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ATTENZIONE: DOCUMENTO DELLA CDF NORME SULLA "DE GRAVIORIBUS DELICTS" e LETTERA CIRCOLARE maggio 2011

Ultimo Aggiornamento: 05/04/2013 16:05
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Dalla Congregazione per la Dottrina della Fede

Modificate le norme
«de gravioribus delictis»



Procedure più efficaci per contribuire alla chiarezza e alla certezza del diritto

 

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha reso pubblici giovedì mattina 15 luglio, gli aggiornamenti apportati alle Normae de gravioribus delictis, in riferimento a delitti che la Chiesa ritiene eccezionalmente gravi e perciò sono sottoposti alla competenza del tribunale della medesima Congregazione. Nel novero di tali delitti rientrano quelli contro la fede, contro i sacramenti dell'eucaristia, della penitenza e dell'ordine, e naturalmente quelli di abuso sessuale da parte di membri del clero nei confronti di minori.

In una nota diffusa contemporaneamente alla pubblicazione degli aggiornamenti, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita padre Federico Lombardi, ricorda la promulgazione del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela nel 2001, con il quale Giovanni Paolo II attribuiva alla Congregazione per la Dottrina della Fede la competenza per trattare e giudicare nell'ambito dell'ordinamento canonico una serie di delitti particolarmente gravi, per i quali essa era precedentemente attribuita anche ad altri dicasteri o non era del tutto chiara.

Il documento era accompagnato da una serie di norme applicative e procedurali note appunto  come  Normae  de  gravioribus delictis.

Nel corso dei nove anni successivi "l'esperienza ha naturalmente suggerito - scrive padre Lombardi - l'integrazione e l'aggiornamento di tali Norme, in modo da poter sveltire o semplificare le procedure per renderle più efficaci, o tener conto di nuove problematiche. Ciò è avvenuto principalmente grazie all'attribuzione da parte del Papa di nuove "facoltà" alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che però non erano state integrate organicamente nelle "Norme" iniziali. È ciò che è ora avvenuto, nell'ambito appunto di una revisione sistematica di tali Norme".

La vasta risonanza pubblica avuta negli anni recenti dai delitti di abuso sessuale su minori compiuti da membri del clero ha attirato grande attenzione e sviluppato un intenso dibattito sulle norme e procedure applicate dalla Chiesa per il giudizio e la punizione di essi. "È giusto quindi - commenta padre Lombardi - che vi sia piena chiarezza sulla normativa oggi in vigore in questo campo e che questa stessa normativa si presenti in modo organico, così da facilitare l'orientamento di chiunque debba occuparsi di queste materie".

Un primo contributo di chiarificazione - soprattutto a uso degli operatori dell'informazione - era stato dato poco tempo fa con la pubblicazione sul sito internet della Santa Sede di una sintetica "Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede riguardo alle accuse di abusi sessuali", "ma la pubblicazione delle nuove Norme - avverte il direttore della Sala Stampa della Santa Sede - è tutt'altra cosa, offrendoci un testo giuridico ufficiale aggiornato, valido per tutta la Chiesa".

Proprio tenendo conto della risonanza della problematica relativa agli abusi sessuali, padre Lombardi si sofferma su alcuni aspetti rilevanti. Fra le novità introdotte cita quelle intese a rendere le procedure più spedite, come la possibilità di non seguire la "via processuale giudiziale" ma di procedere "per decreto extragiudiziale", o quella di presentare al Papa in circostanze particolari i casi più gravi in vista della dimissione dallo stato clericale.

Dopo aver sottolineato la norma che consente ora di avere come membri del personale dei tribunali, o come avvocati o procuratori, non solo più sacerdoti, ma anche laici, padre Lombardi richiama l'attenzione sul "passaggio del termine della prescrizione da dieci a venti anni, restando sempre la possibilità di deroga anche oltre tale periodo" e sulla "significativa equiparazione ai minori delle persone con limitato uso di ragione" nonché sulla "introduzione di una nuova fattispecie:  la pedopornografia. Questa viene così definita:  "l'acquisizione, la detenzione o la divulgazione" compiuta da un membro del clero "in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori di anni quattordici"".

Un punto che non viene toccato, mentre spesso è oggetto di discussione in questi tempi, riguarda la collaborazione con le autorità civili. "Bisogna tenere conto - fa notare il direttore della Sala Stampa della Santa Sede - che le Norme ora pubblicate sono parte dell'ordinamento penale canonico, in sé completo e pienamente distinto da quello degli Stati". Padre Lombardi richiama quanto scritto nella "Guida alla comprensione delle procedure" pubblicata sul sito della Santa Sede dove si specifica che "va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte". Dunque ciò significa che nella prassi proposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede occorre provvedere per tempo a ottemperare alle disposizioni di legge vigenti nei diversi Paesi e non nel corso del procedimento canonico o successivamente a esso.

"La pubblicazione odierna delle Norme - scrive ancora padre Lombardi - dà un grande contributo alla chiarezza e alla certezza del diritto in un campo in cui la Chiesa è fortemente impegnata oggi a procedere con rigore e con trasparenza, così da rispondere pienamente alle giuste attese di tutela della coerenza morale e della santità evangelica che i fedeli e l'opinione pubblica nutrono verso di essa, e che il Papa ha continuamente ribadito. Naturalmente occorrono anche molte altre misure e iniziative, da parte di diverse istanze ecclesiali".

Per quanto riguarda la Congregazione per la Dottrina della Fede, essa sta lavorando su ulteriori indicazioni da dare agli episcopati per aiutarli a formulare e sviluppare in modo coerente ed efficace le indicazioni e direttive necessarie ad affrontare la problematica degli abusi sessuali di minori da parte di membri del clero o nell'ambito di attività o istituzioni connesse alla Chiesa, con riguardo alla situazione e ai problemi della società in cui operano.

"Sarà un altro passo cruciale nel cammino - avverte Lombardi - perché la Chiesa traduca in prassi permanente e in consapevolezza continua i frutti degli insegnamenti e delle riflessioni maturati nel corso della dolorosa vicenda della "crisi" dovuta agli abusi sessuali da parte di membri del clero".

A completamento di questa breve rassegna sulle principali novità contenute nelle "Norme" il direttore della Sala Stampa della Santa Sede si sofferma anche sugli aggiornamenti che si riferiscono a delitti di altra natura e spiega che "in realtà anche in questi casi non si tratta tanto di determinazioni nuove nella sostanza, quanto di inserimento di normative già vigenti, così da ottenere una normativa complessiva più ordinata e organica sui "delitti più gravi" riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede":  i delitti contro la fede, per i quali sono normalmente competenti gli Ordinari, ma la Congregazione diventa competente in caso di appello; la registrazione e divulgazione compiute maliziosamente delle confessioni sacramentali e l'ordinazione delle donne.


 
Modificate le norme «de gravioribus delictis»


(©L'Osservatore Romano - 16 luglio 2010)


[Modificato da Caterina63 05/04/2013 16:05]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Parte Prima

NORME SOSTANZIALI

Art. 1

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede, a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti e, se del caso, procede a dichiarare o irrogare le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune sia proprio, fatta salva la competenza della Penitenzieria Apostolica e ferma restando la Agendi ratio in doctrinarum examine.

§ 2. Nei delitti di cui al § 1, per mandato del Romano Pontefice, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche di cui al can. 1405 § 3 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1061 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 3. La Congregazione per la Dottrina della Fede giudica i delitti riservati di cui al § 1 a norma degli articoli seguenti.

   

Art. 2

§ 1. I delitti contro la fede, di cui all’art. 1, sono l’eresia, l’apostasia e lo scisma, a norma dei cann. 751 e 1364 del Codice di Diritto Canonico e dei cann. 1436 e 1437 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Nei casi di cui al § 1, a norma del diritto spetta all’Ordinario o al Gerarca rimettere, se del caso, la scomunica latae sententiae e svolgere il processo giudiziale in prima istanza o extragiudiziale per decreto, fatto salvo il diritto di appello o di ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

  

Art. 3

§ 1. I delitti più gravi contro la santità dell’augustissimo Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate, di cui al can. 1367 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1442 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1378 § 2 n. 1 del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la concelebrazione del Sacrificio eucaristico vietata dal can. 908 del Codice di Diritto Canonico e dal can. 702 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, di cui al can. 1365 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1440 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, insieme ai ministri delle comunità ecclesiali che non hanno la successione apostolica e non riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale.

§ 2. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto che consiste nella consacrazione a fine sacrilego di una sola materia o di entrambe, nella celebrazione eucaristica o fuori di essa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

  

Art. 4

§ 1. I delitti più gravi contro la santità del sacramento della Penitenza riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, di cui al can. 1378 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1457 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata assoluzione sacramentale o l’ascolto vietato della confessione di cui al can. 1378 § 2, 2° del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’assoluzione sacramentale di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, di cui al can. 1387 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1458 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, se diretta al peccato con lo stesso confessore;

5° la violazione diretta e indiretta del sigillo sacramentale, di cui al can. 1388 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1456 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Fermo restando il disposto del § 1 n. 5, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave consistente nella registrazione, fatta con qualunque mezzo tecnico, o nella divulgazione con i mezzi di comunicazione sociale svolta con malizia, delle cose che vengono dette dal confessore o dal penitente nella confessione sacramentale, vera o falsa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione, se è un chierico.

Art. 5

Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave di attentata sacra ordinazione di una donna:

1° fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che attenta il conferimento del sacro ordine, sia la donna che attenta la recezione del sacro ordine, incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica;

2° se poi colui che attenta il conferimento del sacro ordine o la donna che attenta la recezione del sacro ordine è un cristiano soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione è pure riservata alla Sede Apostolica;

3° se poi il reo è un chierico, può essere punito con la dimissione o la deposizione.

  Art. 6

§ 1. I delitti più gravi contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono:

1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni; in questo numero, viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;

2° l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.

§ 2. Il chierico che compie i delitti di cui al § 1 sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

  

Art. 7

§ 1. Fatto salvo il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogare alla prescrizione per i singoli casi, l’azione criminale relativa ai delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede si estingue per prescrizione in vent’anni.

§ 2. La prescrizione decorre a norma del can. 1362 § 2 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1152 § 3 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Ma nel delitto di cui all’art. 6 § 1 n. 1, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto diciotto anni.

Seconda Parte

NORME PROCEDURALI

TITOLO I
Costituzione e competenza del Tribunale

  

Art. 8

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede è il Supremo Tribunale Apostolico per la Chiesa Latina, nonché per le Chiese Orientali Cattoliche, nel giudicare i delitti definiti negli articoli precedenti.

§ 2. Questo Supremo Tribunale giudica anche gli altri delitti, per i quali il reo viene accusato dal Promotore di Giustizia, in ragione della connessione della persona e della complicità.

§ 3. Le sentenze di questo Supremo Tribunale, emesse nei limiti della propria competenza, non sono soggette all’approvazione del Sommo Pontefice.

   

Art. 9

§ 1. I giudici di questo Supremo Tribunale sono, per lo stesso diritto, i Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede.

