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NOVENA (o Triduo) A SANTA CATERINA DA SIENA Festa del 29 aprile

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2017 09:19
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Santuario delle Stimmate di Santa Caterina      


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Santuario delle Stimmate
di Santa Caterina in Pisa

La chiesetta di Santa Cristina -Chiesa Parrocchiale e Prioria- è situata a Pisa in Lungo Arno Gambacorti, sulla riva di sinistra ove un tempo sorgeva un porto, poco distante dalla chiesetta di Santa Maria della Spina –capolavoro gotico che conservava la Sacra Reliquia di una delle spine della corona di Gesù Cristo-, dalla chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Pisa e dalla parrocchiale di San Martino.

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L’origine della chiesa di Santa Cristina -secondo una tradizione, stimata da recenti studi storiografici non molto plausibile- sarebbe stata fondata nell’840 e successivamente consacrata in 24 agosto 842. In effetti non rimane alcuna testimonianza che smentisca -o in qualche modo avvalori- tale ipotesi.

 


Di certo sappiamo che le origini della chiesa sono anteriori all’anno Mille. L’edificio sappiamo già esistente prima dell’anno 1006; difatti da un documento di quest’anno ed in un altro -di poco posteriore- risulterebbe che la chiesetta era dedicata a Santa Cristina.


All’origine la titolazione della chiesa non era né dedicato solo alla Santa. Era difatti dedicata anche a San Bartolomeo, ciò si evince –ed è testimoniato- da un documento del 9 Luglio 1027 in cui risulterebbe la doppia titolazione. Orbene da alcuni documenti risulterebbe che la chiesa fosse dedicata a Santa Cristina, mentre in altri documenti sembrerebbe che il luogo sacro in origine fosse stato dedicato a San Bartolomeo, da tal’altri addirittura dedicata ad entrambi. Secondo il Tronci –ed abbracciamo la sua supposizione- la sua primitiva dedicazione è quella di San Bartolomeo. La chiesa dipendeva direttamente dal capitolo del Duomo ed ebbe cura di anime fin dall’origine. È a partire dall’anno 1815 il parroco della chiesa di Santa Cristina assunse anche il titolo di “priore”.


In questa chiesa Santa Caterina da Siena ricevette le Sacre Stigmate il 1° Aprile 1375[1] mentre pregava inginocchiata davanti ad un crocifisso [2]. L’evento viene ricordato presso l’altare destro; oltre alla lapide si nota il resto di una antica colonna che indica il luogo esatto dove avvenne il miracolo. Un dipinto di Domenico da Passignano, alla destra dell’altare maggiore, testimonia il momento in cui la Santa senese ebbe in dono da Nostro Signore le Sacre Stigmate.


«O sposa del Cristo, fiore della patria nostra, angelo della Chiesa sii benedetta.
Tu amasti le anime redente dal Divino tuo Sposo: come Lui spargesti lacrime sulla Patria diletta; per la Chiesa e per il Papa consumasti la fiamma di tua vita. Quando la Peste mieteva vittime ed infuriava la discordia, tu passavi Angelo buono di Carità e di pace. Contro il disordine morale, che ovunque regnava, chiamasti virilmente a raccolta la buona volontà di tutti i fedeli.
Morente tu invocasti sopra le anime, sopra l’Italia, sopra la Chiesa il Sangue prezioso del I ‘Agnello.
O Caterina Santa, dolce sorella Patrona nostra, vinci l’errore, custodiscila fede, infiamma, raduna le anime intorno al Pastore. La Patria nostra, benedetta da Dio, eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità, nella prosperità, nella pace.
Per te la Chiesa si estenda quanto il Salvatore ha desiderato, per te il Pontefice sia amato e cercalo come il Padre il consigliere di tutti.
E le anime nostre siano per te illuminate, fedeli al dovere verso l’Italia e verso la Chiesa, tese sempre verso il cielo, nel Regno di Dio dove il Padre, il Verbo, il Divino amore irradiano sopra ogni Spirito eterna luce, perfetta letizia. Così sia».[3]
 


Nel 1563 quel medesimo crocifisso[4] da cui ricevette le stimmate venne portato a Siena dove è conservato attualmente nella cappella della casa di Santa Caterina. La parte della chiesa antica tuttora esiste, è il bellissimo abside (esterno). Per questo motivo la chiesa è stata proclamata “Santuario Cateriniano". Il 24 Settembre 1989 il santuario è stato meta di preghiera, durante una sua visita a Pisa di S.S. Papa Giovanni Paolo II. All’interno della chiesa –a ricordo del pellegrinaggio del Santo Padre- è stata recentemente posta una lapide per ricordare la sua visita.

