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IL PAPA RISPONDE IN TV ALLE DOMANDE DEI FEDELI. LA TRASCRIZIONE DELLO STORICO EVENTO

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2011 23:54
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IL PAPA RISPONDE IN TV ALLE DOMANDE DEI FEDELI. LA TRASCRIZIONE DELLO STORICO EVENTO Venerdì Santo 22.4.2011 

                        Faithful Francesca Maio follows a question and  answer session between Pope Benedict XVI and viewers  displayed at a restaurant in Rome, Friday, April 22, 2011. Pope Benedict XVI has told a 7-year-old Japanese girl frightened by the devastating quake and tsunami in her homeland that suffering isn't in vain as he conducted an unprecedented Q and A on television to mark Good Friday. Benedict was replying to some of a few thousand prospective questions submitted by Catholics and non-Catholics alike in a prerecorded appearance on Italian state TV. Writing beneath the pontiff reads in Italian "The Pope answers.

D. Santo Padre, voglio dirLe grazie per questa Sua presenza che ci riempie di gioia e ci aiuta a ricordare che oggi è il giorno in cui Gesù dimostra nel modo più radicale il Suo amore, cioè morendo in Croce da innocente. E proprio sul tema del dolore innocente è la prima domanda che arriva da una bambina giapponese di sette anni, che Le dice: “Mi chiamo Elena, sono giapponese ed ho sette anni. Ho tanta paura perché la casa in cui mi sentivo sicura ha tremato, tanto tanto, e molti miei coetanei sono morti. Non posso andare a giocare nel parco. Chiedo: perché devo avere tanta paura? Perché i bambini devono avere tanta tristezza? Chiedo al Papa, che parla con Dio, di spiegarmelo”.

R. Cara Elena, ti saluto di cuore. Anche a me vengono le stesse domande: perché è così? Perché voi dovete soffrire tanto, mentre altri vivono in comodità? E non abbiamo le risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente, che il Dio vero che si mostra in Gesù, sta dalla vostra parte. Questo mi sembra molto importante, anche se non abbiamo risposte, se rimane la tristezza: Dio sta dalla vostra parte, e siate sicuri che questo vi aiuterà. E un giorno potremo anche capire perché era così. In questo momento mi sembra importante che sappiate: “Dio mi ama”, anche se sembra che non mi conosca. No, mi ama, sta dalla mia parte, e dovete essere sicuri che nel mondo, nell’universo, tanti sono con voi, pensano a voi, fanno per quanto possono qualcosa per voi, per aiutarvi. Ed essere consapevoli che, un giorno, io capirò che questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore. Non è un caso. Stai sicura, noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i nostri atti e siate sicuri che Dio vi aiuta. E in questo senso preghiamo insieme perché per voi venga luce quanto prima.

D. La seconda domanda ci presenta un calvario, perché abbiamo una mamma sotto la croce di un figlio. E’ italiana, si chiama Maria Teresa questa mamma, e Le dice: “Santità, l’anima di questo mio figlio Francesco, in stato vegetativo dal giorno di Pasqua 2009, ha abbandonato il suo corpo, visto che lui non è più cosciente, o è ancora vicino a lui?”

R. Certamente l’anima è ancora presente nel corpo. La situazione, forse, è come quella di una chitarra le cui corde sono spezzate, così non si possono suonare. Così anche lo strumento del corpo è fragile, è vulnerabile, e l’anima non può suonare, per così dire, ma rimane presente. Io sono anche sicuro che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce i dettagli, le parole, eccetera, ma la presenza di un amore la sente. E perciò questa vostra presenza, cari genitori, cara mamma, accanto a lui, ore ed ore ogni giorno, è un atto vero di amore di grande valore, perché questa presenza entra nella profondità di quest’anima nascosta e il vostro atto è, quindi, anche una testimonianza di fede in Dio, di fede nell’uomo, di fede, diciamo di impegno per la vita, di rispetto per la vita umana, anche nelle situazioni più tristi. Quindi vi incoraggio a continuare, a sapere che fate un grande servizio all’umanità con questo segno di fiducia, con questo segno di rispetto della vita, con questo amore per un corpo lacerato, un’anima sofferente.