§ 2. Presiede il collegio dei Padri, quale primo fra pari, il Prefetto della Congregazione e, in caso di vacanza o di impedimento del Prefetto, ne adempie l’ufficio il Segretario della Congregazione.

§ 3. Spetta al Prefetto della Congregazione nominare anche altri giudici stabili o incaricati.

Art. 10

È necessario che siano nominati giudici sacerdoti di età matura, provvisti di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinti per prudenza ed esperienza giuridica, anche se esercitano contemporaneamente l’ufficio di giudice o di consultore in un altro Dicastero della Curia Romana.

  

Art. 11

Per presentare e sostenere l’accusa, è costituito un Promotore di Giustizia, che sia sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinto per prudenza ed esperienza giuridica, che adempia il suo ufficio in tutti i gradi di giudizio.

   

Art. 12

Per i compiti di Notaio e di Cancelliere sono designati sacerdoti, sia Officiali di questa Congregazione, sia esterni.

  

Art. 13

Funge da Avvocato e Procuratore un sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, che viene approvato dal Presidente del collegio.

Art. 14

Negli altri Tribunali, poi, per le cause di cui nelle presenti norme, possono adempiere validamente gli uffici di Giudice, Promotore di Giustizia, Notaio e Patrono soltanto sacerdoti.

Art. 15

Fermo restando il prescritto del can. 1421 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1087 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito concedere le dispense dai requisiti del sacerdozio, nonché del dottorato in diritto canonico.

   

Art. 16

Ogni volta che l’Ordinario o il Gerarca ha la notizia, almeno verisimile, di un delitto più grave, svolta l’indagine previa, la renda nota alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale, se non avoca a sé la causa per circostanze particolari, ordina all’Ordinario o al Gerarca di procedere ulteriormente, fermo restando tuttavia, se del caso, il diritto di appello contro la sentenza di primo grado soltanto al Supremo Tribunale della medesima Congregazione.

Art. 17

Se il caso viene deferito direttamente alla Congregazione, senza condurre l’indagine previa, i preliminari del processo, che per diritto comune spettano all’Ordinario o al Gerarca, possono essere adempiuti dalla Congregazione stessa.

   

Art. 18

La Congregazione per la Dottrina della Fede, nelle cause ad essa legittimamente deferite, può sanare gli atti, fatto salvo il diritto alla difesa, se sono state violate leggi meramente processuali da parte dei Tribunali inferiori che agiscono per mandato della medesima Congregazione o secondo l’art. 16.

  

Art. 19

Fermo restando il diritto dell’Ordinario o del Gerarca, fin dall’inizio dell’indagine previa, di imporre quanto è stabilito nel can. 1722 del Codice di Diritto Canonico o nel can. 1473 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, anche il Presidente di turno del Tribunale, su istanza del Promotore di Giustizia, ha la stessa potestà alle stesse condizioni determinate nei detti canoni.

   

Art. 20

Il Supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede giudica in seconda istanza:

1° le cause giudicate in prima istanza dai Tribunali inferiori;

2° le cause definite in prima istanza dal medesimo Supremo Tribunale Apostolico.

   

TITOLO II
L’ordine giudiziario

Art. 21

§ 1. I delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede vanno perseguiti in processo giudiziale.

§ 2. Tuttavia, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito:

1° nei singoli casi, d’ufficio o su istanza dell’Ordinario o del Gerarca, decidere di procedere per decreto extragiudiziale, di cui al can. 1720 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1486 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali; tuttavia, con l’intendimento che le pene espiatorie perpetue siano irrogate soltanto dietro mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede;

2° deferire direttamente alla decisione del Sommo Pontefice in merito alla dimissione dallo stato clericale o alla deposizione, insieme alla dispensa dalla legge del celibato, i casi più gravi, quando consta manifestamente il compimento del delitto, dopo che sia stata data al reo la facoltà di difendersi.

   

Art. 22

Per giudicare una causa, il Prefetto costituisca un Turno di tre o di cinque giudici.

  

Art. 23

Se, in grado di appello, il Promotore di Giustizia porta un’accusa specificamente diversa, questo Supremo Tribunale può ammetterla e giudicarla, come se fosse in prima istanza.

   

Art. 24

§ 1. Nelle cause per i delitti di cui all’art. 4 § 1, il Tribunale non può rendere noto il nome del denunciante, né all’accusato, e neppure al suo Patrono, se il denunciante non ha dato espresso consenso.

§ 2. Lo stesso Tribunale deve valutare con particolare attenzione la credibilità del denunciante.

§ 3. Tuttavia, bisogna provvedere a che si eviti assolutamente qualunque pericolo di violazione del sigillo sacramentale.

   

Art. 25

Se emerge una questione incidentale, il Collegio definisca la cosa per decreto con la massima celerità.

Art. 26

§ 1. Fatto salvo il diritto di appello a questo Supremo Tribunale, terminata in qualunque modo l’istanza in un altro Tribunale, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

§ 2. Il diritto del Promotore di Giustizia della Congregazione di impugnare la sentenza decorre dal giorno in cui la sentenza di prima istanza è stata notificata al medesimo Procuratore.

   

Art. 27

Contro gli atti amministrativi singolari emessi o approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei casi dei delitti riservati, si ammette il ricorso, presentato entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla Congregazione Ordinaria (ossia, Feria IV) del medesimo Dicastero, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qualsiasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica Pastor bonus.

Art. 28

La cosa passa in giudicato:

1° se la sentenza è stata emessa in seconda istanza;

2° se l’appello contro la sentenza non è stato interposto entro un mese;

3° se, in grado di appello, l’istanza andò perenta o si rinunciò ad essa;

4° se fu emessa una sentenza a norma dell’art. 20.

  

Art. 29

§ 1. Le spese giudiziarie si paghino secondo quanto stabilito dalla sentenza.

§ 2. Se il reo non può pagare le spese, esse siano pagate dall’Ordinario o dal Gerarca della causa.

   

Art. 30

§ 1. Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.

§ 2. Chiunque viola il segreto o, per dolo o negligenza grave, reca altro danno all’accusato o ai testimoni, su istanza della parte lesa o anche d’ufficio sia punito dal Turno superiore con congrue pene.

  

Art. 31

In queste cause, insieme alle prescrizioni di questo norme, a cui sono tenuti tutti i Tribunali della Chiesa Latina e delle Chiese Orientali Cattoliche, si debbono applicare anche i canoni sui delitti e le pene e sul processo penale dell’uno e dell’altro Codice.

  

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

BREVE RELAZIONE
CIRCA LE MODIFICHE INTRODOTTE
NELLE NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS
RISERVATI ALLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE


Nel nuovo testo delle Normae de gravioribus delictis, così come modificato a seguito della decisione del Romano Pontefice Benedetto XVI del 21 maggio 2010, sono presenti vari emendamenti sia nella parte concernente le norme sostanziali, sia in quella afferente le norme processuali.

Le modifiche introdotte nel testo normativo sono le seguenti:

A) a seguito della concessione, ad opera del Santo Padre Giovanni Paolo II, in favore della Congregazione per la Dottrina della Fede, di alcune facoltà, successivamente confermate dal successore Benedetto XVI in data 6 maggio 2005, sono stati inseriti:

1. il diritto, previo mandato del Romano Pontefice, di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi e altre persone fisiche di cui ai cann. 1405 § 3 CIC e 1061 CCEO (art. 1 § 2);

2. l’ampliamento del termine di prescrizione dell’azione criminale, che è stato portato ad anni venti, salvo sempre il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogarvi (art. 7);

3. la facoltà di concedere al personale del Tribunale e agli Avvocati e Procuratori la dispensa dal requisito del sacerdozio e da quello della laurea in diritto canonico (art. 15);

4. la facoltà di sanare gli atti in caso di violazione delle sole leggi processuali ad opera dei Tribunali inferiori, salvo il diritto di difesa (art. 18);

5. la facoltà di dispensare dalla via processuale giudiziale, e cioè di procedere per decretum extra iudicium: in tal caso la Congregazione per la Dottrina della Fede, valutata la singola fattispecie, decide di volta in volta, ex officio o su istanza dell’Ordinario o del Gerarca, quando autorizzare il ricorso alla via extragiudiziale (in ogni caso, per l’irrogazione delle pene espiatorie perpetue occorre il mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede) (art. 21 § 2 n. 1);

6. la facoltà di presentare direttamente il caso al Santo Padre per la dimissio e statu clericali o per la depositio, una cum dispensatione a lege caelibatus: in tale ipotesi, salva sempre la facoltà di difesa dell’accusato, oltre all’estrema gravità del caso, deve risultare manifestamente la commissione del delitto oggetto di esame (art. 21 § 2 n. 2);

7. la facoltà di ricorrere al superiore grado di giudizio della Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, in caso di ricorsi contro provvedimenti amministrativi, emanati o approvati dai gradi inferiori della medesima Congregazione, concernenti i casi di delitti riservati (art. 27).

B) Sono state inoltre inserite nel testo ulteriori modifiche, e segnatamente:

8. sono stati introdotti i delicta contra fidem, cioè eresia, apostasia e scisma, relativamente ai quali è stata in particolare prevista la competenza dell’Ordinario, ad normam iuris, a procedere giudizialmente o extra iudicium in prima istanza, salvo il diritto di appellare o ricorrere innanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede (art. 1 § 1 e art. 2);

9. nei delitti contro l’Eucaristia, le fattispecie delittuose dell’attentatio liturgicae eucharistici Sacrificii actionis, di cui al can. 1378 § 2 n. 1 CIC, e la simulazione di essa, di cui al can. 1379 CIC e al can. 1443 CCEO, non sono più considerate unitariamente sotto lo stesso numero, bensì sono apprezzate separatamente (art. 3 § 1 nn. 2 e 3 );

10. sempre nei delitti contro l’Eucaristia, sono stati eliminati, rispetto al testo precedentemente in vigore, due incisi, precisamente: “alterius materiae sine altera”, e “aut etiam utriusque extra eucharisticam celebrationem”, sostituiti, rispettivamente, con “unius materiae vel utriusque” e con “aut extra eam” (art. 3 § 2);  

11. nei delitti contro il sacramento della Penitenza, sono state introdotte le fattispecie delittuose di cui al can. 1378 § 2 n. 2 CIC (tentare di impartire l’assoluzione sacramentale, non potendo darla validamente, o l’ascoltare la confessione sacramentale)e ai cann. 1379 CIC e 1443 CCEO (simulazione dell’assoluzione sacramentale) (art. 4 § 1 nn. 2 e 3 );

12. sono state inserite le fattispecie della violazione indiretta del sigillo sacramentale (art. 4 § 1 n. 5) e della captazione e divulgazione, commesse maliziosamente, delle confessioni sacramentali (iuxta decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede del 23 settembre 1988) (art. 4 § 2);

13. è stata introdotta la fattispecie penale dell’attentata ordinazione sacra di una donna, secondo quanto stabilito nel decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede del 19 dicembre 2007 (art. 5);

14. nei delicta contra mores: si è equiparato al minore la persona maggiorenne che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione, il tutto con espressa limitazione al numero in parola (art. 6 § 1 n. 1);

15. si è aggiunta, inoltre, la fattispecie comprendente l’acquisizione, la detenzione o la divulgazione, a clerico turpe patrata, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori degli anni 14 (art. 6 § 1 n. 2);

16. si è chiarito che i munera processui praeliminaria possono, e non già debbono, essere adempiuti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (art. 17);

17. si è introdotta la possibilità di adottare le misure cautelari, di cui al can. 1722 CIC e al can. 1473 CCEO, anche durante la fase dell’indagine previa (art. 19).