Prof. Alessio Varisco - Storico dell'Arte
Direttore Antropologia Arte Sacra 




SANTA CATERINA NEI DOCUMENTI PAPALI
(A cura di: Padre Alfredo Scarciglia - Quaderno n.105)

BOLLA DELLA CANONIZZAZIONE DI SANTA CATERINA DA SIENA, PUBBLICATA DA PIO II
- San Pietro, 29 giugno 1461 -

     (...) Avea pure nel secolo scorso, a memoria de' nostri padri, fiorito nella stessa città (Siena) e nel sesso muliebre la vergine Caterina non inferiore di meriti nè meno a Dio accetta: di cui le preghiere non dubitiamo che già furono, ora sono e saranno nell'avvenire di molto giovamento all'umana famiglia. Imperocchè, siccome i peccati e le bestemmie dei malvagi provocano sopra di noi il furore divino, così, viceversa, le opere e le supplicazioni dei santi ce ne scansano.
Ma Caterina, quantunque avesse quaggiù vissuta vita d'angelo, e pria dell'anno '80 del secolo volata al cielo, fosse per molti prodigi e gloriosi miracoli divenuta illustre, pure, non avendo i romani pontefici che me precederono ciò decretato, non venne sino ai dì nostri accolta tra le sante vergini di Cristo dalla Chiesa militante. Avean desiderato impartire quest'onore Urbano VI, e dopo lui Innocenzo VII, e da ultimo Gregorio XII; i quali tutti ebbero peculiar notizia di questa vergine e del santo viver di lei.
Ma angustiati dallo scisma che infierì alla loro stagione, e molto agitati dalle turbolenze e dalle molestie di guerra, per divino avviso, come dicemmo, si passarono di ciò, affinchè infierendo la procella della divisione, ciò che l'un partito teneva per santo, non fosse dall'altro tenuto nel conto più vile.
   Fu adunque tal cosa differita ai nostri giorni, e a noi venne riservata la canonizzazione di questa santissima vergine, come di nostra conterranea e concittadina, affinchè la santità d'una vergine sanese venisse a luce per decreto d'un sanese regnante sul Seggio romano.
Nel quale negozio non vogliamo punto negare che ci abbia eccitato un affetto santo e pio, imperocchè qual è mai che non procuri volentieri, ove ciò possa farsi per diritto ed onestamente, che sien divulgati gli elogi della sua città, le lodi della patria, le virtù della sua stirpe? Ciascuno desidera ardentemente di palesare i fatti eccellenti e gli uomini che per virtù chiari fiorirono in tutti i sessi ed in ciascuna parte del mondo; più volentieri però e con maggior diletto, quei che vissero nella sua patria e stirpe.
E quantunque avessimo noi con molto gaudio in quale che sia popolo ravvisato le sublimi doti, l'eccellente ingegno, la mente divina, il santissimo volere della beata Caterina, maggior contento però è il nostro nello scorgere tali cose nella città di Siena, donde sortimmo i natali. Imperocchè nutriamo fidanza d'esse viemaggiormente e più peculiarmente partecipi dei meriti di lei, che se questa vergine o nell'Africa fosse nata, oppure nella Scizia o nell'India; non potendo per guisa veruna accadere che non ci derivi alcun privilegio dall'attenenza coi santi.
   Nè perciò dobbiam dire più o men del vero, nè a cagion del parentado o della patria carità deve essere alcuno annoverato tra i santi meriti, senza il solito esame, senza le consuete solennità. Laonde quantunque udimmo con piacere essere di Siena la beata Caterina di cui domandavasi la canonizzazione, nulla però trascurammo nella santificazion di lei di quelle cose che in solennità sì grande richieggonsi.
   V'erano perciò molte preci non solo del popolo sanese, ma sì ancora di altri: chè il carissimo figlio di Cristo Federigo Augusto Imperador de' Romani, e il diletto figliuolo Pasquale doge di Venezia, nobile personaggio, ci supplicarono che non fosse più lungamente quaggiù priva del debito onore questa vergine, a cui la divozione di molti popoli era vivamente indirizzata, e di cui molti prodigi si divulgavano.
Nello andare a Mantova, essendoci nel maggio per qualche tempo fermati a Siena, e là essendoci nel pubblico concistoro, esposti i grandi meriti e i meravigliosi portenti di lei, e rivolte ardenti suppliche affinchè le decretassimo gli onori dei santi, non consentimmo sì presto, ma secondo l'antica consuetudine destinammo con l'oracolo della viva voce tre dei nostri fratelli cardinali della santa Romana Chiesa, un vescovo, un prete, un diacono, a diligentemente esaminare, dopo fatti i soliti processi, la vita, i costumi e i miracoli della stessa Caterina, operati in vita e dopo morte, e quanto resta per la canonizzazione di lei, e a farcene in secreto concistoro, com'è usanza, fedele relazione. I commissari discussero tal cosa per un anno e più, nel qual tempo noi da Mantova tornammo a Roma.