D. La terza domanda ci porta in Iraq, tra i giovani di Baghdad, cristiani perseguitati che Le mandano questa domanda: “Salute al Santo Padre dall’Iraq – dicono – Noi cristiani di Baghdad siamo stati perseguitati come Gesù. Santo Padre, secondo Lei, in che modo possiamo aiutare la nostra comunità cristiana a riconsiderare il desiderio di emigrare in altri Paesi, convincendola che partire non è l’unica soluzione?”

R. Vorrei innanzitutto salutare di cuore tutti i cristiani dell’Iraq, nostri fratelli, e devo dire che prego ogni giorno per i cristiani in Iraq. Sono i nostri fratelli sofferenti, come anche in altre terre del mondo, e quindi sono particolarmente vicini al nostro cuore e noi dobbiamo fare, per quanto possiamo, il possibile perché possano rimanere, perché possano resistere alla tentazione di migrare, perché è molto comprensibile nelle condizioni nelle quali vivono. Io direi che è importante che noi siamo vicini a voi, cari fratelli in Iraq, che noi vogliamo aiutarvi, anche quando venite, ricevervi realmente come fratelli. E naturalmente, le istituzioni, tutti coloro che hanno realmente una possibilità di fare qualcosa in Iraq per voi, devono farlo. La Santa Sede è in permanente contatto con le diverse comunità, non solo con le comunità cattoliche, con le altre comunità cristiane, ma anche con i fratelli musulmani, sia sciiti, sia sunniti. E vogliamo fare un lavoro di riconciliazione, di comprensione, anche con il governo, aiutarlo in questo cammino difficile di ricomporre una società lacerata. Perché questo è il problema, che la società è profondamente divisa, lacerata, che non c’è più questa consapevolezza: “Noi siamo nelle diversità un popolo con una storia comune, dove ognuno ha il suo posto”. E devono ricostruire questa consapevolezza che, nella diversità, hanno una storia in comune, una comune determinazione. E noi vogliamo, in dialogo, proprio con i diversi gruppi, aiutare il processo di ricostruzione e incoraggiare voi, cari fratelli cristiani in Iraq, di avere fiducia, di avere pazienza, di avere fiducia in Dio, di collaborare in questo processo difficile. Siate sicuri della nostra preghiera.

D. La prossima domanda Le viene rivolta da una donna musulmana della Costa d’Avorio, un Paese in guerra da anni. Questa signora, si chiama Bintù, e Le manda un saluto in arabo che suona così: “Che Dio sia in mezzo a tutte le parole che ci diremo e che Dio sia con te”. È un’espressione che loro usano quando cominciano un discorso. E poi continua in francese: “Caro Santo Padre, qui in Costa d’Avorio abbiamo sempre vissuto in armonia tra cristiani e musulmani. Le famiglie sono spesso formate da membri di entrambe le religioni; esiste anche una diversità di etnie, ma non abbiamo mai avuto problemi. Ora tutto è cambiato: la crisi che viviamo, causata dalla politica, sta seminando divisioni. Quanti innocenti hanno perso la vita! Quanti sfollati, quante mamme e quanti bambini traumatizzati! I messaggeri hanno esortato alla pace, i profeti hanno esortato alla pace. Gesù è un uomo di pace. Lei, in quanto ambasciatore di Gesù, cosa consiglierebbe per il nostro Paese?"

R. Vorrei rispondere al saluto: Dio sia anche con te, ti aiuti sempre. E devo dire che ho ricevuto lettere laceranti dalla Costa d'Avorio, dove vedo tutta la tristezza, la profondità della sofferenza, e rimango triste che possiamo fare così poco. Possiamo fare una cosa, sempre: essere in preghiera con voi, e in quanto sono possibili, faremo opere di carità e soprattutto vogliamo aiutare, secondo le nostre possibilità, i contatti politici, umani. Ho incaricato il card. Turkson, che è presidente del nostro Consiglio Giustizia e Pace di andare in Costa d’Avorio e di cercare di mediare, di parlare con i diversi gruppi, con le diverse persone per incoraggiare un nuovo inizio. E soprattutto vogliamo far sentire la voce di Gesù, che anche Lei crede come profeta. Lui era sempre l’uomo della pace. Ci si poteva aspettare che, quando Dio viene in terra, sarà un uomo di grande forza, distruggerebbe le potenze avverse, che sarebbe un uomo di una violenza forte come strumento di pace. Niente di questo: è venuto debole, è venuto solo con la forza dell’amore, totalmente senza violenza fino ad andare alla croce. E questo ci mostra il vero volto di Dio, che la violenza non viene mai da Dio, mai aiuta a dare le cose buone, ma è un mezzo distruttivo e non è il cammino per uscire dalle difficoltà. Quindi è una forte voce contro ogni tipo di violenza. E invito fortemente tutte le parti a rinunciare alla violenza, a cercare le vie della pace. Non potete servire la ricomposizione del vostro popolo con mezzi di violenza, anche se pensate di avere ragione. L’unica via è rinunciare alla violenza, ricominciare con il dialogo, con tentativi di trovare insieme la pace, con la nuova attenzione l’uno per l’altro, con la nuova disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro. E questo, cara Signora, è il vero messaggio di Gesù: cercate la pace con i mezzi della pace e lasciate la violenza. Noi preghiamo per voi, che tutti i componenti della vostra società sentano questa voce di Gesù e che così ritorni la pace e la comunione.

