare. E allora Caterina rivolge le sue lettere anche ai cardinali, ai vescovi e prelati: i toni sono dirompenti, animati dall’intento di spingerli tutti ad un’autentica riforma, a partire dai loro costumi fino al governo delle Diocesi.

 

IL PASTORE PREGHI E SOFFRA PER IL GREGGE PECCATORE. IN CASO LO “PERCUOTA”

La prima rigorosa biografia (scritta quasi dal vivo) di Caterina. Firmata dall’impagabile Raimondo da Capua

Santa Caterina da Siena, per la vera Pace, invoca la riforma nella Chiesa.

Dura e vibrante, nonché tremenda, è la Lettera 310, che vi invitiamo a leggere integralmente come tutto l’epistolario, scritta a tre cardinali italiani ai quali la santa rammenta che è vera politica della Chiesa il condurre sapientemente ed onestamente il gregge cristiano, loro affidato, verso la perfezione nella carità, ma anche il percuoterlo “con le rampogne” e soffrire per lui, chiedendo a Dio di punire le membra recidive, per punire nelle membra sane i peccati di quelle putride!

Parole forti, di cui purtroppo oggi ci si vergogna. E poi si viene a parlare di virilità… ma fateci il piacere!

Vale la pena di soffermarci su alcuni passi di questa lettera dove la santa denuncia ai tre cardinali l’amore disordinato del gregge e i pastori che non fanno nulla per correggerlo, così come denuncia il tradimento di questi verso papa Urbano VI e la confusione gettata addosso ai fedeli: <<Oh cecità umana! Non vedi tu, disaventurato uomo, che tu credi amare cosa ferma e stabile, cosa dilettevole, buona e bella; e elle sono mutabili, somma miseria, laide, e senza alcuna bontà; non per le cose create, in loro, che tutte son create da Dio, che è sommamente buono, ma per l’affetto di colui che disordinatamente le possiede. Quanto è mutabile la ricchezza e onore del mondo in colui che senza Dio le possiede, cioè senza il suo timore! che oggi è ricco e grande, e ora è povero. Quanto è laida la vita nostra corporale, che vivendo, da ogni parte del corpo nostro gittiamo puzza! Dirittamente un sacco pieno di sterco, cibo di vermi, cibo di morte. La nostra vita e la bellezza della gioventù passano via, come la bellezza del fiore poi che è colto dalla pianta. (…) Oh misero, la tenebra dell’amore proprio non ti lassa conoscere questa verità. Che se tu la cognoscessi, tu eleggeresti innanzi ogni pena, che guidare la vita tua a questo modo; porresti ad amare e desiderare Colui che è; gusteresti la verità sua con fermezza, e non ti moveresti come la foglia al vento; serviresti il tuo Creatore, e ogni cosa ameresti in lui, e senza lui nulla>>.

A proposito del tradimento verso il papa, denuncia: <<E dov’è la gratitudine vostra, la quale dovete avere a questa Sposa che v’ha nutricati al petto suo? Non ci veggo altro che ingratitudine: la quale ingratitudine disecca la fonte della pietà. Chi mi mostra che voi sete ingrati, villani, e mercennai? La persecuzione che voi, con gli altri insieme, avete fatta e fate a questa sposa, nel tempo che dovevate essere scudi, e resistere ai colpi della eresia. (…) Ahi stolti, degni di mille morti! Come ciechi, non vedete il mal vostro; e venuti sete a tanta confusione, che voi stessi vi fate menzogneri e idolatri. (…) Oimè, non più così per amore di Dio! Pigliate lo scampo da umiliarvi sotto la potente mano di Dio, e all’obedienzia del vicario suo, mentre che avete il tempo; ché, passato il tempo, non c’è più rimedio. Ricognoscete le colpe vostre, acciocché vi potiate umiliare, e cognoscere la infinita bontà di Dio, che non ha comandato alla terra che vi inghiottisca, né agli animali che vi devorino; anzi v’ha dato il tempo acciocché potiate correggere l’anima vostra.(…) Non vi parrà duro se io vi pungo con le parole, che l’amore della salute vostra mha fatto scrivere; e più tostovi pungerci con voce viva, se Dio mel permettesse. Sia fatta la volontà sua>>.

