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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Interessante analisi sul Concilio da parte della FSSPX

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2018 23:27
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09/03/2011 10:37
 
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 il Blog di una fides, raggiungibile dal link del titolo qui a seguire, pubblica un testo che ritengo molto interessante per i nostri approfondimenti sulla situazione.....
Chiediamo anche l'aiuto dello Spirito Santo per ben leggere i "segni dei tempi" e in questi avere anche il coraggio di riconoscere gli errori compiuti, così come ci auguriamo che anche la FSSPX sappia ben valutare le risorse del ciò che, pur essendo "NUOVO", non è è detto che sia automaticamente e necessariamente negativo....
Vecchio e Nuovo non si contrastano mai, quando alla radice si pongono chiari  i perni dell'ortodossia e della sana Tradizione che cammina nel tempo e tende anch'essa alla perfezione
....

Buona lettura.....

i due corni del dilemma

Pubblichiamo questo interessantissimo intervento del superiore della Fraternità San Pio X per il distretto della Francia; in  buona sostanza si vede come i due corni del dilemma, salvare la Tradizione e con essa la Chiesa o salvare il Concilio e con esso una delle modalità del Magistero supremo della Chiesa, sostanzialmente non possano essere superati e risolti senza affrontare la grande questione del Concilio. Ora poiché c'è qualcosa che è superiore sia alla Chiesa che al Magistero supremo e ciò è la salvezza delle anime, per il bene delle anime sembra giunta l'ora di un ripensamento del Concilio ai massimi livelli: un'occasione propizia potrebbe essere data dal fatto che il prossimo anno ricorre in ottobre il 50° anniversario di apertura del Concilio. Preghiamo perchè il bene della anime nella Chiesa richiede grande fede e grandi sacrifici.

LETTERA AI NOSTRI CONFRATELLI SACERDOTI
Quale rapporto tra il Vaticano II e la crisi?


Lettera trimestrale per le relazioni della Fraternità San Pio X con il clero francese

Quale rapporto tra il Vaticano II e la crisi?

E’ già un anno che i colloqui dottrinali auspicati dalla Fraternità San Pio X e stabiliti dal Sommo Pontefice si svolgono regolarmente tra gli esperti della Congregazione per la Dottrina della Fede ed i rappresentanti della Fraternità San Pio X. Queste conversazioni dottrinali proseguono con la discrezione richiesta da un’iniziativa così importante e difficile. E’ impossibile, e sarebbe insensato, pensare di lavorare su questioni complesse e sottili sotto l’occhio delle telecamere della televisione e davanti ad una selva di microfoni. Ciascuno dei protagonisti, infatti, deve poter esprimere la sua posizione, la sua visione riguardo ad un problema, davanti ai suoi pari, anche se questa espressione è ancora insufficiente e imperfetta, in modo da ricevere le critiche e le osservazioni fondate degli altri e riuscire così ad affinare e perfezionare ciò che deve dire e difendere. Sarebbe ridicolo e imprudente voler diffondere ai quattro venti fin da ora ciò che ha bisogno di essere limato, approfondito, meglio argomentato. E questo da entrambe le parti. Aspettiamo allora senza impazienza, e pregando per il bene della Chiesa, che queste discussioni progrediscano abbastanza da poter presentare al pubblico questo o quell’ elemento definitivamente elaborato e da potere avere l’occasione di prenderne conoscenza. Tuttavia, questi approfondimenti teologici hanno come oggetto principale il nostro rapporto col concilio Vaticano II, e l’influenza di quest’ultimo sulla crisi che oggi attraversa la Chiesa. Così mi è parso utile proporvi una sintesi semplice ma abbastanza completa della nostra posizione su questo punto cruciale, sintesi di cui la prima parte viene presentata in questo numero.

Parlare del Vaticano II con delicatezza e sfumature, ma anche con franchezza e verità, oggi è estremamente difficile. Lasciare intendere che tal testo del Concilio, in taluno dei suoi punti, e per tale ragione teologica, potrebbe eventualmente non essere interamente estraneo alla crisi attuale, pare totalmente impensabile ed inaccettabile: è il grande tabù ecclesiastico contemporaneo, la questione scottante per eccellenza.

Ho ritenuto che non fosse degno né di voi né di noi schivare tale questione cruciale col pretesto che potrebbe contrariare qualcuno. Mi è sembrato che, tra sacerdoti, tra adulti maturi e responsabili, potessimo liberamente “ parlare di cose che irritano senza irritarci ”. E’ una scommessa sull’intelligenza e sull’apertura mentale.

Rev. Regis de CAQUERAY

QUELLO CHE NON DICIAMO SUL VATICANO II

Che la crisi attuale deriverebbe unicamente dal Concilio

E’ evidente che noi non abbiamo mai detto che il concilio Vaticano II sia l’unica causa della scristianizzazione contemporanea, la fonte esclusiva di tutti i mali attuali della Chiesa, la chiave di lettura completa della crisi religiosa: sarebbe una concezione ridicola. Al contrario, è certo che la crisi attraversata dalla Chiesa da mezzo secolo possiede spiegazioni molteplici, cause molto varie, di cui è possibile stabilire rapidamente una lista sommaria.

Malessere nella cristianità

E’ chiaro come alla fine del pontificato di Pio XII esistesse già un profondo malessere nella Chiesa, anche se le strutture esteriori parevano solide. Le statistiche mostrano una diminuzione progressiva ed inesorabile delle vocazioni, ben prima del Concilio: tra il 1950 ed il 1960, il numero delle ordinazioni sacerdotali in Francia è ridotto di un terzo. La pratica domenicale ha iniziato a decrescere: sempre in Francia, tra il 1950 ed il 1960, si è già abbassata del 20%. Le conseguenze della Seconda Guerra mondiale, soprattutto della divisione tra resistenti, collaboratori e attendisti, si fanno sentire. Un’inquietudine sorda, un malessere spirituale travaglia una parte del clero e dei fedeli, mentre da ogni lato si diffondono inquietanti asserzioni teologiche e morali. L’enorme diffusione clandestina, nei seminari dell’epoca, delle opere di Teilhard de Chardin ne è un segno chiarissimo. Si fa strada un desiderio di emancipazione, e la gioventù, come è normale, è la prima ad esserne colpita: la grande crisi dell’Azione Cattolica, ricordiamolo, comincia fin dagli anni ’50 dalle organizzazioni giovanili. Di fronte a questo malessere, che richiederebbe dei rimedi spirituali appropriati passanti da un rinnovamento interiore, una parte della Chiesa, sfortunatamente, si limita ad una pastorale abitudinaria, senza affrontare il problema. La Chiesa non produce sufficienti anticorpi per superare questa crisi, di cui il modernismo, sotto papa san Pio X, è stato un segnale di avviso. Crescono dei pericoli, annunciatori di tempeste future, ma la buona società ecclesiastica se ne preoccupa troppo poco, fidandosi di un ordine soltanto esteriore. E’ evidente che questo malessere religioso più o meno diffuso costituisca un terreno propizio alla terribile esplosione degli anni ’60-’70.

