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NO alle chierichette sull'altare con la Messa antica (Deo Gratias!!) ma sarebbero da scoraggiare anche in quella Ordinaria

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2011 22:18
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Mons. Burke: nella Messa tridentina non sono ammesse "chierichette" nè laici che distribuiscono la Comunione


Chiesa: Vaticano, no a bambine chierichette e laici in messa in latino

Citta' del Vaticano, 11 ago. (Adnkronos)

Nell'antica messa in latino, cioe' il rito di San Pio V liberalizzato da Benedetto XVI con il motu proprio
''Summorum pontificum'', non sono ammessi ne' chierichette ne' laici, vale a dire ne' ''persone di sesso femminile che prestano servizio all'altare, ne' laici che danno la comunione''. E' quanto precisa mons. Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica, il supremo tribunale della Santa Sede, nell'introduzione a uno studio che fa il punto sull'applicazione del motu proprio del Papa, appena uscito in Germania, a poche settimane dalla scadenza del prossimo settembre quando cadono i tre anni dall'entrata in vigore della messa in latino.


Vaticano/ Burke: Chierichette non è diritto, mai in messa latino

Dopo l'elogio dell''Osservatore romano'. No a letture dei laici

Fare i chierichetti non è un "diritto".
Per questo motivo il servizio non può essere assolto da "persone di sesso femminile" nella cosiddetta messa in latino. Così, con una posizione divergente rispetto a quella assunta solo pochi giorni fa dall''Osservatore romano', si esprime monsignor Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica.
Nell'introduzione al 'Commento' al motu proprio Summorum Pontificum del tedesco Gero P. Weishaupt, il vescovo americano spiega che per affrontare alcune questioni liturgiche pratiche è necessario tener presenti due principi. Il primo è che, per la celebrazione del rito straordinario liberalizzato dal motu proprio, si devono "rispettare attentamente" le norme liturgiche in vigore nel 1962.

In base al secondo principio, la successiva disciplina liturgica va applicata al rito romano "solo se tale disciplina tocca un diritto dei credenti che deriva direttamente dal sacramento del battesimo e serve alla salvezza delle loro anime". L'applicazione congiunta di questi due principi, spiega Burke, "porta alla conclusione che non appartengono ai diritti fondamentali del battezzato né il servizio all'altare di persone di sesso femminile, né l'uso dei laici per le letture o per la distribuzione straordinaria della comunione. Di conseguenza questi sviluppi più recenti non sono da introdurre nella forma straordinaria del rito romano per rispetto per l'integrità della disciplina liturgica contenuta nel missale romanum del 1962". In un editoriale di prima pagina scritto in occasione del raduno europeo di chierichetti a Roma, l''Osservatore romano' ha fatto un elogio delle chierichette.

"Anche se forse molti parroci si sono rassegnati alle chierichette solo in assenza di ragazzi disponibili - ha scritto Lucetta Scaraffia - per le giovani superare questa frontiera è stato molto importante, e così infatti è stato compreso: lo dimostra la presenza di una maggioranza femminile al decimo raduno dei ministrantes che si è appena svolto alla presenza del Papa. Per le ragazze entrare nello spazio dell'altare ha significato la fine di ogni attribuzione di impurità al loro sesso, ha significato la possibilità di vivere anch'esse questa esperienza formativa di straordinaria importanza nell'educazione religiosa - ha concluso il giornale vaticano - ha significato un'attenzione diversa alla liturgia e un avvicinamento alla fede nell'accostarsi al suo stesso cuore".




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il presunto elogio dell'Osservatore Romano sulle donne chierichetto è, direi, OFFENSIVO!!
offensivo per noi Donne, offensivo per le TANTE SANTE DONNE che la Chiesa ha riconosciuto e che mai si sono sentite impure se non servivano all'Altare...
Ve la immaginate santa Teresina del Bambin Gesù sentirsi offesa E IMPURA perchè non faceva la chierichetta?
Ma che si sono bevuti al giornale del Papa? Forse è il troppo caldo!!!???

Rammentiamo a codesto giornale che sfrutta l'immagine del Pontefice per vendere delle volte fumo velenoso... che la prassi delle chierichette è recente e fu quasi una sorta di OBBLIGO, una sorta di IMPOSIZIONE e di ribellione contro Roma negli anni che vennero dopo il Concilio...(stessa imposizione con la comunione alla mano)....
rammentiamo che le Norme furono stabilizzate nel 1993 quando il 31 maggio di quell'anno il Corriere della Sera così ne dava la notizia:


CITTA DEL VATICANO . Un documento della Congregazione per il culto divino confermera' la prassi ormai universalmente accettata di consentire anche alle bambine di assistere come "chierichette" il sacerdote all' altare. Il settimanale Time ne da' notizia con l' entusiasmo di una possibile apertura in prospettiva al sacerdozio femminile. In realta' fin dai tempi della riforma liturgica basata sulle indicazioni del Concilio Vaticano II, in tutti i Paesi le bambine hanno cominciato a essere ammesse a questo servizio liturgico in quanto non esistono impedimenti canonici. Praticamente solo in Italia, e in particolare a Roma e nel Sud, erano rimaste delle resistenze di ordine soprattutto psicologico. Lo stesso Wojtyla, durante le visite pastorali all' estero, ha dovuto accettare di essere circondato da "chierichette". Continuare a incoraggiare delle riserve sarebbe stato paradossale. E il motivo per cui il Papa ha ritenuto opportuno chiarire una volta per tutte il pensiero ufficiale della Santa Sede, chiedendo alla Congregazione per il culto divino di preparare un documento. Non sara' certo questo ad aprire la porta al sacerdozio delle donne, nei confronti del quale il Papa e il Vaticano insistono in un atteggiamento di fermezza, tanto da lamentare le conseguenze sul piano ecumenico provocate dall' ordinazione di donne prete nella Chiesa anglicana.

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Il Papa CEDETTE alle chierichette (non si comprende perchè sarebbe stato paradossale se il Papa avesse rifiutato!), ma chiarì immediatamente che nulla aveva a che fare con chi credeva che il passo successivo sarebbe stata l'ordinazione alle donne...

Resta palese che l'articolo dell'Osservatore Romano è assurdo e poco veritiero....quasi sottoscrivendo che la Chiesa avrebbe offeso le donne impedendo loro il servizio all'altare per duemila anni....questa è pura follia cronista ed oramai anche croNIca....
Ringraziamo Dio per averci riaperto le porte alla sana e vera Tradizione....che pone Donne ed Uomini AI LORO POSTI, insieme, NON in conflitto o con invidie e gelosie (cfr san Paolo), ma con RUOLI ben specifici a fare ognuno il proprio dovere....
Ci fu un Papa, forse un Benedetto, che portò le donne per la prima volta nel Palazzo Apostolico come sua aiutante, non rammento con precisione....e ci sono Suore e donne laiche consacrate che prestano il loro servizio al Sommo Pontefice....VICARIO DI CRISTO, è più che sufficiente!






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Interessanti i commenti dal Blog Messainlatino raggiungibile dal link del titolo:


Chierichette: Mons. Burke corregge l'Osservatore Romano. E chiarisce anche sui laici.

No alle chierichette nè ai laici per la distribuzione della S. Comunione. "Nella liturgia i fedeli non hanno tutti eguali diritti".
"Gli sviluppi più recenti non sono da introdurre nella forma straordinaria del rito romano per rispetto per l'integrità della disciplina liturgica contenuta nel missale romanum del 1962"

*

Riportiamo una notizia di ieri. Mons. Burke, Prefetto dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica chiarisce una volta per tutte alcuni punti. E non teme di essere "politicalmente scorretto". La verità non è mai scorretta.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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ECCO I NEMICI DELLA CHIESA!!