D. Santo Padre, la prossima domanda è sul tema della morte e della Risurrezione di Gesù, e arriva dall’Italia. Gliela leggo: “Santità, che cosa fa Gesù nel lasso di tempo tra la morte e la Risurrezione? E visto che nella recita del Credo si dice che Gesù, dopo la morte, discese negli Inferi, possiamo pensare che sarà una cosa che accadrà anche a noi, dopo la morte, prima di salire al Cielo?”

R. Innanzitutto, questa discesa dell’anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all’altro.
È un viaggio dell’anima. Dobbiamo tener presente che l’anima di Gesù tocca sempre il Padre, è sempre in contatto con il Padre, ma nello stesso tempo quest’anima umana si estende fino agli ultimi confini dell’essere umano. In questo senso va in profondità, va ai perduti, va a tutti quanti non sono arrivati alla meta della loro vita, e trascende così i continenti del passato.
Questa parola della discesa del Signore agli Inferi vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della Redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi. I Padri dicono, con un’immagine molto bella, che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto. E crea così l’accesso a Dio, perché l’uomo, di per sé, non può arrivare fino all’altezza di Dio. Lui stesso, essendo uomo, prendendo in mano l’uomo, apre l’accesso, apre cosa? La realtà che noi chiamiamo Cielo. Quindi questa discesa agli Inferi, cioè nelle profondità dell’essere umano, nelle profondità del passato dell’umanità, è una parte essenziale della missione di Gesù, della sua missione di Redentore e non si applica a noi. La nostra vita è diversa, noi siamo già redenti dal Signore e noi arriviamo davanti al volto del Giudice, dopo la nostra morte, sotto lo sguardo di Gesù, e questo sguardo da una parte sarà purificante: penso che tutti noi, in maggiore o minore misura, avremo bisogno di purificazione. Lo sguardo di Gesù ci purifica e poi ci rende capaci di vivere con Dio, di vivere con i Santi, di vivere soprattutto in comunione con i nostri cari che ci hanno preceduto.

D. Anche la prossima domanda è sul tema della Risurrezione e arriva dall’Italia: “Santità, quando le donne giungono al sepolcro, la domenica dopo la morte di Gesù, non riconoscono il Maestro, lo confondono con un altro. Succede anche agli Apostoli: Gesù deve mostrare le ferite, spezzare il pane per essere riconosciuto, appunto, dai gesti. È un corpo vero, di carne, ma anche un corpo glorioso. Il fatto che il suo corpo risorto non abbia le stesse fattezze di quello di prima, che cosa vuol dire? Cosa significa, esattamente, corpo glorioso? E la Risurrezione sarà per noi così?”

