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Novembre: Festa liturgica di Tutti i Santi e dei Nostri cari Defunti (2)

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2017 14:48
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31/10/2011 10:22
 
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Nessun cristiano è solo di fronte alla morte


Una riflessione su tutti i fedeli defunti


 

di don Antonio Grappone

ROMA, domenica, 30 ottobre 2011 (Zenit.org) - Le cronache di questi giorni propongono moltissime riflessioni sulla tragica fine del giovane campione di motociclismo Marco Simoncelli, ma soprattutto chi frequenta il web può costatare come la sua morte ha veramente commosso tanta gente, specie i giovani. Non tutti i commenti che abbiamo letto forse sono appropriati, ma anche le reazioni più ciniche non riescono a dissimulare lo smarrimento. Alcuni hanno osservato che l’ingranaggio spietato dei mediaogni giorno ci mette davanti agli occhi la morte di migliaia di persone, spesso in forme molto più terribili di quella toccata a Simoncelli, senza che questo susciti la benché minima reazione. Noi sacerdoti però non ci sorprendiamo più di tanto. A tutti ci è toccato celebrare i funerali di qualche giovane, con la chiesa oltremodo gremita di gente. La morte di un giovane è fuori degli schemi, impone a tutti di interrogarsi seriamente. 

Nel nostro tempo però la questione della morte fa parte di quegli argomenti che vengono abitualmente sottaciuti, nascosti, anzi direi che è il primo ad essere rimosso. Da un lato ne viene dissimulata la dimensione tragica, banalizzandone il significato, basti pensare al silenzio che grava sul tema dell’aborto o alla disinvoltura con cui si cerca di introdurre l’eutanasia, oppure ai goffi tentativi di esorcizzare la paura della morte, come “Halloween”. Ma d’altra parte ne viene nascosto anche il significato esistenziale, quasi fosse una questione che non ci riguarda. Culturalmente sembra che valga di fatto il vecchio sofisma di Epicuro: quando io ci sono la morte non c’è, quando c’è la morte io non ci sono, quindi il problema non esiste, inutile pensarci. Senonché, come tutti possono capire, il problema non è l’istante della morte, ma il morire che ogni giorno ci accompagna, quello nostro e quello dei nostri cari, ed è cosa che non si risolve girandosi dall’altra parte. Cancellare la morte dal panorama della nostra esistenza significa eliminare un elemento fondamentale e certo per comprendere chi siamo e orientare sensatamente le nostre scelte. Facendo una somma, se si salta un addendo il risultato sarà inevitabilmente sbagliato. Voler ignorare la morte comporta inesorabilmente sbagliare la vita.

Ora, la fine tragica di un giovane amato e famoso fa riapparire sulla scena, sia pure per un attimo, la realtà tragica della morte. L’emozione che suscita scuote il nostro essere alla radice e non andrebbe liquidata con superficialità. Ma come interrogarsi serenamente sulla morte? Serenità e morte suonano come un ossimoro, una contraddizione. La morte davvero in sé è una tragedia, la distruzione dell’uomo sulla terra, la conseguenza ultima, il “salario” del peccato, del male, ciò che Dio, come ci insegna il libro della Sapienza, non ha creato e non ha mai voluto. Come vincere la paura? La Chiesa viene in nostro soccorso. A lei il Signore ha affidato le chiavi che aprono le porte della vita. Attraverso la liturgia la Chiesa ci fa presenti le questioni fondamentali dell’esistenza alla luce di Cristo, di Colui che ha assunto la morte rovesciandone il significato. In particolare i primi giorni di novembre sono dedicati alla celebrazione della grande solennità di Tutti i Santi e, il giorno seguente, alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti. È dunque illuminato il mistero della morte in ogni suo aspetto: viene mostrata la meta che siamo chiamati a raggiungere attraversando la morte, ovvero la piena santità e il cielo, e il giorno seguente viene affrontato il senso del difficile combattimento interiore di fronte alla prospettiva della morte.