Trovati gli antichi processi, che si composero in Venezia ed altrove, e di nuovo esaminati i testimoni, e ponderata con somma diligenza ogni cosa, pria separatamente ne fecero ne fecero relazione tra i cardinali soltanto, sinceramente ragguagliati di tutto che ebber ritrovato. Procurammo poi che fossero di nuovo recitate da un avvocato del pubblico concistoro quelle cose che pria ci avean significate. Da ultimo, adunati nella nostra corte tutti quei vescovi che eran con loro, e assistendoci i cardinali, i detti commissari nuovamente per mezzo del venerabile nostro fratello Guglielme di Porto, di nazione francese (il primo tra essi) ci esposero ciò che avean rinvenuto, e che parea convenevolmente provato. Dalla loro relazione, che fu oltre ogni dire ampia ed ornata, queste cose sommariamente attingemmo, che sono vere, provate, conosciute e manifeste.
   La Vergine Caterina, nata in Siena da parenti di mezzana condizione, pria che potesse per l'età conoscere Iddio si volle a lui consacrare.
A sei anni desiderò fuggire a un eremo per servire il Signore, ed uscita dalla città si nascose in una caverna ch'era luogo solitario: quantunque dimoratavi poco tempo, così comandandole lo Spirito divino, fosse poi tornata a casa. Avendo imparato l'angelico saluto, quante volte montò la scala della casa paterna, tante a ciascun gradino piegato il ginocchio, riverì la beatissima Vergine Madre di Dio. E correndo l'anno settimo dell'età sua, consacrò la sua verginità a Cristo, cui con mirabile visione contemplò sedente nella sua maestà: e scorse gli arcani della corte celeste, i quali non può dir lingua mortale. Rinunziò ad ogni mondana delizia. Tutta si diè all'orazione, ed afflisse il suo corpicciuolo colle vigilie, coi digiuni, colle battiture. Persuase le fanciulle della sua condizione ad operare a questo modo.
Giunta alla pubertà, stracciati i capelli, ricusò matrimonio di mortale. Spregiò le ingiurie e le maledizioni degli uomini. Tolse per forza piuttosto che non impetrò l'abito del beato Domenico, che portano le Donne della Penitenza. Esercitò l'ufficio di serva nella casa paterna, nessuna cosa più desiderando, che di apparire vile e abietta davanti agli uomini.
Ai poverelli di Cristo colla venia del padre abbondevolmente soccorse. Con somma diligenza servì gl'infermi. Le tentazioni diaboliche e le continue zuffe degli spiriti maligni vinse con lo scudo della pazienza e col cimiero della fede. Ai prigioni ed agli oppressi arrecò sollievo come potè.
Non uscì da lei parola che santa e religiosa non fosse. Ogni sermone di lei si versò intorno ai costumi, alla religione, alla pietà, al dispregio del mondo, all'amore di Dio e del prossimo, ed alla patria celeste. Nessuno le si appressò,che non ne partisse più dotto e migliore. La sua dottrina fu infusa, non già acquistata. Apparve maestra prima d'esser discepola: imperocchè rispose con molta prudenza ai professori delle sacre lettere, e sino agli stessi vescovi di chiese illustri; e loro a tal guisa soddisfece da rinviare come agnelli mansueti quelli che avea ricevuto come lupi e leoni feroci: dei quali alcuni, meravigliando la sapienza divina nella verginella, distribuite tra i poverelli le sostanze che possedeano, tolta la croce del Signore, vissero dappoi vita evangelica.
   Somma fu l'astinenza e mirabile lqusterità della vita di Caterina: imperocchè avendo affatto abbandonato l'uso del vino e della carne, nè più adoperando cibi di farina, a tale stremo venne da non mangiare più nè legumi nè pane, tranne solo quel pane celestiale, che il vero cristiano mangia nel sacramento dell'altare. Fu trovata, contenta solo della comunione eucaristica, aver prolungato il digiuno dal giorno delle Ceneri insino all'Ascensione del Signore.