La controffensiva in Rai di mons. Sodi contro il motu proprio

Le parole benemerite di mons. Burke (il cui nucleo centrale si riassume nel ricordare che il motu proprio non è una interinale concessione a gruppuscoli di tradizionalisti chiusi nelle loro cappelle, ma la riproposizione a tutto il popolo cristiano, affinché se ne riappropri, del tesoro della liturgia immemoriale) hanno avuto una grande eco e suscitato piccate reazioni. Vien da domandarsi perché, visto che si tratta di osservazioni ovvie ed evidenti (già il card. Castrillòn diceva che il Papa vorrebbe una Messa tridentina in ogni parrocchia; e del resto basta leggere le affermazioni inequivocabili e molto forti dell'allora cardinal Ratzinger per rendersene conto: qui ne trovate una buona selezione). Ogni persona con un minimo di cognizione di causa sa perfettamente qual è l'intenzione del Papa; ma vi è chi, in mala fede, cerca di convincere i semplici e gli ignari del contrario, ossia che il motu proprio va circondato da un cordone sanitario e deve riguardare solo quei nostalgici che, dal 1970, non sono riusciti a capire la ricchezza della liturgia riformata.

Uno di coloro che più si applicano in questo senso è don Manlio Sodi, salesiano, che gode di grande entratura mediatica visto che è riuscito a diffondere il suo verbo alla radio di Stato per ben due volte in tre giorni. Vediamo che cosa ha detto

***

GR3 di giovedì 12 agosto, edizione delle ore 8,45

Speaker del TG3 : A tre anni dalla pubblicazione del decreto con il quale ha autorizzato la celebrazione della Messa in latino Papa Benedetto XVI ha sollecitato una valutazione da parte dei Vescovi. I pareri anche in Vaticano sono molto diversi,

Riccardo Cristiano: “Secondo il Prefetto della Segnatura Apostolica Mons. Burck la decisione con cui Benedetto XVI ha liberalizzato la Messa in rito latino non è stato un favore a gruppi o a individui affezionati a quella liturgia ma una legge finalizzata alla salvaguardia e la promozione di tutto il corpo mistico di Cristo".

Mons. Sodi direttore di Rivista Liturgica: “Il Motu Proprio del Papa pubblicato tre anni fa è stato finalizzato a far sì che alcuni gruppi di persone che erano legate al precedente rito potessero celebrare con la dovuta tranquillità e serenità secondo il Messale pubblicato nel 1962. Quello che è stato posto in evidenza nell’ambito del Motu Proprio è stato il fatto di venire incontro a comunità stabili, comunità cioè che sono rimaste fedeli e sempre legate a questa forma di celebrazione”.

***

Radio Uno, 15 agosto 2010 (dal 10° minuto in avanti)

Un conduttore della trasmissione dal timbro di voce sfigato torna con gusto sullo spettacolo delle chierichette, che sono ormai 'universalmente accettate', dice, tanto che presto un documento della Congregazione per il Culto Divino sancirà questa evoluzione e darà piena cittadinanza alle damigelle all'altare (ah sì?); aggiunge che il settimanale Time ha salutato questa evoluzione che rappresenta, sempre per il compiaciuto conduttore (evidentemente ignaro del fatto che sul punto c'è un divieto pronunciato infallibilmente ex cathedra da Giovanni Paolo II), un passo avanti verso il riconoscimento del ministero femminile.

Accenna al fuoco di contraerea partito da mons. Burke, nonché allo spauracchio del motu proprio Summorum Pontificum che si sarebbe posto di traverso a questa benemerita prassi (curioso: quel motu proprio non si occupa affatto di chierichesse) e passa ad intervistare il solito Sodi.

Per quest'ultimo, il motu proprio concerne soltanto alcune comunità stabili, dove stabile significherebbe: esistenti da sempre (quindi anteriori al motu proprio; anzi, rimaste ancorate ai vecchi riti fin da quando furon soppiantati). Si tratta di poche persone, aggiunge, che non debbono e non possono condizionare il futuro del 99,9% dei cattolici, che sono invece proiettati verso magnifiche sorti e progressive. "Non può essere un problema dell'intera Chiesa universale", dice Sodi, e già la scelta del termine 'problema' è rivelatrice. C'è anche un simpatico passaggio sulla necessità di valorizzare la 'responsabilità episcopale' sulla questione; leggi: dar briglia sciolta all'arbitrio dei vescovi per impedire lo scandalo delle celebrazioni tridentine.

Onirico il passaggio in cui il Sodi afferma con sicumera che il Messale di Paolo VI è il messale più tradizionale che la Chiesa abbia mai avuto... A volte vien da domandarsi se certi monsignori vadano mai a messa, non diciamo se la celebrino...

Conclude il conduttore: mentre c'è ancora chi pensa a pizzi e merletti, la Chiesa si regge grazie all'apporto femminile; è quindi tempo di dar spazio alle donne. Come gli anglicani, no? Da quelli le cose funzionano a meraviglia...

Enrico









******************



riflessione:




C'è del diabolico in tutto ciò....  
all'analisi fatta dalla Redazione che naturalmente è condensata e relegata alle citazioni della trasmissione TV segnalata, va aggiunto a mio parere l'errore, ennesimo, che questi signori, nemici veri della Chiesa e della sana Tradizione, continuano a commettere.... qualcosa l'abbiamo approfondita qui, nel thread di Redazione:  
Il latino, la liturgia e i soliti attacchi   
 
ossia: l'errore di vedere il latino come un nemico e in questo tema vedere le donne come nemiche o peggio, come obbligate a rivalersi sugli uomini (pretesa di fare le chierichette ) e, viceversa, vedere il servizio degli uomini presso l'Altare come una sorta di misogenia contro appunto le donne....insomma, c'è del diabolico in tutto ciò!  
Ciò che mons. Sodi, con tutta la cricca progressista-regressista dimenticano è che nella Chiesa esistono i RUOLI attraverso i quali le donne NON sono mai state esonerate ne penalizzate, al contrario, è sempre stata tale distinzione che efficacemente ha prodotto nella Chiesa un fiume in piena di SANTE E MARTIRI.... un esempio ci è dato dalla canonizzazione di santa Gianna Molla, donna medico e madre di Famiglia che vivendo pienamente il suo ruolo di donna e madre (e poi di medico) da la sua vita per i figli....  
NESSUNA PROFESSIONE deve interferire con il ruolo principale che Dio ci ha dato da svolgere nella Chiesa a vantaggio degli Uomini....  
Gli Uomini hanno dei RUOLI, le Donne hanno altri RUOLI....  
 
Vorrei vedere come reagirebbe mons. Sodi se domani nascesse un gruppo che pretendesse di ufficializzare LA SOSTITUZIONE dei loro ruoli in base esclusivamente alla rivendicazione dell'uguglianza.... ossia, un movimento che pretendesse di autonominarsi "monsignori" e magari pretendendo la poltrona che occupa il Sodi....  
parlerebbero di follia! eppure è ciò che pretendono loro quando USANO IL GENIO FEMMINILE per relegarlo ad una imposizione di ruoli che a tale genio non si confà..... Wink  
la follia culturale del nostro tempo è caduta talmente in basso che assistiamo a dei grandi paradossi proprio da chi pretenderebbe innalzare il GENIO FEMMINILE attraverso delle rivendicazioni che invece lo annullano, lo schiacciano e lo NASCONDONO cammuffandolo con IL SCIMMIOTTARE  il ruolo prettamente maschile...  
 
