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Padre Riccardo Barile O.P. spiega la Liturgia, quella Domenicana e la Riforma (imperdibile)

Ultimo Aggiornamento: 01/10/2011 18:35
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27/09/2011 09:57
 
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[SM=g1740722] Amici, vi offriamo tre file interessanti ed imperdibili attraverso i quali, Padre Riccardo Barile O.P. spiega molte cose sulla Liturgia denunciandone gli abusi, invitando all'amore autentico...


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PRIMO FILE
www.gloria.tv/?media=190273


Ogni buon cuoco conosce l’arte di riutilizzare gli avanzi e ciò che vedete e sentite sono gli avanzi utilizzati e non utilizzati per un video/filmato in argomento, che qui viene riproposto nella sua prima parte, ma rielaborato e aumentato nei contenuti e nelle immagini, anche se ovviamente non si utilizzano filmati.
In questa prima parte sarà possibile vedere i quattordici modi di pregare di san Domenico con le immagini tratte da un codice manoscritto conservato nel Convento Patriarcale di San Domenico in Bologna. Si tratta di un inedito e di una prima assoluta.

P. Riccardo Barile


[SM=g1740717]


[SM=g1740722] SECONDO FILE
www.gloria.tv/?media=194019


San Domenico morì il 6 agosto 1221 e dopo di lui i frati dovettero rimodellare la loro preghiera, dandole una fisionomia più stabile, e anche fondare o sostenere una preghiera del popolo, che non sempre era direttamente liturgica.

In questa seconda parte sarà riproposto - alla buona - il canto dell’antifona Media vita, quella che faceva piangere san Tommaso d’Aquino.
P. Riccardo Barile


[SM=g1740717]

[SM=g1740722] TERZO FILE
www.gloria.tv/?media=196851


Lo sapete che alcuni (giovani) frati domenicani ogni tanto e con solennità celebrano secondo il rito domenicano in vigore prima del Vaticano II?

Nel video sono visibili immagini che documentano questo fenomeno “di ritorno” - ma è veramente “di ritorno”? -, oltre ad altre immagini più “normali” e financo “di sinistra”.

Insomma, ce n’è per tutti i gusti.
P. Riccardo Barile



[SM=g1740717]

[SM=g1740738]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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SUL MESSALE DI SAN PIO V

SONO COSTRUITE LE CATTEDRALI

 

Dal rispetto per il Motu Proprio

capisci quanto i vescovi amano il papa

Tanti riti etnici: “Purchè nulla via sia di superstione ed errore”. Questa monolitica diversità. Le cattedrali sono costruite sul messale di Pio V. Se la liturgia è un dono di Dio, allora è indisponibile: alle manipolazioni e alle proibizioni. La prima Rivoluzione fu quella della superbia: il protestantesimo. Lo “scisma sommerso” del Nord-Europa: lo vedi nei vescovi che si oppongono al Motu Proprio.




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Il Messale di san Pio V non è solo un rito liturgico che può essere messo al pari dei vari riti: è la liturgia su cui si è basata la Chiesa di sant’Ignazio, di san Tommaso, di santa Teresa. È la liturgia che ha ispirato la costruzione di chiese e cattedrali, fatte per Dio e per gli uomini suoi figli. È la liturgia del Sacrificio del Redentore. Ed è forse proprio questa prospettiva che la rende minacciosa. Con certe errate interpretazioni postume del CVII, è passata una concezione festaiola, un’idea incentrata maggiormente sul banchetto eucaristico: si è sottolineato più l’aspetto conviviale che quello sacrificale. Tuttavia, se l’Agnello non viene ammazzato, allora non ci si può cibare di Lui.



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Di Riccardo Rodelli


TANTI RITI ETNICI. “PURCHÈ NULLA VIA SIA DI SUPERSTIONE ED ERRORE”

Il Motu Proprio Summorum Pontificum, entrato in vigore come lex specialis della Chiesa Apostolica Romana il 14 settembre 2007, ha aperto più scenari rispetto  alle  “sole” indicazioni giuridiche e liturgiche per la corretta celebrazione della Santa Messa tridentina,  secondo il Messale promulgato nel 1962 da Papa Giovanni XXIII.

