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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Chi è la "SUORA" chi è la "MONACA" o il Monaco? e cosa sono le Persone Consacrate?

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2013 00:01
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22/10/2010 15:33
 
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Amici.... dal momento che ai Sacerdoti abbiamo dedicato un intero thread che potete sfogliare qui:

ANNO SACERDOTALE 2009-2010
Dopo la chiusura dell'Anno giubilare comincia l'applicazione, qui tutti i testi per i sacerdoti


vi invitiamo ora a meditare quanto segue, per imparare a conoscere LA SUORA e la sua vocazione sia di vita "nel mondo" sia quanto quella Claustrale...invitandovi a leggere con l'impegno della PREGHIERA anche per queste Vocazioni...

                    

La suora è, prima di tutto, una persona come noi...risposta scontata? Non so! Da quello che sento dire in giro sulle suore, mi sembra che ci sia ancora molto da imparare...  Con tutta modestia, proviamo a fare un identikit della "suora".
Chi segue il Vangelo, gli insegnamenti della Chiesa, sa bene che essa ci stimola con insistenza a rinnovarci...e questo vale per tutti ma, ovviamente, è ancor più forte il richiamo per chi è battezzato; con le "promesse battesimali" ci siamo impegnati davanti a Dio, ad una vita secondo la morale evangelica!

Ognuno di noi fa le sue scelte, e può progredire nella sua spiritualità vivendo la propria vita, secondo il proprio stato! Qualcuno si sente ispirato per la vita matrimoniale, altri nel lavoro professionale, altri ancora in uno stato laicale collaborano nella Chiesa, e così via...La Suora vive tutto questo in uno stato completamente diverso, è una consacrata...cosa vuol dire? Vuol dire che ha saputo dare una risposta ad una insistente "chiamata" che noi definiamo "vocazione".

E' Gesù che chiamando i suoi gli dice:
" Non voi avete scelto Me, ma io ho scelto voi "
e tutto ruota attorno al bellissimo esempio indicato in tutta la Bibbia: la Chiesa quale "Sposa di Cristo"...C'è chi per amore sposa l'amato o l'amata, insieme progrediscono mettendo anche al mondo dei figli, la Suora, sposa del Cristo, progredisce custodendo i figli di Dio. In definitiva è il Cristo che sceglie, ad ogni persona la libertà di rispondere a questo invito! Se ricordate i Sacramenti, in ultimo ci sono proprio il Matrimonio e l'Ordine Sacro.

La Suora non può (come non possono i laici) celebrare Messa , tuttavia ha una sua Consacrazione specifica al suo stato, la quale si completa con le Regole (ogni Ordine Religioso e Congregazione ha le proprie associate al Carisma del proprio Fondatore o Fondatrice) per le quali promette "obbedienza", inerenti alla Congregazione nella quale ha deciso di operare...per esempio i Francescani, le Orsoline, di S.Brigida, Domenicane...insomma, ognuna secondo il "carisma" verso il quale si sente attratta.

Come diceva S.Paolo: " Tanti sono i carismi, ma uno solo è lo Spirito che opera tutto e in tutti...", da qui ecco spiegato perchè esistono tante Congregazioni tuttavia, come potrete notare tutte queste Famiglie religiose, pur vivendo una vita comune propria, in primis pronunciano fedeltà alla Chiesa e al Sommo Pontefice!
La domanda più comune è: ma perchè farsi suora? Ecco, se riuscissimo a comprendere la potenza, la bellezza, l'insistenza di una "chiamata"...bè, non ci sarebbero più tante domande e tanti gesti di "commiserazione" verso la suora! Paolo VI, a chi gli chiese "perchè farsi monaca di clausura", rispose: " E' necessario che ci siano al mondo persone che trattino il Signore da Signore...". A seguire qui affronteremo anche il discorso sulle claustrali!

La Suora è una amante del Cristo, ha sentito di doverlo seguire al di la della mondanità, della laicità, non le bastava più una semplice vita da cristiana...quante pazzie sono state fatte per amore di una donna e di un uomo? Perchè scandalizzarsi per la donna che abbandona tutto per correre incontro allo Sposo? E che Sposo!! La suora è colei che ha scelto uno stile di vita più consono alla sua indole, alla sua personalità, a quella impronta con cui Dio stesso l'ha segnata nel giorno del suo concepimento e nel giorno del suo Battesimo: " Mi conoscevi fin da quando ero nel seno di mia madre, già mi chiamavi per nome...", recita il Salmo...tuttavia, questa chiamata non è per oziare, al contrario...sappiamo bene, infatti, come tutti coloro che hanno seguito Gesù quando era in vita, hanno dovuto lavorare sodo...per la "vigna del Signore". La suora opera in tanti modi, in qualunque posto, dove viene mandata, non si volta indietro e...la dove necessita il sacrificio, è pronta ad immolarsi in nome della Verità e di esempi ne è pieno il necrologio della Chiesa!

Nel nostro caso specifico, la suora Domenicana, vive secondo il carisma del suo Fondatore, Domenico di Guzman il quale ha lasciato ai suoi Figli un "motto" che è l'impronta del suo carisma: " CONTEMPLATA ALIIS TRADERE ", la contemplazione poi l'azione....cosa vuol dire? Vuol dire che non si può predicare se prima non si è passato il tempo a studiare, a pregare...Domenico diceva ai suoi: "Parlare con Dio e parlare di Dio", la suora domenicana prega, studia e contempla la Parola di Dio, poi passa all'azione...

                      

Tuttavia, come dicevamo all'inizio, la suora è una persona....quindi sa stare anche in mezzo alla gente e nel mondo, perchè ricorda le parole dello Sposo: " Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo...". Si, è un gioco di parole, ma che fanno ben comprendere quale dovrebbe essere il nostro "attaccamento" verso le cose della terra...E la suora... sa anche giocare, ridere, scherzare...non è un extraterrestre...La suora sa anche condividere le gioie e i dolori sia personali che di comunità, non vive isolata dal resto del mondo. Spesso è circondata dai giovani e...spesse volte è lei da sola che riesce ad avvolgere gli altri, vedasi Madre Teresa di Calcutta, per esempio, o la nostra Madre Antonia Lalia...la quale si prodigò, appena giunta a Roma, per fondare proprio dal nulla un Istituto che accogliesse i figli di "nessuno", figli abbandonati o dimenticati, famiglie in difficoltà...L'Istituto non era ancora pronto, lei e altre due suore partite dalla lontana Sicilia, dormivano "per terra", su pagliericci di fortuna, eppure, già andava in giro per portare aiuto, amicizia, solidarietà (la zona di cui parliamo, "le Terme di Caracalla", era un immensa zona malsana, inospitale...) Fu lei a richiedere espressamente che fra le giovani suore (stiamo parlando dei primi anni del 1900!!) ci si adeguasse ad una preparazione culturale per poter essere in grado di insegnare, studiare per poter diventare infermiere, adoperarsi per gli ultimi, per i più deboli...

                      
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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"Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua..."
(Mt.16,24)

Mi piace pensare come Maria abbia interpretato alla lettera questo invito del Cristo...prima ancora di...metterlo al mondo! Maria ha rinnegato se stessa, ha preso la sua croce, ha scelto Dio: "Mi chiami per fare cosa?" - si sarà chiesta Maria tante volte - eppure, ciò che sente dentro è chiaro per Lei come la luce del sole. Si, forse ogni tanto qualche dubbio, qualche perplessità, ma mai scoraggiamento: "Eccomi Signore, sono pronta per fare la Tua volontà". Maria è la prima missionaria, la prima Martire del Cristo, la prima discepola, la prima Consacrata, in Maria c'è l'esempio della prima "vocazione"...

La Suora segue l'esempio di Maria, Ella le è Madre, sorella, amica confidente...Ognuno di noi, in virtù del Battesimo, dovrebbe essere in grado di far proprio il "SI" pronunciato da Maria nell'Annunciazione; questo "SI" non è solo di Maria, esso ci coinvolge tutti, ci ha donato la salvezza, la speranza, il perdono...ci ha donato Dio che per Lei si è fatto Uomo come noi! L'identità della Suora presenta una stabilità di continua appartenenza al Signore, in virtù della Consacrazione religiosa che le dona una nuova vita in relazione a Colui che ha scelto di "segregare" dal mondo una sua creatura...per farne strumento di riparazione, di salvezza, di supporto nella quotidianità a contatto con il prossimo, strumento di speranza di quanto nel mondo era perduto! La Donna Consacrata a Dio può portare avanti questo discorso in uno stato che più sente come proprio: così abbiamo le Suore di "vita attiva" e le Suore (Monache) "di clausura".

Alle "Nozze di Cana" Maria insegna, ispira serenità, invita ad avere fiducia nel Cristo: "Fate quello che vi dirà", la Suora tenta di fare altrettanto! Rinunciando ai beni terreni, alle soddisfazioni personali, ha scelto il Cuore del Cristo che sa di trovare negli "altri", soprattutto in coloro che più hanno bisogno di sperimentare la gioia di "quel SI" pronunciato da Maria! Sacrificando la propria libertà, si appaga nell'amorosa volontà divina trovando negli altri non volti sconosciuti, bensì il volto del Padre...E' soltanto sotto questi aspetti che si può comprendere chi è la Suora e il perchè della sua scelta: essa appartenendo a Dio, scinde da certi ragionamenti troppo razionali, sa di essere nel mondo, tuttavia di non appartenervi più. Per capire chi è Maria dobbiamo usare il concetto di Dio che così ha voluto, lo stesso vale per la Suora: essa vive per gli altri...



                    

"Come il Padre ha mandato Me, Io mando voi"
(Gv.20,21)

"Vi manderò per strade contorte, ove nessuno ode il vostro passo.
E sarete stanchi per il lungo andare.
Vi manderò in cerca di chi non vuol essere salvato.
Sarete derisi, incompresi, commiserati.
Vi manderò tra coloro che non vi amano, perchè voi li amiate di più...
Vi manderò su un colle deserto.
Ad aspettarvi ci sarò solo Io,
solo una Croce,
tutto il mio Amore"!


(Sr.M.Rosalia Zoccolini O.P.)


                        
Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/10/2010 15:37
 
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Dopo aver letto le pagine precedenti "Chi è la Suora", possiamo ora cambiare la domanda per poter parlare della Monaca di Clausura, allora potremo chiederci:
" Cos'è la vocazione religiosa"?

Di solito si risponde che è una chiamata di Dio e in parte ne abbiamo parlato, abbiamo anche accennato ad una risposta che Paolo VI diede a chi gli chiese "perchè farsi suora di clausura", egli rispose: " E' necessario che ci siano al mondo persone che trattino il Signore da Signore"...Ogni vocazione ha la sua storia, nella maggioranza dei casi matura lentamente, altre volte è improvvisa, impensabile...La vocazione è l'azione della Grazia che conduce alla medesima casa del Signore le anime più impensabili, raccolte per strade diverse e nei modi più vari! La porta principale per far entrare la Grazia è la Preghiera, la disposizione del cuore, dell'anima che continua a chiedersi: "Signore, cosa vuoi che io faccia"? Rispose Gesù: "Va, vendi quello che hai poi vieni e seguimi".

La Monaca di Clausura è colei che ha avuto la Grazia di vivere alla lettera il messaggio evangelico. Essa ha Maria quale modello di vita silenziosa e nascosta tuttavia mai oziosa e mai distaccata dalla missione terrena del Figlio...La Suora di Clausura è presente nella vita di ogni uomo perchè il suo umile "SI" si è fuso nel "SI" di Maria: se Maria è in attesa del Figlio di Dio per la salvezza dell'umanità, la Suora di Clausura è in "attesa" della rinascita spirituale d'ogni uomo vivendo attraverso e mediante il sacrificio di Gesù sulla Croce... Ecco perchè l'Eucarestia è il fulcro della vita claustrale, così come lo è per tutta la Chiesa, così come dovrebbe esserlo per noi!
"Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto..." (Lc.11,9-10) e Gesù non si smentisce mai! Anche se "preferisce" farci attendere, il più delle volte è legato al perfezionamento dell'anima.

                         

S.Teresa del Bambin Gesù (claustrale carmelitana) un giorno fece un sogno nel quale, una figura di uomo che mai aveva visto, "le tormentava l'anima". Durante il parlatorio, la sorella le portò il giornale sul quale c'era la foto di questo signore e con rammarico lesse che era stato condannato a morte, stava per morire e non voleva confessarsi. Con la forza che contraddistingue i santi, Teresa fa appello alle sue risorse umane per ottenere da Dio la piena conversione e così adotta quell'anima. Giunto il giorno dell'esecuzione, Teresa aspetta fiduciosa, il giorno dopo il giornale pubblica: "Clamoroso, l'ateo assassino ha chiesto di confessarsi prima di morire e si è segnato col segno della Croce"...Da quel momento Teresa prenderà in "affidamento" tutte quelle anime in lotta con se stessi e dal cuore inquieto...Da qui una delle sue frasi più famose: "Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l'Amore" Ecco, questo un piccolo esempio di come la Suora di Clausura "vive nel mondo, pur non essendo di questo mondo".

Lo stesso S.Domenico di Guzman, nel lontano 1217, prima di fondare l'Ordine dei Predicatori (i Frati), si prodigò perchè fossero presenti le Monache di Clausura alle quali affidare una interrotta lode a Dio affinchè l'opera della predicazione portasse frutto...Le Suore di Clausura sono, perciò, "separate" tuttavia mai divise dal resto del mondo, nel silenzio delle loro mura sono il battito del cuore orante perpetuo della Chiesa, sono la sua linfa, attaccata ai tralci i quali, a loro volta e come ci dice il Cristo, sono attaccati all'intera Vite, cioè Lui stesso, "pietra angolare della Chiesa e su cui poggiano le sue fondamenta!

La vita di una Monaca non è poi monotona come si crede se...la cominciamo ad intendere per quello che è realmente! La sua giornata è scandita da diverse mansioni, dalla Preghiera mattutina, allo studio, ai lavori per mantenere la casa, all'orto, alla contemplazione, al riposo, al gioco...si, anche al gioco...

Penso che il primo errore che si commette parlando delle Suore e delle Claustrali principalmente, è quello di pensarle come persone tristi, che sono scappate da chissà dove, che hanno problemi sociali...Donne che non hanno il coraggio di affrontare la vita...Signore!! Come siamo lontani dalla Tua Verità! Alla luce di una corretta conoscenza di chi è la Suora e la Suora di Clausura, bisogna riconoscere che ci vuol un gran coraggio per adempiere a tutti i doveri che si sono imposte accettando quella chiamata: "Lascia tutto quello che hai, i tuoi affetti più cari, i tuoi desideri mondani, lascia il mondo, prendi la tua croce, vieni e seguimi..."