Dal Palazzo del Sant’Uffizio, 21 maggio 2010
 

Gulielmus Cardinalis Levada
Praefectus

+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo tit. di Thibica

Segretario

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Introduzione storica a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede

Le norme del motu proprio
"Sacramentorum sanctitatis tutela"


Il Codice di diritto canonico (Codex iuris canonici, cic) promulgato da Papa Benedetto XV nel 1917 riconosceva l'esistenza di un certo numero di reati canonici o "delitti" riservati alla competenza esclusiva della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio, che, in quanto tribunale, era governata da una legge propria (cfr. can. 1555 cic 1917).

Pochi anni dopo la promulgazione del Codice del 1917, il Sant'Uffizio emanò un'istruzione, la Crimen sollicitationis (1922), che dava istruzioni dettagliate alle singole Diocesi e ai tribunali sulle procedure da adottare quando si dovevano trattare il delitto canonico di sollecitazione.

Questo gravissimo delitto riguardava l'abuso della santità e della dignità del sacramento della penitenza da parte di un prete cattolico, che sollecitasse il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona.

La normativa del 1922 aveva lo scopo di aggiornare alla luce del nuovo Codex iuris canonici le indicazioni della Costituzione apostolica Sacramentorum poenitentiae promulgata da Papa Benedetto xiv nel 1741. Si dovevano considerare diversi elementi che vanno a sottolineare la specificità della fattispecie (con risvolti meno rilevanti dal punto di vista del diritto penale civile):  il rispetto della dignità del sacramento, l'inviolabilità del sigillo sacramentale, la dignità del penitente e il fatto che in molti casi il prete accusato non poteva essere interrogato su tutto quello che fosse avvenuto senza mettere in pericolo il sigillo sacramentale.

Questa procedura speciale, perciò si basava su un metodo indiretto di raggiungere la certezza morale necessaria per giungere a una decisione definitiva sul caso. Questo metodo indiretto includeva l'indagine sulla credibilità della persona che accusava il prete e la vita e il comportamento del prete accusato. L'accusa stessa era considerata come una delle accuse più gravi che si potevano muovere contro un prete cattolico. Perciò, la procedura ebbe cura di assicurare che il prete che poteva essere vittima di un'accusa falsa o calunniosa venisse protetto dall'infamia finché non si provasse la sua colpevolezza.
Ciò venne garantito dalla stretta riservatezza della procedura stessa, intesa a proteggere da un'indebita pubblicità tutte le persone coinvolte, fino alla decisione definitiva del tribunale ecclesiastico.

L'istruzione del 1922 includeva una breve sezione dedicata a un altro delitto canonico:  il crimen pessimum, che trattava della condotta omosessuale da parte di un chierico. Questa ulteriore sezione determinava che le procedure speciali per i casi di sollecitazione fossero applicate anche per questa fattispecie, con i necessari adattamenti dovuti alla natura del caso. Le norme che riguardavano il crimen pessimum venivano estese all'odioso crimine dell'abuso sessuale di bambini prepuberi e alla bestialità.

L'istruzione Crimen sollicitationis pertanto non ha mai inteso rappresentare l'intera policy della Chiesa cattolica circa condotte sessuali improprie da parte del clero, ma solo istituire una procedura che permettesse di rispondere a quella situazione del tutto singolare e particolarmente delicata che è la confessione, in cui alla completa apertura dell'intimità dell'anima da parte del penitente corrisponde, per legge divina, il dovere di assoluta riservatezza da parte del sacerdote. Solo progressivamente e per analogia essa è stata estesa ad alcuni casi di condotta immorale di sacerdoti. L'idea che sia necessaria una normativa organica sulla condotta sessuale di persone con responsabilità educativa è assai recente, perciò rappresenta un grave anacronismo voler giudicare in questa prospettiva i testi normativi canonici di buona parte del secolo scorso.

L'istruzione del 1922 veniva inviata ai vescovi che avessero la necessità di trattare casi particolari che riguardavano la sollecitazione, l'omosessualità di un chierico, l'abuso sessuale di bambini e la bestialità.

Nel 1962, Papa Giovanni XXIII autorizzò una ristampa dell'istruzione del 1922 con una breve aggiunta sulle procedure amministrative nei casi che coinvolgevano chierici religiosi. Le copie della ristampa del 1962 sarebbero dovute essere distribuite ai vescovi radunati nel concilio vaticano II (1962-1965).
Alcune copie della ristampa furono consegnate ai vescovi che, nel frattempo, avevano bisogno di trattare casi riservati al Sant'Uffizio; tuttavia, la maggior parte delle copie non venne mai distribuita.

Le riforme proposte dal concilio vaticano II comportavano anche una riforma del Codex iuris canonici del 1917 e della Curia romana. Il periodo fra il 1965 e il 1983 (l'anno in cui fu pubblicato il nuovo Codex iuris canonici per la Chiesa latina) fu contrassegnato da differenti tendenze fra gli studiosi di diritto canonico in merito ai fini della legge penale canonica e alla necessità di un approccio decentralizzato ai casi, valorizzando l'autorità e il discernimento dei vescovi locali. Venne preferito un "atteggiamento pastorale" nei confronti delle condotte inappropriate; i processi canonici venivano da alcuni ritenuti anacronistici. Spesso prevalse il "modello terapeutico" nel trattamento dei casi di condotte inappropriate dei chierici.

Ci si attendeva che il vescovo fosse in grado di "guarire" più che di "punire". Un'idea fin troppo ottimista a proposito dei benefici delle terapie psicologiche determinò molte decisioni che riguardavano il personale delle diocesi e degli istituti religiosi, a volte senza considerare adeguatamente le possibilità di una recidiva.

In ogni modo, casi riguardanti la dignità del sacramento della penitenza, dopo il concilio rimasero alla Congregazione per la Dottrina della Fede (già Sant'Uffizio; il nome venne cambiato nel 1965), e l'istruzione Crimen sollicitationis fu ancora usata per questi casi fino alle nuove norme fissate dal motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001.

Nel periodo seguente al concilio vaticano II, furono presentati alla Congregazione per la Dottrina della Fede pochi casi riguardanti condotte sessuali inappropriate del clero relative a minori:  alcuni di questi casi erano legati all'abuso del sacramento della penitenza; alcuni altri possono essere stati inviati tra le richieste di dispensa dagli obblighi dell'ordinazione sacerdotale e dal celibato (prassi talvolta definita "laicizzazione"), che furono trattate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sino al 1989 (dal 1989 al 2005 la competenza per tali dispense è passata alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; dal 2005 ad oggi, gli stessi casi vengono trattati dalla Congregazione per il Clero).

Il Codex iuris canonici promulgato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1983 rinnovò la disciplina in materia al can. 1395, 2:  "Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti".
Secondo il cic 1983 i processi vengono celebrati nelle Diocesi. Gli appelli dalle sentenze giudiziali possono essere presentati presso la Rota Romana, mentre i ricorsi amministrativi contro i decreti penali vengono proposti presso la Congregazione per il Clero.

Nel 1994, la Santa Sede concesse un indulto per i vescovi degli Stati Uniti:  l'età per definire il delitto canonico di abuso sessuale di un minore fu elevata a 18 anni. Inoltre, il tempo per la prescrizione fu esteso ad un periodo di 10 anni calcolato a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. Venne indicato esplicitamente ai vescovi di svolgere i processi canonici nelle diocesi. Gli appelli furono riservati alla Rota romana, i ricorsi amministrativi alla Congregazione per il Clero. Durante questo periodo (1994-2001) non si  fece  alcun  riferimento  all'antica competenza del Sant'Uffizio per questi casi.

L'indulto del 1994 per gli Stati Uniti fu esteso all'Irlanda nel 1996. Nel frattempo, la questione di procedure speciali per casi di abuso sessuale venne discussa nella Curia romana. Alla fine, Papa Giovanni Paolo II decise di includere l'abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico nel nuovo elenco di delitti canonici riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

La prescrizione per questi casi venne fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. La nuova legge, un motu proprio dal titolo Sacramentorum sanctitatis tutela, fu promulgata il 30 aprile 2001. Una lettera firmata dal cardinale Joseph Ratzinger e dall'arcivescovo Tarcisio Bertone, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, fu inviata a tutti i vescovi cattolici il 18 maggio 2001. La lettera informava i vescovi della nuova legge e delle nuove procedure che sostituivano l'istruzione Crimen sollicitationis.

In essa erano innanzitutto indicati quali fossero i delitti più gravi, sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, riservati alla Congregazione; inoltre venivano indicate le speciali norme procedurali da osservarsi nei casi riguardanti tali gravi delitti, comprese le norme riguardanti la determinazione delle sanzioni canoniche e la loro imposizione.

I delicta graviora riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede venivano elencati nel modo seguente: 

nell'ambito dei delitti contro la santità dell'augustissimo sacramento e sacrificio dell'Eucaristia: 
1° l'asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate (can. 1367 cic e can. 1442 cceo, Codex canonum Ecclesiarum orientalium);
2° l'attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima (can. 1378 2 n. 1 cic e cann. 1379 cic e 1443 cceo);
la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico insieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica né riconoscono la dignità sacramentale dell'ordinazione sacerdotale (cann. 908 e 1365 cic; cann. 702 e 1440 cceo);
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l'altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe al di fuori della celebrazione eucaristica (cfr. can. 927 cic);
nell'ambito dei delitti contro la santità del sacramento della penitenza: 
1° l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo (can. 1378 1 cic e can. 1457 cceo);
2° la sollecitazione, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso (can. 1387 cic e 1458 cceo);
3° la violazione diretta del sigillo sacramentale (can. 1388 1 e 1456 cceo);
nell'ambito, infine, dei delitti contro la morale: 
1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età (cfr. can. 1395 2 cic).

Le norme processuali da seguirsi in questi casi venivano così indicate: 

- qualora l'Ordinario o il Gerarca avesse notizia, almeno verosimile, della commissione di un delitto riservato, dopo aver svolto un'indagine preliminare, lo stesso la segnalasse alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale (tranne l'ipotesi, per particolari circostanze, di avocazione a sé del caso) avrebbe indicato all'Ordinario o al Gerarca come procedere, fermo restando il diritto di appellare la sentenza di primo grado unicamente innanzi il Supremo Tribunale della medesima Congregazione;
- l'azione criminale, nei casi di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, si estinguesse per prescrizione in un decennio. Veniva inoltre previsto che la prescrizione decorresse a norma dei cann. 1362 2 cic e 1152 3 cceo, con l'unica eccezione del delitto contra sextum cum minore, nel qual caso venne sancito che la praescriptio decorresse a far data dal giorno in cui il minore avesse compiuto il 18 anno di età;
- nei Tribunali costituiti presso gli Ordinari o i Gerarchi, relativamente a queste cause, potessero ricoprire validamente l'ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono solamente dei sacerdoti e che, quando l'istanza nel Tribunale fosse in qualsiasi modo conclusa, tutti gli atti della causa fossero trasmessi quanto prima ex officio alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Veniva inoltre stabilito che tutti i Tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche fossero tenuti ad osservare i canoni sui delitti e le pene e sul processo penale, rispettivamente dell'uno e dell'altro Codice, unitamente alle norme speciali, date dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

A distanza di nove anni dalla promulgazione del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, la Congregazione per la Dottrina della Fede, nell'intento di migliorare l'applicazione della legge, ha ritenuto necessario introdurre alcuni cambiamenti a queste norme, senza modificare il testo nella sua interezza, ma solo in alcune sue parti.