Santa Caterina da Siena si occuperà anche della riforma del clero e degli ordini religiosi. Sarà dunque conosciuta da questi ultimi e amata davvero da molti dei loro appartenenti: un esempio è il priore certosino Stefano Maconi, che oltre ad esserne figlio spirituale sarà anche fra i segretari della senese. Nella Lettera 183 la santa tratteggia un percorso, un itinerario spirituale su come attenersi alla verità, rimproverando con tono caritatevole il destinatario della missiva, l’arcivescovo di Otranto, Jacopo d’Itri, il quale mancò di fedeltà tradendo il papa Urbano VI: <<Confortatevi virilmente, non vi restate. Fate che io senta e veda che mi siate così una colonna ferma, che per veruno vento moviate mai, arditamente e senza veruno timore annunciate e dite la verità>>.

<<Usate un poco di cottura, incendendo e cocendo il vizio per la santa e vera giustizia, sempre condita con somma misericordia>>, così si rivolge al vescovo di Firenze nel mandargli 3 lettere, dandogli santi consigli per la sua missione di pastore.

Un’altra bella lettera, la n. 341, è scritta ad un santo vescovo, quello di Venezia, Angelo Carrer. Santa Caterina è commossa per il bene che di lui si dice e, a maggior ragione, lo sprona ancor di più alla vigilanza del gregge: <<Siatemi vero e perfetto ortolano in divellere i vizi e piantare le virtù in questo giardino>>.

 

L’ULTIMA PROFEZIA DI CATERINA: SUL FUTURO TURBOLENTO DELLA CHIESA

Morte della grande Caterina. A 33 anni.

Concludiamo questa terza parte con un breve scambio di battute tra il beato Raimondo da Capua e santa Caterina, da lui riportato nella biografia.

Il maestro Raimondo e Caterina erano a Pisa nel 1375. Parlando un giorno della ribellione di Perugia al papa e vedendo il suo confessore afflitto, Caterina gli dice: <<Padre mio carissimo, cominciate a piangere troppo presto, poiché quello che vedete oggi è latte e miele in confronto a ciò che avverrà in seguito>>.

E lui rispose: <<Quali mali possono essere più gravi del disprezzo e della ribellione al capo pastorale (il papa) e civile del popolo cristiano?>>. Ecco la replica della santa: <<Padre mio, oggi fanno questo i secolari e i laici, ma fra non molto vedrete quanto peggio faranno gli ecclesiastici contro il Sommo Pontefice e contro l’unità della Chiesa di Dio>>. Qui la santa si riferisce alla riforma contro i costumi e i vizi nel clero. Fra’ Raimondo riporta come questa profezia si sia avverata sotto Urbano VI. Poi Caterina avvisò il padre dello scisma ed anche questo si avverò. Il padre chiese: <<Madre carissima, non potreste dirmi cosa avverrà nella Chiesa dopo queste tempeste?>>.

Rispose santa Caterina: <<Terminate queste tribolazioni, Dio purificherà la sua santa Chiesa, suscitando un ardente zelo nel cuore dei suoi servi ed eletti. Ne seguirà infatti un rinnovo di santi pastori e una grande riforma in tutta la Chiesa, di cui il solo pensiero rende pieno di gioia e di gratitudine il mio cuore verso Gesù (…) come vi ho detto più volte, è Dio che si prende cura della Sposa; al pontefice spetta la Riforma, a Dio spetta di purificarla, così avverrà di volta in volta, così dobbiamo pensare noi>>.

Caterina morì il 29 aprile del 1380. Leggendo le sue parole che possiamo definire come una profezia, ci accorgiamo che da allora molte riforme son state fatte e molti santi furono suscitati dalla più grande Riforma che la nostra storia ricordi: quella del Concilio di Trento. L’elenco dei santi è lungo, ma tutto ci spinge ai giorni nostri a quel “così dobbiamo pensare noi…”: con l’esempio dei santi e la loro scuola, le loro riforme, le loro battaglie, le loro speranze, la loro preghiera, la loro “confidenza di Dio”, allora sì, per quante tribolazioni potremmo sperimentare, non sbaglieremo mai!

Questa, e non altro, è la Comunione dei Santi che professiamo nel “Credo”.











Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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29/04/2014 23:09
 
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Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la festa di Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia e d’Europa. E salutiamo con un applauso la nostra Patrona! La sua esistenza faccia comprendere a voi, cari giovani, il significato della vita vissuta per Dio; la sua fede incrollabile aiuti voi, cari ammalati, a confidare nel Signore nei momenti di sconforto; e la sua forza con i potenti indichi a voi, cari sposi novelli, i valori che veramente contano nella vita familiare.
(il Papa all'udienza 29 aprile 2015)

 
















































[Modificato da Caterina63 29/04/2015 12:38]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Meditazione sulla Croce delle stigmate di Santa Caterina da Siena.