In questo modo non hanno perso proprio nulla, neanche gli affetti più cari, perchè li portano con se ogni giorni ai piedi dell'Altare...Ecco, la Suora di Clausura è una Donna completa che ha avuto il coraggio di "trattare il Signore da Signore" e non soltanto per se stessa, ma inserendo nel suo olocausto, l'umanità intera, il cuore inquieto di ogni uomo, le anime più abbandonate, le urgenti necessità di un mondo sempre più distratto e sempre più assetato di Pace...quella Pace che soltanto quel contatto stretto con Dio... può donare!

 

 
Fraternamente CaterinaLD

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22/10/2010 15:37
 
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Le donne consacrate
segno di un mondo nuovo


di Fernanda Barbiero
Consigliera Generale
Suore Maestre di Santa Dorotea


Dentro una società che si chiude nell'immediato e nel terrestre, la vita consacrata è interpellata a richiamare l'Oltre e l'Altro, la realtà dei valori escatologici. Ciò significa coltivare l'aspirazione alla patria futura lavorando per la città terrestre. Noi consacrate siamo segno della trascendenza, di una pienezza che si raggiunge oltre i confini dello spazio e del tempo. Segno di un nuovo mondo di relazioni, un nuovo mondo di significati, che ha inizio qui e troverà la perfezione nell'eternità. C'è una "riserva escatologica" che richiama al senso ultimo della nostra vita umana e della storia del mondo
.

C'erano con Gesù i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità. Queste donne hanno conosciuto la potenza di liberazione e di autenticità contenuta nel messaggio di Gesù così da oltrepassare paure e condanne e rischiare per il profeta di Nazaret. Esse hanno avuto l'ardire di decidersi per il Vangelo, da donne. A cominciare da Maria di Nazaret, donna per eccellenza, e anche la "discepola del Figlio" per eccellenza.
Il profilo femminile è riconducibile a quello mariano, tanto fondamentale per la Chiesa quanto il profilo apostolico-petrino. Qualsiasi riflessione sul femminile, sul ruolo della donna nella Chiesa non può che partire da una seria e approfondita mariologia. Mentre alimenta il sogno di una vita religiosa promotrice e facilitatrice di "mutuae relationes" all'interno della Chiesa. Nelle realtà in cui siamo inserite siamo chiamate a continuare la pratica di una spiritualità di comunione, favorendo il dialogo e la collaborazione con i pastori, i sacerdoti e i laici.

In genere, quando si pensa al ruolo della donna nella Chiesa, si pensa subito al sacerdozio femminile, ma non è questo. Questo è un dettaglio insignificante di fronte a una missione molto più grande che si apre alla donna. Il ruolo della donna è praticamente il ruolo di Maria nella Chiesa e nella società. Senza andare lontano nella storia, oggi, in un contesto di secolarizzazione le donne consacrate continuano a essere una risorsa di testimonianza. Esse rendono visibile la potenza emancipatrice della sequela di Gesù, irradiando la bellezza di comprendersi alla luce di Lui e del suo vangelo.

Oggi, è sotto gli occhi di tutti il panorama della vita consacrata femminile. Una realtà cambiata rispetto anche a solo un decennio fa. Prevalgono i colori del mondo asiatico e africano rispetto a quello europeo e americano. Questa diversa provenienza socio-culturale e socio-religiosa pone nuove urgenze, non solo educative, mentre offre nuove opportunità e sensibilità nella comprensione nuova dell'esperienza evangelica e carismatica. Tutto ciò apporta non solo alle donne, ma alla Chiesa intera, un nuovo volto e nuove sfide. La riflessione teologica relativa alla vita consacrata, fino al Vaticano ii, è stata elaborata in gran parte in Occidente con categorie, accentuazioni e traduzioni pratiche legate a questo contesto.

Occorre ripensarla in chiave di una sapienza spirituale compresa come azione di trasformazione; come energia, non come chiusura in se stessi; come vitalità che opera nel sociale.

Si tratta di una sapienza a partire dal vissuto, "dal conoscimento di sé" di cui parla Caterina da Siena, dal concreto esserci di donne e uomini per re-interpretare la vita. Quello che resta, ciò che non è cambiato è la sfida della trasparenza della radicalità evangelica, ossia la fedeltà al Vangelo resa leggibile con la testimonianza, vale a dire con uno stile di esistenza dal quale risplende la bellezza della sequela del Signore Gesù. Mettendo a disposizione della gente non solo il proprio genio femminile, ma i diversi carismi che abbiamo ricevuto in dono da Dio:  il carisma della contemplazione, dell'evangelizzazione, del servizio ai poveri, della compassione e ancora quello dell'educazione. Pensiamo alle donne sante a cui la vita consacrata si è ispirata per il proprio servizio:  Chiara d'Assisi, Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Teresa d'Avila, Mary Ward, Angela Merici, Giovanna Antida Thouret, Maria, Domenica Mazzarello, per arrivare a quelle più recenti:  Luigia Tincani, Teresa di Calcutta e tante altre ancora.

Per tacere di altre grandi donne come Angela da Foligno, che caratterizzava la sua esperienza come "urlo dell'anima e urlo del corpo", o altrove affermava di "contemplare il Crocifisso con gli occhi del corpo". Queste sante donne insegnano a noi non solo a servire valorizzando i nostri carismi, ma a imparare dalle persone che abbiamo l'onore di servire. Dai poveri e dai bisognosi si impara sempre.



(©L'Osservatore Romano - 1-2 febbraio 2010)
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22/10/2010 15:38
 
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Omelia del Papa per i Vespri nella XIV Giornata della Vita Consacrata

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 2 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questo martedì sera, nella Basilica Vaticana, la celebrazione dei Vespri con i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica.

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio celebriamo un mistero della vita di Cristo, legato al precetto della legge mosaica che prescriveva ai genitori, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, di salire al Tempio di Gerusalemme per offrire il loro figlio al Signore e per la purificazione rituale della madre (cfr Es 13,1-2.11-16; Lv 12,1-8).

Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito, offrendo – secondo la legge – una coppia di tortore o di colombi. Leggendo le cose più in profondità, comprendiamo che in quel momento è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini, mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna. Simeone, infatti, proclama Gesù come "salvezza" dell’umanità, come "luce" di tutti i popoli e "segno di contraddizione", perché svelerà i pensieri dei cuori (cfr Lc 2,29-35). In Oriente questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: infatti, Simeone ed Anna, che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa. Successivamente questa festa si estese anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce, e la processione con le candele, che diede origine al termine "Candelora". Con questo segno visibile si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è "la luce degli uomini" e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa "luce" al mondo.

In concomitanza con questa festa liturgica, il Venerabile Giovanni Paolo II, a partire dal 1997, volle che fosse celebrata in tutta la Chiesa una speciale Giornata della Vita Consacrata. Infatti, l’oblazione del Figlio di Dio – simboleggiata dalla sua presentazione al Tempio – è modello per ogni uomo e donna che consacra tutta la propria vita al Signore.

Triplice è lo scopo di questa Giornata: innanzitutto lodare e ringraziare il Signore per il dono della vita consacrata; in secondo luogo, promuoverne la conoscenza e la stima da parte di tutto il Popolo di Dio; infine, invitare quanti hanno dedicato pienamente la propria vita alla causa del Vangelo a celebrare le meraviglie che il Signore ha operato in loro. Nel ringraziarvi per essere convenuti così numerosi, in questa giornata a voi particolarmente dedicata, desidero salutare con grande affetto ciascuno di voi: religiosi, religiose e persone consacrate, esprimendovi cordiale vicinanza e vivo apprezzamento per il bene che realizzate a servizio del Popolo di Dio.

La breve lettura tratta dalla
Lettera agli Ebrei, che poco fa è stata proclamata, unisce bene i motivi che stanno all’origine di questa significativa e bella ricorrenza e ci offre alcuni spunti di riflessione. Questo testo – si tratta di due versetti, ma molto densi – apre la seconda parte della Lettera agli Ebrei, introducendo il tema centrale di Cristo sommo sacerdote. Veramente bisognerebbe considerare anche il versetto immediatamente precedente, che dice: "Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede" (Eb 4,14). Questo versetto mostra Gesù che ascende al Padre; quello successivo lo presenta mentre discende verso gli uomini. Cristo è presentato come il Mediatore: è vero Dio e vero uomo, perciò appartiene realmente al mondo divino e a quello umano.

In realtà, è proprio e solamente a partire da questa fede, da questa professione di fede in Gesù Cristo, il Mediatore unico e definitivo, che nella Chiesa ha senso una vita consacrata, una vita consacrata a Dio mediante Cristo. Ha senso solo se Lui è veramente mediatore tra Dio e noi, altrimenti si tratterebbe solo di una forma di sublimazione o di evasione.

Se Cristo non fosse veramente Dio, e non fosse, al tempo stesso, pienamente uomo, verrebbe meno il fondamento della vita cristiana in quanto tale, ma, in modo del tutto particolare, verrebbe meno il fondamento di ogni consacrazione cristiana dell’uomo e della donna.

La vita consacrata, infatti, testimonia ed esprime in modo "forte" proprio il cercarsi reciproco di Dio e dell’uomo, l’amore che li attrae; la persona consacrata, per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un "ponte" verso Dio per tutti coloro che la incontrano, un richiamo, un rinvio. E tutto questo in forza della mediazione di Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui! Lui, che ha condiviso la nostra fragilità, perché noi potessimo partecipare della sua natura divina.


                                                                

Il nostro testo insiste, più che sulla fede, sulla "fiducia" con cui possiamo accostarci al "trono della grazia", dal momento che il nostro sommo sacerdote è stato Lui stesso "messo alla prova in ogni cosa come noi". Possiamo accostarci per "ricevere misericordia", "trovare grazia", e per "essere aiutati al momento opportuno". Mi sembra che queste parole contengano una grande verità e insieme un grande conforto per noi che abbiamo ricevuto il dono e l’impegno di una speciale consacrazione nella Chiesa. Penso in particolare a voi, care sorelle e fratelli. Voi vi siete accostati con piena fiducia al "trono della grazia" che è Cristo, alla sua Croce, al suo Cuore, alla sua divina presenza nell’Eucaristia. Ognuno di voi si è avvicinato a Lui come alla fonte dell’Amore puro e fedele, un Amore così grande e bello da meritare tutto, anzi, più del nostro tutto, perché non basta una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi. Ma voi vi siete accostati, e ogni giorno vi accostate a Lui, anche per essere aiutati al momento opportuno e nell’ora della prova.

Le persone consacrate sono chiamate in modo particolare ad essere testimoni di questa misericordia del Signore, nella quale l’uomo trova la propria salvezza. Esse tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato.

Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vita consacrata rimane una scuola privilegiata della "compunzione del cuore", del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicini a Lui, più si è utili agli altri.

Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio. In particolare, le comunità che vivono nella clausura, con il loro specifico impegno di fedeltà nello "stare con il Signore", nello "stare sotto la croce", svolgono sovente questo ruolo vicario, unite al Cristo della Passione, prendendo su di sé le sofferenze e le prove degli altri ed offrendo con gioia ogni cosa per la salvezza del mondo.

Infine, cari amici, vogliamo elevare al Signore un inno di ringraziamento e di lode per la stessa vita consacrata. Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile (cfr Esort. ap. post-sinod. Vita consecrata, 105). La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a "perdere" la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha "perduto" la sua vita per noi. In questo momento penso alle persone consacrate che sentono il peso della fatica quotidiana scarsa di gratificazioni umane, penso ai religiosi e alle religiose anziani, ammalati, a quanti si sentono in difficoltà nel loro apostolato… Nessuno di essi è inutile, perché il Signore li associa al "trono della grazia". Sono invece un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, assetato di Dio e della sua Parola.

Pieni di fiducia e di riconoscenza, rinnoviamo dunque anche noi il gesto dell’offerta totale di noi stessi presentandoci al Tempio.

L’Anno Sacerdotale sia un’ulteriore occasione, per i religiosi presbiteri, ad intensificare il cammino di santificazione e, per tutti i consacrati e le consacrate, uno stimolo ad accompagnare e sostenere il loro ministero con fervente preghiera. Quest’anno di grazia avrà un momento culminante a Roma, il prossimo giugno, nell’incontro internazionale dei sacerdoti, al quale invito quanti esercitano il Sacro Ministero. Ci accostiamo al Dio tre volte Santo, per offrire la nostra vita e la nostra missione, personale e comunitaria, di uomini e donne consacrati al Regno di Dio. Compiamo questo gesto interiore in intima comunione spirituale con la Vergine Maria: mentre la contempliamo nell’atto di presentare Gesù Bambino al Tempio, la veneriamo quale prima e perfetta consacrata, portata da quel Dio che porta in braccio; Vergine, povera e obbediente, tutta dedita a noi, perché tutta di Dio. Alla sua scuola, e col suo materno aiuto, rinnoviamo il nostro "eccomi" e il nostro "fiat". Amen.


Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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40 ragazze, martiri sconosciute a Bologna
3 ottobre 2010 / In Articoli
Questa è la storia di quaranta ragazze, fra i 25 e i 35 anni, che hanno consapevolmente accettato di morire – per di più con atroci sofferenze – per poter curare e (letteralmente) servire degli ammalati gravi che neanche conoscevano. Finora questo loro eroismo e il loro martirio, consapevolmente accettato, sono rimasti nell’ombra.
Siamo cresciuti in un’Italia capace di trasformare in divi personaggi senza arte né parte, un’Italia capace di esaltare come eroi dei tipi tremendi (che hanno pure dei morti sulla coscienza).

Ma nessuno, nell’Italia che conta, che parla e scrive, sembra si sia mai accorto di queste giovani donne straordinarie.

Eppure è accaduto tutto alla luce del sole, addirittura in una istituzione pubblica di in una città importante e attenta ai valori civili (e alla “questione femminile”) come Bologna, dove queste ragazze sono vissute e morte fra 1930 e 1960.

A Bologna esiste “Viale Lenin”, la strada dedicata a un tiranno che ha fondato il regime dei Gulag dove sono stati massacrati moltitudini di innocenti inermi, fra cui migliaia di religiosi.