Se il RUOLO del chierichetto nasce e si sviluppa all'interno di un contesto culturale che aiuta il giovane a trovare la sua propria vocazione nel Ministero del Sacerdozio, è ovvio che pretendendo di metterci dentro la donna, ne offusca di lei il suo proprio ruolo femminile che NON è portato verso quel ministero... Undecided  
Le BAMBINE E I BAMBINI a quell'età vivono per loro propria natura una conflittualità NATURALE E NECESSARIA proprio perchè è a quella età che si determinano poi i ruoli nella società.... infatti è tipico di quell'età infantile che i maschietti giocano a fare le guardie, i soldati, gli eroi, tutti ruoli altamente maschili, mentre le bambine giocano con le bambole...e si divertono a vestire i panni della mamma...  
E' una età in cui tali differenze spingono i bambini stessi a crearsi gruppi di amicizie separate per poi ritrovarsi insieme magari a qualche festa di compleanno o a mangiarsi un gelato....  
 
Ora, la nostra epoca, spinta dalla diabolica cultura omosessualista che pretende di annientare LE DIFFERENZE DEI RUOLI fra maschi e femmine, e grazie anche alla complicità di una esagerata EMANCIPAZIONE FEMMINILE che per rivendicare la propria femminilità ha finito per usarla COME UN ARMA CONTRO L'UOMO.... anche all'interno della Chiesa si è finito per abbracciare LE MODE DEI TEMPI e per sposare una concezione di uguaglianza che è FALSA....  
 
Questo modo errato di concepire l'autentico ruolo femminile e maschile, produce DISUGUAGLIANZA, produce divisione, produce l'anichilimento del vero genio femminile che se viene impegnato dalle bambine per fare le chierichette, fa perdere loro del tempo prezioso per vivere invece la loro propria dimensione all'interno della Chiesa che è quello soprattutto di dedicarsi alla PREGHIERA, ALL'AIUTO AL PARROCO NEL MANTENIMENTO DEI PARAMENTI SACRI MAGARI IMPARANDO A RICAMARLI E A FARLI con le proprie manine.... Wink  aiutare al DECORO DELLA CHIESA, tenere in ordine i registri, aiutare il parroco a tenere in ordine negli appuntamenti, ecc... insomma, ci sono cose che gli Uomini NON sanno fare con quella meticolosità ed ingegno tipicamente femminile....  
Perchè non RISVEGLIARE queste capacità nelle nuove leve femminili?  
Mons. Sodi non rincorra strategie diaboliche e perverse, aiuti piuttosto a far comprendere che il ruolo femminile è bello per come Dio lo ha creato, donando alle donne L'INGEGNO DEL RICAMARE NON LE TRAME ma bellissime stoffe....come Maria che con i suoi lunghi capelli asciugava i piedi di Nostro Signore...."un ruolo che non le sarà mai tolto - Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via "

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/08/2010 18:59
 
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Dal 1965 una tradizione che si ripete nel periodo estivo

Chierichetti di Malta
per il servizio liturgico a San Pietro


di Francis Bonnici
Direttore della Pontificia Opera
per le vocazioni sacerdotali
 

Un saluto speciale è stato rivolto da Benedetto XVI al gruppo di chierichetti maltesi che insieme con le loro famiglie hanno partecipato all'udienza generale di mercoledì 25 agosto a Castel Gandolfo. Si tratta dei ministranti, provenienti dalle diocesi di Malta e Gozo, che anche quest'anno prestano il servizio liturgico nella basilica Vaticana durante il periodo estivo.

È una tradizione che si ripete ormai dal 1965, anno in cui monsignor Giuseppe Delia, un sacerdote della parrocchia di San Paolo naufrago a Valletta che si recava spesso a Roma e aveva frequenti contatti con l'arciprete della basilica, ebbe l'idea di coinvolgere alcuni ministranti del suo Paese di origine - alla cui formazione aveva dedicato gran parte del suo ministero - per assicurare il servizio liturgico a San Pietro durante i mesi estivi. Da allora moltissimi ragazzi e giovani hanno vissuto questa esperienza, che in non pochi casi ha anche favorito il cammino vocazionale personale:  basti pensare che quattro dei nuovi sacerdoti ordinati nel 2010 nelle diocesi di Malta e Gozo erano già stati in passato a Roma proprio come chierichetti al servizio della basilica Vaticana.

Due i gruppi di ministranti - composti ciascuno da venticinque ragazzi - che quest'anno si sono avvicendati all'altare:  il primo ha svolto il servizio dal 9 al 23 agosto, il secondo lo sta attualmente compiendo e rientrerà a Malta il prossimo 9 settembre. La loro giornata comincia al mattino presto, quando i chierichetti iniziano a preparare gli altari della basilica e delle Grotte vaticane:  accendono le luci e le candele, allestiscono il leggio con il messale romano, preparano i contenitori con le ostie da consacrare. Quando alle sette la sagrestia apre ai sacerdoti, i ministranti sono pronti così al servizio per la celebrazione eucaristica, alla quale partecipano, in alcune giornate, anche i loro genitori, i fratelli, le sorelle e i parenti più stretti.

I ragazzi vengono scelti attraverso un concorso pubblico al quale prendono parte più di cento chierichetti delle due diocesi maltesi. La loro preparazione comporta lo studio del rito liturgico della messa in italiano e in inglese, oltre alla conoscenza della terminologia legata alle sacre suppellettili. Nel loro bagaglio formativo non devono mancare, inoltre, le nozioni essenziali sugli altari della basilica e l'approfondimento di una sezione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Guidati dal sottoscritto e accompagnati da due sacerdoti e due seminaristi, anch'essi maltesi, i ministranti fanno l'esperienza di un "preseminario". Per quattro settimane, infatti, sostituiscono il gruppo del preseminario San Pio x che durante l'anno presta servizio in San Pietro. Con l'aiuto dei chierichetti e dei preti di questa comunità, essi compiono un piccolo ma significativo percorso di formazione spirituale e liturgica, oltre che sociale e culturale. Un itinerario il cui culmine è rappresentato dall'incontro col Papa durante l'udienza generale, che costituisce un momento fondamentale per i ministranti.

Grazie anche all'accoglienza di monsignor Alfred Xuereb, il prelato maltese che fa parte della segreteria particolare del Pontefice, i ragazzi vivono questa occasione in spirito di gioia e di ascolto della parola di Benedetto XVI. I cui insegnamenti, in particolare i discorsi pronunciati in occasione degli incontri internazionali dei ministranti svoltisi nel 2005 e all'inizio di agosto di quest'anno, sono un riferimento essenziale per sensibilizzare i ragazzi alla partecipazione alla liturgia della Chiesa.

Altro momento centrale della loro esperienza è la messa celebrata dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica Vaticana e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, insieme con monsignor Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro. In quell'occasione viene consegnata ai ministranti la tradizionale fascia rossa - faxxa hamra in lingua maltese - con le insegne della basilica di San Pietro.