La commemorazione del 2 novembre davvero ci aiuta. Pregare per i defunti ci permette di sentirne la vicinanza, al di là della privazione della presenza fisica. Ricevere l’Eucaristia consente un incontro vero e profondo con Cristo e quindi con i cari che ci hanno lasciato e vivono uniti a Lui, sia nella condizione della piena gioia del cielo, sia in quella della purificazione del purgatorio. Visitare il cimitero nella fede aiuta a relativizzare ciò che ci angoscia in questo mondo e ad alzare gli occhi al cielo, ritrovando il giusto distacco e la pace interiore. L’intercessione per i defunti ci rassicura e rafforza la speranza per la salvezza: sperimentiamo che nessun cristiano è solo davanti alla morte e neanche di fronte ai danni prodotti in lui dal peccato, ma scopriamo di poterci aiutare l’un l’altro ben al di là degli angusti limiti della vita terrena. Impariamo che il cielo è popolato di anime generose, che ci amano, ci sostengono e ci attendono in paradiso. 

Attenzione, però. Non si tratta di mera ritualità, come è condivisa in qualche modo da tutte le tradizioni religiose di fronte alla morte. La liturgia della Chiesa trae la sua forza dal Mistero Pasquale, dalla vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte. Una vittoria che è piantata nella storia e ci è trasmessa nel Battesimo. Perciò la consolazione della fede non è un’illusione, né tantomeno una scommessa al buio. Essa trae la sua efficacia non dal rito in sé, ma dalla forza della vita cristiana risvegliata dal rito. Se siamo cristiani è perché abbiamo fatto personalmente l’esperienza della vittoria sulla morte, quindi nessuna morte, per quanto dolorosa, può gettarci nello sconforto. Ci sono infatti modi di morire ben più amari e temibili della morte fisica. Fallimenti, delusioni, paure e sofferenze che affliggono la vita degli uomini, gettano nella disperazione fino a indurre paradossalmente al suicidio, pur di sfuggirne. Soprattutto i nostri peccati ci soffocano, che lo riconosciamo o no. Ma il cristiano ha fatto l’esperienza che il Signore ci riscatta dalla morte interiore, ci libera da ogni morte, perdonandoci, rialzandoci dalla disperazione, ricostruendo personalità distrutte, famiglie in crisi, comunità allo sbando… Ogni vero cristiano ha già messo un piede in cielo, porta già in sé la caparra della vita eterna e può affrontare con serenità la questione della morte. Per questo, ben al di là della retorica di occasione di questi giorni, possiamo affidare, pieni di speranza, l’anima di Marco Simoncelli alla misericordia di Dio, pregando perché un giorno possiamo tutti pienamente partecipare, insieme al campione Simoncelli, alla vittoria più grande, la Pasqua di Cristo.

 

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Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum





X - HOMO, MEMENTO MORI - X


La commemorazione dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera in suffragio per le anime purganti di defunti.

Amalario, nel secolo IX, poneva già la memoria di tutti i defunti il 2 novembre, successivamente a quelli dei Santi che erano già in cielo (1° novembre).
E’ solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che questa data del 2 novembre fu dedicata ufficialmente alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio.
La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al suffragio e al ricordo dei defunti.
Nella professione di fede del cristiano noi affermiamo: “Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi…”. Per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio.

In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della grazia, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità della fede, la realizzazione dell’amore. Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso.
Il 2 Novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei defunti.

Ma anche nella messa quotidiana, sempre riserva un piccolo spazio, detto “memento, Domine…”, che vuol dire “ricordati, Signore…” e propone preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio.
La Chiesa, infatti, con i suoi figli è sempre madre e vuole sentirli tutti presenti in un unico abbraccio. Pertanto, mediante e durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico della Santa Messa prega in suffragio dei morti, come per i vivi, perché anch’essi sono vivi nel Signore. Per questo possiamo dire che l’amore materno della Chiesa è più forte della morte.