Dopo un attento e accurato studio dei cambiamenti proposti, i membri della Congregazione per la Dottrina della Fede hanno sottoposto al Romano Pontefice il risultato delle proprie determinazioni che, lo stesso Sommo Pontefice, con decisione del 21 maggio 2010, ha approvato, ordinandone la promulgazione.

Il testo delle Norme sui delicta graviora attualmente in vigore è quello approvato  dal  Santo  Padre  Benedetto XVI il 21 maggio 2010.


(©L'Osservatore Romano - 16 luglio 2010)

[Modificato da Caterina63 15/07/2010 19:44]
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OTTIMO COMMENTO  di padre Giovanni Scalese dal suo Blog Senzapelisullalingua, raggiungibile dal link dell'articolo:

Nuove norme? OK

Confesso che ero un tantino preoccupato per la pubblicazione delle nuove Norme sui delitti piú gravi. Perché preoccupato? Certo non perché si profilava un inasprimento delle pene (inasprimento doveroso nel caso di certi crimini), ma perché avevo avuto l’impressione che la Chiesa negli ultimi mesi si lasciasse condizionare un po’ troppo dalla campagna mediatica antipedofilia e che, volendo ottenere seppur inconsciamente il consenso del mondo, abbandonasse la sua tradizionale gravità e prudenza.

Chi può negare che buona parte dei recenti interventi di ecclesiastici, ai vari livelli, fossero improntati alla piú rigorosa political correctness
(salvo poi accorgersi che, essendo quella campagna puramente strumentale, le dichiarazioni degli ecclesiastici erano sempre insufficienti agli occhi della “santa inquisizione
mediatica)? La preoccupazione consisteva nel fatto che ci si lasciasse influenzare piú del necessario dalle esigenze del momento, senza tener conto delle conseguenze devastanti che potrebbe aver avuto nella Chiesa l’introduzione di norme non sufficientemente ponderate.

Devo dire invece che le mie preoccupazioni sono state completamente spazzate via da queste nuove norme, che non hanno alcunché di rivoluzionario, ma si inseriscono perfettamente nella tradizione disciplinare della Chiesa. Anzi, mi sembra che le nuove norme confermino la tendenza, che già si intravedeva, di un ritorno della Congregazione per la dottrina della fede a essere il dicastero principale della Curia romana e il recupero della sua originaria natura di “tribunale supremo” (Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione).

Entrando nel merito delle nuove norme, devo premettere che non sono un canonista e quindi il mio giudizio è quello di un semplice fedele, che si lascia condurre dal buon senso piú che dalla competenza e dall’esperienza in materia. In ogni caso, la prima cosa che mi rallegra è che le norme antipedofilia sono inserite nel contesto delle Normae de gravioribus delictis riservati alla CDF. Tali delitti sono quelli contro la fede, contro i costumi e nella celebrazione dei sacramenti.

Già questo è significativo, perché mette chiaramente in luce l’approccio che dobbiamo avere verso certe questioni. Il problema degli abusi, per quanto grave, non può essere isolato e assolutizzato; ci sono altre questioni, agli occhi del mondo insignificanti, che per un cattolico sono invece della massima gravità, come la profanazione dell’Eucaristia o la violazione del sigillo sacramentale.

A questo proposito, mi paiono del tutto fuori luogo le considerazioni di Damian Thompson, che definisce un “autogol” aver incluso nello stesso documento gli abusi contro i minori e l’ordinazione di una donna. Thomson è preoccupato che tale equiparazione possa scatenare le penne anticattoliche. Ah sí? Ecchissene… Dicano pure. Semmai, mi preoccupa il fatto che qualcuno, da parte vaticana, abbia sentito il bisogno di precisare che «le due cose non sono ugualmente gravi»…

Per quanto riguarda le singole novità, mi stanno tutte bene. Anche che la prescrizione sia stata aumentata a venti anni. Un solo particolare mi lascia perplesso: perché, all’art. 7 § 1, si è sentito il bisogno di precisare che la CDF può derogare alla prescrizione per i singoli casi? Non mi sembra che tale precisazione vada nella linea di quella “certezza del diritto” conclamata dal Padre Lombardi nella sua nota di presentazione alle nuove norme.

Cosí pure mi permetto di avanzare qualche dubbio sull’opportunità di procedere per via extragiudiziale. Non mi sembra molto corretto che, in questioni cosí delicate, si possa procedere tanto sbrigativamente con un decreto. D’accordo che c’è bisogno di celerità, ma a me pare che un regolare processo sia un diritto dell’accusato.

Vedo invece con piacere che è stato confermato, per queste cause, il segreto pontificio, in barba a tutti gli slogan sulla “trasparenza”. Anche la riservatezza è un diritto di tutte le parti coinvolte.

Allo stesso modo, mi fa immenso piacere che non si faccia alcun cenno a una eventuale denuncia alle autorità civili, quasi che la giustizia civile costituisca l’unica giustizia degna di questo nome, il “tribunale supremo” anche per le cause ecclesiastiche. Nessuno si è accorto che si stava praticamente invocando un ritorno alla tanto vituperata consegna al “braccio secolare”. Bene ha fatto in questo caso Padre Lombardi a precisare che l’ordinamento penale canonico è in sé completo e pienamente distinto da quello degli Stati.

Oggi, sul Corriere della sera, Marco Ventura paragona tale ordinamento a un “archibugio impolverato”. Secondo lui, «il diritto canonico non è il diritto tedesco o canadese. È un altro pianeta, non conosce separazione dei poteri, principio di legalità, pubblicità degli atti, diritto di difesa. Teme lo scandalo. Considera l’abuso sessuale di un ecclesiastico su un minore “delitto contro i costumi”». Sarà. Ma noi ci teniamo il nostro vecchio archibugio impolverato (o meglio, «spolverato e ingrassato»). Ventura si tenga pure il suo diritto civile tanto efficace a reprimere gli abusi, specialmente quando si tratta di registi, rock star, primi ministri e capi di stato…

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La Chiesa non equipara l'abuso di minori all'ordinazione di donne


Atti sanzionati in uno stesso documento, ma non per questo dello stesso genere


CITTA' DEL VATICANO, domenica, 18 luglio 2010 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha spiegato che in nessun momento gli abusi sessuali sui minori sono stati paragonati all'ordinazione di donne sacerdoti, smentendo in questo modo le informazioni diffuse da molti mezzi di comunicazione.

Questo giovedì, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato le nuove Normae de gravioribus delictis, che contemplano delitti contro la fede, i sacramenti dell'Eucaristia, della Penitenza e dell'Ordine sacerdotale, e sanzionano l'ordinazione delle donne e naturalmente i delitti di abuso sessuale su minori da parte di membri del clero.

L'inclusione nello stesso documento di questi atti diversi è stata criticata da vari mezzi di comunicazione, in particolare da quanti promuovono l'ordinazione sacerdotale delle donne nelle diverse comunità ecclesiali.

Il procuratore della Santa Sede, monsignor Charles Scicluna, pur avendo già chiarito la differenza tra questi due atti nella presentazione, ha dovuto offrire nuove dichiarazioni alla stampa questo venerdì per chiarire che il fatto che comportamenti diversi siano contemplati in uno stesso documento non significa che siano paragonati.

“Sono affrontati nello stesso documento, ma questo non li mette sullo stesso livello o dà loro la stessa gravità”, ha dichiarato.

Dal canto suo, l'Arcivescovo Donald W. Wuerl di Washington, presidente del Comitato per la Dottrina della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB), ha spiegato in un comunicato che “la chiarificazione del Vaticano oggi sulla serietà con cui considera le offese contro il sacramento dell'Ordine sacro è una dichiarazione accolta con favore”.

“I sette sacramenti sono una parte integrante e identificativa della Chiesa cattolica e della vita di fede di ogni cattolico – ha dichiarato –. Simulare qualsiasi sacramento sarebbe madornale. La Chiesa cattolica, attraverso i suoi insegnamenti duraturi e costanti, sostiene che l'ordinazione è stata fin dall'inizio riservata agli uomini, un fatto che non può essere modificato nonostante il cambiamento dei tempi”.

“Tutti i cattolici sono chiamati al servizio cristiano. Le donne hanno risposto con una generosità straordinaria. Storicamente, le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nella vita della Chiesa. Ciò è vero in particolare attraverso il loro lavoro volontario nelle parrocchie, il loro servizio professionale e la loro appartenenza alle comunità religiose, ai movimenti laici e ad altre organizzazioni, che servono in una serie di aree come l'assistenza sanitaria e l'istruzione”.

“Oggi le donne servono in posizioni di leadership ecclesiale ad ogni livello. Ricoprono quasi la metà delle posizioni amministrative e professionali diocesane – un fatto che si collega in modo positivo al contesto della forza lavoro statunitense nel suo insieme. Le donne ricoprono anche circa un quarto delle principali posizioni diocesane, come quelle di cancelliere, sovrintendente scolastico o responsabile finanziario. Circa l'80% dei ministri parrocchiali laici è composto da donne”.

“La gratitudine della Chiesa nei confronti delle donne non può mai essere espressa in modo abbastanza forte. Le donne offrono un approccio unico, abilità creative ed enorme generosità nel cuore stesso della Chiesa cattolica. La loro attività e la loro partecipazione determinante spiegano molto di ciò che rende la Chiesa cattolica la forza potente per il bene e la santità che è in realtà”.

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16/05/2011 19:52
 
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LETTERA CIRCOLARE

per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida

per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici


Tra le importanti responsabilità del Vescovo diocesano al fine di assicurare il bene comune dei fedeli e, specialmente, la protezione dei bambini e dei giovani, c’è il dovere di dare una risposta adeguata ai casi eventuali di abuso sessuale su minori commesso da chierici nella sua diocesi. Tale risposta comporta l’istituzione di procedure adatte ad assistere le vittime di tali abusi, nonché la formazione della comunità ecclesiale in vista della protezione dei minori. Detta risposta dovrà provvedere all’applicazione del diritto canonico in materia, e, allo stesso tempo, tener conto delle disposizioni delle leggi civili.

