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La Carità....intellettuale.... l'ateismo non esiste, esiste una grave scelta contro Dio

Ultimo Aggiornamento: 02/07/2016 14:01
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21/07/2015 21:33
 
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Mi chiarirebbe il rapporto tra anima, corpo ed intelletto?

Quesito

Caro Padre Angelo,
ho da chiederle chiarimenti in merito alla questione dell'anima.
L'altro giorno ho avuto un' "interessante" diatriba con un mio compagno di scuola (ateo di fatto perché vive in una famiglia sostanzialmente "atea", ma per fortuna una persona che utilizza veramente la ragione) sull'aborto. Per la verità, sono riuscito a convincerlo (almeno parzialmente) della presenza "scientifica" di una vita sin dall'attimo del concepimento. Tuttavia, quando ho ampliato il discorso dalla scienza alla fede, egli mi ha posto dinnanzi al solito pensiero materialistico sulla questione dell'anima (che o la nega, o la assimila al corpo, oppure sostiene che finirà con il corpo) ed io, pur rimanendo convintissimo dell'esistenza della prima, della sua origine divina e della sua immortalità, non ho saputo proporre risposte adeguate, dal punto di vista della fede.
Mi potrebbe elencare quali sono i punti principali della dottrina cattolica dell'anima (a partire da cosa si intende, in senso pratico, per essa)?
In particolare, mi chiarirebbe il rapporto tra anima, corpo ed intelletto (visto lo scontro tra le neuroscienze e la fede), se vuole, anche da un punto di vista scientifico?
Grazie.
Enrico


Risposta del sacerdote

Caro Enrico,
1. non solo il tuo amico doveva ammettere che fin dall’istante del concepimento ci troviamo di fronte ad un essere vivo, ma anche che si tratta di un essere vivo che appartiene alla specie umana.
Il dna è quello umano.
Ciò che comincia a germogliare nel grembo di una donna non è un’erbetta o un animale, ma un essere umano.
Questo è così vero che tu puoi dire: quello ero io al momento dell’inizio della mia esistenza.
Nel dna c’erano già tutti i tratti essenziali di quello che saresti diventato sotto il profilo biologico.

2. Mi dici che quando sei passato dalla scienza alla fede e avete parlato dell’anima…
Quando si parla dell’anima non si passa alla fede, ma si rimane ancora nell’ambito della ragione.
Questo tuo amico non può assimilare l’anima al corpo perché c’è una differenza tra un corpo umano vivo e un corpo umano morto. Il primo è animato, e cioè è mosso da un’anima (principio vitale), il secondo invece è disanimato, senz’anima, è un cadavere.
Quando Aristotele scrive il De anima non era mosso dalla fede. Era infatti un pensatore pagano, vissuto nel quarto secolo avanti Cristo. Egli stesso constatava la differenza tra un essere vivo e un essere morto e diceva che nell’esser vivo c’è il principio vitale, l’anima, che invece non è più presente nel cadavere.

3. Noi conosciamo la natura dell’anima umana dal suo dinamismo.
Se quest’anima assolvesse solo a finalità vegetative, diremmo che ci si trova si fronte ad un vegetale.
Ma la persona umana, pur esplicando funzioni vegetative, non si esaurisce in esse, non è un vegetale.
Esplica infatti anche funzioni sensitive e per questo diciamo che è anche un’anima sensitiva, come quella degli animali.

4. Ma l’anima umana va al di là dei puri sensi come avviene per gli animali, perché esplica attività spirituali, come sono quelle del pensare, del progettare, del trascendere il tempo, della stessa capacità di esprimere e progettare valori spirituali come la pace, la concordia, la solidarietà, il concetto di bene comune, di diritto, di dovere, di giustizia, di sussidiarietà, ecc…
La stessa capacità di formulare i pensieri attraverso suoni variamente combinati e comunicati ad altri manifesta chiaramente la trascendenza dell’uomo sulla materia.

5. Sì, l’uomo è un essere materiale. Ma non esaurisce tutta la sua vita nella materia perché è capace di trascenderla e di fatto la trascende.
L’uomo è vincolato alla materia e ai suoi meccanismi.
E tuttavia, a differenza degli animali, in parte ne è svincolato a motivo della libertà, che è il segno più alto della trascendenza e della spiritualità dell’uomo.

6. Certo un bambino nel grembo della madre non è ancora capace di pensare, come del resto non è ancora capace di tante altre attività anche materiali. Un bambino di un anno non può fare l’orafo o il giornalista. 
Ma è un essere umano?
Indubbiamente sì.
Allora bisogna distinguere tra ciò che si è in atto primo e ciò che si è in atto secondo.
La persona umana è un essere intelligente. Lo è sempre, anche quando non pensa, anche quando è in coma o ha perso i sensi.
In questo caso è un essere intelligente sempre, ma in atto primo.
È invece un essere intelligente in atto secondo chi attualmente pensa.
Un bambino dentro il grembo della madre o appena nato è un essere intelligente in atto primo.

7. Pertanto è chiaro (senza toccare la fede) che la persona umana è un  essere composto di corpo e di anima razionale, che è quanto dire spirituale e immortale.
Ed è anche chiaro che le facoltà spirituali, come quelle del pensiero, non coincidono con la materia, ma sono facoltà che ineriscono direttamente nell’anima spirituale.