R. Naturalmente, non possiamo definire il corpo glorioso perché sta oltre le nostre esperienze. Possiamo solo registrare i segni che Gesù ci ha dato per capire almeno un po’ in quale direzione dobbiamo cercare questa realtà.
Primo segno: la tomba è vuota. Cioè, Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che realmente è risorto, che non rimane una cosa perduta. Gesù ha preso anche la materia con sé, e così la materia ha anche la promessa dell’eternità. Ma poi ha assunto questa materia in una nuova condizione di vita, questo è il secondo punto: Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica, perché sottomesso a queste uno muore.
Quindi c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra nel fatto di Gesù, ed è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino. E, essendo in queste condizioni, Gesù ha la possibilità di farsi palpare, di dare la mano ai suoi, di mangiare con i suoi, ma tuttavia sta sopra le condizioni della vita biologica, come noi la viviamo. E sappiamo che, da una parte, è un vero uomo, non un fantasma, che vive una vera vita, ma una vita nuova che non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa. È importante capire questo, almeno in quanto si può, per l’Eucaristia: nell’Eucaristia, il Signore ci dona il suo corpo glorioso, non ci dona carne da mangiare nel senso della biologia, ci dà se stesso, questa novità che Lui è, entra nel nostro essere uomini, nel nostro, nel mio essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza. E’ un punto importante, perché così siamo già in contatto con questa nuova vita, questo nuovo tipo di vita, essendo Lui entrato in me, e io sono uscito da me e mi estendo verso una nuova dimensione di vita. Io penso che questo aspetto della promessa, della realtà che Lui si dà a me e mi tira fuori da me, in alto, è il punto più importante: non si tratta di registrare cose che non possiamo capire, ma di essere in cammino verso la novità che comincia, sempre, di nuovo, nell’Eucaristia.

D. Santo Padre, l’ultima domanda è su Maria. Sotto la croce, assistiamo ad un dialogo toccante tra Gesù, sua madre e Giovanni, nel quale Gesù dice a Maria: “Ecco tuo Figlio”, e a Giovanni: “Ecco tua madre”. Nel suo ultimo libro, “Gesù di Nazaret”, Lei lo definisce “un’ultima disposizione di Gesù”. Come dobbiamo intendere queste parole? Che significato avevano in quel momento e che significato hanno oggi? E in tema di affidamento, ha in cuore di rinnovare una consacrazione alla Vergine all’inizio di questo nuovo millennio?

R. Queste parole di Gesù sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile. Affida la mamma a questo giovane e al giovane dà la mamma, quindi Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano. Questo mi sembra molto bello, molto importante, che prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù. Ma naturalmente questo attua diverse dimensioni, non riguarda solo questo momento, ma concerne tutta la storia. In Giovanni Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi. E questo si è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre. E sempre più si sono affidati alla Madre: pensiamo ai grandi santuari, pensiamo a questa devozione per Maria dove sempre più la gente sente “Questa è la Madre”. E anche alcuni che quasi hanno difficoltà di accesso a Gesù nella sua grandezza di Figlio di Dio, si affidano senza difficoltà alla Madre. Qualcuno dice: “Ma questo non ha fondamento biblico!”. Qui risponderei con San Gregorio Magno: “Con il leggere - egli dice - crescono le parole della Scrittura”. Cioè, si sviluppano nella realtà, crescono, e sempre più nella storia si sviluppa questa Parola. Vediamo come tutti possiamo essere grati perché la Madre c’è realmente, a noi tutti è data una madre. E possiamo con grande fiducia andare da questa Madre, che anche per ognuno dei cristiani è sua Madre. E d’altra parte vale anche che la Madre esprime pure la Chiesa. Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria. E così arrivo al punto dell’affidamento: i Papi – sia Pio XII, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II – hanno fatto un grande atto di affidamento alla Madonna e mi sembra, come gesto davanti all’umanità, davanti a Maria stessa, era un gesto molto importante. Io penso che adesso sia importante di interiorizzare questo atto, di lasciarci penetrare, di realizzarlo in noi stessi. In questo senso, sono andato in alcuni grandi santuari mariani nel mondo: Lourdes, Fatima, Czestochowa, Altötting…, sempre con questo senso di concretizzare, di interiorizzare questo atto di affidamento, perché diventi realmente il nostro atto. Penso che l’atto grande, pubblico, sia stato fatto.
Forse un giorno sarà necessario ripeterlo, ma al momento mi sembra più importante viverlo, realizzarlo, entrare in questo affidamento, perché sia realmente nostro.
Per esempio, a Fatima ho visto come le migliaia di persone presenti sono realmente entrate in questo affidamento, si sono affidate, hanno concretizzato in se stesse, per se stesse, questo affidamento. Così esso diventa realtà nella Chiesa vivente e così cresce anche la Chiesa. L’affidamento comune a Maria, il lasciarsi tutti penetrare da questa presenza e formare, entrare in comunione con Maria, ci rende Chiesa, ci rende, insieme con Maria, realmente questa sposa di Cristo. Quindi, al momento non avrei l’intenzione di un nuovo pubblico affidamento, ma tanto più vorrei invitare ad entrare in questo affidamento già fatto, perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù.