I. Aspetti generali:

a) Le vittime dell’abuso sessuale:

La Chiesa, nella persona del Vescovo o di un suo delegato, deve mostrarsi pronta ad ascoltare le vittime ed i loro familiari e ad impegnarsi per la loro assistenza spirituale e psicologica. Nel corso dei suoi viaggi apostolici, il Santo Padre Benedetto XVI ha dato un esempio particolarmente importante con la sua disponibilità ad incontrare ed ascoltare le vittime di abuso sessuale. In occasione di questi incontri, il Santo Padre ha voluto rivolgersi alle vittime con parole di compassione e di sostegno, come quelle contenute nella sua Lettera Pastorale ai Cattolici d’Irlanda (n.6): "Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata."

b) La protezione dei minori:

In alcune nazioni sono stati iniziati in ambito ecclesiale programmi educativi di prevenzione, per assicurare "ambienti sicuri" per i minori. Tali programmi cercano di aiutare i genitori, nonché gli operatori pastorali o scolastici, a riconoscere i segni dell’abuso sessuale e ad adottare le misure adeguate. I suddetti programmi spesso hanno meritato un riconoscimento come modelli nell’impegno per eliminare i casi di abuso sessuale nei confronti di minori nelle società odierne.

c) La formazione di futuri sacerdoti e religiosi:

Nel 2002, Papa Giovanni Paolo II disse: "Non c’è posto nel sacerdozio e nella vita religiosa per chi potrebbe far male ai giovani"
(n. 3, Discorso ai Cardinali Americani, 23 aprile 2002).
Queste parole richiamano alla specifica responsabilità dei Vescovi, dei Superiori Maggiori e di coloro che sono responsabili della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi. Le indicazioni fornite nell’Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, nonché le istruzioni dei Dicasteri competenti della Santa Sede , acquistano una crescente importanza in vista di un corretto discernimento vocazionale e di una sana formazione umana e spirituale dei candidati. In particolare si farà in modo che essi apprezzino la castità e il celibato e le responsabilità della paternità spirituale da parte del chierico e possano approfondire la conoscenza della disciplina della Chiesa sull’argomento. Indicazioni più specifiche possono essere integrate nei programmi formativi dei seminari e delle case di formazione previste nella rispettiva Ratio institutionis sacerdotalis di ciascun nazione e Istituto di vita consacrata e Società di vita apostolica.

Inoltre, una diligenza particolare dev’essere riservata al doveroso scambio d’informazioni in merito a quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa che si trasferiscono da un seminario all’altro, tra diocesi diverse o tra Istituti religiosi e diocesi.

 d) L’accompagnamento dei sacerdoti:

1. Il vescovo ha il dovere di trattare tutti i suoi sacerdoti come padre e fratello. Il vescovo curi, inoltre, con speciale attenzione la formazione permanente del clero, soprattutto nei primi anni dopo la sacra Ordinazione, valorizzando l’importanza della preghiera e del mutuo sostegno nella fraternità sacerdotale. Siano edotti i sacerdoti sul danno recato da un chierico alla vittima di abuso sessuale e sulla propria responsabilità di fronte alla normativa canonica e civile, come anche a riconoscere quelli che potrebbero essere i segni di eventuali abusi da chiunque compiuti nei confronti dei minori;

2. I vescovi assicurino ogni impegno nel trattare gli eventuali casi di abuso che fossero loro denunciati secondo la disciplina canonica e civile, nel rispetto dei diritti di tutte le parti;

3. Il chierico accusato gode della presunzione di innocenza, fino a prova contraria, anche se il vescovo può cautelativamente limitarne l’esercizio del ministero, in attesa che le accuse siano chiarite. Se del caso, si faccia di tutto per riabilitare la buona fama del chierico che sia stato accusato ingiustamente.

e) La cooperazione con le autorità civili:

L’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile. Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell’ambito delle rispettive competenze. In particolare, va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale. Naturalmente, questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche.

II. Breve resoconto della legislazione canonica in vigore concernente il delitto di abuso sessuale di minori compiuto da un chierico:

Il 30 aprile 2001, Papa Giovanni Paolo II promulgò il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela [SST], con il quale l’abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico venne inserito nell'elenco dei delicta graviora riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede [CDF]. La prescrizione per questo delitto venne fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. La normativa del motu proprio vale sia per i chierici Latini che per i chierici Orientali, sia per il clero diocesano che per il clero religioso.

Nel 2003, l’allora Prefetto della CDF, il Card. Ratzinger, ottenne da Giovanni Paolo II la concessione di alcune facoltà speciali per offrire maggiore flessibilità nelle procedure penali per i delicta graviora, fra cui l’uso del processo penale amministrativo e la richiesta della dimissione ex officio nei casi più gravi. Queste facoltà vennero integrate nella revisione del motu proprio approvata dal Santo Padre Benedetto XVI il 21 maggio 2010. Nelle nuove norme, la prescrizione è di 20 anni, che nel caso di abuso su minore, si calcolano a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima. La CDF può eventualmente derogare alla prescrizione in casi particolari. Venne anche specificato il delitto canonico dell’acquisto, detenzione o divulgazione di materiale pedopornografico.

La responsabilità nel trattare i casi di abuso sessuale nei confronti di minori spetta in un primo momento ai Vescovi o ai Superiori Maggiori. Se l’accusa appare verosimile, il Vescovo, il Superiore Maggiore o il loro delegato devono condurre un’indagine preliminare secondo il can. 1717 CIC, il can. 1468 CCEO e l’art. 16 SST.

Se l’accusa è ritenuta credibile, si richiede che il caso venga deferito alla CDF. Una volta studiato il caso, la CDF indicherà al Vescovo o al Superiore Maggiore i passi ulteriori da compiere. Al contempo, la CDF offrirà una guida per assicurare le misure appropriate, sia garantendo una procedura giusta nei confronti dei chierici accusati, nel rispetto del loro diritto fondamentale per la difesa, sia tutelando il bene della Chiesa, incluso il bene delle vittime. E’ utile ricordare che normalmente l’imposizione di una pena perpetua, come la dimissio dallo stato clericale, richiede un processo penale giudiziale. Secondo il diritto canonico (cf. can. 1342 CIC) gli Ordinari non possono decretare pene perpetue per mezzo di decreti extragiudiziali; a questo scopo devono rivolgersi alla CDF, alla quale spetterà il giudizio definitivo circa la colpevolezza e l’eventuale inidoneità del chierico per il ministero, nonché la conseguente imposizione della pena perpetua (SST Art. 21, §2).

Le misure canoniche applicate nei confronti di un chierico riconosciuto colpevole dell’abuso sessuale di un minorenne sono generalmente di due tipi: 1) misure che restringono il ministero pubblico in modo completo o almeno escludendo i contatti con minori. Tali misure possono essere accompagnate da un precetto penale; 2) le pene ecclesiastiche, fra cui la più grave è la dimissio dallo stato clericale.

In taluni casi, dietro richiesta dello stesso chierico, può essere concessa pro bono Ecclesiae la dispensa dagli obblighi inerenti allo stato clericale, incluso il celibato.

L’indagine preliminare e l’intero processo debbono essere svolti con il dovuto rispetto nel proteggere la riservatezza delle persone coinvolte e con la debita attenzione alla loro reputazione.

A meno che ci siano gravi ragioni in contrario, il chierico accusato deve essere informato dell’accusa presentata, per dargli la possibilità di rispondere ad essa, prima di deferire un caso alla CDF. La prudenza del Vescovo o del Superiore Maggiore deciderà quale informazione debba essere comunicata all’accusato durante l’indagine preliminare.

Compete al Vescovo o al Superiore Maggiore il dovere di provvedere al bene comune determinando quali misure precauzionali previste dal can. 1722 CIC e dal can. 1473 CCEO debbano essere imposte. Secondo l’art. 19 SST, ciò deve essere fatto una volta iniziata l’indagine preliminare.

Va infine ricordato che, qualora una Conferenza Episcopale, salva l’approvazione della Santa Sede, intenda darsi norme specifiche, tale normativa particolare deve essere intesa come complemento alla legislazione universale e non come sostituzione di quest’ultima . La normativa particolare deve perciò essere in armonia con il CIC / CCEO nonché con il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (30 aprile 2001) così come aggiornato il 21 maggio 2010. Nel caso in cui la Conferenza decidesse di stabilire norme vincolanti sarà necessario richiedere la recognitio ai competenti Dicasteri della Curia Romana.

III. Indicazioni agli Ordinari sul modo di procedere:

Le Linee guida preparate dalla Conferenza Episcopale dovrebbero fornire orientamenti ai Vescovi diocesani e ai Superiori Maggiori nel caso fossero informati di presunti abusi sessuali nei confronti di minori, compiuti da chierici presenti sul territorio di loro giurisdizione. Tali Linee guida tengano comunque conto delle seguenti osservazioni:

a.) il concetto di "abuso sessuale su minori" deve coincidere con la definizione del motu proprio SST art. 6 ("il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni") , nonché con la prassi interpretativa e la giurisprudenza della Congregazione per la Dottrina della Fede, tenendo conto delle leggi civili del Paese;

b.) la persona che denuncia il delitto deve essere trattata con rispetto. Nei casi in cui l’abuso sessuale sia collegato con un altro delitto contro la dignità del sacramento della Penitenza (SST, art. 4), il denunciante ha diritto di esigere che il suo nome non sia comunicato al sacerdote denunciato (SST, art 24);

c.) le autorità ecclesiastiche si impegnino ad offrire assistenza spirituale e psicologica alle vittime;

d.) l’indagine sulle accuse sia fatta con il dovuto rispetto al principio della privacy e della buona fama delle persone;

e,) a meno che ci siano gravi ragioni in contrario, già in fase di indagine previa, il chierico accusato sia informato delle accuse con l’opportunità di rispondere alle medesime;

f.) gli organi consultivi di sorveglianza e di discernimento dei singoli casi, previsti in qualche luogo, non devono sostituire il discernimento e la potestas regiminis dei singoli vescovi;

g.) le Linee guida devono tener conto della legislazione del Paese della Conferenza, in particolare per quanto attiene all’eventuale obbligo di avvisare le autorità civili;

h.) in ogni momento delle procedure disciplinari o penali sia assicurato al chierico accusato un sostentamento giusto e degno;

i.) si escluda il ritorno del chierico al ministero pubblico se detto ministero è di pericolo per i minori o di scandalo per la comunità.

Conclusione:

Le Linee guida preparate dalle Conferenze Episcopali mirano a proteggere i minori e ad aiutare le vittime nel trovare assistenza e riconciliazione. Esse dovranno indicare che la responsabilità nel trattare i delitti di abuso sessuale di minori da parte dei chierici appartiene in primo luogo al Vescovo diocesano. Infine, le Linee guida dovranno portare ad un orientamento comune all’interno di una Conferenza Episcopale aiutando ad armonizzare al meglio gli sforzi dei singoli Vescovi nel salvaguardare i minori .

Dal Palazzo del Sant’Uffizio, 3 maggio 2011

William Cardinale Levada
Prefetto
    

+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo tit. di Thibica
Segretario

[00714-01.01] [Testo originale: Italiano]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/08/2011 22:47
 
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[SM=g1740733]Dopo i recenti scossoni e diabolici tentativi di fare leggi governative CONTRO il Sacramento della Confessione a causa dei casi spiacevoli e deplorevoli di alcuni preti macchiati dal delitto della pedofilia, vogliamo ringraziare il Blog di Raffaella per l'enorme lavoro di RICOSTRUZIONE che ha fatto, quale servizio ALLA VERITA' circa l'atteggiamento eroico assunto oggi da Benedetto XVI, ma da sempre da parte della Chiesa, circa il modo di affrontare questo grave disordine....