Il Trentennio del boom

Questo malessere nella Chiesa dipende in parte da un’evoluzione tecnica, economica e sociale inedita. Il dopoguerra conosce uno straordinario arricchimento delle nazioni occidentali, frutto della diffusione delle tecniche ( motorizzazione, elettronica, chimica, ecc.), così come di un’energia abbondante e a buon mercato (soprattutto petrolio). La medicina comincia i suoi fantastici progressi, che in particolare aprono all’uomo la possibilità di dominare la propria fecondità con dei mezzi artificiali (pillola contraccettiva). I trasporti (navi, treni ed aerei), divenuti rapidi, sicuri e poco costosi, permettono la crescita della globalizzazione (detta oggi mondializzazione) delle persone e delle merci, cosa che favorisce lo sviluppo sempre crescente delle telecomunicazioni (banalizzazione del telefono). E’ il Trentennio del boom, epoca dell’impiego per tutti e dell’aumento del tenore di vita.

Crisi della coscienza europea ( e mondiale)

Questi spettacolari cambiamenti economici e tecnici sono accompagnati da evoluzioni sociali e culturali importanti. La secolarizzazione della società, avviata nel XVIII secolo, continua a progredire, comportando una scomparsa progressiva delle tracce del cristianesimo nella società. Il successo sempre più significativo dei “ maestri del dubbio ” (Kant, Nietzsche, Darwin, Freud, ecc.), mette in causa la capacità dell’uomo di raggiungere una verità oggettiva, la nobiltà delle sue scelte etiche, la sua superiorità sul mondo animale, il controllo della sua vita interiore. Il marxismo, soprattutto nella sua versione leninista, domina una grande parte del mondo, ma anche strati interi della società europea. L’accesso all’indipendenza delle nazioni colonizzate, l’emergere delle loro rivendicazioni politiche, economiche, culturali e religiose contribuiscono al rigetto dell’ “ europocentrismo ”. I vecchi colonizzatori sono messi sul banco degli imputati, le loro opinioni pubbliche sono influenzate dalla coscienza sporca. A causa del prolungamento e dell’universalizzazione dell’obbligo scolastico, dell’ingresso ritardato nel mondo del lavoro, di una certa forma di autonomia finanziaria e della valorizzazione del figlio (conseguenza della riduzione della fecondità), compare una nuova classe nella società e reclama la propria parte di responsabilità e di considerazione: la gioventù. Questa crisi della coscienza europea e mondiale scoppia con gli avvenimenti del maggio 1968, che riguardano sia la Germania, l’Italia, la Cecoslovacchia sia gli Stati Uniti, il Messico, il Brasile, il Giappone o la Cina, ma sono particolarmente massicci e spettacolari in Francia.

Crisi conciliare e postconciliare

Tutti questi fatti e molti altri che un’analisi sociologica permette di chiarire, costituiscono senza dubbio un terreno propizio ad una rimessa in causa globale della tradizione, dell’autorità, delle norme, della cultura dominante, della religione.
Ne siamo consapevoli e lo ammettiamo volentieri: la crisi di cui subiamo ancora le conseguenze ha senz’altro molte e svariate cause. Il fatto che questa crisi sia esplosa più o meno al momento del concilio Vaticano II non significa quindi che esso ne sia la causa unica e necessaria
.

In via generale, se un fatto B si verifica dopo il fatto A, ciò non significa forzatamente che A sia la causa di B: se mi ammalo dopo aver fatto una passeggiata, ciò non prova che io sia malato perché ho passeggiato. Siamo d’accordo anche sul fatto che il Vaticano II per alcuni sia stata l’occasione per realizzare dei disegni che maturavano da molto prima, e del tutto al di fuori del Concilio: alcuni sacerdoti, per esempio, hanno approfittato dell’atmosfera di rimessa in causa che regnava allora per lasciare il sacerdozio (idea che cullavano da molto tempo) in condizioni materiali migliori. D’altro canto, il postconcilio non ha necessariamente corrisposto al Concilio stesso. Da parte di molti, è evidente, e sotto l’insegna fallace dello “ spirito del Concilio ”, c’è stato un uso del Vaticano II estraneo alla sua realtà e contrario ai suoi testi. Inoltre, alcune delle riforme postconciliari, per come si sono realizzate nei fatti (ad esempio, la riforma liturgica), non erano necessariamente contenute negli stessi testi del Vaticano II (erano possibili differenti attuazioni del medesimo testo), e di conseguenza non sarebbe giusto attribuire esclusivamente al Vaticano II gli elementi contestabili delle suddette riforme.

Ma si può fare come se il Concilio non si fosse svolto?

Tutte queste spiegazioni, tutte queste prospettive, tutte queste sfumature, noi le ammettiamo di buon cuore. Tuttavia, esse non possono né devono cancellare una fatto evidente: una crisi religiosa di estrema violenza è scoppiata durante e dopo il Vaticano II. Ciò non basta affatto e dimostrare che il Concilio ne sia la causa principale. Ma impedisce di affermare senz’altra forma di processo che il Concilio non c’entri per nulla. Come minimo, è necessario esaminare, chiedersi: due fenomeni così visivamente concomitanti (Vaticano II, la crisi religiosa e morale) possono non avere alcun nesso di causalità? Sarebbe difficile dare a bere un tale “ miracolo ” a un qualsiasi storico serio.

- continua -

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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QUELLO CHE NON DICIAMO SUL VATICANO II

Che il Concilio fosse illegittimo sin dall’inizio e viziato in tutto

Così come non abbiamo mai detto che il Vaticano II fosse la causa unica ed esclusiva della crisi, così non abbiamo mai affermato che il Concilio fosse illegittimo sin dall’inizio, o che al suo concludersi fosse interamente viziato ed inaccettabile. In breve, non abbiamo mai sostenuto che il Vaticano II si fosse sbagliato su ogni punto. E’ falso, e perfino ridicolo, poiché in molti testi, per esempio, quel concilio ha semplicemente richiamato la dottrina già infallibilmente insegnata dalla Chiesa.

L’azione di forza del 13 ottobre 1962

Il Vaticano II è stato un concilio della Chiesa cattolica convocato regolarmente, che ha riunito i vescovi del mondo intero sotto l’autorità del Sommo Pontefice. Mons. Lefebvre non ha mai rimesso in causa a priori quel concilio: al contrario, è stato membro della Commissione centrale preparatoria. Certo, Mons. Lefebvre ha sempre puntato l’indice contro l’ “ azione di forza ” del 13 ottobre 1962 del cardinale Liénart, che ha comportato il rigetto di quasi tutti gli schemi preparati, a vantaggio delle tesi della “ nuova teologia ”e del cattolicesimo liberale sostenute dall’Alleanza europea. Eppure, nessun concilio nella storia aveva goduto di una preparazione “ così vasta, condotta con tale diligenza, e così profonda ” come è stato giustamente detto all’epoca, e Giovanni XXIIII, che aveva seguito quei lavori, ha testimoniato che questi ultimi erano stati eseguiti “ con precisione e cura ”. Mons. Lefebvre ha ritenuto che quell’azione di forza e le sue conseguenze fossero state un disastro per l’orientamento del Concilio, la sue debolezza dottrinale, il suo spirito. Questa situazione ha comportato che i difensori della Tradizione si siano trovati in una situazione inestricabile, di fronte a dei testi impregnati di uno spirito nuovo, poco in armonia con la dottrina tradizionale, spirito nuovo che era difficilissimo, se non impossibile, da cambiare o far scomparire a forza di emendamenti.

