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La Messa e l'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2010 18:27
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31/07/2010 18:25
 
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Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 06/10/2005 19.10

SINODO DEI VESCOVI: EVITARE GLI “ABUSI LITURGICI”


Troppo “esortazioni” del prete dal pulpito, canti “con alcuni tipi di strumenti musicali”, vestiti sacerdotali “incongrui”, un semplice inchino e non una genuflessione quando si passa davanti all’Eucaristia. Sono questi alcuni “abusi liturgici” da evitare, secondo i padri sinodali riuniti in Vaticano fino al 23 ottobre.

Ad elencarli ai giornalisti è stato don Giorgio Costantino, addetto stampa per il gruppo linguistico italiano, nel “briefing” di oggi con i giornalisti, presso la sala stampa della Santa Sede. Di “abusi liturgici” si è parlato nel corso della discussione libera di ieri pomeriggio, quando il segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterovic, per garantire maggiore “libertà” ai padri sinodali ha assicurato che gli addetti stampa “non avrebbero riferito i nomi degli intervenuti, ma solo i contenuti degli interventi”, ha spiegato don Costantino. “L’abuso liturgico è una ferita alla bellezza della liturgia”, hanno detto i padri secondo quanto riferito dall’addetto stampa, invitando ad “attenersi alle norme liturgiche” durante le messe e a tenere in considerazione in particolare i “principi e norme” inseriti all’inizio del Messale.

C’è chi ha detto inoltre che “sarebbe bene evitare le messe solitarie”, perché “la messa senza il popolo di Dio non ha valore pastorale” e chi ha messo l’accento sulla questione dell’intercomunione, “in particolare tra ortodossi e cattolici”, esortando ad inserire nel calendario sinodale un momento di “sintesi” sugli interventi in merito ascoltati durante il Sinodo.


Agenzia Sir


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Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 08/10/2005 11.37
L’ultima Cena

interessante documento sul significato della messa e sulla sua forma liturgica, con note del cardinale Ratzinger

L’ultima Cena non è soltanto un avvenimento storico da ricordare ma è una realtà che deve essere ripetuta perché attraverso l’ultima cena Gesù dona la sua presenza e rende attuale e presente il suo sacrificio avvenuto una volta per sempre sulla croce.
Gesù stesso, dopo la sua resurrezione, spiega il significato dell’ultima cena a due dei suoi discepoli: egli appare mentre sono diretti al villaggio di Emmaus ma essi non lo riconoscono subito perché i loro occhi sono come – accecati -.
L’evangelista Luca così riferisce l’episodio di Emmaus:- (…) Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano. Cominciò dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti i profeti.
Intanto arrivarono al villaggio dove erano diretti, e Gesù fece finta di voler continuare il viaggio.
Ma quei due discepoli lo trattennero dicendo:- resta con noi perché il sole ormai tramonta -. Perciò Gesù entrò nel villaggio per rimanere con loro. Poi si mise a tavola con loro, prese il pane e pronunciò la preghiera di benedizione; lo spezzò e cominciò a distribuirlo.
In quel momento gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù, ma lui sparì dalla loro vista-“ ( Lc 24,27-30 ).
Nell’episodio di Emmaus c’è tutto il significato della messa cattolica:
1) c’è dapprima l’ascolto della Sacra Scrittura
2) c’è la preghiera dei discepoli al Signore affinché egli resti con loro
3) c’è la risposta di Gesù che si rende presente e spezza il pane – spezzare il pane, cioè la separazione violenta del suo corpo e quindi il suo sacrificio: eucaristia come sacrificio- e lo distribuisce – eucaristia come sacramento- e nello stesso tempo si sottrae alla vista dei discepoli.

Dunque l’ultima cena non è solo un avvenimento storico verificatosi nel passato perché Gesù risorto
continua ad essere l’autore delle celebrazioni eucaristiche, anche se si rende invisibile alla nostra vista; il Concilio Vaticano II spiega che: - Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. E’ presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, - offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti-, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche- ( Sacrosantum Concilium n.7 );
-il sacerdote compie il sacrificio eucaristico nella persona di Cristo – ( Lumen Gentium n.10 ) cioè Cristo, invisibile ma presente, si serve del corpo, della voce e delle mani del sacerdote.
- L’Eucaristia è il memoriale della Pasqua di Cristo, l’attualizzazione e l’offerta sacramentale del suo unico sacrificio (…); Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia (…) il sacrificio che Cristo ha offerto una volta per tutte sulla croce rimane sempre attuale (…); L’Eucaristia è dunque un sacrificio perché ri-presenta ( rende presente ) il sacrificio della croce (…)- ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.1362, 1364, 1366 ).