8. In conclusione: l’uomo è un essere composto di materia e di spirito.
Nella sua parte materiale è dotato di sensi esterni (i cinque sensi) e di sensi interni (quelli presenti nel cervello). Si tratta di sensi che sono comuni anche agli animali.
Ma l’uomo sovrabbonda su di essi per altre facoltà come l’intelletto (capacità di pensare ed elaborare concetti) e la volontà, la cui massima caratteristica è la volontà.
Queste due facoltà (intelletto e volontà) ineriscono direttamente nell’anima spirituale, e rimangono in essa anche dopo la scioglimento dell’unione dell’anima e del corpo che avviene con la morte.
Tutto questo ragionamento, come vedi, si fa senza scomodare la Divina Rivelazione e cioè la fede. Ogni uomo lo può capire con le forze della ragione.
Aristotele, per fare solo un esempio, lo sottoscriverebbe in pieno.

Ti ringrazio per la paziente attesa alla mia risposta.
Ti auguro ogni bene per il tuo futuro, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo




Parolin all’Ucsi: giornalismo dia voce a chi non ce l'ha

Il cardinale Pietro Parolin - REUTERS

Il cardinale Pietro Parolin - REUTERS

05/03/2016 

Superando slogan e ideologie, mettere sempre la persona al centro delle notizie. E’ quanto affermato dal cardinale Pietro Parolin intervenuto a Matera al 19.mo Congresso dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana – incentrato sul tema "Le sfide del giornalismo ai tempi di Francesco" – che domani eleggerà il suo nuovo presidente. Il segretario di Stato vaticano ha sottolineato che una buona informazione può fare molto per la democrazia ed ha chiesto ai giornalisti cattolici di dare voce a chi non ne ha ed essere al servizio di tutti i cittadini. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Servite la verità dei fatti e “le persone che non hanno voce”. E’ l’esortazione del cardinale Pietro Parolin all’Ucsi e, in un orizzonte più ampio, a tutti i comunicatori cattolici. Quando si disconosce la verità, ha osservato il segretario di Stato vaticano, “si finisce col dissolvere la stessa notizia. E’ vera la notizia che mette al centro la persona”. Il porporato ha quindi messo in guardia dagli slogan e dalle ideologie osservando che “c’è una ricerca da compiere nello spazio pubblico per difendere ciò è umano e denunciare ciò che invece è disumano”. Le parole, ha annotato, “non sono mai neutre, orientano la comprensione e dunque influiscono sui nostri atteggiamenti”.

Missione del giornalismo è dare voce a chi non ne ha
La più “nobile missione del giornalismo – ha ripreso – è quella di dar voce a chi non l’ha, perché la credibilità si fonda sull’integrità, l’affidabilità, l’onestà e la coerenza del giornalista”. Per la cura della democrazia, ne è convinto il cardinale Parolin, “una buona informazione può fare molto: serve a creare luoghi per ascoltarsi e garantire il pluralismo”. E sottolinea che “un’informazione libera da interessi parziali ha il compito di costruire giorno dopo giorno sentieri di integrazione”. Di qui la richiesta di approfondire gli aspetti antropologici del giornalismo, la definizione di “servizio pubblico”, il rapporto tra democrazia e comunicazione.

Giornalisti laici proseguano dialogo voluto dal Concilio Vaticano II
Il cardinale Parolin ha quindi citato gli insegnamenti di Benedetto XVI e Papa Francesco sulla comunicazione al tempo dei social network ed ha affermato che “nell’era del web il compito del giornalista non è più arrivare primo maarrivare meglio”. Ed ha soggiunto che “nella comunicazione prima di portare un’idea, si è chiamati a comunicare se stessi”. Il porporato ha dunque rammentato il “ruolo sociale” che l’Ucsi ha svolto nella sua storia basandosi sempre “sui principi di laicità e di cittadinanza” e portando avanti “come laici impegnati soprattutto in testate laiche, il dialogo Chiesa-mondo voluto dal Concilio Vaticano II”.

Offrire una rinnovata visione cristiana sulla comunicazione
“La vostra professione e le vostre competenze – ha proseguito il cardinale Parolin all’Ucsi – siano un servizio ecclesiale al servizio di tutti i cittadini”. Questo nuovo impegno, ha detto, “valorizzerà la vostra laicità e la vostra indipendenza”. Ed ha affermato che “la garanzia per creare sinergie, sia all’interno del mondo ecclesiale, sia in quello sociale è ripartire da un investimento nella formazione culturale”. “Insieme ai gesuiti di oggi dellaCiviltà Cattolica – a cui siete storicamente legati e che vi hanno accompagnato attraverso figure come il cardinale Roberto Tucci, il padre Bartolomeo Sorge, il padre Pasquale Borgomeo – e a quanti hanno a cuore il tema della comunicazione come servizio pubblico – ha concluso – avete i mezzi per entrare nel dibattito pubblico con una rinnovata visione cristiana sui temi della comunicazione”.





[Modificato da Caterina63 05/03/2016 14:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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