L’influenza dei gruppi di pressione

D’altra parte, quando ha parlato del Vaticano II, Mons. Lefebvre ha sottolineato il ruolo importantissimo dei vari “ gruppi di pressione ”, tra i quali citava specialmente i media. Il Vaticano II è stato senz’altro il primo concilio della storia a svolgersi sotto l’occhio di giornali potentissimi, che intimidivano i Padri conciliari, facevano delle campagne per tale tesi, orientavano i voti. Allo stesso modo, Mons. Lefebvre ha ricordato che alcune conferenze episcopali (quelle delle rive del Reno, dall’orientamento nettamente progressista), organizzate assai prima del Concilio, beneficiavano di mezzi umani e finanziari considerevoli (alla fine della terza sessione, una delle loro officine, l’IDOC, si vantava di aver distribuito ai Padri più di quattro milioni di fogli). Infine, Mons. Lefebvre ha deplorato l’influenza di altri gruppi di pressione estremamente attivi su certi soggetti: la massoneria per la libertà religiosa; i protestanti per l’ecumenismo; le organizzazioni israelite per le relazioni con il giudaismo; l’Unione Sovietica per la non condanna del comunismo, ecc.

Una critica sulla base di testi precisi

Tuttavia, Mons. Lefebvre non ha mai condannato in blocco il Vaticano II come un concilio intrinsecamente illegittimo. Anche se ha spesso ricordato i fatti spiacevoli se non scandalosi che hanno viziato il suo svolgimento, conosceva troppo bene la storia della Chiesa per non sapere che altri concili, in passato, avevano conosciuto anch’essi gravi vicissitudini umane. Come diceva dom Guéranger: “ Si dimentica troppo che la storia ecclesiastica è bella in prospettiva, ma che i dettagli visti da molto vicino non sono sempre attraenti ”. Dunque quando ha criticato, o “ accusato ”il Concilio, Mons. Lefebvre non l’ha fatto per un’illegittimità di principio, a priori, ma sulla base di testi precisi, in chiara opposizione con la Tradizione e l’insegnamento costante della Chiesa.

- continua -


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/03/2011 10:44
 
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QUELLO CHE DICIAMO SUL VATICANO II

Un concilio semplicemente pastorale…ma largamente enfatizzato

Se non abbiamo mai affermato che il Vaticano II sia la causa unica della crisi attuale, né un concilio illegittimo per principio, è chiaro che a suo riguardo facciamo delle critiche: esse sono pubbliche e costanti da quarant’anni. Per cominciare con un’osservazione semplicissima, occorre sottolineare il fatto che la coscienza della Chiesa oggi è occupata, obnubilata dal riferimento unico ed invadente al Vaticano II. Se, come ci dicono, questo concilio è un concilio come gli altri, in continuità con gli altri; se, come ci ripetono in tutti i modi, questo concilio non ha cambiato niente di essenziale, ed era nuova solo la maniera di dirlo; se, come proclama la dottrina ufficiale, si tratta di un concilio pastorale e non dottrinale, allora bisogna rimettere il concilio Vaticano II al suo posto, che è assai modesto. Gli uomini di Chiesa devono smettere di vivere solo del e per il Vaticano II.

Un concilio semplicemente pastorale

Questo ventunesimo concilio ecumenico, in effetti, è atipico: non s’inscrive nella semplice continuità dei concili precedenti, per volontà espressa del suo promotore, papa Giovanni XXIII, che l’ha concepito in modo del tutto particolare come un “ concilio pastorale ”. Certo, ogni concilio è pastorale perché è dottrinale, è dottrinale per meglio essere pastorale. Ma nel caso del Vaticano II, è stato affermato che fosse “ pastorale ” in senso nuovo, perché non voleva né doveva essere “ dottrinale ”. Giovanni XXIII lo precisa nettamente nel suo discorso inaugurale, l’11 ottobre 1962, che darà il tono ai lavori del Vaticano II. Inizia con dichiarare a questo riguardo: “ Il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina cristiana ”, perché per questo, afferma, “ non ci sarebbe bisogno di riunire un concilio ecumenico ”. “Occorre, prosegue, che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale. ”.

Abbiamo appena citato la versione italiana del discorso; la versione latina, un po’ diversa ( ma Giovanni XXIII ha usato due formule in due momenti differenti), dice: “ Si dovrà ricorrere a un modo di presentare che corrisponda meglio ad un insegnamento di carattere soprattutto pastorale ”. Questa scelta pastorale è stata mantenuta per tutto il Concilio. Inaugurando la seconda sessione, il 29 settembre 1963, il nuovo papa Paolo VI ricordava “ lo scopo più urgente e di natura attualmente più benefica del Concilio, lo scopo pastorale ”. Il 4 dicembre 1963, per la chiusura della seconda sessione, egli sottolineava che i Padri non avevano “ mai perso di vista l’orientamento pastorale di quel concilio ”. Il 7 dicembre 1965, concludeva : “ Il motivo dell’interesse preponderante dato dal Concilio ai valori umani e temporali risiede nel carattere pastorale che il Concilio ha voluto e di cui ha fatto in qualche modo il suo programma ”.

Un concilio che evita di porsi sul piano dogmatico

Tale designazione del Vaticano II come “ concilio pastorale ”(e non concilio e basta) esprime la ferma volontà di evitare di porsi sul piano propriamente dogmatico. Le dichiarazioni a riguardo sono estremamente chiare. Giovanni XXIII dichiara dunque l’11 ottobre 1962: “ Il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina cristiana ”. Il 6 marzo 1964, poi il 16 novembre 1964, il Segretario generale del Concilio legge una dichiarazione ufficiale della Commissione dottrinale, concernente la qualificazione teologica del Vaticano II: “ Tenuto conto dell’uso dei concili e dello scopo pastorale del concilio attuale, quest’ultimo non definisce come dovente essere ritenuto dalla Chiesa che i soli punti concernenti la fede e i costumi che avrà chiaramente dichiarati come tali ”. Il 7 dicembre 1965, Paolo VI ripete che, nel Concilio, “ il magistero della Chiesa non ha voluto pronunciarsi sotto forma di sentenze dogmatiche straordinarie ”. Il 12 gennaio 1966, insiste: “ Dato il suo carattere pastorale, il Concilio ha evitato di pronunciare in modo straordinario dei dogmi dotati del carattere d’infallibilità ”.
In un discorso pronunciato il 13 luglio 1988 davanti ai vescovi del Cile e facendo il punto sulle consacrazioni fatte da Mons. Lefebvre, il cardinale Ratzinger, futuro Benedetto XVI, ha riassunto la scelta fatta dal Vaticano II nel seguente modo: “ La verità è che il Concilio stesso non ha definito alcun dogma ed ha tenuto a situarsi su un livello più modesto, semplicemente come un concilio pastorale ”. E in una lettera aperta a Benedetto XVI pubblicata in Témoignage chrétien (26 ottobre 2006) di Mons. Jacques Noyer per protestare contro il progetto di un Motu proprio sulla messa tradizionale, il vecchio vescovo di Amiens scriveva queste parole precise:
“ Se il concilio Vaticano II ha tanto segnato la Chiesa contemporanea, è perché fu pastorale e non dottrinale ”.