Ma non esiste alcun ricordo pubblico invece di quelle donne che hanno curato tanti sofferenti dando la loro stessa vita.

Erano religiose, cioè ragazze che avevano rinunciato a se stesse perché innamorate di Gesù Cristo e per suo amore erano diventate silenziosamente capaci di donare ogni loro giornata ai malati e anche di affrontare la morte.

Tutto accadde all’Ospedale Pizzardi di Bologna, oggi Bellaria, aperto nel 1930 per l’assistenza e la cura delle malattie polmonari, in particolari per tubercolotici.

La Tbc era una malattia mortale assai diffusa, soprattutto dopo la Grande guerra, ed era contagiosissima (si contraeva per via aerea, quindi era molto più contagiosa, per esempio, dell’Aids di oggi).

Fino agli anni Cinquanta, quando arrivarono dei farmaci capaci di debellare la malattia e abbatterne enormemente la mortalità.

Ebbene, aprendo l’Ospedale nel 1930 fu richiesta dall’amministrazione degli ospedali di Bologna la presenza delle “Piccole suore della Sacra Famiglia” per assistere come personale infermieristico i circa seicento malati.

Arrivarono subito 55 suore e poi, nel corso degli anni, il loro numero giunse fino a 95, con la qualifica di infermiere diplomate e infermiere generiche (in totale, dal 1930, hanno servito al Pizzardi 574 religiose).

Garantivano assistenza giorno e notte, a continuo contatto con i malati. A quel tempo le suore-infermiere provvedevano a tutto, pure a lavare i pavimenti dei lunghi corridoi, durante il turno della notte.

Erano tutte consapevoli di recarsi in un ambiente ad altissimo rischio. E infatti delle centinaia che hanno accettato e hanno servito lì, circa 40 hanno contratto la Tbc morendone (32 di loro sono decedute in età compresa fra 25 e 35 anni).

Si trattava di una morte dolorosa e drammatica. Erano giovani suore e oblate.

Nella convenzione che fu stipulata l’amministrazione degli ospedali, considerata la pericolosità della missione, si impegnava, fra l’altro, a “concedere visite mediche” e, in caso di contagio, a “fornire loro i medicinali e in caso di morte un modesto funerale”.

Oltretutto il loro lavoro fu reso molto duro dal fatto che i degenti erano in gran parte giovani e il clima spesso turbolento. Le proteste per il cibo erano all’ordine del giorno, perfino per il fatto che il personale addetto all’igiene dei letti e della biancheria si proteggeva con una mascherina (a quel tempo non esistevano lavatrici ed elettrodomestici).

Negli anni Quaranta e Cinquanta il clima era surriscaldato anche per motivi politici (si formò pure una “Commissione degenti”). Le suore dovevano moltiplicare i loro sforzi per mantenere un clima sereno, mentre soccorrevano i malati in tutte le loro sofferenze.

Il dottor Gaetano Rossini che lì lavorò e le vide all’opera ha lasciato scritto in una memoria conservata negli archivi:

“non meno grave era la emottisi, specie se soffocante, scioccante non solo per il malato, ma anche per chi doveva assistere e provvedere con gli scarsissimi mezzi disponibili. Terribile a vedersi e molto di più ‘intervenire’.

In quei momenti mi veniva di pensare: ‘oh sante suore, quale amore vi tiene inchiodate a quel letto di sofferenza inesprimibile pur di aiutare, salvare quel ‘prossimo’ che forse in altri momenti era stato poco riguardoso o indisciplinato!.

Le Suore non tenevano davvero conto del rischio personale o interesse umano alcuno; quante di loro riposano nel cimitero di Castelletto perché avevano contratto la malattia nell’adempimento del loro servizio”.

Quale amore, si chiede il dottor Rossini? Suor Arcangela Casarotti risponde: “Le suore inviate al ‘Pizzardi’ di Bologna avevano ben scolpito nella mente l’insegnamento dei Fondatori: ‘Se nei casi di epidemia… fosse necessario mettere in pericolo anche la vita, io mi immagino che anche al presente, com’è successo in altri tempi, le Suore del nostro istituto andrebbero a gara per offrirsi vittime della carità. Memori delle parole del Divino Maestro: Non v’è maggior carità che di dare la vita per i propri fratelli’ ”.

Le suore aiutavano centinaia di malati, perlopiù giovani, non solo nelle loro sofferenze fisiche, ma anche in quelle morali. Li aiutavano a non lasciarsi andare alla disperazione di una malattia gravissima e di una degenza molto lunga (talora vi furono suicidi).

Suor Arcangela sulla rivista dell’ordine ha pubblicato qualche memoria dei malati di allora. Liliana per esempio scrive:

“Ho passato tre anni molto belli al Pizzardi pur essendo lontano dalla famiglia perché ero ammalata. Le suore con noi malati avevano un rapporto molto familiare. Esse cercavano in ogni modo di aiutarci a mangiare e di alleviare le sofferenze. Quante volte le ho viste piangere di nascosto per le condizioni gravi dei malati! Io credo che la medicina fece molto per curarmi, ma molto contribuirono anche le parole di conforto e di incoraggiamento delle suore nei momenti più tristi”.

Fra i malati vi furono suore che testimoniarono l’ardore di quel loro Amore fino all’incredibile. Come suor Maria Rosa Pellesi, Francescana Missionaria di Cristo, che trascorse 27 anni in sanatorio di cui 24 proprio al Pizzardi, morta in fama di santità e oggi dichiarata “Serva di Dio”.

Dice il dottor Rossini: “fu, a mio modo di vedere, un miracolo vivente perché non aveva un organo sano, la tubercolosi aveva devastato il suo corpo. Svolse la sua missione in offerta a Dio per il bene di tutti gli uomini”.

La eroiche suore del Pizzardi appartengono all’ordine fondato da don Giuseppe Nascimbeni e da suor Maria Domenica Mantovani (entrambi beati), sono le Piccole Suore della Sacra Famiglia. che negli ospedali bolognesi hanno svolto un lavoro eccezionale e tuttora gestiscono la “Casa di Cura Madre Toniolo”.

Nessuno ha raccontato al mondo la storia delle suore martiri del Pizzardi e ne ha celebrato la grandezza. Di loro ho trovato qualche notizie solo in pubblicazioni dell’ordine e qualche rapido cenno in volumi celebrativi, a ristretta diffusione.

Forse perché, essendo suore, appartenevano – secondo i nostri criteri mondani – a una categoria umana di serie B? O a una categoria che è tenuta a sacrificare la propria vita per noi?

A volte, a considerare come il mondo tratta i cristiani, viene in mente la frase di san Paolo: “Siamo la spazzatura del mondo”.

Probabilmente anche in altre città e altri ospedali vi sono state simili storie di eroica carità cristiana che aspettano di essere conosciute.

Perché la presenza della suore e più ampiamente la presenza della Chiesa accanto ai sofferenti, per portare loro la carezza del Nazareno e per alleviare i loro dolori, è una storia immensa e tuttora misconosciuta.

Eppure parla, anzi grida più di tante parole. Annuncia al mondo quello che ogni essere umano cerca e aspetta: un amore incondizionato, gratuito e totale. Come dice una nota preghiera: “Tutta la terra desidera il Tuo volto”.



Antonio Socci

www.antoniosocci.com

Da “Libero”, 3 ottobre 2010

Fraternamente CaterinaLD

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25/10/2010 12:27
 
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 Per approfondire il discorso vocazionale, vi consigliamo il blog Cordialiter appositamente creato per aiutare al discernimento vocazionale....cliccate sul titolo dell'articolo per raggiungere il Blog e fare sante Letture....

Il desiderio della perfezione


Il primo mezzo che deve prendere una religiosa, per giungere alla perfezione ed esser tutta di Dio, è il desiderio della perfezione.

Bisogna desiderare di raggiungere il maggior grado di santità a cui può arrivare.

Chi non desidera di giungere ad acquistare il tesoro della perfezione, sembrandogli troppo dura la fatica per arrivarvi, resterà sempre negligente nella sua tepidezza, senza mai dare un passo nella via di Dio.

Anzi chi non desidera e non si sforza di camminar sempre avanti nella via del Signore, come dicono tutti i maestri di spirito e come insegna l'esperienza, andrà sempre indietro e si porrà in gran pericolo di perdersi.

Nella via dello spirito, il non andare avanti equivale all'andare indietro. Dice S. Agostino che la vita di un buon cristiano è un continuo desiderio della perfezione: Tota vita christiani boni sanctum desiderium est (Tract. IV, in I Ep. Ioan.).

Sicché colui che non conserva nel cuore il desiderio di farsi santo, sarà cristiano, ma non buon cristiano.

E se ciò vale generalmente per tutti, specialmente vale per li religiosi, i quali, benché non siano obbligati ad esser perfetti, debbono nondimeno con modo speciale tendere alla perfezione; così appunto insegna S. Tommaso.

Insomma, come non v'è uomo che giunga alla perfezione di qualche scienza o arte, se prima non desidera ardentemente di acquistarla, così non v'è stato mai santo che sia giunto alla santità, senza un gran desiderio di conseguirla.



Fraternamente CaterinaLD

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29/10/2010 12:42
 
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Lettera vocazionale


Qualche tempo fa ho ricevuto una bella e-mail vocazionale alla quale ho risposto molto volentieri. Per garantire la riservatezza della persona interessata, ho provveduto a sostituire i dati personali (nome, cognome, età e città) con dati di fantasia. Spero che questa lettura possa essere di qualche utilità per altri lettori in ricerca vocazionale.


Carissimi,
                  è difficile iniziare una lettera di questo tenore. Avrei preferito la cara vecchia carta che riesce a far esprimere forse più nel profondo ciò che si ha dentro, ma in questo preciso istante, dopo aver visitato il vostro sito mi sono permessa di farlo anche io, forse anche per l'intenso bisogno che ho di parlarvi.

Innanzitutto mi presento, mi chiamo Alessandra Gregotti, ho 29 anni, sono consulente legale, ricercatore universitario, praticante notaio. Nasco a Venezia, da famiglia alto borghese, frequento un collegio religioso per la scuola dell'obbligo. Finite le scuole medie mi trasferisco a Treviso, avevo 18 anni, quindi l'Università e tutto il resto (una vita normale, come tante altre...anzi...decisamente fortunata rispetto a molti devo dire). Perché vi ho detto tutto questo? Perché sin da bambina (anche se gli entusiasmi giovanili spesso sono da tenere a bada..) ho desiderato prendere la strada dei voti. Da circa 5 anni a questa parte, strano a dirsi, proprio quando la mia vita poteva apparire “perfetta” in tutti i suoi elementi, il mio desiderio, mai morto e mai dimenticato, si è fatto sempre più prepotente, tanto forte da non abbandonarmi dal mattino quando apro gli occhi, alla sera quando li richiudo. Ho sempre pensato dovesse essere una scelta molto più che consapevole, e proprio per questo motivo da mesi mi sono affidata a chi credo possa aiutarmi, ad un Ministro di Dio (il mio meraviglioso parroco), per comprendere sino in fondo la mia Chiamata. Io non ho dubbi su di essa, ho deciso la mia strada, ma so che sarà dura accettare la mia scelta per chi mi è accanto, ovvero, i miei familiari. Ed è per questo che prego ogni giorno, perché il Signore mi dia la forza di far comprendere loro quanto forte ed assoluto sia l'Amore che mi spinge verso questa scelta. D'altra parte non è proprio nelle Sacre Scritture che Gesù dice “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me.”? Penso ogni giorno a questa frase che mi dà la serenità per accogliere la difficoltà di far comprendere ad altri la Chiamata del Signore.

Carissimi, vi ho scritto tutto questo perché voi possiate avere un piccolo frammento di me, ed in voi cerco parole sì di conforto e preghiera, ma anche di sostegno. Vorrei tanto che rispondeste a questa mia lettera, sarebbe meraviglioso se mi deste qualche informazione su cosa e come fare per poter intraprendere la giusta via nel giusto ordine. La ringrazio per l'attenzione che dedicherete alla lettura di questa mia ed alla risposta, che sono sicura non tarderà.

Con estrema gratitudine.

Alessandra


Gent.ma Alessandra,
                                 rispondo volentieri alla tua lettera.

Dio ha un progetto per ciascuno di noi. Alcuni sono designati per mettere su famiglia e procreare dei futuri cittadini del Cielo (pensiamo ad esempio ai zelantissimi genitori di Santa Teresa di Lisieux), altri sono designati per rimanere celibi nel mondo (San Giuseppe Moscati), altri ancora sono designati per la vita sacerdotale e per la vita consacrata (ad esempio Sant'Alfonso Maria de Liguori e Santa Chiara d'Assisi). Ognuno deve cercare di capire la volontà di Dio su di noi, perché solo facendo la sua volontà possiamo essere davvero felici. Che cosa vuole il Signore da Alessandra? Per capire quale sia la tua vocazione, l'ideale sarebbe andare alcuni giorni in un buon monastero (deve essere davvero buono) nel quale, raccolta nel silenzio e nella preghiera, potrai ascoltare quel che Dio dice al tuo cuore. Restando in città è difficile raccogliersi spiritualmente.

La tua e-mail mi è piaciuta molto. E' straordinario constatare che una persona come te, avviata ad una promettente e ricca carriera, sia disposta a prendere in considerazione l'eventualità di lasciare tutto per divenire sposa di Gesù Cristo.

Dunque che cosa fare in concreto? Per il momento non parlare di vocazione né con i tuoi familiari (nemmeno se sono super-praticanti), né con le tue amiche, le quali potrebbero mettersi a ridere, soprattutto se sono persone neo-pagane che capiscono solo di discoteche, gossip, oroscopi, sfilate di moda, e altre vanità de genere.

Quale monastero contattare per fare qualche giorno di discernimento? Devi sceglierne uno di stretta osservanza. E' importante questo fatto. Se tu andassi in un monastero rilassato, non solo rischieresti di perdere la vocazione, ma anche la Fede, come è accaduto ad altri. Come probabilmente ti sarai accorta da sola, molti ordini religiosi non vivono più come i loro santi fondatori, ma vivono in maniera rilassata e secolarizzata, e in genere hanno poca attrattiva sui giovani. Gli ordini religiosi di stretta osservanza invece affascinano col loro stile di vita autenticamente evangelico, e spesso attirano numerose vocazioni.

