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VERBUM DOMINI: Documento ufficiale dal Sinodo sulla Sacra Scrittura

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2017 14:15
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06/10/2011 20:04
 
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La Parola di Dio nella vita del sacerdote


Incontro del Card. Piacenza a Los Angeles con i sacerdoti di lingua spagnola


 

LOS ANGELES, mercoledì, 5 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 4 ottobre a Los Angeles dal Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, sulla ricezione dell’Esortazione apostolica postsinodale “Verbum Domini” di Benedetto XVI.

* * *

Cara Eccellenza,

cari Sacerdoti ed amici,

l’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini rappresenta un passaggio fondamentale del cammino di ricezione della Costituzione Apostolica Dei Verbum del Concilio Ecumenico Vaticano II. In tal senso, è sempre bene ricordare, come l’unica ermeneutica autentica del grande evento conciliare sia quella della continuità e della riforma. Lo ha esplicitamente ricordato il Santo Padre, nel Discorso per gli auguri natalizi alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, dando in tal modo, proprio all’inizio del Suo Pontificato, l’indicazione di un grande tema sempre da affrontare. Non esistono due Chiese cattoliche, una preconciliare ed una postconciliare; se così fosse, la seconda sarebbe illegittima!

Nell’unica Chiesa Cattolica, istituita da Nostro Signore Gesù Cristo sulla roccia di Pietro e sul fondamento degli Apostoli, è necessario riconoscere una profonda unità storica, dottrinale e teologica. Perché una dottrina sia accoglibile, non deve rappresentare una rottura con il passato o con l’intero corpo dottrinale, ma deve esserne il naturale, l’organico sviluppo.

Se cambiano le circostanzestoriche e culturali, se cambiano – talora – i modi di esprimersi, non può cambiare l’eterno Vangelo di Cristo! Cristo è lo stesso ieri, oggi, sempre. Non cambia il Verbum Domini! Questa stabilità di Cristo, della verità e della Chiesa altro non è, se non la traduzione storica della Teologia del Corpo Mistico di San Paolo. Come un corpo non può avere organi incompatibili o parti sviluppate in maniera non armonica, così la Chiesa di Cristo.

Cari amici, è pertanto sempre importante sentirsi figli dell’unica Chiesa, quella di Gesù, della Beata Vergine Maria, degli Apostoli, dei grandi Padri e di tutti i Santi che, in duemila anni, sono stati suscitati dallo Spirito.

Quello stesso Spirito che nella Chiesa, all’inizio dell’era cristiana, ha ispirato gli scritti del Nuovo Testamento e che, misteriosamente, nel rapporto tra Dio e il popolo di Israele, ci ha consegnato tutto il patrimonio veterotestamentario.

1. La Parola di Dio: una Persona

Verbum Domini! Parola di Dio! Che cos’è la Parola di Dio? Che ruolo ha nella vita di un sacerdote?

Al n. 11 dell’Esortazione Apostolica, il Santo Padre afferma: «La Parola eterna, che si esprime nella creazione e che si comunica nella storia della salvezza, è diventata in Cristo un uomo, “nato da donna” (Gal 4,4). La Parola qui non si esprime innanzitutto in un discorso, in concetti o regole. Qui siamo posti di fronte alla Persona stessa di Gesù. La Sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all’umanità». La Parola di Dio, il Verbo di Dio, quindi, è innanzitutto il Suo Figlio Unigenito, Colui del Quale, nel Credo, diciamo: «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre». Dunque la Sua Parola è una Persona, non un libro! Ed è necessario riconoscere che il Cristianesimo ha, nei confronti degli scritti ai quali si ispira, un rapporto unico, che nessun altra tradizione religiosa può avere.

La Parola di Dio, che è la Persona del Figlio Eterno, pronunciata dal Padre prima di tutti i secoli, si è fatta carne, entrando nel tempo e nella storia degli uomini. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

Questo fatto ha segnato e segna, definitivamente, la storia umana, che, dall’Incarnazione in poi, è la storia dell’Emmanuele, il Dio-con-noi.

Il Figlio di Dio fatto uomo ci ha rivelato i segreti del Padre, ci ha liberati dalla condizione servile, causata dal peccato, e ci ha introdotti in un’amicizia nuova e insperata con Dio. «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).

Sì, il Signore Gesù ci ha fatto conoscere tutto ciò che ha “udito dal Padre”; dunque, in Cristo Unico Salvatore, noi abbiamo ricevuto la Rivelazione definitiva di Dio, anzi, Dio stesso.

