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LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA che cosa è e di cosa parla

Ultimo Aggiornamento: 28/08/2012 15:04
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01/05/2012 14:20
 
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI ALLA XVIII SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI, 30.04.2012


Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Prof. Mary Ann Glendon, e ai partecipanti alla XVIII Sessione Plenaria della Pontificia Accademia (27 aprile - 1° maggio 2012) sul tema: "The Global Quest for Tranquillitatis Ordinis. Pacem in terris, Fifty Years Later":


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


A Sua Eccellenza la Professoressa Mary Ann Glendon
Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali


Sono lieto di salutare lei e tutti coloro che si sono riuniti a Roma per la XVIII Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Avete scelto di celebrare il cinquantesimo anniversario della Lettera enciclica Pacem in terris del beato Giovanni XXIII esaminando il contributo dato da questo importante documento alla dottrina sociale della Chiesa.
Al culmine della guerra fredda, quando il mondo stava ancora venendo a patti con la minaccia costituita dall'esistenza e dalla proliferazione di armi di distruzione di massa, Papa Giovanni scrisse quella che è stata definita «una lettera aperta al mondo».

Era un appello sentito di un grande Pastore, vicino al termine della propria vita, affinché la causa della pace e della giustizia venisse promossa con vigore in ogni settore della società, a livello nazionale e internazionale. Mentre lo scenario politico globale è notevolmente cambiato nel mezzo secolo trascorso da allora, la visione proposta da Papa Giovanni ha ancora molto da insegnarci mentre lottiamo per affrontare le nuove sfide per la pace e per la giustizia nell'era post guerra fredda, tra la continua proliferazione degli armamenti.

«Infatti non si dà pace fra gli uomini se non vi è pace in ciascuno di essi, se cioè ognuno non instaura in se stesso l'ordine voluto da Dio» (Pacem in terris n. 88). Al centro della dottrina sociale della Chiesa c'è l'antropologia che riconosce nella creatura umana l'immagine del Creatore, dotata d'intelligenza e di libertà, capace di conoscere e di amare. Pace e giustizia sono frutto del giusto ordine, che è iscritto nella creazione stessa, scritto nel cuore umano (cfr. Rm 2, 15) e pertanto accessibile a tutte le persone di buona volontà, a tutti i «pellegrini di verità e di pace». L'enciclica di Papa Giovanni era ed è un forte invito a impegnarsi in quel dialogo creativo tra la Chiesa e il mondo, tra i credenti e i non credenti, che il concilio Vaticano II si è proposto di promuovere. Offre una visione profondamente cristiana del posto che occupa l'uomo nell'universo, fiduciosa che così facendo propone un messaggio di speranza a un mondo che ha fame di essa, un messaggio che può risuonare tra le persone di ogni credo e di nessun credo, poiché la sua verità è accessibile a tutti.
In questo stesso spirito, dopo che gli attacchi terroristici hanno scosso il mondo nel settembre 2001, il beato Giovanni Paolo II ha ribadito che «non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002).

Il concetto di perdono deve inserirsi nel dibattito internazionale sulla risoluzione dei conflitti, al fine di trasformare il linguaggio sterile della reciproca recriminazione, che non conduce da nessuna parte.

Se la creatura umana è fatta a immagine di Dio, un Dio di giustizia che è «ricco di misericordia» (Ef 2, 4), allora queste qualità devono riflettersi nella conduzione degli affari umani. È la combinazione di giustizia e perdono, di giustizia e grazia, a essere al centro della risposta divina al peccato umano (cfr. Spe salvi n. 44), al centro, in altre parole, dell'«ordine stabilito da Dio» (Pacem in terris n. 1). Il perdono non è negazione del male, ma partecipazione all'amore salvifico e trasformatore di Dio, che riconcilia e guarisce.
Quanto è stata eloquente, dunque, la scelta del tema dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi del 2009: «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace». Il messaggio portatore di vita del Vangelo ha recato speranza a milioni di africani, aiutandoli a superare le sofferenze inflitte loro da regimi repressivi e conflitti fratricidi. In modo analogo, l'Assemblea del 2010 sulla Chiesa in Medio Oriente ha sottolineato i temi della comunione e della testimonianza, l'unità del pensiero e dell'anima che caratterizza coloro che s'impegnano a seguire la luce della verità.