Nella tua regione c'è uno dei migliori monasteri d'Italia (non esagero), si tratta del Monastero […]. Sono quasi tutte giovani (anche più piccole di te). Scrivigli una lettera dicendo quello che hai detto a me, e aggiungendo che vorresti trascorrere qualche giorno di discernimento vocazionale presso di loro. Ai tuoi amici e parenti non dirai che andrai a fare un ritiro vocazionale, ma accennerai solo ad un semplice ritiro spirituale per ritemprare lo spirito. Non si tratta di una bugia, ma al massimo di una “restrizione mentale” che non è nemmeno un peccato veniale, come insegna la Teologia Morale.

Che altro dirti? Affidati interamente alla Beata e Gloriosa Vergine Maria, che come insegnano dotti Autori (S. Bernardo di Chiaravalle, S. Alfonso Maria de Liguori, S. Massimiliano Maria Kolbe e tanti altri) è la Mediatrice di tutte le grazie, oltre che la nostra Mamma del Cielo.

Spero di esserti stato di qualche utilità, se hai qualche domanda da fare, io sono sempre a disposizione di tutti.

Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più fraterni saluti in Cristo Re e Maria Mediatrice.

Cordialiter

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16/11/2010 13:06
 
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Monastero della Santissima Annunziata ed Incarnazione delle Monache Annunziate Celesti, dette Monache Turchine


da Cordialiter:

In provincia di Genova, a San Cipriano, frazione del comune di Serrà Riccò, è presente un grazioso monastero di clausura nel quale vivono nascoste al mondo le Monache della Santissima Annunziata ed Incarnazione, dette anche Monache Annunziate Celesti o Monache Turchine, per via del colore del mantello.

Quest'ordine religioso fondato dalla Beata Maria Vittoria de Fornari Strata, è di vita contemplativa. Le monache si guadagnano da vivere eseguendo piccoli lavori artigianali e di ricamo. Hanno conservato uno stile di vita raccolto e austero, senza dare spazio a deleteri compromessi col mondo. Amano molto la sacra liturgia celebrata con attenzione e devozione, come la celebra il loro cappellano, don Massimo Moroncelli, sacerdote fedele agli insegnamenti del grande e indimenticabile Cardinale Giuseppe Siri.

La Beata Maria Vittoria de Fornari Strata e le Monache Turchine sono felici di poter accogliere ragazze desiderose di trascorrere alcuni giorni in monastero per discernere la propria vocazione. Chiunque fosse interessata può contattare la Rev.ma Madre Priora scrivendo al seguente indirizzo: monastero@monacheturchine.it
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19/11/2010 17:43
 
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Perché vivere in clausura

Sui passi di Chiara d'Assisi


di Angela Emanuela Scandella
Presidente Federazione Clarisse dell'Umbria
 
La testimonianza della vita contemplativa claustrale non può spegnersi nella Chiesa. La fedeltà del Signore alla sua Sposa bella, la santa Madre Chiesa non è venuta e non viene meno. Egli parla, chiama, avanza con la sovranità della sua mitezza (cfr. Sal 45) nel tempo in cui in tanti modi Dio viene percepito e definito come il grande assente, che nulla ha a che fare con la storia e col destino del mondo. Nel tempo in cui l'uomo diventa "esperimento di se stesso" risuona ancora l'appello del Signore con parole che sanno di vita eterna:  Egli chiama, attira irresistibilmente.

Perché il monastero? Meglio sarebbe dire:  per chi entrare in monastero? Nella coscienza delle giovani sorelle, che da poco hanno varcato la soglia della clausura, la gratuità dell'amore e della chiamata di Dio è il primo motivo vocazionale. Una gratuità incontrata come risposta a una domanda di verità, a una ricerca sempre più esplicita e consapevole di vita, di amore, di libertà e felicità autentici; talvolta anche nell'esperienza sofferta di un cuore smarrito e riconciliato, un cuore inquieto che si riposa alla fine in Dio.

Una gratuità che risuona come eco umana in una chiamata a fare verità sulla propria vita, a "essere" e non a "fare". Una chiamata all'amore in risposta a un Amore pieno e fedele, nel desiderio di un'appartenenza totale al Signore, che tocchi davvero e in profondità tutto della persona. La forma di vita contemplativa nella sua dimensione claustrale viene colta come possibilità di vivere questa esperienza di totalità, un entrare dentro il silenzioso amore che abita il Cuore di Cristo nel mistero della sua Incarnazione e della sua croce. È la possibilità data alla creatura di restituirsi al Creatore, nella lode e nel rendimento di grazie.

Ancora, è l'intuizione che Dio solo può chiedere a una persona umana:  occupare nella sua vita non il "primo" posto, ma "l'unico" posto. Scegliere, intuendo una fecondità "altra". La fecondità dell'Evangelo e della sua logica che rovescia le logiche della cultura odierna. Al tempo estremamente concentrato e allo spazio infinitamente dilatato, proprio del mondo della tecnologia e dell'informatica, il cui esito è l'estrema superficialità e l'incalzare frenetico, la vita claustrale risponde con uno spazio concentrato e un tempo dilatato in Cristo, "Verbum abbreviatum", in cui Dio ha tempo per l'uomo. Vivere in monastero è scegliere di entrare in tale mistero.

In Chiara d'Assisi si percepisce la dimensione sponsale e mariana, nella bellezza dell'essenzialità, della semplicità, della radicalità evangelica della sua sequela del Signore nel mistero della sua povertà e obbedienza, del suo portare in comunione con Lui, il Servo, "il peso della carità vicendevole", fino al dono della vita nella logica della restituzione imparata dall'Eucaristia. Una restituzione di sé che percorre la via nascosta, semplice - e per molti oggi inutile - dell'umile fatica quotidiana, che rende partecipi di quella fatica del vivere che tanta parte di umanità conosce e che testimonia, nella pazienza dei giorni, la presenza viva del Signore.
 
Chiara d'Assisi è "donna nuova" nel suo essere - una cosa sola con le sue sorelle - cellula di Chiesa riparata, secondo il mandato del Crocifisso a Francesco d'Assisi. Una vocazione ecclesiale, che passa per la "riparazione del cuore", che è lasciarsi guardare e definire dal Signore nella verità della nostra debolezza e miseria, che è lasciarsi misurare dai rapporti fraterni per la costruzione di quella "santa unità" che è la carità stessa di Dio partecipata in Cristo e nel suo Spirito ai "figli di Dio dispersi". Una lenta costruzione quella della vita fraterna, scuola di comunione, di riconciliazione e di misericordia, "luogo teologico" della nostra esperienza di Dio e che è risposta evangelica alla sfida dell'alterità, in un tempo segnato dal frantumarsi dei legami più vitali.

Perché perseverare in una vocazione contemplativa claustrale? Perché è ancora possibile pensare a una definitività di impegno, di dedizione, in un mondo in cui tutto è segnato e condizionato dal soggettivo, dall'emotivo, dal temporaneo, dall'instabile? Rimanere perché Dio è Dio, perché la verità dell'uomo è l'essere fatto per un legame costitutivo con il Creatore, rinnegato il quale l'uomo smarrisce se stesso. Rimanere per sempre, perché l'amore vero non si consuma, non si esaurisce. Per sempre, perché, con le parole della nostra madre santa Chiara, "l'amore di Cristo rende felici".


Nel chiostro un modo di vivere in Cristo

L'umano rigenerato



Paradossalmente, è proprio dal riservato recinto di un chiostro che emerge la singolare testimonianza di una vita in cui l'umano, nell'atto stesso in cui sembra essere stato rinnegato, si afferma con pienezza, animato da valori che ne illuminano le più profonde aspirazioni. La separazione materiale dal mondo e il distacco dalle realtà transitorie della vita non sono altro che una condizione per attuare con assoluta libertà il quotidiano cammino di conversione e di trasformazione in Cristo. Il sereno ritmo di vita, scandito dalla preghiera, dal lavoro spesso faticoso, dalla comunione fraterna in cui ciascuna è dono di sé all'altra, l'atmosfera di silenzio e di religioso ascolto del Verbo della vita, creano quell'equilibrio umano che traspare dai volti delle contemplative e da tutto il loro essere, pervaso dal "frutto dello Spirito:  amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé..." (Galati, 5, 23).

È questa la testimonianza più immediata che le monache offrono a chi si accosta al mondo claustrale, suscitando una segreta attrattiva, dando una risposta a esigenze intime, sopite o ignorate, e a quella sete di Dio che mai il cuore umano potrà estinguere. È stupore, ma è anche profonda nostalgia, il ridestarsi della "naturale inclinazione ad amare Dio sopra tutte le cose, memoria del primo principio e Creatore che ci rammenta - spiega san Francesco di Sales - che apparteniamo alla sua divina bontà" (Trattato dell'amor di Dio, L. i, 18). "Ci hai creati per te, e il nostro cuore non trova pace fin quando non riposa in te!", esclama Agostino (Confessioni, i, 1).

"La clausura non è solo un mezzo ascetico di immenso valore, ma un modo di vivere la Pasqua di Cristo. Da esperienza di "morte" essa diventa sovrabbondanza di "vita", ponendosi come gioioso annuncio e anticipazione profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù (cfr. Romani, 6, 11). La clausura evoca dunque quella cella del cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio e con i fratelli e le sorelle, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell'interiorizzazione dei valori evangelici (cfr. Giovanni, 13, 34; Matteo, 5, 3.8)" (Vita Consecrata, 59). Viene indicato, pertanto, nel magistero pontificio il senso proprio della vocazione contemplativa claustrale, nel cuore della Chiesa e dell'umanità, riconoscendole uno speciale ruolo di profezia dell'Assoluto, e di testimonianza della intima tensione verso la perfezione della carità; non la mera perfezione umana privilegiata dalla moderna antropologia, ma la perfezione dell'essere secondo il progetto del Creatore, in obbedienza alla legge dell'amore, primo e sommo comandamento.

È ancora Francesco di Sales che, nella prospettiva eminentemente soprannaturale del suo umanesimo, addita questa suprema dignità dell'uomo con una celebre affermazione:  "L'uomo è la perfezione dell'universo, lo spirito la perfezione dell'uomo, l'amore quella dello spirito, la carità quella dell'amore. Ecco perché l'amore di Dio è il fine, la perfezione e l'eccellenza dell'universo" (Trattato, x, i). Dal primo principio, come da sorgente, si ascende al fine ultimo:  la perfezione della carità, culmine dell'essere umano, creato e redento, per entrare nella comunione d'amore con Dio. In semplicità e umiltà di vita, una comunità contemplativa si situa in seno a questo mistero di elezione, compiendo un cammino di perfezione che conosce le gioie ma anche le austere esigenze della sequela di Cristo.

Un monastero, infatti, non è una tenda piantata sul Tabor per la beatitudine della contemplazione, ma un deserto da attraversare per un esodo che dura una intera vita, spesso nell'aridità e nella monotonia del quotidiano. La claustrale sa che  dalla  dura  roccia  sgorga l'acqua per la propria sete e per la sete del mondo.

(a cura del monastero della Visitazione di Palermo)




(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2010)

[Modificato da Caterina63 19/11/2010 17:58]
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19/11/2010 18:03
 
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Carmelitane in Vietnam


Nell'anno 1861, dal monastero carmelitano di Lisieux, nel quale sarebbe più tardi entrata santa Teresa del Bambino Gesù, madre Filomena dell'Immacolata Concezione, insieme con tre altre sorelle, poté avventurarsi in un'impresa non facile.

Le tre religiose lasciarono insieme la patria dirette verso il lontano Vietnam ove, nonostante la durissima persecuzione religiosa che stava infierendo, fondarono su richiesta del vescovo Lefebvre il primo monastero carmelitano, l'attuale carmelo di Saigon. Il vescovo, responsabile della parte occidentale del Sud Vietnam, era stato arrestato per la seconda volta nel 1846. Nel carcere di Huê, legato con catene e ceppi, egli attendeva di essere decapitato. Ma in una visione, come egli poi raccontò, vide santa Teresa d'Avila che gli chiedeva di fondare un carmelo in Annam (Vietnam). La santa gli disse:  "Fonda un carmelo in Annam e Dio sarà servito e glorificato molto".
 
Mentre era in prigione a Huê, il Vescovo ricevette una lettera di suor Filomena, sua cugina, che viveva nel monastero di Lisieux. Nella lettera la suora lo informava di aver appena fatto i voti e di sognare una fondazione carmelitana in Vietnam. Qualche tempo dopo, contro ogni speranza, il vescovo Lefebvre fu rilasciato dall'imperatore Thieu Tri ed espulso a Singapore. Già nel 1849, egli aveva espresso il suo desiderio di fondare un carmelo in Vietnam, avendo anche ricevuto, al riguardo, ripetuti inviti, in altrettante apparizioni, da parte di santa Teresa. Decise pertanto di avviare l'impresa e ne diede comunicazione alla superiora del carmelo in Francia, madre Geneviève. Questa, appresa la decisione del vescovo, convocò suor Filomena e la incaricò di comunicare al vescovo che "lei era molto lieta di rispondere positivamente alla sua richiesta". L'attuazione del progetto tuttavia dovette attendere ancora qualche anno. Divenne realtà solo nel 1862, mentre la persecuzione religiosa non era ancora giunta al suo termine. Nel 1895, il carmelo di Saigon fondò il carmelo di Hà Nôi. Più tardi, nel 1909, il carmelo di Hà Nôi fondò quello di Huê.

Qual è la situazione attuale? Come è noto, nella nuova guerra conclusa nel 1975, nel Vietnam si determinò un solco profondo tra il Nord e il Sud. Tutti gli Ordini religiosi e i monasteri furono costretti a trasferirsi al Sud per poter evitare i pericoli della guerra. Le religiose del carmelo di Huê, che era stato in gran parte distrutto, dovettero emigrare verso Binh Trieu Parish. Nell'anno 1996 la superiora, Marie Thérèse Consolata, decise di tornare con dodici sorelle nel monastero di Huê, per ricostruirlo. La maggior parte delle sorelle rimase, però, a Binh Trieu, ove negli anni successivi confluirono nuove vocazioni.

In considerazione di ciò, il 4 giugno 1998 la Santa Sede riconobbe in forma ufficiale il monastero con il titolo di "Nostra Signora del monte Carmelo". Attualmente le richieste di ingresso da parte delle ragazze sono numerose. La vita spirituale viene coltivata con impegno alla luce del carisma di santa Teresa d'Avila, avendo sempre dinanzi le esigenze poste dalla scelta contemplativa, accettata con coerenza in tutte le sue conseguenze. Le sorelle si introducono progressivamente nei sentieri della contemplazione, cercando l'incontro con Dio nelle attività quotidiane, in un ambiente di solitudine silenziosa e di comunione fraterna. Le sorelle migliorano la loro preparazione culturale leggendo libri spirituali e partecipando a conferenze periodiche. Inoltre, alcuni sacerdoti vengono al monastero con regolarità per tenervi lezioni sulla Sacra Scrittura, sulla teologia, sulla liturgia.