Eppure, un concilio largamente enfatizzato fin dalla sua chiusura

Ora, questo concilio pastorale, semplicemente pastorale, che dovrebbe quindi avere un posto relativamente modesto nella storia e nella vita della Chiesa, è stato largamente enfatizzato. Innanzitutto, i suoi promotori non hanno esitato a proclamare che quel concilio pastorale apriva una nuova era della storia della Chiesa, che avrebbe visto il trionfo di quest’ultima. Giovanni XXIII reputava che il Vaticano II sarebbe stato una “ nuova Pentecoste ”, che avrebbe comportato “ un nuovo passo avanti del regno di Cristo nel mondo ”.
Aprendo la seconda sessione, Paolo VI dichiarava che il Concilio sarebbe stato “ il risveglio primaverile d’immense energie spirituali e morali che sono come latenti in seno alla Chiesa ”.
 E chiudendo l’ultima sessione, salutava “ quel rinnovamento di pensiero, d’azione, di costumi, di forza morale, di gioia e di speranza che è stato lo scopo stesso del Concilio ”.

Poi, dopo la chiusura del Vaticano II, c’è stato un vero diluvio di riferimenti a questo concilio semplicemente pastorale. Sarebbe possibile rilevare, nei testi pontifici degli ultimi quarant’anni, parecchie decine di migliaia di citazioni del Concilio. Per fare solo un esempio, il Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato nel 1992, comporta più di 800 citazioni del Vaticano II, mentre i venti concili specificatamente dottrinali che l’hanno preceduto hanno diritto a sole 200 menzioni.
Per capire lo strano carattere di tale “ citazionismo ”, basta fare un paragone col Catechismo romano o Catechismo del concilio di Trento, pubblicato nel 1566.
 Questo era successivo al concilio di Trento, concilio dogmatico d’importanza eccezionale, che ha trattato molti argomenti ripresi in quel catechismo di cui ha d’altronde richiesto espressamente la pubblicazione. Ora il concilio di Trento è citato meno di quindici volte nel catechismo che ne prende il nome. Infine, per andare fino in fondo a questa enfatizzazione di un concilio semplicemente pastorale, papa Paolo VI, il 29 giugno 1975, in una lettera ufficiale a Mons. Lefebvre, ha finito con l’usare queste parole significative: “ Il secondo concilio del Vaticano non ha minore autorità, sotto certi aspetti è perfino più importante di quello di Nicea ”. Che il Vaticano II sia considerato come più importante del concilio che ha definito il dogma della divinità di Cristo significa che quel concilio semplicemente pastorale è surrettiziamente diventato il principale riferimento dottrinale della Chiesa.

Un posto veramente sproporzionato

Noi diciamo, e abbiamo sempre detto, che indipendentemente dal suo contenuto, il Vaticano II, concilio semplicemente pastorale secondo le dichiarazioni più formali dei suoi promotori, oggi rappresenta un problema nella vita della Chiesa per il posto del tutto smisurato e sproporzionato che gli è attribuito, a scapito degli altri venti concili ecumenici che sono, invece, “ concili dottrinali ”. Allo stesso modo, il ricorso costante ed esclusivo al Vaticano II ha fatto cadere nel dimenticatoio gli insegnamenti pontifici dei due secoli che l’hanno preceduto, insegnamenti che tuttavia costituiscono un ricchissimo patrimonio dottrinale e pastorale, di cui la Chiesa avrebbe oggi un grande bisogno.

- continua -

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/03/2011 10:48
 
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QUELLO CHE DICIAMO SUL VATICANO II

Nonostante ogni sforzo, rimane un nucleo di testi controversi

Anche se il concilio semplicemente pastorale del Vaticano II è stato abusivamente enfatizzato, al punto da sembrare quasi come una nuova nascita della Chiesa, non è essenzialmente questo a fondare la nostra pubblica opposizione nei suoi confronti. Ciò che diciamo a suo riguardo, è che, anche dopo aver sdoganato il Vaticano II di una parte delle sue responsabilità nella crisi, bisogna riconoscere che quel concilio, in certi suoi testi, è una delle cause, e delle più gravi, di tale crisi.

La Chiesa attraversa oggi una crisi gravissima

E, prima di tutto, bisogna riconoscere con le più alte autorità che una grave crisi colpisce oggi la Chiesa. E’ Paolo VI ad affermare il 7 dicembre 1968: “ La Chiesa si trova in un’ora d’inquietudine, di autocritica, si direbbe perfino di autodistruzione. E’ come uno sconvolgimento interiore, acuto e complesso. Come se la Chiesa si colpisse da sé ”.
O a chiedersi il 29 giugno 1972: “ Il fumo di Satana è entrato da qualche fessura nel tempio di Dio: il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto si sono fatti strada ”.
 E’ Giovanni Paolo II a dichiarare il 6 febbraio 1981: “ I cristiani di oggi, in gran parte, si sentono perduti, confusi, perplessi e anche confusi. (…) Da ogni parte sono diffuse idee che contraddicono la verità che fu rivelata ed è sempre stata insegnata. Sono state divulgate delle vere eresie nel campo del dogma e della morale, che suscitano dubbi, confusione, ribellione. Anche la liturgia è stata violata. Immersi in un “ relativismo ” intellettuale e morale, i cristiani sono tentati da un illuminismo vagamente moralista, da un cristianesimo sociologico, senza dogma definito e senza morale oggettiva ”.

E’ il cardinale Ratzinger a predicare il 25 marzo 2005: “ Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti ”. E’ Benedetto XVI a riconoscere il 22 dicembre 2005: “ Nessuno può negare che, in ampie parti delle Chiesa, la ricezione del Concilio sia avvenuta in modo piuttosto difficile ”.

Questa crisi deriva, almeno in parte, dal Vaticano II?

Questa crisi ha come origini, almeno in parte, il concilio Vaticano II stesso? Riprendiamo il filo della storia per capire la posizione della Fraternità San Pio X a tale riguardo. Mons. Lefebvre ha partecipato attivamente al Concilio. Ha certamente votato fino alla fine, come aveva diritto, contro il decreto sulla libertà religiosa, contro quello sull’ecumenismo e contro la Costituzione Gaudium et spes: ma ciò significa, in controparte, che ha votato per gli altri nove documenti. Non si può quindi affermare che Mons. Lefebvre abbia rifiutato il Concilio in blocco, per principio, ancor prima di esaminarlo.

D’altronde , se Mons. Lefebvre fosse stato un oppositore dichiarato, per principio, Paolo VI non gli avrebbe certo indirizzato nel 1972 una lettera di felicitazioni per i suoi 25 anni di episcopato. Mons. Lefebvre reputa, durante il Concilio, che certi testi contengano delle vere “ bombe ” dottrinali a scoppio ritardato. Tuttavia, aspetta di vedere quali conseguenze avranno effettivamente quei testi esplosivi. Mons. Lefebvre applica il principio evangelico: giudicare l’albero dai suoi frutti. Perché un testo può essere precisato, orientato, rettificato dall’interpretazione che se ne dà. Sfortunatamente, l’interpretazione considerata sarà troppo spesso la peggiore. In queste condizioni, si trova costretto a ritornare alle proprie critiche degli anni 1962-1965, e ad affermare nel 1976: “ Accuso il Concilio ”.