Gesù è morto una volta per sempre sul Calvario ma noi abbiamo la possibilità di essere presenti alla sua morte nel mistero della messa: partecipare alla Messa è come entrare in una sorta di macchina del tempo misteriosa e incomprensibile che ci fa essere presenti a quell’avvenimento unico ed irripetibile, liberandoci dalle limitazioni del tempo e dello spazio.

Nell’ultima Cena Gesù rendeva presente quell’unico ed irripetibile sacrificio del Calvario che sarebbe avvenuto temporalmente nel futuro e oggi, nella messa, rende presente quel sacrificio unico ed irripetibile che è avvenuto nel passato e cioè il 7 aprile del 30 della nostra era - anno 783 dalla fondazione di Roma.
Il termine messa deriva dalla formula latina che si pronunciava al termine della celebrazione liturgica: Ite – andate -, missa est – è stata inviata, cioè è stata inviata l’offerta -.
 
La messa è dunque l’offerta, il mandare a Dio un dono molto gradito, l’offerta della vita umana innocente di Gesù, vero Dio e vero uomo.
Scrive chiaramente l’apostolo Paolo ( 1 Cor 10,16-20 ) che , come Israele secondo la carne partecipa alla manducazione delle vittime sacrificali e come i pagani partecipano ai loro banchetti sacrificali, così il cristiano partecipa al banchetto sacrificale che è la celebrazione eucaristica, - comunione al sangue e al corpo di Cristo -, - mensa del Signore -.
 
 Anzi, per il fatto che il cristiano partecipa al sacrificio eucaristico non può partecipare assolutamente al sacrificio giudaico e a quello pagano. L’Eucaristia, quindi, è vero banchetto sacrificale.

Solo il sacrificio di Cristo è un’offerta perfetta gradita a Dio, ma grazie al dono della vita di Gesù e grazie al mistero della messa che ci fa essere presenti a quel sacrificio, possiamo unire le offerte dei nostri sacrifici all’offerta di Nostro Signore affinché vengano presentate al Padre: - (…) nel sacrificio della messa preghiamo il Signore che, - accettando l’offerta del sacrificio spirituale -, faccia di noi stessi un’offerta eterna- ( Sacrosantum Concilium n.12 ).

Scrive San Tommaso d’Aquino:- poiché del frutto della passione del Signore abbiamo bisogno ogni giorno per i nostri quotidiani difetti, nella Chiesa ogni giorno ordinariamente si offre questo sacramento- ( Summa Teologica III, q.83, a. 2 ).

Gesù nell’ultima Cena ha fondato il contenuto dogmatico della messa ma non la sua forma liturgica. Egli ha dato soltanto quelle parti essenziali e immutabili della messa che ne esprimono il contenuto- le parole della consacrazione, la frantumazione del pane, l’offerta del pane e del vino, la distribuzione del pane e del vino - e ha lasciato alla Chiesa l’opera di costruzione dell’edificio liturgico cioè della forma della messa, del modo di celebrarla. La celebrazione liturgica della Chiesa è viva come la Chiesa stessa e quindi sottoposta ad un processo di maturazione in cui sono possibili inserimenti più o meno importanti.

Nella costruzione del modo di celebrare la messa sono sempre presenti due concezioni: la liturgia come adorazione e la liturgia come intrattenimento dell’uomo – ad esempio, le parole di saluto e di commiato e tutti quegli elementi che hanno valore di intrattenimento -.
Quando queste due concezioni, invece di collaborare, finiscono per fronteggiarsi, la forma liturgica ne risente e vengono persi elementi preziosi che vanno a danno della partecipazione spirituale del fedele al mistero della messa.