Le nuove vocazioni sono molte, al punto che non vi è posto per accoglierle. Si spera di poter provvedere ad alcune ristrutturazioni così da rendere l'immobile più adatto per la nostra vita. Con l'approvazione della Santa Sede, del cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, arcivescovo della diocesi di Thành-Phô Mô Chí Minh, e del vescovo Dominique Nguyên Chu Trinh, vescovo della diocesi di Xuân Lôc, la madre superiora Marie Thérèse Consolata ha provveduto di recente, mediante 6 sorelle, a una nuova fondazione in Binh Minh parish, nella Regione di GiaKiem, diocesi di Xuân Lôc. In tal modo una nuova comunità contemplativa si è avviata, nella preghiera e nella penitenza, sulla strada della ricerca di Dio in un contesto di solitudine e di silenzio.

(a cura delle monache del monastero del monte Carmelo di Bihn Trieu)
 



Il monachesimo femminile nella Chiesa


di Giovanni Dal Piaz
Monaco camaldolese


Proprio perché profondamente inseriti nella vita ecclesiale anche sui monasteri si riverberano le difficoltà, come pure le opportunità, caratterizzanti la presenza della Chiesa nelle diverse aree del mondo.

Non stupisce allora che in certi continenti, in particolare Europa e Nord America, la vita monastica conosca, come gli altri istituti religiosi, un calo numerico e una crisi vocazionale. Ciò appare evidente se guardiamo i dati nel loro insieme:  in Europa tra il 1988 e il 2008 le monache professe sono diminuite di circa un terzo, passando da 40.321 a 27.332. Tuttavia quando dal generale si va al particolare la realtà appare differenziata e la diminuzione si presenta a "macchia di leopardo", accanto a monasteri in evidente declino ve ne sono altri fiorenti e in espansione aventi energie nuove a sufficienza per aprire nuove fondazioni.
 
Così quando si passa a vedere la vita monastica in continenti dove l'evangelizzazione è relativamente più recente ci troviamo davanti a un cattolicesimo vivace, effervescente, generoso di nuove vocazioni. In Africa tra il 1988 e il 2008 le monache professe sono cresciute del 50 per cento con un parallelo incremento delle comunità passate da 90 a 135. Ancora più forte l'espansione in Asia dove negli stessi venti anni i monasteri sono passati da 186 a 265 e le monache hanno visto una crescita del 71 per cento.
Il monachesimo femminile si trova pertanto ad affrontare nei diversi continenti problemi del tutto differenti, quasi opposti.

In Europa c'è da reggere la sfida di comunità che invecchiano senza conoscere un adeguato ricambio generazionale. Non è infatti che manchino del tutto persone disposte ad accogliere la grazia della vocazione, ma il loro numero non è sufficiente a dare continuità a tutte le presenze così come oggi si configurano. La presenza di monache anziane in numero spesso elevato pone problemi mai prima d'ora affrontati che vanno dalla necessità di garantire un adeguato livello di assistenza sanitaria, al reperimento di adeguate risorse economiche per arrivare poi al come garantire una buona vita comunitaria a realtà umanamente sempre più deboli e fragili.

Di tutt'altro genere sono le questioni che si pongono in Asia, Africa, America Latina. Qui le comunità sono giovani, in crescita, spesso impegnate in progetti di sviluppo e crescita. Prioritario è allora garantire una adeguata formazione spirituale e consolidare una identità che sappia comunicare lo specifico del carisma monastico. Poi si tratta letteralmente di "costruire" le comunità dagli edifici alla elaborazione di una propria tradizione nei rapporti con l'ambiente ecclesiale e sociale.

Quando si parla dell'esperienza monastica femminile non basta limitarsi alla situazione italiana o europea, ma va assunto un atteggiamento effettivamente cattolico, ossia universale. È questa la frontiera sulla quale dopo 2000 anni oggi la Chiesa si affaccia ed è veramente una nuova primavera. Senza con questo fingere di non vedere le difficoltà di molte comunità alle prese con un declino che obbliga a scelte dolorose.

Nell'esperienza monastica si coglie quel cambiamento che sta mutando il volto del cattolicesimo:  declino numerico in alcuni continenti crescita e sviluppo in altri. È un passaggio stretto che ha bisogno di essere accompagnato dalla sensibilità di tutti coloro che hanno a cuore la continuità della testimonianza di credenti che nulla antepongono all'amore di Cristo. Si tratta anzitutto di vicinanza nella preghiera, ma anche di solidarietà e aiuto per affrontare le difficoltà di ordine economico che nell'attuale situazione talvolta appesantiscono la vita dei monasteri.



(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2010)



 LEGGASI ANCHE QUI PER PREGARE:

GIORNATA PRO-ORANTIBUS: AIUTIAMO I MONASTERI



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/11/2010 23:43
 
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Una bellissima notizia dalla Polonia


Da Cordialiter:

Carissimi lettori del blog, voglio comunicarvi una bellissima notizia che mi ha dato tanta gioia. Vi ricordate quella ragazza polacca che mi aveva scritto qualche tempo fa? Ebbene, dopo un lungo periodo di riflessione mi ha scritto nuovamente per dirmi che ha deliberato di donarsi tutta a Dio in un monastero di clausura di stretta osservanza. La decisione definitiva l'ha presa dopo che la superiora del monastero le ha comunicato per iscritto di aver visto in lei i segni della vocazione, dopo aver fatto un periodo di discernimento vocazionale presso di loro. Ciò è molto importante, perché il parere favorevole dei superiori dell'ordine in cui si è scelto di entrare, è uno dei tre elementi che assicura l'autenticità della vocazione. Siccome so che questa ragazza polacca segue spesso il mio blog (me lo ha detto lei stessa), voglio scriverle una "lettera aperta", nella speranza che possa giovare anche ad altre persone.

Carissima sorella in Cristo,
                                           ho accolto con tanta gioia la bella notizia che mi hai dato. Mi hai scritto numerose lettere piene di unzione spirituale, che mi hanno edificato. Sono davvero contento che Gesù buono sia riuscito a rapire il tuo cuore e a convincerti a divenire sua casta sposa. Adesso devi amarlo ancora di più, perché troppo grande è il dono che ti ha fatto. Ma ti rendi conto? Se sarai perseverante diventerai la sposa non di un uomo qualsiasi, ma del Re del Cielo! Queste sono grazie che Dio fa solo a poche ragazze, e tu sei una delle poche fortunate. Queste cose i mondani non le capiscono, loro pensano che tu sia pazza, perché vai a rinchiuderti in un monastero di clausura e non potrai andare in discoteca, al cinema o in qualche altro luogo di divertimento. Loro non possono capire le gioie che si provano nel monastero, ad esempio nel cantare un devoto canto eucaristico innanzi al Santissimo Sacramento. Altro che tutti i divertimenti mondani messi assieme!

Mi hai detto che devi ancora sbrigare qualche faccenda nel mondo, e poi, dopo Natale potrai finalmente partire per il monastero di clausura, dove Gesù buono ti aspetta a braccia aperte. L'ordine religioso in cui entrerai mi piace molto. Ho letto la biografia della Fondatrice e mi ha entusiasmato il suo ardore per la salvezza delle anime e l'amore per il Sacro Cuore.

In attesa della partenza, il diavolo cercherà di ostacolarti in vari modi. Potrebbe insinuarti che non sei fatta per la vita contemplativa, ma per la vita attiva. Ciò è una tipica tentazione per far perdere alle ragazze la vocazione o almeno la tranquillità del cuore. Un'altra tentazione frequente è quella di avere nostalgia della propria città, della famiglia, degli amici del mondo, e cose di questo tipo. Non devi avere nostalgia di nulla, poiché quando si ha Dio, si ha tutto.

Coraggio, resta fedele alla chiamata di Gesù, ed Egli ti ricompenserà generosamente. Mi raccomando, devi desiderare la santità con tutte le tue forze per far piacere al tuo casto Sposo. I mondani sono assetati di vino e divertimenti, tu invece devi essere assetata della salvezza eterna delle anime e della maggior gloria di Dio.

Quando starai pregando nel silenzio della tua povera cella monastica, o durante la veglia notturna davanti al Santissimo Sacramento, non dimenticarti di dire all'amatissimo tuo Sposo una preghiera per me e per tutti i lettori del blog.

Ti ringrazio ancora per la bella notizia che mi hai dato. Spero tanto di poterti incontrare nella Patria Celeste, dove insieme alla nostra Mamma Immacolata, agli angeli e ai santi potremo adorare e lodare la Santissima Trinità con tutte le nostre forze per tutta l'eternità.

Cordialiter

Nota: chi volesse rileggere la prima lettera che mi ha inviato questa ragazza, può cliccare qui.


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Ci uniamo anche noi a queste Preghiere......
Fraternamente CaterinaLD

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L'azione delle sette segrete è essenzialmente satanica


Da Cordialiter:

[Dagli scritti della Beata Maria Deluil-Martiny, l'eroica Fondatrice delle Figlie del Cuore di Gesù]

A vedere il trionfo dell'errore, quasi padrone del mondo, o almeno di quanto è forza materiale e potere, quella apparente legalità con la quale si vuole legittimare tanto male, dovremmo noi disperare del presente e dell'avvenire? No, Sorelle, no mai! Gesù Cristo ha vinto Satana e il mondo!

A Gesù Cristo appartiene ogni potenza; al Nome di Gesù Cristo ogni ginocchio si piega anche negli abissi. Le nazioni gli furono date in retaggio. Mentre Egli lascia che il mostro infernale si dibatta ai suoi piedi in fugaci e falsi successi, Egli vince e trionfa. Gli Angeli cantano già la sua vittoria definitiva!

L'azione della rivoluzione e delle sette segrete è essenzialmente satanica: tutto in esse è menzogna, fatale sequela di errori, cieche tendenze verso la distruzione, unite ad una radicale incapacità di edificare qualcosa di durevole per la felicità, anche solo temporale, dei popoli. Le loro idee e le loro massime portano il marchio della bestia infernale; è l'eco della rivolta dell'angelo decaduto che cerca di trascinare con sé l'uomo che Dio ha tanto amato.

Ma, chi è come Dio, Sorelle? Le porte dell'inferno non prevarranno contro la Chiesa da Lui fondata. Il trionfo finale non è per coloro che portano l'insegna del dragone, ma per noi che portiamo il nome di Gesù Cristo sulle nostre fronti e il suo amore nei nostri cuori!

La Provvidenza procede per vie incomprensibili allo spirito umano; solo lassù avremo la gioiosa sorpresa, l'ammirazione del grande disegno divino, di cui ora si scorge soltanto qualche linea, senza vederne l'insieme. Bisognò che Gesù soffrisse ed entrasse così nella sua gloria; bisogna che la Chiesa e le anime passino per la stessa via. La Chiesa non vive soltanto un giorno: quando i Martiri cadevano come fiocchi di neve d'inverno, sembrava che tutto fosse perduto, invece il loro sangue fecondava l'avvenire. Non viviamo per noi, ma dobbiamo vedere tutto attraverso i disegni di Dio. I nostri dolori, quand'anche raggiungessero il colmo e dovessimo essere noi stesse sacrificate nella catastrofe, acquistano e preparano i trionfi futuri della Chiesa. Noi lavoriamo per quelli che verranno dopo di noi; essi raccoglieranno, ad majorem Dei gloriam, il frutto delle nostre lacrime e forse del nostro sangue.

La Chiesa procede di lotta in lotta, di conquista in conquista, sino all'eternità beata. Sbaglierebbe chi volesse, nel momento presente giudicare l'insieme delle cose. Noi abbiamo la promessa e la sicurezza della vita eterna e, quel che conforta, Dio trionfa tanto più grandiosamente quanto più a noi è costata la vittoria.

Torna più comodo vivere in un tempo di pace relativa; ma il vivere in tempi turbolenti è più stimolante, più nobile e meritorio. Il nostro compito è di dissodare, lavorare e smuovere faticosamente il terreno; altri raccoglieranno la messe... ma questa, feconda e copiosa, sarà certamente collocata nei granai del Padre celeste.

Gli sforzi di Satana si faranno perciò sempre più furibondi e disperati, e la santità dei giusti sempre più fulgida, sino a che il tempo non sarà più e Satana sarà ricacciato per sempre nell'abisso.

Modesti operai di questa grande opera, lavoriamo nel silenzio e nella speranza. Preghiamo: è la condizione del successo: ripariamo, poiché il dolore supremo è il vedere Dio oltraggiato e bestemmiato; soffriamo, lottiamo, moriamo se occorre, sicure che lassù una Provvidenza veglia, l'Onnipotenza ci assiste e riuscirà vittoriosa; la Bontà tiene conto di tutto, l'Amore infinito si china verso di noi per condurci ai suoi fini divini. Noi siamo della stirpe di Maria, che Dio stesso ha posto nell'inimicizia perpetua con la razza di Satana, stirpe alla quale Egli ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo, senza però esimerci dalla fatica, né privarci dell'onore e del merito della lotta.

Speriamo dunque! Lavoriamo fiduciose e intrepide. Che faremo noi deboli donne? Che faremo? L' abbiamo appena detto: pregheremo, ripareremo, ameremo, soffriremo! Altri saranno apostoli, combattenti attivi nella mischia; noi, con la dolcissima Vergine Maria, saremo olocausti, nascoste in Gesù Cristo, immolate con Gesù Cristo, e con Lui, per Lui e in Lui, otterremo la salvezza del mondo.

La nostra esistenza, la nostra vita sono già per se stesse una protesta contro le opere attuali di Satana. La divina Provvidenza, secondo i bisogni dei tempi, fa nascere i diversi Ordini religiosi che devono, ciascuno secondo il proprio carisma e le proprie forze, aiutare la Santa Chiesa.

Nel silenzio dei nostri monasteri, aiutate dalla grazia divina, cammineremo in senso opposto a Satana; all'empietà e all'odio opporremo l'amore.