Certo, non pretendiamo di essere infallibili nelle nostre critiche

Se noi non attribuiamo al concilio Vaticano II, secondo la dichiarazione esplicita della Commissione dottrinale del 6 marzo 1964 e del 16 novembre 1964, un’infallibilità che non converrebbe affatto ad un concilio semplicemente pastorale, noi pretendiamo ancor meno per noi stessi l’infallibilità. E’ quindi possibile che, nell’insieme delle critiche che articoliamo su certi testi del Vaticano II, e nonostante il lavoro e la cura apportati alla messa in forma di queste critiche, abbiamo fatto dei quiproquo o dei controsensi su qualche punto. Tale o tale rimessa in causa può, nel dettaglio, essere insufficientemente fondata, esagerata, aver mal distinto l’essenziale dall’accessorio.

Ma restano, nonostante gli sforzi d’interpretazione, dei testi controversi

Tuttavia, dopo uno studio serio dei testi del Vaticano II, dei loro presupposti e delle loro conseguenze, e anche avendo ammesso quel coefficiente d’incertezza derivante da eventuali imprecisioni nelle nostre critiche, nel Vaticano II resta un nucleo di testi veramente problematici, delle novità che presentano una dissonanza con la fede cattolica, cosa che si manifesta nel fatto che queste novità si oppongono all’insegnamento esplicito e costante del Magistero precedente. Mons. Lefebvre ha principalmente rilevato tre di queste novità: la collegialità, la libertà religiosa e l’ecumenismo (in quanto questi tre punti sono spiegati in modo nuovo dal Vaticano II). Tuttavia, se queste tre obiezioni sono le principali, ciò non significa che altre obiezioni non abbiano la loro importanza. La nuova ecclesiologia contenuta in Lumen gentium, i nuovi rapporti della Chiesa e del mondo proposti da Gaudium et spes, per esempio, meritano senza alcun dubbio anch’essi certe critiche.

Ora, quei testi controversi riguardano direttamente la fede

Purtroppo, quei testi controversi riguardano direttamente la fede, dunque la salvezza eterna. Perciò ai nostri occhi essi sono radicalmente inaccettabili e ciò spiega come, in qualche modo, nostro malgrado e contro il nostro desiderio più profondo, ci troviamo al momento ad una prudente distanza da alcuni atti della Roma attuale. Il futuro cardinale Bertone, in un articolo pubblicato nel 1966 ed intitolato “ A proposito della ricezione dei documenti del Magistero e del disaccordo pubblico ”, scriveva giustamente: “ Quando si parla della necessità di verificare l’effettivo consenso di tutti i vescovi sparsi nel mondo o persino di tutto il popolo cristiano in materia di fede e di morale, non si deve dimenticare che questo consenso non può essere compreso in un senso puramente sincronico, ma deve essere compreso in un senso diacronico.

Ciò vuol dire che il consenso moralmente unanime abbraccia tutte le epoche della Chiesa, ed è soltanto ascoltando questa totalità che si resta nella fedeltà agli Apostoli. ‘ Se da qualche parte – osserva il cardinale Ratzinger in uno studio – si venisse a creare una maggioranza contro la fede della Chiesa d’altri tempi, non sarebbe assolutamente una maggioranza ”.
Noi diciamo che se si può pretendere che apparentemente, e materialmente, ci sia attualmente un certo consenso sincronico su queste novità in dissonanza con la fede, è certo che non esiste, e non potrà mai esistere, un consenso diacronico. Esiste, in queste novità del concilio pastorale Vaticano II, tutt’al più una “ maggioranza [apparente] contro la fede della Chiesa d’altri tempi ”, contro la fede inammissibile della Chiesa di sempre.




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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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12/03/2011 10:12
 
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[SM=g1740733] Interessante riflessione di un sacerdote della FSSPX (il responsabile del Priorato di Rimini della FSSPX), abbastanza condivisibile, così come anche discutibile su alcuni punti.... spesso si tratta di interpretazioni e modi diversi di affrontare il nostro tempo, poichè NESSUN cattolico dovrebbe mai mettere in dubbio i cardini, i dogmi della Fede con la Tradizione.....


Il Papa

La vita della Chiesa è legata profondamente a colui che ne è il fondamento e che per primo ha il compito di trasmettere la fede: il Sommo Pontefice. Il ruolo del Papa è così importante che, secondo San Tommaso, il mistero di iniquità di cui parla San Paolo, facendo allusione alla venuta dell’anticristo, non si potrà manifestare finché vi è colui che lo trattiene1 e questa persona è la Chiesa cattolica con il suo capo, il Sovrano Pontefice2.

Oggi stiamo vivendo una crisi nella Chiesa senza precedenti.

Dall’ultimo concilio gravi errori sono insegnati e diffusi provocando una perdita generale della fede, della pratica religiosa e allo stesso tempo una laicizzazione di quella che era un tempo la società cristiana, come per esempio in Italia. I fatti mostrano che questa crisi è profondamente legata ai pontefici che sono stati a capo della Chiesa in quest’ultimo periodo. Paolo VI fu il papa che concluse il concilio, favorendone l’ala progressista e realizzando così ciò che il cardinal Suenens chiamò l’89 (la Rivoluzione francese) nella Chiesa, con la liberà religiosa, la collegialità episcopale e l’ecumenismo. Fu lui che dichiarò: «Noi, pure più di ogni altro, Noi abbiamo il culto dell’uomo»3! Sotto il suo pontificato avvenne il drammatico cambiamento della liturgia che trasformò la Messa cattolica in un rito a sapore protestante, utilizzato dagli stessi pastori per celebrare la loro cena4.

Giovanni Paolo II impostò il suo pontificato nell’applicazione del concilio, alla luce dell’ecumenismo che culminò con la riunione di tutti i rappresentanti delle religioni ad Assisi, il 30 ottobre 1986. Nella stessa linea si situa il pontificato di Benedetto XVI. Dopo le differenti visite inter-religiose, come quella alla Moschea Blu di Costantinopoli, dove lo si è visto scalzo e in preghiera, oppure quella alla sinagoga di Roma ove ha affermato che non si può essere contrari alla religione giudaica poiché preghiamo lo stesso Dio e l’Antica Alleanza è ancora in vigore, vuole adesso beatificare Giovanni Paolo II e commemorare il 25° anniversario della giornata di incontro delle religioni ad Assisi, il prossimo ottobre. Di fronte a questa crisi profonda quale deve essere l’attitudine di un cattolico che vuol conservare la fede, salvare la propria anima e lottare per la Chiesa?
Alcuni, considerando i gravi errori contro la fede insegnati in maniera esplicita o tramite le loro attitudini da tali pontefici giungono ad affermare che essi non possono identificarsi con il vicario di Cristo.

Un pontefice che non agisce abitualmente per il bene della Chiesa compiendo la sua funzione primordiale di trasmettere e conservare la fede non può essere il Vicario di Cristo. Secondo questa teoria da anni la Chiesa sarebbe priva di capo visibile e di qualunque autorità poiché pontefici, cardinali e vescovi avrebbero tutti perso la fede.
Questo modo di pensare, soprattutto quando è imposto come un nuovo dogma di fede, invece di risolverli pone problemi teologici insormontabili, in particolare sulla struttura soprannaturale e divina della Chiesa che non potrà mai venire meno poiché beneficiaria della promessa del Salvatore: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”5. Ora il potere di giurisdizione, cioè di governo, è  parte costitutiva della Chiesa ed essa non potrà mai esserne privata in maniera totale. Un’altra attitudine è quella che adottano cattolici formati alla dottrina tradizionale che, anche di fronte ad atti e dichiarazioni evidentemente in contrasto con la fede, non si permettono mai di rilevarne la contraddizione, ma tacciono oppure cercano di giustificare a tutti i costi le affermazioni del Papa. Questo per rispetto a ciò che egli rappresenta, per paura di far torto alla sua persona, alla Chiesa o per una falsa comprensione di ciò che è l’infallibilità pontificia.