Un riflesso di questa contrapposizione si ritrova, ad esempio, a proposito del problema relativo - all’orientamento della celebrazione liturgica: celebrazione verso il tabernacolo o verso il popolo? In realtà, nel passato, sia il popolo che il sacerdote erano rivolti verso oriente perché il Signore era asceso al cielo verso Oriente e da Oriente si aspettava il suo ritorno e questo punto di riferimento era contrassegnato, originariamente, con una croce collocata sulla parete orientale: la croce aveva un prevalente significato escatologico.

Questo significato, con il tempo, non è stato più compreso nella sua profondità e la nuova disposizione ha insistito soprattutto sul fattore comunitario in sé.

Il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, fa una proposta concreta per migliorare l’attuale celebrazione liturgica: - la croce potrebbe essere collocata sull’altare in tal modo che i sacerdoti e i fedeli la guardino insieme. Nel canone essi non dovrebbero guardarsi, ma guardare insieme lui, il trafitto- ( Joseph Ratzinger, La festa della fede. Saggi di Teologia liturgica, Jaca Book, Milano 1984, p.134 ).

Il cardinale fa altre considerazioni in merito alla musica usata durante le celebrazioni liturgiche. La musica non è qualcosa di neutrale perché vi è una musica elevante che porta alla – spiritualizzazione dei sensi – e una musica che scatena i sensi e stordisce. Anche se è impossibile indicare una volta per sempre i criteri di ciò che la spiritualizzazione esige dal punto di vista musicale, bisognerebbe almeno stabilire i criteri delle forme musicali negative e aberranti dal punto di vista spirituale ( cfr J. Ratzinger, ibidem, p108, 114 ).
Una migliore partecipazione spirituale alla messa, dice Ratzinger, può essere ottenuta anche mediante l’eloquenza dei gesti del sacerdote di cui uno dei più importanti per esprimere l’adorazione – rischia sempre di più di sparire: l’inginocchiarsi - ( ibidem, p.80 ).
 

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Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 08/10/2005 11.48

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Insegnamenti di Giovanni Paolo II tratti dalla lettera Enciclica Ecclesia De Eucharistia
Con note redazionali ( ndr)



Il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli, la comunione con lui è un’esigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico

( Giovanni Paolo II , Ecclesia De Eucharistia, 17 aprile 2003, n. 39 )



Confido che questa mia Lettera enciclica possa contribuire efficacemente a che vengano dissipate le ombre di dottrine e pratiche non accettabili, affinché l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero

( ivi n. 10 )



L’Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità e diminuzioni.

( ivi, n.10)



Vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo abbandono del culto di adorazione eucaristica.

( ivi n.10 )



Si aggiungono, nell’uno o nell’altro contesto ecclesiale, abusi che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento.

( ivi n. 10 )



Emerge talvolta una comprensione assai riduttiva del Mistero eucaristico. Spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno.

( ivi n.10 )



La necessità del sacerdozio ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata e la sacramentalità dell’Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia dell’annuncio.

( ivi n.10 )





Come non manifestare, per tutto questo, profondo dolore?

( ivi n.10 )



Soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti.

Una certa reazione al “ formalismo “ ha portato qualcuno (…) a ritenere non obbliganti le “forme “ scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti.

( ivi n.52 )



Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà.

( ivi n.52 )



La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri

( ivi n.52 )



Il Sacrificio eucaristico pur celebrandosi sempre in una particolare comunità non è mai celebrazione di quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del Signore, riceve l’intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica

( ivi n.39 )



Una comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse autosufficiente, ma deve mantenersi in sintonia con ogni altra comunità cattolica.

( ivi n.39 )



Per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale..

( ivi n. 52 ).





- Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito- (1 Cor 11, 23 ), istituì il Sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue. (…) Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti.

( ivi n.11)



Istituendolo, egli non si limitò a dire – Questo è il mio corpo -, - questo è il mio sangue -, ma aggiunse – dato per voi…versato per voi- ( Lc 22,19-20 ). Non affermò soltanto che ciò che dava loro da mangiare e da bere era il suo corpo e il suo sangue, ma ne espresse altresì il valore sacrificale, rendendo presente in modo sacramentale il suo sacrificio

( ivi n.12)



La Messa rende presente il Sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica.