I punti che mi hanno particolarmente colpito sono due e tra loro vanno nettamente distinti.

Il primo è quello più visibile: la dichiarazione che il rito liturgico tridentino non è mai stato abrogato e che deve essere rilanciato nella vita della Chiesa, in ossequio alla Sacrosantum Concilium del 1963. Il secondo punto, riguarda un problema che non deriva dal primo, ma che ha origine con la riforma protestante nel Cinquecento ad opera di Martin Lutero e riguarda l’obbedienza al Papa, e il divieto di interpretazione personale del Magistero della Chiesa. Oltre alla fede in Dio, ciò che distingue un cattolico da un protestante è l’obbedienza al Papa, quale Vicario di Cristo.

La Chiesa romana riconosce al proprio interno una varietà di riti liturgici, forme che rispettano e rispecchiano culture, usi e sensibilità dei popoli che si sono nei secoli convertiti al cattolicesimo, ma che non hanno perso il proprio carattere identitario. Appartiene alla stessa natura del cristianesimo, infatti, riprendere e far proprio ciò che di buono si trova nelle varie culture, promuovendo e sviluppando, senza reprimere. Alcuni esempi possono essere: i riti ambrosiano, copto, marionita, siro-malabarese. Regola di buon senso, che già ritroviamo nella precedente cultura della Roma imperiale, che prevedeva di non imporre le divinità latine e di mantenere la religione dei popoli conquistati, purché questi fossero rispettosi nei confronti di certe norme imposte da Roma.

Tale regola di buon senso viene inserita nella Sacrosantum Concilium, (n. 37): “La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; rispetta anzi e favorisce le qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ciò poi che nel costume dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purché possa armonizzarsi con il vero e autentico spirito liturgico”. Per dirlo con le parole del card. Dario Castrillòn Hoyos, pronunciate durante l’omelia del 24 maggio del 2003 in Santa Maria Maggiore: “Ciò che unisce la diversità di questi riti è la stessa fede nel Mistero Eucaristico, la cui professione ha sempre assicurato l’unità della Chiesa, Santa, Cattolica ed Apostolica”.

 

 

QUESTA MONOLITICA DIVERSITÀ

L’esaltazione delle differenze, delle peculiarità e delle differenti sensibilità è propria della Chiesa e la ritroviamo nell’esistenza stessa di vari ordini religiosi, dai quali provengono innumerevoli santi: domenicani, francescani, gesuiti, carmelitani, etc. Questi ordini, nei secoli hanno avuto anche ruoli fondamentali per la difesa della Chiesa: basti considerare il ruolo dei domenicani nella lotta alle eresie protestanti; quello dei francescani; l’opera di conversione ad opera dei gesuiti nelle Americhe. Funzioni differenti, compiti differenziati per uomini diversi.Ordini che hanno conosciuto prestigio e fama ma secondo un disegno misterioso, in modo altalenante, ad evitare che a venire esaltato fosse uno di questi e non la grandezza generale della Chiesa, nella sua Universalità. Una Chiesa è ricca quando esalta ogni vero carisma, il cuore di ogni fedele. Il Santo Padre lo scorso 15 settembre, in occasione della nomina di alcuni vescovi, così si è espresso: La recente Giornata Mondiale della Gioventù ha mostrato, ancora una volta, la fecondità della ricchezza dei carismi nella Chiesa e l’unità ecclesiale di tutti i fedeli riuniti intorno al Papa ed ai vescovi. Una vitalità che rafforza l’opera di evangelizzazione e la presenza della Chiesa nel mondo. Questa esaltazione delle differenze, in comunione con Roma e il Magistero, non è altro che il richiamo a quella figura del primo buon pastore, Gesù, che lascia nel recinto sicuro le novantanove pecore, per mettersi alla ricerca di una sola che si era smarrita, o il richiamo alla donna che ha dieci monete e ne perde una, ma accende la lucerna, spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova. Il Vangelo conclude: “…Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per 99 giusti che non han bisogno di conversione” (Lc 15, 7). La Chiesa abbraccia e rende liberi. Quello che continua a fare il Papa, con gli anglicani, con la Fraternità San Pio X. Il Santo Padre, in questi anni di pontificato, ha dato una corretta lettura del CVII, privilegiando l’ “ermeneutica della continuità o della riforma” che vede il Concilio in rapporto ai precedenti atti del Magistero preconciliare.