L’esperienza di Dio in mezzo agli uomini, ciò che Egli ci ha rivelato del Padre, ciò che Egli ci ha insegnato per la vita, e ciò che Egli ha istituito, sia di eterno sia di transeunte, tutto è contenuto nelle Sacre Scritture divinamente ispirate. Scrive infatti il Santo Padre, al n. 17 della Verbum Domini: «Sebbene il Verbo di Dio preceda ed ecceda la sacra Scrittura, tuttavia, in quanto ispirata da Dio, essa contiene la Parola divina (cfr 2Tm 3,16) “in modo del tutto singolare”». Per tale ragione, le Sacre Scritture sono Parola di Dio e, nello stesso tempo, la Parola di Dio è “più grande” delle sole Sacre Scritture, perché è la Persona stessa di Gesù.

2. Dimensione pneumatica ed ecclesiale della Parola di Dio

Come cattolici, inoltre, ben sappiamo come la Rivelazione non consista, unicamente, di quanto è materialmente contenuto nelle Sacre Scritture, ma sia l’insieme inscindibile di Sacra Scrittura e di ininterrotta Tradizione Ecclesiale, autorevolmente interpretate dal Magistero.

Non è mai lecito separare la Scrittura dalla Tradizione; né è mai lecito separarle dall’interpretazione che di esse ha dato e dà il Magistero della Chiesa. Separazioni di tale genere comportano sempre gravissime conseguenze spirituali e pastorali.

Una Scrittura senza Tradizione sarebbe un libro storico ela storia ci parla del pensiero degli altri, mentre la Teologia vuole parlare di Dio! (cf A. Schökel, Salvezza e liberazione: l’Esodo, 1997, EDB, p. 10).

Allo stesso modo, una Tradizione slegata dal costitutivo rapporto con la Sacra Scrittura, rischierebbe di abbracciare, al proprio interno, elementi spuri o illegittimi. [SM=g1740721]

È sempre utile ricordare, poi, come gli stessi testi del Nuovo Testamento siano nati all’interno della Tradizione ecclesiale e come, almeno nei primi decenni dell’Era cristiana, la Chiesa abbia vissuto dell’Eucaristia, della preghiera, della memoria viva dell’Evento di Cristo e della guida degli Apostoli.

Per conseguenza, il trittico Scrittura-Tradizione-Magistero in realtà, dal punto di vista strettamente storico, dovrebbe configurarsi come: Tradizione, intesa come luogo in cui la Scrittura nasce, Scrittura e Tradizione legata alla Scrittura; tutto, autorevolmente interpretato dal Magistero, cioè dailegittimi Successori degli Apostoli.

Quanto sin qui detto, appartiene al comune patrimonio della Chiesa ed è autorevolmente insegnato nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum del Concilio Ecumenico Vaticano II. Se altre interpretazioni, da parte di taluni, ci sono state in questi decenni, esse non sono fedeli alla giusta interpretazione del Concilio e, anche per questa ragione, i Padri, con il Pontefice, hanno dedicato un Sinodo alla Parola di Dio nella vita della Chiesa, per riconoscervi il giusto posto ed evitare prudentemente talune, non legittime unilateralità. [SM=g1740721]

Un altro aspetto di fondamentale importanza, ampiamente sottolineato dalla Verbum Domini, è costituito dalla dimensione pneumatica della Rivelazione, nel suo insieme e nei vari aspetti-momenti che la costituiscono. Si legge, infatti, al n. 15 dell’Esortazione: «Non vi è alcuna comprensione autentica della Rivelazione cristiana al di fuori dell’azione del Paraclito», e ancora, al numero successivo: «Come la Parola di Dio viene a noi nel corpo di Cristo, nel corpo eucaristico e nel corpo delle Scritture mediante l’azione dello Spirito Santo, così essa può essere accolta e compresa veramente solo grazie al medesimo Spirito».

Innanzitutto, è sempre necessario ricordare l’intimo ed insostituibile rapporto tra Gesù Cristo e lo Spirito: tutta la vita del Signore è una vita nelloSpirito, dall’Annunciazione all’Ascensione, e lo Spirito non è qualcosa di vago e di indefinito, per noi Cristiani, ma è sempre lo Spirito di Cristo.

Questo “di Cristo” è un genitivo di possesso, che ci dice che lo Spirito è Suo, come è del Padre; ed è il medesimo Suo Spirito che è donato a noi, nel Battesimo, nella Confermazione e, con il potere di trasmetterlo ai fratelli, soprattutto nell’Ordinazione sacerdotale.