(©L'Osservatore Romano - 26 agosto 2010)

 facciamo osservare che questo specifico reparto è solo MASCHILE....e lo si evince da alcuni punti che riporto integralmente dal testo:

1) Chierichetti di Malta
per il servizio liturgico a San Pietro
di Francis Bonnici Direttore della Pontificia Opera per le vocazioni sacerdotali

- essendo un opera PER LE VOCAZIONI SACERDOTALI non possono esserci le chierichette....e il termine infatti è nel testo riportato solo al maschile....


2)
È una tradizione che si ripete ormai dal 1965

- l'ammissione delle chierichette è del 1993

3)  i ministranti fanno l'esperienza di un "preseminario". Per quattro settimane, infatti, sostituiscono il gruppo del preseminario San Pio x che durante l'anno presta servizio in San Pietro.

- preseminario.....ergo non sono previste le chierichette....

4) In quell'occasione viene consegnata ai ministranti la tradizionale fascia rossa - faxxa hamra in lingua maltese - con le insegne della basilica di San Pietro.

- tale fascia è preludio (per chi dopo lo vorrà) per la veste talare....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/02/2011 17:57
 
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CHIERICHETTE? UNA PRATICA DA SCORAGGIARE

di Andrea Galli
ottobre 2008

L’innovazione controproducente delle “ministranti femmine”, ministri straordinari dell’Eucaristia fuori controllo, sacerdoti “attori”: Monsignor Malcom Ranjith, segretario della Congregazione del Culto Divino, fotografa alcune diffuse derive liturgiche.

«In molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura veniva inteso come un'autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale portò spesso a deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile».

Così Benedetto XVI descriveva, nella lettera di accompagnamento al motu proprio Summorum Pontificum, il clima che accompagnò in molte chiese locali la riforma liturgica. Un clima che - ne parliamo con monsignor Malcolm Ranjith, numero due della Congregazione che si i occupa di liturgia e disciplina dei sacramenti - è lungi dall'essere scomparso.

 D. Eccellenza, qua! E’ la posizione della Chiesa riguardo alle ministranti femmine, alle chierichette, che nel giro di pochi anni si sono diffuse a macchia d'olio in tutte le diocesi italiane?
 
«Si tratta di una prassi diffusasi in diversi Paesi, nata nell'atmosfera di una rivendicazione di pari diritti tra uomo e donna, un movimento di opinione che accanto a punti condivisibili ne presenta altri che possono essere problematici. La Congregazione ha pubblicato nella sua rivista Notitiae, nel numero di gennaio-febbraio 2002, una lettera inviata ad un vescovo in cui non si opponeva a tale prassi, ma ne parlava con toni cauti. Voleva che il vescovo, esercitando il suo ruolo di moderatore della liturgia nella sua diocesi, giudicasse bene la situazione locale, la sensibilità dei fedeli e le ragioni per introdurre le chierichette.

Nei Paesi in cui questa abitudine si è radicata si è infatti notato negli anni un aumento delle femmine fra i ministranti e una corrispondente diminuzione dei maschi. Questo probabilmente perché durante l'infanzia e la prima adolescenza molti maschi non si sentono a loro agio nello svolgere il servizio all'altare insieme alle coetanee femmine.
 Ma se si pensa che il servizio all'altare è sempre stato un momento molto importante per la nascita di vocazioni - è lì che un bambino percepisce, spesso in modo molto profondo, l'importanza dell'Eucaristia e il mistero della liturgia - si può capire quale sia l'effetto negativo di questo allontanamento dei maschi dall'altare. Difatti nella lettera sopra citata la Congregazione, alludendo ad una sua precedente lettera circolare sull'argomento, ricordava «l'obbligo di promuovere gruppi di fanciulli ministranti, non da ultimo, per il ben noto aiuto che, da tempo immemorabile, tali iniziative hanno assicurato nell'incoraggiamento di future vocazioni sacerdotali» (Litterae Congregationis, Prot. N. 2451/00/L del 27 luglio 2001, in Notitiae 38 [2002] 48). Essa raccomandava di consultare la Conferenza Episcopale, anche se il parere di quest'ultima non doveva togliere «la necessaria libertà di azione del singolo vescovo diocesano» (Ibid. p. 47). Inoltre, non si può dire che il maggior protagonismo delle bambine incrementi le vocazioni femminili alla vita consacrata: al contrario, l'esperienza insegna che dove si è diffusa questa pratica le vocazioni femminili sono calate ancor più della norma. In sostanza, anche solo per una ragione di prudenza o lungimiranza pastorale, direi che questa prassi è da scoraggiare».

 D. Accanto alla "novità" delle chierichette, si nota sempre più spesso una sciatteria nel servizio all'altare dei chierichetti in generale.

«Questo è un riflesso della crisi del senso della liturgia fra il clero, che è il vero problema. Non sono ovviamente i ministranti a decidere come devono vestirsi, come devono atteggiarsi, cosa devono fare. Il servizio del ministrante, quando io ero un ministrante, era curato con grande scrupolo dai sacerdoti. Si organizzavano dei ritiri appositi, c'erano prove rigorose prima delle cerimonie, ecc. Se un sacerdote ama il proprio sacerdozio si impegnerà nel curare la liturgia in tutti i suoi aspetti, compresa la formazione dei ministranti. Se non ama il proprio sacerdozio, che è incentrato sull'evento eucaristico, avrà un atteggiamento superficiale e approssimativo per quanto riguarda la liturgia. E ciò è una vera disgrazia per la Chiesa».
 

D. Un'abitudine che si è diffusa tra i sacerdoti che celebrano con il Novus Ordo è quella di intercalare con propri commenti o battute qualsiasi momento della Messa.

«Qui c'è un problema che va al di là del protagonismo o del carattere estroso del singolo sacerdote: l'essere rivolto verso il popolo fa sì che il sacerdote si senta e sia percepito come il protagonista principale della Messa. È un po' come se salisse su un palcoscenico e si mettesse di fronte al pubblico: l'esigenza di soddisfare la platea diventa spontanea, è una dinamica psicologica. A questo punto, però, l'assemblea rischia di trasformarsi in un raduno puramente umano, dove l'elemento divino passa in secondo o terzo piano.
D'altronde quella di celebrare rivolti verso il popolo non è stata un'indicazione del Concilio e si può dire, dopo ormai molti anni, che ha causato diversi problemi per la liturgia. Penso che bisognerà fare qualcosa a questo riguardo. Ci possono essere certamente delle parti della Messa in cui il sacerdote si rivolge al popolo, come le letture o l'omelia, ma bisogna recuperare quell'orientamento al Signore che il Santo Padre ci sta indicando con la reintroduzione del crocifisso sopra l'altare. Nell'essere rivolto al Signore insieme all'assemblea, il sacerdote smette di essere l'attore principale sul palcoscenico e diventa un umile servo di fronte a Dio.
Se non si fa questo cambiamento, il problema del celebrante che cerca di accattivarsi la simpatia dei fedeli e che improvvisa, insomma il problema di una liturgia "do it yourself" (fai da te) continuerà.

Allo stesso tempo, mi permetta una sottolineatura, è necessario tornare ad insegnare anche ai fedeli cos'è la liturgia, è necessario spiegare loro perché il sacerdote attore o presentatore, che va di qua e di là durante la Messa con la chitarra al collo o il microfono in mano, e che magari a loro piace, è una figura che non ha nulla a che fare con la liturgia cattolica. Il protagonista principale di ogni atto liturgico non è nessun altro che Cristo, perché, come definisce la Sacrosanctum Concilium, la costituzione liturgica del Concilio Vaticano II, la liturgia è "Actio Christi Sacerdotis" (SC 7)».