Un tale modo di agire è altrettanto pericoloso poiché, soprattutto se si ha una responsabilità di insegnamento, è doveroso mettere in guardia i fedeli contro gli errori che possono minacciare la fede, in particolare quando essi sono maggiormente nocivi poiché predicati da coloro che hanno autorità e missione di insegnare la verità. La vera attitudine cattolica, che ci è insegnata da tutta la Tradizione, è quella di conservare il rispetto per l’autorità, ma allo stesso tempo, per dovere di giustizia verso i fedeli e di carità nei confronti di colui che erra, anche se è un superiore, denunciare tutto ciò che è in contrasto con la fede definita e insegnata costantemente. Questo, e non la difesa di opinioni personali, è il criterio oggettivo a cui ogni cattolico deve conformare la propria vita. San Vincenzo di Lerino  lo riassumeva dicendo che dobbiamo credere fermamente e conformarci a ciò che è sempre stato creduto dovunque e da tutti  “Quod sempre, quod ubique quod ab omnibus”6.
La storia della Chiesa poi ci presente molti casi in cui un inferiore si oppone al superiore in virtù della fede, persino se si tratta del pontefice, pur riconoscendone l’autorità. San Paolo si permette di riprendere pubblicamente San Pietro che per un comportamento ambiguo rischiava di rimettere in questione l’insegnamento del Concilio di Gerusalemme sulla salvezza dei pagani. «Mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto»7.

San Tommaso giustifica la sua attitudine con queste parole: «Se vi fosse pericolo per la fede, i superiori dovrebbero essere ripresi dagli inferiori, anche in pubblico. Così Paolo, che era sottomesso a Pietro, lo riprese per questo motivo»8.
In un altro passaggio, parlando dell’obbedienza, San Tommaso afferma che: «È detto negli Atti (6, 29): "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini". Talvolta gli ordini dei superiori sono contrari a quelli di Dio, dunque non bisogna obbedire loro in tutto»9.
Il Papa Vigilio fu richiamato all’ordine dal diacono Pelagio (VI sec.) a proposito del monotelismo; Bonifacio IV da San Colombano (VII sec); Onorio da San Sofronio di Gerusalemme (VII sec); e vi sono anche gli esempi di San Bruno (contro il Papa Pasquale II), di San Tommaso Becket (contro il Papa Alessandro III), di Santa Caterina da Siena (contro i Papi Gregorio XI e Urbano VI)10.
Il  vero amore per l’autorità, quando essa devia dalla dottrina rivelata, è proprio la pubblica protesta, poiché in questi casi il silenzio diventa compiacente e non soltanto non contribuisce ad un ritorno alla Tradizione, ma conferma e appoggia nell’errore colui che lo professa.

Il voler tutto giustificare non è né un atto di giustizia nei confronti della verità rivelata, che non appartiene al Sommo Pontefice ma che egli deve trasmettere intatta; né un atto di carità perché, se la fede non è insegnata o peggio è contraddetta nei fatti da chi ha il dovere di predicarla, le anime sono scandalizzate e si perdono. La buona teologia permette di distinguere nel Pontefice, l’uomo, il dottore privato, o anche il Pontefice nel suo magistero chiamato semplicemente autentico, dal Vicario di Cristo che insegna nella pienezza della sua autorità per definire una verità di fede o di morale. Ciò permette di capire come l’insegnamento o il comportamento di colui che dovrebbe confermare nella fede, possa essere a volte vacillante o addirittura in contrasto con la fede11.

Il Concilio Vaticano I, indicando le condizioni nelle quali il Sommo Pontefice beneficia del carisma dell’infallibilità, lascia aperta la possibilità che al di fuori di questa assistenza divina, vi sia la possibilità dell’errore. Al momento della pubblicazione del suo Gesù di Nazareth, Benedetto XVI aveva scritto nella prefazione: «Ognuno è libero di contraddirmi». L’ultimo suo libro, Luce del Mondo, è un’ intervista e  non attiene al Magistero. Del resto, egli stesso afferma che: «Naturalmente il Papa può avere delle opinioni private errate».

Il problema teologico dell’infallibilità è legato alla persona del pontefice e in particolare alla sua volontà. Egli può beneficiare di tale carisma quando vuole definire una dottrina intorno alla fede o alla morale, da tenersi  in tutta la Chiesa12. I principi del liberalismo che sfociano nel modernismo portano a credere che non vi è una verità oggettiva. Quando un pontefice fonda la sua teologia su una filosofia idealista ed è influenzato dalle tesi moderniste sull’evoluzione del dogma, come può voler veramente definire in maniera irrevocabile una verità, che nel suo intimo pensa essere mutevole? Mons. Lefebvre, dopo uno dei suoi viaggi a Roma, sottolineando questo aspetto, ci diceva che il Papa stesso non crede alla sua infallibilità.

Anche nella situazione attuale dobbiamo avere una fede profonda nella divinità della Chiesa, malgrado la sua umanità che si manifesta in maniera impressionante, nella persona dei pontefici che la hanno diretta dall’ultimo concilio. La rinascita della Chiesa verrà da Roma e dal Papa. Per questo il primo pensiero di ogni cattolico che ama la Tradizione deve essere oggi la preghiera per il Vicario di Cristo, perché possa di nuovo “confermare i fratelli” come disse Gesù a San Pietro dopo avergli profetizzato il suo triplice rinnegamento13. Ma per questo ritorno e più che mai è imperativo denunciare pubblicamente tutto ciò che, pur venendo da Roma e dal Papa si oppone alla fede che neppure il Sommo Pontefice potrà mai cambiare.

Don Pierpaolo Maria Petrucci

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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27/11/2015 20:33
 
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Mons. Marcel Lefebvre. La Chiesa del Vaticano II e la Massoneria

 
Un discorso drammatico, una testimonianza vibrante. Stupisce sentir pronunciare tanti anni fa avvertimenti e riflessioni che sussurravamo sgomenti con timoroso dubbio fino a qualche anno fa e che ora ci si rivelano in tutta la loro tragica evidenza, in una situazione già molto più deteriorata rispetto alla 'sapiente' visione di un pastore che ha portato fino in fondo le sue scelte consapevoli.
Ora, di fatto, assistiamo al moltiplicarsi degli effetti delle distorsioni introdotte nella vita ecclesiale, che hanno inciso sia in profondità che a largo raggio. Oltre alle promesse del Signore, ci conforta ricordare che anche S. Atanasio era solo, ma la Chiesa non è rimasta ariana...

Mons. Marcel Lefebvre: «La Chiesa del Vaticano II è occupata da una loggia massonica» (Febbraio 1976)

"(…) Sono convinto che si scoprirà poco a poco che il Vaticano II ha a che fare con una loggia massonica! Né più né meno. Lo si scoprirà, forse, di qui a breve. Verranno pubblicati dei nomi con le appartenenze massoniche, con i gradi di massoneria, con le appartenenze alle logge!..