Per anni otto incirca si sostentò di uno scarso succo di erbe, e della sacra comunione. Andava alla mensa come a un supplizio. Alla comunione dell'altare quasi giornalmente con somma ilarità si appressava, come fosse invitata alle nozze celesti. Recavasi sotto le vesti il cilizio per mortificare la carne. non si servì di piume o di guanciali: si avea fatto un letto di tavole, e giacendovi dormiva pochissimo, che raramente tra giorno e notte il sonno di lei durava due ore: il rimanente del tempo impiegava nel vegliare, nell'orare, nel predicare, e nello attendere alle opere di misericordia.
Con lunghe corde macerò le sue carni: era afflitta da un dolor di capo quasi continuo: ardeva per le febbri e veniva eziandio travagliata da altre malattie.    Combattea quasi assiduamente coi demoni ed era da loro assai molestata; diceva coll'Apostolo: "Quando sono inferma allora divento più forte"; imperocchè non venia meno tra tante tribolazioni, nè punto trascurava le opere caritatevoli. Assisteva ai miseri che soffrivano senza ragione. Riprendeva i peccatori e li esortava con benignissime parole a penitenza. A tutti insegnava allegramente i precetti di salvezza. A ciascuno con volto ilare addimostrava qualcosa si dovesse seguitare, quale fuggire: con somma maestria pacificava i dissidenti. Molti odii spense, e cessò inimicizie mortali. Non bubitò per la pace de' Fiorentini, che in guerra con la Chiesa erano condannati a un interdetto acclesiastico, di oltrepassare l'Appennino e le Alpi, e sino in Avignone recarsi a Gregorio XI, pontefice massimo nostro predecessore, a cui palesò di avere divinamente conosciuto il voto, benchè noto a lui solo e a Dio, ch'egli avea occultamente fatto di recarsi a Roma.
Fu dotata ancora dello spirito di profezia, e molti avvenimenti predisse, e rivelò cose occultissime. Era sovente rapita dallo Spirito, e sospesa in aria si pasceva di celesti contemplazioni; talmente fuori di sè, che, tocca o percossa, di nulla si accorgeva, e ciò spesso le accadeva nel cibarsi della divinissima eucarestia.
   Molto dai popoli era stimato il nome di Caterina reputata come santa, e d'ogni parte i malati e i travagliati dagli spiriti maligni le erano condotti, e molti riacquistavano la salute. Ai languori ed alle febbri imperava nella virtù di Cristo, e costringeva i demoni a fuggirsi dagli ossessi. Laonde fu carissima ai romani pontefici Gregorio XI, di cui poco fa facemmo menzione, e ad Urbano VI: per guisa che venne adoperata nelle loro legazioni, e da essi arricchita di molti e grandi favori spirituali. Ed avendo a tal modo menata la vita, all'anno 33 incirca dell'età sua morì a Roma. Dell'assunzione e del glorioso ingresso di quest'anima in cielo stupende e mirabili rivelazioni si trovano presso quelle persone ch'ebbero in istima la vergine, e massimamente presso il confessore di lei Raimondo da Capua, maestro in sacra teologia, che fu poi nominato padre generale dell'ordine dei Predicatori.
Il quale, dimorando a Genova la notte in cui la vergine morì, la vide al mattino nel dormitorio presso l'immagine della Madre di Dio rifulgente di meraviglioso splendore, e che gli indirizzava parole di consolazione. Il corpo di lei, per tanto tempo custodito, fu da ultimo sepolto in Roma nella chiesa dei Frati Predicatori della Minerva con gran divozione e riverenza del popolo: e al contatto del medesimo molti infermi riceverono da Dio la sanità per guisa che ad alcuni apportò salute l'aver tocche quelle cose che alla loro volta toccarono le sacre membra di Caterina.
   La quale, ricevuta in cielo, porse benigno orecchio ai voti di coloro che supplicavano, ed impetrò che venissero esauditi da Cristo suo salvatore, sposo e signore: imperocchè molti da varie malattie furono guariti, i quali all'udire il nome gloriosissimo della beata Caterina, la richiesero supplichevoli di patrocinio. Laonde il nome di Caterina fu avuto in venerazione a Venezia, dove non era stata mai, ed in altri luoghi, e moltissimi voti le vengono indirizzati.
   Queste ed altre moltissime cose avendo il venerabile nostro fratello vescovo di Porto esposte nell'adunanza dei cardinali e dei prelati ed affermato che furono chiaramente provate, richiesti singolarmente così i cardinali, come i prelati (di cui moltissimi furon presenti) di manifestare il loro avviso; parve a comune suffragio doversi dichiarar Caterina degna del Cielo: nè v'ebbe alcuno, che non avesse sommamente approvato di celebrarsene la canonizzazione.