D. Può dirci qualcosa sugli avvisi dopo la Messa, che sembrano diventati a tutti gli effetti una parte della liturgia romana?

«Qui va seguito il buon senso. Direi che la cosa migliore è verificare se questi avvisi possono essere fatti appena prima dell'inizio della Messa, magari da un laico, oppure attraverso l'uso di notiziari o bollettini parrocchiali. Se non si possono adottare queste soluzioni, nel leggere gli avvisi dopo la comunione bisognerà usare sobrietà e poche parole».

D. In molte parrocchie si nota un uso regolare dei ministri straordinari dell'Eucaristia nel distribuire la comunione durante la Messa. Non si tratta di un abuso?

«Le norme emanate dalla Congregazione nel gennaio 1973, Immensae Caritatis, sono chiarissime: il ministro ordinario della comunione è il vescovo, a seguire il sacerdote e il diacono, (C/C 910 §1). Ministro straordinario può essere un accolito o un lettore, un seminarista, un religioso o una religiosa. Il catechista o un fedele, uomo o donna, lo possono diventare solo dopo un'apposita formazione e uno speciale permesso/mandato del vescovo. Ma, una volta che lo sono diventati, devono attenersi al loro ruolo, che è appunto straordinario.
 Intanto devono presentarsi all'altare vestiti in modo decoroso, ma soprattutto non devono distribuire la Comunione là dove non ce ne sia strettamente bisogno.
Come dice il documento sopra citato, tale ministero viene esercitato solo se manchino il presbitero, il diacono o l'accolito, se non possono distribuire la Santa Comunione perché impediti da un altro ministero pastorale, o perché vecchi o malati, e se i fedeli desiderosi di comunicarsi sono talmente tanti da far prolungare in modo eccessivo la Messa.
Devo dire che a questo riguardo spesso non si vede molta serietà. Capita di assistere a Messe con 50 parrocchiani e 4 o 5 ministri straordinari dell'Eucaristia che corrono all'altare al momento della distribuzione della Comunione, con il sacerdote che magari delega a loro il compito: una prassi completamente erronea. I ministri straordinari, lo dice il nome, devono essere impiegati in occasioni davvero eccezionali. E non tutti insieme».

D. Ci può ricordare quali sono i modi opportuni per comunicarsi?

«Quando ci si comunica stando in piedi, le norme stabiliscono che prima di ricevere il sacramento si faccia un atto di reverenza (Institutio Generate Missalis Romani, 160), per esempio un inchino o una genuflessione: perché non si sta andando a prendere un pezzo di pane, ma a ricevere Cristo in persona. La prassi più opportuna resta comunque quella di ricevere la comunione in bocca e preferibilmente in ginocchio, come il Santo Padre ci sta mostrando nelle liturgie che presiede.
Quando un thailandese va dal suo re deve andarci in ginocchio, anche se è il primo ministro del Paese. Così se un giapponese viene ricevuto dall'imperatore, gli si avvicina con un alto senso di riverenza, dopo aver fatto inchini su inchini. Gesù Cristo è il Re dei re, il Signore Onnipotente. Ci si domanda: non si merita lui più di tutti un gesto di amore e riverenza?».

Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2008



*******************************************************

Della congregazione PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, lett. Further to recent ad un vescovo circa i ministranti da ammettersi al servizio dell'altare, Prot. N. 2451/00/L, 27 luglio 2001: Notitiae, 37(2001) 397-399 (inglese). 38(2002) 46-48 (italiano).

[Di recente, un vescovo ha chiesto alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti se un vescovo diocesano possa obbligare i suoi sacerdoti ad ammettere donne o fanciulle nel servizio dell'altare. Questo dicastero ha ritenuto opportuno inviare al vescovo in questione la presente lettera e, considerata la sua importanza, ha deciso di pubblicarla qui di seguito in una traduzione italiana].

Eccellenza,
Con riferimento alla nostra recente corrispondenza, questa Congregazione ha deciso di procedere ad un rinnovato studio delle questioni concernenti l'eventuale ammissione di fanciulle, donne adulte e religiose, accanto ai fanciulli, come ministranti nella liturgia.

Nell'ambito del presente esame, questo dicastero, ha consultato il Pontificio Consiglio per i testi legislativi che ha risposto con una lettera in data 23 luglio 2001.
 
La risposta del pontificio consiglio è stata di aiuto, perché ha riaffermato che le domande sollevate da questa congregazione - inclusa quella se una legislazione particolare possa obbligare i singoli sacerdoti, quando celebrano la santa messa, a ricorrere al servizio delle donne all'altare - non riguardano l'interpretazione della legge, ma, piuttosto, concernono la corretta applicazione della medesima normativa.

La risposta del succitato pontificio consiglio, pertanto, conferma l'interpretazione di questo dicastero, secondo la quale la questione rientra nell'ambito delle proprie competenze, delineate dalla Costituzione apostolica Pastor bonus, § 62.

Alla luce di tale autorevole risposta, questo dicastero, avendo risolto alcune questioni rimaste ancora insolute, ha potuto concludere il proprio studio e, ora, desidera fare le seguenti osservazioni.

Come risulta chiaramente dalla Responsio ad propositum dubium circa il can. 230 § 2 del Codice di diritto canonico, data dal Pontifìcio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi e dalle direttive di questa congregazione, volute dal santo padre per provvedere all'ordinata attuazione del disposto del can. 230 § 2 e della sua interpretazione autentica (cf. Lettera circolare ai presidenti delle Conferenze episcopali, Prot. n. 2482/93, del 15 marzo 1994, in Notitiae 30[1994] 333-335), il vescovo diocesano, in quanto moderatore della vita liturgica della diocesi affidata alla sua cura pastorale, ha l'autorità di consentire il servizio delle donne all'altare, nell'ambito del territorio affidato alla sua guida.

Tale libertà, inoltre, non può essere condizionata da richieste favorevoli ad una certa uniformità fra la sua diocesi e le altre, in quanto ciò determinerebbe, logicamente, l'eliminazione della necessaria libertà di azione del singolo vescovo diocesano.

Piuttosto, dopo aver ascoltato il parere della conferenza episcopale, il vescovo deve basare il suo prudente giudizio su ciò che ritiene accordarsi maggiormente con le necessità pastorali locali, al fine di conseguire un ordinato sviluppo della vita liturgica nella diocesi affidata al suo governo pastorale.

Nel fare ciò, il Vescovo terrà in considerazione, fra l'altro, la sensibilità dei fedeli, le ragioni che motiverebbero un tale permesso, i differenti contesti liturgici e le assemblee che si riuniscono per la santa messa (cf. Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 1).

In ossequio alle citate istruzioni della Santa Sede, in nessun caso tale autorizzazione può escludere gli uomini, o, in particolare, i fanciulli, dal servizio all'altare, e nemmeno può obbligare che i sacerdoti della diocesi ricorrano a ministranti di sesso femminile, in quanto «sarà sempre molto appropriato seguire la nobile tradizione di avere dei fanciulli che servono all'altare» (Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 2).

Naturalmente, rimane sempre l'obbligo di promuovere gruppi di fanciulli ministranti, non da ultimo, per il ben noto aiuto che, da tempo immemorabile, tali iniziative hanno assicurato nell'incoraggiamento di future vocazioni sacerdotali (cf. ibid.).

Per quanto concerne l'eventuale vantaggio pastorale offerto alla situazione locale dalla presenza di donne ministranti all'altare, sembra utile ricordare che i fedeli non ordinati non hanno alcun diritto di svolgere tale servizio.