Difendere la Vera Fede Augura a TUTTI un Buon Natale e Sereno Anno Nuovo


Fraternamente CaterinaLD

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07/02/2011 17:59
 
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No Greater Love" di Michael Whyte

Dentro un silenzio
che diventa musica


di EMILIO RANZATO

Non è stato ancora distribuito nei cinema italiani un film che all'estero ha avuto un buon riscontro soprattutto nella critica, e ha vinto un premio importante al festival Religion Today proprio in Italia. Si tratta di No Greater Love del regista inglese Michael Whyte, uscito qualche settimana fa in Francia come De silence et d'amour. Un documentario sulle suore carmelitane del convento di Most Holy Trinity nel quartiere londinese di Notting Hill.

Per l'idea di fondo, il film non può non ricordare il recente Il grande silenzio (2006) del tedesco Philip Gröning, documentario sul monastero della Grande Chartreuse, sulle Alpi francesi.

Quello di Whyte, però, è un quadro volutamente più spartano, meno solenne, che non va alla ricerca di immagini dalla valenza simbolica ma cerca di essere suggestivo con metodi espressivi sostanzialmente trasparenti. Il suo obiettivo principale sembra infatti essere quello di mostrarci come alla base di questa cattedrale dello spirito ci siano marchingegni umani, svelati nel loro semplice e a volte faticoso funzionamento.
 
E così vediamo che dietro il sacramento della comunione c'è una strana e rumorosa macchina che perfora l'ostia, che all'altro capo della corda che agita le campane c'è una suora impegnata a contare e tenere il ritmo, che prima di un canto liturgico ci sono prove ed errori, e anche che il buon andamento del monastero è supportato in parte dall'uso di un computer e dai prodotti alimentari scelti su internet. Ciò non toglie che all'interno delle singole inquadrature vi sia una cura della composizione e un uso della luce quasi vermeeriani.

A tal fine Whyte opta, soprattutto all'inizio, per un montaggio che scompone la giornata delle carmelitane fino a farne qualcosa di astratto, quasi una sorta di corrispettivo di ciò che sentiamo dire a una delle protagoniste: "Il silenzio qui alla lunga diventa musica".

Come lo stesso Whyte d'altronde ci ha rivelato, "i ritmi del monastero si prestavano perfettamente allo stile del film, l'estetica di quel luogo e quella delle immagini si sono quindi combinate senza che io dovessi forzare l'una sull'altra. Da parte mia ho cercato di comporre le riprese come fossero un'istantanea all'interno della quale però ci si potesse muovere. La struttura del film è cresciuta semplicemente osservando la vita quotidiana delle suore, ma ho cercato di rendere e quindi conciliare il ritmo della singola giornata e quello dell'intero anno che ho trascorso con loro".

In un'opera senza una trama e fatta da gesti per lo più rituali come questa, quand'è che si decide di spegnere la videocamera? Quand'è che si arriva a essere soddisfatti del materiale girato? "Ho cercato di trarre il meglio da ciò che succedeva di fronte a me. Non è stato sempre facile perché, salvo rare eccezioni, non volevo chiedere alle suore di ripetere le loro azioni davanti all'obiettivo, non volevo in alcun modo interferire con la loro vita. Anche le interviste si sono svolte senza prove. Gli eventi più difficili da filmare, di conseguenza, erano quelli che accadevano una volta soltanto nel corso dell'anno".

Per quanto interessanti e a tratti toccanti, proprio le interviste alle suore sono forse l'unico difetto di questo piccolo grande film che poteva tranquillamente reggersi sulla forza delle proprie immagini. Il regista, evidentemente impressionato in prima persona da queste testimonianze che in modo disinvolto raggiungono la profondità di scelte individuali tanto importanti, non se l'è sentita di escluderle: "Il montaggio, che ho curato personalmente, non è stato facile. Quando ti servi di un collaboratore ti senti dire, con fredda obiettività, cosa va tolto e cosa va tenuto. In questo caso invece ho conservato delle riprese solo perché mi ci ero affezionato, e non perché migliorino il film".

Ma le protagoniste erano contente di un film su di loro? "Durante le riprese ho cercato di coinvolgerle mostrando loro dei frammenti del materiale girato. Non hanno mai cercato di influenzare o chiesto di modificare il mio lavoro. A riprese finite, gli ho lasciato un dvd. Al mio ritorno le ho trovate felici". Whyte, quindi, conclude con parole piuttosto eloquenti circa l'importanza che ha rivestito per lui questa esperienza: "Quando giro un documentario, la parte più difficile è scegliere il modo giusto per congedare gentilmente le persone che sono state oggetto delle mie riprese. In questo caso, invece, ho scoperto che sarei stato io a sentire la mancanza delle riprese una volta finito il lavoro".



(©L'Osservatore Romano - 7-8 febbraio 2011)


Vi ricordiamo anche la contemplazione di questo video:

Monache Domenicane Claustrali




Testimonianza di una vocazione


da Cordialiter

Una studentessa universitaria di Napoli era vissuta serenamente fino all'età di 21 anni, ma quando si fidanzò con un giovanotto, iniziarono i suoi guai con i parenti coi quali litigava spesso. Da angelo della casa si era trasformata in una vipera pronta a mordere chiunque. Si sentiva infelice, piangeva, considerava tutti come nemici, soprattutto Dio, che invece è bene infinito. E così eliminò il Signore dalla sua vita, ma Lui invece non si dimenticò di lei, e le tese una trappola per catturarla. La madre della ragazza decise di andare in pellegrinaggio in Terra Santa e riuscì a convincere la figlia ad accompagnarla. Nel gruppo dei pellegrini vi erano anche alcuni frati e suore di stretta osservanza. All'inizio la "ragazza ribelle" tenne un atteggiamento ostile nei confronti dei religiosi e quando doveva comunicare con loro usava parole acide, ma quando vide il comportamento edificante che avevano e il modo devoto e fervoroso di pregare, cambiò idea su di loro, meditò sulla Passione di Cristo e si pentì del male fatto in tutta la vita, ottenendo l'assoluzione sacramentale nella Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Una suora gli indicò anche un sacerdote con cui parlare, il quale da allora è divenuto il suo padre spirituale. Tuttavia la studentessa non era del tutto "domata", e viveva la sua vita cristiana con compromessi, mezze misure e contraddizioni.

La svolta venne durante un pellegrinaggio a Fatima, dove decise di avere un comportamento più coerente. Tornata in Italia, chiese al padre spirituale di dirigere sia la sua anima che quella del fidanzato in vista del matrimonio. Intanto cominciò a recitare il Rosario ogni giorno, cambiò il modo di vestire, smise di truccarsi e non frequentò più le discoteche. Questo cambiamento le causò molti problemi con i suoi familiari, pertanto decise di trasferirsi nel convento delle suore che aveva conosciuto in Terra Santa, per poter continuare più tranquillamente i suoi studi universitari.

La ragazza non aveva nessuna intenzione di farsi suora, ma il padre spirituale le prospettò la possibilità della vocazione religiosa. Vivendo in convento con le suore, iniziò a partecipare alla vita comunitaria e alle preghiere in comune, e invece di studiare, leggeva le biografie dei santi. Cominciò a sentire per la prima volta in vita sua la chiamata alla vita religiosa, ma cercò di soffocare dentro di sé questa ispirazione, sforzandosi a far tacere la voce del cuore. Ne parlò col direttore, il quale le confermò ciò che temeva: si trattava proprio di vocazione. Così lasciò il convento e tornò a casa sua, non voleva sentir parlare di vocazione, e si dedicò ad ultimare i preparativi per il matrimonio, onde evitare che Dio intralciasse i suoi progetti. Tuttavia i preparativi per le nozze, invece di farle provare gioia, le provocavano angoscia. Tutti se ne accorsero di questo disagio, ma lei non voleva ammettere che le mancava la vita di preghiera con le suore e il rapporto intimo con Gesù, cose che ormai le erano diventate indispensabili come l'aria. Nel frattempo la sua cameretta era diventata simile a una cella monastica.

Il giorno del suo compleanno si sentì al telefono con le suore, le quali la invitarono a trascorrere qualche giorno in convento. Ella accettò con gioia, poiché il suo cuore ormai era attratto dalla vita religiosa. Sarebbe dovuta restare lì solo un paio di giorni, invece vi rimase per sempre. Gesù buono la chiamava e lei era stanca di lottare, resistergli e fuggire. Così si arrese all'amore del Redentore Divino, e comunicò telefonicamente ai genitori e al fidanzato la sua decisione di abbracciare la vita consacrata. Insieme a Gesù e Maria, il suo cuore si sentiva finalmente felice.












[Modificato da Caterina63 21/02/2011 00:37]
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[SM=g1740722] Monache certosine: una ventata di spiritualità
Da Messainlatino:
Tra tante notizie così e così, finalmente una sicuramente bella! Un momento di religiosità doc.
Segnaliamo questo articolo sulle monache certosine, perchè, insieme col ramo maschile, hanno preservato in grandissima parte la tradizione e la purezza della spiritualità e della dottrina.

cartusialover.wordpress.com/2011/02/07/monache-certosine-abito-professione-solenne-consacrazione-ve...

www.gloria.tv/?media=113010

Il video, a tratti commovente,va gustato con calma, con l'audio acceso e con buona disposizione d'animo: è un vero toccasana per l'anima e lo spirito.
I canti sono eseguiti , in un gragoriano celeste, nella forma arcaica certosina, con voci struggenti: davvero un coro angelico!
Da un lato le immagini ci richiamano alla mente antichi chiostri e monasteri un tempo sorgente viva di orazioni, di preghiere e di santità quotidiana, dall'altro il gragoriano e le campane suonate ancora manualmente ci eleva in excelis!


Ps. ci dicono, che ci sono molti novizie e novizie, tanto che negli ultimi anni son state riaperte tre certose!
Canto in gregoriano eseguito dalle monache certosine di Santa Maria di Benefiçà in Spagna (di cui sono alcune immagini).


Le certose che compaiono nel video sono:
certosa del Prezioso Sangue di Nonenque (Francia); di Notre-Dame di Reillane (France); della Trinità di Dego (Sv); di Vedana di Sospirolo (Bl); di Kurthusio Sudovon (Korea)





[SM=g1740717]


[SM=g1740738]

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25/02/2011 20:01
 
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Madre Dolores Hart intervistata dal "Corriere della Sera"

Quella suora all'Academy Award


<"Quando fu scritturata per interpretare santa Chiara in Francesco d'Assisi incontrò Papa Giovanni XXIII in Vaticano. "Nel presentarmi gli dissi: sono Dolores Hart. 'No', mi rispose lui in italiano, 'tu sei Chiara'.
 
E ripetè più volte quella frase che mi colpì profondamente, riecheggiando per anni nelle mie orecchie""; madre Dolores Hart risponde alle domande dell'inviata del "Corriere della Sera" che l'ha raggiunta nel convento Regina Laudis a Bethlehem, in Connecticut, per incontrare di persona la giovane stella di Hollywood che negli anni Sessanta, al culmine del successo, decise di abbandonare tutto per diventare monaca benedettina.

La sua storia è stata raccontata da "L'Osservatore Romano" il 18 luglio 2008: nel 1956, a soli 18 anni, si ritrova a interpretare la fidanzata di Elvis Presley in Loving You, ottenendo un grandissimo successo, sia al cinema che in teatro. Il debutto a Broadway in The Pleasure of His Company le vale una nomination al Tony (l'Oscar teatrale americano).

Ma la vocazione non si sceglie; la "sconcertante proposta di Dio", come la chiama madre Dolores, si può accettare o rifiutare, mai ignorare o dimenticare del tutto, per quanto distratti dalle mille attività della vita o spaventati dalla modalità del cammino: "Da anni meditavo di seguire la mia vocazione - spiega la religiosa - ma continuavo a rimandare, spinta dall'eccitazione del set". "Tu sei Chiara" le aveva ripetuto Papa Giovanni XXIII, guardandola dritto negli occhi.

Di lì a poco il ruolo interpretato in Francesco d'Assisi di Michael Curtiz sarebbe diventato la forma della sua vita e il suo definitivo (al Regina Laudis vige la stabilitas loci) posto nel mondo: finita la promozione di Come Fly With Me, nel giugno 1963 Dolores mette le cose a cui tiene di più in una valigia e chiede all'autista della sua limousine di portarla a Bethlehem. A tanti anni di distanza, è sempre più grata e certa di quel "sì" che le ha permesso di accedere al "possesso vero" delle cose senza rinnegare niente, neanche la sua passione per il cinema. "Chi è stato attore lo è per sempre", spiega madre Hart, l'unica suora nella storia dell'Oscar a far parte dell'Academy Award.

Ogni dodici mesi, insieme agli oltre seimila membri, anche lei vota i film più meritori dell'anno. Senza contravvenire al voto dell'obbedienza; anzi, perfettamente in linea con la regola voluta da Benedict Duss, la suora benedettina che fondò il monastero nel 1947 accettando solo postulanti realizzate nel loro lavoro, "uguali o superiori agli altri nel loro campo": per questo tra le consorelle di madre Dolores ci sono alcune ex manager di Wall Street, una celebre scultrice e una studiosa di Shakespeare che dopo una visita non è più tornata a Yale, perché - ama ripetere - "non avevo mai sperimentato un amore così intenso". (silvia guidi)



(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2011)






Da Hollywood al monastero di clausura


da Cordialiter:
Le storie delle vocazioni sono tutte belle, perché sono tutte storie d'amore. Tuttavia, alcune vocazioni suscitano stupore poiché coinvolgono personaggi “insospettabili”.


Dolores Hart era una giovane star di Hollywood, la sua bellezza trascinava le folle ai botteghini dei cinema, i registi erano disposti a sganciare montagne di soldi pur di farla recitare nei propri film. Successo, gioielli, piaceri, svaghi, divertimenti ...aveva praticamente tutto quel che potevano desiderare i mondani. Vanitas vanitatum, vanità delle vanità, tutto è vanità, fuorché amare Dio e servire Lui solo. I beni mondani non possono saziare il cuore umano che è stato creato solo per amare Dio, ed inquieto sin tanto non riposa in Lui.


La Madonna, che è Mediatrice di tutte le grazie, vegliava su Dolores, e il Redentore Divino la voleva come sua casta sposa. La giovane e bionda attrice recitò la parte di Santa Chiara in un film su San Francesco d'Assisi (le due foto del post sono tratte da questa pellicola), ed ebbe modo di incontrare il Sommo Pontefice.