( ivi n.12 )



L’Eucaristia è sacrificio in senso proprio, e non solo in senso generico, come se si trattasse del semplice offrirsi di Cristo quale cibo spirituale ai fedeli. Il dono infatti del suo amore e della sua obbedienza fino all’estremo della vita ( cf. Gv 10,17-18 ) è in primo luogo un dono al Padre suo.

Certamente, è dono in favore nostro, anzi di tutta l’umanità ( cf. Mt 26,28; Mc 14, 24; Lc 22,20; Gv 10,15 ), ma dono innanzitutto al Padre: “ sacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece “ obbediente fino alla morte “ ( Fil 2,8 ), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione “.

( ivi n.13 )



La Pasqua di Cristo comprende, con la passione e la morte, anche la sua risurrezione

( ivi n.14 )



Il Sacrificio eucaristico rende presente non solo il mistero della passione e della morte del Salvatore, ma anche il mistero della risurrezione, in cui il sacrificio trova il suo coronamento.( ivi n.14 )



Il culto reso all’Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del Sacrificio eucaristico

( ivi n.25 )



La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si conservano dopo la Messa – presenza che perdura fintanto che sussistono le specie del pane e del vino – deriva dalla celebrazione del Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale

( ivi n.25 )



Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo sotto le specie eucaristiche.

( ivi n.25 )



Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’ – arte della preghiera -, come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?

( ivi n.25 )



- Fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi -. L’Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia.

( ivi n.25 )



E’ il sacerdote ministeriale che – compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo -. Per questo nel Messale Romano è prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la preghiera eucaristica, mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio.

( ivi n.28)



In persona Christi – vuol dire di più che a “nome “, oppure “ nelle veci “ di Cristo. In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno-

( ivi n.29 )



Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, nell’economia di salvezza scelta da Cristo, manifesta che l’Eucaristia, da loro celebrata, è un dono che supera il potere dell’assemblea

( ivi n.29 )



L’Eucaristia (…) “ è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli “

( ivi n. 31 )



Anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato.

( ivi n.8 )



Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa

( ivi n.8 )



Si capisce, dunque, quanto sia importante per la vita spirituale del sacerdote, oltre che per il bene della Chiesa e del mondo, che egli attui la raccomandazione conciliare di celebrare quotidianamente l'Eucaristia

( ivi n.31 )





Le comunità ecclesiali da noi separate (…) non hanno conservato la genuina ed integra sostanza del Mistero eucaristico (…). I fedeli cattolici (…) debbono astenersi dal partecipare alla comunione distribuita nelle loro celebrazioni, per non avallare un’ambiguità sulla natura dell’Eucaristia e mancare, di conseguenza, al dovere di testimoniare con chiarezza la verità.. ( ivi n.30 ).



L’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. Se l’Eucaristia rende presente il Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un’esigenza continua di conversione, di risposta personale all’esortazione che San Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: - Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio- ( 2 Cor 5, 20 )

( ivi n.37 )



Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza

( ivi n.37 )



Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione

( ivi n.36 )



Dato che l’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati fra di loro, nella lettera apostolica Misericordia Dei, Giovanni Paolo II ha scritto e ordinato ( ndr ) :- Gli ordinari del luogo, nonché i parroci e i rettori di Chiese e santuari, devono verificare periodicamente che di fatto esistano le massime facilitazioni possibili per le confessioni dei fedeli. In particolare, si raccomanda la presenza visibile dei confessori nei luoghi di culto durante gli orari previsti (…) e la speciale disponibilità per confessare prima delle Messe e anche per venire incontro alla necessità dei fedeli durante la celebrazione delle S. S. Messe, se sono disponibili altri sacerdoti-( Giovanni Paolo II , 7 aprile 2002 )





Nei casi (…) di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti – ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto –

( Giovanni Paolo II , Ecclesia De Eucharistia, cit., n. 37 )



I divorziati risposati, per esempio, non possono ricevere la comunione ( ndr ).