I torti storici e le ingiustizie possono essere superati solo se gli uomini e le donne sono ispirati da un messaggio di guarigione e di speranza, un messaggio che offre una via per andare avanti, per uscire dall'impasse che spesso imprigiona le persone e le nazioni in un circolo vizioso di violenza. Dal 1963 alcuni conflitti che all'epoca sembravano irrisolvibili sono diventati storia. Facciamoci coraggio, dunque, mentre lottiamo per la pace e la giustizia nel mondo attuale, fiduciosi che la nostra ricerca comune dell'ordine stabilito da Dio, di un mondo in cui la dignità di ogni persona umana riceva il rispetto che le è dovuto, può dare frutto e lo darà.


Affido le vostre deliberazioni alla guida materna di Nostra Signora, Regina della Pace. A lei, Monsignor Sánchez Sorondo, e a tutti i partecipanti alla XVIII Sessione Plenaria, imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.


Dal Vaticano, 27 aprile 2012


BENEDICTUS PP. XVI

[SM=g1740771]


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Il radiomessaggio di Pio XII: una vera "enciclica sociale"


Il saluto di Monsignor dal Covolo ai partecipanti al convegno della Lateranense dedicato a papa Pacelli


ROMA, mercoledì, 16 maggio 2012 (ZENIT.org) - Riportiamo di seguito il saluto di monsignor Enrico dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, durante l'incontro Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942, svoltosi oggi nell'Aula Paolo VI dell'Ateneo.

***

Eminenza Reverendissima,

Illustri Ospiti,

Professori e Studenti,

Amici tutti,

esprimo un sincero compiacimento agli organizzatori di questo convegno, in particolar modo al drappello dei membri, solerti e attivi, del “Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII”, che da tempo, oramai, e con iniziative diverse, contribuiscono alla conoscenza dei poliedrici insegnamenti di questo venerabile Pontefice che – come auspichiamo – presto la Chiesa onorerà come beato.

Ancor oggi, purtroppo, quando si parla del venerabile Pio XII si solleva la questione del suo presunto “silenzio” durante la tragedia dell’Olocausto. Anche se gli storici seri, di qualsiasi orientamento ideologico e di qualunque appartenenza religiosa, hanno mostrato l’infondatezza di questa obiezione – come sicuramente ci ricorderà anche il dottor Tornielli –, l’argomento rischia di far passare in oblio altri aspetti importantissimi dell’attività e del magistero di questo Papa, nonostante il pur cospicuo numero di simposi di vario genere e di pubblicazioni registrato cinque anni fa, in occasione del cinquantesimo anniversario del suo pio transitus.

Il convegno odierno si colloca dunque in un ampio contesto, scientificamente pregevole, di riscoperta degli insegnamenti di Papa Pacelli.

In particolar modo, il tema affrontato è Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942. Ritengo che ricordare, a distanza di 70 anni, questo messaggio sia di non poca importanza per il vissuto ecclesiale e per le sfide culturali e sociali che stiamo affrontando.

1. Anzitutto, quel famoso radiomessaggio è di non poca importanza per il vissuto ecclesiale. Ne spiego la ragione che, a me, appare duplice.

In primo luogo perché esso rappresenta una delle fonti più ricche e articolate di quella forma del sapere cristiano, che conosciamo come “Dottrina sociale della Chiesa”. I temi affrontati nel radiomessaggio del 1942 spaziano dall’economia ai rapporti tra gli stati, dai fondamenti dell’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale, fino alla pace tra i popoli e nella compagine sociale.

