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Per Ferragosto ricordiamo che è la Festa di Maria Assunta in Cielo

Ultimo Aggiornamento: 15/08/2015 15:10
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14/08/2010 19:57
 
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Il Transito di Maria nella tradizione siro-occidentale

Oggi è il giorno benedetto
in cui la Madre raggiunge il Figlio


di Manuel Nin
Il 15 agosto la tradizione liturgica siro-occidentale celebra, assieme a tutte le altre liturgie cristiane, la festa del Transito della Madre di Dio. Mentre quella bizantina usa per la festa odierna quasi esclusivamente il termine "dormizione", in ambito siro-occidentale ci si serve ripetutamente nei testi liturgici di diversi termini che possono essere tradotti come "transito", "esodo" (ambedue anche sinonimi di morte), "traslazione", "sepoltura", e anche "salita", "migrazione" al cielo.

I libri liturgici prevedono un periodo di digiuno di quattordici giorni che precede questa festa della Madre di Dio, un periodo che la mette in parallelo con la stessa Pasqua del Signore, e la prepara con la preghiera assidua per mezzo di testi che mettono in evidenza la dimensione penitenziale di questo periodo:  "Concedici, Signore Dio, l'aiuto che ci viene da te, affinché col digiuno, la veglia, la preghiera e l'astinenza ci prepariamo alla festa del Transito della tua Madre benedetta dalla terra al cielo".
L'amore e la venerazione per la Madre di Dio sono l'anima della pietà delle Chiese cristiane di Oriente e il cuore che vivifica la comunità cristiana. La tradizione siro-occidentale, fin dall'inizio, ha contemplato la Madre di Dio inscindibilmente inserita nel mistero del Verbo incarnato, e di questo i testi della liturgia sono una bella mistagogia con lo sviluppo di alcuni temi.

In primo luogo, il transito della Vergine è un motivo di gioia per tutta la creazione, per gli angeli e per gli uomini:  "Il transito della Madre pura e santa del nostro Salvatore rallegra gli angeli e gli abitanti della terra; gli apostoli celebrano una sacra liturgia, e le schiere di fuoco con le anime dei giusti si avviano in processione per la sua sepoltura". La liturgia evidenzia anche in modo molto chiaro come colei che oggi muore ed è messa in un sepolcro è veramente la madre del datore di vita che si incarnò nel suo seno:  "Oggi la schiera dei vigilanti ignei e spirituali con tutte le legioni degli angeli onorano il giorno del transito della vergine Maria figlia di Davide, Madre genitrice di Dio".

In secondo luogo, è da rilevare la lunga lista di titoli cristologici che la liturgia siro-occidentale riserva alla Madre di Dio in questa festa, per bocca degli uomini che la lodano dalla terra e degli angeli che la accolgono in cielo. I primi la cantano come "sposa irreprensibile e madre pura ignara di nozze, sorgente di benefici e nave carica delle gioie che dai al mondo dei benefici indescrivibili". A loro volta gli angeli in cielo poi la lodano:  "Sei benvenuta, dimora dello Spirito Santo e camera nuziale del re celeste; vigna fertile che ha dato il grappolo di gioia il cui vino inebria tutta la creazione, tavola di vita che offre il pane benedetto". E uno dei testi del vespro, facendo un'esegesi originale della parabola del lievito (cfr. Matteo, 13, 33), la canta dicendo:  "Tu sei il lievito di vita mescolato alle tre misure del frumento che è il Verbo di Dio".

In terzo luogo, la liturgia riprende dal Protovangelo di Giacomo il tema che è presente anche nelle altre liturgie cristiane, cioè l'arrivo miracoloso degli apostoli anche da paesi lontani per la celebrazione del transito di Maria:  "Giorno benedetto in cui la Madre raggiunge il Figlio, giorno in cui gli apostoli portano il suo corpo, e la terra la congeda nella gioia. Colei che portò nel suo grembo il Signore altissimo muore come gli altri uomini; Pietro, il primo degli apostoli e che ha le chiavi del Regno, porta il suo sarcofago, e Gabriele, il primo degli angeli, canta davanti al suo corpo". La presenza degli apostoli e degli angeli attorno al corpo di Maria ripropone anche la sepoltura e l'ascensione di Cristo stesso:  "Gli apostoli, venuti da paesi lontani e alcuni usciti dalle loro tombe, si radunarono per seppellire il tuo corpo prezioso. Videro i cieli aperti e gli angeli scendere per onorarti". Ed è Giovanni l'Evangelista a prendere oggi nella sepoltura di Maria il posto che Nicodemo ebbe nella sepoltura di Cristo:  "Venne Giovanni per seppellire il corpo puro della tutta benedetta; come Nicodemo seppellì il corpo di suo Figlio, anche ora il puro e luminoso figlio del tuono seppellì il suo corpo. La schiera degli apostoli accompagnò l'anima splendente di colei che è la Madre del Figlio di Dio".