LA RISPOSTA DELLA SANTA SEDE ALLA PEDOFILIA NELLA CHIESA: CRONOLOGIA (1917-2005)

I due schemi relativi alla lotta della Chiesa Cattolica nei confronti degli abusi commessi da sacerdoti. Premessa (Raffaella)

LE DECISIONI E L'ESEMPIO DI PAPA BENEDETTO XVI NEL COMBATTERE LA PIAGA DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA. CRONOLOGIA

PONTIFICATO DI PAPA BENEDETTO XV

1917: promulgazione del Codice di diritto canonico che riconosce l’esistenza di un certo numero di reati canonici o “delitti” riservati alla competenza esclusiva della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio che ha funzione di tribunale.

PONTIFICATO DI PAPA PIO XI

1922: il Sant’Uffizio emana l'Istruzione “Crimen Sollicitationis”, con istruzioni dettagliate alle singole Diocesi e ai tribunali sulle procedure da adottare quando essi devono trattare il delitto canonico di sollecitazione.
Questo gravissimo delitto riguarda l’abuso della santità e della dignità del Sacramento della Penitenza da parte di un prete cattolico, che solleciti il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona.
L’Istruzione del 1922 include una breve sezione dedicata ad un altro delitto canonico: il crimen pessimum, che tratta della condotta omosessuale da parte di un chierico.
Le norme che riguardano il crimen pessimum vengono estese all’odioso crimine dell’abuso sessuale di bambini prepuberi e alla bestialità. (confronta qui).

PONTIFICATO DI PAPA PIO XII

1956: Pio XII dispone la prima visita apostolica ai Legionari di Cristo dopo che erano emerse gravissime accuse al fondatore, Marcial Maciel Degollado.

9 ottobre 1958: muore Pio XII.

9 ottobre - 28 ottobre 1958: la visita apostolica ai Legionari non giunge ad una formale conclusione proprio a causa della morte di Papa Pacelli. Durante il periodo di sede vacante la Congregazione per i religiosi comunica in modo irrituale al cardinale Clemente Micara, vicario generale per la diocesi di Roma, che nulla osta al reintegro di Maciel, seppure con alcune limitazioni.

PONTIFICATO DI PAPA GIOVANNI XXIII

1959: viene disposto il reintegro di Maciel senza limitazioni.

1962: Giovanni XXIII autorizza una ristampa dell’Istruzione del 1922 con una breve aggiunta sulle procedure amministrative nei casi che coinvolgono chierici religiosi. Viene mantenuto il nome di "Crimen Sollicitationis" (testo latino, traduzione in inglese).
Le copie della ristampa del 1962 dovevano essere distribuite ai Vescovi radunati nel Concilio Vaticano II (1962-1965), ma la maggiorparte di esse non venne mai consegnata (confronta qui).

1965 (conclusione del Concilio) - 1983 (promulgazione del nuovo codice di diritto canonico).

Il periodo fra il 1965 e il 1983 è contrassegnato da differenti tendenze fra gli studiosi di diritto canonico in merito ai fini della legge penale canonica e alla necessità di un approccio decentralizzato ai casi, valorizzando l’autorità e il discernimento del Vescovi locali.
Viene preferito un “atteggiamento pastorale” nei confronti delle condotte inappropriate; i processi canonici vengono da alcuni ritenuti anacronistici (confronta qui).

1962- 2001: l'Istruzione "Crimen Sollicitationis" resta in vigore per i SOLI CASI riguardanti l’abuso del Sacramento della Penitenza da parte di un prete cattolico, che solleciti il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona.
Il Sant'Uffizio non è quindi, in questa fase, competente per tutti i casi di pedofilia ma solo per quelli che implicano l'abuso della Confessione.
(Ovviamente essi dovevano essere segnalati alla Congregazione dai vescovi diocesani o dai superiori degli Ordini non avendo la CDF, ex Sant'Uffizio, ne' una sfera di cristallo ne' telecamere in ogni confessionale del mondo).

Nel periodo seguente al Concilio Vaticano II, vengono presentati alla Congregazione per la Dottrina della Fede pochi casi riguardanti condotte sessuali inappropriate del clero relative a minori: alcuni di questi casi sono legati all’abuso del Sacramento della Penitenza; alcuni altri possono essere stati inviati tra le richieste di dispensa dagli obblighi dell’ordinazione sacerdotale e dal celibato (prassi talvolta definita “laicizzazione”), che sono state trattate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sino al 1989 (dal 1989 al 2005 la competenza per tali dispense è passata alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; dal 2005 ad oggi, gli stessi casi vengono trattati dalla Congregazione per il Clero).

PONTIFICATO DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

1983: promulgazione del nuovo codice di diritto canonico.

Can. 1395, § 2: “Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti”.

Secondo il Codice di diritto canonico del 1983 i processi vengono celebrati nelle Diocesi.
Gli appelli dalle sentenze giudiziali possono essere presentati presso la Rota Romana, mentre i ricorsi amministrativi contro i decreti penali vengono proposti presso la Congregazione per il Clero. La Congregazione per la dottrina della fede non viene citata.

L'art. 6 del codice di diritto canonico così recita: "entrando in vigore questo Codice, sono abrogati… qualsiasi legge penale, sia universale sia particolare emanata dalla Sede Apostolica, a meno che non sia ripresa in questo stesso Codice”.

19 febbraio 1988: il cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, competente per i casi di dispensa sacerdotale ma non per quelli di pedofilia, scrive al card. José Rosalío Castillo Lara, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, per chiedere l'interpretazione autentica di alcune norme del codice di diritto canonico.
Il card. Ratzinger si lamenta della complessità della procedura prevista dal codice di diritto canonico per la dispensa sacerdotale. Inoltre ritiene contrario alla giustizia e al bene dei fedeli il fatto che tale dispensa non sia considerata una punizione ma una concessione. Secondo Ratzinger occorre punire con decisione i preti che "si sono resi colpevoli di gravi e scandalosi comportamenti" (confronta qui).
Chiede, in sostanza, se sia possibile prevedere, in casi determinati, una procedura più rapida e semplificata”.

10 marzo 1988: il card. José Rosalío Castillo Lara, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, risponde al card. Ratzinger che "cercare di semplificare ulteriormente la procedura giudiziaria per infliggere o dichiarare sanzioni tanto gravi come la dimissione dallo stato clericale...non sembra affatto conveniente".

28 giugno 1988: promulgazione della Costituzione Apostolica Pastor bonus da parte di Giovanni Paolo II.

L’articolo 52 della Pastor Bonus allarga la competenza penale della CDF ma non stabilisce quali sono i delitti che ricadono sotto la giurisdizione esclusiva della Congregazione per la dottrina della fede. Non esiste, quindi, un elenco tassativo e di fatto non cambia nulla. In particolare non si fa alcun riferimento al crimine di pedofilia. Fino al 2001 sono i vescovi che devono occuparsi dei delitti commessi dai preti pedofili.
L'art. 52 della Pastor Bonus, pertanto, risulta ancora insufficiente sul piano operativo (confronta qui).

1989: la competenza in materia di dispensa sacerdotale passa dalla Congregazione per la dottrina delle fede alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

1994: La Santa Sede concede un indulto per i Vescovi degli Stati Uniti.
ATTENZIONE: L'indulto è una deroga al diritto canonico concessa, in questo caso, per inasprire le pene per i colpevoli e per permettere la celebrazione di processi per reati che rischiano di essere prescritti. Infatti l’età per definire il delitto canonico di abuso sessuale di un minore viene elevata a 18 anni. Inoltre, il tempo per la prescrizione viene esteso ad un periodo di 10 anni calcolato a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima.
Viene indicato esplicitamente ai Vescovi di svolgere i processi canonici nelle Diocesi.
Gli appelli sono riservati alla Rota Romana, i ricorsi amministrativi alla Congregazione per il Clero. Mai citati la CDF o il Crimen Sollicitationis.

1995: il cardinale Hans Hermann Groer, arcivescovo di Vienna, viene accusato da un gruppo di vittime e dai media austriaci di avere compiuto abusi sessuali su giovani in un monastero negli anni Settanta.
Il cardinale Joseph Ratzinger chiede a gran voce l'apertura di un'inchiesta per verificare le accuse ed eventualmente punire Groer. L'inchiesta viene però stoppata sul nascere. Nel 2010 il cardinale Schoenborn, successore di Groer, spiegherà che gli sforzi del card. Ratzinger furono bloccati dall'ala della Curia romana favorevole all'insabbiamento e contraria all'inchiesta, ala che avrebbe avuto il sopravvento durante il pontificato di Giovanni Paolo II (confronta qui e qui).
Utile la seguente lettura: "Un testimone: raccontare la Chiesa locale. Intervista a Erich Leitenberger"

1996: L’indulto del 1994 per gli Stati Uniti viene esteso all'Irlanda.
Ancora una volta: l'indulto è una deroga al diritto canonico concessa ai vescovi per inasprire le pene.

1996: intervento del card. Joseph Ratzinger, come Membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nella preparazione delle facoltà speciali concesse a tale Congregazione per far fronte, in via anche di doverosa “supplenza”, ad altro genere di problemi disciplinari nei luoghi di missione.

1997: nell’Adunanza Plenaria del febbraio 1997, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli decide di sollecitare da Giovanni Paolo II “facoltà speciali” che le permettano di poter intervenire per via amministrativa, in determinate situazioni penali, al margine delle disposizioni generali del Codice. Il relatore della Plenaria è il cardinale Ratzinger.

1998: il cardinale Groer viene finalmente costretto alle dimissioni dalla Santa Sede. Si ritira in Germania dove morirà il 24 marzo 2003.

30 aprile 2001: Giovanni Paolo II promulga il motu proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" che include in modo chiaro e specifico l’abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico nel nuovo elenco di delitti canonici riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La prescrizione per questi casi viene fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima.

18 maggio 2001: il card. Joseph Ratzinger e Mons. Tarcisio Bertone firmano la lettera "De delictis gravioribus", prevista dal motu proprio di Giovanni Paolo II e contenente norme confermate e ratificate personalmente dal Pontefice. Quella del cardinale Ratzinger non è altro che una "lettera applicativa" del motu proprio di Wojtyla, da esso dipendente e senza il quale non esisterebbe (vedi articolo di Marco Politi).
Nella lettera della CDF vengono indicati tassativamente i delitti più gravi, sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, riservati alla Congregazione; inoltre vengono indicate le speciali norme procedurali da osservarsi nei casi riguardanti tali gravi delitti, comprese le norme circa la determinazione delle sanzioni canoniche e la loro imposizione.

