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I Manoscritti che fecero... l'impresa... e poi Qumran, dove sta la verità?

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2011 19:18
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03/07/2010 00:51
 
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Codici ebraici dalla Biblioteca Apostolica Vaticana in mostra al Jewish Museum di Londra

I manoscritti
che fecero l'impresa


Il Jewish Museum di Londra ospita, fino al 10 ottobre, la mostra "Illumination. Hebrew Treasures from the Vatican and Major British Collections". In esposizione, tra gli altri, tre preziosi codici della Biblioteca Apostolica Vaticana. Pubblichiamo una presentazione della curatrice.

di Robin Navrozov
 

Questa mostra inaugura la Exhibitions Gallery del Jewish Museum, il cui ambizioso obiettivo è lo studio dei legami fra le fedi. A loro modo, i manoscritti e i libri in esposizione fanno questo da centinaia di anni. La generosità del Vaticano nel dare un contributo tanto grande a questa iniziativa attesta l'alta priorità che esso accorda a questo importante obiettivo. Questo assieme alla partecipazione della Biblioteca del Lambeth Palace,  della  British Library, della Bodleian Library e del Museum of the History of Science, mostra quale importante ruolo il Jewish Museum sia destinato a giocare nel panorama culturale londinese.
 
Uno dei contributi della Biblioteca Vaticana è la Sifra o Torat Koahnim, il codice ebraico più antico esistente che risale alla fine del IX secolo. I cristiani delle origini furono i primi ad adottare il formato del codice, inventando letteralmente il libro, che divenne un emblema del cristianesimo.

La sua importanza è legata al fatto che la diffusione di un messaggio scritto nel mondo non si sarebbe potuta verificare se questa grandissima e significativa innovazione non fosse stata apportata al momento giusto.

I codici sono più pratici dei rotoli, meno costosi da produrre, perché scritti sul recto e sul verso, e più maneggiabili. Sono anche più solidi, più duraturi e facili da usare. Se le pagine di un libro vanno perdute o vengono danneggiate o strappate, le altre non ne risentono necessariamente.

Grazie all'opera delle biblioteche monastiche del medioevo, e di quelle delle grandi università e cattedrali europee, si è conservata la maggior parte di ciò che è sopravvissuto dell'antica dottrina. Queste realtà, essendo cristiane, erano deputate a conservare i codici. In parte per questo motivo, quasi nulla è sopravvissuto delle scritture ebraiche dei secoli precedenti all'adozione del codice. Il manoscritto straordinario in mostra rappresenta il momento storico in cui le tradizioni culturali ebraiche e cristiane convergono.

Altri contributi del Vaticano sono l'unica copia esistente di un targum ("interpretazione") del Pentateuco (i "Cinque Libri" di Mosè) in aramaico risalente al XVI secolo e una copia del xv secolo della Mishneh Torah di Maimonide, notevole per i suoi titoli squisitamente decorati presumibilmente dai miniatori Cristoforo de Predis o Franco dei Russi.

Le immagini sono un esempio della massima espressione dello stile italiano della miniatura, che precedette l'avvento del libro stampato. La pagina illustrata è la raffigurazione artistica della dimensione mistica della dottrina. I quattro uomini con la barba grigia, studiosi ebrei togati, inginocchiati sotto le stelle con i loro strumenti di misurazione e i libri aperti (presumibilmente ebraici) sostengono sfere armillarie, simili a quella esposta, che risale approssimativamente allo stesso periodo e proviene dalla straordinaria collezione di astrolabi e di sfere del Museum of the History of Science di Oxford.

La parola Mada, vergata nel cielo pare significhi "scienza" oppure "conoscenza", ma dalle imprecisioni della scrittura si evince che il miniatore non conoscesse l'ebraico. Distese come stendardi dorati nel cielo, quelle lettere illustrano in modo evocativo una delle ragioni principali per la conservazione di questi manoscritti ebraici nella biblioteca pontificia:  il rispetto per le sacre lingue originali della Bibbia.

Fin dalla sua fondazione la Biblioteca Vaticana ha promulgato l'ideale umanista secondo cui ogni uomo di cultura dovrebbe essere trium linguarum gnarus, dovrebbe cioè parlare in maniera fluente latino, greco ed ebraico. La Biblioteca è stata dotata di uno scriptor Hebraicus e il Vaticano ha incoraggiato attivamente lo studio dell'ebraico e la conservazione dei testi originali.

La Chiesa cattolica non ha necessariamente avallato ogni risultato, ma ha permesso ai teologi di esplorare il significato profondo della Scrittura, cosa che ha portato molti a interessarsi ad altre aree di studi ebraici incluse la letteratura mistica e la kabbalah.
La Bodleian Library presso l'Università di Oxford possiede una delle più importanti collezioni di manoscritti ebraici. Anche il fondatore, Thomas Bodley (1545-1613),  era  uno  studioso ebreo. I  contributi della Bodleian Library alla mostra includono la leggendaria Kennicott Bible, prodotta in Spagna nel 1476 e capolavoro artistico influenzato senza dubbio dalle tradizioni stilistiche dell'islam. Il Mahzor tripartito risalente all'inizio del xiv secolo, reca invece esempi derivanti dalle tradizioni manoscritte nordeuropee. Mentre un Pentateuco ferrarese del xv secolo presenta una vergine con un unicorno, generalmente considerata un simbolo preminentemente cristiano. La cultura e l'identità artistica ebraiche si rivelano quindi molto più eclettiche di quanto si sia spesso immaginato.

Dalla British Library e dal Lambeth Place sono inoltre stati selezionati manoscritti e libri appartenenti a importanti ebraisti cristiani. Il filosemitismo come tendenza intellettuale ebbe un forte impatto su studiosi e teologi, statisti, filosofi e accademici. La mostra include un Pentateuco accompagnato dal commento di Rashi in quattro lingue (ebraico, aramaico, persiano e arabo in caratteri ebraici) scritto a Costantinopoli nel 1546, che apparteneva al principe Augusto Federico, Duca di Sussex, fratello di Giorgio iv e zio favorito della regina Vittoria, che era un importante ebraista e uno dei più grandi bibliofili dell'epoca. I marginalia di Isaac Casaubon, il filologo ugonotto francese, considerato alla sua epoca lo studioso più erudito d'Europa, sono visibili in latino e in ebraico nella copia personale del Sefer Mikhol di David Kimhi, pubblicato a Venezia nel 1545 da Daniel Bomberg (attivo dal 1515 al 1549). La mostra propone anche i taccuini di Benjamin Kennicott (1718-1783) che dedicò la propria vita al compito monumentale di raccogliere manoscritti ebraici precedenti all'era della stampa.

Come evidenzia l'arcivescovo Ravasi nella sua introduzione a questo catalogo, lo studio profondo dei cinque libri di Mosè e degli altri testi ebraici è ancora importante oggi e continua a evolversi. È importante ricordare che non si tratta solo di oggetti belli e bizzarri d'ammirare indipendentemente dal loro contenuto. Lo studio della tradizione ebraica e l'interesse per i loro testi e per la loro dottrina ha una profonda influenza sulla cultura europea, inclusa quella inglese. Ebrei, cristiani e musulmani hanno un'origine religiosa comune presentata da questi manoscritti che hanno potuto essere studiati e ammirati da diverse generazioni grazie a queste grandi biblioteche. Questi libri sono il fondamento della cultura contemporanea.


(©L'Osservatore Romano - 3 luglio 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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