 

 

LE CATTEDRALI SONO COSTRUITE SUL MESSALE DI PIO V

Il Messale di san Pio V è stato elaborato nel 1590 nella sua totalità e riprende il canone che è presente nella Chiesa Cattolica Romana dal 400 – periodo in cui visse Sant’Ambrogio – cioè mille anni precedenti alla stesura del messale Romano. Il Messale di san Pio V non è solo un rito liturgico che può essere messo al pari dei vari riti, cui prima si è fatto riferimento: è la liturgia su cui si è basata la Chiesa di sant’Ignazio, di san Tommaso, di santa Teresa. È la liturgia che ha ispirato la costruzione di chiese e cattedrali, fatte per Dio e per gli uomini suoi figli. È la liturgia del Sacrificio del Redentore. Ed è forse proprio questa prospettiva che la rende minacciosa. Con certe errate interpretazioni postume del CVII, è passata una concezione festaiola, un’idea incentrata maggiormente sul banchetto eucaristico: si è sottolineato più l’aspetto conviviale che quello sacrificale. Tuttavia, se l’Agnello non viene ammazzato, allora non ci si può cibare di Lui. Se non si passa dalla Croce, che è luogo di morte, ma anche presupposto di resurrezione, allora non comprenderemo mai (per comprensione intendo una comprensione del cuore, più che una semplice elaborazione di dati ad opera del nostro cervello) il significato della Santa Messa. Il Sacerdote celebra, nella Messa, il Mistero di Cristo: “In questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto ed immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si offrì una sola volta in modo cruento sull’altare della croce” (CCC n. 1367). Il Sacrificio Eucaristico è primariamente celebrato per la maggior gloria del Dio vivente e per la salvezza dei suoi figli. Ci ricorda ancora il Catechismo: “La celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione” (CCC, n.1382)

 

 

SE LA LITURGIA È UN DONO DI DIO, ALLORA È INDISPONIBILE: A MANIPOLAZIONI E PROIBIZIONI

"Prese nelle sue sante e venerabili mani questo glorioso calice"

La rinascita del rito latino non è che un modo per la Chiesa di rilanciare quel patrimonio che le è proprio, che è dono di Dio e che opera per la salvezza delle anime. Infatti sempre la Sacrosantum Concilium, al n. 5 afferma: “Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), «dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto dallo Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti , «medico di carne e di spirito» , mediatore tra Dio e gli uomini . Infatti la sua umanità, nell’unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per questo motivo in Cristo «avvenne la nostra perfetta riconciliazione con Dio ormai placato e ci fu data la pienezza del culto divino ». Quest’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell’Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale «morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita». Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa.

Questo sta a significare che se la Liturgia viene da Dio diventa indisponibile per l’uomo. Indisponibilità che riguarda non solo il quomodo ma anche l’an. Ecco perché non se ne può fare divieto e non può essere oggetto di manipolazioni.

 

 

LA PRIMA RIVOLUZIONE FU QUELLA DELLA SUPERBIA: IL PROTESTANTESIMO

Il santo pensatore e teologo della storia brasiliano Plinio Correa de Oliveira. Autore di un'opera di capitale importanza per il militante cattolico: "Rivoluzione e Controrivoluzione"

Il secondo punto, in realtà, mi affascina più del primo. Perché riguarda l’aspetto di libertà della vita di ogni fedele, sia esso laico, sia esso appartenente al clero.

Plinio Correa De Oliveira scrisse nel 1959 il saggio di teologia della storia che lo rese famoso, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.