A poco a poco comprese che Gesù la chiamava a vivere nella clausura del monastero dell'abbazia "Regina Laudis" nel Connecticut (Stati Uniti). Tra lo stupore e il clamore dei media e dell'opinione pubblica internazionale, lasciò tutto e rivestì l'abito di suora benedettina. Nel silenzio e nel raccoglimento della clausura, finalmente si sentiva davvero felice.



[Modificato da Caterina63 01/03/2011 12:27]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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02/03/2011 09:40
 
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"Intervista" a una lettrice esperta di vita monastica


Da Cordialiter:

Cari lettori del blog, da qualche giorno ho uno scambio epistolare con una ragazza che ha vissuto alcuni anni in un monastero di clausura, ma per giustificati motivi ha deciso di uscire e adesso sta cercando di capire se Dio la desidera in un ordine religioso di vita attiva. Vista la sua caritatevole disponibilità, ne ho approfittato per farle alcune domande che credo possano interessare gli abituali frequentatori del sito.

- In passato vivevi lontano da Dio, poi come hai fatto a ritrovarti in un monastero di clausura?

- Sì, vivevo lontana da Dio, purtroppo non ho ricevuto in casa un'educazione cristiana, nonostante i miei credevano, ma è la solita storia, credenti non praticanti con i 10 comandamenti “fai da te”. Niente valori morali e le conseguenze te le lascio immaginare. Quando è avvenuto il mio primo incontro con Gesù sono impazzita d'amore per Lui, per poco non morivo di dolore per aver compreso il mio peccato, ma affidandomi alla Sua Misericordia l'ho superato. Purtroppo, a causa di un periodo troppo breve di discernimento, ho scambiato il mio desiderio di una profonda intimità con lo Sposo, e anche il mio grande amore per la preghiera per una vocazione completamente contemplativa.

- Perché una ragazza dovrebbe rinunciare a discoteche, viaggi, divertimenti, fidanzato e carriera lavorativa per entrare in monastero?

- Le discoteche sarebbe meglio rinunciarvi a prescindere dalla vocazione! Non sto a raccontarti la mia esperienza ma è un regno di morte dove i figli di Dio non dovrebbero entrarci. Tutti gli altri interessi se finalizzati al bene e a onore e gloria del Signore, non sono sbagliati, ma quando c'è la chiamata a seguirLo sappiamo bene che si deve lasciare tutto per poi avere il Tutto! Devo dirti la verità, a me non piace usare tanto il termine "povera creatura" anche se è vero che lo siamo, è chiaro, ma preferisco dire ad una ragazza che decide di sposare una creatura che un uomo lo sposi per amore, invece se sposi Dio sposi L'AMORE! Credo che tutto il resto davanti a questo scompaia... e poi credimi è una cosa spontanea, inizia a nausearti tutto, come dice Qoelet, tutto è vanità.

- I mondani pensano che la vita monastica sia triste. Tu ti sentivi triste quando eri suora di clausura?

- Se è sicura la vocazione, se nel monastero c'è l'amore fraterno, la comunità è in armonia, c'è il fervore per la preghiera e una equilibrata osservanza, no, una monaca non può essere triste, ma anzi è sempre gioiosa. Nel mio caso io ero sofferente solo per il fatto che non ero al mio posto, ma ti posso dire che nonostante non fosse facile vivere dove ero per i problemi di cui ti ho già parlato, non sono mai stata triste, perché ero con lo Sposo e obbedivo sempre al Direttore spirituale e ai superiori. Certo per carattere sono molto gioiosa e questo mi ha agevolata!

- È importante fare un'esperienza vocazionale in monastero?

- Se puoi farla per qualche mese all'interno del monastero, direi proprio di sì. Io ad esempio anche se ho capito che non era la mia strada , ritengo sia stata una grazia, ho ricevuto una formazione spirituale, liturgica, ascetica, che non si può ricevere fuori, me ne accorgo confrontandomi con altre persone che fanno un serio e impegnativo cammino cristiano, ma non arrivano a certe sensibilità che si acquisiscono stando alla scuola della preghiera, e vivendo tutto il giorno alla presenza di Dio.

- Perché pur essendo tornata nel mondo, continui ad avere uno stile di vita quasi monastico?

- Perché quando arrivi, passami il termine, a certe altezze non vuoi più scendere! Sono nel mondo, ma non sono più del mondo, i miei piedi sono in terra ma il cuore è già in Paradiso. Poi quando hai ricevuto per anni quel tipo di formazione è difficile tornare a vivere con i criteri del mondo,grazie a Dio! Quando conosci la gioia e il senso di libertà che si prova nel vivere con impegno i consigli evangelici per diventare sempre più simile a Gesù casto, povero e obbediente, a meno che non scegli volontariamente di allontanarti dal volergli assomigliare no, non si può tornare indietro.

- Le persone poco fervorose dicono che pregare in silenzio dinanzi al Santissimo Sacramento sia tempo sprecato. Tu cosa ne pensi?

- Ah! che grande dolore provo quando vedo le persone chiacchierare prima, dopo e durante la Messa, e non si accorgono che Gesù è lì vivo ed aspetta solo di parlare con loro, ma se non fanno mai silenzio come fanno a sentirlo? E purtroppo questo succede anche tra le persone che ostentano un cammino spirituale serio! Se solo potessero scoprire cosa si prova nell'anima quando si fa silenzio, non solo esteriore ma anche interiore, e il Signore ti parla, le Sue parole sono dolci come il miele, carezze per l'anima. Sai quante volte ringrazio il Signore per avermi fatto capire questo e lo supplico di concedere a tutti questa grazia, se solo sapessero che il tempo è di Dio, neppure quello ci appartiene, e cosa c'è di meglio che trascorrerlo con Chi l'ha creato? E poi se fosse tempo sprecato la Santa Madre Chiesa dovrebbe sopprimere tutti gli ordini di vita contemplativa dove i consacrati di tutto il mondo stanno la maggior parte della loro giornata davanti al Santissimo Sacramento in silenzio. È strano però, e te lo posso dire per esperienza, che proprio quelle persone vanno nei monasteri a chiedere preghiere alle monache!!

- Che consigli daresti a una ragazza che si sente attratta dalla vita religiosa?

- Direi di trovarsi prima di tutto un buon direttore spirituale, di non aver fretta perché a volte l'entusiasmo della chiamata può far cadere in qualche errore, di armarsi di scudo e corazza (la fede) contro gli attacchi della carne, del mondo, e del maligno, che faranno di tutto per farle cambiare idea, io aggiungerei anche da quelli dei parenti che faranno di tutto per offrirle altre alternative per confonderle, ad esempio: se scelgono la vita contemplativa provano a suggerirle quella attiva, ecc… oppure nei momenti più difficili, quando il Signore prova la fede diventano come gli amici di Giobbe! Direi inoltre di non scoraggiarsi di fronte alle molteplici difficoltà iniziali, di ricordarsi di S. Faustina quando Gesù mettendola alla prova le disse di lottare perché il cielo e la terra la stavano a guardare.

Fraternamente CaterinaLD

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09/03/2011 12:59
 
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Da amante di D'Annunzio a sposa di Gesù Cristo


Da Cordialiter:

Alcuni pensano che per divenire frate o suora sia necessario aver custodito intatto il giglio della purezza sin dalla fanciullezza.

In realtà anche coloro che hanno conosciuto il peccato possono entrare in convento, purché siano sinceramente pentiti e risoluti a tutto pur di non peccare più. Sentite la storia di una delle amanti di Gabriele D'Annunzio. Alessandra di Rudinì nacque a Napoli nel 1876. Suo padre era marchese e celebre politico (fu anche Ministro degli Interni e Capo del Governo). Da bambina ebbe un'infanzia “vivace”, e a causa della sua incontenibile indisciplinatezza venne “cacciata” dal collegio. Viveva in un'ambiente razionalista e la sua fede si indebolì molto; pensava che il cristianesimo fosse un fenomeno puramente politico-sociale. Poi, leggendo un pessimo libro di Renan, la sua fede crollò a terra.

Era considerata una ragazza molto bella e vari giovanotti altolocati le fecero proposte di matrimonio. Tra i suoi spasimanti vi era anche il Marchese Marcello Carlotti, col quale accettò di sposarsi, e dal quale ebbe due figli. Ma dopo pochi anni di matrimonio, rimase vedova.

Aveva solo 24 anni, ed essendo ricca e bella, non sarebbe stato difficile per lei trovare un nuovo marito. Nel 1903 conobbe Gabriele D'Annunzio, famoso sia come poeta che come forsennato conquistatore di donne. Prima le conquistava, poi le abbandonava e passava a corteggiare qualche altra sventurata. D'Annunzio corteggiò anche Alessandra, la quale inizialmente lo respinse, ma alla fine capitolò, e andò a convivere “more uxorio” (cioè come se fossero coniugi) nella lussuosa villa del poeta. Ciò era (e lo è ancora oggi) un grave peccato contrario al sesto comandamento che proibisce di commettere fornicazione (rapporti sessuali fuori dal matrimonio). Ma la Madonna, essendo una madre affettuosa, vegliava su di lei, e il buon Dio le inviò un salutare castigo. Il Signore è amore infinito, e quando ci invia qualche croce, lo fa per il nostro bene, ossia per trarne un bene maggiore.

Così, Alessandra si ammalò gravemente, e rischiò di morire senza ricevere gli ultimi sacramenti. Quando guarì, D'Annunzio la lasciò. Dopo la malattia, la giovane marchesa di Rudinì Carlotti non era più bella come prima, e poi il poeta si era già innamorato di un'altra donna. Ecco come è fragile l'amore mondano e come svanisce velocemente! Alessandra pianse amaramente il suo amore perduto, ma ben presto si accorse che quell'amore era solo vanità: “vanitas vanitatum et omnia vanitas”, dice la Sacra Scrittura. Dopo un lungo periodo di ricerca, si sentì attrarre da un Uomo speciale, il migliore di tutti gli uomini, Colui che non tradisce mai: Gesù Cristo, il Re del Cielo. Dopo essersi consigliata col suo direttore spirituale, e aver preso contatti con le suore, entrò in un monastero di clausura francese, dove le venne imposto il nome religioso di suor Maria di Gesù, e visse in maniera esemplare la sua vocazione.

I peccatori scellerati che si convertono sinceramente a Dio, in genere diventano zelantissimi seguaci del Vangelo. E così, suor Maria di Gesù venne eletta priora del suo monastero, ed ella si dimostrò un'ottima superiora, e fondò altri monasteri in Francia. Morì in concetto di santità nel gennaio del 1931, felice di aver abbandonato il mondo traditore e di essersi donata a Gesù buono. Gabriele D'Annunzio non poté riempire di gioia e di pace il cuore di Alessandra, il quale era stato creato per amare Dio e solo in Lui riuscì a trovare la felicità. “Inquietum est cor nostrum”, il nostro cuore è inquieto sin tanto che non riposa in Dio.


Dagli hotel di lusso al monastero trappista


Una sera, dinanzi ad un prestigioso hotel di Parigi, si fermò un taxi dal quale scese un importante uomo d'affari francese. Entrò nella hall dell'albergo e si diresse verso la reception, ma a un certo punto ebbe la sensazione di essere osservato da qualcuno alle spalle. Si voltò e vide che si trattava di una giovane suora. Non essendo esperto di abiti religiosi non riconobbe che si trattava di una carmelitana scalza. Del resto quell'imprenditore era talmente occupato nei suoi affari che non si interessava di ordini religiosi, chiese e monasteri. Fatto sta che la suora continuava ad osservarlo e gli sorrideva con candore celestiale. L'imprenditore pur non conoscendo quella misteriosa monaca, sollevò il cappello per salutarla, poi si voltò e si avvicinò alla reception per sbrigare le pratiche di accettazione. Mentre firmava il registro sbirciò alle sue spalle per vedere se la giovane suora fosse ancora lì, ma non la vide più, pertanto domandò all'impiegato chi fosse quella ragazza in abito religioso, ma il dipendente dell'hotel alzando le spalle gli rispose che nell'ultima mezz'ora non era entrata nessun'altra persona all'infuori di lui.

Alcuni giorni dopo, mentre era a casa di amici, l'uomo d'affari osservò un'immagine di una suora: con grande stupore riconobbe che era la stessa che gli aveva sorriso nell'albergo. Domandò chi fosse e gli risposero che si trattava di Santa Teresa del Bambino Gesù.

Qualche tempo dopo quell'uomo abbandonò il mondo imprenditoriale ed entrò nell'abbazia di Aiguebelle. Dopo la visione di Santa Teresa di Lisieux si era riavvicinato alla Religione, e aveva sentito la chiamata di Dio alla vita monastica. Non indossava più costosi e raffinati abiti civili, ma un saio con uno scapolare scuro e una cintura di cuoio. Inoltre aveva la testa rasata e la barba lunga. Era divenuto monaco trappista. Nel silenzio e nel raccoglimento del monastero aveva finalmente trovato quella pace interiore che le ricchezze che aveva posseduto nel mondo, non erano state in grado di dargli.





[Modificato da Caterina63 28/05/2011 09:30]
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30/07/2011 21:50
 
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Una suora in trincea racconta la misericordia di Diocuore


Verso un femminismo per la vita


 

di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 29 luglio 2011 (ZENIT.org).- Ci sono persone che vivono nel fango, nel dolore, nella vergogna, e ci sono angeli che cercano e portano il bene proprio in questi luoghi di disperazione.

Uno di questi angeli si chiama Francesca Bassi, una suora della Carità che appartiene alla Congregazione fondata da Santa Giovanna Antida Thouret.

Suor Francesca ha dedicato la sua vita al servizio degli altri, soprattutto dei più bisognosi, e ora ha deciso di raccontare la sua esperienza. Quarantadue storie raccolte in un volume edito da Cantagalli con il titolo “Non storie, ma storie vere, vite al bivio”.

Scrive suor Francesca nella prima pagina del libro: “Offro queste storie vere a chi le ha vissute e a chi le vive ora, perché tutta questa sofferenza si trasformi in salvezza. Le offro a chi ha dato, a chi dà una mano, due mani, se stesso per aiutare, soccorrere, consolare, sanare, perché gusti sempre più che c’è 'più gioia nel dare che nel ricevere!'. Le offro alla mia Congregazione che vive il carisma della carità, perché ci lasci sempre più contagiare da Cristo Signore per essere sua profezia nel mondo d’oggi”.

Il libro è introdotto dal Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, Carlo Casini, e dalla professoressa dell'Università La Sapienza Emma Fattorini, un tempo femminista a favore dell’aborto e ora sostenitrice dei Centri di Aiuto alla Vita e della case di accoglienza.