 

Dal legno della croce è venuta la gioia in tutto il mondo. Antifona per l'Adorazione della Croce

 

 

- "Cristo è salito sulla cattedra della croce e ci insegna la dottrina avendola scritta nel corpo suo, nelle sue piaghe, tingendole di tutto il suo preziosissimo sangue; leggendo in questo libro, che è il Crocifisso, impareremo la dottrina della Sua verità, e se in essa seguiteremo con fedeltà, giungeremo al Padre. La memoria del Sangue sparso, col lume della fede, vi farà perfettamente tagliare da tutte quelle cose che sono fuori della volontà di Dio...". (Santa Caterina da Siena, Lettera 318)

- Gesù è sulla croce ma è già risorto (gli occhi sono ben aperti) e vi sta come su un trono. Siamo di fronte ad una croce a statera poiché le braccia di Cristo formano una bilancia e il suo occhio sinistro è al centro dell'aureola e costituisce il punto centrale dell'ago che fa perno sul collo. Gesù è il giudice che vede e giudica con giustizia.

- L'aureola è segno della vittoria e del nome nuovo scritto sulla pietruzza bianca (Cf Ap 2,17) che riceveremo nel giudizio finale. Nell'aureola di Cristo è inscritta la croce poiché il nome di Gesù è «Dio salva», «egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).

 - Gli occhi sono grandi: guardano dovunque, niente gli sfugge poiché Gesù è il «pastore grande delle pecore» (Cf Eb 13,20), «Io sono il bel pastore. Il bel pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11).

- Gesù ci è presentato quindi come giudice, pastore ma anche servo: «non sono venuto per essere servito ma per servire» (Mt 20,28). Indossa infatti un grembiule, quello della lavanda dei piedi. La cintura però è rossa e dorata, segno di divinità e regalità. Ci è detto perciò che servire è regnare. «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri» (Gv 13,13-14). Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. Gv 13,15

- I capelli comunicano un messaggio diverso a seconda di come sono messi. Appoggiati sulle spalle, dicono il carico che Cristo porta su di sé. Egli era all'opera con il Padre nella prima creazione e lo è nella nuova creazione. Le otto ciocche manifestano che Cristo è risorto, siamo nell'ottavo giorno, il giorno della risurrezione.

- Scendiamo in basso e guardiamo i piedi di Cristo: poggiano su un esagono blu e sotto l'esagono c'è come un pavimento composto di piccoli quadrati. Il quadrato simboleggia l'uomo e il creato. «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi» (Is 66,1).

- I sei lati sono segno del sesto giorno: il giorno della creazione dell'uomo e il giorno della morte del Signore e quindi della ri-creazione, del chicco di grano che morendo dà la vita. È passando attraverso la morte che si entra nella vita. Cristo poggia i piedi nell'esagono, cioè è entrato pienamente nell'umano, si è fatto ponte e scala fra terra e cielo affinché l'uomo passando per la via che è lui, ritrovi il volto del Padre. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). L'esagono indica l'infinito che si cala nel finito, la pienezza dei tempi e l'incarnazione del Verbo, nuovo Adamo che fa nuove tutte le cose. È l'inizio della nuova creazione, la chiamata dell'uomo ad una dignità regale di figlio di Dio perché questo esagono ha un perimetro decorato d'oro.

- Sotto il corpo di Gesù, la croce è arricchita di un drappo rosso e blu con cerchi e piccoli rombi crociati. Il cerchio è simbolo di Dio e della gloria. Gesù è stato glorificato dal Padre: «Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato» (Gv 17,1-2).

- Il rosso e il blu simboleggiano la divinità e l'umanità, in Gesù l'umanità è glorificata. Il rosso e il blu indicano anche il sangue e l'acqua, perciò il dono dello Spirito Santo e dei sacramenti, è la strada che si è spalancata fra terra e cielo ed è la nascita della Chiesa. Questo drappo è anche il letto nuziale di Cristo, sposo della Chiesa. Padre, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Gv 17,1

Io sono la via, la verità e la vita Gv 14,6

- Nel tabellone centrale, troviamo la Chiesa che nasce dal perdono dei peccati. Ai lati di Gesù ci sono i due malfattori crocifissi insieme a lui. Sopra, la prima Chiesa: Giovanni e il centurione, Maria Santissima e una delle pie donne.