Tutta l'opera della redenzione viene infine riproposta nella preghiera trinitaria che conclude il vespro della festa:  "Gloria al Padre che scelse Maria fra tutti i popoli e magnificò il giorno del suo transito. Adorazione al Figlio, che per la sepoltura di sua Madre radunò profeti, apostoli e patriarchi. Lode allo Spirito Santo per mezzo del quale ella raggiunse il riposo desiderato. Nel suo transito ella si diletta con il suo Figlio".



Un prototipo dell'iconografia mariana del IV secolo

La Signora che prega



di Giovanni Carrù

Lungo la via Nomentana, non lontano dal grande complesso monumentale di Sant'Agnese, si sviluppa il cimitero Maggiore, così definito per distinguerlo dal meno esteso cimitero Minore, non ancora completamente scavato. Secondo il prezioso documento agiografico noto come Martirologio geronimiano, che fa menzione, nel V secolo, dei più importanti martiri dei primi secoli, al Maius erano sepolti i santi Papia, Mauro, Alessandro, Felice e Vittore, ma, secondo fonti più tarde e leggendarie, doveva trovare riposo anche Emerenziana, per la tradizione sorella di latte di sant'Agnese.

Il cimitero Maggiore, in gran parte scavato nel secolo scorso dal padre Umberto Maria Fasola, per molti anni segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, si sviluppa su due piani e ha origini piuttosto antiche, riferibili già al III secolo, come testimoniano alcuni affreschi che riproducono, tra l'altro, una delle più suggestive immagini del Cristo maestro, rappresentato come un ispirato filosofo.

Nel IV secolo il cimitero conosce un grande sviluppo, proponendo un audace scavo di cubicoli complessi, provvisti di cattedre e per i refrigeria, che si svolgevano in onore dei defunti e dei martiri.

La tradizione attribuisce una di queste cattedre alla sede dove Pietro battezzava i primi cristiani, mentre un cubicolo particolarmente complesso è stato identificato come il luogo di sepoltura di sant'Emerenziana. Non lontano da quest'ultimo ambiente fu ritrovato un cubicolo decorato ad affresco e riferibile al pieno IV secolo. In un arcosolio si riconosce, proprio nella lunetta di fondo, una solenne immagine femminile, orante, ritratta a mezzo busto, con un bambino dinanzi e con due grandi cristogrammi ai lati, rappresentati specularmente.

La donna presenta l'acconciatura tipica del IV secolo, un velo leggero, gioielli e una preziosa palla ampia e caratterizzata da grandi bande colorate. Nel sottarco appaiono altre due figure di oranti, suggerendo che nel cubicolo è sepolta un'intera famiglia nobile e abbiente.

Al momento della scoperta la matrona orante fu interpretata come la Vergine con il Bambino, ma l'abbigliamento, l'acconciatura e gli accessori preziosi allontanarono, pian piano, gli iconografi da questa lettura. Eppure, l'atteggiamento della donna, la presenza del bambino e quella dei cristogrammi fanno assurgere il ritratto della defunta a prototipo di uno schema iconografico che avrà grande fortuna nella stagione bizantina.

Maria assumerà, infatti, assai spesso l'atteggiamento della preghiera, ovvero delle braccia levate, per esprimere i concetti intimi e delicati dell'annunciazione e dell'incarnazione, mostrando con questo gesto, insieme discreto e indice di incredula sorpresa, l'abbandono, la fiducia e la sottomissione alla volontà del Padre. In questo senso la Vergine diviene - secondo la terminologia bizantina - Deomène e Theotòkos, ovvero riveste il ruolo di intermediaria, rivolgendo una preghiera universale al Figlio per la salvezza del genere umano e assumendo la parte di anello di congiunzione tra l'umanità e l'Eterno.

L'atteggiamento di orante assunto dalla Vergine nelle icone bizantine richiama, in ultima battuta, la forma della croce, intrecciando, in maniera indissolubile, i misteri dell'incarnazione e della morte del Cristo, tanto che, assai spesso, la Deomène propone, all'altezza del ventre il Bambino, allacciando due momenti epocali della storia del Cristo, di cui Maria è strumento e mediatrice privilegiata, anticipando la tensione tragica, ma sospesa, della Deèsis.

Ebbene, questa trafila iconografica, che si consuma specie in Oriente e nella civiltà bizantina, sembra trovare i suoi antefatti più lontani e limpidi in quella pittura del cimitero Maggiore, quando l'arte cristiana insorge, ma già prepara un percorso della storia e della fede per Maria, tramite insostituibile della incarnazione.








(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2010)
[Modificato da Caterina63 14/08/2010 19:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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