Piuttosto, è dai sacri pastori che essi possono esservi ammessi (cf. Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 4; cf. anche can. 228 § 1; Istruzione interdicasteriale 14, Ecclesiae de mysterio, 15 agosto 1997, n. 4. in Notitiae 34[1998] 9-42).

Pertanto, qualora vostra eccellenza ritenesse opportuno autorizzare il servizio di donne all'altare, rimarrebbe importante spiegare chiaramente ai fedeli la natura di tale innovazione, affinchè non si abbia alcuna confusione e con ciò si danneggi lo sviluppo di vocazioni al sacerdozio.

Avendo cosi confermato e ulteriormente chiarito i contenuti della sua precedente risposta a vostra eccellenza, questo dicastero - che considera normativa la presente lettera - desidera assicurarla della sua gratitudine per avere avuto l'occasione di approfondire ulteriormente la presente questione.


Con ogni migliore augurio e distinto ossequio, mi confermo, sinceramente suo in Cristo,
Jorge A. card. Medina Estévez, prefetto
mons. Mario Marini, sotto-segretario



[Modificato da Caterina63 08/02/2011 18:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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A colloquio con monsignor Enrico Radice sul Preseminario San Pio X in Vaticano

I chierichetti del Papa

 

di NICOLA GORI

Una palestra per conoscersi, stare insieme, ma soprattutto per capire se si è chiamati al sacerdozio. Un luogo per riflettere alla luce degli insegnamenti evangelici. Un tempo di allenamento e di preparazione per affrontare la vita secondo una scala di valori. Ma anche un servizio alla basilica di San Pietro, in particolare nel campo dell'animazione liturgica. Si potrebbe definire così l'esperienza del Preseminario San Pio X in Vaticano. Si tratta di un'istituzione che dal 1956 vive all'ombra del cupolone. In quest'intervista al nostro giornale il rettore, monsignor Enrico Radice, ce ne spiega le finalità e le caratteristiche.

Che cos'è il Preseminario San Pio X?


È un'istituzione di orientamento vocazionale voluta da Pio XII nel 1956 e affidata a don Giovanni Folci, un sacerdote della diocesi di Como, che aveva fondato un'opera per il servizio alle vocazioni. Questa iniziativa trovò ampia accoglienza da parte del Capitolo Vaticano. Il Preseminario ospita ragazzi della scuola media e del ginnasio-liceo che vogliono riflettere sul loro futuro alla luce della Parola di Dio. Durante il soggiorno viene portato avanti un cammino di crescita umana e cristiana che aiuti i ragazzi a comprendere se il Signore li chiama al sacerdozio o alla vita consacrata. Compito specifico degli alunni è quello di prestare servizio liturgico come ministranti nella basilica di San Pietro.

Chi era il fondatore?


Don Folci è stato cappellano militare durante la prima guerra mondiale. Venne fatto prigioniero e condotto in Germania, dove si prodigò nell'assistenza ai compagni di prigionia, stando particolarmente vicino a quanti erano in fin di vita. Terminate le ostilità e rientrato in Italia, volle fondare un'Opera che ricordasse i prigionieri caduti in guerra. Nel 1926 eresse un santuario dedicato al Divin Prigioniero, nella parrocchia di Valle Colorina, in provincia di Sondrio e in diocesi di Como, dove era parroco. Accanto a questo santuario, volle fondare anche un istituto che si prendesse cura delle vocazioni sacerdotali "dall'alba al tramonto", come spesso amava esprimersi. La sua idea era quella di occuparsi dei ragazzi in ricerca della propria vocazione e quindi prepararli a entrare in seminario. Un'altra sua occupazione fu quella di assistere i sacerdoti anziani che avevano lasciato il ministero, per malattia o per età. Accoglieva anche i preti che si trovavano in difficoltà e che volevano fare una "sosta" per riflettere, aiutandoli a reinserirsi nella vita pastorale. Ai primi collaboratori, chiamati col nome di sacerdoti di Gesù Crocifisso, affiancò anche le suore, le ancelle di Gesù Crocifisso. Alla morte del fondatore nel 1963, l'opera venne costituita in associazione sacerdotale diocesana, vincolata alla diocesi di Como.

Come si arrivò alla fondazione del Preseminario?


Nel 1955 don Folci ottenne un'udienza privata da Pio XII, al quale espose le finalità della sua opera. Sapeva che a Papa Pacelli stava a cuore la preparazione dei fanciulli in vista della formazione sacerdotale. Il Pontefice gli propose di portare la sua attività in Vaticano, per un servizio più decoroso e stabile alla basilica di San Pietro. Don Folci accettò volentieri e il 26 gennaio 1956 giunse a Roma con i primi trenta ragazzi da Valle Colorina. Cominciarono anche le trattative con il Capitolo della basilica di San Pietro. Questi giovani provenivano dalle parrocchie della diocesi di Como e dalla provincia di Sondrio. I primi sei mesi abitarono in via Garibaldi, al Gianicolo, presso il convento delle suore agostiniane. Nel giugno del 1956 venne messo a loro disposizione il terzo piano nel palazzo dei canonici di San Pietro. Si trattava di tre appartamenti tenuti liberi appositamente per ospitare i ragazzi, i sacerdoti, gli educatori e le suore che li accudivano. Cominciò così questa nuova attività nella basilica. Per diversi anni quella fu la dimora del Preseminario, fino a quando Paolo VI, informato dal suo segretario monsignor Pasquale Macchi - che era stato tra gli alunni che frequentavano il Preseminario di Valle Colorina - volle visitare questa dimora. Venne per ben tre volte nelle vacanze di Natale. Il Papa rimase colpito dalle ristrettezze dell'ambiente: basti pensare che lo spazio per la ricreazione era ridotto al solo terrazzo e ai due corridoi che collegano la sacrestia alla Basilica, tanto che i ragazzi si divertivano andando con i pattini lungo questi terrazzi. Tra i primi alunni giunti nel 1956 c'era anche monsignor Enrico Viganò, ora cerimoniere pontificio. Personalmente sono arrivato nel 1960 come chierichetto e vi sono tornato da sacerdote. Poi, dal 1979 al 1989, ho avuto l'incarico di economo e collaboratore. Quando monsignor Maggiolini divenne vescovo di Como, mi chiamò alla sua segreteria. Sono tornato nel Preseminario nel 2002 come responsabile della comunità.

Attualmente dove si trova la sede?


Nel 1970 Paolo VI trovò un ambiente idoneo presso il palazzo San Carlo come residenza definitiva per i ragazzi. I locali furono adattati alle esigenze della vita di comunità, perché fino allora avevano ospitato un magazzino-deposito della Fabbrica di San Pietro. Venne creato un grande cortile per la ricreazione e lo sport. Il Preseminario si trasferì nel palazzo nel 1971. Da allora diverse generazioni di ragazzi si sono succedute: penso che siano passati almeno un paio di migliaia di alunni. All'inizio del 1958, la comunità era molto numerosa e contava tra i 45 e i 50 alunni. In questi anni recenti il numero varia dai 15 ai 20 alunni, l'età media è dagli 11 ai 18 anni. Nell'arco di questi 56 anni, 75 ragazzi sono diventati sacerdoti. Pur tenendo conto che negli ultimi tempi le classi si sono assottigliate di numero, si può dire che ogni anno qualcuno è entrato nel seminario maggiore.

Durante le vacanze estive chi presta servizio in basilica?