ATTENZIONE: il motu proprio di Giovanni Paolo II ma soprattutto la Lettera del card. Ratzinger non sono e non sono mai stati documenti segreti.
Non solo essi sono stati pubblicati (in latino) sulla "Gazzetta Ufficiale" del Vaticano e sul sito della Santa Sede, ma i mass media parlarono ampiamente dei due documenti che, quindi, NON ERANO ASSOLUTAMENTE SEGRETI.
La "pistola fumante", la prova provata del fatto che cio' che sto affermando e' la pura verita' e' contenuta in un articolo pubblicato il 9 gennaio 2002 su "La Repubblica", a firma di Marco Politi.
Si legga anche l'articolo , sempre di Politi, del 4 marzo 2002 in cui parla viene ribadito lo stesso concetto.
Chi afferma (e non sono pochi anche oggi) che la Lettera De delictis gravioribus era un documento segreto non solo e' in malafede ma afferma il falso e, fosse per me, sarebbe denunciato.

Marzo 2002: costretto a dimettersi il vescovo di Poznań (Polonia), Juliusz Paetz, segretario di anticamera di Giovanni Paolo II nei primi anni di Pontificato.

23 aprile 2002: Discorso di Giovanni Paolo II ai Cardinali Americani

14 ottobre 2002: Lettera inviata dal Prefetto della Congregazione per i Vescovi, card. Giovanni Battista Re, al Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, S.E. Mons. Wilton Daniel Gregory a proposito delle norme con cui trattare gli abusi sessuali dei preti.

16 dicembre 2002: Recognitio della Santa Sede per le "Essential Norms" redatte e riviste dai Vescovi americani per combattere gli abusi sessuali dei preti. La Recognitio è firmata dal card. Giovanni Battista Re.

13 dicembre 2002: il cardinale di Boston, Bernard Francis Law, è costretto a dimettersi per le accuse di copertura di preti pedofili.

2003: la Congregazione per la dottrina della fede adotta un regolamento interno contenente le linee guida da seguire in caso di accuse di pedofilia contro un sacerdote. Tale regolamento, fondamentale nella lotta agli abusi, è stato pubblicato nel 2010.

2004: Discorsi di Giovanni Paolo II ai Vescovi Americani in Visita ad Limina Apostolorum

27 maggio 2004: Giovanni Paolo II nomina il cardinale Law arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. La decisione suscita un'ondata di indignazione negli Usa.

Luglio 2004: scoppia lo scandalo del seminario austriaco di St. Pölten dove gli inquirenti trovano materiale pornografico in quantità industriale (vedi articolo di Politi). Giovanni Paolo II ordina una visita apostolica. Il vescovo di Sankt Poelten, Kurt Krenn, tenta di minimizzare i fatti.

Settembre 2004: si dimette il vescovo di St. Pölten, Krenn, su pressione della Santa Sede.

30 novembre 2004: udienza di Giovanni Paolo II ai Legionari di Cristo in occasione del sessantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale di Marcial Maciel Degollado.

Ultimi mesi del 2004: il cardinale Joseph Ratzinger chiede e ottiene da Giovanni Paolo II l'autorizzazione a riaprire il caso Maciel. L'indagine viene condotta da Mons. Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede.

LA CRONOLOGIA CONTINUA SUL SEGUENTE POST:

LE DECISIONI E L'ESEMPIO DI PAPA BENEDETTO XVI NEL COMBATTERE LA PIAGA DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA. CRONOLOGIA

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/09/2011 15:50
 
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Risposta della Santa Sede al "cloyne report"

CITTA' DEL VATICANO, 3 SET. 2011 (VIS). Questa mattina, l'Arcivescovo Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, nel corso di un incontro con la Signora Helena Kelcher, Incaricato d'Affari a.i. dell'Ambasciata d'Irlanda presso la Santa Sede, ha consegnato la risposta della Santa Sede al governo irlandese relativamente al "Cloyne Report".

  Il "Cloyne Report" è un Rapporto della Commissione d'Inchiesta sulla Diocesi di Cloyne, che il Vice-Primo Ministro e Ministro degli Esteri e del Commercio d'Irlanda, On. Eamon Gilmore ha consegnato, con le considerazioni del Governo irlandese sulla questione, il 14 luglio scorso, all'Arcivescovo Giuseppe Leanza, Nunzio Apostolico in Irlanda, pregandolo di trasmetterlo alla Santa Sede con la richiesta di una risposta.

  La Santa Sede, nel riconoscere la gravità dei crimini esposti nel "Cloyne Report", che non avrebbero dovuto mai verificarsi nella Chiesa di Gesù Cristo, e desiderando rispondere alla richiesta del Governo irlandese, dopo aver esaminato in modo particolareggiato il "Cloyne Report" e tenendo conto delle numerose questioni che esso solleva, ha deciso di rispondere in forma esauriente.

  Pubblichiamo una sintesi di detta risposta, mentre il testo integrale, in lingua inglese, può essere consultato QUI
 
  Il 14 luglio 2011, a seguito della pubblicazione del Rapporto della Commissione d'Inchiesta sulla diocesi di Cloyne, conosciuto come Cloyne Report, l'On. Eamon Gilmore, Vice-Primo Ministro d'Irlanda (Tánaiste) e Ministro degli Esteri e del Commercio, nel corso di un incontro con S.E. Mons. Giuseppe Leanza, Nunzio Apostolico in Irlanda, ha chiesto alla Santa Sede, a nome del Governo irlandese, di intervenire a riguardo del Cloyne Report e delle considerazioni formulate sullo stesso da parte del Governo.

Osservazioni generali circa il Cloyne Report

  La Santa Sede ha esaminato con attenzione il Cloyne Report, riscontrando gravi ed inquietanti errori nel modo di affrontare le accuse di abuso sessuale di bambini e minori da parte di sacerdoti della diocesi di Cloyne.

  La Santa Sede desidera riaffermare, anzitutto, il proprio orrore verso i crimini di abuso sessuale che sono avvenuti in quella diocesi; è profondamente addolorata e si vergogna per le terribili sofferenze che le vittime e le loro famiglie hanno dovuto sopportare nella Chiesa di Gesù Cristo, un luogo dove ciò non deve mai accadere. La Santa Sede, inoltre, non può nascondere la propria grave preoccupazione per le conclusioni della Commissione, circa le gravi mancanze nel governo della Diocesi e il trattamento inadeguato delle accuse di abuso. È particolarmente inquietante che tali mancanze siano potute accadere nonostante i Vescovi e i Superiori religiosi avessero assunto l'impegno di applicare le linee guida sviluppate dalla Chiesa in Irlanda per garantire la protezione dei minori, e nonostante le norme e le procedure della Santa Sede relative ai casi di abuso sessuale. Comunque, l'approccio adottato dalla Chiesa in Irlanda nei tempi recenti a riguardo del problema dell'abuso sessuale sui minori sta beneficiando dell'esperienza in corso e si sta dimostrando sempre più efficace nel prevenire la ripetizione di tali crimini e nel trattare i casi che emergono.

Questioni sollevate dal Cloyne Report

  Il testo della Risposta della Santa Sede affronta nel dettaglio le diverse accuse mosse contro di essa, che sembrano essere fondate principalmente sul resoconto e la valutazione che il Cloyne Report ha dato della lettera indirizzata ai Vescovi irlandesi, il 31 gennaio 1997, da S.E. Mons. Luciano Storero, allora Nunzio Apostolico in Irlanda. Tale lettera comunicava la risposta della Congregazione per il Clero al documento Child Sexual Abuse: Framework for a Church Response (d'ora in poi, Documento Quadro). La Commissione d'Inchiesta afferma che la suddetta risposta ha fornito appoggio a coloro che dissentivano dalla linea ufficiale della Chiesa ed è stata di poco aiuto specialmente rispetto alla denuncia alle Autorità civili.

  La Santa Sede desidera affermare quanto segue in relazione alla risposta della Congregazione per il Clero:

- La Congregazione ha descritto il Documento Quadro come "documento di studio" sulla base delle informazioni fornitele dai Vescovi irlandesi, che hanno descritto il testo non come un documento ufficiale della Conferenza Episcopale Irlandese, ma piuttosto come un "rapporto" della Commissione consultiva dei Vescovi Cattolici irlandesi sugli abusi sessuali sui minori compiuti dal clero e da religiosi. Tale rapporto era stato allora raccomandato "alle singole diocesi e alle congregazioni religiose come documento quadro per affrontare le problematiche relative all'abuso sessuale sui minori".

- I Vescovi irlandesi non hanno mai chiesto la "recognitio" della Santa Sede per il Documento Quadro, che, secondo il Can. 455 del Codice di Diritto Canonico, sarebbe stato necessario richiedere solo se essi intendevano che il documento fosse un decreto generale della Conferenza Episcopale, con forza obbligante su tutti i suoi membri. Comunque, la mancanza della "recognitio" di per sé non precludeva l'applicazione delle indicazioni contenute nel documento, dato che ogni singolo Vescovo poteva adottarle, senza dover riferire alla Santa Sede. E tale applicazione è quanto è generalmente accaduto in Irlanda.

- I Vescovi irlandesi hanno consultato la Congregazione per risolvere delle difficoltà relative ad alcuni contenuti del Documento Quadro. La Congregazione ha consigliato i Vescovi al fine di assicurare che le misure che essi volevano applicare, risultassero efficaci e non problematiche da un punto di vista canonico. Per tale ragione, la Congregazione ha richiamato l'attenzione sulla necessità che tali misure fossero in armonia con le procedure canoniche per evitare conflitti che avrebbero potuto generare appelli dall'esito positivo nei Tribunali ecclesiastici. La Congregazione non ha respinto il Documento Quadro. Essa ha, piuttosto, voluto assicurare che le misure contenute nel Documento Quadro non ostacolassero gli sforzi dei Vescovi nell'applicare le misure disciplinari contro coloro che erano colpevoli di abuso sessuale nella Chiesa. Allo stesso tempo, è importante ricordare la decisione della Santa Sede nel 1994 che accordava una normativa speciale ai Vescovi degli Stati Uniti nel trattare l'abuso sessuale sui minori nella Chiesa. Questa normativa fu accordata ai Vescovi d'Irlanda nel 1996 per assisterli nel superare le difficoltà che stavano sperimentando a quel tempo (Cfr. Parte VI della Risposta).

- La necessità di seguire il Diritto Canonico per assicurare la corretta amministrazione della giustizia nella Chiesa in nessun modo impediva la cooperazione con le Autorità civili. La Congregazione per il Clero ha espresso riserve circa l'obbligo di denuncia; non ha però proibito ai Vescovi irlandesi di denunciare alle Autorità civili le accuse di abuso sessuale sui minori, né ha incoraggiato i Vescovi a non osservare la legge. A tale riguardo, l'allora Prefetto della Congregazione, Cardinal Darío Castrillón Hoyos, nel suo incontro con i Vescovi irlandesi a Rosses Point, Contea di Sligo, in Irlanda, il 12 novembre 1998, ha inequivocabilmente affermato: "Desidero anche dire con grande chiarezza che la Chiesa, specialmente attraverso i suoi Pastori (i Vescovi), non deve in nessun modo porre ostacoli al legittimo percorso della giustizia civile, quando esso è stato avviato da coloro che ne hanno diritto, mentre allo stesso tempo la Chiesa deve proseguire con le proprie procedure canoniche, nella verità, nella giustizia e nella carità verso tutti". Si deve poi notare che, a quel tempo, non solo la Chiesa ma anche lo Stato in Irlanda erano impegnati a sforzarsi di migliorare la propria legislazione concernente gli abusi sessuali sui minori. A tal fine, il Governo Irlandese organizzò nel 1996 un'ampia consultazione sull'obbligo di denuncia alle Autorità civili e, dopo aver preso in considerazione le riserve espresse da vari gruppi di professionisti e da individui della società civile, che erano in larga misura in linea con quelle segnalate dalla Congregazione, decise di non introdurre l'obbligo di denuncia all'interno del sistema giuridico irlandese. Dato che il Governo Irlandese di allora ha deciso di non legiferare sulla materia, è difficile comprendere come la lettera di Mons. Storero ai Vescovi irlandesi, che è stata scritta successivamente, abbia potuto essere interpretata come uno strumento che in qualche modo sovvertiva la legge irlandese o ostacolava lo Stato irlandese nei suoi sforzi per affrontare il problema in questione.