In questo saggio, l’autore mostra le opere del demonio nella società. Se è vero che l’obiettivo di satana è la dannazione dell’uomo e che per questo lo tenta, è vero anche che la sua opera non si esaurisce negli attacchi contro l’uomo, ma mira anche a colpire l’ordine sociale.  Per ordine sociale si deve intendere, secondo Correa de Oliveira: “la pace di Cristo nel regno di Cristo, ossia la Civiltà Cristiana, austera e gerarchica, fondamentalmente sacra, anti-egualitaria ed antiliberale“.

Rivoluzione, per lui, vuol dire: .. un movimento che mira alla distruzione di un potere o di un ordine legittimo e all’instaurazione al suo posto di uno stato di cose, o di un potere illegittimo.

La prima grande rivoluzione è quella della Riforma protestante, cioè l’insuperbirsi del singolo uomo, la pretesa di conoscere le verità di fede, autonomamente, senza l’ausilio interpretativo del Magistero della Chiesa. L’obbedienza al Vicario di Cristo, salta per orgoglio incontrollato e dà origine al protestantesimo. Questa eresia causò, nei paesi in cui prende maggior vigore, una nascita di innumerevoli riti e dottrine, non più uniformate nella successione apostolica, ma lasciate alla libera interpretazioni di sedicenti pastori. Il protestantesimo attaccava l’autorità papale, ma generava innumerevoli “papi”, ognuno a capo di gruppi di fedeli, gettando nel dubbio lo stesso sacerdozio gerarchico e riducendolo a una semplice delegazione del popolo, unico vero detentore del potere sacerdotale. “Sul piano morale, il trionfo della sensualità si affermò con la soppressione del celibato e con l’introduzione del divorzio(Rivoluzione e Controrivoluzione, p. 73).

Tutto questo come conseguenza della “sola scrittura”, senza tener conto del richiamo dell’apostolo Pietro: “Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica, va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio”, (1 Pt 1, 20-21).

 

 

LO “SCISMA SOMMERSO” DEL NORD-EUROPA: LO VEDI NEI VESCOVI CHE SI OPPONGONO AL MOTU PROPRIO

Il seme velenoso del protestantesimo non è stato estirpato. E’ ancora operante fuori dalla Chiesa, come in Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Né è stato isolato, nel senso che questo tipo di eresia è interna alla Chiesa stessa, in quello che il mio amico don Claudio Hitaj chiama lo “scisma sommerso”. Sono le stesse forme che stanno emergendo con maggiore forza nella chiesa austriaca e in quella parte di chiesa che osteggia il Motu Proprio. Martin Lutero non è nato dal caso, ma da una silente ostilità al Magistero. Come  un certo clero austriaco si sta allontanando gradualmente dall’autorità petrina, così i vescovi che si oppongono all’istruzione del Motu Proprio si rendono responsabili di disobbedienza verso il Santo Padre, che vorrebbe invece una loro partecipazione attiva nell’attuazione della lex specialis, per il bene della Chiesa e delle anime. Queste manifestazioni più o meno silenti di dissenso, presenti nella Chiesa Apostolica Romana, non sono altro che alcuni residui virali di una malattia scoppiata cinquecento anni fa.

Se la Chiesa, con atto d’amore, riconosce ed approva i vari riti liturgici per le anime dei fedeli, come devono interpretarsi il rifiuto e l’ostilità di alcuni vescovi, che antepongo il loro giudizio, non conforme a quello del Papa, sui riti da celebrare nelle loro diocesi? Se il Santo Padre, per il bene delle anime, ridona alla Chiesa il Messale di San Pio V – messale che sta indiscutibilmente attraendo giovani e meno giovani, sicuramente convinti del rito al quale partecipano – come  si devono considerare quei vescovi, che, senza nessuna autorità concessa loro dal diritto canonico, proibiscono ed ostacolano tale celebrazione?

 Oremus pro Pontifice nostro Benedicto.

Et non tradat eum in animam inimicorum eius!








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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