Per il periodo estivo abbiamo dato vita a un'iniziativa che permette a ragazzi e adolescenti di fare un'esperienza in basilica come ministranti. Durante le vacanze si alternano gruppi di 25 ragazzi per un periodo di 20 giorni circa. Provengono da parrocchie di varie diocesi d'Italia, in età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Appena terminato l'anno scolastico, arriva il primo gruppo, dal 13 al 30 giugno. Il secondo gruppo presta servizio dal 1° al 20 luglio, l'ultimo dal 20 luglio al 10 agosto. Per circa un mese, dal 10 agosto al 10 settembre, il servizio liturgico è svolto dai ministranti di Malta. Con la ripresa dell'anno scolastico rientrano i nostri ragazzi. In questi anni, abbiamo stretto legami con varie associazioni giovanili e conosciuto parroci che desiderano inviare adolescenti e ragazzi nei quali intravedono motivi di vocazione. Ci sono diverse iniziative in cantiere.

Come è strutturata la formazione scolastica?


Inizialmente e fino al 1995 c'era una scuola interna, con alunni di età piuttosto omogenea. Le lezioni venivano svolte in forma di scuola privata dai nostri educatori. A fine anno venivano dati gli esami in un istituto pubblico per conseguire il diploma. Il primo è stato l'Oratorio di San Pietro come scuola riconosciuta legalmente. Attualmente, gran parte degli alunni compiono il ciclo di formazione completa. Frequentano l'istituto Sant'Apollinare, scuola cattolica del Vicariato di Roma, che ha sede nel seminario romano minore. In questo modo, i nostri ragazzi seguono le lezioni insieme con i seminaristi e con altri alunni. Frequentano sia il liceo classico, sia il liceo scientifico. A questo proposito, vorrei raccontare un aneddoto: per il servizio liturgico negli anni tra il 1970 e il 1990, anche durante le lezioni scolastiche, ogni volta che un sacerdote veniva a celebrare in San Pietro c'era un tocco di campanello come segnale per scendere in sacrestia per il servizio della messa. Era considerata una priorità.

Qual è l'orario tipo della giornata?


La nostra vita è legata alla basilica e quindi tutto ruota intorno all'orario delle celebrazioni. La sveglia è alle 6.20; seguono le preghiere nella cappella. Subito dopo, alcuni scendono per accendere le luci degli altari e preparare le Grotte della basilica. Per le 7 tutto è pronto, perché appena apre la sacrestia i sacerdoti cominciano ad arrivare. Ogni alunno serve una messa quotidiana in modo da poter ricevere l'Eucaristia. Ne seguono altre e i ragazzi accompagnano il sacerdote all'altare. Alle 8 lasciano il servizio, salgono al terzo piano della canonica, fanno colazione e alle 8.15 partono con il pulmino per andare alla scuola Sant'Apollinare. La lezioni durano fino alle 13.30. Poi rientrano a casa, pranzano e fanno un'ora di ricreazione. Dalle 15.30 alle 16.30 si studia. Pausa per la merenda, quindi fino alle 19 studio. Segue un momento di preghiera in cappella. A orario stabilito il padre spirituale don Marco Granoli si mette a loro disposizione. Alle 19.15 c'è la cena. Fino alle 21.15 c'è del tempo libero, a cui segue la compieta. Due volte alla settimana è permesso di vedere la televisione consentita. La domenica i ragazzi seguono questo orario a turno: si alzano a gruppetti di tre per preparare il servizio della basilica, mentre gli altri riposano fino alla 7.30. Hanno luogo le funzioni capitolari con la celebrazione delle lodi con i canonici in coro alle 9.45 e la messa solenne alle 10.30 all'altare della Cattedra. Nel pomeriggio i ragazzi partecipano alla messa delle 16 e ai vespri alle 17, e una volta al mese al rito della confermazione.

Quale formazione ricevono gli alunni?


I ragazzi che trascorrono il periodo di formazione nel Preseminario vivono il periodo dell'adolescenza e della giovinezza, con i vari problemi legati alla vita e alla crescita umana, con gli stessi interrogativi e drammi come chiunque altro della loro età. In questi anni cerchiamo di farli riflettere, di educarli a un comportamento conforme ai valori evangelici e di sensibilizzarli a un giudizio critico nei confronti di certi stili di vita che non coincidono con il Vangelo e che invece vedono adottati in maniera sbagliata da tanti loro coetanei. È importante che i ragazzi crescano con un giudizio critico che permetta loro di avere un comportamento equilibrato anche a livello affettivo. Devono saper scegliere seriamente i valori della vita. Li si aiuta con la ragione e la libertà d'espressione a individuare il vero bene di fronte alle difficoltà che incontrano. Da qui nasce, in piena libertà, la prospettiva e la scelta del proprio futuro. Durante l'anno scolastico, con il servizio e lo studio, non mancano le gite-pellegrinaggio. In questi anni abbiamo visitato Lourdes, Ars, ci siamo recati a Torino per venerare la Sindone, siamo stati anche in Polonia. Ci auguriamo che la chiamata al sacerdozio costituisca sempre l'aspetto principale della vita del Preseminario San Pio X. Un auspicio e un'esortazione venute costantemente dai diversi Pontefici, ai quali da sempre è stato molto caro il Preseminario San Pio X in Vaticano.



(©L'Osservatore Romano 22 luglio 2011)



Due Vescovi Statunitensi dicono STOP alle chierichette. E le vocazioni fioriscono!


Nella Cattedrale cattolica dei Ss. Simone e Giuda della diocesi di Phoenix (Arizona, U.S.A., diocesi suffraganea di Santa Fe) non si vedranno più ragazze servire Messa. Ma non per misoginia o isterica sessuofobia clericale.
Mesi fa, già il Vescovo cattolico della Diocesi di Lincoln (Nebraska) S.E. Mons. Fabian Bruskewitz (tra l'altro, uno dei pochi sostenitori della Messa antica, ancor prima del Summorum Pontificum, oltre al Card. Burke, allora vescovo di St. Lois), aveva per primo detto "no!" alle chierichette (qui). E per un ben preciso e importantissimo motivo: favorire le vocazioni sacerdotali e religiose.

Ora, anche il Rettore della cattedrale di Phoenix, il Rev. John Lankeit, infatti, ha detto che ha preso questa seria e grave decisione perchè sperimenta sulla propria pelle la carenza di vocazioni sacerdotali e religiose e la diminuzione della pratica religiosa in chiesa.
La sua scelta quindi (approvata dal Vescovo Mons. Thomas James Olmsted) è dettata da paterna preoccupazione e presa con spirito propositivo: incoraggiare giovani uomini e giovani donne ad onorare Dio con la consapevolezza che i vari "servizi" a cui si è chiamati sono tra essi differenti ma complementari; in tal modo i giovani impareranno a discernere più chiaramente le specifiche vocazioni nella Chiesa.

Il servizio all'altare dei giovani, si legge sul sito della diocesi, ha radici antiche nella Storia della Chiesa e prima della creazione del sistema seminario moderno dove si formavano gli uomini al sacerdozio (voluto e strutturato dai Padri del Concilio di Trento). Prima dei seminari, infatti, servire all'altare faceva parte di un apprendistato al sacerdozio.