Questioni sollevate da alcuni esponenti politici irlandesi

  La Santa Sede desidera precisare quanto segue in relazione ad alcune reazioni di esponenti politici irlandesi:

- La Santa Sede comprende e condivide i profondi sentimenti di rabbia e frustrazione manifestati pubblicamente a fronte di ciò che è emerso con il Cloyne Report, e che ha trovato espressione nel discorso dell'On. Enda Kenny, Primo Ministro (Taoiseach), tenuto alla Camera dei Deputati (Dáil Éireann) il 20 luglio 2011. Tuttavia la Santa Sede nutre significative riserve su alcuni aspetti del discorso. In particolare, è infondata l'accusa che la Sede Apostolica abbia tentato "di ostacolare un'Inchiesta in una Repubblica sovrana e democratica, appena tre anni fa, non trent'anni fa". Del resto, un portavoce governativo, quando è stato interrogato in merito, ha chiarito che l'On. Kenny non si riferiva ad alcun episodio specifico.

  Del resto, le accuse di ingerenza da parte della Santa Sede sono smentite dai molti rapporti che pure vengono utilizzati per criticarla. Quei rapporti, lodati per la loro esaustiva investigazione degli abusi sessuali e del modo in cui essa è avvenuta, non forniscono prove che la Santa Sede abbia interferito negli affari interni dello Stato Irlandese o, addirittura, sia stata implicata nell'ordinaria gestione delle diocesi irlandesi o delle congregazioni religiose circa i problemi degli abusi sessuali. Piuttosto, ciò che colpisce di questi rapporti e delle numerose informazioni sulle quali sono basati è la mancanza di documentazione a supporto di tali accuse.

  A tale riguardo, la Santa Sede desidera sottolineare che in nessun modo essa ha ostacolato o tentato d'interferire in alcuna delle indagini sui casi di abuso sessuale sui minori nella diocesi di Cloyne. Inoltre, in nessun momento, la Santa Sede ha cercato d'interferire nel diritto irlandese o di intralciare le Autorità civili nell'esercizio delle loro funzioni.

- La Santa Sede desidera anche sottolineare che il testo dell'allora Cardinale Joseph Ratzinger, richiamato dall'On. Kenny, è una citazione tratta dal N. 39 dell'Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24 maggio 1990. Tale testo non riguarda la maniera con cui la Chiesa dovrebbe comportarsi all'interno di una società democratica e nemmeno ha a che fare con tematiche inerenti la protezione dell'infanzia, come l'uso della citazione che ne fa l'On. Kenny sembrerebbe sostenere, ma riguarda il servizio del teologo alla comunità ecclesiale.

- Nel suo incontro con il Nunzio Apostolico, il Vice-Primo Ministro d'Irlanda (Tánaiste) e Ministro degli Esteri e del Commercio, On. Eamon Gilmore, ha affermato che "tra le più inquietanti conclusioni del Cloyne Report c'è quella secondo la quale le Autorità vaticane, descrivendo il Documento Quadro adottato dalla Conferenza Episcopale come un mero 'documento di studio', hanno ostacolato gli sforzi della Chiesa irlandese nel trattare gli abusi sessuali sui minori commessi dal clero,". Come è chiarito nella Risposta della Santa Sede, detta espressione era fondata sulle spiegazioni della sua natura fornite dai Vescovi irlandesi e sullo stesso testo pubblicato. In nessun modo intendeva squalificare i seri sforzi intrapresi dai Vescovi irlandesi per affrontare il flagello dell'abuso sessuale sui minori.

- Quanto alla mozione passata alla Camera dei Deputati (Dáil Éireann), il 20 luglio 2011, e al Senato (Seanad Éireann), una settimana dopo, che deplora "l'intervento del Vaticano che ha contribuito ad ostacolare il Documento Quadro per la protezione dell'infanzia e delle linee guida dello Stato irlandese e dei Vescovi irlandesi", la Santa Sede desidera chiarire che, in nessun momento, si è espressa sulla misure di protezione dell'infanzia adottate dallo Stato irlandese, e tanto meno ha mai cercato di ostacolarle. La Santa Sede osserva che non ci sono prove citate in alcuna parte del Cloyne Report che permettano di concludere che il suo "presunto intervento" abbia contribuito ad ostacolare dette misure. Per quanto riguarda, poi, le  linee guida stabilite dai Vescovi irlandesi, la Risposta offre sufficienti chiarimenti per mostrare che esse in nessun modo sono state indebolite da alcun intervento della Santa Sede.

Osservazioni conclusive

  Nella sua Risposta, la Santa Sede offre una presentazione dell'approccio della Chiesa alla protezione dei minori, includendo la relativa normativa canonica, e fa riferimento alla Lettera ai Cattolici d'Irlanda del Santo Padre Benedetto XVI, pubblicata il 19 marzo 2010, nella quale il Pontefice indica che si attende che i Vescovi irlandesi cooperino con le Autorità civili, applichino pienamente le norme del Diritto Canonico e assicurino piena e imparziale applicazione delle norme della Chiesa in Irlanda per la protezione dei minori.

  La pubblicazione del Cloyne Report segna un ulteriore passaggio nel lungo e difficile cammino di accertamento della verità, di penitenza e purificazione, di guarigione e rinnovamento della Chiesa in Irlanda. La Santa Sede non si considera estranea a questo processo ma lo condivide in spirito di solidarietà ed impegno.

  La Santa Sede, mentre rigetta le accuse infondate, accoglie in spirito d'umiltà tutte le osservazioni e i suggerimenti obiettivi e utili per combattere con determinazione lo spaventoso crimine dell'abuso sessuale sui minori. La Santa Sede desidera ribadire che condivide la profonda preoccupazione e l'inquietudine espresse dalle Autorità irlandesi, dai cittadini irlandesi in generale e dai Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici d'Irlanda a riguardo dei criminali e peccaminosi atti di abuso sessuale perpetrati da membri del clero e da religiosi. La Sede Apostolica è anche consapevole della comprensibile rabbia, della delusione e del senso di tradimento sperimentati da coloro, particolarmente le vittime e le loro famiglie, che sono stati segnati da questi vili e deplorevoli atti e dal modo in cui essi talvolta sono stati affrontati dalle autorità ecclesiastiche. Per questo la Santa Sede desidera riaffermare il proprio dolore per ciò che è accaduto. Essa si augura che le misure che la Chiesa ha introdotto negli ultimi anni a livello universale, come anche in Irlanda, si dimostrino più efficaci nell'impedire il ripetersi di tali atti e contribuiscano alla guarigione di coloro che hanno sofferto per gli abusi, come pure a ristabilire la fiducia reciproca e la collaborazione tra le Autorità ecclesiastiche e quelle statali, che sono essenziali per combattere efficacemente il flagello dell'abuso. Naturalmente, la Santa Sede sa bene che la dolorosa situazione provocata dagli episodi di abuso non può essere risolta rapidamente o facilmente e che, benché siano stati compiuti molti progressi, molto rimane ancora da fare.

  Sin dai primi giorni dello Stato Irlandese, e specialmente dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche nel 1929, la Santa Sede ha sempre rispettato la sovranità dell'Irlanda, ha mantenuto relazioni cordiali e amichevoli con il Paese e le sue Autorità, ha frequentemente espresso la propria ammirazione per lo straordinario contributo offerto da uomini e donne irlandesi alla missione della Chiesa e al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni in tutto il mondo; inoltre, la Santa Sede non ha fatto mancare il proprio supporto a tutti gli sforzi per promuovere la pace sull'isola durante gli ultimi travagliati decenni. In linea con tale atteggiamento, la Santa Sede desidera riaffermare il suo impegno ad un dialogo costruttivo e alla cooperazione con il Governo irlandese, naturalmente sulla base del reciproco rispetto, così che tutte le istituzioni, sia pubbliche che private, religiose o civili, possano cooperare  per assicurare che la Chiesa, e anzi la società in generale, siano sempre un luogo sicuro per l'infanzia e i giovani.

OP/                                                                                            VIS 20110903 (2510)


commento direttore sala stampa santa sede risposta santa sede al "cloyne report"

CITTA' DEL VATICANO, 3 SET. 2011 (VIS). Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha commentato oggi alla Radio Vaticana la Risposta della Santa Sede al Governo irlandese relativamente al "Cloyne Report", presentato questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede. "Si tratta di un documento - ha detto - strutturato con chiarezza, in modo da affrontare tutte le questioni sollevate, e dare ad esse risposte argomentate e documentate, inserendole in una prospettiva di ampiezza adeguata".

  Padre Lombardi ha assicurato, inoltre, che: "l'intero sviluppo del Documento dimostra come la Santa Sede abbia preso in considerazione con grande serietà e rispetto le domande e le critiche ricevute e si sia impegnata a dare una risposta approfondita e serena, priva di inutili toni polemici anche là dove dà risposte chiare alle accuse che le sono state mosse. Ci si augura quindi che esso raggiunga lo scopo fondamentale e di comune interesse che si propone: contribuire a ricostruire quel clima di fiducia e di cooperazione con le autorità irlandesi che è essenziale per un impegno efficace della Chiesa come dell'intera società per garantire efficacemente il bene primario della salvaguardia della gioventù".

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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05/04/2013 16:02
 
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PAPA FRANCESCO: AGIRE CON DECISIONE NEI CASI DI ABUSI SESSUALI

Città del Vaticano, 5 aprile 2013 (VIS).



[SM=g1740758] Un Comunicato della Congregazione per la Dottrina della Fede rende noto che: "Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Vescovo Gerhard Ludwig Mueller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

In occasione dell’Udienza, in cui sono stati trattati vari argomenti di competenza del Dicastero, il Santo Padre ha raccomandato in particolar modo che la Congregazione, continuando nella linea voluta da Benedetto XVI, agisca con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli, l’impegno delle Conferenze episcopali nella formulazione e attuazione delle direttive necessarie in questo campo tanto importante per la testimonianza della Chiesa e la sua credibilità.

Il Santo Padre ha assicurato che nella sua attenzione e nella sua preghiera per i sofferenti le vittime di abusi sono presenti in modo particolare".




[SM=g1740771]







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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