                                          Pope Benedict XVI holds the Cross during the celebration of the Lord's Passion on Good Friday on April 22, 2011 at Saint Peter's Basilica at The Vatican. Pope Benedict XVI, celebrates the Passion of the Lord in the afternoon before presiding over the stations of the Cross, re-enacting Jesus Christ's final hours and crucifixion, later in the evening at Rome's Colosseum.

Meditazioni per la Settimana Santa: dalla Domenica delle Palme alla santa Pasqua


[Modificato da Caterina63 22/04/2011 19:36]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740722] 7 video per ognuna delle 7 domande rivolte al Papa con relative risposte


www.youtube.com/watch?v=UsGfG6CXa1w&feature=player_embedded

[SM=g1740717]

www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=3_Jms30Lj94

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www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Rs6VHYDlKMY

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www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=OSVfB7XwEYM

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www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ON1csFcBFgc

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www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-E2WhQxsCJA

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www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=T2OLlinvZrg


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[SM=g1740733] La veglia di Loreto settembre 2007 -
Le domande di Piero e Giovanna e la risposta di Benedetto XVI


www.youtube.com/watch?v=3lX7bjx9KYA&feature=related

[SM=g1740717]

www.youtube.com/watch?v=pG9uOSp79ww&feature=related

[SM=g1740717]


RISPOSTE DEL SANTO PADRE ALLE DOMANDE
DEI GIOVANI PARTECIPANTI ALLA VEGLIA
Domanda posta dai giovani Piero Tisti e Giovanna Di Mucci
:

"A molti di noi giovani di periferia manca un centro, un luogo o persone capaci di dare identità. Siamo spesso senza storia, senza prospettive e perciò senza futuro. Sembra che ciò che aspettiamo veramente non capiti mai. Di qui l'esperienza della solitudine e, a volte, selle dipendenze. Santità, c'è qualcuno o qualcosa per cui possiamo diventare importanti? Com'è possibile sperare, quando la realtà nega ogni sogno di felicità, ogni progetto di vita?".

Risposta del Santo Padre:

Grazie per questa domanda e per la presentazione molto realistica della situazione. Circa le periferie di questo mondo con grandi problemi non è adesso facile rispondere e non vogliamo vivere in un facile ottimismo, ma, d’altra parte, dobbiamo avere coraggio e andare avanti. Così anticiperei la sostanza della mia risposta: “Sì c’è speranza anche oggi, ciascuno di voi è importante, perché ognuno è conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un suo progetto. Dobbiamo scoprirlo e corrispondervi, perché sia possibile, nonostante queste situazioni di precarietà e di marginalità, realizzare il progetto di Dio su di noi. Ma, per andare ai dettagli, Lei ci ha presentato realisticamente la situazione di una società: nelle periferie sembra difficile andare avanti, cambiare il mondo per il meglio. Tutto sembra concentrato nei grandi centri del potere economico e politico, le grandi burocrazie dominano e chi si trova nelle periferie realmente sembra essere escluso da questa vita. Allora un aspetto di questa situazione di emarginazione di tanti è che le grandi cellule della vita della società, che possono costruire centri anche nella periferia, sono frantumate: la famiglia, che dovrebbe essere il luogo dell’incontro delle generazioni - dal bisnonno fino al nipote - dovrebbe essere un luogo dove si incontrano non solo le generazioni, ma dove si impara a vivere, si imparano le virtù essenziali per vivere, è frantumata, è in pericolo.

Tanto più noi dobbiamo fare il possibile perché la famiglia sia viva, sia anche oggi la cellula vitale, il centro nella periferia. Così anche la parrocchia, la cellula vivente della Chiesa, deve essere realmente un luogo di ispirazione e di vita e di solidarietà che aiuta a costruire insieme i centri nella periferia. E, devo qui dire, si parla spesso nella Chiesa di periferia e di centro, che sarebbe Roma, ma in realtà nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo, lì c’è tutto il centro. Dove si celebra l’Eucaristia, dove c’è il Tabernacolo, c’è Cristo e quindi lì è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a questa emarginazione. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la Chiesa parrocchiale, i movimenti dovrebbero formare altrettanti centri nella periferia e così aiutare a superare le difficoltà che la grande politica ovviamente non supera e dobbiamo nello stesso tempo anche pensare che nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha bisogno della solidarietà, del senso della legalità, dell’iniziativa e della creatività di tutti. So che è più facile dirlo che realizzarlo, ma vedo qui persone che si impegnano perché crescano anche nelle periferie centri, cresca la speranza, e quindi mi sembra che dobbiamo prendere proprio nelle periferie l’iniziativa, bisogna che la Chiesa sia presente che il centro del mondo Cristo sia presente. Abbiamo visto e vediamo oggi nel Vangelo che per Dio non ci sono periferie.