Non può essere altrimenti! Eseguono alla perfezione il lavoro delle logge massoniche per non essere, almeno, dei sostenitori delle logge massoniche. Non è possibile, non è possibile! E tutto ciò si verifica in ogni settore. Non è possibile che il Papa, ispirato dallo Spirito Santo e sostenuto dallo Spirito Santo per bocca di Nostro Signore Gesù Cristo, possa fare una cosa del genere. In questo, sono d’accordo con voi, non è possibile, è incompatibile.
 
Questa distruzione della Chiesa, questa distruzione del Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, questa distruzione della fede cattolica in ogni campo: tutti i catechismi, le università, le scuole cattoliche, le congregazioni religiose, i seminari.
 
Ovunque si guardi, vi è la distruzione sistematica di tutta la Chiesa! Voluta da tutte le riforme approvate dal Vaticano II. Perché il Vaticano II è stato, direi, ciò che ha permesso di fare le riforme. Ciò che bisognava fare, erano le riforme! Il Vaticano II, con termici equivoci, ha permesso di dare avvio alle riforme. Ed era proprio questo lo scopo! Il Vaticano II è stata la rampa di lancio che ha permesso tutto questo!
Dunque, si può dire del Santo Padre: in realtà, non è possibile che un Papa possa fare questo! Dunque, non è Papa! Beh, il ragionamento non fa una piega! Il ragionamento non fa una piega!
 
Io non ne so nulla!.. Io non dico che sia così!.. Io dico, ci sono diverse ipotesi! Questa potrebbe essere un’ipotesi attendibile... È possibile che venga a galla! Io non ne so nulla, io non ne so nulla… Secondo me, vedete, non è ancora chiara… Ma un giorno verrà a galla, e non si tratta di cose impossibili. A questo proposito, ci sono state delle apparizioni che lo hanno detto, e queste apparizioni sono state riconosciute dalla Santa Sede! Parliamo di Fatima! Parliamo di La Salette! Hanno detto che il demonio sarebbe salito sino al gradino più alto della Chiesa!
Io non ne so nulla, non so se il gradino più alto si riferisce al Segretario di Stato e si ferma lì, o se va ben oltre e arriva fino al Papa! Io non ne so nulla. Fino a colui che si dice Papa… io non lo so. E voi lo sapete, non è una cosa impossibile. E i teologi hanno studiato il problema. I teologi hanno studiato il problema per sapere se sia una cosa possibile, per esempio, che una papa possa essere eretico, quindi scomunicato, quindi tutti i suoi atti illegittimi e invalidi.
 
E se, per ipotesi, - io non so nulla, di nuovo non mi fate dire cose che non dico, io non lo so! – ma alla fine, premesso che lo si scopra, si scoprisse pian pianino la sua appartenenza alla massoneria... Immaginate che il Papa sia stato iscritto ad una loggia massonica prima della sua elezione! Era già scomunicato!
Scomunicato, quindi la sua elezione è invalida! Non può essere Papa! E noi avremmo, nel frattempo, un Papa che non è Papa!
Sono cose possibili! Ancora una volta non dico che sia così. Ma, cosa volete, nella situazione in cui ci troviamo, dobbiamo cercare una soluzione! Ci troviamo davanti ad una problema quasi irrisolvibile. Teologicamente, direi, teologicamente quasi irrisolvibile, quindi si cerca una soluzione!
Si vogliono distruggere tutti gli stati cattolici! Non si vuole più il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo! Ebbene, che la Chiesa si presti a quest’opera gigantesca e demoniaca è inverosimile! Inverosimile! È talmente, talmente abominevole! È talmente spaventoso! Spaventoso!
 
Vedete, a questo riguardo, io sono personalmente convinto che i princìpi massonici siano entrati nella Chiesa in occasione del Concilio. Tutto il Concilio è stato equivoco, e tutto ciò è stato occultato bene. Peraltro, ci sono dei testi molto significativi, vero? Prendiamo Gaudium et Spes. Ci sono delle cose in Gaudium et Spes del tutto insensate!
Per esempio, l‘indipendenza della cultura laica. C’è tutto un capitolo sulla cultura in Gaudium et Spes, ove si dice che la “cultura laica deve essere indipendente dalla religione”. Di nuovo, il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo non si estende nemmeno più sulla cultura. L’uomo, vedete, può liberarsi della legge morale quando, per esempio, si esprime attraverso l’arte o cose del genere. Di liberazione in liberazione, si tratta sempre di liberazione da Nostro Signore Gesù Cristo, si abbandona Nostro Signore Gesù Cristo! E questo lo si è applicato a tutto, a tutto."
 
"E quando ad un incontro di teologi – c’erano 150 teologi a Bruxelles – il cardinale Suenens ha detto: “il Concilio, è l’89 della Chiesa”! Ah ah, ma pensa, pensa, pensa, l’89 della Chiesa! (intendi: "il 1789 della Chiesa, la Rivoluzione francese nella Chiesa"- ndr) Tutto questo è sintomatico, è chiaro! E allora, per quanto mi riguarda, io soffro. Quando penso che talvolta qualche sacerdote amico, o molto ben sistemato, simpaticamente mi dice: “Ah no, no, no, non parlate male del Concilio, non parlate male del Concilio, ve ne supplico. Non del Concilio. Delle riforme, dell’interpretazione del Concilio, tutto ciò che volete, ma non del Concilio!”
Ma suvvia, è una fesseria! È in nome del Concilio che fanno le riforme. Tutte le riforme vengono fatte pubblicamente. Per farla breve, quando parlano della riforma della Messa, quando parlano della riforma liturgica in nome di una certa idea, di una certa costituzione, di una certa dichiarazione, e ancora quando fanno tutte le trasformazioni politiche, è in nome della libertà religiosa. Quindi, per loro è tutto chiaro. Per loro, è il Concilio che vuole tutto questo. Bene, ma sono loro che hanno fatto il Concilio! Sono loro che lo hanno diretto!
 
Quando pensiamo che oggigiorno si pubblica ovunque, nelle riviste - l’avevo già visto in una rivista tedesca e l’ho ritrovato in una rivista italiana di Roma - tutto il pedigree massonico del Cardinale Liénart, pubblicato con tanto di foto in piena Roma nella rivista Chiesa Viva, una rivista molto, molto, molto, vi confesso, molto moderata, una rivista che definirei di persone dai principi cattolici, o comunque di questo genere: allora, in una rivista di questo tipo, in piena Roma, foto di questo cardinale, tutte le sue appartenenze, tutti i suoi gradi e quando è salito da un grado all’altro, e tutte le logge di cui ha fatto parte, tutte queste cose… Si tratta, in pratica, di un uomo che ha guidato il gruppo liberale del Concilio e che ha dominato il Concilio; e costui è molto amico del Santo Padre, bisogna assolutamente dire le cose come stanno! Il cardinale Liénart, il cardinale Frings, il cardinale Alfrink, il cardinale Suenens erano amici del Santo Padre. Il cardinale Döpfner, è lui che lo ha nominato moderatore del Concilio, non possiamo negarlo. È un dato di fatto che fossero amici del Santo Padre. E noi, noi siamo stati, si può dire, emarginati dal Concilio; noi che avevamo difeso la Tradizione, i 250 padri che difendevano la Tradizione sono praticamente rimasti orfani e mai abbiamo avuto alcuna eco presso il Santo Padre.
 