Scrive Il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della fede ( ndr ): -" La liturgia, per alcuni sembra ridursi alla sola eucaristia, vista quasi sotto l'unico aspetto del - banchetto fraterno -. Ma la messa non è solamente un pasto tra amici, riuniti per commemorare l'ultima cena del Signore mediante la condivisione del pane. La messa è il sacrificio comune della Chiesa, nel quale il Signore prega con noi e per noi e a noi si partecipa. E' la rinnovazione sacramentale del sacrificio di Cristo: dunque, la sua efficacia salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti e assenti, vivi e morti. Dobbiamo riprendere coscienza che l'eucaristia non è priva di valore se non si riceve la comunione: in questa consapevolezza, problemi drammaticamente urgenti come l’ammissione al sacramento dei divorziati risposati possono perdere molto del loro peso opprimente.

Se l'eucaristia è vissuta solo come il banchetto di una comunità di amici, chi è escluso dalla ricezione dei Sacri Doni è davvero tagliato fuori dalla fraternità. Ma se si torna alla visione completa della messa ( pasto fraterno e insieme sacrificio del Signore, che ha forza ed efficacia in sé, per chi vi si unisce nella fede), allora anche chi non mangia quel pane partecipa egualmente, nella sua misura, dei doni offerti a tutti gli altri- ( Joseph Ratzinger, Rapporto sulla fede, ed. Paoline 1985, p.136-137 )



Il Decoro della Celebrazione Eucaristica


Una donna, identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda – ( cf. Mt 26,28; Mc 14,4; Gv 12,4 ) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno “ spreco “ intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – “ i poveri li avete sempre con voi “ ( Mt 26,11; Mc 14,7; cf. Gv 12, 8 ) – Egli guarda all’evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l’unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell’onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte (…). Il racconto continua, nei Vangeli sinottici, con l’incarico dato da Gesù ai discepoli per l’accurata preparazione della “ grande sala “ necessaria per consumare la cena pasquale ( cf. Mc 14,5; Lc 22,12 )

( ivi n.47 )



Come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di “ sprecare “, investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell'Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la “grande sala “ essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell’avvicendarsi delle culture a celebrare l’Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero.

Sull’onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l’eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana.

( ivi n. 48 )



Se la logica del – convito – ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa “ dimestichezza “ col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il – convito – resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota

( ivi n.48 )



Nota del redattore: la storia, che è politica sperimentale, dimostra che, quando i regimi comunisti hanno trasformato le chiese in dormitori e in granai, invece di risolvere i problemi dei poveri hanno creato le stragi di morti per fame: 13 milioni di morti per fame in URSS nel 1930 e 60 milioni di morti per fame in Cina tra il 1958 e il 1960.



Alla Scuola di Maria Donna “ Eucaristica “


“ Fate questo in memoria di me “ Lc 22,19 ).

Nel “ memoriale “ del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte.

Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: “ Ecco tuo figlio!”.. Ugualmente dice anche a ciascuno di noi:” Ecco tua madre !” ( cf. Gv 19, 26 -27 ).

Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono.

Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre.

Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche.

Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia.

( ivi n. 57 )

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Da: Soprannome MSN7978Pergamena Inviato: 08/10/2005 21.03
SINODO: FEDELI NON POSSONO INTINGERE OSTIA NEL CALICE
CITTA' DEL VATICANO
 
- Non e' opportuno che i laici intingano l'ostia direttamente nel calice con il vino, per prendere la comunione sotto le due specie del corpo e del sangue di Cristo. L'indicazione e' emersa nel corso del Sinodo dei vescovi, su sollecitazione fatta da un padre durante lo spazio destinato agli interventi liberi.

La prassi di dare ai fedeli la possibilita' di compiere il gesto di intingere l'ostia e' particolarmente frequente in occasione dei matrimoni, ma anche seguita in tante cerimonie religiose. L'indicazione negativa vale, invece, non solo per i laici, ma anche per i sacerdoti che sono tra l'assemblea ad assistere alla messa e non concelebrano: anche loro se vogliono la comunione sotto le due specie debbono riceverla da chi celebra, che solo puo' decidere di darla.

Il caso rientra tra i numerosi ''abusi'' dell'eucarestia che, ha spiegato il card. Francis Arinze, prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, ''trovano molto spesso fondamento nell'ignoranza'' o ''in un falso concetto di liberta'''.

(ANSA: 7.10.2005, ore 16:38)
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