La Terra Santa, nel vasto contesto dell’Impero Romano, era periferia; Nazareth era periferia, una città sconosciuta. E tuttavia proprio quella realtà era, di fatto, il centro che ha cambiato il mondo! E così anche noi dobbiamo formare dei centri di fede, di speranza, di amore e di solidarietà, di senso della giustizia e della legalità, di cooperazione. Solo così può sopravvivere la società moderna. Ha bisogno di questo coraggio, di creare centri, anche se ovviamente non sembra esistere speranza. A questa disperazione dobbiamo opporci, dobbiamo collaborare con grande solidarietà e fare quanto ci è possibile perché cresca la speranza, perché gli uomini possano collaborare e vivere. Il mondo, lo vediamo, deve essere cambiato, ma è proprio la missione della gioventù di cambiarlo! Non lo possiamo fare solo con le nostre forze, ma in comunione di fede e di cammino. In comunione con Maria, con tutti i Santi, in comunione con Cristo possiamo fare qualcosa di essenziale e vi incoraggio e vi invito ad avere fiducia in Cristo, ad avere fiducia in Dio. Stare nella grande compagnia dei Santi e andare avanti con loro può cambiare il mondo, creando centri nella periferia, perché essa realmente diventi visibile e così diventi realistica la speranza di tutti e ognuno possa dire:”Io sono importante nella totalità della Storia. Il Signore ci aiuterà”. Grazie

*******************************************************

Domanda posta dalla giovane Sara Simonetta:

"Io credo nel Dio che ha toccato il mio cuore, ma sono tante le insicurezze, le domande, le paure che porto dentro. Non è facile parlare di Dio con i miei amici; molti di loro vedono la Chiesa come una realtà che giudica i giovani, che si oppone ai loro desideri di felicità e di amore. Di fronte a questo rifiuto avverto tutta la mia solitudine di uomo e vorrei sentire la vicinanza di Dio. Santità, in questo silenzio dov'è Dio?".

Risposta del Santo Padre:

Sì, tutti noi anche se credenti conosciamo il silenzio di Dio. Nel Salmo che abbiamo adesso recitato c’è questo grido quasi disperato: “Parla Dio, non ti nascondere!” e poco fa è stato pubblicato un libro con le esperienze spirituali di Madre Teresa e quanto sapevamo già si mostra ancora più apertamente: con tutta la sua carità, la sua forza di fede, Madre Teresa soffriva del silenzio di Dio. Da una parte, dobbiamo sopportare questo silenzio di Dio anche per potere capire i nostri fratelli che non conoscono Dio. Dall’altra, con il Salmo possiamo sempre di nuovo gridare a Dio: “ Parla, mostrati!”. E senza dubbio nella nostra vita , se il cuore è aperto, possiamo trovare i grandi momenti nei quali realmente la presenza di Dio diventa sensibile anche per noi. Mi ricordo in questo momento di una piccola storia che Giovanni Paolo II ha raccontato negli Esercizi da lui predicati in Vaticano quando non era ancora Papa. Ha raccontato che dopo la guerra è stato visitato da un ufficiale russo che era scienziato, il quale gli ha detto da scienziato: “ Sono sicuro che Dio non esiste. Ma se mi trovo in montagna, davanti alla sua maestosa bellezza, davanti alla sua grandezza, sono ugualmente sicuro che il Creatore esiste e che Dio esiste”.