Veramente, quest'uomo era giusto. Lc 23,47

Fate tutto quello che vi dirà. Gv 2,5

- Nei due terminali del braccio orizzontale della croce troviamo due angeli in vesti regali con la lancia in una mano e il globo nell'altra. La lancia ci rimanda ancora alla fine dei tempi quando saremo pesati sulla bilancia della croce e la Parola di Dio vaglierà la nostra vita. Il globo bianco è simbolo della sapienza della croce «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1Cor 1,27-30)

- La croce ci è dunque donata come Via Lucis, come medicina e come scudo contro le insidie del male. Adorando la croce del Redentore, attingiamo i frutti della salvezza che egli ha donato con la sua passione. «Chi ha sete attinga gratuitamente l'acqua della vita» (Ap 22,17b).

- "Il Figlio mia dolce verità, per  onorare te, ha il capo incoronato di spine, per salutare te  ha il capo inclinato, le braccia aperte per te abbracciare, i piedi confitti per stare con te.." (Santa Caterina da Siena, dal Dialogo)

 




 

Spiritualità domenicana

Dalla Legenda Maior del beato Raimondo da Capua 
Narrazione delle stigmate di Santa Caterina da Siena

 

      194. Poiché si ragiona di questo argomento, son costretto, o buon lettore, a raccontarti quel che avvenne in Pisa molto tempo dopo, alla mia presenza. 
      Essendo venuta in Pisa, insieme con altri, fra i quali c'ero anch'io, fu accolta in casa di un certo cittadino, che stava vicino alla cappella di santa Cristina. 
      In questa cappella, in giorno di Domenica, a domanda della vergine, dissi la messa, e per dirla col linguaggio d'uso, la comunicai. Ricevuta che ebbe la Comunione, secondo il solito andò in estasi, perchè il suo spirito assetato del Creatore, cioè, del sommo Spirito, si allontanava quanto più poteva dai sensi. Aspettavamo che ritornasse in sé per ricevere da lei, come alle volte avveniva, un qualche conforto spirituale, quando all'improvviso vedemmo il suo corpicciuolo, che stava prostrato, alzarsi a poco a poco, rimanersene ritto su le ginocchia, stender le braccia e le mani, e raggiare di luce la faccia; dopo essere rimasto lungamente tutto intirizzito, e con gli occhi chiusi, lo vedemmo cascare di colpo come se fosse stato ferito a morte. Poco dopo, l'anima sua riprese i sensi. 
      
      195. Allora la vergine mi fece chiamare, e con voce sommessa, mi disse: «Sappiate, o padre, che per la misericordia del Signore, io porto già nel mio corpo le sue stigmate». Io le risposi, che osservando i movimenti del suo corpo mentre lei era in estasi, mi ero accorto di qualche cosa; e le domandai come il Signore aveva fatto tutto ciò. Mi rispose: «Vidi il Signore confitto in croce, che veniva verso di me in una gran luce, e fu tanto lo slancio dell'anima mia, desiderosa di andare incontro al suo Creatore, che il corpo fu costretto ad alzarsi. Allora dalle cicatrici delle sue sacratissime piaghe, vidi scendere in me cinque raggi sanguigni, diretti alle mani, ai piedi ed al mio cuore. Conoscendo il mistero, subito esclamai: Ah! Signore, Dio mio, te ne prego: che non appariscano queste cicatrici all'esterno del mio corpo. Mentre dicevo così, prima che i raggi arrivassero a me, cambiarono il loro colore sanguigno in colore splendente, e sotto forma di pura luce arrivarono ai cinque punti del mio corpo, cioè, alle mani, ai piedi e al cuore». Le domandai: «Dunque nessun raggio è arrivato al lato destro!». Ed ella: «No, ma direttamente al sinistro, sopra il mio cuore; perché quella linea lucida, che usciva dal lato destro di Gesù, mi ferì direttamente, e non per traverso». Ed io: «Ti ci senti ora dolere in quei punti?». E lei, tirato un gran sospiro, rispose: «È tale il dolore che sento in questi cinque punti, specialmente nel cuore, che se il Signore non fa un altro miracolo, non mi par possibile che io possa andare avanti, e che in pochi giorni non debba morire». 
      
      196. Mentre ascoltavo queste parole e non senza mestizia ci riflettevo sopra, stavo attento se avessi potuto scorgere qualche segno di tanto dolore. Avendo lei finito di dirmi quel che desiderava che io conoscessi, uscimmo dalla cappella, e ritornammo alla casa di chi ci ospitava. Quivi giunti, appena la vergine ebbe messo piede nella camera che le era stata assegnata, non reggendole il cuore, tramortì. Tutti fummo chiamati d'intorno a lei, e considerando il caso insolito, piangevamo per la paura di perdere colei che amavamo nel Signore. È vero che l'avevamo veduta spesso rapita fuori dei sensi, ed anche alle volte l'avevamo ritrovata indebolita parecchio dalle penitenze e dalle fatiche; pure fino a quel momento non era mai apparsa ai nostri occhi tramortita in quel modo. 
      Dopo poco tempo ritornò in sé, e quando tutti ebbero fatta colazione, mi parlò di nuovo, dicendomi di sentire che se il Signore non ci metteva un rimedio, presto sarebbe morta. 
      