Se Cristo è la pienezza della Rivelazione e l’intera esistenza di Cristo è nello Spirito, allora la stessa Rivelazione è un evento pneumatico: la Tradizione è animata dallo Spirito, la Scrittura è inspirata dallo Spirito ed il Magistero, nel compito di interpretare autorevolmente Scrittura e Tradizione, è guidato dallo Spirito.

Ne deriva, allora, che lo stesso rapporto del Sacerdote con la Parola di Dio deve essere un rapporto pneumatico. Deve essere cioè evitato ogni approccio meramente positivistico o storicistico, che non permetta la comprensione del reale significato del testo. Le Scritture, approcciate prescindendo da tale dimensione pneumatica, rimangono come mute e invece che parlare di Dio e far ascoltare la Sua Voce, raccontano semplicemente una storia.

3. Parola di Dio e Ministero ordinato

Come affermato dal grande San Girolamo: «Chi ignora le Scritture, ignora Cristo», non possiamo quindi ignorare le Scritture, ed il primo elemento perché vi sia un rapporto tra il sacerdote e la Sacra Scrittura, è conoscerne il contenuto: leggerle, conoscerne la struttura, averne in mente i nessi tra le varie parti e, soprattutto, conoscere la Scrittura nella sua globalità, senza quegli eccessi di parcellizzazione che, troppo spesso, caratterizzano la conoscenza della realtà nell’epoca, del relativismo e dello scientismo.

Quest’opera di conoscenza delle Scritture, lungi dall’essere meramente nozionistica, diviene nel tempo uno dei fattori principali per favorire, nel sacerdote, la conoscenza e la conseguente immedesimazione con il pensiero di Cristo: «[al sacerdote] non basta conoscerne l’aspetto linguistico ed esegetico, che pure è necessario – afferma il Santo Padre al n. 80 –; gli occorre accostare la Parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova – “il pensiero di Cristo” (1 Cor 2,16)».

Leggere e rileggere gli episodi di cui il Signore è protagonista, le risposte che Egli dà nelle differenti circostanze e l’atteggiamento che assume davanti ai poveri, ai piccoli, ai deboli, ai peccatori, alle donne, etc. determina la progressiva assimilazione del Suo pensiero e del Suo modo di agire.

In questo senso, la doverosa fedeltà alla Liturgia delle Ore, nella sua integrità, è palestra fondamentale per rimanere stabilmente in contatto con la Parola di Dio, specialmente nell’Ufficio delle Letture, che ce la dona abbondantemente, insieme a quel momento di autorevole Tradizione ecclesiale rappresentato dai Padri della Chiesa.

Facciamo così progressivamente esperienza che la Parola di Dio racconta la nostra vita; narrando le vicende del popolo di Israele e quelle di chi ha incontrato il Signore Gesù, narra il cammino di fede di ogni uomo e, quindi, di ogni sacerdote.

Per il ministero che ci è stato affidato, poi, noi non siamo soltanto, con tutti i nostri fratelli, ascoltatori della Parola, ma anche autorevoli annunciatori ed interpretidi essa. Ogni battezzato, in forza della immersione nel Mistero pasquale di morte e Risurrezione è chiamato a testimoniare Cristo e ad annunciare la Parola. Il sacerdote, oltre a partecipare di questo mandato comune ad ogni cristiano, ne riceve uno specifico e ministeriale, ed il suo annuncio, soprattutto nella predicazione e nella catechesi, partecipa, in certo modo, dell’autorevolezza dello stesso Magistero ecclesiale.

Va da sé che non possiamo annunciare ciò che non conosciamo e non abbiamo fatto nostro; quindi la possibilità dell’annuncio è strutturalmente legata alla conoscenza delle Scritture e alla familiarità ed immedesimazione con il pensiero di Cristo.

Non così, invece, per l’efficacia dell’annuncio, che, contrariamente a quanto si pensa comunemente, non dipende dalla conoscenza ma dalla vita e dalla testimonianza. L’efficacia è inoltre totalmente dipendente dall’azione potente della grazia e dall’insondabile mistero della libertà umana. In tal senso, non esiste, nella dinamica dell’annuncio, alcun meccanicismo. Anche questo ci aiuta, come ministri della Parola, a purificarci del funzionalismo e ad affidare totalmenteal Signore, nella preghiera, l’azione della Parola nel cuore degli uomini.

Nel compito di annunciatori è necessario tenere costantemente presente l’unità di Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero, di cui abbiamo parlato. Non è possibile annunciare la Parola, dimenticando o – peggio – biasimando la Tradizione che l’ha generata! Altrettanto inefficace risulterà l’annuncio staccato o – peggio – in contrasto con il Magistero ecclesiale.