Nessuno può entrare nella visione e nel godimento di Dio, se al momento della morte, in grazia di Dio, non ha raggiunto la perfezione nell’amore.
Per particolari pratiche, inoltre, come alcune preghiere, la pratica di alcune celebrazioni e le buone opere, la Chiesa offre lo splendido dono delle indulgenze, parziali o plenarie, che possono essere offerte in suffragio delle anime del Purgatorio.

Un'indulgenza parziale o plenaria offre alla persona interessata una parziale o plenaria riduzione delle pene, dovute ai suoi peccati, che sono già stati perdonati. Tale riduzione può essere fruita anche dai defunti, i quali possono essere liberati dalle loro pene parzialmente o totalmente. La commemorazione dei defunti ebbe origine in Francia all’inizio del decimo secolo.

Nel convento di Cluny viveva un santo monaco, l’abate Odilone, che era molto devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze, penitenze, mortificazioni e messe venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio. Si dice che uno dei suoi confratelli, di ritorno dalla Terra Santa, gli raccontò di essere stato scaraventato da una tempesta sulla costa della Sicilia; lì incontrò un eremita, il quale gli raccontò che spesso aveva udito le grida e le voci dolenti delle anime purganti provenienti da una grotta insieme a quelle dei demoni che gridavano contro lui, l’abate Odilone.

Costui, all’udire queste parole, ordinò a tutti i monaci del suo Ordine cluniacense di fissare il 2 Novembre come giorno solenne per la commemorazione dei defunti. Era l’anno 928 d. C. Da allora, quindi, ogni anno la “festa” dei morti viene celebrata in questo giorno.
Da allora quel giorno rappresenta per tutti una sosta nella vita per fare un esame di coscienza, e ricordare con una certa nostalgia il passato, vissuto con i nostri cari che il tempo e la morte han portato via, il bene che coloro che ci hanno preceduti sulla terra hanno lasciato all’umanità.
Il 2 Novembre, poi, con un tremendo monito, ci riporta alla realtà delle cose richiamando la nostra attenzione sulla caducità della vita e alla salvezza della nostra anima.

Questo pensiero richiama il fluire del tempo intorno a noi e in noi. [...]

E ricorda che la morte può arrivare senza alcun preannunzio, improvvisamente. Si dice che la morte sia spaventosa: ma non è tanto la morte in sé a terrorizzarci, quanto piuttosto l’atto del morire ed il giudizio susseguente di dannazione o di salvezza eterna.
E’, infatti, il terrore di un attimo e non dell’eternità a spaventarci. Dunque sorgono molte domande: come sarà quel momento? Quanto durerà? Chi mi assisterà? Sarò solo? Dove sarò? In casa, per strada, al lavoro, mentre prego o sono distratto in altre faccende? Quando mi sorprenderà? Il pensiero di trovarsi soli, faccia a faccia con la morte, vittima ed esecutore, può produrre disagio e paura mentre si è in vita. Eppure per i veri cristiani non dovrebbe essere così. [...]

Per questo, vista nella luce di Dio la morte diventa o dovrebbe diventare un dolce incontro, non un precipitare nel nulla, ma il contemporaneo chiudersi e aprirsi di una porta: la terra e il cielo si incontrano su quella porta. Del resto il pensiero della morte ritorna ogni volta che ci rivolgiamo alla Madonna con la preghiera del Rosario: “Santa Maria, madre di Dio prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”. Si è detto che la morte sia la prova più dura della vita, ma non è vero.

E’ l’unica cosa che tutti sanno di dovere affrontare! Il giovane e il vecchio centenario, l’intelligente e l’idiota, il santo ed il peccatore, il papa e l’ateo. Come passiamo dall’infanzia alla giovinezza, dalla giovinezza alla maturità e poi alla vecchiaia, così si passa dalla vita alla morte. Vista nella luce di Dio la morte diventa un dolce incontro, non un tramonto, ma una bellissima alba annunciatrice della vita eterna con Dio insieme agli angeli e ai santi che ci hanno preceduto in terra.

tratto da un opera di Don Marcello Stanzione

 

[Modificato da Caterina63 02/11/2011 08:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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