Or dopo avere tutti lungamente ascoltati, comandammo che fosse nella basilica del Beato Pietro, principe degli Apostoli, decentemente apparecchiato e decorato un pulpito, sul quale oggi alla presenza del clero e del popolo, dopo tenuto sermone della vita e dei miracoli di questa vergine, celebrata la messa solenne e fatte le consuete cerimonie secondo il rito, reputammo dover procedere alla canonizzazione di Caterina in forza di queste parole: «Ad onore dell'onnipotente ed eterno Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, ad esaltazione della fede cattolica ed aumento della cristiana Religione; coll'autorità di nostro Signore Gesù Cristo e de' Beati Apostoli Pietro e Paolo, e colla nostra, secondo l'avviso dei nostri fratelli, dichiariamo che Caterina da Siena, vergine d'illustre e d'indelebile memoria, di cui il corpo riposa in Roma nella Chiesa dei Predicatori che dicesi della Minerva, è stata (poichè ha ciò meritato la virtù di lei, cooperando la grazia divina) da molto tempo ricevuta nella Gerusalemme celeste nei cori delle beate vergini, e donata della corona di eterna gloria; e giudichiamo e definiamo doversi essa venerare come santa in privato ed in pubblico, e comandiamo che sia annoverata fra le sante vergini che venera la Chiesa romana: stabilendo che se ne celebri la festività per ciascun anno nella prima domenica del mese di maggio, e che a lei si renda gli onori che convengono alle altre beate vergini. Oltre a ciò, a quanti si recheranno nella stessa festività a visitare il sepolcro di lei, rilasciamo misericordiamente in perpetuo 7 anni ed altrettante quarantene delle penitenze loro ingiunte, come si costuma nella Chiesa».
    A nessuno adunque degli uomini sia lecito mettere in pezzi questa disposizione per ciò che riguarda la dichiarazione, la costituzione, il mandato, lo statuto e la rilassazione, o contraddirvi con temerario ardimento. Se qualcuno presume di violare comechessia queste pagine, sappia pure che incorrerà nell'indignazione dell'Onnipotente e de' beati apostoli Pietro e Paolo.
   Dato in Roma, a S. Pietro, l'anno 1461 dell'incarnazione del Signore, ai 29 di giugno, anno terzo del nostro pontificato.






[Modificato da Caterina63 13/04/2015 12:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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