A confortare il Vescovo di Phoenix e il rettore è l'esempio del confratello di Lincoln e i copiosi frutti che la sua scelta ha portato.
Se è pur vero che i numeri non devono essere l'unico metro di valutazione, don Lankeit è fiducioso e ricorda con speranza le diocesi in cui la limitazione ai soli ragazzi al servizio all'altare ha suscitato numerose vocazioni: la diocesi di Lincoln infatti è considerata una "centrale elettrica" delle vocazioni", e in una sola parrocchia di Ann Arbor (Michigan, Diocesi di Lansing) il cui parroco vuole solo chierichetti, nel 2008 ci sono stati 22 nuovi seminaristi e cinque donne in formazione per la vita religiosa!!
La parrocchia stessa è anche la sede di una Comunità religiosa "Servi dell'Amore di Dio" che conta già 16 sorelle e nella stessa città di Ann Arbor fioriscono anche le vocazioni femminili: le Suore Domenicane di Maria, Madre dell'Eucaristia, stanno ricevendo così molte richieste da parte di ragazze interessate ad entrare nell'ordine che non si riescono a costruire nuove strutture abbastanza velocemente per accogliere l'ondata di vocazioni religiose.

Proprio confortati da queste feconde esperienze e da questo rifiorire di vocazioni, e per tornare all'originario scopo della figura del chierichetto, il rev.do Lankeit ha riorganizzato alcuni aspetti della pastorale giovanile (presente nella cattedrale) nella speranza di promuovere anche a Phoenix il sacerdozio per i ragazzi, e le altre vocazioni religiose.
Per ottenere ciò ha, inoltre, preparato alcuni corsi differenziati: mentre per i ragazzi ci sono "corsi" per imparare a servire all'altare, le ragazze frequantano "corsi" per sapersi muovere in sacrestia e dare una mano ai sacerdoti prima e dopo le celebrazioni.
Le prime ragazze che hanno seguito i corsi da sagrestana tenuti al Duomo di Phoenix stanno imparando rapidamente, servendo bene imparando a svolgere con serietà e soddisfazione l'importante responsabilità di sacrestano. La parrocchia inoltre sta collaborando con un ordine religioso contemplativo per proporre a queste giovani sacrestane un evento chiamato "Vieni e vedi" che si tiene presso il convento. In questo modo esse possono imparare alcuni "trucchi del mestiere" da una delle suore che è stata la Sacrestana ufficiale della loro casa madre in Alabama.

Andando contro lo spirito del tempo, e sfidando la "saggezza del mondo", in questo modo don Lankeit cerca di ottenere un sostanziale aumento delle vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, dando un forte segnale di "esclusivita maschile" al servizio all'altare.
L’uso di far servire anche alle ragazze-chierichette, a partire dal10 anni, era iniziato a partire dal 1983 in molte chiese cattolica americane.

Roberto



[Modificato da Caterina63 30/08/2011 15:15]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740722] Marco impara a fare il chierichetto...

it.gloria.tv/?media=188349


cari sacerdoti, spingete i bambini, ai maschietti.... a provare il servizio all'Altare, AD INGINOCCHIARSI QUANDO SI PASSA DAVANTI AL TABERNACOLO.... FATELO ANCHE VOI! cominciate con un piccolo passo alla volta, dalle candele per esempio... E CURATE IL DECORO DELL'ALTARE... [SM=g1740721]






[SM=g1740733]

[Modificato da Caterina63 28/08/2011 22:19]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Dal blog Messainlatino.it riprendo un post interessante sulla "questione delle chierichette". In America due Vescovi hanno ritenuto opportuno ammettere al servizio all'altare solo bambini, ragazzi e giovani...maschi! Il tutto per favorire le vocazioni!




(Nella foto mons. Guido Marini da istruzione ad alcune pseude chierichette, termine non propriamente corretto, dal momento che si occuperanno esclusivamente di tenere la mitria e il pastorale del Papa senza alcuna funzione di servizio all'Altare)

"Nella Cattedrale cattolica dei Ss. Simone e Giuda della diocesi di Phoenix (Arizona, U.S.A., diocesi suffraganea di Santa Fe) non si vedranno più ragazze servire Messa. Ma non per misoginia o isterica sessuofobia clericale.
Mesi fa, già il Vescovo cattolico della Diocesi di Lincoln (Nebraska) S.E. Mons. Fabian Bruskewitz, aveva per primo detto "no!" alle chierichette. E per un ben preciso e importantissimo motivo: favorire le vocazioni sacerdotali e religiose.

Ora, anche il Rettore della cattedrale di Phoenix, il Rev. John Lankeit, infatti, ha detto che ha preso questa seria e grave decisione perchè sperimenta sulla propria pelle la carenza di vocazioni sacerdotali e religiose e la diminuzione della pratica religiosa in chiesa.
La sua scelta quindi (approvata dal Vescovo Mons. Thomas James Olmsted) è dettata da paterna preoccupazione e presa con spirito propositivo: incoraggiare giovani uomini e giovani donne ad onorare Dio con la consapevolezza che i vari "servizi" a cui si è chiamati sono tra essi differenti ma complementari; in tal modo i giovani impareranno a discernere più chiaramente le specifiche vocazioni nella Chiesa.

Il servizio all'altare dei giovani, si legge sul sito della diocesi, ha radici antiche nella Storia della Chiesa e prima della creazione del sistema seminario moderno dove si formavano gli uomini al sacerdozio (voluto e strutturato dai Padri del Concilio di Trento). Prima dei seminari, infatti, servire all'altare faceva parte di un apprendistato al sacerdozio.

A confortare il Vescovo di Phoenix e il rettore è l'esempio del confratello di Lincoln e i copiosi frutti che la sua scelta ha portato.
Se è pur vero che i numeri non devono essere l'unico metro di valutazione, don Lankeit è fiducioso e ricorda con speranza le diocesi in cui la limitazione ai soli ragazzi al servizio all'altare ha suscitato numerose vocazioni: la diocesi di Lincoln infatti è considerata una "centrale elettrica" delle vocazioni", e in una sola parrocchia di Ann Arbor (Michigan, Diocesi di Lansing) il cui parroco vuole solo chierichetti, nel 2008 ci sono stati 22 nuovi seminaristi e cinque donne in formazione per la vita religiosa!!
La parrocchia stessa è anche la sede di una Comunità religiosa "Servi dell'Amore di Dio" che conta già 16 sorelle e nella stessa città di Ann Arbor fioriscono anche le vocazioni femminili: le Suore Domenicane di Maria, Madre dell'Eucaristia, stanno ricevendo così molte richieste da parte di ragazze interessate ad entrare nell'ordine che non si riescono a costruire nuove strutture abbastanza velocemente per accogliere l'ondata di vocazioni religiose.

Proprio confortati da queste feconde esperienze e da questo rifiorire di vocazioni, e per tornare all'originario scopo della figura del chierichetto, il rev.do Lankeit ha riorganizzato alcuni aspetti della pastorale giovanile (presente nella cattedrale) nella speranza di promuovere anche a Phoenix il sacerdozio per i ragazzi, e le altre vocazioni religiose.
Per ottenere ciò ha, inoltre, preparato alcuni corsi differenziati: mentre per i ragazzi ci sono "corsi" per imparare a servire all'altare, le ragazze frequantano "corsi" per sapersi muovere in sacrestia e dare una mano ai sacerdoti prima e dopo le celebrazioni.

Andando contro lo spirito del tempo, e sfidando la "saggezza del mondo", in questo modo don Lankeit cerca di ottenere un sostanziale aumento delle vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, dando un forte segnale di "esclusività maschile" al servizio all'altare".

[SM=g1740722]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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