Il cardinale Larraona ha redatto un atto che ho conservato, e che vorrei pubblicare presto, con la risposta del Santo Padre, sulla collegialità, durante il Concilio. Si affronta il pericolo della collegialità, che è addirittura una democratizzazione episcopale, assolutamente pericolosa: il Santo Padre ha risposto: “Non capisco, non capisco cosa vogliate dire. E poi, nonostante tutto, la maggioranza dei vescovi è favorevole”. Cosa significa “la maggioranza dei vescovi è favorevole…”, è pazzesco! E così, da quel momento, il cardinale Larraona è stato perseguitato dal Santo Padre, ed è morto anche di dolore, quel povero cardinale Larraona, perseguitato, come pure il cardinale Ottaviani - che viene mandato in pensione adesso, ma che deve morire di dolore davanti a tutto ciò che succede – anche lui messo da parte; e il cardinale Palazzini, anche lui nominato per essere allontanato dalla Congregazione del Clero, anche lui ignorato. Non conta nulla a Roma. Lo stesso si dica per il cardinale Oddi. Tutti i Tradizionalisti sono stati scartati, nessuna funzione e tutti disgraziatamente, bisogna dire disgraziatamente, bocche tappate!
 
Allora, come diceva il cardinale Staffa, “ma aspettate, aspettate, state zitto, cambierà, cambierà, perché vi siete tanto affannato, a quale pro, per manifestare la vostra disapprovazione…” Ed io gli dissi: ”Ma, sentite, voi ora siete dietro la vostra scrivania, è tutto facile ovviamente, voi aspettate, dietro la vostra scrivania, aspettate ancora due o tre anni poi cambierà, vero?, ma tranquillamente, dietro la vostra scrivania di Presidente della Signatura Apostolica e così, nel frattempo, milioni di anime si perdono, vanno all’Inferno a causa di questo abbandono dei cardinali e dei vescovi, anche tradizionalisti, che non dicono niente a nessuno”.
 
O come anche Monsignor Graber, che mi ha scritto ancora 15 giorni fa dicendomi: "Monsignore, vi supplico, accettate il Novus Ordo, accettate non so cosa, è gravissimo, sarete fuori dalla Chiesa, sarete…” Allora ho risposto dicendogli: “Ma senta, se giudicassi secondo il suo scritto 'Atanasio e la Chiesa di oggi', lei è ben più severo di me sul Concilio, lei parla delle influenze massoniche nel Concilio… Ma io non ne ho ancora mai parlato, ne parlo adesso perché la cosa comincia ad essere chiara, ma non ne ho mai parlato, è lei che ne ha parlato. E allora, come può chiedere proprio a me di accettare le riforme ed il Concilio che lei dice essere influenzati dalla massoneria. Come può farlo?”
 
Ebbene, è inaudito, sarebbe inaudito. Persino davanti a Monsignor Graber… E non parliamo ovviamente di D’Ambrois, di Monsignor Moriot, che voi conoscete, amici, amici fraterni direi: “Allora, Monsignore, sottomettetevi, sottomettetevi, andate a dire al Santo Padre che riconoscete ogni cosa, poi dopo andate sulla tomba di San Pietro a pregare e vedrete come stanno le cose, tutto si aggiusterà, e quando voi sarete…
 
Certo, come sosteneva Monsignor Benelli, che mi disse: “Monsignore, bisogna firmare, dovete sottoscrivere che vi siete sbagliato, che accettate il Concilio, che accettate tutte le riforme postconciliari, che accettate tutte le direttive di Roma, che accettate la nuova Messa, - e mi mette in mano un messale del Novus Ordo – e che accettate di trascinarvi dietro tutti i vostri adepti…”
“Ma io non ho degli adepti, non ho degli adepti…”, risposi.
“Come? E tutti quelli che vi seguono?”
“Tutti quelli che mi seguono o che non mi seguono, sono tutti nella stessa situazione, si trovano tutti in una situazione della Chiesa che è intollerabile, che è inaccettabile, si perderà la Fede, si diventerà protestanti. E allora reagiscono. Capita che per molti vescovi che hanno dei seminari io sia un esempio, un po’ come un faro in mezzo all’oceano. Allora, le persone che la pensano come noi si riuniscono, Ecône diventa un simbolo, ma non sono io che condiziono il loro modo di pensare, sono sufficientemente intelligenti da sapere che non ci si può sottomettere a ciò che capita attualmente nella Chiesa. Vediamo bene che non è possibile, perché oggi ciò che Roma propone è avvelenato, sta succedendo qualcosa di molto grave, vogliono annientare le nostre anime, portandole alla perdizione.
 
Noi non vogliamo, non vogliamo nessuna religione universale, nessuna religione sincretista, nessuna religione mezzo massonica e mezzo non so cosa, sentimentale – vero? – che porterebbe all’unione di tutti gli uomini di tutte le religioni.
Non lo vogliamo, a nessun prezzo, a nessun prezzo! "

[Fonte da cui è possibile ascoltare il discorso nell'originale]
 


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24/01/2018 23:27
 
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"La riforma irreversibile. Psicologia e strategia per una Chiesa in uscita che non rientri più." di Don Mauro Tranquillo (FSSPX).

⚠⇩⇩⇩⚠DOVEROSE PRECISAZIONI CIRCA L'INFALLIBILITÀ PONTIFICIA. ⇩⇩⇩⚠⇩⇩⇩⚠⇩⇩⇩⚠⇩⇩⇩⚠⇩⇩⇩⚠⇩⇩⇩⚠⇩

Quando il Papa è infallibile?


www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/1276-quando-il-papa-e-infallibile-prima-pa...

"Gregorio XVI (padre Cappellari) asserisce: «[…] è evidentemente certo, che Gesù Cristo, volendo immutabile, visibile e perpetuo il governo da se fondato per la sicurezza dei fedeli, deve aver provveduta la Chiesa di tutti quei mezzi, che son necessarii per non lasciarsi governare da un capo illegittimo. Quindi deve infallibilmente averle conferito il diritto di potere nell’incertezza e nel dubbio ragionevole e fondato della legittimità di un Papa, procedere all’elezione di un altro.

E ciò soprattutto se quello, la cui legittimità è ragionevolmente sospetta, non lasciasse di molestarla in mille guise, cosicché accusar dovrebbesi Iddio medesimo di non aver sufficientemente provveduto alla sua indefettibilità, se in tali circostanze fornita non l’avesse delle opportune facoltà (e questo è il caso, per esempio, della facoltà della Chiesa di convocare un Concilio generale imperfetto per dirimere la questione fra Papa ed antipapi, o se tutti fossero antipapi, o per deporre un eretico notorio già privato del pontificato da Cristo, come meglio spiega Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in Verità della Fede, NdA) […] (In questi casi) la Chiesa esegue la sua sentenza finale, non sull’appoggio della sua autorità sopra il Papa, ma sulla fondata supposizione che tale non fosse: nel qual caso è evidentemente certa la potestà della Chiesa […]»."
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www.youtube.com/watch?v=RJolx9haVbI&feature=youtu.be

Fraternità Sacerdotale San Pio X
25° Convegno di Studi Cattolici sul tema "L'ASSEDIO CONTRO LA CITTA' DI DIO. Dalle premesse dottrinali ai più recenti assalti contro l'ordine divino."
Rimini 27, 28, 29 ottobre 2017.






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