La difesa della vita e della mamme, e in particolare una casa di Accoglienza per Donne e un centro di Aiuto alla Vita a Ravenna e Cervia, promossi da suor Francesca, sono stati occasione per l’incontro con Carlo Casini ed Emma Fattorini.

In un capitolo del libro, suor Francesca si chiede: “Cosa può mai accomunare il pensiero di una religiosa che concepisce la vita come dono di Dio e quello di una femminista che, una volta, era sulla sponda opposta?”.

La religiosa risponde che è “in un'ottica di solidarietà, letta soprattutto al femminile perché è la donna la prima protagonista della vita”, che “si possono superare le barriere di tanti moralismi che si discostano dal messaggio evangelico”.

“Dio è amore sempre – sottolinea suor Francesca –, e aspetta la nostra risposta ogni giorno, per l’uomo di tutti i tempi, dal concepimento alla fine dei suoi giorni”.

“Nei contesti di povertà e di sofferenza in cui ho vissuto e vivo – case di accoglienza, centri di ascolto Caritas, carceri, scuole, colonie, ambienti di lavoro moralmente a rischio, oggi a Roma all’ostello dei poveri nella Caritas diocesana e al pronto soccorso al Policlinico Umberto I – ho rafforzato e rafforzo sempre più le mie convinzioni di suora della carità, attinte dalla mia fondatrice Santa Giovanna Antida Thouret: ‘Ciò che educa, riscatta e salva è soltanto l’Amore'”.

Di fronte al dramma di bambini concepiti che vengono abortiti, suor Francesca, intervistata da Marina Casini, spiega: “Il 22 maggio 1978 viene promulgata la legge 194: un avvenimento che scuote la coscienza di tanti, soprattutto del mondo cattolico. L’aborto nega il primo dei diritti umani, il diritto a nascere. E il fatto che venga ‘permesso per legge’ suscita immediata disapprovazione. Si corre subito ai ripari mobilitando tutte le energie e le risorse per promuovere e diffondere una cultura alternativa a quella presente nell’iniqua legge 194”.

“All’ingiustizia della legge – ha aggiunto – volevamo rispondere con l’amore concreto verso i bambini non nati e le loro mamme, vittime della menzogna ispessita dalla legge con la luce della verità sul bambino. perché di un bambino, povero e innocente, si tratta. Il fatto che non sia ancora nato non deve chiudere le sorgenti dell’accoglienza, della condivisione, della solidarietà; anzi, le rende ancor più necessarie. Nascono così i Centri di Aiuto alla Vita, che almeno nelle intenzioni sono il segno concreto della solidarietà con chi ha problemi nell’accettare la vita, con chi ha difficoltà a portare avanti una gravidanza, con chi, nella solitudine, fatica a far crescere il proprio bambino”.

“Quindi lo scopo specifico che i Centri di Aiuto alla Vita perseguono, come associazioni di volontariato, ha connotati di urgenza e di immediatezza: prevenire l’aborto volontario, salvare un bambino e la sua mamma”.

Suor Francesca Bassi, insieme a Carlo Casini ed Emma Fattorini, presenterà il libro “Non storie, ma storie vere. Vite al bivio” domenica 21 agosto al Meeting di Rimini (ore 19,00 presso l'Eni Caffè Letterario, padiglione D5).

 

**************************************************************

 

Dai Testimoni di Geova al convento

da Cordialiter:
Una ragazza cattolica aveva un'attrazione molto forte per la religione, ma non aveva chi gliela facesse conoscere in maniera approfondita. Quando conobbe i Testimoni di Geova si lasciò ingannare dalle loro false dottrine, e diventò un'adepta di quella setta.

La Madonna è nostra madre e veglia su ciascuno di noi sino all'ultimo respiro della vita. Grazie alla Mediatrice di tutte le grazie, quella ragazza comprese che i Testimoni di Geova insegnano gravi errori dottrinali. Inoltre conobbe una suora dell'ordine delle Francescane dell'Immacolata, e rimase stupita dalla sua semplicità e letizia. La suora l'aiutò nella vita spirituale e le insegnò ad amare ed onorare la Beata Vergine Maria. La ragazza cominciò a frequentare spesso il convento delle suore e a “divorare” i libri della loro biblioteca, assaporando così la bellezza della Dottrina Cattolica. Inoltre le suore le insegnarono ad amare il Santo Rosario che in breve divenne la sua preghiera preferita.

A quel punto la giovane non si accontentò più di vivere cristianamente nel mondo, ma cominciò a desiderare qualcosa di più radicale: divenire sposa di Gesù Cristo. Ormai frequentava le Francescane dell'Immacolata sempre più spesso non riuscendo a stare lontana da loro. Il fascino del convento era divenuto irresistibile, e dopo essersi confidata con un sacerdote, le venne assicurata la bontà della sua vocazione religiosa. Poco tempo dopo entrò definitivamente in convento. Finalmente il suo cuore poteva riposarsi sul petto di Gesù buono, il suo diletto e casto Sposo.

************************************

UNA NOTA COLORATA [SM=g1740733]

SUOR TERESITA, IL PAPA E LA GMG..

 

Suor Teresita, una suora di clausura spagnola che ha incontrato il Papa a Madrid per la GMG 2011.
Una storia normalissima se non fosse che suor Maria Teresita ha 103 anni, è la consacrata più anziana del mondo e per incontrare Benedetto XVI ha "infranto" ben 84 anni di clausura.
E non è finita: c'è qualcosa di speciale che la lega al Papa: Valeriana Barajuen, questo il suo nome, di Battesimo era entrata in convento il 16 aprile 1927, il giorno in cui in Baviera nasceva Joseph Ratzinger.

Adesso per lei la possibilità di incontrare il Papa ma ha già fatto sapere che durante il viaggio per raggiungere Madrid è rimasta con gli "occhi chiusi" per non farsi distrarre da ciò che succede intorno.
Un altro espediente per mantenere il distacco dal mondo esterno e non privarsi di un incontro provvidenziale e... benedetto...

[SM=g1740738]




[Modificato da Caterina63 06/09/2011 14:59]
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23/01/2012 10:39
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] video vocazionale che spiega il lavoro della Suora attiva nella Chiesa e nel mondo.... vi invitiamo a guardarlo e ad ascoltarlo, in silenzio, fino in fondo.... [SM=g1740722]

www.youtube.com/watch?v=BMBQd-fj3fM&context=C306e793ADOEgsToPDskII3v_jm5Fn683f...




[SM=g1740717]


e [SM=g1740733] la visita del Papa alle Monache Domenicane di Monte Mario


[SM=g1740717]

[SM=g1740722] e ancora:

L'8 agosto 2011, nella Basilica di "San Sisto" a Roma, si è celebrato con una solenne Messa il 50° e il 25° di Professione religiosa di un gruppo delle nostre consorelle. Numerosi i parenti che hanno voluto partecipare a questa suggestiva celebrazione. E' stato bello poter avere tra i concelebranti anche p. Juri un domenicano russo che lavora con il nostre consorelle a San Pietroburgo.


[SM=g1740738]


Il complesso monumentale di San Sisto - chiesa, torre campanaria, chiostro, capitolo e refettorio di San Domenico - si trova nell'ampia vallata compresa tra le pendici occidentali del Celio e il secondo colle Aventino, da una parte, e, dall'altra, tra il Circo Massimo e le Terme di Caracalla.

[SM=g1740717]

[SM=g1740757]


[SM=g1740733] Apparizione di Maria alle Tre Fontane

Il nome di Bruno Cornacchiola, forse, molti di noi che vivono un certo interesse mariano, lo hanno sentito almeno una volta. Vi offriamo un breve video con la testimonianza di Bruno pochi mesi prima della sua morte, un modo per noi anche per ricordarlo nel Rosario e ringraziare la Vergine Santa per la sua premura di Mamma.
www.gloria.tv/?media=294411


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org





[SM=g1740717]


[SM=g1740733] Testimonianza Vocazionale di Sr Priscilla, Missionaria della Divina Rivelazione, Comunità religiosa fondata sulle Apparizioni delle Tre Fontane

it.gloria.tv/?media=295441

www.divinarivelazione.org/
trefontane.altervista.org/




[SM=g1740717]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]


[Modificato da Caterina63 31/05/2012 10:53]
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21/01/2013 00:01
 
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[SM=g1740758] Un sacerdote risponde

Mi ha turbato sapere che c'è un dogma che dichiara la verginità consacrata superiore al matrimonio

Quesito

Caro Padre Angelo,
vorrei che mi desse una delucidazione su un argomento che da parecchio tempo mi tormenta... riguarda il rapporto tra verginità e matrimonio.. ho letto nell'enciclica di  PIO XII SACRA VIRGINITAS che esiste addirittura un dogma che dice che la verginità consacrata è in sè stessa, per principio, superiore al matrimonio sacramentale.... questa cosa mi ha lasciato molto esterrefatto... Premetto che io sono casto e vergine e che quindi riconosco enorme valore alla castità e verginità, senza la cui prospettiva nemmeno il matrimonio potrebbe essere compreso... ma pensavo che la verginità consacrata fosse uguale in dignità e valore al sacramento del matrimonio... ma non è così... ma com'è possibile, visto che sia il matrimonio che la castità perfetta del celibato sono entrambe due vocazioni che vengono da Dio, che una possa essere migliore o peggiore dell'altra? Non è tutto perfetto ciò che viene da Dio? Tanto più che comunque il matrimonio esisteva anche prima del peccato originale...
Ma se il matrimonio per una persona è una vocazione di Dio stesso (per me è così), come può la verginità consacrata essere anche per la Chiesa in senso assoluto superiore al matrimonio??... è una contraddizione!...  Però è anche un dogma e un dogma non può essere contraddittorio...
Questo argomento mi sta mandando in crisi profonda, perchè questo dogma mi sembra proprio che implichi una contraddizione di fondo molto grande ed è la prima volta da tanti anni che leggo Encicliche Catechismi e Magistero che mi capita di trovarne una...
Attendo con ansia una Sua risposta che spero mi chiarisca le idee...


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. Prima di Pio XII san Paolo scrive: “Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene unito al Signore senza distrazioni (...). In conclusione, chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio” (l Cor 7,32-35.38).
Già San Paolo dunque con l’affermazione chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio introduce una distinzione e anche un primato.

2. Va ricordato intanto che non si parla della verginità in quanto tale, ma della verginità per il regno dei cieli, e cioè per Cristo.
Si capisce già da questa prima battuta che se il matrimonio è nell’ordine dei mezzi, la verginità per il regno dei cieli attinge in qualche modo il fine.

3. Ti stupisci della superiorità dell’uno sull’altro dal momento che sono stati voluti ambedue da Dio. Ma tante altre cose sono volute da Dio. Ognuna la ha sua perfezione, ma si può pure fare un confronto e vedere che cosa è meglio.
San Paolo enumera molti carismi. Ognuno ha la sua perfezione, tutti sono per l’utilità comune, tutti sono opera dello Spirito, tutti vanno ricevuti con riconoscenza e utilizzati per l’edificazione del Corpo di Cristo.
Ma essi, pur tendendo ad un unico fine, non sono tutti uguali. Ad esempio, San Paolo in 1 Cor 14 confronta il carisma della profezia con quello del parlare in lingue, e dichiara: “In realtà è più grande colui che profetizza di colui che parla con il dono delle lingue” (v. 5).
San Paolo fa la stessa cosa in 1 Cor 7 per il matrimonio e la verginità.

4. Va detto ancora chiaramente che parlare della superiorità della verginità consacrata sul matrimonio non equivale a dire che coloro che sono consacrati sono più santi di quelli che vivono nel matrimoni. Si fa un confronto solo tra gli stati di vita, non tra le persone.
San Francesco, ad esempio, non era sacerdote, ma è stato più santo di molti sacerdoti.
Santa Gianna Beretta Molla non era consacrata, ma sposata ed è stata più santa di molti consacrati.

5. Il riferimento al regno dei cieli è indispensabile perché è proprio questo che permette di far comprendere la superiorità della verginità.
Il matrimonio rimane una cosa buona, perché l’ordine della creazione non viene abolito.
Ma nel nuovo ordine, quello della risurrezione, esso diventa sorgente di “tribolazione” (1 Cor 7,28).
La “tribolazione” va intesa nel senso che la famiglia impone di pensare all’avvenire dei figli e, quindi, di occuparsi delle cose di questa terra, necessarie alla vita di ogni giorno.
L’amore per il Signore Risorto fa gridare anche a chi è sposato: “Maranà tha, vieni Signore” (1 Cor 16,22). Ma l’amore per i figli e il pensiero che essi hanno ancora bisogno di loro, fa desiderare che il Signore ritardi la sua venuta. Ecco il cuore “diviso”.
Chi è sposato sa che il regno di Dio è la realtà ultima e definitiva, e per questo prega ogni giorno dicendo: “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10).
Tuttavia l’amore naturale per i figli gli fa desiderare di vederli crescere e affermarsi nella vita. Sicché si trova a desiderare che questo mondo duri, e la manifestazione della gloria del Regno ritardi.
Secondo gli studiosi San Paolo allude a questo quando dice: “Chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso” (1 Cor 7,33-34).

6. Mi pare che sia sotto gli occhi di tutti che chi si trova nella castità consacrata è più libero nelle cose del Signore. Chi è sposato deve badare ai doveri della famiglia.

7. L’affermazione di Pio XII non è stata la prima in materia.
Già il concilio di Trento aveva sancito in termini dogmatici: “Se qualcuno dice che lo stato coniugale deve essere anteposto allo stato di verginità o di celibato, e che non è migliore e più felice cosa (“melius ac beatius”) rimanere nello stato di verginità o di celibato piuttosto che contrarre matrimonio, sia anatema” (sess. 24,10, DS 1810).

8. Giovanni Paolo II in Familiaris consortio scrive: “Rendendo libero in modo speciale il cuore dell’uomo, così da accenderlo maggiormente di carità verso Dio e verso tutti gli uomini, la verginità testimonia che il Regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla preziosa che va preferita ad ogni altro valore sia pure grande, e va anzi cercato come l’unico valore definitivo.
È per questo che la Chiesa durante tutta la sua storia, ha sempre difeso la superiorità di questo carisma nei confronti di quello del matrimonio, in ragione del legame tutto singolare che esso ha con il Regno dei cieli” (FC 16).

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di presentare questo stralcio della dottrina della Chiesa.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 22.02.2011

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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