Forti dell’esperienza che la Parola di Dio descrive la nostra vita, è necessario annunciarla, conducendo anche i fedeli alla medesima consapevolezza. In questo senso, possono coesistere due differenti dinamiche, entrambe legittime, nell’evangelizzazione. È possibile che dall’annuncio della Parola nasca la fede ed il rinnovamento della vita, ed è altrettanto possibile che l’esperienza di una vita nuova, improvvisamente e gratuitamente donata attraverso un incontro, apra alla fede e, successivamente, sia riconosciuta nell’incontro con le Sacre Scritture.

Non vi nascondo la mia propensione e la mia umana simpatia per questa seconda dinamica, che, come mi pare di comprendere dai testi delle Sacre Scritture, è stata anche quella di Andrea e Giovanni, quando quel pomeriggio, intorno alle quattro, hanno incontrato Gesù!

Il nucleo del rapporto tra il sacerdote e la Parola di Dio è dunque rappresentato da quella “Parola di Dio in atto” che è la sua propria esistenza e quella dei fedeli. Essi, attraverso l’annuncio e il ministero dei sacerdoti, incontrano il Signore. In questo senso, il Cristianesimo non è “religione del libro” ma è un fatto, un Avvenimento accaduto nella storia, del quale, nell’oggi, è possibile fare vitale esperienza e questa esperienza è contagiosa, missionaria in se stessa, anzi è l’elemento più efficacemente missionario di cui lo Spirito ha fornito la Sua Chiesa!

Questa chiarezza di giudizio nel rapporto con le Sacre Scritture, le colloca al loro giusto ed insostituibile posto anche nella vita della Chiesa, la quale sussiste dell’efficacia della Parola, anche e soprattutto nell’amministrazione dei Sacramenti. Senza Parola, non solo non avremmo l’annuncio, ma non avremmo nemmeno i Sacramenti.

4. Parola di Dio e cultura

Essere ascoltatori ed annunciatori della Parola di Dio fa dei sacerdoti necessariamente uomini capaci di incidere nella cultura. In tal senso, é bene recuperare una nozione ampia del termine "cultura", non relegata alle semplici conoscenze, ma capace di imprimere uno stile, plasmare una mentalità, generare una civiltà.

Nulla, come l'annuncio della Parola, genera cultura. Genera cioè un nuovo modo di concepire la vita, le relazioni, la società e perfino la politica. Un modo che, quanto più è evangelico, tanto più si scopre profondamente e sorprendentemente corrispondente al cuore umano.

È urgente e necessario, in tal senso, superare ogni complesso di inferiorità nei confronti della cultura; la Parola di Dio, e noi con essa, è portatrice di un significato, che nessuna cultura solo umana possiede.

Come ricorda la Verbum Domini: «Dio non si rivela all’uomo in astratto, ma assumendo linguaggi, immagini ed espressioni legati alle diverse culture. Si tratta di un rapporto fecondo testimoniato ampiamente nella storia della Chiesa» (n. 109). Rapporto che, da un lato, vede come normativi i dati culturali attraverso i quali la Rivelazione è avvenuta e, dall'altro, domanda il nostroapporto continuo, creativo e soprattutto missionario.

In una cultura relativista, edonista, consumistica ed individualista, la Parola di Dio, e noi con essa, è chiamata a ricollocare l'uomo in relazione con Dio e con i suoi fratelli, in rapporto autentico con la realtà e con la ragione, aprendolo continuamente alla verità.

I fedeli cercano la Parola di Dio sulle labbra del sacerdote; cercano il pensiero di Dio nelle valutazioni del sacerdote; le vie di Dio nelle vie indicate e percorse dal sacerdote.

Dobbiamo essere consapevoli che, contrariamente a quanto taluni poteri forti tendono ad insinuare, il Cristianesimo rappresenta il più grande movimento di sviluppo e di civiltà che la storia umana abbia mai conosciuto. Ci ricorda l'Esortazione Apostolica a tale riguardo: «[La Parola di Dio] non distrugge mai la vera cultura, ma costituisce un costante stimolo per la ricerca di espressioni umane sempre più appropriate e significative. Ogni autentica cultura, per essere veramente per l’uomo deve essere aperta alla trascendenza, ultimamente a Dio» (n. 109).

Di questa trascendenza, carissimi fratelli, ogni cultura, anche quella contemporanea, ha sempre bisogno!E noi dobbiamo esserne portatori.

Ci sostenga in questa opera la Beata Vergine Maria, prima portatrice della Parola fatta carne in Lei, fatta sua "cultura", perché suo orizzonte.

 

 

[SM=g1740722] 

 

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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