      197. Non rimasi sordo a queste parole, e radunati i suoi figliuoli e le sue figliuole, li pregai e scongiurai con le lacrime agli occhi di rivolgere tutti insieme al Signore la medesima preghiera, perché si degnasse di concederci per altro tempo la nostra mamma e maestra, acciocché noi, così deboli ed infermi, e non ancora irrobustiti dal cielo nelle sante virtù, non rimanessimo orfani fra i pericoli del mondo. Tutti e tutte con uno stesso animo ed una sola voce promisero di farlo, e così andammo da lei, e le dicemmo piangendo: «Noi certamente sappiamo, o mamma, che tu desideri Cristo tuo Sposo, ma il premio tuo è già sicuro; abbi piuttosto compassione di noi, che lasceresti ancora troppo deboli in mezzo alle tempeste. Sappiamo che nulla ti negherà lo Sposo dolcissimo che ami con tutto l'ardore: quindi ti supplichiamo di pregarlo, ché ti lasci ancora con noi, perché, se te ne andrai così presto, resta inutile che ti abbiamo seguito. Benché le nostre preghiere siano per quanto sta in noi fervorose, tuttavia temiamo che, per le nostre colpe, non siano ascoltate, perché disgraziatamente siamo molto indegni; ma tu, che desideri ardentemente la nostra salute, impetraci quello che non può ottenere il merito nostro». 
      A queste parole, che le rivolgevamo piangendo, Caterina rispose: «Già da un pezzo ho rinunziato alla mia volontà, né in queste né in altre cose voglio se non ciò che vuole il Signore. Io desidero con tutto il cuore la vostra salute, ma Colui, che è mia e vostra salute, sa procurarla meglio che di una qualunque creatura; e perciò si faccia in tutto la sua volontà. Nonostante pregherò volentieri, perchè avvenga ciò che è meglio. A questa risposta restammo dolenti e perplessi. 
      
      198. Ma l'Altissimo non disprezzò le nostre lacrime, perché il sabato seguente Caterina mi fece chiamare, e mi disse: «Mi sembra che il Signore vi voglia accontentare, e spero che presto raggiungerete il vostro intento». E come mi disse avvenne. 
      La Domenica seguente lei ricevette dalle mie indegne mani la santa Comunione, e come nella Domenica precedente il suo corpo, mentre era in estasi, fu quasi abbattuto dall'ardore, così in questo giorno, godendo della stessa estasi, sembrava davvero che rinvigorisse. Alle consorelle che si meravigliarono, perché in questo rapimento lei non aveva dato segno di soffrire come sempre i soliti dolori, ma era sembrato piuttosto che godesse e quasi dormisse un sonno tranquillo e riposante, io dissi: «Spero in Dio che le nostre lacrime, con le quali abbiamo chiesto che ci fosse conservata la vita di lei, siano già state accolte dal Signore, come lei ieri mi promise; e lei, che si affrettava di andare dal suo Sposo, spero che ritorni da noi, per sollevare la nostra miseria». Parlai così, e in breve avemmo la prova che non m'ero sbagliato, perchè riavutasi, ci apparve tanto vigorosa, da non avere più alcun dubbio d'essere stati esauditi. O Padre di infinita misericordia, che cosa farai ai tuoi servi fedeli e figli diletti, se hai acconsentito con tanta piacevolezza a noi peccatori? 
      Pensando fra me e me a quanto vedevo, per essere più sicuro domandai alla vergine: «Mamma, lo senti ancora il dolore di quelle ferite che son state fatte nel tuo corpo?». 
      Rispose: «Il Signore, con mio grande dispiacere, ha esaudito le vostre preghiere, e quelle ferite non recano più al mio corpo nessuna pena, ma lo rendono più forte e robusto, e sento bene che il vigore nasce proprio da dove prima derivava lo spasimo». 
      I fatti che ti ho raccontato, o lettore, ti dicano di quali grazie straordinarie fosse arricchita l'anima di questa vergine, e t'insegnino che anche i peccatori, quando pregano per la salute dell'anima propria, vengono esauditi da Colui che vuole che tutti gli nomini siano salvi.

 

       


[Modificato da Caterina63 27/04/2016 10:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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