Si trattò di un intervento così poderoso, da potersi paragonare a una sorta di “enciclica sociale” non scritta da parte di Papa Pacelli. Non ci sorprende, dunque, che il documento più completo in materia di Dottrina sociale della Chiesa, ossia il “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” citi per sei volte riferimenti al radiomessaggio del 1942.

Vi è anche un’altra ragione, che rende significativo il radiomessaggio del 1942 per il vissuto ecclesiale odierno.

Come è noto, la Chiesa intera celebra il cinquantesimo anniversario della celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, e anche la PUL si è attivata con una serie di iniziative di notevole livello scientifico. Orientati dai moniti del Papa Benedetto XVI, tutti desideriamo evitare di adoperare la cosiddetta “ermeneutica della discontinuità”, sostenuta da opposte fazioni, per adottare, invece, quella – teologicamente più convincente – della “continuità”.

In effetti, un’ammirevole continuità collega il magistero di Pio XII a non pochi dei documenti conciliari. Se ciò è noto per i legami che sussistono, ad esempio, tra la Mediator Dei e la Sacrosanctum Concilium, tra la Mystici Corporis e la Lumen Gentium, credo che pure la cosiddetta “apertura al mondo”, che costituisce una delle scelte conciliari più rilevanti, non sarebbe stata pensabile senza il cospicuo magistero sociale del Papa Pio XII.

Oserei dire: senza il radiomessaggio del 1942, cui si associano quelli non meno considerevoli del 1941 e del 1944, non avremmo avuto elementi dell’impalcatura dottrinale della stessa costituzione Gaudium et Spes.

Auspico che il convegno odierno e altre iniziative, che seguiranno, possano illuminare tale aspetto e consolidare così l’approccio ermeneutico al Concilio Vaticano II, tanto raccomandato dal Papa Benedetto XVI.

2. Inoltre,l’argomento affrontato nel convegno di quest’oggi è significativo per le sfide che la società tout court sta affrontando drammaticamente. Nel 1942 l’umanità era sconvolta dalla tragedia della seconda guerra mondiale e il Papa Pio XII, mentre ancora non si intravedeva l’esito di quel conflitto di proporzioni mai sperimentate nella storia fino a quel momento, levò la sua voce autorevolissima per indicare principi e criteri per la ricostruzione spirituale, morale, economica e giuridica della società.

Oggi la società mondiale non è dilaniata da un conflitto armato, ma è percorsa da una crisi finanziaria, i cui sbocchi appaiono incerti e preoccupanti. La Chiesa, esperta in umanità, offre il suo contributo di azione e di pensiero, affermando che ogni soluzione non potrà ignorare, pena il fallimento dei tentativi, la dimensione etica e spirituale delle operazioni di rinnovamento, proprio come il Papa Pio XII ricordò ai belligeranti e agli uomini di buona volontà nel 1942.

Inoltre, quel celebre radiomessaggio egli costituì – e non uso un’espressione iperbolica – la magna charta del personalismo cristiano, ponendo a fondamento della società la persona umana, con la sua dignità inalienabile e i suoi diritti fondamentali, soprattutto in quanto lavoratore e in quanto membro di una famiglia fondata sul matrimonio.

Dalla ricchissima dottrina del personalismo, formulata ai tempi di Pio XII da pensatori del calibro di Gilson, Mounier, Maritain, purificata in qualche suo elemento meno convincente proprio dal magistero di Papa Pacelli, poi destinata a svilupparsi in concetti quali quello dell’ “umanesimo integrale”di Paolo VI, possiamo trarre motivi di speranza e di rinnovamento per rispondere anche alle gravissime sfide dei nostri giorni.

Mi piace perciò concludere il mio saluto, sinceramente affettuoso per ciascuno di voi, con una citazione tratta dal radiomessaggio del 1942: “Origine e scopo essenziale della vita sociale vuol essere la conservazione, lo sviluppo e il perfezionamento della persona umana”.


[SM=g1740722]

[Modificato da Caterina63 20/05/2012 00:54]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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