La bellezza della Creazione è una delle fonti dove realmente possiamo toccare la bellezza di Dio, possiamo vedere che il Creatore esiste ed è buono, che è vero quanto la Sacra Scrittura dice nel racconto della Creazione, che cioè Dio ha pensato e fatto con il suo cuore, con la sua volontà, con la sua ragione questo mondo e lo ha trovato buono. Anche noi dobbiamo essere buoni, per avere il cuore aperto a percepire la vera presenza di Dio. Poi sentendo la Parola di Dio nelle grandi celebrazioni liturgiche, nelle feste della fede, nella grande musica della fede, sentiamo questa presenza. Mi ricordo in questo momento di un’altra piccola storia che mi ha raccontato poco tempo fa un vescovo in visita “ad limina”: c’era una donna non cristiana molto intelligente che cominciava a sentire la grande musica di Bach, Haendel, Mozart. Era affascinata e un giorno ha detto: “Devo trovare la fonte da dove poteva venire questa bellezza”, e la donna si è convertita al Cristianesimo, alla fede cattolica., perché aveva trovato che questa bellezza ha una fonte, e la fonte è la presenza di Cristo nei cuori, è la rivelazione di Cristo in questo mondo. Quindi, grandi feste della fede, della celebrazione liturgica, ma anche il dialogo personale con Cristo: Lui non sempre risponde, ma ci sono momenti in cui realmente risponde. Poi l’amicizia, la compagnia della fede.

Adesso, qui riuniti a Loreto, vediamo come la fede unisce, l’amicizia crea una compagnia di persone in cammino. E sentiamo che tutto questo non viene dal nulla, ma realmente ha una fonte, che il Dio silenzioso è anche un Dio che parla, che si rivela e soprattutto che noi stessi possiamo essere testimoni della sua presenza, che dalla nostra fede risulta realmente una luce anche per gli altri. Quindi direi, da una parte dobbiamo accettare che in questo mondo Dio è silenzioso, ma non essere sordi al suo parlare, al suo apparire in tante occasioni e vediamo soprattutto nella Creazione, nella bella liturgia, nell’amicizia all’interno della Chiesa, la presenza del Signore e, pieni della sua presenza, possiamo anche noi dare luce agli altri. Così vengo alla seconda o alla prima parte della sua domanda: difficile parlare agli amici di oggi di Dio e forse ancora più difficile che parlare della Chiesa, perché vedono in Dio solo il limite della nostra libertà, un Dio di comandamenti, di divieti e nella Chiesa un’istituzione che limita la nostra libertà, che ci impone delle proibizioni. Ma dobbiamo cercare di rendere visibile a loro la Chiesa viva, non questa idea di un centro di potere nella Chiesa con queste etichette, ma le comunità di compagnia nelle quali nonostante tutti i problemi della vita, che ci sono per tutti, nasce la gioia di vivere.

Qui mi viene in mente un terzo ricordo. Sono stato in Brasile e nella Fazenda da Esperança, questa grande realtà dove i drogati vengono curati e ritrovano la speranza, ritrovano la gioia di vivere e hanno testimoniato che proprio lo scoprire che Dio c’è ha significato per loro la guarigione dalla disperazione. Così hanno capito che la loro vita ha un senso e hanno ritrovato la gioia di essere in questo mondo, la gioia di affrontare i problemi della vita umana. Quindi in ogni cuore umano nonostante tutti i problemi che ci sono, c’è la sete di Dio e dove Dio scompare, scompare anche il sole che da luce e gioia. Questa sete di infinito che è nei nostri cuori si dimostra proprio anche nella realtà della droga: l’uomo vuole allargare lo spessore della vita, avere di più dalla vita, avere l’infinito, ma la droga è una menzogna, una truffa, perché non allarga la vita, ma distrugge la vita. Vera è la grande sete che ci parla di Dio e ci mette in cammino verso Dio, ma dobbiamo aiutarci reciprocamente. Cristo è venuto proprio per creare una rete di comunione nel mondo, dove tutti insieme possiamo portarci l’un l’altro e così aiutarci a trovare insieme la strada della vita e capire che i Comandamenti di Dio non sono limitazioni della nostra libertà, ma le strade che guidano verso l’altro, verso la pienezza della vita.

Preghiamo il Signore perché ci aiuti a capire la sua presenza, ad essere pieni della sua Rivelazione, della sua gioia, ad aiutarci l’un l’altro nella compagnia della fede per andare avanti, e trovare sempre più con Cristo il vero volto di Dio e così la vera vita.

* * *


[SM=g1740738]
[Modificato da Caterina63 22/04/2011 23:54]
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